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Visualizza Versione Completa : Unione Sovietica



Stalinator
18-04-10, 22:13
UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE



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http://images.wikia.com/gtawiki/images/2/27/USSR-flag.png

Spetaktor
21-04-10, 22:27
Riporto qui la mia "bibliografia" sull'Unione Sovietica:

Per una lettura eurasiatista del "sovietismo"
- Shelach et ami. Documenti dell'antisemitismo nell'URSS - edizioni della voce.1971
- Stalin, Trockij e l’alta finanza, Edizioni di Ar
Mikhail Agursky, Terza Roma, il nazionalbolscevismo in Unione Sovietica, Il Mulino, 1989
Marino Ambri, La dottrina Breznev, 1971, Pan editore
Nikolaj Berdjaev, Fonti e il significato del comunismo russo, La casa di Matriona
David Brandenberger, National Bolshevism: Stalinist Mass Culture and the Formation of Modern Russian National Identity, 1931-1956
Otto Boss, La dottrina eurasiatica, ed.Barbarossa
Luciano Canfora, Stalin, storia e critica di una leggenda nera, ed.Carocci
Carlo Cittadini, Rimpiangere l'URSS? Il fallimento del capitalismo in Russia, ed. Città del Sole
Fabio Cutaia, Carlo Terracciano, Sangue e Acciaio, ed Noctua
Aldo Ferrari, La foresta e la steppa, Scheiwiller
Adriano Guerra, URSS: perché è crollata?, Riuniti
Gedon Haganov, Il comunismo contro gli ebrei, ed.Opere Nuove, 1952
Ickov-Babak, Tra Stalin e Hitler. Battaglie, crisi e trionfi del Maresciallo Zukov, ed Ponte delle Grazie
Lucien Laurat, Stalin, la linguistica e l’imperialismo russo, Graphos
Alessandro Lattanzio, Atomo Rosso, Fuoco Edizioni
Carlo Lozzi, Mussolini Stalin. I rapporti tra i due dittatori, ed.Domis
Kulesov-Strada, Il Fascismo russo, Marsilio, 1988
Perrie Maureen, The Cult of Ivan the Terrible in Stalin's Russia
Fernando Mezzetti, Fascio e Martello. Quando Stalin voleva allearsi con il Duce, Greco e Greco
Luc Michel, La vittoria di Stalin, gruppo Nazionalcomunista G.Stalin
Leonid Mlecin, Perché Stalin creò Israele, Teti
Renato Pallavidini, Dalla crisi alla diaspora. Il giovane Mussolini e Lenin: volontarismo e rivoluzione socialista nel materialismo, edizioni SeBarbarossa
Arturo Peregalli, Il patto Hitler-Stalin, Massari
Gian Piero Pienotti, Gli occhi di Stalin, Raffaello Cortina
Leon Poliakov, Dall’antisionismo all’antisemitismo, La nuova Italia
Costanzo Preve, La fine dell’URSS. Dalla transizione mancata alla dissoluzione reale, CRT
Luis Rapoport, La guerra di Stalin contro gli ebrei, Rizzoli
Konstantin Rozdaevskji, Lettera a Stalin, gruppo Nazionalcomunista G.Stalin
Ilizarov Boris Semenovic, Vita privata di Stalin, Borolli editore
Michail Skarovskij, La croce e il potere. La Chiesa russa sotto Stalin e Chruscev, La casa di Matriona
Josip Stalin, Il marxismo e la questione nazionale, edizioni Comunitarismo
Alexander Yanov, La nuova destra russa, Sansoni editore
Gennadij Zjuganov, Stato e potenza, all’insegna del Veltro


da Eurasia.Rivista di studi geopolitici:
2/2005 Budapest, Praga, Bucarest (Claudio Mutti)
Stalin tra comunismo e geopolitica (Costanzo Preve)
1/2007 Da Augusto a Stalin. I momenti salienti del processo d’integrazione europeo (Claudio Mutti)
La questione nazionale nell’Unione Sovietica (Andrea Forti)
Dall’URSS alla Russia di Evgenij M. Primakov (Daniele Scalea)
2/2007 La “primavera di Praga” e le mosche cocchiere italiane (Giovanni Armillotta)
2/2008 Stalinismo e rivoluzione (Giovanni Armillotta)

da Rivista "Ventunesimo secolo. Rivista di studi sulle transizioni"
Anno II - Numero 3 - Marzo 2003- Stalin cinquant'anni dopo

Stalinator
21-04-10, 22:36
Se puoi postare qualche estratto o saggio da questi testi che hai elencato sarebbe meglio... intanto lasciamo l'elenco... poi i testi migliori li metteremo uno per uno con una recensione nel thread delle segnalazioni bibliografiche..

Stalinator
24-04-10, 00:23
blO7YpYJnOo

Stalinator
24-04-10, 00:32
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Stalinator
24-04-10, 00:37
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Russia, sondaggio: 60% rimpiange la vecchia Urss

La Russia ha nostalgia del suo passato comunista e di quando si chiamava ancora Unione Sovietica. Ben il 60% dei russi si duole del crollo dell’Urss e il 57% pensa che avrebbe potuto essere evitato: è quanto emerge da un sondaggio del centro Levada.

Il picco più alto della nostalgia per la vecchia Unione sovietica fu registrato nel dicembre 2000 (75%): da allora la percentuale cala, ma negli ultimi due anni tale flessione è stata minore.

Gli strati sociali che più si rammaricano per la scomparsa dell’Urss sono i pensionati (85%), le donne (63%) e le persone di oltre 55 anni (83%). Solo il 28% ritiene che il collasso dell’Unione sovietica fosse inevitabile.

Russia, sondaggio: 60% rimpiange la vecchia Urss (http://www.blitzquotidiano.it/societa/russia-sondaggio-60-rimpiange-vecchia-urss-182211/)

Stalinator
24-04-10, 11:13
PERCHE' I RUSSI RICORDANO ANCORA STALIN

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Stalinator
25-04-10, 20:15
SOCIALISMO SOVIETICO CENTRALISTICO
1917-1956

Gli economisti sovietici degli anni 20’, dopo aver inseguito la completa demonetizzazione sull’onda dei successi del “comunismo di guerra”, si trovano alle prese con la necessità di sopravvivenza di uno Stato gravemente arretrato e isolato dal resto del mondo. Segue la NEP con le note contraddizioni, e la conseguente consapevolezza che la società socialista sarebbe rimasta dotata di un’economia di mercato, fino a quando non si fosse riusciti a superare la fase di transizione, ossia il passaggio dalla società capitalista a quella comunista.

Si pone allora una questione; come affrontare questa fase senza abbandonare gli obiettivi rivoluzionari? Esistevano in merito alla soluzione del problema varie teorie, ma due sole erano le impostazioni concettuali dominanti:

- La pianificazione attraverso il mercato

- La pianificazione superando il mercato

All’interno del gruppo dirigente sovietico si formano due componenti che rispecchiano tale dicotomia; la “destra” guidata da Bucharin, Rykov (pres. del Consiglio dei Commissari del Popolo) e Tomskij (capo dei sindacati), che preme per spingere in direzione dell’economia di mercato, e la “sinistra” guidata da Stalin, Kuibysev (responsabile del Politburo per l’industria) e Kaganovic, che invece valuta improponibile la via “liberista”.

Il punto centrale della disputa consiste nel ruolo che si attribuisce alla “legge del valore” (più o meno equivalente a quella della domanda e dell’offerta) all’interno dell’economia socialista; Bucharin e i suoi seguaci valutano possibile l’azione dello stato attraverso il mercato, Preobrazenskij, invece nega che il potere regolatore dello Stato possa agire esclusivamente attraverso il mercato, additando la presenza di un conflitto fra due principi regolatori dell’economia: la “legge dell’accumulazione socialista” (indipendente dalle forze di mercato) e la “legge del valore”.

Stante il dibattito teorico, nel 27’ la maggioranza continuava ad insistere sulla necessità di giungere al socialismo attraverso il mercato, sicché gli abbozzi del “Piano Quinquennale” rimangono formalmente nei limiti della struttura di mercato della NEP, ma sono già evidenti i limiti quest’approccio.

L’industrializzazione sovietica non può essere finanziata con risorse interne, né con i prestiti e lo sfruttamento coloniale che avevano finanziato l’industrializzazione capitalistica dei paesi occidentali. Nelle condizioni dell’URSS, solo la classe operaia e i contadini possono essere le fonti principali dell’accumulazione di capitale per avviare l’industrializzazione, condizione indispensabile alla formazione di una potenza statale in grado di garantirsi l’indipendenza economica, in altre parole la sopravvivenza. Il pericolo di morte che grava sul paese sarà evidente già a partire dai primi anni 30’, quando diventerà prioritaria la difesa militare nei confronti del nazifascismo, che non farà alcun mistero delle proprie mire verso l’oriente europeo a spese del sovietismo.

Nell’ottobre-dicembre del 27’, una crisi cerealicola fa sì che i contadini vendano agli enti d’ammasso ufficiali solo la metà dei cereali venduti nei mesi corrispondenti dell’anno prima. La quantità è insufficiente per nutrire la città e l’esercito; per evitare una disastrosa carestia le misure di requisizione sono rapidamente ripristinate. Per la NEP è l’inizio della fine.

Nel corso del 1928 e del 29’ il ritmo dell’industrializzazione è incessantemente accelerato e, con l’aumento della spesa dello Stato, aumenta anche lo squilibrio tra offerta e domanda. Nell’estate del 1929 il mercato fra lo Stato e il contadino è ormai del tutto crollato.

Le prospettive che prevedevano che i contadini dovessero giungere volontariamente al socialismo, e che la città dovesse offrire per i prodotti agricoli prezzi che i contadini fossero disposti ad accettare, scompaiono rovinosamente.

Le minacce incombenti e le condizioni di generale arretratezza del paese inducono al superamento delle contraddizioni della NEP utilizzando il potere coercitivo dello Stato per spremere il capitale privato ed imporre, con la forza, il socialismo ai contadini. Ciò tradotto in termini politici significa intensificare la lotta di classe; nel 29’ prende il via la collettivizzazione agraria forzata e la conseguente eliminazione dei “kulaki” (i contadini benestanti) in quanto classe, mediante arresti e deportazioni.

Questa è una pagina della storia dell’URSS fra le più controverse; la rozza collettivizzazione forzata era l’unica via percorribile? Si è trattato di una tragedia inevitabile?

Si ricordi che la fine dell’ondata rivoluzionaria in Europa occidentale aveva spinto l’URSS ad adattarsi alla costruzione del “socialismo in un solo paese”, ma il contesto politico ed economico si prestava ben poco alla realizzazione di questo programma;

- Il “Partito” era soprattutto Partito urbano. Alla vigilia della rivoluzione tra i suoi membri si contavano soltanto 494 contadini! E prima del 1917 esistevano solo quattro cellule rurali. Anche a metà degli anni 20’ il Partito rimaneva un’organizzazione prevalentemente urbana; all’inizio del 26’ solo il 16% degli iscritti e dei candidati all’iscrizione lavoravano come contadini, il che equivale ad un contadino su 150 unità domestiche.* Dunque il Partito rappresentava un lontano organismo urbano, e l’influenza del soviet del villaggio era inferiore a quella del “mir”, la tradizionale comunità di villaggio.

- Verso la metà degli anni 20’ quella sovietica era ancora in grandissima misura un’economia contadina. La rivoluzione d’Ottobre aveva liberato i contadini dall’oppressione nobiliare e dai latifondisti, lasciandoli liberi di tornare al “mir”, la comunità autosufficiente e arcaica, quasi tribale. Logica, quindi la loro resistenza alla collaborazione con i proletariato urbano. L’URSS era un paese di contadini, ora riottosi, e con loro si procedeva alla rapida costruzione di uno Stato socialista industrializzato, “moderno”.

Dunque il governo sovietico punta sul massimo controllo statale mediante il meccanismo di pianificazione centralizzata “superando il mercato”. Per questo scopo sono sviluppati gli enti di controllo centrale del governo zarista (trasporti, agricoltura e statistica), aggiungendo altri due dipartimenti nevralgici: quello per l’industria, il cosiddetto Consiglio supremo dell’economia nazionale (Vesencha), e quello per la Pianificazione (Gosplan).

Numerosi resoconti sul funzionamento dell’amministrazione economica ne descrivono in modo convincente l’oculatezza e l’originalità, così come la confusione e le lentezze burocratiche. Aspetti presumibilmente coesistenti.

Va rilevato che la pratica dell’economia sovietica ha gettato le basi dell’equilibrio delle relazioni intersettoriali della teoria dello sviluppo economico. Si era nel 24’ quando l’Ufficio Centrale di Statistica cominciò a compilare il bilancio dell’economia nazionale per il 1923/24. Anche le recenti applicazioni della teoria dell’analisi quantitativa, rese possibili dalla scoperta della programmazione lineare per opera del matematico sovietico L. V. Kantorovich, sono comparse per la prima volta sul finire degli ani 30’ nella ricerca della migliore utilizzazione delle materie prime nelle imprese socialiste.

Il Piano Quinquennale si sbarazza dell’orientamento verso il mercato ed avvia un ciclo economico in cui l’anarchia pubblica della produzione cede il posto ad una regolamentazione pianificata della produzione, secondo le esigenze dello Stato Socialista. La direzione delle aziende si limita a produrre su ordinazione, per acquirenti già prescelti, ottenendo le materie prime da fornitori già selezionati, il tutto a prezzi fissati in sede centrale. Il controllo centrale delle risorse garantisce grandi successi iniziali, la virtuale eliminazione del meccanismo di mercato annuncia un rapido progresso verso il socialismo. L’euforia del momento genera grossolani errori di pianificazione, molte previsioni devono subire un notevole ridimensionamento; ad esempio la prima versione del 2° piano quinquennale per il periodo 1933/37 poneva come obiettivo produttivo del carbone la cifra fantasiosa di 250 milioni di tonnellate, ridotte a 150 milioni nel 34’.

Nonostante i costi umani e gli errori, la rapida industrializzazione forzata decolla.

Ecco gli indici comparati dello sviluppo industriale in URSS, USA ed Europa


anni 1913 1933 1938

URSS 100% 380,5% 908,8%

USA 100% 108,3% 120,0%

Inghilterra 100% 87,0% 119,3%

Germania 100% 75,4% 131,6%

Francia 100% 107,0% 95,2%



In questa fase la propaganda occupa molto spazio della vita pubblica allo scopo di intensificare la produzione facendo leva sullo spirito dei lavoratori anziché sugli investimenti in nuove attrezzature o sugli incentivi salariali. Per incitare le masse ad impegnarsi in un gigantesco lavoro collettivo, viene lanciata una campagna all’insegna dell’emulazione socialista; il minatore Aleksej Stakhanov che stabilisce un record nella produzione di carbone superando di 14 volte la norma, diviene il modello per una nuova categoria di lavoratori, vale a dire una categoria di lavoratori coscienti di partecipare alla costruzione di uno Stato in cui sono protagonisti, non più salariati al servizio dell’arricchimento di pochi.. Gli “stacanovisti” hanno pubblico riconoscimento oltre a particolari privilegi, come quello di consumare i pasti in speciali locali delle loro unità produttive. Centinaia e centinaia di fabbriche gareggiano le une contro le altre per raggiungere determinati obiettivi produttivi, in ogni fabbrica, in ogni cantiere l’organizzazione del partito si assume la diretta responsabilità del superamento delle quote fissate dal piano. Un decreto del 31’ stabilisce che in tutte le fabbriche con 500 o più lavoratori il partito deve essere presente con un’organizzazione a tre livelli, comprendente un comitato preposto agli affari del partito nell’ambito della fabbrica, un certo numero di cellule di reparto ed infine le “cellule di collegamento” o “gruppi di partito” all’interno dei reparti.

L’industrializzazione punta su alcuni settori e annette una speciale importanza ad un limitato numero di progetti industriali. Questi grandi “stroikj” (progetti di costruzione) non hanno soltanto un eccezionale rilievo dal punto di vista economico, ma sono esaltati ad uno ad uno come monumenti dell’industrializzazione e si trasformano in strumenti di propaganda. Il primo Piano Quinquennale comprende imprese d’eccezionali dimensioni: Dnieprostoj (un gran bacino idroelettrico sul fiume Dnieper), Belomorstroj (il canale per il collegamento dei fiumi del Mar Bianco e del Baltico), la fabbrica di trattori di Stalingrado e Magnitostroj, cioè un colossale centro siderurgico in una zona desertica a ridosso del versante orientale degli Urali, lontano dai potenziali nemici europei.

Accanto ai successi dell’industrializzazione vanno però prendendo corpo caratteristiche dello Stato Socialista che avranno gravi conseguenze nel futuro.

L’immane sforzo che si realizza, ottiene il coronamento grazie al controllo esercitato da un apparato burocratico di grandi dimensioni…

L’inadeguata base economica, il basso profilo quantitativo della classe operaia, l’impreparazione delle masse a servirsi di strutture statali nella vita civile di ogni giorno, offrono alla rivoluzione una prospettiva difficilissima, quasi impraticabile.

Ciononostante sotto la direzione di un piccolo ma combattivo partito comunista, viene portata a termine una radicale trasformazione dei rapporti di produzione, il cui funzionamento e legato al fatto che il partito (in quanto “avanguardia della classe operaia”), si fa carico dei compiti amministratrici ed educativi, che in condizioni di minore arretratezza sarebbero svolti dalla classe operaia, ispiratrice della maggioranza della popolazione. In queste condizioni è giocoforza che nasca un apparato burocratico di partito, non come deformazione, ma come forma determinata che l’organizzazione dei rapporti socialisti di produzione deve assumere, data l’immaturità economica e sociale del paese.

Le vicende belliche del secondo conflitto mondiale daranno ragione alla priorità dell’industrializzazione forzata applicata alla pianificazione sovietica; soltanto le enormi potenzialità industriali costruite negli anni 30’, unite al sacrificio patriottico di milioni di sovietici, consentono di resistere ed infine schiacciare il nazifascismo.

“La collettivizzazione dell’agricoltura, la gigantesca costruzione di nuove industrie, la generazione di un completo sistema educativo sono portati a termine con ritmi stupefacenti e sotto la dittatura dell’apparato di partito.

Contropartita sono grandissimi sacrifici e repressione brutale d’ogni resistenza; ma si ottiene anche un sicuro miglioramento delle condizioni di vita delle masse e della loro sicurezza sociale. La resistenza della popolazione sovietica alla propaganda nazista (anche nei territori occupati), la disponibilità a difendere la patria, con essa, il sistema socialista, mostrano chiaramente che le masse popolari sentivano la società sovietica come un progresso storico.

Anche la fase della costruzione, nel dopoguerra, è sostenuta da un analogo slancio e da larga adesione emotiva al sistema politico. Tutto lo sviluppo viene orientato ancora una volta sulla crescita della produttività sociale, e solo in subordine all’incremento adeguato del benessere individuale e sociale. In una situazione di grande arretratezza e di riduzione, per causa bellica, della capacità di sviluppare e soddisfare i bisogni materiali, l’interesse principale era quello per il miglioramento delle condizioni materiali di vita, ma questo dipende a sua volta dalla crescita della produzione industriale, che però (nonostante i successi ottenuti in certi dì settori) resta nell’insieme molto inferiore ai livelli dei paesi capitalistici industriali. Cosi per lunghi anni dopo la seconda guerra mondiale, la priorità economica è riconosciuta agli investimenti nella industria pesante, e il benessere individuale, perciò, si arresta molto al di sotto dei livelli di una moderna industrializzazione complessiva. Il “comunismo della costruzione del paese”, reso più duro dalla guerra e intessuto di sacrifici nel confronto con i paesi industrializzati dell’Occidente rimane la sorte anche della seconda generazione di cittadini sovietici”. (“Sconfitta e futuro del Socialismo” Hans Heinz Holz)

Ancora indici comparativi dello sviluppo industriale in URSS e USA


1943 1946 1947 1948 1949 1950 1951 1952

URSS
104 80 103 108 161 195 210 290

USA
2208 157 175 182 165 188 210 206

*Nota

“Razresenie agrarnogo voprosa v Rossii posle pobedy octjabr’skoj revolucii” 1961 pag 174 citato da R. W. Davies in “Le scelte economiche dell’URSS” 1980

Abolizione rapporti di mercato

Ripristino ottimizzato della direzione centralizzata di produzione e distribuzione

Abolizione del commercio privato

Collettivizzazione delle proprietà agricole

Industrializzazione forzata




SOCIALISMO SOVIETICO DECENTRATO
1957-1990

Negli anni 50’ le attese di beni di consumo da parte della popolazione sovietica aumentano notevolmente. L’arretratezza del sistema di soddisfazione dei bisogni a confronto con quello raggiunto in occidente è palese, e a poco vale la critica circa la parvenza di cui riluce il mondo delle merci, l’esperienza diretta di un’effettiva penuria rende allettante l’offerta di merci della società capitalista, percepita come realtà sociale.

Sebbene inizialmente l’idea del gruppo dirigente sovietico sia di riequilibrare la priorità nell’allocazione delle risorse a favore dell’agricoltura e dell’industria leggera, il nuovo corso politico apre la strada a cambiamenti del meccanismo economico in direzione di una maggiore flessibilità, e di più forti incentivi legati alla produttività delle imprese.

Il XX Congresso del PCUS del 56’, sancisce la volontà di modificare il sistema sovietico di soddisfazione dei bisogni; l’Occidente non offre soltanto cose superflue, ma anche mezzi per rendere più facile la vita, mezzi che in URSS fanno difetto, quindi la dirigenza sovietica si appresta a soddisfare le richieste di beni di consumo.

Promesse avventate e obiettivi di pianificazione illusori, sotto la parola d’ordine irrealistica del “raggiungimento dell’occidente” previsto nell’arco di tempi brevissimi (cinque o dieci anni!), sono le contromisure alle richieste sopra accennate….

L’orientamento dei bisogni su modelli occidentali procura la conversione dell’economia al riallineamento su posizioni mercantilistiche, mentre lo sviluppo del socialismo non può che andare di pari passo con un diverso sistema dei bisogni, col desiderio di dare nuovi contenuti alla vita, insomma con una nuova visione del mondo. Ripristinata la gerarchia dei valori “occidentali” la competizione dei sistemi sociali non significa più contrapposizione di due modelli di vita, ma concorrenza circa lo standard dei consumi. Oltre la necessità di impegnarsi nella corsa agli armamenti, per raggiungere l’ “equilibrio del terrore” che blocchi le minacce d’intervento, vi è ora anche il vincolo autoimposto di produrre, anche in URSS, quella immensa raccolta di merci in cui si presenta la ricchezza capitalistica.

Il primo provvedimento pratico è preso nel 55’; viene promulgato un decreto sullo ampliamento dei poteri dei direttori d’impresa e altre misure in direzione di un rafforzamento del cosiddetto sistema “chozrascet” (autonomia finanziaria delle imprese) e degli incentivi. Nel 57 si compie il primo passo di un percorso mirato alla razionalizzazione degli strumenti produttivi in termini di mercato capitalistico; la riforma amministrativa dell’industria sostituisce la direzione accentrata per settori con la direzione decentrata su base territoriale, riforma, che in altre parole, elimina i ministeri specializzati e istituisce organi regionali di pianificazione, i “sovnarkhoz”.

La linea fondamentale di questo processo di riorganizzazione è la tendenza ad un decentramento dell’organizzazione produttiva in cui sono lasciati maggiori margini d’iniziativa nella pianificazione e nella gestione, sia agli organi regionali, sia alle stesse unità di base.

Nei primi anni 60’ è un fiorire di teorie, proposte operative e discussioni accademiche d’economisti sovietici fautori di un’economia in cui la leva degli incentivi materiali sia preponderante e l’autonomia finanziaria della azienda sia maggiore. L’economista Libermann, ad esempio, nel quadro di una pianificazione che unisce elementi di forte decentramento, propone un meccanismo d’incentivi aziendali basato sull’unico indice della redditività della azienda, proseguendo nel solco innovativo operato dalla riforma salariale del 56’, che si propone un maggior collegamento fra il salario ed i risultati produttivi e quindi un’articolazione più elastica degli incentivi individuali. Alla riforma del 57’ ne segue un’altra nel 62’; i 102 “sovnarkhoz” creati in precedenza sono raggruppati in 47 consigli regionali, mentre nel 61’ il territorio della URSS è diviso in 17 grandi regioni economiche con un consiglio di coordinamento e pianificazione in ognuna di esse.

Le misure di decentramento amministrativo non mutano sostanzialmente l’economia sovietica, tuttavia ne modificano l’orientamento lasciandola in un logorante “via di mezzo”; dal dibattito teorico esce vincente la formula di una economia di transizione mista a pianificazione centralizzata, ma in cui coesistono elementi di “libero mercato”, che rimane per buona parte solo teorizzata. Rimangono delusi i quadri dirigenti allettati dalle sirene delle potenzialità retributive delle qualifiche, e demotivati i lavoratori in genere, sempre più sottoposti a criteri produttivi di profitto mercantile, insinuati da illusorie aspettative rivolte al capitalismo e disillusi da dirigenti sempre più assoggettati alla cultura borghese, incantati da quel modello che riduce la ricchezza al godimento consumistico.

Rinunciando al perseguimento senza mezzi termini dello sviluppo prioritario delle forze produttive, la dirigenza sovietica genera stagnazione e programma implicitamente la sconfitta nella competizione dei sistemi; lasciare che tutto continui così sembra la soluzione meno pericolosa, ma proprio la conservazione dello status quo significa stabilizzare la pratica burocratica in cui si fa strada il meschino individualismo borghese..

La politica economica di Gorbaciov è l’ultimo corollario di un modo di pensare tutto interno alla mitologia dell’offerta di merci, della parvenza dell’abbondanza che nel capitalismo un crescente “prodotto interno lordo” porta con sé.

Nicolaj Smelev, a suo tempo economista “in prima linea” nella perestrojka gorbaciovana (che ha oggettivamente portato alla liquidazione del socialismo con tutto quello che n’è seguito, fino alla barbarie attuale), membro dell’Istituto per gli Studi su Stati Uniti e Canada dell’Accademia delle scienze dell’URSS, è l’autore di un saggio pubblicato in Italia nel 1987 intitolato: “Profitto, concorrenza mercato: se le parole ci fanno paura per noi non c’è scampo”. In esso era possibile leggere affermazioni di questo genere: “Tutto ciò che serve è coraggio, fermezza, coerenza per liberare le forze economiche interne. Che cosa vi si oppone? Prima di tutto vi è l’eccessiva cautela ideologica verso il pericolo di fare uscire dalla bottiglia lo spirito cattivo del capitalismo, è assolutamente chiaro che tale timore è infondato” (sic!) (..) Noi dobbiamo decidere una volta per tutte che cosa sia più importante per noi; avere prodotti nostri a sufficienza, oppure inchinarsi per l’eternità davanti ai sostenitori dell’eguaglianza di tutti nella povertà (..) E’ ormai chiaro a tutti che noi siamo debitori della rilassatezza, dell’ubriachezza, dei lavori mal fatti in gran parte a quest’innaturale piena occupazione..”

Oggi Smelev è schierato contro le aberrazioni prodotte dal capitalismo che lui stesso ieri ha entusiasticamente contribuito a ripristinare, ma da filocapitalista quale egli è, considera quello impostosi nei paesi dell’ex socialismo come una sorta di “capitalismo selvaggio”, mentre si tratta puramente di “capitalismo reale”. Esiste un capitalismo “dal volto umano” se non a causa delle limitazioni a contraddizioni rispetto ala sua propria natura impostagli dalle masse lavoratrici attraverso durissime lotte di classe?

Se la lotta con il mondo occidentale poteva essere vinta, di certo non era possibile sul terreno a lui congeniale della produzione dei beni di consumo, ma sul terreno di una scelta alternativa di valori, che mettesse in primo piano il pieno sviluppo delle facoltà e della cultura degli uomini.

Riabilitazione/reintroduzione rapporti di mercato

Decentramento amministrativo di produzione e distribuzione

Ripristino incentivi materiali/gerarchia salariale




sui sistemi economici socialisti (http://www.resistenze.org/sito/te/pe/ap/econsoc.htm)

Stalinator
26-08-10, 22:12
L'AVIAZIONE DELL'ULTIMA ERA SOVIETICA

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Stalinator
30-08-10, 00:58
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30-08-10, 00:59
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Stalinator
30-08-10, 01:02
ELICOTTERO "KAMOV 50"

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Stalinator
30-08-10, 01:04
ELICOTTERO MI24

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Stalinator
30-08-10, 01:15
LO SPORT NELL'UNIONE SOVIETICA


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Stalinator
05-09-10, 00:31
LA GUERRA IN AFGHANISTAN CONTRO LA BARBARIE WAHABITA E LA CIA


ZBIGNIEW BRZEZINSKI FORAGGIA I MUJAHEDDIN E I TALEBANI (1979)kYvO3qAlyTg

I SOVIETICI ENTRANO DOPO L'OMICIDIO DEL LEGITTIMO PRESIDENTE TARAKI (CHE POI SI SCOPRIRA' FRUTTO DI UN COMPLOTTO CONGIUNTO AMIN-CIA-TALEBANI) E COSTRUISCONO LA LIBERTA' E IL SOCIALISMO
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da wikipedia (che stavolta riporta dati essenzialmente giusti grazie a un ottimo lavoro fatto dai dei compagni che prima erano su POL e che purtroppo non si sono iscritti qui su PIR. Anzi avevano cambiato radicalmente questa parte di Wikipedia che parla dell' intervento internazionalista sovietico in Afghanistan (in confronto alla versione che c' era prima , di stampo totalmente filo-imperialista e antisovietico), ma qualche idiota ha cancellato parte del loro lavoro)

Antefatto: la Repubblica Democratica dell'Afghanistan

Tra la fine del 1977 e l'inizio del 1978 l'Afghanistan era stato teatro di diverse manifestazioni e sollevazioni di popolo, le quali erano volte a chiedere un miglioramento delle condizioni sociali e civili della popolazione afghana. Il livello della tensione salì nell'aprile del 1978, quando M. A. Haybar, uno dei principali dirigenti del Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (partito progressista emanazione della classe lavoratrice afghana), fu assassinato. A seguito di questa uccisione si intensificarono le misure repressive del governo guidato da Mohammed Daoud Khan, fino alla rivolta del 27 aprile 1978, quando il PDPA chiamò il popolo e i propri militanti all'insurrezione generale. Il sommovimento coinvolse per prima la capitale Kabul, ma ben presto si estese alle altre principali città del paese; la quasi totalità delle truppe dell'esercito si schierò a favore dei dimostranti, e la stessa cosa fecero gli studenti nelle città. Nelle campagne la rivoluzione fu invece accolta con indifferenza, se non con sospetto, dalla popolazione rurale. In pochi giorni, il governo rivoluzionario, guidato da Nur Mohammad Taraki, prese la guida del paese, dando vita alla Repubblica Democratica Afgana. Durante la rivoluzione, rimase ucciso lo stesso ex capo di governo Mohammed Daoud.

Il PDPA, partito socialista filo-comunista, mise in atto un programma di governo socialista che prevedeva principalmente una riforma agraria che ridistribuiva le terre a 200mila famiglie contadine, ed anche l'abrogazione dell'ushur, ovvero la decima dovuta ai latifondisti dai braccianti. Inoltre fu abrogata l'usura, i prezzi dei beni primari furono calmierati, i servizi sociali statalizzati e garantiti a tutti, venne riconosciuto il diritto di voto alle donne e i sindacati legalizzati. Si svecchiò tutta la legislazione afghana col divieto dei matrimoni forzati, la sostituzione delle leggi tradizionali e religiose con altre laiche e marxiste e la messa al bando dei tribunali tribali. Gli uomini furono obbligati a tagliarsi la barba, le donne non potevano indossare il burqa, mentre le bambine poterono andare a scuola e non furono più oggetto di scambio economico nei matrimoni combinati.

Si avviò anche una campagna di alfabetizzazione e scolarizzazione di massa e nelle aree rurali vennero costruite scuole e cliniche mediche.

La laicizzazione forzata della società afgana portò ben presto ad uno scontro fra il regime del PDPA e le autorità religiose locali, le quali cominciarono ad incitare il jihad dei mujaheddin contro "il regime dei comunisti atei senza Dio". In verità Taraki rifiutò sempre l'idea di definire il suo nuovo regime come "comunista", preferendo aggettivi come "rivoluzionario" e "nazionalista". Gli stessi rapporti con l'Urss si limitarono ad accordi di cooperazione commerciale per sostenere la modernizzazione delle infrastrutture economiche (in particolar modo le miniere di minerali rari e i giacimenti di gas naturale). L'Urss inviò anche degli appaltatori per costruire strade, ospedali e scuole e per scavare pozzi d'acqua; inoltre addestrò ed equipaggiò l'esercito afghano. Il governo rispose agli oppositori con un pesante intervento militare e arrestando, mandando in esilio ed eliminando molti mujaheddin.


Gli USA a sostegno dell'opposizione islamica

Nella nuova fase politica afghana intervennero anche gli Stati Uniti d'America. L'amministrazione Carter avvertì subito l'esigenza di sostenere gli oppositori di Taraki principalmente per tre motivi:

1. in funzione anticomunista per «dimostrare ai paesi del terzo mondo che l'esito socialista della storia sostenuto dall'Urss non è un dato oggettivo» (Dipartimento di Stato, agosto 1979);
2. per creare un nuovo alleato in una zona geopolitica che aveva visto nel gennaio 1979 gli Usa perdere l'Iran con la rivoluzione khomeinista;
3. vincere la guerra fredda o quantomeno cancellare il ricordo della disfatta vietnamita del 1975.

Il 3 luglio 1979 Carter firmò la prima direttiva per l'organizzazione di aiuti bellici ed economici segreti ai mujaheddin afgani. In pratica la Cia avrebbe creato una rete internazionale coinvolgente tutti i paesi arabi per rifornire i mujaheddin di soldi, armi e volontari per la guerra. Base dell'operazione sarebbe stato il Pakistan, dove venivano così costruiti anche campi di addestramento e centri di reclutamento.

Buona parte dell'operazione fu finanziata col commercio clandestino di oppio afghano. A capo della guerriglia, su consiglio del Pakistan, fu posto Gulbuddin Hekmatyar, noto per la crudeltà con cui sfigurava (usando l'acido) le donne a suo dire non in linea coi precetti islamici. I mujaheddin afgani di Hekmatyar diventarono rapidamente una potente forza militare, distinguendosi in crudeltà con pratiche che prevedevano un lento scuoiamento vivo dei nemici e l'amputazione di dita, orecchi, naso e genitali.


La richiesta d'aiuto e l'intervento dell'URSS

In questo clima di ingerenza da parte del governo americano, all'interno del PDPA e del Consiglio Rivoluzionario Afghano si polarizzarono due tendenze politiche: quella che faceva capo a Hafizullah Amin (area Khalq che spingeva per un cambiamento radicale della società afghana, senza alcun processo intermedio) e quella che faceva riferimento a Babrak Karmal (area Parcham) che invece propugnava una trasformazione più graduale, che partisse dall'arretratezza culturale ed economica del paese, che il governo rivoluzionario aveva ereditato dopo secoli di feudalesimo e tribalismo. Lo scontro tra le due fazioni del partito fu molto aspro, tanto che dopo la morte del capo di governo Nur Mohammad Taraki, avvenuta in circostanze poco chiare e nella quale sembra evidente la responsabilità di Amin, quest'ultimo accentrerà su di se tutti i poteri e allontanerà dal paese i principali componenti del Parcham, riservandogli incarichi minori all'estero.

Intanto tra il marzo e aprile del 1979, le forze controrivoluzionarie dei mujaeheddin, armate da USA e Pakistan (avvenuto attraverso l'operazione Cyclone), avviarono l'attacco alla città di Herat, ma l'offensiva fu respinta dall'esercito e dalle milizie popolari afghane. In ogni caso, dopo questi avvenimenti, al governo rivoluzionario era chiaro che la lotta contro i mujaheddin e i loro alleati americano-pakistani, non sarebbe stato per nulla semplice. Per questo i capi rivoluzionari decisero di chiedere aiuto all'unione Sovietica, facendo appello al Trattato Sovietico-Afghano di amicizia, buon vicinato e collaborazione (firmato nel 1921 e rinnovato nel 1955). È da sottolineare il fatto che l'URSS, pur solidarizzando immediatmente con l'Afghanistan attaccato, non scelse come opzione prioritaria l'intervento militare, ma cercò di appellarsi all'ONU perché con i propri mezzi diplomatici intervenisse contro i gruppi fuorilegge di mujaheddin. Solo dopo che l'ONU non prese posizione e dopo che USA e Pakistan avevano già dato il loro placito assenso e sostegno alla controrivoluzione, l'URSS decise di scendere in campo col proprio esercito, in favore della rivoluzione democratica afghana.

Nello stesso momento, l'impopolarità di Amin aumentava e con essa le rivolte islamiche ed il rischio di destabilizzazione del paese, che lui stesso aveva peraltro contribuito a creare con l'uccisione di Taraki e con l'esilio dei membri della parte avversa del PDPA. Lo stesso Amin venne inoltre sospettato da Mosca di avere contatti con la CIA.[1]

Il 27 dicembre 1979, 25 componenti del Gruppo Alfa, l'élite degli Spetsnaz, i reparti speciali sovietici, assalirono il palazzo presidenziale uccidendo Amin.[2] La guida del governo fu quindi presa da Karmal e dalla componente Parcham.

Il 1º gennaio 1980 50.000 soldati, 2.000 carri armati T-55 e 200 aerei varcarono la frontiera ed entrarono in Afghanistan. Gran parte del mondo protestò contro l'invasione, in particolare gli Stati Uniti; dopo aver annunciato un embargo, lo misero in atto tagliando tutte le forniture di grano e di tecnologie e nel 1980 boicottarono anche le XXII Olimpiadi che si tennero a Mosca.

Nonostante lo sforzo militare ingente pianificato l'Armata Rossa non riuscì mai ad avere il pieno controllo della regione ed i mujaheddin riuscirono ad imporre la propria superiorità strategica soprattutto nelle aree non cittadine.

Col passaggio in Usa dall'amministrazione democratica Carter, a quella repubblicana di Ronald Reagan, si alzò il livello dello scontro e i mujaheddin vennero propagandati come «combattenti per la libertà». Tra questi vi era anche Osama bin Laden, uno dei principali organizzatori e finanziatori dei mujaheddin (solo per quelli di origine araba, non quelli di origina afghana), anche se ad oggi il Dipartimento di Stato Usa nega di aver avuto mai contatti con Bin Laden [3], a differenza dell'ex ministro degli esteri della Gran Bretagna Robin Cook che è invece convinto del contrario [4], anche se non porta nessuna prova di questo coinvolgimento. Nell'articolo, inoltre, Cook è convinto che siano i Sauditi a finanziarlo.

Il suo Maktab al-Khadamat (MAK, Ufficio d'Ordine) incanalava verso l'Afghanistan denaro, armi e combattenti musulmani da tutto il mondo, con l'assistenza e il supporto dei governi americano, pakistano e saudita. Nel 1988 bin Laden abbandonò il MAK insieme ad alcuni dei suoi membri più militanti per formare Al-Qaida, con lo scopo di espandere la lotta di resistenza anti-sovietica e trasformarla in un movimento fondamentalista islamico mondiale. Tra i comandanti della resistenza islamica si fece notare il moderato e filo-occidentale Ahmad Shah Massoud, che in seguito divenne ministro della difesa nello Stato Islamico Afghano (1992) creato dopo il ritiro delle truppe sovietiche e che dopo l'avvento dei Talebani combatté anche contro di loro.

Il 20 novembre 1986 viene destituito Karmal a favore di Haji Mohammed Chamkani, che resterà in carica fino al 30 settembre 1987, quando Presidente del Consiglio Rivoluzionario diventerà Mohammad Najibullah, carica che dal novembre 1987 diventerà quella di Presidente della Repubblica.


La fine

Con l'arrivo al Cremlino nel 1985 di Mikhail Gorbaciov si andò affermando una politica estera sovietica più distensiva, e già dall'ottobre 1986 iniziò in sordina un ritiro unilaterale delle truppe sovietiche che si concluse il 15 febbraio 1989. La guerra finì (dopo 1 milione e mezzo di afgani morti, 3 milioni di disabili e mutilati, 5 milioni di profughi e milioni di mine) con gli accordi di Ginevra del 14 aprile 1988 che avviarono il ritiro dell'Armata Rossa.

L'Unione Sovietica ritirò le sue truppe il 2 febbraio 1989 (anche se ne diede comunicazione ufficiale solo il successivo 15 febbraio), ma finché esistette (1991) continuò ad aiutare lo stato afghano. Il rimpatrio perfezionato nel febbraio 1989 (in quel momento circa 30.000 mujaheddin circondavano Kabul) interessò 110.000 uomini, 500 carri armati, 4.000 veicoli blindati BMP e BTR, 2.000 pezzi d'artiglieria e 16.000 camion. Per l'Unione Sovietica, che ebbe ufficialmente 13.833 morti e 53.754 feriti, questo conflitto dall'esito infelice fu causa di malcontento fra la popolazione interna come la guerra del Vietnam per gli Stati Uniti. Pesanti anche le perdite di materiale militare: nel decennio di conflitto andarono ufficialmente distrutti 118 aerei, 333 elicotteri, 147 carri armati, 1.314 veicoli blindati per il trasporto truppe, 433 pezzi d'artiglieria, 11.369 camion di vario tipo.

Mohammad Najibullah, l'ultimo presidente della Repubblica Democratica Afghana, subì invece una fine tragica. Nel 1992 subì un colpo di stato da parte dei mujaeddin e fu costretto a dimettersi, in cambio dell'immunità. Successivamente gli fu negata da quest'ultimi la possibilità di allontanarsi dal paese e si dovette rifugiare nel palazzo delle Nazioni Unite a Kabul dove rimase fino al settembre 1996, quando i talebani salirono al potere. Il 27 settembre dello stesso anno fu prelevato a forza dal palazzo Onu dai talebani, insieme al fratello, senza incontrare resistenza, e venne torturato, mutilato ed infine trascinato da una jeep prima di essere finito da un colpo di pistola alla testa ed essere esposto sempre nei pressi del palazzo delle Nazioni Unite.[5][6]

Mikhail Gorbaciov ha recentemente ammesso che l'errore più grande dei sovietici è stato quello di non considerare la complessità della società tradizionale afghana, l'invio delle truppe causò così un effetto opposto a quello sperato, l'intera zona si destabilizzò. L'ex presidente sovietico ha anche criticato l'atteggiamento degli Stati Uniti, e dei suoi alleati occidentali, di finanziare incondizionatamente la guerriglia dei mujaeddin, senza pensare alle possibili conseguenze. Spiegando le sue intenzioni, Gorbaciov ha specificato che al ritiro sovietico si sarebbe dovuto seguire un processo di pace e di riconciliazione nazionale che avrebbe portato il paese ad essere pacifico e neutrale; questo non avvenne in quanto il suo successore, Boris Eltsin, abbandonò il sostegno al presidente afghano Najibullah, impedendo così una possibile soluzione di stabilizzazione dell'area e spianando la strada alla salita al potere dei Talebani negli anni novanta.[7]


Altro materiale di quel bellissimo periodo per il popolo afghano
Da Afghanistan ieri e oggi, di Enrico Vigna (http://www.pasti.org/libro.html)

1981
Alla fine dell'anno il PIL è accresciuto del 2,4% e hanno iniziato la produzione diciassette nuove fabbriche, va sottolineato che nel 1978 in tutto l'Afghanistan esistevano DUE sole fabbriche! È proseguita la realizzazione della riforma agraria e idrica. Per 760 mila famiglie contadine sono stati cancellati i debiti fiscali.

Nel giugno del 1981 nasce il Fronte Patriottico Nazionale con gli obiettivi più importanti di rafforzare la lotta contro la controrivoluzione armata, di consolidare ed estendere il potere rivoluzionario e garantire le riforma e la pace civile nel paese. Oltre 940 delegati appartenenti al PDPA a organizzazioni sociali, sindacali, etnie, tribù ed esponenti religiosi formarono il congresso fon-dativo del fronte.

1982
nel paese, nonostante l'aggressione e la guerra, nello stesso anno la produzione industriale è incrementata dell'1,5%, quella agricola del 3%, così come è aumentata l'estrazione di gas a Jawazjan e di carbone vicino a Herat; si è ingrandita l'officina per automobili di Jungalak, mentre è aumentata la produzione la fabbrica di concimi di Mazar i Sharif. A Kabul lo stabilimento di prefabbricati per l'edilizia è stato ristrutturato interamente e la produzione raddoppiata, ampliata l'area degli aranceti e oliveti irrigati dal canale di Jalala-bad, per consentire una maggior raccolta; la riforma agraria e dell'acqua (fino al 1978 di proprietà dei latifondisti... come in molte zone del nostro Sud... ancora oggi... ) prosegue, per permettere l'emancipazione dei contadini e dei nomadi da sottomissioni feudali; gli stipendi dei dipendenti statali sono aumentati del 26-50 %. Nel solo anno oltre mezzo milione di afgani e afgane avranno imparato a leggere e scrivere. Nello stesso momento in cui i "combattenti per la libertà" incendiano e distruggono centinaia di scuole, ospedali e moschee, soprattutto nelle campagne, uccidendo insegnanti e scolari per impedire l'alfabetizzazione, aggrediscono e violentano donne che non rinunciano alla propria emancipazione conquistata duramente.

Vengono ricostruite rapidamente le aziende distrutte dalle azioni dei controrivoluzionari; lo stato fornisce ai contadini seimila tonnellate di semi di alta resa per la semina primaverile; viene concesso un aumento unificato a operai ed impiegati con bassi salari. In questo anno è stato raggiunto l'obiettivo della scolarizzazione dell'80% dei ragazzi di età scolastica; nei corsi di alfabetizzazione partecipano oltre 550 mila uomini e donne. Nel rispetto della religione islamica il governo stanzia per la riparazione e la ricostruzione delle moschee attaccate dai sedicenti "combattenti per la libertà", 5 milioni di afgani e a carico dello stato sono costruite 29 nuove moschee e case di preghiera. In questo anno per la prima volta nella storia afgana è stata sancita la parità di diritti di nazionalità, etnie e tribù.

1983
"... Dopo aver trascorso 18 giorni in Afghanistan e avendo visitato la provincia di Mazar I Sharif a Nord del paese, Jalalabad ad Est, Kabul e dintorni e anche le province al confine con il Pakistan sono giunto alla conclusione che la sfera di attività del governo si è sensibilmente ampliata dalla mia precedente visita, avvenuta quattro anni fa ... Non si tratta solo di successi militari. Dalle città alle campagne che le circondano si respira un senso di apprezzamento nei riguardi del programma governativo di modernizzazione, e spesso addirittura di consenso. È impossibile misurare la forza di questo sentimento, ma questo è uno degli aspetti del nuovo stato di cose in Afghanistan che sfugge ai diplomatici occidentali", così scriveva J. Steel nel suo articolo sul viaggio in Afghanistan pubblicato sul giornale inglese "Guardian". Steel racconta storie di uomini che combattevano dalla parte dei mujaheddin, anche come capi, e che ora erano tornati alla vita normale. Egli rilevava dagli incontri con i contadini le novità degli ultimi due anni: elettrificazione, ambulatori rurali, riforma agraria.12

286.000 famiglie avevano ricevuto la terra.

1984
Il rispetto per l'Isiam era la politica del governo af-gano. In un'intervista all'agenzia Bahktar il ministro per le questioni dell'Isiam della RDA M. A. Wali Hojat sottolineava: "II governo dell'Afghanistan presta notevole attenzione a tutte le questioni legate all'Isiam. Il rispetto per la religione e i sentimenti dei fedeli sono sanciti dalla Costituzione provvisoria del paese. Gli organi della giustizia e tutto il sistema giuridico in vigore nella repubblica, nella loro attività tengono presenti le tradizioni e i costumi islamici. Molti mullah combattono nelle file dell'esercito regolare, nelle milizie delle tribù e nelle squadre della difesa della rivoluzione. Molti religiosi partecipano attivamente alla vita politica e sociale del paese, per esempio nelle attività del Fronte Patriottico Nazionale". Negli anni dal 1981 al 1984, la controrivoluzione ha distrutto 250 moschee, ucciso più di 500 mullah e centinaia di persone innocenti, morte sotto le bombe e i missili lanciati nei luoghi sacri, nei cinema, nelle scuole e sui mezzi pubblici. Nello stesso tempo il governo ha stanziato oltre 850 milioni di afgani per la costruzione di 59 nuove moschee e la ricostruzione e il restauro di altre 559. Nel solo anno 1984 furono stanziati oltre 100 milioni di afgani per le necessità delle istituzioni religiose.

1985
- la produttività nelle campagne ebbe un incremento del 78%;
- solo nei primi tre mesi dell'85, 910.000 nuovi ettari furono coltivati a cotone;
- ci fu un aumento del 40% in più di famiglie che ottennero la terra;
- l'esportazione della produzione della cooperativa Busti di uva afgana raggiunse 900.000 dollari.
Realizzazioni in cooperazione con l'URSS:
- centrale idroelettrica Naglu (produzione -100.000KW);
- fabbrica di azoto Mazar I Sharif (produzione 150.000 carbammidi all'anno);
- autofficina Dzhangalk;
- stabilimento prefabbricati edilizi di Kabul;
- Politecnico di Kabul;
- 5 istituti tecnici;
- 11 scuole professionali;
- 1 stazione spaziale chiamata LOTOS per le comunicazioni satellitari;
- 1 ponte sul Amudarja;
- 2 fabbriche per la panificazione e produzione di cibi in scatola.

Nel 1985 furono costruite 5.600 case, pari a 610.000 mq abitativi, 28 scuole, 6 asili, 40 biblioteche, 19 scuole di musica (musica afgana, indiana, orientale ed europea).

I risultati della rivoluzione dal 1980 al 1985, nonostante la controrivoluzione:

Costruiti due impianti per l'estrazione del gas, che alla fine dell'85 avranno portato all'esportazione di gas, pari al 40% dell'affluenza di valuta del paese.

Produzione nazionale lorda: aumentata del 13%
. Produzione dell'energia elettrica: aumentata del 61%.
Produzione del settore statale: aumentata del 47%.
Produzione del settore industriale: aumentata del 25%.
Costruiti 100 impianti industriali (uguale al 70% del bilancio dell'entrate del paese) comprese dighe, centrali elettriche e 1600 Km di strade.
Artigianato, con 296.000 lavoratori: ha una produzione di 14,450 miliardi di afgani.
Produzione di pellicce Astrakan: raggiunge l'8% del volume del commercio del paese.
Produzione dell'energia elettrica: aumenta del 48%.
Produzione di gas: aumentata del 10%.
Produzione della farina: aumentata del 60%.
Produzione del cemento: aumentato dell'I 1%.
Produzione di carne: aumentata del 17%.
Alfabetizzati 1.380.000 uomini e donne.
Formazione di 80.000 operai specializzati.


All'interno della campagna per l'alfabetizzazione formati 20 corsi speciali per lavoratori nell'orario di lavoro. La fabbrica di scarpe Akho e l'azienda Melli Bass sono state le prime aziende ad avere i lavoratori completamente alfabetizzati.

Produzione di agrumi: raggiunge le 2.000 tonnellate (con un valore di valuta importata di 800.000 dollari).

Media dei salari: aumentata del 2,4%.

Nel 1978 nel paese esistevano 30 scuole materne. Nel 1985 ce n'erano 309.

Ospedali e ambulatori aumentati del 92%.

Posti letto ospedalieri: aumentati dell'80%.

Medici specialisti: aumentati del 70%.

La fabbrica tessile Ensafi raggiunge la produzione di 2500 metri di materiale al giorno (media europea).

L'84% della popolazione viveva in campagna. All'interno della riforma agraria e dell'acqua furono redistribuiti 810.000 ettari di terra a contadini senza terra o con poca terra, furono stanziati dal governo 60 milioni di dollari di crediti a tasso zero per i contadini e le cooperative, 647.000 contadini aderirono a forme cooperative. Furono cancellati tutti i debiti contratti prima della rivoluzione a 760.000 famiglie contadine.

1986
il governo rivoluzionario...
Stanziava 115 miliardi di afgani per il piano di investimenti e sviluppo (dal 1958 al 1978, 20 anni, erano stati stanziati 104 miliardi).

A giugno si svolse il quinto anniversario della fondazione del Fronte Patriottico Nazionale. Fu fatta una relazione sullo stato e sull'attività del Fronte dalla sua fondazione: in quel momento il FPN aveva 2767 sezioni con oltre 700.000 iscritti (oltre 120.000 iscritti erano membri individuali cioè non affiliati ad altre organizzazioni sociali o politiche) e pubblicava il quotidiano "Aniss". Del FPN facevano parte: il PDPA; i sindacati; l'Organizzazione della Gioventù Democratica Afgana; l'Organizzazione delle Donne Democratiche Afgane; l'Organizzazione per la Pace, la Solidarietà e l'Amicizia; l'Unione dei Contadini Cooperativi; l'Unione dei Giornalisti; l'Unione degli Scrittori, Artisti e Poeti e l'Alto Consiglio dei Mullah e Studenti Religiosi, e altri. Uno dei compiti del Fronte era rafforzare e sviluppare una coscienza patriottica e internazionalista nelle masse popolari. Il FPN era presente in varie sfere della società con funzioni complementari e di assistenza nei problemi della società, da quelli della terra, delle abitazioni al Consiglio sulle questioni contadine e della famiglia, organizzava campagne di lavoro volontario per la ricostruzione di scuole e moschee, si occupava dell'inserimento degli orfani nelle "case dei bambini". Attraverso i programmi di lavoro volontario lanciati dal Fronte, lo Stato fu aiutato per un equivalente di oltre 14 milioni di afgani. Nel Consiglio Centrale del Fronte erano elette molte figure sociali prestigiose del paese. Due esempi: il primo era il dottor A. Zahir, già primo ministro nei governi precedenti la rivoluzione d'Aprile. Questo vecchio uomo di Stato afgano in un'intervista dichiarò: "... comprendo perfettamente che solo con un potere nazionale democratico che poggi su una larga unità nazionale patriottica, la mia patria può veramente progredire nel suo sviluppo economico- sociale. E un'importante premessa per questo suo progresso è l'amicizia con l'URSS, per la quale mi sono sempre battuto...". Questo il giudizio di un uomo senza partito, exesponente del governo monarchico, che ha contribuito alla creazione del Fronte Patriottico Nazionale. Il secondo il dottor I. Alam, noto scienziato oftalmologo, di età avanzata, ex-professore dell'Università di Kabul, operante nella clinica di Kabul, ai tempi del re per 10 anni vicepresidente del parlamento, dichiarò: "... vedo chiaramente che il nuovo potere è democratico. Aspira a migliorare ed alleviare la vita degli afgani, va sostenuto...". Il dottor Alam, senza partito ritenne suo dovere patriottico non solo sostenere il Fronte, ma anche contribuire attivamente alle sue attività. Soltantp con tutti gli uomini onesti si poteva estendere la lotta e la solidarietà per l'Afghanistan rivoluzionario. 1?



1978: Rivoluzione democratica e nazionale. Per la memoria storica (http://www.resistenze.org/sito/te/po/af/poaf8g04-003406.htm)

Afghanistan 1978, Rivoluzione democratica e nazionale

Per la memoria storica

di Enrico Vigna



Quanti sono coloro che hanno coscienza e memoria di cosa è accaduto esattamente 30 anni fa? Quanti storici, studiosi, esperti, pacifisti che spesso “trattano” le problematiche dell’Afghanistan di oggi, della guerra in cui anche l’Italia è direttamente coinvolta con 2.550 soldati; delle quotidiane tragedie ed orrori che martoriano quelle terre e quel popolo; quanti di costoro “dimenticano” o peggio ignorano quanto accadde nel lontano 1978?



C’è forse una cattiva coscienza che li accompagna?



Con queste necessariamente sintetiche righe, cerco di spolverare un pezzo di storia (con i suoi limiti ed errori, propri di chi la storia “la fa e non la scrive”), per i giovani di oggi e in onore e memoria a quelle figure eroiche (e non c’è alcuna retorica lasciva in questo caso), di rivoluzionari, donne, uomini, giovani che tentarono di fare ciò che appariva l'impossibile: portare un intero popolo fuori dal feudalesimo. Il tentativo è stato impedito, ma il processo di emancipazione, in quei 14 anni è stato seminato, ed i processi storici hanno corsi e ricorsi, ne è prova che ancora oggi e, purtroppo per il popolo afgano, ancora per molti anni, la matassa afgana è lungi da essere risolta per le potenze imperialiste e reazionarie guidate dagli USA. Che furono affiancate (!) dalle sinistre occidentali, va detto e scritto a chiare lettere: solo da queste; la stragrande maggioranza dei paesi e dei popoli del Terzo e Quarto Mondo, furono al fianco della Rivoluzione afgana.



In ogni caso, come disse un filosofo francese: quando l’impossibile è stato tentato una volta, esso è già un pò meno impossibile.



Breve cronologia storica

1747: Si forma il primo embrione di stato afgano indipendente

1838-1842 : Prima guerra Anglo-Afgana, vinta da questi ultimi

1878-1880: Seconda guerra Anglo-Afgana. Pur non capitolando, gli afgani devono di fatto accettare una sovranità limitata, sotto il controllo inglese

1893-1895: Gli inglesi ridisegnano i confini dell’Emirato afgano, con l’obiettivo di frammentare le varie tribù ed indebolire il potere centrale

1901-1919: Sotto il Regno di Habibullah, si forma e sviluppa, il movimento nazionalista e progressista dei giovani afgani

1917: Avviene il riconoscimento reciproco tra URSS e Regno Afgano

1919: Viene ucciso Habibullah e prende il potere il Partito Nazionalista di Amanullah. Gli inglesi intervengono e scoppia la terza guerra Anglo-Afgana, che stavolta termina con un armistizio e costringe l’Inghilterra a riconoscere la sovranità e l’indipendenza totale dell’Afghanistan

1921: Per impedire la minaccia di nuove ingerenze straniere, soprattutto inglesi, viene stipulato un “Trattato di amicizia, neutralità e cooperazione Afgano-Sovietico”

1929: Gli inglesi fomentano una rivolta reazionaria contro Amanullah che è costretto a fuggire

1933: Il monarca Nadir viene ucciso in un attentato, come risposta alla repressione contro gli ambienti patriottici e progressisti, perpetrata dal suo regime

1933: Sale al trono Zahir Shah

1953: Diventa primo ministro M. Daud, cugino e vero uomo forte del Regno di Shah, che governerà fino al 1963, anche con qualche timido tentativo di modernizzazione, ma soprattutto nella ricerca di una neutralità e non allineamento

1961: Le politiche aggressive e le pressioni del blocco occidentale, produssero continue tensioni usando il governo pakistano, completamente assoggettato agli inglesi ed ai loro interessi; nel settembre del ‘61 furono rotte le relazioni diplomatiche ed economiche tra Afghanistan e Pakistan

1963: La destra del paese sostenuta ed incoraggiata dalle potenze imperialiste riuscì a far cadere il governo di Daud ed ottenerne le dimissioni

1964: Daud viene sostituito alla carica di primo ministro da Yusuf, il quale cerca comunque di mantenere gli indirizzi statali precedenti, pur se pressato dalle forze più retrive e reazionarie; vengono “liberalizzate” le istituzioni e si vara una nuova Costituzione del Regno Afgano

1965: Nasce il Partito Democratico Popolare Afgano. Nello stesso anno si svolgono le prime elezioni del paese, in realtà solo in alcune grandi città. Tra brogli, violenze e confusione, il PDPA riesce ad eleggere 4 candidati. In questo anno viene rinnovato con l’URSS per altri dieci anni il “Patto di neutralità e reciproca non aggressione” del 24 giugno 1931; il quale prevedeva anche reciproca assistenza in caso di aggressioni straniere

1969: Si svolgono nuove elezioni con pesanti ostilità verso i candidati patriottici e progressisti, il PDPA avrà 2 seggi

1973: M. Daud con l’appoggio di un vasto fronte progressista e patriottico, rovescia la monarchia e viene istituita la repubblica. Il PDPA appoggia il nuovo governo

1977: Sotto pesanti pressioni internazionali M. Daud allontana il PDPA dal governo e inizia la repressione verso le forze nazionali e progressiste, che sanciscono una svolta reazionaria e di destra del nuovo regime

1978: Viene assassinato M. Khyber da sicari legati al potere, le città afgane vengono attraversate da forti manifestazioni contro il governo, guidate dal PDPA. Scatta la repressione e i massimi dirigenti del PDPA vengono arrestati

27 Aprile 1978: Giovani ufficiali progressisti legati al PDPA lanciano l’insurrezione, a cui si affiancano leader contadini e tribali, oltre al ceto intellettuale delle città, professori e studenti. Vengono liberati tutti i prigionieri politici, Daud viene ucciso, si forma il Consiglio Rivoluzionario… e qui comincia l’altra storia dell’Afghanistan, che sarà soffocata nel sangue, strangolata e schiacciata dagli interessi imperialisti delle potenze occidentali.

Bandiera del PDPA
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Dalla metà degli anni ’60 cominciarono a formarsi molti gruppi politici, nel frattempo, nel gennaio 1965 fu fondato in clandestinità il PDPA, con il suo organo di stampa settimanale Khalq (Popolo); nel suo programma si poneva il compito della lotta per la costruzione di una società libera da ogni sfruttamento e della la difesa degli interessi della classe lavoratrice e della sua emancipazione sociale, attraverso la difesa di uno sviluppo economico indipendente e la realizzazioni di profonde riforme sociali contro i latifondi e la redistribuzione delle terre, l’avvio di un piano di industrializzazione nazionale.



L’Afghanistan era un paese semi feudale, il regime monarchico dalla metà degli anni sessanta era continuamente scosso da un crescente malcontento e proteste anche violente, organizzati soprattutto dal PDPA, tra i lavoratori, gli studenti ed i ceti intellettuali, ma anche tra le stesse Forze Armate dove il Partito aveva un forte radicamento. La stessa borghesia nazionale, ostile alle rapine delle poche risorse nazionali da parte del capitale straniero, si collocava nel campo progressista e di opposizione. Quando nel 1973, il re Shah venne detronizzato da Daud, il quale promise riforme sociali ed economiche in favore della popolazione più povera, il PDPA lo sostenne e collaborò con esso. Ma in cinque anni il governo Daud non diede in pratica alcuna risposta e nessuna riforma fu attuata per gli interessi delle masse lavoratrici; nella realtà i meccanismi statali ereditati dalla monarchia, continuarono nella sostanza a far funzionare la macchina statale del paese, ed il potere politico continuava a restare supino agli interessi dei signori feudali, dei latifondisti e della borghesia compradora, asservita agli interessi stranieri. Alla fine anche i più elementari diritti civili e politici furono schiacciati.



A quel punto l’influenza del PDPA nel paese era ormai forte e consolidata, perché sempre stato alla testa delle lotte, e l’insurrezione dell’aprile 1978, dette il via alla Rivoluzione Democratica Nazionale Afgana, che per 14 anni resistette alla più violenta e distruttrice aggressione imperialista, insieme a quella del Vietnam, per poi capitolare sfiancata e dissanguata delle sue forze migliori (uomini e tantissime donne), che pagarono con un bagno di sangue, il tentativo rivoluzionario di cambiare il corso sottomesso della storia del popolo afgano e portarlo fuori dal feudalesimo.



La Rivoluzione doveva cominciare praticamente da zero l’edificazione di una società moderna e civile, in un paese di 16 milioni di abitanti, composto da 22 nazionalità diverse, suddivise a loro volta in decine e decine di tribù e centinaia di clan; con il 90% della popolazione analfabeta, che tra le donne raggiungeva il 99%.



Un paese dove la maggioranza dei contadini era senza terra e lavorava per i grandi possidenti, i quali controllavano tutte le attività commerciali, amministrative dello stato ed il reale potere politico. Un paese dove le lotte intestine tra gli schieramenti religiosi, sunniti e sciiti, venivano appoggiate e favorite anche dall’esterno, in modo da garantire lo storico “immobilismo dell’equilibrio”, che perpetrava lo status quo millenario, su cui si erano fondati fino ad allora tutti i regimi passati.



Il governo rivoluzionario cercando di attuare il programma del popolo, impose il divieto dei profitti usurai e l’annullamento dei debiti contratti da parte dei contadini e dei braccianti con i possidenti; furono creati fondi statali per sostenere i piccoli coltivatori e agli operai agricoli, e si diede inizio alla creazione delle cooperative agricole.



Nel novembre del 1978 fu decretata la realizzazione della riforma fondiaria, la quale prevedeva la liquidazione della grande proprietà feudale e fondiaria; solo nel primo mese dopo l’attuazione, furono oltre 14.000 le famiglie che ottennero la terra. La prima fase prevedette la redistribuzione di oltre un milione di ettari (è circa il 15% la terra coltivabile del paese) tra 680.000 contadini.



La Rivoluzione Afgana lavorava per costruire il futuro: per questo gli obiettivi primari da conquistare erano la riforma agraria, la lotta per l’alfabetizzazione e la democrazia popolare nelle istituzioni politiche, sociali e civili, attraverso la parità dei diritti di tutti i cittadini, in primo luogo l’affermazione completa dei diritti totali di emancipazione delle donne; il Consiglio Rivoluzionario nell’ottobre ’78, approvò un decreto con cui si proibiva la vendita delle donne e di dare le minorenni per matrimoni combinati, dando alle ragazze il diritto di decisione e scelta del proprio destino familiare.



Il potere popolare ricevette dal passato una miserevole condizione sanitaria, in tutto il paese vi erano appena 900 medici e 50 ospedali, in pratica vi era in media 1 medico ogni 15.000 abitanti e un ospedale ogni 300.000. In questa situazione uno dei primi passi del governo rivoluzionario, fu la formazione di massa di personale sanitario e l’apertura di decine di poli ambulatori, anche nelle aree più isolate del paese; garantendo un assistenza sanitaria e i medicinali per i lavoratori e i poveri gratuita ed il diritto alla salute per tutta la popolazione.



Nei primi mesi di attività le autorità rivoluzionarie aprirono oltre 800 scuole e ventimila corsi di alfabetizzazione con oltre un milione persone; fu costruita una rete capillare in ogni villaggio di biblioteche, per la formazione di generazioni acculturate ed il diritto allo studio a tutti i giovani.



Nel programma del governo rivoluzionario erano anche in primo piano la solidarietà con gli altri popoli nel mondo, in lotta per la liberazione nazionale e la costruzione di una coscienza politica forte. Gli strati più diseredati del popolo afgano riposero grandi speranze nella Rivoluzione e nella nascita di un nuovo Afghanistan. Erano semplicemente questi gli obiettivi più importanti e primari dei rivoluzionari afgani: la liberazione del popolo dalla miseria e dall’arretratezza millenaria; con l’obiettivo strategico dell’edificazione di una società socialista, passando attraverso un processo democratico e nazionale, che tenesse conto della situazione arretrata e sottomessa a varie influenze tradizionali retrive, in primo luogo il ruolo degli alti esponenti religiosi.

La Rivoluzione di Aprile fu una prima grande tappa in questa prospettiva, naturalmente furono compiuti errori, accelerazioni, forzature che non sempre (come alla fine del ’79, sotto Amin), tenevano conto della condizione e situazione specifica di arretratezza secolare delle masse afgane e della società afgana; soprattutto nel campo dell’emancipazione della donna e della religione.

Con essa fu dato l’avvio a grandi trasformazioni negli interessi dei lavoratori e nella tutela dei diritti più elementari, fino ad allora negati alla stragrande maggioranza del popolo.

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Ma furono proprio questi obiettivi e le prime realizzazioni di essi, che attirarono maggiori attenzioni dei governi imperialisti USA e inglese in particolare; questi, sostenitori e fautori dei precedenti regimi reazionari e oppressivi, si resero conto che i loro interessi nella regione potevano essere messi in discussione da questa giovane e radicata Rivoluzione, ed addirittura avere influenza sui popoli oppressi dell’area e trasformare gli assetti geostrategici da essi dominati. Questo non poteva essere permesso e questo sancì il futuro destino tragico, di quel tentativo rivoluzionario. QUESTO e non le menzogne sui “diritti umani”, sulla “libertà”, sulla “democrazia”, ecc. ecc. di cui si sono riempiti la bocca le potenze occidentali, mentre le loro mani grondavano del sangue di migliaia di afgani, colpevoli solo di voler cambiare il loro infame e misero destino.



Cominciarono a riversarsi fiumi di dollari, armi, tecnologie militari moderne, per sostenere i cosiddetti “combattenti della libertà “, bande di controrivoluzionari, guidate da coloro che avevano perso i loro privilegi secolari, da mercenari e da terroristi fondamentalisti. E cominciò così la guerra vera e propria contro la Rivoluzione Democratica Afgana, con assassinii quotidiani, sabotaggi delle infrastrutture civili e statali, incendi di scuole e cooperative, attentati contro i contadini e i lavoratori che lavoravano e accettavano il nuovo ordinamento, l’assassinio pianificato di insegnati e studenti che facevano i corsi di alfabetizzazione nelle campagne e nelle regioni montuose; contro le donne che si impadronivano del loro destino e facevano della loro liberazione una conquista sociale da difendere, con la pratica dello stupro collettivo da parte dei mujaheddin, contro quelle donne che avevano la gonna o portavano i pantaloni,. La distruzione di centrali elettriche, di dighe, di fabbriche, delle cooperative agricole e la distruzione dei campi coltivati. Tutto questo partiva dai campi militari creati dagli USA nel confinante Pakistan, a cui partecipavano con sostegni economici e finanziari le varie potenze occidentali capitaliste, dove venivano addestrati questi banditi mercenari, per poi infiltrarli in Afghanistan.



Adesso tutto questo è documentato e pubblico, ma ancora oggi è assente una riflessione onesta e profonda, da parte di quella sinistra che allora scendeva in piazza per la “libertà” dell’Afghanistan, soprattutto alla luce della tragedia e degli sporchi giochi che da trent’anni vengono fatti sulla pelle e sulle sofferenze del popolo afgano, e dove ancora oggi il nostro paese è là coinvolto con ben 2.550 militari, che insieme agli altri 39.000 militari della NATO, continuano a occupare. A nessuno di costoro, viene di pensare che tutta la tragedia afgana ancora oggi sotto i nostri occhi, cominciò per soffocare e stroncare quella Rivoluzione? Possibile che di fronte al fatto di essersi trovati al fianco, quindi oggettivamente complici, delle forze dell’imperialismo, della NATO, della CIA, dei Signori della guerra afgani assassini e oppressori, dei peggiori mercenari fanatici e del tanto (OGGI) vituperato Bin Laden. Possibile che l’essersi trovati fianco a fianco con una tale compagnia, così ben assortita di affossatori dei diritti dei popoli, non abbia prodotto almeno la necessità di andare a fondo nell’analizzare quella situazione, un bisogno onesto intellettualmente, di conoscere meglio, di capire meglio? Domande che ancora oggi, amaramente va constatato, non hanno trovato risposte.



Una cosa è certa, quella sinistra occidentale ebbe un ruolo decisivo nell’isolamento delle masse lavoratrici dei paesi capitalistici, da quell’esperienza di progresso e di emancipazione, e questo è un altro dato di fatto.



Sarebbe solo un atto di verità storica , ma potrebbe anche dare un'altra prospettiva di soluzione (di lunga durata, sicuramente), del tragico puzzle afgano.



Il problema è che nonostante la storia ed il tempo ci consegnano poi fatti e documentazioni inoppugnabili sulle verità prima nascoste, pochi sono quelli che hanno il coraggio e la dignità dell’autocritica e della riflessione storica. Si va avanti come se nulla fosse accaduto, l’occidente opulento con la sua sinistra imbelle ed opulenta, voltano pagina e tirano dritto… Per poi ricadere nella stessa cloaca: infatti la storia si è ripetuta con l’aggressione e distruzione della Jugoslavia.



Fu così che l’obiettivo strategico e primario delle potenze imperialiste occidentali, divenne la distruzione di questo tentativo di processo di liberazione, con tutti i mezzi, a partire dall’uso del fondamentalismo islamico come arma nuova di destabilizzazione (che oggi gli si ritorce contro), dei paesi e delle realtà non assoggettate al loro ordine mondiale, al di là degli orientamenti politici. La colpa più grave e inaccettabile per i popoli oggi, è volere essere sovrani ed indipendenti a casa propria.



Come poi si è dipanato il processo rivoluzionario afgano non fa parte di questo scritto, occuperebbe tante altre pagine e lo rimando ad un successivo scritto specifico; la tragedia a tutt’oggi del popolo afgano la seguiamo ogni giorno sui telegiornali e sui giornali di tutto il mondo: un inferno a cielo aperto per tutti, da cui non si intravedono spiragli di soluzioni… meno che mai quelle militari, ma anche questo fa parte di un altro pezzo di storia, da affrontare in un specifico scritto.



Qui intendevo solo fare un atto di memoria storica ad uso non dei ceti politici o pacifisti di allora, ma ad uso delle nuove generazioni di giovani militanti della lotta per la pace e contro le guerre, che traggano dalle esperienze anche tragiche della storia e dei tentativi rivoluzionari di liberazione, emancipazione e progresso dei popoli, una lezione per non commettere gli stessi errori, ma anche per trovare energie e linfa per cercare di cambiare questo mondo di ingiustizie, oppressioni, guerre e morte che schiacciano tanti popoli e paesi, e che non possiamo evitare di vedere.



E allora rendiamo onore e dignità, a distanza di trent’anni alla Rivoluzione Democratica Afgana, perché la generosità di quei rivoluzionari (essenzialmente giovani e donne), di dare la vita per la causa del proprio popolo ed il loro tentativo, durato ben 14 anni, di cercare di cambiare la condizione oppressa del popolo afgano ed allo stesso tempo di resistere all’imperialismo, meritano di essere iscritti nella memoria storica del movimento operaio e comunista, e saranno utili alle nuove generazioni afgane rivoluzionarie, come insegnamento per la necessaria… liberazione del popolo afgano.

M. Najibullah, ultimo Presidente della RDA progressista, torturato ed ucciso dai “liberatori”

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Quelle donne e uomini del lontano Afghanistan, sono stati e sono compagni e fratelli di tutti gli oppressi che in ogni angolo della terra lottano e muoiono, anche in questo istante, per la liberazione del proprio popolo e del proprio paese. Quindi anche nostri compagni. Non dimentichiamoli.



Essi avevano osato, altri oseranno. Essi hanno indicato la via, altri la riprenderanno.



“Chi non ha memoria non ha storia, chi non ha radici nella propria storia non ha futuro”



Enrico Vigna, Giugno 2008

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E un Afgano è andato pure sullo spazio in quei gloriosi anni 80, il compagno Abdul Ahad Momand nel 1988

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Stalinator
06-09-10, 00:39
GLI OLIGARCHI DI ELTSIN AFFAMANO LA RUSSIA

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06-09-10, 12:18
MANO AL CUORE
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12-09-10, 00:27
LA GRANDE GUERRA PATRIOTTICA

MARCIA DEI DIFENSORI DI MOSCA
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MARCIA DEI CARRISTI SOVIETICI
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LA SACRA GUERRA
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MARCIA DELL'ARTIGLIERIA SOVIETICA
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Murru
26-09-10, 00:26
PROGRAMMA SPAZIALE SOVIETICO

1957 - LANCIO DELLO SPUTNIK
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1961 - YURI GAGARIN: PRIMO UOMO NELLO SPAZIO

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1986 - MIR: LA STAZIONE ORBITANTE SOVIETICA
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1988 - BURAN: LO SHUTTLE SOVIETICO (SENZA PILOTA)
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Polyus, la risposta sovietica allo scudo spaziale USA
Se il 15 maggio 1987 avesse raggiunto l'orbita sarebbero cambiate le sorti della Guerra Fredda
Ecco i dettagli della vicenda
Polyus (http://www.astronautix.com/craft/polyus.htm)
Russian military anti-satellite system. One launch, 1987.05.15. The Polyus military testbed was put together on a crash basis as an answer to America's Star Wars program.
It was built around a surplus TKS manned spacecraft and was meant to test prototype ASAT and Star Wars defense systems. It failed to reach orbit, but it had succeeded, it would have been the core module of a new Mir-2 space station. Its mere presence could have decisively changed the shape of the Cold War in its final months.

In 1985, it became clear that the Energia launch vehicle would be ready for launch before the Buran space shuttle that was its intended payload. Therefore Ministry of General Machine Building (MOM) issued a resolution ordering the launch of Energia with a mock-up of a spacecraft in the 100 metric ton class. In July 1985 General Designer D A Polukhin called together his workers and noted that MOM Minister O D Baklanov had given them the assignment of producing a 100 metric ton 'functional mockup' satellite by September 1986. It would normally take five years to develop such a spacecraft, and they had only one year - therefore it would have to be greatly simplified. The systems in development for the next generation of spacecraft at that time consisted only of equipment items in test configuration. KB Salyut had a range of spacecraft in production, including the 20-metric ton TKS manned logistics vehicle. The Skif-D 100-metric ton space platform was only in the design and drawing stage. The bureau proposed to create a spacecraft from a test stand version of the TKS mated to a mock-up built to the Skif-D drawings. Several modules and subsystems were also borrowed from the Buran. Major subcontractors included NPO Elektropribor, NPO Radiopribor, NPO Digital Mechanics, NIIMASh, KBKhM, and the Progress Factory. On 19 August 1985, MOM issued the detailed schedule for the spacecraft's completion. The Skif-D and all subsystems were delivered to Baikonur in August 1986. From August 1986 to January 1987 the Skif-DM underwent integration and final tests at the space centre.

The Polyus testbed contained means of defense against both ASAT weapons and beam weapons, though according to Kornilov's article these were only meant to conduct approach and docking tests. A cannon was mounted on Polyus to defend against ASAT weapons. An optical sighting system for the defensive cannon was included in addition to a sighting radar. By this means hostile ASAT weapons could be tracked without generating traceable signals. Experiments to check the efficiency of barium clouds in diffusing particle beams were also to have been conducted with Polyus.

The spacecraft was about 37 meters in length, 4.1 meters in diameter and weighed about 80 metric tons.

An article entitled "Unknown Polyus" by Yuri Kornilov, Chief Designer of the Salyut Design Bureau, had appeared in the journal "Earth and the Universe", and it provided details about the construction and testing of the first payload for the Energia rocket, the "Polyus" spacecraft. While Kornilov invites the reader to "read between the lines" and points out previous Soviet mis-statements about the Polyus, he was under a security ban which would lead to a 10 years in prison if he reveals (Soviet) "state" secrets. His article continues to claim that weapons systems tests were peaceful experiments.

On March 23, 1983, United States President Ronald Reagan set forth his vision of "Star Wars", a shield intended to defend the United States against nuclear attack from any place on Earth. The leader of the Soviet Union, Yuri Andropov, immediately accused the United States of seeking to militarily dominate the Soviet Union, and it kept he also authorized the design of counter-measures, including Polyus. Andropov sought to bring about a treaty banning military weapons from space until he fell ill in June, 1983.

The Soviet space program ran on a five year cycle and Kornilov complained that the Polyus spacecraft had less than the customary five years for development. It was decided that the Polyus would be the payload for the first launch of the Energia heavy lifter, then scheduled for the fall of 1986. Kornilov gives no reason for the rushed development.

Kornilov then goes on to declare that because of this rush Polyus was created by combining components from several current projects. The interface between Polyus and the Energia booster was adapted from the Buran Space Shuttle. The central module was adapted from a module for the Mir 2 Space Station. The replaceable and returnable space station to house cosmonauts was adapted from the upgrade of the existing TKS Transport Supply Spacecraft (Kosmos 929, 1267, 1443, 1668). Since the interface of the replaceable space station with the Proton launch vehicle was adapted to interface it with the central module, the rocket engines for orbital insertion had to be placed in the nose of the vehicle. This placement had catastrophic consequences for the Polyus spacecraft.

After Andropov's death in February, 1984 his successor Konstantin Chernenko continued to press for a treaty banning the militarization of space. None the less, apparently following the successful test by the US Army of an anti-ballistic missile on June 12, 1984, and the rejection of a Soviet diplomatic initiative on July 1, construction of the Polyus began at the Khrunichev Factory.

Design and construction of the platform was given the highest priority, and was under the personal supervision of Armaments Minister O D Baklanov (who later organized the coup against Michael Gorbachev) and Vice Minister O N Shishkin. These two met weekly with project leaders and issued immediate orders for the production of any needed components.

Chernenko's successor Michael Gorbachev denounced the militarization of space on his first diplomatic trips abroad in December, 1984. Following Chernenko's death on March 12, 1985, and his becoming leader, Gorbachev proposed a freeze on the development of space weapons.

Statements made at that time by Gorbachev confirm the impression left by this article and another by General Designer V.V. Pallo of Design Bureau Salyut that the Polyus was indeed a test bed for the Soviet counter measure to the United States "Stars Wars" program, an Orbital Weapons Platform. Platforms of this type would have been capable of delivering nuclear warheads from orbit to any point in the US in six minutes. Gorbachev pointedly called all US SDI technology "space strike" weapons and repeatedly warned that the Soviet response to Reagan's Strategic Defense Initiative (SDI) would be "asymmetrical" and that SDI was "destabilizing". It kept that the nuclear warhead launch control system for the Orbital Weapons Platforms was being developed in a very rushed manner and the instability of the Orbital Weapons Platforms scared the Soviet leadership.

According to Kornilov's article, shortly before Polyus' launch President Gorbachev visited the Baikonur Cosmodrome and expressly forbid the on-orbit testing of its capabilities. Kornilov claims that Gorbachev was worried that it would be possible for the west to view this activity as an attempt to create a weapon in space and that such an attempt would compromise the country's leaderships' statements on the USSR's peaceful intent.


Kornilov points out a laser reflector but gives no information on any scientific experiments using it. He also states that personnel on ships, aircraft and the ground were to take part in experiments with Polyus. It kept they were to attempt to target the platform by radar, infra-red and visible light, and when the platform was detected they were to fire at it with lasers. If the laser hit the platform, the mirror would reflect it back to Earth, and thus the platform's stealthiness could be tested without making radio transmissions. Earlier launch pad photos showed that the Polyus was covered by an optically black shroud and it was suspected that this may have been radar absorptive as well.

The Polyus test bed had containers filled with a combination of Xenon and Krypton gases, which would produce light when released in Earth orbit. Container launches would be visible to ground observers, and a warhead launch system could thereby be tested without the use of radio transmissions.

Because of acceleration stresses the original flight plan called for the Polyus platform to ride back-end first under and in the wake of the core stage of the Energia rocket as it passed through the Phase of Maximum Dynamic Stress after launch. Since the engines for orbital insertion would then be in the nose it would be necessary for Polyus to yaw 180 degrees and then roll 90 degrees before they could be fired and Polyus placed in its working orbit. When the platform was finally launched on 15 May, 1987, the Polyus performed a 180 degree yaw turn and then continued the turn through to 360 degrees. Polyus then rolled and fired its orbital insertion engines, which caused it to de-orbit into the South Pacific.

Polyus's failure to achieve working orbit was caused by a faulty inertial guidance sensor. In the rush of construction an already built sensor had been stripped from an existing Cosmos spacecraft and then been inadequately tested, as the Polyus mock-up had been shipped to Baikonur by the time the test equipment arrived at the Khrunichev Factory. Those responsible for the failure were immediately fired or demoted.

No member of the Reagan or Bush administrations ever admitted or revealed publicly any knowledge of Polyus. The US Navy made no statements about any attempts to investigate the wreckage of Polyus, which lies on the floor of the South Pacific.

Article by Ed Grondine

AKA: 17F19DM;Skif-DM.
Gross mass: 80,000 kg (176,000 lb).
Height: 37.00 m (121.00 ft).
First date: 1987-05-15.
Number: 1 .



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la missione spaziale URSS-DDR , denominata Soyuz-31, si svolse tra il 26 agosto e il 2 novembre 1978
ecco le immagini
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Arnaldo Tamayo-Mendez e Yuri Romanenko, protagonisti della storica missione spaziale cubano-sovietica Soyuz-38, nello spazio dal 18 al 26 settembre 1980
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gerty80
27-09-10, 19:57
Katyusha (russo: Катюша) lanciarazzi di fabbricazione sovietica introdotto durante il secondo conflitto mondiale ed installato generalmente su autocarri.

Il sistema d'arma era generalmente composto di una motrice avente una struttura di sostegno per il lancio di un numero variabile tra i 16 e i 48 razzi, che partivano in salve consecutive. Una squadra di lanciarazzi in assetto da combattimento appariva generalmente allineata, con lo scopo di creare un nutrito fuoco di sbarramento o disseminare una linea compatta di distruzione sull'obiettivo. Il loro formidabile potenziale di fuoco era però compensato da una strumentale imprecisione di tiro, dovuta alla relativa condizionabilità della traiettoria e alla difficoltà di correzione una volta che fosse partita la prima salva.

Il progetto dei razzi di quest'arma si deve ad un gruppo di scienziati guidati da Georgi Langemak. I razzi del sistema BM-13, chiamati RS-132 (RS sta per Реактивный Снаряд, Reaktnivnyj Snarjad = Razzo autopropellente) erano alti circa 1,8 metri, del diametro di 132 mm e di 42 kg di peso. Il lancio avveniva per mezzo di un propulsore solido a base di nitrocellulosa disposta nel motore in acciaio del razzo. Il razzo era stabilizzato da alettoni incrociati in latta d'acciaio. L'ogiva esplosiva, con possibilità di predisporla con capacità di penetrazione o frammentazione, era di un peso di 22 kg. Il raggio d'azione arrivava fino ai 8,5 km.

Queste macchine assunsero il nomignolo, non ufficiale ma immediatamente diffusosi nell'Armata Rossa, dal titolo di una canzone popolare in auge durante la Grande guerra Patriottica: Katjuša. Essa narrava di una ragazza che si strugge di nostalgia per il suo amore lontano, partito per il servizio militare.

Il sistema d'arma era anche conosciuto come l'"Organo di Stalin", perché i soldati tedeschi avevano l'uso di chiamarlo a questo modo, per via del rumore dei razzi in partenza.

I razzi Katyusha furono montati su diverse piattaforme in combattimento, come autocarri (i più usati erano gli ZIS-5 e 6, Ford, Studebaker e Chevrolet), scafi di carri armati obsoleti (soprattutto i T-60), o come piattaforma mobile trainata per mezzo di trattori da artiglieria (come l'STZ-5). È stato registrato un uso dei razzi anche su imbarcazioni fluviali, navi da guerra e aerei: in quest'ultimo caso, il primo utilizzo risale addirittura agli incidenti di confine tra URSS e Giappone a Khalkhin Gol nel 1939.

Lo sviluppo dei lanciarazzi BM-8 e BM-13 dotati di razzi Katyusha nacque dall'esigenza di opporre una risposta ferma al Nebelwerfer e al Panzerwerfer tedeschi, che stavano di fatto dimostrando l'efficacia dello sbarramento da parte di potenti lanciarazzi lungo le direttrici di movimento delle linee nemiche.

Gli studi sull'artiglieria sovietica cominciarono nel 1938 e i primi BM-8 da 82mm videro approvato il loro ingresso in guerra il 21 giugno 1941. Il battesimo del fuoco avvenne il 14 luglio seguente, quando una batteria sperimentale di sette lanciatori fu utilizzata contro l'esercito tedesco a Orsha, in Bielorussia al comando del capitano Flerov. I primi otto reggimenti di Katjuša (36 lanciarazzi per ogni reggimento) furono creati in data 8 agosto dello stesso anno. Più di 1800 lanciarazzi furono costruiti fino alla fine della Seconda guerra mondiale.

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Stalinator
16-10-10, 01:55
7 NOVEMBRE 1977: 60 ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE

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Murru
16-10-10, 23:47
Immagini delle più grandi manovre militari delle forze armate sovietiche e del Patto di Varsavia, le Zapad-81 (Ovest-81) eseguite a metà del 1981 vicino ai confini con la Polonia

http://img29.imageshack.us/img29/5810/zapadx.jpg (http://img29.imageshack.us/i/zapadx.jpg/)

http://img29.imageshack.us/img29/3784/zapad2.jpg (http://img29.imageshack.us/i/zapad2.jpg/)

http://img29.imageshack.us/img29/4517/zapad3.jpg (http://img29.imageshack.us/i/zapad3.jpg/)

questo è un breve video su quelle manovre
Âèäåî@Mail.Ru: Tar Alhambra : Íå ìî¸ êèíî : «Çàïàä-81» (ôðàã. ñ ïàðàäà) (http://video.mail.ru/mail/vdv__1981/1/4.html)

in questo forum ci sono le testimonianze di coloro che hanno partecipato a queste mastodontiche manovre
ÇÀÏÀÄ 81 - Ôîðóì "Äåñàíòóðà.ðó" (http://desantura.ru/forums/index.php?showtopic=12231)

Murru
16-10-10, 23:56
propaganda sovietica contro gli Stati Uniti:sofico:

http://img27.imageshack.us/img27/5558/71494405.jpg (http://img27.imageshack.us/i/71494405.jpg/)

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Murru
16-10-10, 23:58
propaganda sovietica contro gli Stati Uniti -2

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Stalinator
11-11-10, 13:51
ECONOMIA E FINANZA NELL'URSS


Economia Politica

Manuale scolastico dei fondamenti di marxismo-leninismo per il sistema di studi del Partito



Terza edizione. Mosca, Politizdat, 1971

Il manuale è stato redatto dal seguente collettivo di Autori:
O. N. Aganova, N. A. Arkhipov, T. N. Belova, V. I. Kotelkin, A. N. Malafeev, V. A. Medvedev, V. A. Peshekhonov, N. G. Pospelova, J. V. Semenov, A. M. Fal’kov, J. V. Jakovec

Direttori del collettivo di autori: A. N. Malafeev, J. V. Jakovec

Gli Autori del manuale, studiosi e lavoratori nel Partito, espongono in maniera accessibile alle masse il contenuto delle leggi e le categorie di economia politica del capitalismo e del socialismo, oltre che il meccanismo della loro attuazione nella pratica economica. Nell’edizione attuale è un po’ cambiata la struttura del manuale con l’obbiettivo di prestare maggiore attenzione ai problemi economici attuali. Il manuale è stato perfezionato alla luce delle delibere e dei materiali del XXIV congresso del PCUS e di altri documenti del partito e del governo riguardo ai problemi dell’economia. I materiali inoltre sono stati perfezionati tenendo conto degli accorgimenti e delle proposte dei lettori.
Il manuale è destinato agli studenti del sistema di studi del Partito per il corso di marxismo-leninismo.




cap. I
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20I.pdf

cap. II
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20I.pdf

cap.III
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20III.pdf

cap. IV
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20III.pdf

cap. V
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20III.pdf

cap. VI
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20III.pdf

cap. VII
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20VII.pdf

cap. VIII
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20CAP.%20VIII.pdf

cap. IX
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20Capitolo%20IX.pdf

cap. X
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20Capitolo%20X.pdf

cap. XI
http://www.webalice.it/ruffino.selmi/Economia%20Politica%20Manuale%20Capitolo%20XI.pdf

Stalinator
10-03-11, 11:08
ALEKSANDR HARCIKOV, CANTORE DEI FASTI

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Acciaio
10-03-11, 14:57
Bellissimo soprattutto il secondo video!

Stalinator
10-03-11, 15:16
CARATTERISTICHE GEOPOLITICHE DELLA RUSSIA

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"Una delle più importanti leggi di guerra è: MAI INVADERE LA RUSSIA" (B. Montgomery)



MOSCA: LA COSTANTE ORIENTALE (http://localhostr.com/download/W7O2K6n/Mosca%20la%20costante%20orientale.pdf)

Stalinator
13-05-11, 23:35
IL DOVERE DI UN COMUNISTA


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gerty80
14-05-11, 00:03
propaganda sovietica contro gli Stati Uniti:sofico:
http://img27.imageshack.us/img27/4650/49649189.jpg (http://img27.imageshack.us/i/49649189.jpg/)


Ma può essere che questo manifesto si riferisse ai "regalini" esplosivi che gli americani lanciavano dagli aerei? Sapevo di questa storia che è anche successa in Italia durante il triste ventennio.
Ma è vera oppure era una leggenda?

Stalinator
14-05-11, 16:50
Gli americani non hanno risparmiato la scuola di Gorla durante i bombardamenti in Italia nel 1943-45. Così come non si sono certo trattenuti dall'utilizzo dele cluster-bombs in Serbia e in Iraq. Tutte armi vietate dalle convenzioni internazionali, proprio perchè somigliano a giocattoli che i bambini potrebbero prendere in mano ancora inesplose.

Murru
02-06-11, 19:52
Gulag



L'attacco ai Gulag è l'attacco al socialismo realizzato

In questo quadro hanno ritirato fuori la questione dei Gulag sovietici equiparandoli vigliaccamente ai campi di concentramento nazisti.
Le origini del Gulag, abbreviazione di Glavnoje upravlenije lagerej (Amministrazione generale dei campi di lavoro correttivi), sono da ricondursi al 1919, quando un decreto del Commissariato del popolo per gli interni della Russia socialista stabilì le modalità di organizzazione dei "campi di lavoro'' nei quali dovevano essere convogliate persone arrestate e condannate dai tribunali. Essi nacquero come risposta socialista al problema delle carceri. Nell'Occidente capitalista la detenzione doveva avere, e l'ha tutt'oggi, un carattere punitivo. Nell'Urss di Lenin e Stalin rivestiva un carattere correttivo e rieducativo.
I Gulag si ispiravano al principio sancito solennemente dalla prima Costituzione sovietica del 1918 che stabiliva che il lavoro era un dovere per tutti i cittadini della Repubblica dei soviet e proclamava la parola d'ordine: "Chi non lavora non mangia''. Come nella società dove tutti, anche i borghesi, dovevano lavorare per vivere, anche nei Gulag il lavoro per la collettività dava diritto all'esistenza. Solo affacciare un parallelo tra i Gulag e i lager nazisti, come fanno in maniera interessata Battista e Strada, è un falso storico a tutto tondo. Quelli hitleriani erano centri di sistematico sterminio, dove furono commessi i più efferati crimini contro l'umanità che la storia ricordi. Nell'Urss di Lenin e Stalin chi sbagliava pagava non con le camere a gas o i forni crematori ma provando, nella stragrande maggioranza dei casi, per la prima volta nella vita cosa volesse dire realmente lavorare.
Nei Gulag venivano inviati i nemici del comunismo e della patria sovietica; speculatori, incettatori, sabotatori dell'economia, oziosi, kulaki (contadini ricchi antisovietici, trotzkist), parassiti borghesi privilegiati, ma anche terroristi, disertori, seguaci del vecchio regime zarista, collaborazionisti delle armate bianche durante la guerra civile e degli invasori nazisti nella seconda guerra mondiale, agenti della borghesia e dell'imperialismo occidentale infiltrati nel partito e nello Stato, fino ai delinquenti comuni. Insomma scandalizza che nei campi di rieducazione sovietici c'erano i ricchi e gli anticomunisti, mentre nelle carceri occidentali e dei paesi reazionari a languire sono stati, e sono in prevalenza i poveri, i comunisti e chiunqua si opponga al dominio di ferro del capitalismo e dell'imperialismo.


Falsità e menzogne su numeri e condizioni di vita

Un gran baccano velenoso è fatto artatamente sul numero dei detenuti nei Gulag, sposando la cifra di 40-50 milioni avanzata da controrivoluzionari e anticomunisti storici russi e non solo. In realtà nel 1921 erano 70 mila su una popolazione di oltre 135 milioni e nel momento della sua massima estensione, all'inizio degli anni '50, anche stime borghesi parlano all'incirca di 2 milioni e mezzo di detenuti su una popolazione di più di 200 milioni. Nulla toglie che siano stati commessi degli errori alle spalle e contro le indicazioni di Stalin. Fu Stalin in prima persona a rimuovere dal posto di Commissario del popolo per gli affari interni prima Jagoda (1936), smascheratosi in seguito come seguace del destro Bucharin e per le sue azioni controrivoluzionarie condannato e giustiziato, poi il "sinistro'' Ezov (destituito nel `38 e condannato e fucilato nel 1940) e a criticare pubblicamente più volte l'ambizioso Beria, denunciandone gli eccessi e ricordando loro scopi e natura dei campi di rieducazione e chi doveva realmente finirci.
Altre falsificazioni riguardano le condizioni di vita e di lavoro nei Gulag. La borghesia e i suoi lacché parlano di malattie, morti per fame, bieco schiavismo, negazione dei più elementari diritti. Che infami! Tutt'oggi giudicano e definiscono come il regno della democrazia gli Usa, dove impera la pena di morte fascista, dove i penitenziari come Alcatraz hanno fatto la peggiore storia detentiva, mentre a Guantanamo i prigionieri islamici vengono trattati come bestie, torturati e annientati psicologicamente. E si può non pensare ai boia sionisti israeliani che schiacciano e sfruttano i palestinesi in enormi campi lager nei territori occupati? L'inferno di queste carceri davvero non ha nulla a che vedere con i campi di rieducazione dell'epoca di Lenin e Stalin. Certo che c'erano le malattie come il tifo e lo scorbuto, che infierivano anche nelle città durante l'aggressione imperialista occidentale e dei controrivoluzionari bianchi dopo il 1917. Certo che il cibo era scarso in questo periodo o durante la seconda guerra mondiale, ma questa era la difficile e inevitabile situazione di tutto il paese, di tutto il popolo sovietico, dove i prodotti alimentari erano giocoforza razionati.
Eppure nonostante la costruzione del primo Stato socialista, iniziata da Lenin e proseguita da Stalin, sia avvenuta in circostanze durissime, in mezzo all'accerchiamento imperialista che tentava di strangolarlo economicamente e politicamente dall'esterno, e con gli assalti delle armate bianche e dei revisionisti di destra e di "sinistra'' dall'interno, anche l'esempio dato dai Gulag rappresenta un'esperienza storica inedita.
All'inizio degli anni '30 con il contributo del lavoro dei rieducandi vennero creati grandi centri industriali negli Urali, nel Kuzbass e sul Volga; le città di Magnitogorsk e Komsomolsk sull'Amur sorsero su terre vergini. Nuove tecnologie furono portate nelle remote terre del Kazakhstan e del Caucaso. Fu costruita la gigantesca diga del Dnepr, che triplicò la produzione di energia elettrica. E poi ancora strade, ferrovie e idrovie, e altre importanti attività produttive dei campi di lavoro come l'estrazione dell'oro e di materiali non ferrosi, fino al taglio del legname.
I detenuti non erano identificati con un numero come nei lager nazisti. Si sentivano comunque parte integrante della cittadinanza sovietica, tanto più dalla fine degli anni '30 in poi allorché venne applicato il principio secondo cui essi dovevano essere utilizzati in base alle loro particolari capacità e specializzazioni. Basti ricordare che lo stesso Tupolev, padre dell'aeronautica sovietica, iniziò a dare i suoi contributi lavorando nei Gulag e dopo aver pagato il suo tributo alla giustizia sovietica rientrò tranquillamente al suo posto di progettatore.
Come dirà il grande scrittore Gorki per celebrare la costruzione del canale Belomor avvenuta nell'estate del 1933, "Stalin è stato l'artefice delle comunità di lavoro e di una politica di recupero attraverso il lavoro. è stato Stalin a lanciare l'idea di costruire il canale tra il Mar Bianco e il Baltico con l'impiego di detenuti, poiché sotto la sua guida era possibile un tale metodo di recupero dei pregiudicati''.
Dice nulla ai rinnegati Battista e Strada il fatto che l'annuncio della morte di Stalin il 5 marzo 1953 fu accolto nei Gulag non con indifferenza interessata, come si dovrebbe dedurre dalla loro velenosa analisi, ma con scene di dolore similii a quelle che attraversavano in lungo e largo lo sterminato paese sovietico? Sappiamo tutti come sono finiti Hitler, Mussolini e tutti i dittatori della loro stessa natura. Lenin, Stalin e Mao sono scomparsi amati e pianti dai rispettivi popoli. E' questo il nocciolo della questione, è questo che dice la storia, tutto il resto sono solo falsità e menzogne. Chi la vuol riscrivere a uso e consumo della borghesia neofascista se ne assume le responsabilità di fronte al proletariato e a quanti aspirano a una nuova società senza sfruttati e sfruttatori.

PMLI Perche' gli anticomunisti equiparano i Gulag ai lager nazisti (http://www.pmli.it/dialogogulag.htm)

http://img708.imageshack.us/img708/7714/37653151268702747915435.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/708/37653151268702747915435.jpg/)

A volte gli anticomunisti, presi dalla foga di denigrare ed infangare l'URSS e soprattutto la figura di Stalin, non si accorgono di pubblicare dei dati che - se intelligentemente letti - dimostrano che la tesi che si vuol sostenere è smentita dai dati stessi. Questo grafico è tratto da un sito anticomunista spagnolo www.rian.ru (http://sp.rian.ru/img/121224887_free.html) che vorrebbe dimostrare quale inferno sulla terra fossero i campi di lavoro, studio e rieducazione del sistema GULAG. Ma, a discapito della propaganda che vorrebbe equipararli ai campi di sterminio nazisti (dove la mortalità era del 100% perchè si entrava per morire) o anche ai campi di concentramento nazisti (dove la mortalità raggiungeva comunque una percentuale attorno al 50%), dal grafico si vede il rapporto tra la popolazione internata (linea chiara) e la mortalità in rapporto alla popolazione stessa (linea rossa). Cioè il grafico dice che la mortalità nei campi del sistema GULAG si aggirava attorno al 5%, un tasso di mortalità che è fisiologico di qualsiasi collettività umana, e che dimostra semplicemente che nei campi GULAG si moriva per cause naturali, come accade nelle carceri, nelle scuole, nei conventi, nelle caserme dei militari, ecc... Inoltre Stalin in persona, e con lui il governo sovietico, si preoccuparono delle condizioni di vita degli internati stroncando alla radice qualsiasi abuso e condannando i dirigenti dei campi dove non veniva rispettata la legislazione a pene severissime. I campi GULAG rieducavano, tanto che il generale dell'Armata Rossa che ebbe l'onore della conquista di Berlino era stato internato in un campo GULAG e ne era uscito con una ben maggiore consapevolezza del valore sociale dell'attività militare. L'ingegner Tupolev potè progettare i suoi aerei in un campo GULAG, ed era prevista anche l'istruzione per gli analfabeti e corsi di specializzazione in vista del reinserimento nella società socialista. Si deve inoltre ringraziare la benemerita attività storiografica del Partito Marxista Leninista Italiano per aver fatto chiarezza sul fenomeno dei campi di lavoro, studio e rieducazione del sistema GULAG, ed anche sulle norme giuridiche che garantivano i doveri e i diritti dei cittadini internati nei campi stessi in vista del ritorno alla vita civile o militare

La verità sui Gulag (http://www.pmli.it/gulag80anniversario.htm)

gerty80
13-08-11, 12:31
20 anni senza l'URSS: cosa abbiamo ottenuto e dove siamo arrivati?



Второй Ñекретарь МК КПÐ*Ф К.Ð. ЧеремиÑов: 20 лет без СССÐ*. Чего добилиÑÑŒ и к чему пришли? | KPRF.RU (http://kprf.ru/otvet/95477.html)
Articolo tradotto in spagnolo
20 años sin la URSS: ¿Qué hemos logrado y adónde hemos llegado? :: La República (http://www.larepublica.es/spip.php?article24967)
E in italiano (è una nota di facebook, copio-incollo l'articolo)

Vent'anni fa ebbe luogo un avvenimento che cambiò il destino non solo di ciascuno di noi, ma dell'umanità nel suo insieme. Cessò di esistere uno stato, una superpotenza, nucleo del sistema socialista mondiale, che garantiva un'esistenza stabile e lo sviluppo della civiltà sulla Terra.

Le cause e le conseguenze di questo, per la maggior parte di noi, tragico, avvenimento, richiedono un'attenta e obiettiva analisi scientifica. Stanno vedendo la luce ora numerose pubblicazioni dedicate a questo tema. Si sta facendo un tentativo di interpretare a modo loro questo momento decisivo della storia del nostro paese, in un progetto congiunto, organizzato da “RIA novosti”, da parte del giornale “Moskovskie novosti” e la rivista “La Russia nella politica globale”. La maggior parte delle pubblicazioni ufficiali coincidono nel sottolineare che: sì, senza dubbio ora la vita è più difficile, ma questo è qualcosa di inevitabile quando si applicano delle riforme, dobbiamo avere un po' di pazienza e potremo cominciare a vivere come in Occidente, anche se già adesso si possono vedere vari aspetti positivi. Così per esempio, nel rapporto “Il livello e il modo di vita della popolazione russa nel 1989 e nel 2009”, elaborato da quel baluardo del monetarismo che è la Scuola superiore di economia, si parla della crescita del consumo di un 45% nel 2008 rispetto al 1990. Anche se i dati di consumo di certi indicatori mostrano una diminuzione del consumo di prodotti alimentari, cosa che non dovrebbe sorprenderci. È sempre difficile pretendere di equipararsi con gli indicatori di una superpotenza: in fin dei conti, secondo dati della FAO (Organismo dell'ONU per l'agricoltura e l'alimentazione), a metà degli anni 80 l'URSS era tra i dieci paesi del mondo con una migliore alimentazione. Inoltre, c'è da tenere in conto che si presentano degli indicatori medi, in un paese dove troviamo una stratificazione sociale inammissibilmente elevata.

Riguardo al fatto che si tratta di un periodo storico ancora breve, ci dicono che in Europa occidentale, per arrivare all'attuale livello di benessere, dovettero passare per un periodo di più di cent'anni, e noi per il momento solo ne abbiamo 20. E come stava l'URSS nel 1945 e che risultati si ottennero verso il 1965? E l'industrializzazione degli anni 30? Vittime? Ce ne furono, così come ci furono ingiustizie, ma non come quelle che vediamo oggi. Per confermare questa affermazione basta studiare la dinamica della crescita demografica. Innanzitutto, allora la popolazione cresceva, mentre che ora la crescita è negativa. Poi, la maggior parte della popolazione allora percepiva che c'era un miglioramento reale delle condizioni di vita: si eliminavano le tessere di razionamento, si costruivano abitazioni che permettevano di lasciare le vecchie residenze e trasferirsi ad un appartamento proprio. Negli anni 70-80, gli abitanti delle zone rurali raggiunsero finalmente un livello di vita decente. E in quanto alla repressione, quello che vediamo oggi è che attualmente a popolazione reclusa in Russia è maggiore di quella nell'epoca di Stalin. E il modo rapido ed efficace in cui il potere sovietico risolse il problema dell'infanzia abbandonata?

Potrebbe essere questa la principale differenza tra la Russia sovietica e l'attuale: la risoluzione in modo rapido ed efficace dei problemi più urgenti, e sempre a beneficio della maggioranza. Per questo, di tutto quello che si dice sulla lentezza ed inefficacia del sistema pianificato, basta fare un confronto per vedere dov'è la verità. Vale la pena ricordare che lo Stato trattava alle persone proprio come persone, appunto, assumendo le proprie responsabilità verso la gente. Erano impensabili situazioni come non ricevere lo stipendio durante mesi, come essere condannato per non avere mezzi per pagarsi il trattamento medico, come non avere letteralmente nulla da portarsi alla bocca, come che i bambini non vadano a scuola, o quando invece di prodotti che hanno superato un controllo di qualità ti vendono chissà cosa, quando fa paura uscire in strada, quando ci sono nuclei di popolazione in campagna senza acqua né elettricità.

Dopotutto, non è sufficiente comparare gli indicatori di consumo: bisogna farlo anche con quelli di produzione, i sistemi di salute e di istruzione, il livello di sicurezza personale, e tante altre cose che fanno parte della vita quotidiana. Ma questo sarebbe un discorso lungo. Concentriamoci solo in alcune cifre.

Com'è noto, una delle principali voci di spesa nel bilancio familiare della maggioranza dei Russi è quella che si riferisce ai servizi comunali dell'abitazione. Il pagamento per la fornitura di acqua, riscaldamento, acqua calda o elettricità grava come un pesante fardello su ciascuno di noi. Ogni anno aumentano le bollette, senza che questo sia accompagnato da un miglioramento dei servizi prestati. Dove, e in quali mani, finiscono i nostri soldi? Nel 1989 la spesa media per tutti questi servizi non rappresentava più del 3% del bilancio familiare del mese, dato che per ogni rublo che l'inquilino pagava lo stato ne sovvenzionava 6.

Attualmente, lo stato russo si è liberato da qualunque obbligo. Ci inculcano che dobbiamo essere noi a coprire completamente le spese relative ai servizi comunali, a pagare per la nostra salute ed istruzione: in fin dei conti, siamo noi i diretti interessati. Sembra che il nostro stato non ha alcun interesse di avere una popolazione sana e formata. Le spese di bilancio destinate alla salute rappresentano il 3,5% del PIL, che è molto poco. E già oggi la popolazione spende in servizi medici l'1,5% del PIL e tale cifra sta aumentando, dato che è qualcosa di implicito nella stessa politica di mercificazione del sistema sanitario. E questo considerando che, secondo gli esperti, abbiamo un deficit di medici nel paese, con un coefficiente di plurimpiego che raggiunge l'1,6. Può essere per questo, per l'enorme carico di lavoro e di stanchezza che devono sopportare, che i medici emettono così spesso delle diagnosi sbagliate: dieci volte di più che nei paesi dell'UE. Una situazione simile si trova nel sistema educativo: se vogliamo avere una conoscenza accettabile e avere la possibilità di istruzione superiore o professionale qualificata, dovremo pagare per le principali materie a scuola. Per poter arrivare a dedicarci alla scienza, dovremo pagare un master. Allo stesso tempo vediamo come aumenta il carico di lavoro nel professorato, ciò che finisce per ripercuotersi negativamente nella qualità dell'istruzione. È cresciuta già una generazione che non ha conosciuto l'URSS. La maggior parte della gioventù di oggi si fa un'idea della vita nell'Unione Sovietica partendo dagli stereotipi che si pubblicano e inculcano dai media. E anche se sembra strano, c'è una parte delle vecchie generazioni che sembra soffrire di uno strano tipo di amnesia. Il principale stereotipo è che nell'URSS ci fosse carenza di tutto. È innegabile che i cittadini sovietici avevano motivi più che fondati per essere scontenti del sistema di distribuzione, e specialmente con la commercializzazione dei prodotti alimentari: c'erano irregolarità nelle forniture e squilibri nella distribuzione secondo le regioni, e c'erano file, etc. Ma conviene mettere in evidenza che tale scontento nasceva come una manifestazione naturale delle nuove esigenze frutto dei risultati ottenuti nei livelli di alimentazione. Inoltre, la percezione di molte di queste insufficienze aveva molto a che fare con la pressione ideologica. Così per esempio nell'URSS in media nel 1989 si consumavano 363 kg di latte e prodotti lattei a persona all'anno (negli USA erano 263); eppure nei sondaggi che si facevano nell'URSS, il 44% dei partecipanti rispondeva che non consumavano abbastanza latte. In Armenia ad esempio, dove la propaganda antisovietica era specialmente notevole, il 62% della popolazione si mostrava insoddisfatta dei livelli di consumo di latte e prodotti lattei, essendo lì il consumo medio nel 1989 di 480 kg a persona. Se il potere acquisitivo della maggioranza dei cittadini della Russia attuale fosse all'incirca uguale a quello di vent'anni fa, non sarebbe ora il deficit più grave che quello vissuto all'epoca della “perestroika”, che si fece notare proprio per gli scaffali vuoti, ciò che alla fine preparò il terreno per l'arrivo dei “riformatori”? Per prendere coscienza chiara dei risultati degli ultimi decenni, possiamo onestamente guardarci intorno, prendere un foglio e dividerlo in due colonne: nella prima metterci i cambiamenti positivi e nella seconda i negativi. Per esempio, quanti abitanti della regione di Mosca hanno migliorato le proprie condizioni abitative tra 1971 e 1991 e quanti tra 1991 y 2011. Come è cambiata la struttura dell'alimentazione. Quante imprese lavoravano nelle città e nelle aziende agricole e quante ne rimangono. Ricordare o chiedere agli anziani come passavano le vacanze (tenendo conto che erano alla portata della maggioranza della popolazione). E così possiamo continuare. Sarebbe interessante vedere tali valutazioni oneste, serene. Credo che la principale conclusione sarebbe che la Russia attuale vive di quello che si creò allora, cioè, che vive ancora del potenziale sovietico e quando questo si esaurisca il paese si troverà irrimediabilmente sull'orlo dell'abisso.

Nel paese si inculcano dei valori morali aberranti, che sono quelli che creano l'ambiente ideale perché venga fuori gente senza principi. Il sistema creato è un sistema che ha sottratto alla gente il diritto al lavoro e a un salario degno. Un sistema che ci ha privati del diritto ad un'istruzione e una salute di qualità e gratuita. Un sistema che ha lasciato senza futuro alla nostra gioventù e senza protezione sociale i nostri vecchi. Un sistema che ha conculcato i vincoli culturali e familiari della nostra società. Un sistema dove si danno per scontati la corruzione e il ladrocinio. Un sistema che ha distrutto la sicurezza dello stato e originato una scandalosa incapacità di comando, e una struttura organizzativa malata. Creare un paradiso in terra è qualcosa di impossibile, e la giustizia è un concetto intrinsecamente soggettivo, per cui sempre ci saranno scontenti. Ma i criteri che devono guidare il funzionamento efficace delle strutture di governo devono essere in primo luogo la sicurezza e un livello di vita degno per la maggior parte della popolazione. E su questa base possiamo bocciare questi 20 anni di governo di questi “perestroikos”, che hanno distrutto una superpotenza e che oggi calpestano persino i diritti costituzionali dei cittadini della Russia di una vita degna in uno stato sociale.

gerty80
08-01-12, 22:00
Documento interessantissimo, copio da un post di facebook di un utente di cui non faccio nome, tratto dal Libro Viaggio a Togliattigrad -una discussione sui diritti dei lavoratori- (tratto dalla costituzione dell'urss)
Parte dei diritti dei lavoratori in Urss.

Articolo 118. I cittadini dell'URSS hanno il diritto al lavoro, che è, sono garantiti il diritto al lavoro e il pagamento per il loro lavoro secondo la sua quantità e qualità.

Il diritto al lavoro è assicurato dall'organizzazione socialista dell'economia nazionale, la costante crescita delle forze produttive della società sovietica, l'eliminazione della possibilità di crisi economiche, e l'abolizione della disoccupazione.

Articolo 119. I cittadini dell'URSS hanno diritto al riposo ed allo svago. Il diritto al riposo ed allo svago è garantito dalla riduzione della giornata lavorativa a sette ore per la stragrande maggioranza dei lavoratori, l'istituzione di ferie annuali retribuite pieno per i lavoratori e gli impiegati e la fornitura di una vasta rete di sanatori, case di riposo e locali per la sistemazione dei lavoratori.

Articolo 120. I cittadini dell'URSS hanno diritto al mantenimento in età avanzata e anche in caso di malattia o perdita di capacità lavorativa. Questo diritto è assicurato dall'ampio sviluppo delle Assicurazioni Sociali degli operai e degli impiegati a spese dello Stato, servizio gratuito di medici per i lavoratori e la fornitura di una vasta rete di stazioni di cura per l'utilizzo dei lavoratori.

Articolo 121. I cittadini dell'URSS hanno diritto all'istruzione. Questo diritto è garantito da universale, l'istruzione elementare obbligatoria, mediante l'educazione, compresa l'istruzione superiore, essendo gratuito, da parte del sistema di stipendi statali per la stragrande maggioranza degli studenti nelle università e nei college, nelle scuole di istruzione in corso nello natale linguaggio, e dall'organizzazione nel, fabbriche fattorie statali, stazioni di macchine e trattori e le fattorie collettive dei liberi di formazione professionale, tecnica ed agronomica per i lavoratori.

Articolo 122. Le donne in URSS sono accordati diritti degli uomini in tutte le sfere della vita economica, statale, vita culturale, sociale e politica. La possibilità di esercitare questi diritti è assicurata alle donne accordando loro lo stesso diritto degli uomini al lavoro, il pagamento per il lavoro, riposo e tempo libero, l'assicurazione sociale e istruzione, e con la tutela statale degli interessi della madre e del bambino, pre-maternità e congedo di maternità con stipendio pieno, e la fornitura di una vasta rete di case di maternità, asili nido e scuole materne.

Articolo 123. Parità di diritti dei cittadini dell'URSS, indipendentemente dalla loro nazionalità o razza, in tutti i campi della vita economica, statale, la vita culturale, sociale e politica, è legge irrevocabile. Qualsiasi limitazione diretta o indiretta, dei diritti, o, al contrario, tutti gli stabilimenti di privilegi diretti o indiretti ai cittadini a causa della loro razza o nazionalità, così come qualsiasi propaganda di esclusivismo razziale o nazionale o di odio e di disprezzo, è punibile con legge.


Completa in italiano
http://www.bibliotecamarxista.org/autori/urss.htm