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acchiappaignoranti
20-04-10, 10:37
PREFAZIONE dottor Augusto Lancillotti al saggio "la lingua degli umbri!
di Francesca Pinna JAMA EDIZIONI


Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all ‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con L ‘apporto safino) pian piano fino all’italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’italia fu una realtàculturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica,
Ma perché non si è parlato di Umbri sino ad oggi? Per una serie di ragioni, tutte legittime, ma ormai tutte superate. in primo luogo perché gli studiosi del settore sono riusciti a comprendere in modo pressoché definitivo e sicuro i testi umbri antichi solo negli ultimi trent’anni, e solo dagli anni Settanta hanno raggiunto la certezza dell’importanza e dell’originalità della cultura umbra (prima si tendeva ad interpretare i contenuti delle tavole come influenzati dalla romanità); poi perché alle pur solide con getture che i contenuti delle Tavole di Gubbio avevano suggerito mancava il supporto documentale dei reperti archeologici, in genere scarsissimi per l’ambiente umbro pre-romano. Oggi però va detto che le cose stanno cambiando. Anzitutto perché con il Convegno Internazionale sugli Antichi Umbri, tenutosi a Gubbio nel mese di settembre 2001, si è manifestato il consenso generale degli studiosi di tutto il mondo intorno alla significatività ed originalità di questa cultura; in secondo luogo perché l’archeologia sta scoprendo importantissime testimonianze materiali della vita di comunità umbre risalenti al secondo millennio a. C. (gli attuali scavi a Colle i mori di Gualdo Tadino, a cura della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, raccontano di una città umbra fondata due-tre secoli prima di Roma e prima di tante altre città greche ed etrusche che si riteneva fossero le più antiche in italia); ed infine perché si sono cominciate a rivalutare le testimonianze degli storici antichi (fondamentale è il recente libro di Andrea Carandini, La nascita di Roma), sino a qualche anno fa tenute in poca considerazione a causa della tendenza al gusto del mito che spesso le caratterizza.
il libro di Francesca Pinna viene ad inserirsi in questo quadro di sviluppo delle nostre conoscenze sull ‘antico mondo italico pre romano, portando un ‘importantissima tessera al mosaico che si viene ricostruendo. E chi, come me, si occupa di recuperare i possibili resti linguistici dello strato prelatino sopravvissuti nei toponimi dell’italia centrale, nelle voci dialettali ed in quelle che hanno avuto la sorte di trovar posto nel lessico della lingua standard, oggi, grazie a questo lavoro, dispone di un repertorio di caratteri morfologici “targati umbro antico, ” per recuperarle al proprio legittimo proprietario,anche il patrimonio di quella cultura umbra che sta alle radici stesse del mondo romano.

http://www.eugubininelmondo.it/images/La_Lingua_degli_Umbri.jpg




“La lingua degli Umbri”

Viene presentato nel pomeriggio di domani, mercoledì 24 settembre, alle 18.30, a Gubbio, al Centro Servizi Santo Spirito, il volume “La Lingua degli Umbri”, di Francesca Pinna. La manifestazione è inserita nell’ambito del convegno “La Città Italica”, organizzato dall’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri (IRDAU) e in programma da giovedì 25 al 27 settembre sempre a Gubbio. “Il lavoro di Francesco Pinna colma un vuoto che penalizzava sinora la nostra conoscenza della lingua antica: l’assenza di uno studio dedicato espressamente alla morfologia storica di questa lingua. Si tratta di uno studio storico che si pone nell’ottica di rispondere a domande come: ‘In che modo i parlanti sono arrivati a formare la parola X? Che rapporti ha questa forma con le altre concorrenti del sistema? In che relazione si pone questa forma con quelle coeve in circolazione nell’Italia mediana?’” –spiega il prof. Augusto Ancillotti, presidente dell’IRDAO che, insieme a Paolo Poccetti, presenterà il volume. “La Città Italica” è il tema del secondo convegno sugli antichi umbri e rappresenta un appuntamento biennale dell’Istituto, che esordì nel 2001 con un incontro internazionale sul tema: “La lingua degli umbri nell’Italia mediana”; iniziativa che ha riscosso uno straordinario successo portando alla luce, con il contributo di ricercatori e studiosi italiani e stranieri, il ruolo degli umbri nella cultura dell’antica Roma. Ai lavori del convegno parteciperanno glottologi ed archeologi italiani e stranieri, tra i quali i professori Gerard Capdeville (Università della Sorbona – Parigi), Brent Vine (Università di Los Angeles), Luciano Agostiniani e Mario Torelli (Università di Perugia) e sarà l’occasione per un confronto diretto e immediato di ricercatori e studiosi sulle origini del mondo civico nella terra umbra e le sue influenze culturali.

Perugia, 23 settembre 2003

Miles
20-04-10, 10:39
Ottimo acchiappa.
Dedicato a quelli che credono che l'unità sia una cosa a partire dal 1861...

acchiappaignoranti
20-04-10, 10:49
Ottimo acchiappa.
Dedicato a quelli che credono che l'unità sia una cosa a partire dal 1861...

sono quì per servire :)

Miles
22-04-10, 14:34
Riprendo un vecchio post del buon acchiappaignoranti:


l'italia era già un' entità consolidata in epoca arcaica

-arte performativa -arte e sacralità sono collegate non solo dai temi ma anche dallo spazio ben delimitato della penisola italiana-

ettore m.de.juliis. i fondamenti dell'arte italica- manuali didattici ed la terza

jèromè Carcopino

: epoca arcaica e coscienza italiana

"Quando sorse una coscienza italica » scrive Jéròme Carcopino , « essa si colorò di pitagorismo. Fin dalla sua costituzione, il pitagorismo è italiano. Eredi di tale solidarietà, i romani" .


dottor Franco Cavazza - uno dei massimi esponenti didattici odierni di indoeuropeistica

" tutta la facies sub'appennica italiana e dell'italia settentrionale
dalla transpadana centro orientale,produce e risente di una stessa e vasta koinee ed osmosi culturale espansa in tutta l'area dell ' italia peninsulare sino alle isole lipari"

"appare sicuro quindi che i latino italici fossero già presenti nel secondo millennio avanti cristo, per via della simbiosi italico-etrusco-romana si dimostra che la latinizzazione dell'italia è preromana, e la cultura italico-latina è già presente ed è anche d'importanza rilevante in tutta l'italia
previllanoviana nel secondo millennio ".



(44) P. Catalano , Appunti, cit., pp. 11 n. 2, 8, 16,18. , sarebbe stata proprio la particolare condizione di alcune comunità della Gallia Cisalpina a contribuire "a spiegare come l'Italia, nell'ideologia politica di Catone, trovasse il suo confine naturale alle Alpi", Ibid. p.17.

mi fermo quì, non voglio tediare il forum, anche perchè il materiale accademico consultabile sarebbe assai "crasso" con centinaia di riferimenti

http://forum.politicainrete.net/destra-radicale/20800-razze-e-popoli-della-terra-23.html#post445956

Geiserich
22-04-10, 15:40
Verissimo , si riferisce alla fase protovillanoviana ...

Però c'è da dire che tutto il nord-ovest (Piemonte,Lombardia,Liguria) + gran parte della Sicilia (dove è documentata una sola necropoli protovillaviana , vale a dire Milazzo) nonchè la Sardegna (che con i protovillanoviani aveva solo rapporti commerciali) non hanno fatto parte di questa unificazione . :giagia:


tutta la facies sub'appennica italiana e dell'italia settentrionale
dalla transpadana centro orientale,produce e risente di una stessa e vasta koinee ed osmosi culturale espansa in tutta l'area dell ' italia peninsulare sino alle isole lipari"


appunto solo in veneto , in lombardia e piemonte si svilupparono le culture celtiche (proto-lepontiche) di canegrate/golasecca . In queste regioni i primi italici che ci misero piede furono i romani nel III sec a.C. , ed erano armati

Miles
22-04-10, 15:52
appunto solo in veneto , in lombardia e piemonte si svilupparono le culture celtiche (proto-lepontiche) di canegrate/golasecca . In queste regioni i primi italici che ci misero piede furono i romani nel III sec a.C. , ed erano armati

Per il Veneto, realtà che conosco meglio, posso dirti tranquillamente che i Celti eran più scorridori che insedianti . Il Veneto (regione) preRomano è in primis Veneto (popolo) con influenza Etrusca (Adria , Reti).

Per quel che concerne il rapporto Roma-Veneti:

L’arco cronologico va dalla ne del III secolo a.C., epoca a cui sembrano risalire i primi contatti fra Roma
e i popoli dell’Italia nordorientale, e la calata dei Quadi e dei Marcomanni, tribù di stirpe germanica che
nel 167 d.C., durante la diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero, invasero l’Italia distruggendo Opitergium
(Oderzo) e assediando Aquileia. I Veneti, i cui contatti con i Romani risultano documentati quantomeno
a partire dalla ne del terzo secolo, furono sempre in buoni rapporti con Roma, e questo risulta in modo
esplicito dalle fonti letterarie che li citano come alleati dell’Urbe nei più importanti eventi bellici del
tempo.

- Guerra gallica (225-222 a.C.). Nel catalogo polibiano dei milites messi a disposizione dei Romani dagli alleati alla vigilia della guerra gallica del 225-222 a.C., i Veneti compaiono con un contingente di circa
10.000 uomini.

- Guerra annibalica (218-201 a.C.). Durante la guerra annibalica, Asconio Pediano, un veneto dell’aristocrazia di PATAVIUM (Padova), si distinse nelle operazioni condotte da Marco Claudio Marcello sotto le
mura di Nola, durante l’assedio cartaginese della città.

- Guerra sociale (90-88 a.C.). Nella guerra sociale (dai socii, alleati), i Veneti rimasero a anco dei Romani, come risulta da alcune interessanti testimonianze epigrache. Una doppia serie di ghiande mis-
sili, con iscrizione, rispettivamente, venetica e romana (Opitergin(orum), degli Opitergini) fu scagliata
da un reparto di frombolieri (FUNDITORES) provenienti da Oderzo (Opitergium) durante l’assedio di
Asculum (Ascoli Piceno).

- Un altro genere di proiettile, una sorta di campana di piombo con due iscrizioni venetiche, fu lanciata
da un librator, probabilmente di Ateste (Este), contro qualche reparto di insorti presso Montemanicola
(L’Aquila), nel territorio degli antichi Vestini.
Negli anni successivi alla fondazione di Aquileia, ulteriori prove dei buoni rapporti tra i Romani e i populi
insediati a cavallo delle Alpi orientali si possono desumere sia dall’appoggio fornito ai Romani da un
contingente di 3.000 Galli (forse Carni orientali) in occasione della seconda guerra macedonica , sia
dagli aiuti militari offerti ai Romani dai Galli soggetti al regulus Balano in occasione della terza guerra macedonica (171-168 a.C.). L’espansione romana nel settore nordorientale della Transpadana avvenne,
nella prima metà del II sec. a.C., soprattutto attraverso azioni diplomatiche e grazie all’antica alleanza
con i Veneti, certamente anteriore al 225 a.C., alla quale si aggiunsero gradualmente quelle con le
popolazioni alpine.

http://www.latinitas.altervista.org/pdf/storia03.PDF

Geiserich
22-04-10, 20:19
Per il Veneto, realtà che conosco meglio, posso dirti tranquillamente che i Celti eran più scorridori che insedianti . Il Veneto (regione) preRomano è in primis Veneto (popolo) con influenza Etrusca (Adria , Reti).


Si lo so , il Veneto era parte integrante della "koinè italica" che si instaurò con il diffondersi della cultura protovillanoviana , dicevo solamente che non tutte le regioni dell'odierno stato italiano erano parte di questa unione pan-italica

Grosso modo la situazione italiana nella tarda età del bronzo era la seguente (precisazione : i ProtoVillanoviani erano gli Italici) :

http://img641.imageshack.us/img641/6214/italiabronz.png

"Per quel che riguarda il settentrione italiano, appartengono alla facies protovillanoviana la facies funeraria di Fontanella (suddivisa nel gruppo di Ascona, della Ca' Morta e di Bismantova), e le facies metallurgiche transpadana occidentale (gruppi Dora-Ticino e Adda-Olona), (NOTA : Più che di protovillanoviani qui si parla di Golasecchiani , cmq non di italici ) transpadana centrale (gruppi di Fontanella, del Garda, di Angarano e dell'Adige). In quest'ultimo caso, Adige, il territorio corrisponde al rituale funebre della facies di Luco (non protovillanoviano): questo può essere preso come l'esempio di due facies funerarie distinte (Luco e Fontanella) che hanno un'unica facies metallurgica.
Nella zona transpadana orientale la facies protovillanoviana è presente nella pianura del Veneto e del Friuli, che per questo periodo ha poche testimonianze. La medesima cosa si può dire per la zona dell'attuale Emilia-Romagna.

Per il centro Italia, tutte le testimonianze archeologiche di questo periodo sono relative al concetto di protovillanoviano. A livello funerario però il territorio si divide in due aree: quella medio-tirrenica (con elaborate caratteristiche del rito, vedi elmi-coperchio, corredi miniturizzati ecc) e quella che abbraccia il resto dell'Italia centrale, in accordo con il Nord e buon parte del Sud, che ha un rituale più sobrio, testimoniato dall'unica necropoli del periodo, Pianello di Genga (AN).
Per il livello metallurgico, si può definire una facies medio-tirrenica, divisa in 5 gruppi: Tolfa-Allumiere e Roma-Colli Albani (rispettivamente Lazio settentrionale e centrale a sud del Tevere), Terni (Umbria merid. e Abruzzo sud-occ.), Fucino (Campania sett.) e Volturno (Italia merid.). Per il resto del centro Italia si hanno tre gruppi metallurgici: Trasimeno (Umbria centro sett. e Toscana merid. interna), Marecchia-Chienti (Romagna sud-orient. e Marche centro-sett. corisponde al territorio del rituale di Pianello) e Tronto-Pescara (Marche merid. e Abruzzo adriatico).
Nella facies medio-tirrenica si è notata un'ulteriore distinzione in base ad alcune caratteristiche del rituale funebre, che vede 'contrapposti' il gruppo di Tolfa-Allumiere e quello di Roma-Colli Albani: l'uso dell'urna a capanna più tipico di Roma-Colli Albani, il biconico tipico in Tolfa-Allumiere, corredo in ceramica a Roma-Colli Albani e in pietra a Tolfa-Allumiere ecc.

Anche per l' Italia meridionale si può asserire che la totalità delle testimonianze per il Bronzo Finale siano riconducibili alla facies protovillanoviana. La meglio nota è quella di Volturno (medio-tirrenica). "

Geiserich
22-04-10, 23:18
(fondamentale è il recente libro di Andrea Carandini, La nascita di Roma

ce l'ho , bel libro si legge in fretta (110 pagine) e ben fatto (completo di mappe , piante , etc..)

acchiappaignoranti
23-04-10, 08:47
...





appunto solo in veneto , in lombardia e piemonte si svilupparono le culture celtiche (proto-lepontiche) di canegrate/golasecca . In queste regioni i primi italici che ci misero piede furono i romani nel III sec a.C. , ed erano armati


Il processo parte con i significativi dati Neolitici e Calcolitici e vede poi una intensa e variata manifestazione nell'età del Bronzo (per più aspetti ne è il momento culminale) e del Ferro. In quest'arco temporale si registrano contatti con il centroeuropa, l'area occidentale, l'area balcanica e quella meridionale, ma matura anche e soprattutto un'identità centro-alpina. Un'identità che cominciamo a meglio intendere proprio nel confronto con l'l' onda etrusca italica e greca : a partire dalla fine del VII, inizio del VI secolo a.C. nell'area alpina penetrano influentemente fogge e concetti del mondo etrusco-padano, in progressiva grecizzazione e anche direttamente greco, attraverso gli empori di Spina e Adria ed il tramite della cultura reto-veneta. Da allora si notano forme di adattamento, di sincretismo, persine di abbandono (ad es. di molti rogl 11 votivi) ma emerge anche una continuità di tradizioni locale, di specificità alpina, che non verrà alterala drasticamente neanche dai successivi apporti celtici (che precedono La Tene del IV sec. a.C.) Si può anzi dire che proprio in virtù di una preesistente comunanza di fondo fra espressioni religiose continentali abbiamo il fenomeno di accoglimento e adattamento sincretistico: le radici comuni più vicine possono essere colte nel Brolinzo» Finale, con la cultura del Campi di Urne che interessò un area molto ampia e che è posta, grado diverso, alla base formativa di culture come la. villanoviana (etrusca) equelle parallele italiche, Ma radici forti più antiche e comuni sono già nell'età del Bronzo (II mili.) derivanti da un momento locale, disvolta, nel Calcolitico (tardo IV-III mili.), in vista complessa colonizzazione neolitica.

greci latini e celti offrono alle alpi confronti più pertinenti e diretti e questi poi sfumano e riappaiono......

tratto da - la sacralità della montagna

http://www.simbolisullaroccia.it/pubblicazioni/img_book/libro_sacralitamontagna.jpg

Umberto Sansoni è responsabile del dipartimento ricerche valcamonica e lombardia del centro Camuno di Studi preistorici

acchiappaignoranti
23-04-10, 10:39
etrusco italici testimonianze e connessioni

Enrico Benelli archeologo e ricercatore del c.n.r curatore delle principali publicazioni sulle iscrizioni etrusche (thesaurus linguae etruscae) curatore del museo epigrafico etrusconel sottosuolo di chiusi.

http://www.steppa.net/libreria/gif/benelli.jpg



"L’etrusco sembra a tutti gli effetti una lingua isolata. Al suo interno è possibile riconoscere, accanto a tutti quegli elementi che sono suoi propri, numerose presenze di lessico italico (con “italico” si intende la famiglia di lingue geograficamente più diffusa nella penisola, alla quale appartengono l’osco dei Sanniti, l’umbro, il sabino, e altre lingue), e addirittura morfemi italici, segno di una convivenza lunghissima sicuramente più che millenaria , a fianco delle popolazioni parlanti lingue italiche. Le uniche due lingue antiche a noi note che potrebbero essere imparentate con l’etrusco, sono in realtà ancora più problematiche per la estrema scarsità della documentazione, una di queste
è il lemnio, documentato da meno di dieci iscrizioni ritrovate sull’isola di Lemno, nell’Egeo settentrionale, che secondo alcune fonti storiche antiche, prima della colonizzazione ad opera degli Ateniesi, era abitata da una popolazione definita pelasgi” (termine abbastanza vago con il quale la tradizione mitica greca indicava culture vicine a quella ellenica, compresi gli antenati di parte degli stessi greci). Il lemnio è di inquadramento quasi impossibile per la estrema scarsità delle iscrizioni; in una di queste (l’unica di una certa lunghezza)si possono individuare alcune assonanze con l’etrusco che sembrerebbero dare qualche risultato interpretativo utile.
Uno degli aspetti più sorprendenti è l’assoluto isolamento del lemnio rispetto a tutte le lingue parlate in Asiaminore: né il frigio, né il lidio, né il licio, né il cario (lingue le cui scritture sono state in parte decifrate definitivamente solo negli anni del XX secolo, e che quindi solo di recente si sono cominciate ad analizzare in modo compiuto) hanno assolutamente nulla a che fare con il lemnio. La sua posizione resta dunque da capire; l’ipotesi che i "Pelasgi” di Lemno fossero pirati etruschi giunti dall'italia, che vi ebbero stabilito una sorta di Tortuga egea, è stata avanzata a più riprese anche con argomenti di un certo peso, ma necessita di ulterioriverifiche prima di poter essere definitivamente accettata. La seconda lingua che presenta legami con l’etrusco, in questo caso apparentemente abbastanza solidi, è il retico, documentato da une decine di iscrizioni ritrovate in val d’Adige e dintorni; questa occorrenza concorda con quello che raccontano le fonti storiche,secondo le quali i Reti sarebbero stati in origine una parte degli stessi Etruschi, che in epoche remotissime si erano spinti verso nord .

Maria Vittoria
23-04-10, 12:00
La permanenza di una mentalità italica nel differenziare la partecipazione in virtù della differenza di genere mi sembra evidente nell'articolo che trascrivo con diligente ossequio & come omaggio all'essere Oggi venerdì 23 Aprile 2010:

GIORNALE DELLE DONNE

ISTRUZIONE PASSATEMPO MORALITA'

diretto da Amerigo Vespucci
esce due volte al mese

Anno XXII - 1890 ( Numero 8) 2°Numero di Aprile

pagina 15

DIVAGAZIONI

Una curiosa questione si dibatte da qualche tempo su diversi giornali italiani - quella dell'Esposizione femminile progettata a Firenze, togliendo a pretesto il centenario di Beatrice.
Giosuè Carducci - il poeta novatore - fu, senza volerlo forse, la causa principale di tante chiacchiere. Una gentile scrittrice romana, che si nasconde sotto il pseudonimo di "Febea", si era mostrata scandalizzata dall'idea di onorare una Beatrice "di problematica esistenza".
Ella, rimpiccioendo un po' la questione, avrebbe preferito che si fosse celebrato il centenario di Gemma Donati, "la buona e devota moglie di Dante, che con lui ha diviso le miserie e i tormenti della vita tribolata, che lo ha seguito in esilio, che ne ha subìte con tanta rassegnazione le infedeltà, i malumori, i capricci, le stravaganze d'ogni sorta (giacchè si può essere un divino poeta e un marito insopportabile!), che gli ha dato sei o sette figli, e glieli ha educati, mentre lui se ne andava ... "
Giosuè Carducci, in una lettera non destinata, come egli stesso ebbe a confessare poi, ad essere pubblicata, seguì Febea su questo terreno, ricordando quel bellissimo e morale finale della Beata Beatrix : "le devote, le modeste, amorosissime donne, stanche della utile e faticosa opera loro, s'adagiano nel bianco sepolcro, dimenticate".
L'autore delle Odi Barbare andò più oltre e non esitò a scrivere:
" ... Ma che ispiratrice di Dante? I grandi poeti s'ispirano all'anima loro, alla patria, a Dio; e non che le Beatrici facciano loro, son loro che fanno le Beatrici; nè è bene, per la malattia ereditaria del sentimentalismo che si proponga a danno pura e superiore.
Ad ogni modo la Beatrice della Commedia è, senza un dubbio al mondo, la Teologia, la Scienza sacra, la Fede; e voler ridurla o tornarla alle proporzioncelle d'una sposina di seicento anni fa, è un correre il rischio di peccare contro Dante, contro il Medio Evo, contro l'austerità cristiana e rianimare la voce fessa del Padre Venturi, gesuita garrente verso il paradiso: civettòla, civettòla, civettòla.
Ho sentito dire d'un busto da allocare in qualche parte del mausoleo di Santa Croce.
Busto ? di persona ignota all'istoria? senza documenti...? di un nome?
E' nuova fantasia.
Del resto, si servano pure. Quello è un mausoleo falso e di pompa.

Al sepolcro vero e severo, nella solitaria Ravenna, nessuno vorrà portare immagini o parole di vanità; anche per rispetto d'una Beatrice vera, che fu divota figliola e, povera monachella, pregava per l'anima del padre non lungi".

Molti, naturalmente, fecero eco a Carducci.

A Bologna anzi vi fu chi propose di celebrare con feste il centenario di Eva, per porre in ridicolo quello che si inspirava alla leggendaria e gentilissima musa del divino poeta !

...

A Firenze, la città dei poetici ricordi, deve aver fatto una strana impressione questa guerra incruenta contro l'ispiratrice del loro grande poeta...solevano infatti i buoni vecchi commemorare Beatrice, la pia musa di Dante, con grandi feste centenarie alle quali prendevano parte tutti quelli che avessero una Musa da festeggiare.

...
A. Vespucci


Buona Festa di San Giorgio!

Miles
23-04-10, 12:31
etrusco italici testimonianze e connessioni

Enrico Benelli archeologo e ricercatore del c.n.r curatore delle principali publicazioni sulle iscrizioni etrusche (thesaurus linguae etruscae) curatore del museo epigrafico etrusconel sottosuolo di chiusi.

http://www.steppa.net/libreria/gif/benelli.jpg



"L’etrusco sembra a tutti gli effetti una lingua isolata. Al suo interno è possibile riconoscere, accanto a tutti quegli elementi che sono suoi propri, numerose presenze di lessico italico (con “italico” si intende la famiglia di lingue geograficamente più diffusa nella penisola, alla quale appartengono l’osco dei Sanniti, l’umbro, il sabino, e altre lingue), e addirittura morfemi italici, segno di una convivenza lunghissima sicuramente più che millenaria , a fianco delle popolazioni parlanti lingue italiche. Le uniche due lingue antiche a noi note che potrebbero essere imparentate con l’etrusco, sono in realtà ancora più problematiche per la estrema scarsità della documentazione, una di queste
è il lemnio, documentato da meno di dieci iscrizioni ritrovate sull’isola di Lemno, nell’Egeo settentrionale, che secondo alcune fonti storiche antiche, prima della colonizzazione ad opera degli Ateniesi, era abitata da una popolazione definita pelasgi” (termine abbastanza vago con il quale la tradizione mitica greca indicava culture vicine a quella ellenica, compresi gli antenati di parte degli stessi greci). Il lemnio è di inquadramento quasi impossibile per la estrema scarsità delle iscrizioni; in una di queste (l’unica di una certa lunghezza)si possono individuare alcune assonanze con l’etrusco che sembrerebbero dare qualche risultato interpretativo utile.
Uno degli aspetti più sorprendenti è l’assoluto isolamento del lemnio rispetto a tutte le lingue parlate in Asiaminore: né il frigio, né il lidio, né il licio, né il cario (lingue le cui scritture sono state in parte decifrate definitivamente solo negli anni del XX secolo, e che quindi solo di recente si sono cominciate ad analizzare in modo compiuto) hanno assolutamente nulla a che fare con il lemnio. La sua posizione resta dunque da capire; l’ipotesi che i "Pelasgi” di Lemno fossero pirati etruschi giunti dall'italia, che vi ebbero stabilito una sorta di Tortuga egea, è stata avanzata a più riprese anche con argomenti di un certo peso, ma necessita di ulterioriverifiche prima di poter essere definitivamente accettata. La seconda lingua che presenta legami con l’etrusco, in questo caso apparentemente abbastanza solidi, è il retico, documentato da une decine di iscrizioni ritrovate in val d’Adige e dintorni; questa occorrenza concorda con quello che raccontano le fonti storiche,secondo le quali i Reti sarebbero stati in origine una parte degli stessi Etruschi, che in epoche remotissime si erano spinti verso nord .

Il popolamento dell'Italia

La complicata struttura geografica dell'Italia influenzò, fin dalle epoche antiche le forme di popolamento del Paese differenziandone fortemente le varie parti.
Si può cogliere un esempio in Europa solamente con la situazione mantenutasi nei Balcani fino ad oggi.
Come i Balcani di oggi, l'Italia era un coacervo di stirpi molto differenziate, di lingue diverse, separate anche da confini geografici montani e fluviali ben definiti.
La storia dell'Italia come nazione anche linguistica unitaria, quale noi la conosciamo, comincia solo verso la fine dell'Impero Romano, quando ormai la lingua latina si era affermata definitivamente anche nel sud, dove il greco aveva resistito molto più a lungo sia rispetto all'etrusco al centro, che al celtico al nord; lingua già scomparsa durante
il I secolo dell'era volgare.
Non troviamo in Italia culture preistoriche comuni ad altre culture europee.
Né esistono reperti sufficienti per configurare più o meno incerte migrazioni umane che colleghino l'Italia al centro Europa come avverrà in epoche successive.
Solo agli albori della storia possiamo individuare con sicurezza alcune popolazioni che saranno successivamente destinate ad una lunga presenza in Italia.
Fra i popoli più importanti del periodo fra la fine della preistoria e l'inizio della storia dobbiamo considerare innanzi tutto i Liguri.
I Liguri non abitavano solo nella Liguria attuale, anche se in questa regione avevano uno dei loro centri principali, ma rappresentavano una vastissima popolazione che abitava in un ampio arco del Mediterraneo occidentale, dalla Spagna attraverso la Francia meridionale, e si estendeva anche in parte della pianura padana.
Probabilmente formarono il sottostrato mediterraneo delle popolazioni, che prima degli Etruschi e dei Romani, vivevano in quelle zone dell'Italia centrale dove in epoca storica si sviluppò, prima la cultura etrusca, e poi quella romana (latina).
Chi erano i Liguri?

I loro caratteri etnici e somatici, le loro abitudini ed istituzioni ci sono poco noti.
Anche della loro lingua sappiamo pochissimo, tanto da lasciare ancora aperto il dibattito se fossero o meno degli indoeuropei.
Sappiamo invece molto sulle loro ampie sedi di popolamento.
Assieme agli Iberi, di cui erano affini, occupavano l'intero versante dell'Europa occidentale, dall'odierna Spagna, attraverso la Francia meridionale, la Liguria ultima terra col loro nome, fino alle rive del Tevere dove la tribù originaria romana dei «Luceres» altri non era che una tribù di Liguri.
Si trattava sin d'allora di un popolo turbolento e guerriero della cui espansione troviamo tracce un po' dovunque nell'Europa Occidentale preistorica prima dei Celti: basti pensare ai «Silures» della Britannia antica.
Nonostante il problema sia ancora aperto riteniamo che i Ligures fossero parte essenziale di quella ampia stirpe del Mediterraneo occidentale che comprendeva non solo gli Iberi (ed i Baschi loro diretti discendenti), ma anche gli antenati dei Berberi del Nord-Africa, prima che questi si mescolassero sempre più con popoli sub-sahriani.
Erano liguri certamente i Korsi e i Sardani, nonché i Rasna prima della fusione con i Faliski.
A nostro avviso certe somiglianze fra basco, protoberbero ed etrusco non sono semplici assonanze, ma rappresentano un collegamento fra un'ampia realtà che si intravede anche attraverso le più antiche fonti storiche.
Anche i Reti erano un ramo della grande etnia ligure, e per questo, come gli antichi storici ci dicono, parenti degli stessi Etruschi.
Della presenza dei Liguri nell'etnia romana primitiva non vi è alcun dubbio.
Riteniamo anzi per vari motivi che la stessa parola «Tibur», Tevere, sia ligure, così come la prima origine dei «Taurini» di Civitavecchia: cioè «Taurini» per Teverini, come diremmo anche oggi.

Nel popolo romano portarono l'elemento mediterraneo occidentale, meno brillante, e se vogliamo meno intelligente di quello del Mediterraneo Orientale, ma più duro, più serio, più guerriero, come in epoca storica dimostrano non solo i Romani ma anche gli Iberi, i Berberi, i Guasconi, i Siluri (Gallesi), i Liguri italiani, i Corsi ed i Sardi.
I Liguri anche se dimostrano di non sapersi mai o quasi mai organizzare in efficienti forme statuali, per una loro congenita litigiosità interna, unita anche in epoca storica ad una perdurante faziosità politica, costituirono uno dei gruppi etnici più forti ed ostinati nella lotta alle legioni romane sia nella penisola iberica che in Nord Africa, in Britannia, in Gallia.
In Italia furono alla fine debellati, ultimi a cedere fra i popoli abitanti la penisola e deportati in massa nel sud del Paese.
Su di essi si può fare un rilievo di carattere generale dicendo che i mediterranei occidentali erano caratterizzati da una scarsa capacità creativa a livello di organizzazione statale, ma grandi guerrieri.
Questa tradizione bellica e combattiva dei mediterranei occidentali, caratteristica dei Liguri e degli Iberi, che passò poi agli Etruschi, va ricordata anche per la somiglianza con altre popolazioni del Mediterraneo occidentale quali quelle spagnole, basche
e guascone.
Perciò non è azzardato, paragonare queste popolazioni con quelle nordafricane di origine mediterranea, le quali risalgono a quest'epoca storica aventi caratteristiche simili ai gruppi etnici abitanti l'Europa nell'area occidentale del Mediterraneo.
Né si può dire, però che queste popolazioni abbiano dimostrato anche una capacità creativa sul piano culturale, tale da consentire, nonostante il numero considerevole di questi popoli, la creazione di un'organizzazione statuale e di un'espressione civile che sia andata oltre l'organizzazione tribale.

La limitatezza politica dei Liguri, ed una certa tendenza all'anarchia di queste popolazioni, rimane una caratteristica storica, anche nei loro lontani discendenti, che si può riscontrare ancora oggi in alcune zone dell'Europa, Liguria inclusa.
A sud dei Liguri, in questa area preistorica coperta da selve poderose e da grandi paludi si trovava la parte dell'Italia felice che occupava un posto primario nelle leggende del mondo greco.
L'area peninsulare ed insulare, con clima mite, abbondanza di acqua, piccole ma fertili pianure, animali allo stato selvatico e allo stato brado, rappresentava una specie di Far West per le prime popolazioni che vi giunsero dai Balcani e dalla Grecia.
Questa parte d'Italia aveva un aspetto ben diverso dall'Italia di oggi.
Come tutte le zone mediterranee abitate da popolazioni molto numerose la natura è stata purtroppo profondamente trasformata.
Le grandi foreste sono scomparse, i terreni ormai incolti sono aridi e brulli, le colline spoglie, le erosioni profonde, i fiumi interrati, le fonti inaridite e la fauna scomparsa; il tutto forma una realtà rattristante.
Noi vediamo questo processo di decadenza specialmente nelle nostre isole, e se qualche zona per lo più adibita a parco si è salvata, allora la flora mediterranea appare in tutto il suo magico splendore.
Nelle terre, in epoca antica considerate le più fertili e felici della penisola, abitava una popolazione mediterranea molto affine probabilmente ai popoli che vivevano in Grecia, a Creta e nelle altre isole greche dell'Egeo.
In qualche modo può dirsi che il mondo mediterraneo era costituito da due popoli consistenti quali i mediterranei occidentali forti e guerrieri, ma con poca disciplina e creatività, ed i mediterranei orientali più fini e sottili di corporatura, ma intelligenti e fantasiosi, duttili e pieni di gioia di vivere e capacità creativa.

I nomi di questi popoli in Italia erano vari, tutti comunque con caratteristiche simili, analoghi nell'aspetto fisico ed intellettuale ai loro dirimpettai della costa balcanica e delle isole greche prima delle invasioni indoeuropee.
Queste popolazioni, profondamente legate alla vita del Mediterraneo, dedite parimenti alla pesca, all'agricoltura e all'allevamento, furono popoli che per una significativa coincidenza storica diedero il nome all'Italia.
All'inizio della sua storia a noi nota infatti la penisola cambiò spesso nome.
Fu inizialmente chiamata Ausonia, Bruzio, Esperia, Enotria, poi Italia o forse Vitalia, dalla voce Vitulus (vitello) cioè terra delle mandrie.
II nome Italia nacque comunque assai prima di quello di italiani.
Fu la terra e non il popolo a dare il nome a questa penisola estrema dalla forma di stivale. Nome che si estese poi poco a poco a tutto il resto del Paese fino alla Pianura Padana e poi alle Alpi.
Da questa terra presero il nome i vari popoli che vi abitarono di razza e cultura diversa.
Il fascino e la bellezza di questa terra, ed il mare che la circonda li ha sempre profondamente legati.
Per questo gruppo di popoli, peraltro in apparenza non molto differenti, nell'epoca preistorica, si verificarono fra la fine del secondo e l'inizio del primo millennio avanti Cristo una serie di cambiamenti profondi dovuti all'arrivo in Italia di nuove popolazioni.
L'Europa attraversò periodi di grandi migrazioni che la caratterizzarono nei secoli e la mutarono profondamente.
Alla fine di questa migrazione di popolazioni si ebbero effetti permanenti nella storia etnica dell'Italia per circa mille anni, fino cioè alla romanizzazione e all'assimilazione della popolazione dell'Italia da parte del gruppo romano-latino.
Questa fase della storia italiana inizia con una cultura che viene chiamata villanoviana (da Villanova), dal luogo dove furono trovati i reperti più importanti dei nuovi popoli.
E terremaricoli furono detti gli abitanti che lasciarono tracce importanti nella regione padana e nelle zone lacustri e paludose dall'Italia centro-settentrionale dove all'inizio trovarono la possibilità di stabilirsi.

Essi vivevano in parte della pesca effettuata nei vicini laghi ed in parte della caccia. Ma è in questa epoca che iniziò l'agricoltura primitiva destinata a svilupparsi grazie alle progressive bonifiche di queste terre fertili ed umide, invase periodicamente dai fiumi. Questi insediamenti di palafitte che ci appaiono oggi come precarie, presentavano allora dei notevoli vantaggi: la possibilità di vivere in condizioni di relativa sicurezza nei confronti degli attacchi esterni, una certa forma di pulizia (elemento questo essenziale per la crescita demografica nei villaggi antichi) l'abbondanza delle acque, la possibilità di muoversi rapidamente con barche attraverso fiumi, paludi e laghi.
Questi terramaricoli erano indubbiamente genti forti ed attive, erano le avanguardie delle grandi migrazioni indoeuropee che sarebbero di lì a poco divenute le protagoniste della storia d'Italia.
L'immigrazione dal nord, pacifica o violenta, è un fatto che si è ripetuto periodicamente nella storia d'Italia dando un carattere di centralità europea alla maggior parte del Paese, legandola profondamente alle stirpi europee.
L'unica eccezione a questa regola è l'apporto, di enorme importanza, dato alla etnia italiana del sud dalla Grecia.
Si può dire infatti che la popolazione della Sicilia orientale, della Lucania, della Calabria e delle coste campane possono considerarsi prevalentemente di origine greca.
E cosa ben nota che anche in epoca storica e perfino in epoca medioevale la lingua greca prevaleva addirittura su quella latina e ciò per un lungo periodo.
La presenza greca che continua a sopravvenire in Italia meridionale con alcune isole linguistiche di origine recente (invasioni turche), fu determinante nella formazione della etnia italiana nel meridione, anzi ne fu il carattere dominante.
Nelle zone dell'Italia centro-settentrionale, al contrario, la storia della formazione etnica italiana marciò in una direzione profondamente diversa.

Innanzitutto abbiamo al centro, tra i monti ed il Tirreno, il blocco delle popolazioni latino-falische, ma sull'origine più remota delle popolazioni latine e quindi dei Romani regna a tutt'oggi una certa oscurità.
Si sa con certezza che queste popolazioni appartengono ad un gruppo indoeuropeo arcaico apparso in Italia sul finire del II millennio avanti Cristo.
Esse passarono le Alpi lasciando tracce importanti in alcune vallate alpine, come ad esempio in Val Camonica.
Non si sa quando e come passarono gli Appennini.
Certo è che non cercarono di fermarsi in Val Padana, allora interamente coperta da paludi ed acquitrini, bonificati solo assai più tardi dal paziente lavoro degli Etruschi.
Erano per lo più pastori e abitanti delle selve.
Il «totem della lupa» e quello dell'«ascia di guerra» ne sono una prova (fasci littori, come simbolo del potere).
Questo aspetto, come anche il grado piuttosto arcaico di evoluzione della loro parlata indoeuropea, li fanno ricollegare ai popoli centroeuropei detti appunto dell'ascia di guerra con i quali sembrano avere molto in comune.
La lingua, infine, si ricollega a parlate «vende» o, addirittura paleoslave, apparse più tardi nella loro completezza, come del resto a quella dei protoilliri che, formatisi sulle falde meridionali dei Carpazi, diedero origine a molti popoli.
A queste popolazioni si ricollegano anche quelle stirpi del nord-ovest da cui discesero Greci e Macedoni.
I Latino-Falischi discesero la valle del Tevere, ma mentre i Falischi si arrestavano sulla riva destra del fiume, creando un complesso rapporto etnico con i Liguri dando così origine agli Etruschi, i Latini scesero più a sud occupando l'intera riva sinistra del Tevere ed i monti circostanti fino al mare.
Si attestarono poi in particolare sui Colli Albani, come su una grande cinta fortificata naturalmente attorno alla mitica Albalonga, la città da cui la stessa Roma ebbe origine.

Questo straordinario gruppo latino-romano, destinato a prevalere su Etruschi, Greci ed altri Italici, non sembrava alle sue origini far prevedere quello straordinario destino, che, unico fra i popoli antichi, lo condusse a dominare il mondo.
In seguito poco dopo l'insediamento dei Latini, appaiono in Italia nuove popolazioni ariane che vi si stanziarono verso l'anno 1000 avanti Cristo, occupando il centro e la fascia orientale della penisola.
Tale gruppo costituirà principalmente il gruppo sabino-sabellico.
Fra queste popolazioni sono da collocare anche i Piceni (da alcuni considerati Illiri) e soprattutto le popolazioni sannitiche che, insidiatesi nelle vallate dell'Abruzzo di oggi ed estendendosi per l'Italia centro meridionale, costituirono uno dei gruppi etnici organizzati più forti tra quelli presenti nella storia dell'Italia di questo periodo.
Furono proprio i Sanniti che contrastarono per lungo tempo a Roma la supremazia nella Penisola.
L'altra presenza di rilievo, accanto alle precedenti popolazioni in Italia, è quella dei Veneti.
Provenienti anche essi dall'area carpatica erano un popolo affine ai Latino Faliski.
Un problema storico di grande interesse è il rapporto che indubbiamente esiste fra i Veneti a sud dei Carpazi, stanziatisi poi fra le Alpi e l'Adriatico e un ampio gruppo di tribù a nord dei Carpazi stessi che conservarono a lungo il nome di Veneti (o Vanedae) (germanico: Wensil o Welch) che furono le radici della nazione slava.
Non è cosa nuova, nella storia dei popoli, l'attaccamento a proprie denominazioni originarie destinate a durare secoli e millenni e a stabilire rapporti, collegamenti e parentele, che le labili documentazioni delle protostorie non sono in grado di dare.
Resta il fatto che un gruppo di tribù affini ai Veneti continuò a conservare un'identica denominazione a nord e a sud della dorsale Alpino-Carpatica, delineando un rapporto etnico-linguistico non ancora sufficientemente conosciuto.
Non sarebbe sorprendente che anche i Veneti, abitanti le rive dell'Atlantico all'epoca di Cesare, fossero i resti di una remota migrazione, sempre di popoli appartenenti allo stesso ceppo carpatico.
Poiché i Venedae a nord dei Carpazi non sono altro che dei proto-slavi, risulterebbe una identità di origine fra questi ed i Veneti d'Italia in epoca preistorica.
Né contrasterebbe con la teoria sull'affinità dei Veneti con proto-latini - che pure discendono da popoli originari della stessa area geografica e diffusisi poi in tutta la penisola balcanica.

Qualunque fosse stata la loro origine primitiva, il popolo dei Veneti fu di gran lunga uno dei popoli più importanti dell'Italia antica e moderna.
Avevano già in epoca preistorica molti tratti in comune con i Romani, di animo forte e generoso, di struttura fisica poderosa, capaci di tenere testa in epoca storica alle bellicose popolazioni limitrofe, e furono un elemento stabilizzante per lungo periodo nel nord dell'Italia ed alleati fedeli dei Romani, a conferma della loro comune origine.
Con i Romani, i Veneti dimostrarono sin dall'inizio grande affinità e leale amicizia che mantennero nel corso della storia.
Con i Romani ebbero in comune oltre alla tenacia, il senso della disciplina, la lealtà, il rispetto dei trattati e l'impegno nel lavoro.
Furono alleati di Roma contro i Celti, contro gli Etruschi e gli Italici, si fusero nella repubblica romana senza guerre e ribellioni come in una naturale e prevista assimilazione.
Dopo la fine dell'Impero Romano, l'etnia veneto-romana fu la più coerente e fedele alle tradizioni romane.
Venezia nella lingua e nell'istituzione governativa fu la prova, l'esempio tangibile, della continuità fra Roma e l'Italia moderna.
Vi sono poi testimonianze che le grandi affinità tra Romani ed Illiri si trovano anche nei Daci (simili ai Veneti per il loro legame con Roma), i Macedoni stessi, i Dalmati e i Traci.
In Italia mentre sembra incerta l'appartenenza del gruppo etnico dei Piceni, è certa l'origine illirica di alcuni popoli a sud del Piceno come le tribù dei Liburni e dei Frentani, che mantennero anche in epoca storica legami linguistici e culturali con le popolazioni dell'altra sponda dell'Adriatico.

In conclusione a metà dell'VIII secolo avanti Cristo in Italia si possono distinguere grosso modo 5 zone etniche:
1) l'Italia nord-orientale, dominata dai Veneti e, in parte, nelle zone periferiche dai Reti.
2) L'Italia nord-occidentale fino ai confini dell'Etruria comprendente le regioni storiche di Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia, dominate dai Liguri.
Più tardi saranno queste le zone dei Celti, che faranno sparire quasi completamente i Liguri.
3) Nell'Italia centrale, i popoli etruschi ormai considerati in quest'epoca pienamente formati, dopo aver attraversato un lungo periodo di assestamento.
4) Gli Italici propriamente detti, che abbracciano tutta la parte dell'Italia centrale con i due gruppi: latino-falischi e sabino-sabellici.
5) Nel meridione, insieme alla presenza di varie popolazioni mediterranee si afferma il grande blocco dei Greci.
E' interessante notare che questa divisione storica e geografica dell'Italia è una costante destinata a durare molti secoli fin negli Stati regionali scomparsi nel secolo scorso.
Questa analisi sul popolamento protostorico non sarebbe però completa senza una precisazione riguardo le popolazioni che in una fase relativamente più recente si dissero «latine», prendendo il nome dall'ampia valle del fiume Sacco, affluente del Tevere, la «Valle Lata» (la valle larga), da cui gli abitanti furono detti «Latini».
Ma i «Latini», non erano che dei parenti stretti dei Falischi ed anche degli Oschi e dei Volschi (da scrivere meglio Faliski, Volski, Oski), i primi discesi lungo la riva destra del fiume Tevere, confondendosi con gli Etruschi, dei quali erano certamente la maggiore componente indoeuropea, i secondi discesi lungo la riva sinistra del Tevere contigui ai «Quiriski» identici a quelle tribù, che arroccatesi sui Colli Albani, attorno alla Sacra Fonte ed al Sacro Bosco della Fortuna Primigenia, si dissero più tardi «latini».
Rimane però un problema assai importante che dovrebbe essere esaminato in appropriata sede paleoetnologica e linguistica.
La terminazione in «ski» di popoli contigui come i Faliski, gli Oski, i Volski ed anche gli Etruski sta a significare una stretta parentela fra queste popolazioni.

Orbene dato che l'origine degli Osko-Faliski è ben chiara, ci sembra che il nome Etruski sia l'appellativo che gli indoeuropei davano ai Rasna.
Inoltre anche l'appellativo di «Quirites», farebbe intendere che il vero antico nome delle popolazioni sui Colli Albani fosse proprio quello di «Quiriski».
Tale analisi paleolinguistica ha, come si vede, una grande importanza e getta una luce molto interessante su questo ampio gruppo di popolazioni cui il destino, o meglio la loro venerata dea «la fortuna primigenia», riservava un fatale avvenire.
Se le cose stessero in questi termini e la desinenza «ski» un genitivo tipico dei «Vanedae» e quindi più tardi della conservatrice lingua protoslava, allora non vi sarebbe alcun dubbio che la remota origine dei Romani sarebbe proprio in quell' area sarmatico-carpatica nella quale tante genti, ed in particolare gli Slavi, ebbero la loro origine.

EFFEDIEFFE Giornale on-line - Direttore Maurizio Blondet (http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1464&parametro=storia)

Lucio Vero
23-04-10, 12:52
Leggevo ieri il testo di Adriano Romualdi "Gli Indoeuropei: Origini e Migrazioni" dove si parla delle origini di Roma e dei Latini - ma anche dei Veneti, dei Camuni etc. Devo dire che le migrazioni indoeuropee, la nascita di Roma e le invasioni barbariche - ovvero le due "indogermanizzazioni" d'Italia - possono offrire degli spunti interessanti. :)

Mc Queen
23-04-10, 16:49
Si lo so , il Veneto era parte integrante della "koinè italica" che si instaurò con il diffondersi della cultura protovillanoviana , dicevo solamente che non tutte le regioni dell'odierno stato italiano erano parte di questa unione pan-italica



Volevo farlo notare anche io.

UNITA' ITALICA dell'antichità ? Certamente sì. Essa esisteva. Ma che COSA si intendeva per Italia ? Una superficie geografica equivalente a quella dello stato odierno oppure una minore ?




http://img641.imageshack.us/img641/6214/italiabronz.png



Giorni fa stavo per postare qualcosa di simile. Ti ringrazio.




"Per quel che riguarda il settentrione italiano, appartengono alla facies protovillanoviana la facies funeraria di Fontanella (suddivisa nel gruppo di Ascona, della Ca' Morta e di Bismantova), e le facies metallurgiche transpadana occidentale (gruppi Dora-Ticino e Adda-Olona), (NOTA : Più che di protovillanoviani qui si parla di Golasecchiani , cmq non di italici ) transpadana centrale (gruppi di Fontanella, del Garda, di Angarano e dell'Adige). In quest'ultimo caso, Adige, il territorio corrisponde al rituale funebre della facies di Luco (non protovillanoviano): questo può essere preso come l'esempio di due facies funerarie distinte (Luco e Fontanella) che hanno un'unica facies metallurgica.
Nella zona transpadana orientale la facies protovillanoviana è presente nella pianura del Veneto e del Friuli, che per questo periodo ha poche testimonianze. La medesima cosa si può dire per la zona dell'attuale Emilia-Romagna.


Quoti infatti. La cultura di GOLASECCA è una cultura celtica autoctona (ben precedente alla grande invasione galliac che verrà in seguito a riplasmare la compagnie etnica del territorio.





Per il centro Italia, tutte le testimonianze archeologiche di questo periodo sono relative al concetto di protovillanoviano. A livello funerario però il territorio si divide in due aree: quella medio-tirrenica (con elaborate caratteristiche del rito, vedi elmi-coperchio, corredi miniturizzati ecc) e quella che abbraccia il resto dell'Italia centrale, in accordo con il Nord e buon parte del Sud, che ha un rituale più sobrio, testimoniato dall'unica necropoli del periodo, Pianello di Genga (AN).
Per il livello metallurgico, si può definire una facies medio-tirrenica, divisa in 5 gruppi: Tolfa-Allumiere e Roma-Colli Albani (rispettivamente Lazio settentrionale e centrale a sud del Tevere), Terni (Umbria merid. e Abruzzo sud-occ.), Fucino (Campania sett.) e Volturno (Italia merid.). Per il resto del centro Italia si hanno tre gruppi metallurgici: Trasimeno (Umbria centro sett. e Toscana merid. interna), Marecchia-Chienti (Romagna sud-orient. e Marche centro-sett. corisponde al territorio del rituale di Pianello) e Tronto-Pescara (Marche merid. e Abruzzo adriatico).
Nella facies medio-tirrenica si è notata un'ulteriore distinzione in base ad alcune caratteristiche del rituale funebre, che vede 'contrapposti' il gruppo di Tolfa-Allumiere e quello di Roma-Colli Albani: l'uso dell'urna a capanna più tipico di Roma-Colli Albani, il biconico tipico in Tolfa-Allumiere, corredo in ceramica a Roma-Colli Albani e in pietra a Tolfa-Allumiere ecc.

Anche per l' Italia meridionale si può asserire che la totalità delle testimonianze per il Bronzo Finale siano riconducibili alla facies protovillanoviana. La meglio nota è quella di Volturno (medio-tirrenica). "

Tutt esatto.

Garat
23-04-10, 16:59
Wow, mac, qualche millennio fa non eravamo una unica etnia.
Come la Francia, come la Germania, come l'Inghilterra ecc ecc...
Quindi che hai dimostrato?:D

PS: Questo forum ti attrae come il miele, eh, moscone?

occidentale
23-04-10, 17:12
Pare di si.

Maria Vittoria
23-04-10, 17:33
UNITA' ITALICA dell'antichità ? Certamente sì. Essa esisteva. Ma che COSA si intendeva per Italia ? Una superficie geografica equivalente a quella dello stato odierno oppure una minore ?
...
Quoti infatti. La cultura di GOLASECCA è una cultura celtica autoctona (ben precedente alla grande invasione gallica che verrà in seguito a riplasmare la compagnie etnica del territorio.
...
Tutt esatto.


L'unità arcaica dell'Italia non è di tipo etnico, Mc Queen.

E' geografica & coincide con l'attuale, aggiungendovi il Canton Ticino e l'Istria fino a Pola.

Mc Queen
23-04-10, 17:46
L'unità arcaica dell'Italia non è di tipo etnico, Mc Queen.

E' geografica & coincide con l'attuale, aggiungendovi il Canton Ticino e l'Istria fino a Pola.



Alt alt alt.....affermi che non è di natura etnica, quanto geografica. cosa significa esattamente scusa ?

Un ragionamento simile sta in piedi solo se si ammette l'esisenza di una spiritualità basata sulla geografia. Che la geografia stessa possieda un'anima. Un dato territorio possieda uno spirito suo peculiare.

Non a caso negl ambienti italico-romani si parla di "geografia sacra". L'ideologia italianista si basa ufficialmente su questo assunto sacrale dunque ?

Garat
23-04-10, 17:47
Senti chi parla !

Da persona che ama il suo paese (pur con i suoi difetti) non vedo dove sia la questione.
Ma non scadiamo nel personale.
Il fatto che qualche millennio fa non ci fosse un'etnia italiana non dimostra una cippa. E come dice la mod MV è OT.:)

Mc Queen
23-04-10, 17:49
Da persona che ama il suo paese (pur con i suoi difetti) non vedo dove sia la questione.
Ma non scadiamo nel personale.
Il fatto che qualche millennio fa non ci fosse un'etnia italiana non dimostra una cippa. E come dice la mod MV è OT.:)

Non sto andando affatto OT, ma formulando delle domande.

Vedi se riesci a rispondere a quella fatto sopra (sono curioso di leggere...)

Garat
23-04-10, 17:51
Non sto andando affatto OT, ma formulando delle domande.

Vedi se riesci a rispondere a quella fatto sopra (sono curioso di leggere...)

Già risposto: qualche millennio fa NESSUNO degli attuali apesi era unito etnicamente.
Questo non indica NULLA, dato che nel frattempo è successo di tutto. Migrazioni interne, conquiste, passaggi di popolazioni.
Da almeno un paio di millenni l'Italia E' unita.
E ammesso che non lo fosse etnicamente lo era culturalmente.

Ergo: che sciocchezzuole vai dicendo?

occidentale
23-04-10, 17:55
Alt alt alt.....affermi che non è di natura etnica, quanto geografica. cosa significa esattamente scusa ?

Un ragionamento simile sta in piedi solo se si ammette l'esisenza di una spiritualità basata sulla geografia. Che la geografia stessa possieda un'anima. Un dato territorio possieda uno spirito suo peculiare.

Non a caso negl ambienti italico-romani si parla di "geografia sacra". L'ideologia italianista si basa ufficialmente su questo assunto sacrale dunque ?
Si ma tu ingarbugli le carte....ancora una volta.
E falla finita di usare a sproposito il termine italianista per favore...

Mc Queen
23-04-10, 18:01
Si ma tu ingarbugli le carte....ancora una volta....


"ancora una volta" non esiste, dal momento che non ho mai ingarbugliato le carte. Faccio solo domande. Questo è ammesso dal regolamento di questo forum.

Chiunque può fare domande.


Perla precisione a Maria Vittoria non ho ingarbugliato nulla : ho chiesto solo una precisazione. Dal momento che ha affermato che l'unità arcaica è un concetto GEOGRAFICO........allora io mi chiedevo se questo autorizza a pensare che la "geografia sacra" sia parte fondamentale della filosofia di questo forum.


Tutto qui.

Maria Vittoria
23-04-10, 18:06
"ancora una volta" non esiste, dal momento che non ho mai ingarbugliato le carte. Faccio solo domande. Questo è ammesso dal regolamento di questo forum.

Chiunque può fare domande.


Perla precisione a Maria Vittoria non ho ingarbugliato nulla : ho chiesto solo una precisazione. Dal momento che ha affermato che l'unità arcaica è un concetto GEOGRAFICO........allora io mi chiedevo se questo autorizza a pensare che la "geografia sacra" sia parte fondamentale della filosofia di questo forum.


Tutto qui.

La geografia è parte integrante di questo forum, Mc Queen.

Quayag
23-04-10, 21:28
Millenni prima dell'italia esistevano gli italiani...humm ottimo forum di fantascienza,e il Veneto era un cosa?culturalmente...etnicamente...con il sud?ma va i veneti anche adesso (esclusi i sud tirolesi)sono i meno italiani d'italia,figurati qualche migliaio di anni fa.

Perchè vi arrampicate sugli specchi,l'italia è un'espressione geografica gli italiani sono stati inventati a fine ottocento e dopo 150 anni ancora non esistono.

Vi assicuro che non voglio provocarvi e ve lo dimostro non partecipando più alla discussione.

Mc Queen
23-04-10, 22:22
Millenni prima dell'italia esistevano gli italiani...humm ottimo forum di fantascienza,e il Veneto era un cosa?culturalmente...etnicamente...con il sud?ma va i veneti anche adesso (esclusi i sud tirolesi)sono i meno italiani d'italia,figurati qualche migliaio di anni fa.

Perchè vi arrampicate sugli specchi,l'italia è un'espressione geografica gli italiani sono stati inventati a fine ottocento e dopo 150 anni ancora non esistono.

Vi assicuro che non voglio provocarvi e ve lo dimostro non partecipando più alla discussione.


Non posso commentare.

Geiserich
23-04-10, 22:25
Millenni prima dell'italia esistevano gli italiani...humm ottimo forum di fantascienza,e il Veneto era un cosa?culturalmente...etnicamente...con il sud?ma va i veneti anche adesso (esclusi i sud tirolesi)sono i meno italiani d'italia,figurati qualche migliaio di anni fa.

Perchè vi arrampicate sugli specchi,l'italia è un'espressione geografica gli italiani sono stati inventati a fine ottocento e dopo 150 anni ancora non esistono.

Vi assicuro che non voglio provocarvi e ve lo dimostro non partecipando più alla discussione.

Solo culturalmente , praticamente in tutta l'italia centro-meridionale e nel nord-est (e in buona parte dell'Europa) si cremavano i morti , si producevano spade , corazze simili etc... e forse (questo solo nelle zone indicate sopra della penisola italiana) si parlavano dialetti (italici) affini..

http://www.museorenzi.it/ProtoVillanov.htm

Io intendevo questo , il mio intervento in realtà non era incentrato sul Veneto ma sulle regioni che NON facevano parte di questa unificazione , ho solo risposto ad un post.

Passo e chiudo. :ciaociao:

occidentale
23-04-10, 22:25
Millenni prima dell'italia esistevano gli italiani...humm ottimo forum di fantascienza,e il Veneto era un cosa?culturalmente...etnicamente...con il sud?ma va i veneti anche adesso (esclusi i sud tirolesi)sono i meno italiani d'italia,figurati qualche migliaio di anni fa.

Perchè vi arrampicate sugli specchi,l'italia è un'espressione geografica gli italiani sono stati inventati a fine ottocento e dopo 150 anni ancora non esistono.

Vi assicuro che non voglio provocarvi e ve lo dimostro non partecipando più alla discussione.
Detto da un esperto di fantascienza come te, assiduo frequentatore del Forum FantaPadania è un gran complimento.
Dei Veneti antichi non sai molto.....sui moderni meglio che taccia.Grazie dell'intervento.....:ciaociao:

Garat
23-04-10, 23:14
Millenni prima dell'italia esistevano gli italiani...humm ottimo forum di fantascienza,e il Veneto era un cosa?culturalmente...etnicamente...con il sud?ma va i veneti anche adesso (esclusi i sud tirolesi)sono i meno italiani d'italia,figurati qualche migliaio di anni fa.

Perchè vi arrampicate sugli specchi,l'italia è un'espressione geografica gli italiani sono stati inventati a fine ottocento e dopo 150 anni ancora non esistono.

Vi assicuro che non voglio provocarvi e ve lo dimostro non partecipando più alla discussione.

Cattiveria per cattiveria: 50 anni fa al nord i veneti erano i terroni del nord.
Se non eravate italiano millenni fa eravate terroni qualche annetto fa.:giagia:

PS: La maledetta frase del vecchio austriaco è diventata di moda...
Comunque anche qui: se l'Italia è una espressione geografica la padania è una brutta invenzione di uno senza arte ne parte.

Miles
24-04-10, 00:52
Millenni prima dell'italia esistevano gli italiani...humm ottimo forum di fantascienza,e il Veneto era un cosa?culturalmente...etnicamente...con il sud?ma va i veneti anche adesso (esclusi i sud tirolesi)sono i meno italiani d'italia,figurati qualche migliaio di anni fa.

Il fatto che tu domattina andrai alla manifestazione in quel di Venezia coi bifolchi di raixe venete (campagnoli nefasti che straparlano di una Serenissima che però giustamente li avrebbe tenuti legati all'aratro) nulla toglie a fatti di comprovata oggettività provata dalla Storia, dall'Archeologia, dalla Linguistica.
Non mi tirare fuori palle strane.
Segato lo conoscevo anche io.
Come studi e come persona.



Vi assicuro che non voglio provocarvi e ve lo dimostro non partecipando più alla discussione.

Potevi evitare proprio di venire se il tuo contributo era di questo livello.
Personalmente non mi sento in dovere ne son mosso da impeti tali da andare sul forum fantapatagna a dare lezioni di Storia.
Sarà che la smania e l'ossessione di inventare fantaetnie porta come effetto collaterale quello di cercare a tutti i costi di dimostrare la fantascienza,andando a bussare come i testimoni di geova la domenica mattina a casa degli altri.

Miles
24-04-10, 01:01
Perla precisione a Maria Vittoria non ho ingarbugliato nulla : ho chiesto solo una precisazione. Dal momento che ha affermato che l'unità arcaica è un concetto GEOGRAFICO........allora io mi chiedevo se questo autorizza a pensare che la "geografia sacra" sia parte fondamentale della filosofia di questo forum.


Tutto qui.

L'unità arcaica oltre che un fattore geografico (inteso come stanziamenti su determinate terre e valenza data al territorio in ottica di geografia sacra) è un concetto protostorico, religioso, culturale ed in buona parte linguistico.
Sul rapporto (di parziale sovrapponibilità) liguri-romani è già stato postato un articolo.
Poi se il massimo cui puoi contrapporre e la cultura di Golasecca (glissando ampiamente sul fondamentale contributo etrusco a (http://blog.archeologia.com/93/etruschi-civilta-mediterraneo/)lla stessa) è altro affare.
Questi sono i fatti.
Comprovati dalla storia, illustrati con dotte citazioni, e studi.
Se non hai nulla cui contrapporre tranne i tuoi fantaragionamenti dai la colpa alla realtà che purtroppo non coincide con le tue fantasie.

Mc Queen
24-04-10, 02:09
L'unità arcaica oltre che un fattore geografico (inteso come stanziamenti su determinate terre e valenza data al territorio in ottica di geografia sacra) è un concetto protostorico, religioso, culturale ed in buona parte linguistico.
Sul rapporto (di parziale sovrapponibilità) liguri-romani è già stato postato un articolo.
Poi se il massimo cui puoi contrapporre e la cultura di Golasecca (glissando ampiamente sul fondamentale contributo etrusco a (http://blog.archeologia.com/93/etruschi-civilta-mediterraneo/)lla stessa) è altro affare.
Questi sono i fatti.
Comprovati dalla storia, illustrati con dotte citazioni, e studi.
Se non hai nulla cui contrapporre tranne i tuoi fantaragionamenti dai la colpa alla realtà che purtroppo non coincide con le tue fantasie.


Faccio solo notare a prescindere dall'adesione o meno alla filosofia del forum, che le affermazioni sui Liguri (per esempio) è fasulla. la "parziale sovrapponibilità" tra romani e Liguri è una forzatura che non si addice ad alcun forum (anche se di parte).
Come dicono le stesse fonti antiche, erano una popolazione non-italica.

La scuola francese (presigiosa) per bocca di autori di rispetto e ricercatori universitari li ritiene affini alle popolazioni celtiche. Per non parlare della fusione avvenuta con le ondate migratorie galliche di massa del V secolo A.C.
No, mi dispiace, ma non tiene scientificamente.

Gli etruschi poi erano confinati all'etruria padana (= romagna attuale). Non oltre.


Credere in un'idea, Miles, non autorizza a sparacchiare qualsiasi cosa. Se veramente ti interessa salvaguardare un concetto di italia (un'ideologia "italiana"), inizia da questo almeno. Più forzature ci sono......più facile che si rivelino e crollino, danneggiando poi l'intero edificio che vuoi costruire. Se capisci questo siamo avanti.

acchiappaignoranti
24-04-10, 02:17
La scuola francese (presigiosa)

Gli etruschi poi erano confinati all'etruria padana (= romagna attuale). Non oltre.

1 scuola francese chi ? nomi , autori, saggi, referenze tecnico scientifiche, cattedre ,,,,


2 genova è etrusca di comprovata fondazione etrusca

Miles
24-04-10, 02:20
Come dicono le stesse fonti antiche, erano una popolazione non-italica.

Cita queste fonti.



La scuola francese (presigiosa) per bocca di autori di rispetto e ricercatori universitari li ritiene affini alle popolazioni celtiche.

Cita questi autori e questi studi.



Per non parlare della fusione avvenuta con le ondate migratorie galliche di massa del V secolo A.C.

Infatti la cartina ad origine del thread descrive una situazione risalente a cinque secoli prima.



Gli etruschi poi erano confinati all'etruria padana (= romagna attuale). Non oltre.

E Adria?
E Mantova?
E Genova?
E i Reti?
E le osmosi culturali (vds ad es il corpus di iscrizioni Etrusche in Val Camuna?)
Anche in Piemonte, neh
Archeomedia - Rivista di Archeologia On-line (http://www.archeomedia.net/studi-e-ricerche/36552-busca-cn-gli-etruschi-a-pochi-chilometri-da-casa-nostra.html)

Mc Queen
24-04-10, 02:21
2 genova è etrusca di comprovata fondazione etrusca


CERTO. Come no. Anche Vienna lo è.

acchiappaignoranti
24-04-10, 02:29
CERTO. Come no. Anche Vienna lo è.




GENOVA

il concetto etimologico viene fatto risalire da "ianua", che in latino significa "porta". , Genua per gli antichi Romani, era la "porta", il confine tra la Gallia Cisalpina e la Provenza. nel caso di *geneu potrebbe indicare l'insenatura del Porto Vecchio, simile alla curvatura interna del ginocchio. Secondo una recente teoria l'origine del nome potrebbe essere riportata ad un coccio di vaso presente nel museo archeologico del capoluogo, riportante la scritta Kainua che in lingua etrusca significherebbe "Città nuova".

graeme barker - n.i. s archeologia

antropologo e archeologo cattedra università di cambdrige

Mc Queen
24-04-10, 02:34
GENOVA

il concetto etimologico viene fatto risalire da "ianua", che in latino significa "porta". , Genua per gli antichi Romani, era la "porta", il confine tra la Gallia Cisalpina e la Provenza. nel caso di *geneu potrebbe indicare l'insenatura del Porto Vecchio, simile alla curvatura interna del ginocchio. Secondo una recente teoria l'origine del nome potrebbe essere riportata ad un coccio di vaso presente nel museo archeologico del capoluogo, riportante la scritta Kainua che in lingua etrusca significherebbe "Città nuova".

graeme barker - n.i. s archeologia

antropologo e archeologo cattedra università di cambdrige

Xavier Delamarre sostiene che il ligure sia una lingua celtica, simile ma non identica al gallico. La sua argomentazione verte su due punti: primo, il toponimo ligure Genua (odierna Genova, situata vicino alla foce di un fiume), sostiene Delamarre, deriva dal PIE *genu-, "mascella". Molte lingue indoeuropee usano il termine 'bocca' per indicare la foce di un fiume, ma solo in goidelico il PIE *genu- significa 'bocca'. Oltre a Genua, che è considerata ligure (Delamarre 2003, p. 177), questo termine si trova anche in Genava (moderna Ginevra), che potrebbe essere gallica. Comunque, Genua e Genava potrebbero derivare da un'altra radice PIE con la forma *genu-, che significa "ginocchio".



Eccoti servito, Acchiappa. Saluto anche te.

acchiappaignoranti
24-04-10, 02:38
Xavier Delamarre sostiene che il ligure sia una lingua celtica, simile ma non identica al gallico. La sua argomentazione verte su due punti: primo, il toponimo ligure Genua (odierna Genova, situata vicino alla foce di un fiume), sostiene Delamarre, deriva dal PIE *genu-, "mascella". Molte lingue indoeuropee usano il termine 'bocca' per indicare la foce di un fiume, ma solo in goidelico il PIE *genu- significa 'bocca'. Oltre a Genua, che è considerata ligure (Delamarre 2003, p. 177), questo termine si trova anche in Genava (moderna Ginevra), che potrebbe essere gallica. Comunque, Genua e Genava potrebbero derivare da un'altra radice PIE con la forma *genu-, che significa "ginocchio".



Eccoti servito, Acchiappa. Saluto anche te.

mi spiace, ma ci sono una trentina di iscrizione etrusche a genova e non ci sono ritrovamenti celtici nel particolare
non puoi mandare l'acqua in salita
genova è etrusca come piacenza è etrusca


http://www.libraweb.net/result1.php?dettagliononpdf=1&&chiave=1935&valore=sku&name=Ampurias.jpg&h=424&w=300


www.libraweb.net/result1.php?dettagliononpdf=1&&chiave=1935&valore=sku&name=Ampurias.jpg&h=424&w=300












Gli Etruschi da Genova ad Ampurias.



Atti del XXIV Convegno di Studi Etruschi ed Italici, Marseille-Lattes, 26 settembre - 1 ottobre 2002, 2006, 2 voll., pp. XII-694, 200 figg. in bianco / nero, 50 tavv. e 35 tabelle n.t.

ATTI DI CONVEGNI A cura dell'Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici Diretta da Giovannangelo Camporeale Cm. 19 x 27, rileg.

Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa · Roma

Gli Etruschi hanno avuto fin dalla metà del VII secolo a. C. relazioni commerciali (e culturali) con la Francia meridionale (Provenza, Linguadoca) e con la Catalogna. Essi hanno esportato vino e vasi da vino, diffondendo la cultura del simposio e l'ideologia (aristocratica) che vi sottende. La cultura greca, diffusa attraverso la colonia focea di Marsiglia e le varie subcolonie massaliote, e quella etrusca rappresentano i caratteri più salienti della cultura locale. Di grande interesse sono i relitti, individuati e 'scavati' lungo la costa del Mar Ligure e del Golfo del Leone, che presentano ancora il carico di anfore vinarie. A questi problemi si riferiscono le relazioni e le comunicazioni del convegno Gli Etruschi da Genova ad Ampurias, il primo convegno tenuto dall'Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici in area transalpina, di cui questi due volumi raccolgono i frutti.

Sommario: Elenco degli iscritti e dei partecipanti. Prima giornata di lavori: Seduta antimeridiana (27 settembre 2002): G. Camporeale, Gli Etruschi in Provenza e in Linguadoca; D. Briquel, Présentation du colloque; J.-P. Morel, Les Étrusques en Méditerranée nord-occidentale: résultats et tendances des recherches récentes; P. Leveau, Les littoraux de Gaule du Sud au premier age du Fer, du delta de l'Argens au delta de l'Aude. Un état de la question; P. Arnaud, Les conditions naturelles de la navigation entre Elbe et la Catalogne. Seduta pomeridiana (27 settembre 2002): M. Bats, Systèmes chronologiques et mobiliers étrusques du Midi de la Gaule au premier age du fer (v. 6oo-v. 480 av. J.-C.): les rythmes de l'archéologie et de l'histoire; T. Janin, Systèmes chronologiques et groupes culturels dans le Midi de la France de la fin de l'age du Bronze à la fondation de Marseille: communautés indigènes et premieres importations; S. Duval, Mobilier céramique et commerce à destination d'habitats indigènes en Provence occidentale, du VI[e] s. au debut du V[e] s. av. J.-C.; B. Dedet, M. Py, Chronologie et diffusion des importations étrusques en Languedoc oriental; B. Dedet, T. Janin, G. Marchand, M. Schwaller, Les Étrusques en Languedoc central: des premiers contacts au commerce; F. Hérubel, É. Gailledrat, Répartition et chronologie du mobilier étrusque en Languedoc occidental et en Roussillon (VI[e]-IV[e] s. av. J.-C.); X. Aquilué, P. Castanyer, M. Santos, J. Tremoleda, El comercio etrusco en Emporion: evidencias sobre la presencia de materiales etruscos en la Palaia Polis de Empuries; J. Sanmarti, D. Asensio, M. A. Martin, Etruscan imports in the indigenous sites of Catalonia. Seconda giornata di lavori: Seduta antimeridiana (28 settembre 2002): J. Gran-Aymerich, La diffusion des vases étrusques en Méditerranée nord-occidentale: l'exception gauloise; G. Bagnasco Gianni, Caratterizzazione e diffusione delle ceramiche depurate tra Etruria e Francia meridionale; R. F. Docter, Etruscan pottery: some case studies in chronology and context; B. Velde, Les inclusions minérales des céramiques étrusques d'epoque archaique. Une étude comparative dans le Midi (Marseille, Saint-Blaise) et en Étrurie meridionale (Caere-Pyrgi, Tarquinia et La Castellina près de Civitavecchia); D. Frère, La céramique étrusco-corinthienne en Gaule; F. Marchand, La céramique étrusque des chantiers Jules-Verne et Villeneuve-Bargemon de Marseille. Seduta pomeridiana (28 settembre 2002): R. M. Albanese Procelli, I recipienti in bronzo a labbro perlato; P.-Y. Milcent, Les importations italiques au nord-ouest du Midi gaulois (milieu du X[e] - debut du IV[e] s. av. J.-C.) : inventaire et perspectives d'interprétation; A. Naso, Un carrello cultuale bronzeo da Veio; A. Cherici, Forme di contatto tra mondo celtico e mondo non celtico: riflessi culturali e socio-economici del «mestiere delle armi». Terza giornata di lavori: Seduta antimeridiana (30 settembre 2002): M. Gras, Échanges maritimes et implantations; P. Pomey, Les navires étrusques: mythe ou réalité?; A. Maggiani, Rotte e tappe nel Tirreno settentrionale; L. Long, L.-F. Gantès, M. Rival, L'épave Grand Ribaud F. Un chargement de produits étrusques du debut du V[e] siècle avant J.-C.; M. Bonamici, Lo scalo portuale di San Rocchino in Versilia; S. Bruni, Pisa e i suoi porti nei traffici dell'alto Tirreno: materiali e problemi; F. Cibecchini, L'Arcipelago Toscano e l'isola d'Elba: anfore e commerci marittimi. Seduta pomeridiana (30 settembre 2002); D. Ugolini, C. Olive, De l'arrivée à la consommation: l'impact des trafics et des produits étrusques en Languedoc occidental; M. Py, D. Lebeaupin, P. Séjalon, R. Roure, Les Étrusques et Lattara: nouvelles données; P. Melli, L'emporio di Genova. Riflessioni e problemi aperti alla luce dei nuovi ritrovamenti. Quarta giornata di lavori: Seduta antimeridiana (1 ottobre 2002): S. Paltineri, G. Leonardi, R. Maggi, Progetto necropoli di Chiavari; C. Cousin, Redécouverte d'une urne perdue de Volterra au musée archéologique de Nimes (inv. 001.58.1); G. Colonna, A proposito della presenza etrusca nella Gallia meridionale; M. Bonghi Jovino, Contesti, modelli e scambi di manufatti. Spunti per un'analisi culturale e socio-economica. La testimonianza Tarquinia-Gravisca.

Composto in carattere Ehrhardt Monotype.
Formato 19,5 x 27,5. Legatura in tela con impressioni in oro.

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Mc Queen
24-04-10, 02:40
mi spiace, ma ci sono una trentina di iscrizione etrusche a genova e non ci sono ritrovamenti celtici nel particolare
non puoi mandare l'acqua in salita
genova è etrusca come piacenza è etrusca



"Delamarre evidenzia un rischio di logica circolare: se si crede che i Liguri siano non-celtici, e se molti toponimi e nomi tribali che molti autori classici sostengono essere liguri sembrano essere celtici, non è corretto scartare tutti quelli celtici quando si raccolgono i termini liguri e usare questo corpus pubblicato per dimostrare che il ligure è non-celtico o non-indoeuropeo.

Strabone d'altra parte dice «In quanto alle Alpi... molti popoli (éthnê) occupano queste montagne, tutti celti (Keltikà) tranne i Liguri; ma sebbene questi Liguri appartengano a un popolo differente (hetero-ethneis), essi sono simili ai Celti nel loro modo di vivere (bíois).» ..."

Mc Queen
24-04-10, 02:47
Mi permetto di riportate anche un passaggio (referenziato bibliograficamente), dalla sezione francese di wikipedia.



"...Nous ne possédons aucun texte en langue ligure. On ne connaît cette langue que par des quelques noms propres (ethnonymes, toponymes, anthroponymes) et quelques termes cités dans les textes antiques. Ainsi, Hérodote signale que le mot sigynna aurait signifié « marchand »[15]. Selon Pline l'Ancien, les Ligures appelaient le Pô Bodincus, ce qui signifierait « sans fond »[16], et le seigle était nommé asia dans la langue de Taurini[17].

Le ligure a des affinités phonétiques à la fois avec le groupe italique et les langues celtiques, mais son vocabulaire le rapproche du celtique. Les ethnonymes ligures n'ont cependant pas d'étymologie indo-européenne.

En conséquence, le ligure est généralement considéré comme une langue indo-européenne. Le pionnier de cette théorie est l'historien et celtologue Henri d'Arbois de Jubainville. Certains auteurs (Benvenuto Terracini, Paul Kretschmer, Hans Krahe), pour expliquer la présence d'ethnonymes non indo-européens, ont fait l'hypothèse qu'un peuple indo-européen aurait imposé sa domination à des populations pré-indo-européennes. Bernard Sergent considère quant à lui le ligure comme un membre particulier du groupe celtique......"


Ti saluto ancora Acchiappa.

Ci si vede sul nazionale.

Miles
24-04-10, 02:50
I Reti sono etruschi quanto potrebbero esserlo gli austriaci (dato che le popolazioni retiche arrivavano fin là ! ).

Franco Marzatico, voce “Reti” della Enciclopedia Archeologica, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, in corso di stampa.

Reti
A Catone il Vecchio si deve la prima menzione del termine “retico”, utilizzato per identificare un vino molto apprezzato, come confermano diverse fonti che ne indicano la zona di produzione nella terra natia del “dotto” Catullo, nel veronese, alle falde del territorio dei Reti. (Servio A.2.95; Strab., IV.6.8., Virgilio Georg. II 93-96; Marziale Epigr. XIV 100; Plin., Nat. hist. XIV 16, 67; Columella III 2,26-30; Svetonio Aug. LXXVII). I limiti dell’area assegnata a tali popolazioni sfuggono peraltro ad una dettagliata identificazione. Le notizie tramandate dalle fonti greche e romane sono infatti scarse, incidentali e talvolta parzialmente contraddittorie. Alla stirpe dei Reti sono ad esempio riferiti, oltre ai Camuni, Rucanti e Cotuanti, anche i Leponzi (Strab, IV.6.8.) che sotto il profilo archeologico si collocano però nel gruppo culturale di Golasecca dell’Italia nord occidentale, appartenente, dal punto di vista linguistico, alla famiglia celtica.
Sulla base di quanto riferiscono in particolare Strabone e Plinio il Vecchio, è comunque possibile, seppure a grandi linee, circoscrivere nell'area alpina centro-orientale il territorio dei Reti, dove Polibio colloca uno dei quattro valichi alpini, “tutti scoscesi” (Strab., IV.6.12). Secondo le sommarie indicazioni disponibili, la zona attribuita ai Reti si estendeva, da sud verso nord, oltre Como e Verona fino alle terre solcate dal Reno e al lago di Costanza e, verso est, fino al Norico abitato dai Celti (Strab., IV.3.3; 6.6; 6.8; 6.12; V.1.6; VII.1.5; 5.1, 2; Plin., Nat. hist, III, 130; 133; 146; XIV 67; Cassio Dione Cocceano 54.22.1). Rilevando come i Reti fossero divisi in molte comunità, Plinio attribuisce Verona agli Euganei e ai Reti, mentre Trento, Feltre e l'ignota Berua sono definite come centri (oppida) dei Reti (Plin., Nat. Hist., III, 130). D’altro lato, Pompeo Trogo e Tolomeo qualificano Trento come città dei Galli, ma si tratta di una connotazione che non trova riscontro nella documentazione archeologica (Pompeo Trogo presso Iust., XX.5; V.7-8, Ptol. Geog., III.1.31). Allo stato attuale delle ricerche infatti, nel tratto settentrionale del bacino dell’Adige non sono stati identificati stanziamenti celtici, seppure a fronte del diffuso manifestarsi in tutta l’area alpina retica, a partire dal IV sec. a.C. fino ai tempi della romanizzazione nel I sec. a.C., di rilevanti influssi celtici, per quanto riguarda soprattutto elementi d’ornamento e d’armamento. Livio riferisce che "senza dubbio" dagli Etruschi discendono i Reti, (Liv., V, 33), mentre Plinio sembra assumere al riguardo una posizione di maggiore prudenza, affermando che "si reputa" una derivazione dei Reti dagli Etruschi, espulsi dalla pianura padana nell'area alpina in seguito alla pressione dei Galli (Plin., Nat. hist., III, 130). Il nome dei Reti è collegato a quello di un condottiero capostipite - Reto - in modo implicito nell'opera di Plinio (Plin., Nat. hist., III, 133) ed espressamente in quella di Pompeo Trogo (Pompeo Trogo presso Iust. XX, 5).
La considerevole diversità fra le testimonianze archeologiche del territorio etrusco e di quello alpino ascritto ai Reti e il riconoscimento in quest'ultimo ambito di specifici aspetti culturali, con fenomeni di continuità insediativa, di culto e in aspetti della produzione ceramica, escludono peraltro chiaramente una filiazione dei Reti dagli Etruschi. Il significativo influsso di questi ultimi nell’area alpina centro orientale è comunque documentato ampiamente soprattutto nel contesto della Cultura di Fritzens-Sanzeno che deve il proprio nome a due località, ubicate rispettivamente nella Valle dell’Inn e nella Valle di Non. Tale aspetto culturale si sviluppa, fra la seconda metà del VI e il I sec. a.C., sulla base dei precedenti sostrati culturali locali (hallstattiano e di Luco/Laugen-Meluno/Melaun), in gran parte dell’area retica, corrispondente agli odierni Trentino-Alto Adige/Südtirol, Tirolo e Bassa Engadina. Sulla base di questa coincidenza territoriale, una parte degli studiosi considera la cultura di Fritzens-Sanzeno come l'espressione materiale dei Reti o di buona parte di essi.
Ai contatti con il mondo etrusco si devono l’adozione in tale ambito di caratteri dell’alfabeto nord-etrusco, l’importazione di beni suntuari, l’assunzione dell’ideologia del simposio e del banchetto e di elementi iconografici di matrice etrusco-italica.
Nel territorio alpino centro orientale attribuito dalle fonti ai Reti si riconoscono altri aspetti culturali accanto a quello più evidente di Fritzens-Sanzeno, identificabile innanzitutto in base alla peculiare produzione ceramica, alla diffusione di caratteristici attrezzi in ferro quali zappe/vomeri e chiavi, di oggetti d’ornamento e di iscrizioni nell’alfabeto detto di Sanzeno, nonché nella tipologia edilizia (nelle cosiddette case retiche) e nelle manifestazioni di culto. In Valcamonica, Valtellina, Valtrompia, Valsabbia e nelle Giudicarie si localizza il gruppo Valcamonica, caratterizzato dalla presenza di boccali con appiattimento in corrispondenza dell’ansa e di iscrizioni camune. Nelle Prealpi venete si distingue il Gruppo di Magrè, dove interagiscono influssi della Cultura di Fritzens-Sanzeno e veneti mentre a nord ovest si localizza il Gruppo alpino della Valle del Reno.
Nelle brevi menzioni delle fonti antiche i Reti sono descritti come popolazioni rese selvagge dall'asprezza del loro territorio, bellicose, armate di asce amazonie, dedite a scorrerie, un pericoloso ostacolo al libero transito attraverso le Alpi (Strab., IV.6.6.; 6.8.; V.1.6.; Orazio Carm. IV 14 7-6, 17-22). Difficile è stabilire fino a che punto queste notizie corrispondano alla realtà o siano condizionate da intenti encomistico-propagandistici che si colgono apertamente nell'opera di Strabone. La politica espansionistica di Roma a danno dei popoli alpini, coronata nel 16-15 a.C. con le guerre retiche, condotte vittoriosamente da Tiberio e Druso, i figli di adottivi di Augusto, è infatti legittimata con la necessità di rendere più sicuri e agevoli al transito i valichi alpini (Strab., IV.6.6.).
Le fonti non chiariscono purtroppo quali fossero i caratteri ritenuti distintivi dei Reti, se propriamente etnici, linguistici, politici, geografici, religiosi od altro e non è accertabile se le popolazioni così chiamate avessero un qualche senso di appartenenza e identità. Queste lacune informative hanno determinato l’insorgere fra gli studiosi di un dibattito, tuttora in corso, che riguarda l'effettiva connotazione dei Reti. Verso la fine del 1960 da Osmund Menghin è stata avanzata l’ipotesi che non fossero una popolazione o un'unità culturale o politica ma che potessero essere un gruppo di culto. Questa tesi si è alimentata anche per la presenza in Valpolicella di un'epigrafe che menziona un sacerdote dei sacri luoghi dei Reti, per l'assonanza del loro nome con quello della divinità veneta di Reitia e per la problematica assenza del loro nome sul Tropaeum Alpium, il monumento eretto nel 7-6 a.C. a La Tourbie di Monaco per celebrare la vittoria di Augusto sui popoli alpini. Depone d'altro lato a favore dell'effettiva connotazione etnica dei Reti, non solo quanto riferiscono le fonti già citate, ma anche un importante documento epigrafico scoperto in Turchia, in Caria, nel Sebasteion di Afrodisia che menziona in epoca giulio-claudia un ethnos dei Reti.
La diffusione differenziata di monete romane repubblicane, fibule, recipienti in metallo e ceramica di derivazione padana ci informa che una parte delle popolazioni insediate nel territorio retico fu romanizzata attraverso un processo di progressiva acculturazione e che le guerre retiche coinvolsero solamente alcune aree dove tali testimonianze sono sporadiche e dove si rileva la brusca interruzione di abitati e luoghi di culto.


Reti (http://www.trentinocultura.net/radici/identita/dove_veniamo/voce_reti_h.asp)


Genova è etrusca quanto Monaco di Baviera (con tutto il rispetto, perdonami).


partire dall’età del ferro (circa 2500 anni fa) la Valpolcevera diviene strategica per la nascita e lo sviluppo dell’abitato di Genova ( insediamento che, su spinta coloniale etrusca, sorge presso la Collina di Castello dotandosi di doppia cinta muraria ed edifici in muratura): attraverso la valle, infatti, passava un’importante “rotta terrestre” mediante la quale le merci etrusche sbarcate a Genova proseguivano il loro itinerario verso la Valle padana e l’Europa centrale, mentre le merci prodotte dai popoli celtici intraprendevano l’opposto itinerario come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti lungo l’asse Polcevera-Lemme- Tanaro- Po e Polcevera-Scrivia- Po.

Contributi (http://urbancenter.comune.genova.it/spip.php?article1150)





L'osmosi culturale la si perse nella stessa etruria padana che fu ennientata dai Galli (Boi probabilmente).

Infatti Mecenate si definiva Etrusco, mica Gallo.
Idem Virgilio.
Dettagli.



PREGO, non c'è bisogno di moderazione (non affrettarti a proteggerlo, Occidentale). Me ne sto andando da qui. Il cumulo complessivo di CAZZATE (anche per un forum di filosofia italianista) è troppo grande. Avete vinto voi.
Se l'obbiettivo era farmi smontare e tende, allora ce l'avete fatta.Grazie ad un overdose di stronzate.

:gluglu::gluglu::gluglu::gluglu::gluglu::gluglu::g luglu:

Mc Queen
24-04-10, 02:54
".......[I]Les indications données par les auteurs antiques quant à l'extension des Ligures dans certaines régions de France (Languedoc), d'Italie (Toscane, Ombrie, Latium) et d'Espagne semblent confirmées par l'étude de l'onomastique de ces régions. De même, l'onomastique de la Sicile, de la vallée du Rhône, de la Corse et d'une partie de la Sardaigne inciterait à supposer une présence ligure[23].

Cependant, Roger Dion a fait l'hypothèse en 1959 que les auteurs grecs appelaient Ligures l'ensemble des peuplades moins civilisées de Méditerranée occidentale et que le terme ne désigne donc pas un peuple précis dans les écrits anciens[7].

Les Ligures sont traditionnellement considérés comme un peuple indigène de la Gaule méridionale, auquel sont venus successivement se mêler les Ibères et les Celtes. Cette position fut notamment défendue par Roget de Belloguet et Camille Jullian. Camille Jullian soutient en outre la thèse d'une très large extension ligure (Gaule, Espagne, Italie, îles Britanniques) et, tout comme Henri Hubert, d'une invasion ibère de l'ouest du territoire ligure. Cependant, d'autres hypothèses ont été avancées : en 1866, Amédée Thierry fait l'hypothèse que les Ligures sont venus d'Espagne au XVIe ou au XVIIe siècle av. J.-C., d'où ils auraient été chassés par des Gaulois[2],[7]. Dès 1940, Albert Grenier considérait les Ligures comme une population très proche des Celtes[6].

Jusqu'à la seconde moitié du XXe siècle, les Ligures furent présentés comme des tribus primitives, colonisés par les Grecs à partir du VIIe siècle av. J.-C., puis par les Celtes à partir du IVe siècle av. J.-C., bien que la colonisation celte ne soit attestée ni par les sources antiques, ni par l'archéologie[24]. Dans les années 1970, la réalité de ces invasions celtes sera remise en cause, notamment par Michel Py, puis dans les années 1980 et 1990, c'est la notion d'acculturation par les Grecs qui sera contestée. En 1999, Danièle et Yves Roman défendent le principes d'incursions celtes en Gaule méridionale au moins dès le VIe siècle av. J.-C. et considèrent les Ligures comme un peuple autochtone dans leur ouvrage Histoire de la Gaule[21]..........."

Miles
24-04-10, 02:55
Mi permetto di riportate anche un passaggio (referenziato bibliograficamente), dalla sezione francese di wikipedia.



"...[I]Nous ne possédons aucun texte en langue ligure

Avvisa i mangiarane:

Nulla si conosce sulla religione o sulla lingua dei Liguri, ad eccezione di un elenco annonario chiamato “tabula alimentaria” di Veleia e su alcune iscrizioni funerarie (le “leponzie”) scoperte nella Valle del Ticino.

http://www.astercenter.net/storia/popoli_italici/tabula_alimentaria.jpg

Altre iscrizioni liguri sono state ritrovate, in tempi relativamente recenti, nella Val d’Ossola, nel Luganese e nel Comasco redatte in un alfabeto nord etrusco del II e III secolo a.C. che, si presume, sia stato adottato anche dalle genti liguri del posto. Tuttavia da queste fonti si potrebbe dedurre che la lingua ligure originaria sia stata di ceppo non indoeuropeo e a tratti comune con i dialetti retici.


I POPOLI DELL’ITALIA PRE-ROMANA (http://www.astercenter.net/storia/popoli_italici/popoli_italici2.htm)

Mc Queen
24-04-10, 03:17
"........Il popolo che abitò nel Trentino Alto Adige nella età del ferro, identificato archeologicamente con la cultura di Fritzens-Sanzeno, è il primo di cui si hanno non solo documenti materiali, ma anche fonti scritte. Infatti storici, geografi e poeti romani e greci parlano di questa popolazione definendola "Reti". Anche se questo termine non è esatto dal punto di vista archeologico, perché, come vedremo, indica in realtà un insieme di popoli diversi, lo useremo anche noi per brevità.
Nel I secolo a.C. le informazioni si intrecciano definendo un quadro in parte contraddittorio.
Sul monumento alla vittoria di La Turbie presso Monaco, sul quale sono menzionate le popolazioni sottomesse con la forza dai Romani tra il 25 e il 14/13 a.C. non è nominato il popolo dei Reti. Le popolazioni alpine nominate come vinte sono numerose e tra queste compaiono anche i Venostes e gli Isarci. Da informazioni di altri autori antichi e da iscrizioni, si possono citare altre popolazioni che ci riguardano, ma non è possibile indicare precisamente il luogo in cui abitavano. Tra questi vi sono anche alcuni popoli che potrebbero aver vissuto nella nostra regione come gli Anauni (Val di Non), i Tulliasses e i Sinduni (forse Val di Sole o Val d'Adige tra Merano e Salorno), i Tridentini (forse Val d'Adige tra Merano, Salorno e Rovereto).
Caio Svetonio Tranquillo, nella sua opera "Le vite dei dodici Cesari", descrivendo la vita di Cesare Augusto nel volume I al capitolo 21, dice:
«Domuit autem partim ductu partim auspiciis suis Cantabriam Aquitaniam, Pannoniam, Dalmatiam cum Illyrico omni, item Raetiam et Vindelicos ac Salassos, gentes Inalpinas».
Sottomise o egli stesso o per mezzo di luogotenenti, la Cantabria, l'Aquitania, la Pannonia, la Dalmazia con tutto l'Illirico, inoltre la Rezia, i Vindelici e i Salassi, genti alpine.
Le prime notizie di questo popolo si riferiscono al suo vino. Infatti la più antica notizia indiretta sui Reti si trova in M. Porcius Cato che loda il vino retico coltivato, come si deduce da Plinio il Vecchio, nei dintorni di Verona. Anche Caio Svetonio, descrivendo le abitudini alimentari di Augusto ( op.cit. I,77) dice che:
«Et maxime delectatus est Raetico, neque temere interdiu bibit».
E particolarmente gli piaceva il vino retico, ma raramente ne beveva durante il giorno.
Abbiamo notizie su città che in qualche modo ebbero a che fare con i Reti: Como venne distrutta dai Reti , fra i quali Strabone nomina anche i Lepontii. Plinio il Vecchio menziona, oltre ad altre, anche Trento come città retica (Raetica oppida). Dalle antiche fonti storiche si deduce dunque che i Reti abitavano il territorio alpino tra il Lago Maggiore e il Piave, tra il Lago di Costanza e la Bassa Valle dell'Inn. Plinio afferma che «Raeti in multas civitates divisi» (I Reti erano divisi in molte popolazioni).
Non si può però capire da queste fonti se i Reti fossero una confederazione di popoli di natura culturale e/o politica oppure una comunità con lingua, cultura e/o religione affini. Per rispondere dunque al quesito chi fossero i Reti si possono avere indicazioni solo dagli studi linguistici e dall'archeologia.
Riguardo all'origine dei Reti, nell'antica storiografia si trova più volte l'indicazione che essi siano di stirpe etrusca [................] Più cauto, a questo proposito, è Plinio che nella sua opera Naturarum Historia (III,133) afferma: «Raetos Tuscorum prolem arbitrantur a Gallis pulsos duce Raeto» (Si ritiene che i Reti, discendenti degli Etrusch, sotto il loro capo Reto, siano stati cacciati dai Galli).
In realtà non vi sono indicazioni e prove per stabilire precisamente la loro origine. Tra le ipotesi più accettate c'è quella che li indica come un insieme di popoli autoctoni, in qualche modo simili, soprattutto per cultura e in parte per lingua (scritta). Interessante comunque è riflettere come i Romani li abbiano indicati tutti con un nome generico e li abbiano descritti secondo il loro punto di vista. Già Livio infatti li presenta come gente selvaggia e come abbiamo visto Strabone li indica come dediti al brigantaggio. Anche in Orazio troviamo delle indicazioni sui popoli delle Alpi.
«.... qaulemve laetis caprea pascuis
intenta......
...... leonem,
dente novo peritura, vidit;
videre Raetis bella sub alpibus
Drusum gerentem Vindelici......
sed diu
lateque victrices catervae,
consiliis iuvenis revictae,
sensere quid mens ....
nutrita ..... sub penetralibus
posse....»(Odi, IV,IV: per le vittorie di Druso)
«...come una cerbiatta intenta a dolci pascoli, vede un leone e già si sente preda delle sue giovani zanne, così i Vindelici videro Druso far guerra sulle Rezie Alpi...; ma quell'orda, vincitrice sempre e dovunque, sconfitta dall'intelligenza di un giovane, conobbe quanto valesse una mente educata in una reggia». Come si vede, in quest'ode Orazio esalta la forza e l'intelligenza di Druso che ha saputo sottomettere i Vindelici, popolo delle Rezie, indicato come orda temibile. In un'altra ode ( IV,XIV: pace romana) il poeta, esaltando la pace di Augusto e le imprese di Druso, dice:
«Augustus.........
.... maxime principum
quem, legis expertes latinae,
Vindelici didicere nuper
quid Marte posses? Milite nam tuo
Drusus Genaunos, implacidus genus,
Breunosque veloces et arces
Alpibus impositas tremendis
deiecit acer, plus vice simplici;
maior Neronum mox grave proelium
commisit immanesque Raetos
auspiciis pepulit secundis,
... quantis fatigaret ruinis
..... impiger hostium
vexare turmas».
«Augusto, il più grande dei principi, che or ora i Vindelici, ignari della legge latina, hanno conosciuto come persona forte in guerra? Con le tue milizie, Druso abbattè con aspra rappresaglia i Genauni, popolo irrequieto, i Breuni veloci e le rocche poste sulle fosche Alpi; il maggiore dei Neroni fece una fierissima battaglia e, con auspici favorevoli, volse in fuga i Reti immani ... (li) incalzava con strage immensa, .... alacre a respingere le torme nemiche».
Anche in questo brano, viene esaltata la forza e la civiltà di Roma, fondata sulle leggi, nei confronti di un popolo selvaggio e certamente non incline a sottomettersi alla volontà dell'imperatore. Leggendo questi versi, però, bisogna tener sempre presente la loro funzione che è quella di esaltare la grandezza di Augusto e del suo figliastro Druso che hanno saputo allargare i confini dell'impero e portare ovunque la civiltà di Roma. Per fare questo Orazio mette in massimo risalto le opere dei Romani, sia descrivendo come feroci gli avversari, e quindi sottometterli è stata una grande impresa, sia sottolineando la loro inciviltà, per esaltare così ancor di più l'importanza dell'opera civilizzatrice dell'impero.
Ma i Reti erano davvero così come venivano descritti? Solo l'archeologia può dare una risposta, perché noi possediamo documenti scritti solo dalla parte dei Romani, avversari di questi popoli, ma non ne abbiamo da parte dei Reti che non ci hanno lasciato nessuna descrizione scritta di sé stessi, ma solo brevi iscrizioni per lo più a carattere sacro.
Ma da che cosa deriva il nome di Reti? Anche se dare una risposta certa è difficile si può supporre che esso derivi forse da quello della dea Reitia, raffigurata tra animali con un velo in testa e una chiave in mano. Nella zona di Este esisteva un santuario dedicato a questa dea, in cui arrivavano popolazioni dal Nord e quindi gli antichi, soprattutto Romani, indicarono tutti gli abitanti a Nord che abitavano sulle Alpi, col nome generico di Reti.

LA STORIA
Utilizzando sia i documenti materiali rimasti, sia le prime fonti scritte, si può delineare una breve storia dei Reti.
Nel V secolo a.C. abbiamo una forte espansione della cultura Fritzens-Sanzeno, che si estende sia verso Sud sia oltre il Brennero, nella valle dell'Inn, con influssi che giungono fino all'Oglio e all'Adda.
Al V secolo a.C. risalgono anche le prime iscrizioni in alfabeto reto-etrusco, la cui introduzione è dovuta certamente ad influssi etruschi, conseguenza dei rapporti economici e commerciali che vi erano tra queste popolazioni, soprattutto lungo l'asse dell'Adige.
Le invasioni celtiche del V/IV secolo a.C., che modificarono la situazione della pianura Padana, non ebbero grande influenza sui Reti, che imitarono alcuni loro ornamenti in bronzo e alcune armi. Dai documenti archeologici i Reti sembrano essere una zona con cultura aperta agli influssi sia da sud che da nord, che però vengono assunti e rielaborati in forma autonoma.
La scomparsa di molti insediamenti nel II secolo a.C. è da ricollegare forse alle incursioni dei Cimbri, che nel 101-102 con un'irruzione nella val d'Adige, riescono a respingere verso il Po le truppe del console Q.Lutezio Catulo. In seguito sono documentati frequenti contatti tra gli insediamenti dei Reti e i Romani, confermati da oggetti ornamentali e monete sia repubblicane, sia imperiali.
La penetrazione economica e la pressione strategica romana culmina nel 15 a.C. con la conquista del territorio del Trentino Alto Adige da parte di Druso, figlio adottivo di Ottaviano Augusto. Da questo momento la cultura Fritzens-Sanzeno decade fino a scomparire, ad eccezione di alcuni suoi aspetti che continueranno ad essere presenti nelle valli laterali, più isolate.


I RITROVAMENTI

Come in altre parti della regione, anche nella zona di Merano, gli insediamenti dell'età del ferro e, in particolare quelli retici, si trovano per lo più vicino al fondovalle o a mezza costa.
La zona di Castel Juval e di Naturno ha dato reperti di ceramica, 2 macine e resti di mura di 2 case retiche, che fanno pensare che il sito abbia continuato ad essere abitato fino a tutto il I secolo. Lo stesso vale anche per il Burgsatllknott (Plars) con le sue ciclopiche mura, mentre a Rifiano sono stati trovati i resti di una casa retica con corridoio di accesso probabilmente coperto. Sul Kronsbichl (Lagundo) sono stati trovati i resti di mura di un edificio che comprendeva probabilmente 4 vani. A sud della conca di Merano ricordiamo il Kobaltbühel (Foiana) con resti di ceramica e mura di un'abitazione, S.Ippolito, con resti di ceramica e vari oggetti in bronzo. Anche nei dintorni di Tesimo sono stati trovati resti di abitazioni, fibule e soprattutto un'ascia di bronzo con iscrizioni in alfabeto di "Bolzano". In questo periodo anche la zona di Meltina ha dato reperti interessanti, purtroppo in gran parte perduti, che fanno pensare ad un sepolcreto.
Molto importante è una scoperta abbastanza recente in val d'Ultimo, a S.Valpurga, dove è stata trovata una zona sacra, un rogo votivo di cui parleremo più avanti.
Reperti singoli provengono da Tell, Lagundo, Lana e castel Labers. Macine a tramoggia sono state trovate a Naturno, Scena e Lana. Importanti siti da ricordare sono quelli nella val Venosta: Tartscherbühel (Malles), Ganglegg (Sluderno), Talatsch (Silandro), Castelbello, nella val Passiria: Stuls (Moso) mentre nella val d'Adige rilevanti sono i ritrovamenti di Settequerce.

Riproduzione in rame di oggetti
ritrovati sul Küchelberg. Ma il fatto più importante per quanto riguarda la storia che stiamo raccontando è che finalmente, in questo periodo, anche nella vera e propria conca di Merano si hanno dei ritrovamenti importanti che indicano come in questo periodo si possa parlare finalmente anche di stabile popolamento di questa zona.
Un ritrovamento molto ricco di oggetti di bronzo è quello dell'Hochbühel (Tirolo), la cui funzione molto probabilmente era quella di sepolcreto, anche se non si possono del tutto escludere altre ipotesi che lo indicano come insediamento o come deposito forse a carattere votivo.
Sul SINICHKOPF, il primo sito archeologico conosciuto in Alto Adige, si sono trovati resti già del periodo del bronzo. Al periodo del ferro risalgono le "mura ciclopiche" con segni di abitazioni (buchi per i pali di sostegno), ceramiche, resti di focolare, una macina.
[........................]

SCRITTURA E LINGUA
Tra le particolarità storico culturali del territorio retico vi è la comparsa della scrittura attorno al 500 a.C. La diffusione della scrittura intorno al 500 a.C. è una delle conquiste più importanti della storia culturale dei Reti. Essa si diffuse presso i Veneti e nelle Alpi con la mediazione degli Etruschi. Venne utilizzata soprattutto per il culto, per iscrizioni votive nei santuari e su steli funerarie. L'uso della scrittura era ristretto prevalentemente all'ambito della magia e del culto : secondo le credenze del tempo la menzione del nome dell'offerente o della divinità conferiva ai doni votivi particolare forza. La maggior parte delle iscrizioni conservate consiste in pochi segni di alfabeto. Viene così confermato che solo la minima parte della popolazione, soprattutto i sacerdoti, conoscesse la scrittura e la lettura. Sulla base di 300 iscrizioni scritte in alfabeto sinistrorso "nordetrusco" rinvenute in territorio retico, si distinguono quattro varianti grafiche: l'alfabeto di Lugano, di Sondrio-Valcamonica, di Bolzano (o di Sanzeno) e di Magrè. Altri alfabeti possono essere inseriti in uno di questi quattro tipi principali, anche se la presenza di questi diversi alfabeti rivela l'esistenza di varie lingue e dialetti.
Nell'alfabeto di Bolzano e di Magrè, di origine non indoeuropea, manca la O, ma vi sono altri due segni nuovi, forse simili alla T. L'assenza di segni di punteggiatura rende ancora più difficile la lettura e la classificazione linguistica di questa scrittura. Per questa ragione anche la più estesa iscrizione retica a più righe, non può essere interpretata in modo soddisfacente.
Dal Tartscherbühel, presso Malles, proviene un pezzo di corno di cervo con un'iscrizione in alfabeto di Sanzeno.



L'ultimo pezzo mette in luce come massima parte della poplazione era analfabeta. E come quindi l'alfabeto ETRUSCO sia stato importato : gli ETRSCHI di per sè sono un'altra popolazione. Estanea.

Solo il loro alfabeto è passato.


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BIBLIOGRAFIA

Testi di Samantha Balbo, Francesco Caradonna, Veronica Ciaramella,Patrick De Franceschi, Anna di Mauro, Francesco Rosani, Rossi Elisa, Giulia Scola, Enrico Schena, Daniela Toffalori, Luna Tomisich, Alice Zecchini, Daniela Toffalori con contributi tratti da:
B. Bagolini, Il Trentino nella preistoria del mondo Alpino, Temi, Trento, 1980
P. Gleirscher, I Reti, a cura del Museo Retico Coira, 1991
Autori vari, Die Räter/ I Reti, a cura dell'Arge Alp,Bolzano, 1992
Culti nella preistoria delle Alpi, guida alla mostra, Folio, Bolzano,1999
R. Lunz, Urgeschichte des Raumes Algund, Gratsch, Tirol, Athesia, Bolzano 1976
R.Lunz, Archäelogie Südtirols, Manfrini, Trento 1981
R. Lunz, Studien zur End-Bronzezeit….op.cit.,1974
G.Innerebner, op. cit. 1975
L. Dal Ri, U.Tecchiati, P.Bassetti, op.cit.1995
S.Benvenuti, op.cit., Trento 1995
I testi latini sono tratti da:
Svetonio, Le vite dei dodici Cesari, a cura di Guido Vitali, Zanichelli, Bologna,1959
Orazio, Odi ed Epodi, a cura di Guido Vitali, Zanichelli, Bologna, 1959
Strabone, Geografia, libro III e IV, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1996---------------------

Mc Queen
24-04-10, 03:26
Avvisa i mangiarane:

Nulla si conosce sulla religione o sulla lingua dei Liguri, ad eccezione di un elenco annonario chiamato “tabula alimentaria” di Veleia e su alcune iscrizioni funerarie (le “leponzie”) scoperte nella Valle del Ticino.

http://www.astercenter.net/storia/popoli_italici/tabula_alimentaria.jpg

Altre iscrizioni liguri sono state ritrovate, in tempi relativamente recenti, nella Val d’Ossola, nel Luganese e nel Comasco redatte in un alfabeto nord etrusco del II e III secolo a.C. che, si presume, sia stato adottato anche dalle genti liguri del posto. Tuttavia da queste fonti si potrebbe dedurre che la lingua ligure originaria sia stata di ceppo non indoeuropeo e a tratti comune con i dialetti retici.





Miles : il passaggio che riporti dice semplicemente che iscrizioni liguri sono tate REDATTE in alfabeto etrusco !!! Non che i liguri parlassero l lingua etrusca ! Il tuo passaggio indica semplicemente che l'alfabeto etrusco veniva usato spesso per mettere per iscritto delle cose. Se avessero adottato i GEROGLIFICI per scrivere......questo non fa di loro degli Egizi ! :crepapelle:


Realizzi dunqe la tua goffaggine argomentativa ?


I mangiarane ti salutano e se la ridono alla grossa !!! :crepapelle:

Maria Vittoria
24-04-10, 08:01
Le popolazioni che abitavano sulle coste, nella pianura padana e sulle sponde dei fiumi, sulle colline & le montagne italiane erano di diverse tradizioni ma venivano in contatto e commerciavano, vivendo perciò in uno stato di osmosi.


Per questo motivo geografia & viabilità sono essenziali per la comprensione del divenire storico.

acchiappaignoranti
24-04-10, 09:39
"........[I]
Riguardo all'origine dei Reti, nell'antica storiografia si trova più volte l'indicazione che essi siano di stirpe etrusca [................] Più cauto, a questo proposito, è Plinio che nella sua opera Naturarum Historia (III,133) afferma: «Raetos Tuscorum prolem arbitrantur a Gallis pulsos duce Raeto» (Si ritiene che i Reti, discendenti degli Etrusch, sotto il loro capo Reto, siano stati cacciati dai Galli).

[B]Ma da che cosa deriva il nome di Reti? Anche se dare una risposta certa è difficile si può supporre che esso derivi forse da quello della dea Reitia, raffigurata tra animali con un velo in testa e una chiave in mano. Nella zona di Este esisteva un santuario dedicato a questa dea, in cui arrivavano popolazioni dal Nord e quindi gli antichi, soprattutto Romani, indicarono tutti gli abitanti a Nord che abitavano sulle Alpi, col nome generico di Reti.[/U-

a parte che l'articolo lascia a desiderare ed è raffezzonato o male assemblato , in cui si evince una scarsa conoscenza tecnica, plinio sui reti è estremamente [U]preciso e li appella con il nominativo [B]di etruschi trans - padani


comunque continuiamo con saggi di provato taglio accademico


http://img2.libreriauniversitaria.it/BIT/038/9788843030385g.jpg


3-4 L'area appenninico-adriatica
3.4.1. Introduzione



Con l'inizio dell'Età del ferro viene meno nella penisola italiana uno degli aspetti che maggiormente aveva caratterizzato la precedente Età del bronzo, ossia il manifestarsi di facies locali geograficamente molto estese, tali da abbracciare la maggior parte del territorio peninsulare, quali per esempio la facies appenninica (ca. 1500-1300 a.C.), diffusa dalle pendici montane dell'Emilia fino all'estremità della Calabria, o quella protovillanoviana (ca. 1100-900 a.CJ, estesa dal Veneto alla Calabria, ma la cui eredità verrà raccolta e sviluppata soprattutto in territorio etrusco maggiore referente del popolamento alpino.

acchiappaignoranti
24-04-10, 09:59
estremamente consigliato

Gli Etruschi fuori d'Etruria
Giovannangelo Camporeale
Arsenale Editrice, pagg.320, Euro 25,00

IL LIBRO – La civiltà etrusca è la più grande fra quelle fiorite nell’ultimo millennio a.C. nel bacino occidentale del mare Mediterraneo, prima di quella romana. Senza dubbio le ricche risorse del suolo e del sottosuolo – prodotti agricoli, lana, legname, sale, minerali, metalli – sono state un fattore determinante per la sua genesi e la sua affermazione. Grazie a queste prerogative l’Etruria è diventata fino dall’VIII secolo a.C. il punto di arrivo sia di raffinati manufatti dell’artigianato artistico degli ambienti ellenico, vicino orientale e centro-europeo, sia di maestri arrivati dalle stesse regioni, che hanno operato per la clientela locale e hanno contribuito notevolmente alla nascita e allo sviluppo di un’arte riconosciuta come etrusca. L’influenza esercitata dal mondo orientale e greco sulla cultura etrusca è certamente uno dei problemi più studiati dagli archeologi; minor attenzione si è prestata, invece, a quello dell’apporto della civiltà etrusca alle altre culture. Il taglio particolare di questo volume consiste appunto nel trattare gli Etruschi nella loro proiezione al di fuori d’Etruria, più precisamente nell’offrire una panoramica dei commerci e delle aperture ideologico-culturali che da quel territorio si espandono verso altre regioni, secondo un’area di irradiazione sorprendentemente vasta, che a partire dall’Italia antica investe il bacino del Mediterraneo e l’Europa continentale. L’articolazione in capitoli, affidati a specialisti, consente di richiamare l’attenzione su questioni particolari, che variano da zona a zona, offrendo nuove prospettive sulla storia, sull’arte, sull’organizzazione politica di questo popolo, per certi aspetti ancora misterioso.

DAL TESTO – “Le ricche risorse del suolo e del sottosuolo dell’Etruria sono state un fattore determinante nella genesi e nello sviluppo della civiltà etrusca, che è senza dubbio la più grande fra quelle affermatesi nell’antichità nelle regioni che si affacciano sul bacino occidentale del mare Mediterraneo prima della romana. L’Etruria disponendo di materie prime molto apprezzate sui mercati (prodotti agricoli, legname, lana, sale, minerali e metalli), è entrata fin dall’VIII secolo a.C. in un circuito di scambi a largo raggio: è diventata il luogo di arrivo di manufatti del più raffinato artigiano vicino-orientale, greco, centro-europeo e anche di maestri provenienti dal Vicino Oriente, dall’ambiente egeo, dall’Europa centrale, i quali erano attratti dalle possibilità di lavoro e di buoni guadagni da una clientela locale abbiente. Talvolta se ne hanno testimonianze esplicite presso gli scrittori antichi: un ricco commerciante di Corinto, Demarcato, verso la metà del VII secolo a.C. avrebbe abbandonato la città d’origine per motivi politici e si sarebbe trasferito in Etruria a Tarquinia, con un seguito di artisti, di cui conosciamo i nomi (d’arte): Ekphantos (Corn. Nep. pr, Plin, Nat. Hist. XXXV 16), Eucheir, Eugrammos, Diopos (Plin., Nat. Hist. XXXV 152). La notizia, benché non abbia riscontri specifici nella documentazione figurata del VII secolo a.C. proveniente dall’Etruria, trova un supporto per così dire indietro nel gran numero di vasi di botteghe corinzie arrivati in Etruria durante lo stesso secolo. Altre volte è possibile ipotizzare con un altissimo grado di probabilità l’arrivo di maestri stranieri: si pensi alla lavorazione dell’avorio in Etruria che, almeno nei primi tempi (fine dell’VIII – inizi del VII secolo a.C.), non può non essere stata un’attività di maestri, dotati di esperienza professionale e forniti dei relativi attrezzi, arrivati insieme con la materia da lavorare dalla regione di provenienza di questa, cioè dal Vicino Oriente. Il mondo etrusco ha non solo ricevuto, ma anche dato sia materie prime che prodotti finiti. È ovvio che il movimento, scambio o commercio che sia stato, è ricco di risvolti culturali. Non è escluso che, come si vedrà nelle pagine seguenti, possa essere emigrato anche qualche mercante o qualche maestro”.

L’AUTORE – Giovannangelo Camporeale è professore ordinario di Etruscologia e Archeologia Italica all’Università di Firenze, membro del Consiglio Scientifico dell’Istituto per l’Archeologia Etrusco-Italica, direttore scientifico degli scavi archeologici di Massa Marittima, membro di accademie italiane e straniere. Ha organizzato diverse mostre sulla civiltà etrusca e italica: “Prima Italia” (Bruxelles, Atene, Roma 1980-1981), “L’Etruria mineraria” (Portoferraio, Massa Marittima, Populonia 1985), “Gli etruschi e l’Europa” (Parigi, Berlino 1992-1993). E’ autore di numerosi articoli e di monografie, fra le quali si segnalono: “La tomba del Duce” (1967), “I commerci di Vetulonia in età orientalizzante” (1969), “La collezione alla Querce. Materiali archeologici orvietani” (1970), “Buccheri a cilindretto di fabbrica orvietana” (1972), “La caccia in Etruria” (1984), “L’abitato etrusco dell’Accesa. Il quartier B” (1997), “Gli etruschi. Storia e civiltà” (2000).

INDICE DELL’OPERA – Prefazione – La Civiltà Etrusca – Gli Etruschi nel Mediterraneo – Gli Etruschi in Europa – Gli Etruschi nel Veneto - Gli Etruschi in Area Leponzia e Retica – Gli Etruschi in liguria - Gli Etruschi nella Pianura Padana – Gli Etruschi in Umbria – Gli Etruschi nel Piceno – Gli Etruschi nel Lazio Antico – Gli Etruschi in Campania – Gli Etruschi in Lucania - Gli Etruschi in Puglia - Gli Etruschi in Calabria - Gli Etruschi in Corsica - Gli Etruschi in Sardegna - Gli Etruschi in Sicilia – Bibliografia – Crediti fotografici

Miles
24-04-10, 10:54
Miles : il passaggio che riporti dice semplicemente che iscrizioni liguri sono tate REDATTE in alfabeto etrusco !!! Non che i liguri parlassero l lingua etrusca ! Il tuo passaggio indica semplicemente che l'alfabeto etrusco veniva usato spesso per mettere per iscritto delle cose. Se avessero adottato i GEROGLIFICI per scrivere......questo non fa di loro degli Egizi ! :crepapelle:


Realizzi dunqe la tua goffaggine argomentativa ?


I mangiarane ti salutano e se la ridono alla grossa !!! :crepapelle:

A) Mai affermato che i liguri parlassero etrusco (rimane infatti da capire che lingua parlassero).

B) Ho semplicemente smentito l'affermazione da te presa su wikipedia francese riguardo l'assenza di testimonianze scritte in lingua ligure

C) l'articolo descrive come tentativi di decifrazione, pur non sciogliendo il problema della traduzione, hanno appurato non essere lingua di derivazione celtica (e probabilmente nemmeno IE).

D) Che il ligure aveva assonanze col retico.

Druso
24-04-10, 11:11
I liguri erano originariamente una popolazione mediterranea preindoeuropea (cosa che ha dimostrato lo studio dei toponimi) che col tempo ha subito una certa influenza culturale celtica, ma quanto queesta sia stata influente non è dato saperlo dato che non avendo documenti scritti è difficile individuare precisamente le peculiarità etniche dei due gruppi.

Miles
24-04-10, 11:17
I liguri erano originariamente una popolazione mediterranea preindoeuropea (cosa che ha dimostrato lo studio dei toponimi) che col tempo ha subito una certa influenza culturale celtica, ma quanto queesta sia stata influente non è dato saperlo dato che non avendo documenti scritti è difficile individuare precisamente le peculiarità etniche dei due gruppi.

Quelli sono i Celtoliguri (fusione che riguarda solo una parte dei liguri, tra l'altro) ed è abbastanza successiva al periodo in esame (primo millennio a.C.).
In verità in precedenza e in maniera più determinante l'etnogenesi risente assai dell'influenza culturale Etrusca .

Miles
24-04-10, 11:39
geografia & viabilità sono essenziali per la comprensione del divenire storico.

Indubbiamente.
C'è un detto di Reclus "la storia è la geografia nel tempo; la geografia è la storia nello spazio



Le popolazioni che abitavano sulle coste, nella pianura padana e sulle sponde dei fiumi, sulle colline & le montagne italiane erano di diverse tradizioni ma venivano in contatto e commerciavano, vivendo perciò in uno stato di osmosi.

Credo sia errato parlare di "diverse tradizioni" visto che stiamo parlando di ambiti protostorici (quelli in cui cioè la tradizione si crea e si vive).

Si è semplicemente dimostrato un semplice assunto.

3/4 dell'Italia peninsulare odierna appartenevano ad una famiglia di stirpi accomunate dalla cultura villanoviana.

il quarto rimanente era comunque in grado più o meno profondo influenzato dalle popolazioni abitanti nella penisola, in primis per quel che riguarda la scrittura , la religiosità, il commercio .
Scrittura religiosità e commercio che equivale a poter affermare che vi era in ogni caso una naturale tendenza ad una palingenesi culturale.
Non è - ovviamente - il caso di parlare di unità d'Italia in termini moderni o risorgimentali, cioè di entità amministrativa unica.
Tuttavia già nel primo millennio a.C. esiste già un modello culturale ben definito e precedente a Roma (che semmai ne fu l'erede e portì tutto a compimento) e questo modello culturale riguarda praticamente tutta la penisola.
Si può quindi affermare che esiste una matrice comune all'Italia già nel I° millennio a.C. e che le successive migrazioni (greci al Sud ; celti -ma con un impatto estremamente minore rispetto i greci -al Nord) comunque si fusero in un elemento , un substrato che era già di per se il medesimo e che questo substrato era comune a pressochè tutta la penisola

...II...
24-04-10, 13:30
Scusate l'ignoranza; questa cultura villanoviana sarebbe per forza di cose di razza mediterranea se non erro

Poi abbiamo le invasioni indo-europee

dagli eruli ai goti ai franchi ai normanni ( germani )
dagli osco-umbri ai latino-falischi-veneti ed i siculi ( italici )
celti
dai dauni, iapigi , piceni(?) ai messapi ( illiri )
greci e bizantini
inoltre
punici, fenici e poi arabi

Probabilmente ho fatto errori grossolani ed ho preferito fermarmi al medioevo.

Quel che mi interessa - oltre riflessione iniziale in grassetto - è che appunto OGGI, al massimo, si può decretare la distinzione dell' ITALIANITA' del nord, del centro e del sud, ma sempre all'interno di questa.

Miles
24-04-10, 13:52
Scusate l'ignoranza; questa cultura villanoviana sarebbe per forza di cose di razza mediterranea se non erro


Cosa sarebbe la "razza mediterranea" ?
[/I]


dagli eruli ai goti ai franchi ai normanni ( germani )

E siamo in una fase in cui il modello, religioso, culturale, giuridico , linguistico nella penisola, è realtà viva e vissuta da secoli (per certe vaste zone già da due millenni)



dagli osco-umbri ai latino-falischi-veneti ed i siculi ( italici

In pratica un unicum che riguarda centro/sud/nord Italia.
Non capisco quindi la puntualizzazione.



dai dauni

sannitizzati già dal 3° secolo a.C.


iapigi

Magnagrecizzati prima, romanizzati poi.


,
piceni

Che sono Osci. Non si capisce come fai le suddivisioni di macrogruppi, quindi.



ai messapi

Magnagrecizzati e romanizzati.



( illiri

c.s.


bizantini

Bizantini?
Ma chi, quelli che si autodefinivano romanoi ? Bisanzio è un modello culturale, non etnico-razziale...



Probabilmente ho fatto errori grossolani.

Più che altro non si capisce cosa volevi dimostrare mettendo assieme popoli in un arco cronologico di 2000 anni...



Quel che mi interessa - oltre riflessione iniziale in grassetto -

Quale riflessione?



è che appunto OGGI, al massimo, si può decretare la distinzione dell' ITALIANITA' del nord, del centro e del sud, ma sempre all'interno di questa.

Nessuno ha mai detto che un Siciliano è copia fotostatica di un Trentino, o che a Napoli puoi trovare le sarde in saor.

Ma che la matrice culturale, linguistica, religiosa, sociale, giuridica (in pratica tutto ciò che costituisce una civiltà) è comune e storicamente ininterrotta da oltre duemila anni e che tale tendenza è accertata storicamente, linguisticamente, archeologicamente, oggettivamente dimostrata e dimostrabile.

Geiserich
24-04-10, 14:23
Scusate l'ignoranza; questa cultura villanoviana sarebbe per forza di cose di razza mediterranea se non erro

Poi abbiamo le invasioni indo-europee

dagli osco-umbri ai latino-falischi-veneti ed i siculi ( italici )


I protovillanoviani erano già indoeuropei che diverranno alcuni secoli dopo : osco-umbri , latino-falisci-siculi e veneti .

In pratica erano tribù mitteleuropee che sottomisero le popolazioni native dell'italia imponendosi come aristocrazie guerriere (Es . I Patrizi a Roma) cosi si fa ! :sofico:

http://media-2.web.britannica.com/eb-media/75/3975-004-7D0BB478.jpg

Ah nei post precedenti quando mi riferivo agli italici intendevo solo osco-umbri e latino-falisci (+veneti e siculi) . Reti , etruschi , liguri etc..non sono italici (intesti come italici-indoeuropei) , poi ognuno può fare le classificazione che più gli aggradano

P.S. il libro di Carandini che possiedo si intitola "Roma - il Primo giorno" , non so se è lo stesso.

Maria Vittoria
24-04-10, 15:19
Indubbiamente.
C'è un detto di Reclus "la storia è la geografia nel tempo; la geografia è la storia nello spazio
...
Credo sia errato parlare di "diverse tradizioni" visto che stiamo parlando di ambiti protostorici (quelli in cui cioè la tradizione si crea e si vive).

Si è semplicemente dimostrato un semplice assunto.

3/4 dell'Italia peninsulare odierna appartenevano ad una famiglia di stirpi accomunate dalla cultura villanoviana.

il quarto rimanente era comunque in grado più o meno profondo influenzato dalle popolazioni abitanti nella penisola, in primis per quel che riguarda la scrittura , la religiosità, il commercio .
Scrittura religiosità e commercio che equivale a poter affermare che vi era in ogni caso una naturale tendenza ad una palingenesi culturale.
Non è - ovviamente - il caso di parlare di unità d'Italia in termini moderni o risorgimentali, cioè di entità amministrativa unica.
Tuttavia già nel primo millennio a.C. esiste già un modello culturale ben definito e precedente a Roma (che semmai ne fu l'erede e portò tutto a compimento) e questo modello culturale riguarda praticamente tutta la penisola.
Si può quindi affermare che esiste una matrice comune all'Italia già nel I° millennio a.C. e che le successive migrazioni (greci al Sud ; celti -ma con un impatto estremamente minore rispetto i greci -al Nord) comunque si fusero in un elemento , un substrato che era già di per se il medesimo e che questo substrato era comune a pressochè tutta la penisola

Concordo sul fatto che in Italia prima dell'ascesi di Roma si fosse delineato un modello culturale specifico, Miles.

Tengo a precisare che mentre le altre componenti hanno lasciato manufatti, la tradizione celtica è essenzialmente orale e collinare-montana: per capirla bisogna osservare boschi e pascoli, fossi di scolo per l'acqua piovana & 1 sapiente armonia del paesaggio ... umanizzato .Da noi l'ambiente naturale è infatti tutto umanizzato e descrive la Storia d' Italia a mio avviso meglio di molte sepolture.


:20017:

...II...
24-04-10, 15:26
Miles ma lo so che ho fatto un papocchio. Volevo solo rendermi conto( non stavo affatto puntualizzando ) che per quanto si volesse differenziare, l'unità è data.

Per quanto riguarda la riflessione iniziale ( ossia su che impianto ci furono tutte le varie "invasioni" ; poi vabbè le conquiste moderne ) :
I proto-villanoviani si ritengono indoeuropei come appena suggerito, alle volte si dice siano mediterranei autoctoni...
Insomma qual è realmente la realtà dei... del reale?

Un'altra domanda...in tutto ciò la cultura delle terramare...che funzione potrebbe avere? :)

Miles
25-04-10, 16:53
mi spiace, ma ci sono una trentina di iscrizione etrusche a genova e non ci sono ritrovamenti celtici nel particolare
non puoi mandare l'acqua in salita
genova è etrusca come piacenza è etrusca




La denominazione della città di Bergamo è attribuita agli Etruschi della valle Padana; denominazione – viene precisato e sottolineato – “non fondazione. Il fatto che la denominazione degli Etruschi si sia imposta ed affermata è circostanza del tutto congruente col ruolo di grandi acculturatori che gli Etruschi hanno esercitato in tutta Italia, anche nella Padania”


Massimo Pittau, Toponimi Italiani di origine Etrusca, Magnum-Edizioni, Sassari 2006 p. 45.

Miles
25-04-10, 17:06
Varna (Firenze, Bolzano), Varena (Trento), Varenna (Lecco)
toponimi di origine etrusca


La derivazione - del tutto ovvia - del nome del paese di Varna, in provincia di Firenze, dal gentilizio maschile etrusco Varna è già stata fatta da Silvio Pieri<1>. Invece della derivazione del nome dell’altro Varna, in provincia di Bolzano, Gian Battista Pellegrini si è dimostrato sostanzialmente dubbioso<2>, mentre io lo riporto al medesimo genzilizio etrusco. A questo proposito ricordo che l’arrivo degli Etruschi fino all’Alto Adige (antica Raetia), certamente alla ricerca di minerali, è dimostrata sia da un noto passo di Tito Livio (V 33) sia dalla sicura derivazione del nome dell’altro paese della provincia di Bolzano, Vipiteno dall’altro gentilizio etrusco Vipitene <3>
La spiegazione etimologica poi che è stata finora prospettata per i toponimi Varena (Trento) e Varenna (Lecco) non mi convince affatto: Varena dall’appellativo vara «maggese» (sic!), da un longobardo *wara «terreno sorvegliato» oppure dalla base prelatina *vara «acqua»<4>; Varenna da Varena, femminile del gentilizio lat. Varenus<5>. Invece a mio giudizio pure i due toponimi derivano dal già visto gentilizio etrusco Varna, come denominazione di altrettanti predi o possedimenti terrieri.
Intanto c’è da osservare che i due toponimi si collegano strettamente fra loro perché anche Varenna risulta documentato nel Medioevo (secolo XIII) esattamente come Varena (la cui documentazione però è precedente di un secolo). D’altra parte, anche considerato che spesso l’effettiva pronunzia dei vocaboli è nella realtà abbastanza differente da quanto appare dalla loro trascrizione alfabetica, io sarei propenso a ritenere che nella realtà l’uno e l’altro toponimo si pronunziassero anche come Varenna. Esattamente come si constata che avveniva nel nome del re etrusco Porsena/Porsenna nella sua trascrizione latina ed inoltre nel nome che gli Etruschi davano a se stessi Rasna/Rhasenna<6>. D’altronde su questo argomento sono molto significativi i due toponimi toscani Vecchiena e Vecchienna<7>.
Il gentilizio maschile etrusco Varna, che risulta ampiamente documentato dalle iscrizioni<8>, è entrato nel latino in queste quattro differenti varianti: Varnaius, Varin(i)us, Varen(i)us, Varennius<9>.
Ebbene, la corrispondenza dei due toponimi Varena, Varenna coi gentilizi latini Varen(i)us, Varennius è del tutto chiara e certa; ma molto di più lo è, per la loro vocale finale, col gentilizio maschile etrusco Varna.
A questo proposito c’è da precisare che è molto più verosimile che i citati toponimi prediali siano derivati da un gentilizio maschile, come l’etr. Varna, che non da un gentilizio femminile, come il lat. Varena, secondo che aveva ipotizzato Dante Olivieri.
Abbiamo la fortuna di poter approfondire l’analisi del gentilizio etrusco Varna e precisamente di afferrare il suo significato originario. Esso appare essere uno sviluppo dell’altro gentilizio etrusco Vari(e), pur’esso ampiamente documentato dalle iscrizioni, il quale chiaramente si connette col gentilizio lat. Varius ed inoltre con l’aggettivo lat. varius «vario, variopinto, diverso, variabile, incostante, mutevole, inaffidabile».
Ora, considerato che il lat. varius è fino ad ora privo di etimologia<10>, da una parte siamo indotti a ritenere che esso sia derivato dall’etrusco vari(e), dall’altro – con procedimento inverso – che i gentilizi etruschi Vari(e), Varna in origine fossero soprannomi che significavano «(individuo) incostante, mutevole».
E a noi sembra che la conclusione ultima che si possa trarre sia questa: Varna (Firenze), Varna (Bolzano), Varena (Trento) e Varenna (Lecco) sono quattro toponimi prediali, derivati dal gentilizio etrusco Varna, il quale in origine significava «(individuo) incostante, mutevole».
Ma c’è da aggiungere che Varena è pure documentato come toponimo di Cavalese (Trento), di Pegli (Genova) e, ovviamente, pure della Toscana<11>.
E tutti questi toponimi danno una nuova conferma della profonda penetrazione effettuata dagli Etruschi nell’Italia settentrionale, fin nell’alta valle dell’Adige.

NOTE

<1> S. Pieri, Toponomastica della valle dell'Arno, in «R. Accademia dei Lincei», appendice al vol. XXVII, 1918, Roma (1919), pag. 54.
<2> Nel Dizionario di Toponomastica – storia e significato dei nomi geografici italiani, a cura di G. Gasca Queirazza, C. Marcato, G. B. Pellegrini, G. Petracco Sicardi, A. Rossebastiano, Torino 1990, UTET.
<3> Vedi M. Pittau, Toponimi italiani di origine etrusca, Sassari 2006 (Magnum Edizioni tel.-fax 079 217999), pag. 91.
<4> G. B. Pellegrini, I nomi locali del Trentino orientale («Atlante Toponomastico della Venezia Tridentina»), Firenze 1955, pag. 72.
<5> D. Oliveri, Dizionario di Toponomastica Lombarda, Milano 1961, II edizione, pag. 563.
<6> Vedi M. Pittau, Dizionario della Lingua Etrusca, Sassari 2005 (Libreria Editrice Dessì, tel.-fax 079 231673), pag. 344.
<7> S. Pieri, Toponomastica della Toscana meridionale (valli della Fiora, dell'Ombrone, della Cècina e fiumi minori) e dell'Arcipelago toscano, Siena 1969 (Accademia Senese degli Intronati), pag. 47; M. Pittau, Toponimi italiani di origine etrusca cit., pag. 91.
<8> M. Pittau, Dizionario della Lingua Etrusca cit., pag. 142.
<9> Vedi H. Solin et O. Salomies, Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Hildesheim-Zürich-New York 1988, pag. 197, 198.
<10> Cfr. A. Ernout - A. Meillet, Dictionnaire Étymologique de la Langue Latine, IV édit., IV tirage, Paris 1985; M. Cortelazzo - P. Zolli, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Bologna, I-V, 1979-1988; II ediz. a cura di M. Cortelazzo e M. A. Cortelazzo, col soprattitolo Il nuovo etimologico, 1999.
<11> S. Pieri, Toponomastica della valle dell'Arno cit., pag. 54.

Massimo Pittau - Varna, Varena, Varenna: toponimi di origine etrusca (http://www.pittau.it/Etrusco/Studi/varena.html)

Mc Queen
26-04-10, 09:44
A) Mai affermato che i liguri parlassero etrusco (rimane infatti da capire che lingua parlassero).




Hai cercto di farlo supporre tuttavia. Senza successo, ahimè.




l'affermazione da te presa su wikipedia francese riguardo l'assenza di testimonianze scritte in lingua ligure


Sottolinei "Wikipedia" con una punta di disprezzo, quando in realtà NON ha importanza cosa DOVE trovi qualcosa, a patto che sia supportato bibliograficamente. E in questo caso lo era.

Devo anche dire che apprezzo molto la versione francese di wikipedia. Le affermazioni sono assai referenziate in alcuni campi. Più che la versione italiana.




C) l'articolo descrive come tentativi di decifrazione, pur non sciogliendo il problema della traduzione, hanno appurato non essere lingua di derivazione celtica (e probabilmente nemmeno IE).


La scuola italianista dice questo (e tu hai il diritto sacrosanto di crederci). La scuola francese (ad altre straniere) nel complesso sono propense altrove.



D) Che il ligure aveva assonanze col retico.

Mi dispiace ma non l'hai affatto dimostrato. Non confondere i tuoi desideri personali con la realtà.
Se poi ci fosse per davvero un assonanza........allora dimostrerebbe che sia Liguri che Reti, NON sono italici ! (stacci attento : devi sostenere l'unità del paese, NON affossarla, Miles).




Quelli sono i Celtoliguri (fusione che riguarda solo una parte dei liguri, tra l'altro) ed è abbastanza successiva al periodo in esame (primo millennio a.C.).
In verità in precedenza e in maniera più determinante l'etnogenesi risente assai dell'influenza culturale Etrusca .


I Celti è appurato che iniziarono a filtrare nel nord dell'Italia (nella zona del nord-ovest) ai tempi del 1000 A.C.
Questo senza contare della presenza autoctona della cultura di Golasecca.

la VERA etnogenesi dell'Italia che si è cristallizzata è più o meno questa, che piaccia o meno.


http://i44.tinypic.com/2exlwu0.jpg



Se invece vogliamo andare veramente più indietro..........l'unico vero precedente unitario a civilità VILLANOVIANA (che però non riunisce tutta l'Italia)


http://i40.tinypic.com/5dmhr8.jpg



In ogni caso anche le mappe (più ottimistiche in assoluto si badi) che ricostruiscono l'Etruria, danno questi confini (da cui il nord-ovest è escluso in blocco.


http://i44.tinypic.com/32zuhsh.gif

Mc Queen
26-04-10, 09:48
Sempre a proposito della cvilità Villanoviana :


http://i41.tinypic.com/14lbmo.jpg


E' anche possibile che la civiltà proto villanoviana ricalcasse l'areale degli antihi UMBRI.

IRDAU - Paleoumbri - Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri (http://www.irdau.org/irdau/antichi_umbri/ombrikoi/paleoumbri.asp)

http://i44.tinypic.com/121pylg.gif

Mc Queen
26-04-10, 09:58
La denominazione della città di Bergamo è attribuita agli Etruschi della valle Padana; denominazione – viene precisato e sottolineato – “non fondazione. Il fatto che la denominazione degli Etruschi si sia imposta ed affermata è circostanza del tutto congruente col ruolo di grandi acculturatori che gli Etruschi hanno esercitato in tutta Italia, anche nella Padania”
Massimo Pittau, Toponimi Italiani di origine Etrusca, Magnum-Edizioni, Sassari 2006 p. 45.


La scuola archeologica italianista afferma questo. Altrove però si dice altro :

".......L'area della provincia di Bergamo sarebbe stata abitata, sin dall'età del ferro, dalle popolazioni degli Orobi[5], popolazione di Celto-Liguri formatasi attraverso la penetrazione di genti provenienti dalle regioni del Reno e del Danubio[6] nell'Italia nord-occidentale in età molto più antica delle invasioni celtiche storiche del IV secolo a.C. [7] e stanziatisi tra l'Oglio ed il Ticino, collegate alla Cultura di Golasecca.

Plinio il Vecchio, riportando le parole di Origines, un'opera di Catone il Censore andata dispersa, attribuisce loro la fondazione di Como, Bergamo, Licini Forum e Parra[8]:

« Catone attesta che Como e Bergamo e Licini Forum e altri popoli attorno sono della stirpe degli Orumbovii, ma dice di ignorare l'origine di questa popolazione, che Cornelio Alessandro insegna esser derivata dalla Grecia, anche secondo l'interpretazione del nome, che spiega come popolazioni che conducono la vita tra i monti. In questo luogo scomparve Parra, città degli Orumbovii, dai quali, dice Catone, sono derivati i Bergomati, e che ancora oggi appare un luogo più famoso che fortunato. »
(Plinio il Vecchio)

Nei numerosi manoscritti della Naturalis Historia pervenutici ed ora conservati nelle biblioteche europee, generalmente viene trascritto il nome Orobii. In quello maggiore del 1469, considerato il più antico, compare Orumbovii ed in quello leidense, pure ritenuto tra i più antichi, Orumobii. Una volta compare Orumbivi.
Gli storici classici, come Plinio stesso, li ritengono di origine greca, facendo risalire l'etimologia del nome dal greco "Ορων βιον" [9]. Differente è l'interpretazione moderna. Una migliore analisi del nome, rivela una più probabile origine ligure: or è un termine preindoeuropeo che significa acqua e bo è un termine indoeuropeo dato alle abitazioni. Considerando che il nome Orumbovi venne trasmesso ai Romani dai Galli, nulla di più logico che interpretarlo come "coloro che abitano sull'acqua o palafitticoli" [10]....."


Numerose sono le ipotesi avanzate per spiegare l'origine del toponimo Bergamo. In latino classico il toponimo è attestato come Bergomum, mentre nel latino tardo Bergame.[1] Quindi è stata proposta un'origine indoeuropea del nome, accostandola al greco Πέργαμον (Pérgamon)[1] "cittadella, rocca"[2] (in riferimento ad abitazioni fortificate in cima a un colle), ma anche alla base prelatina barga "capanna" o a nomi liguri quali Bergima, località nei dintorni di Marsiglia, da una radice *bherg,[1] "alto".[3]

"......Lo storico e politico bergamasco Bortolo Belotti ha accostato il toponimo a precedenti nomi preceltici (barra?) a cui sarebbe seguito il nome Bèrghem, di cui Bergomum sarebbe stata solo la latinizzazione. È da notare che nel tedesco moderno tuttora Berg significa "montagna", e la parola Heim "casa", così come in svedese berg significa "monte" e hem "casa", ma l'ipotesi di una derivazione germanica di Bergamo (che deriverebbe quindi dal germanico *berga(z) "monte" e *haima(z), "insediamento" ma anche "mondo")[4] si scontra con l'assenza di documenti riguardo a insediamenti germanici nella zona prima della conquista romana......."

P.S. = si può spiegare con insediamenti germanici DOPO la fine dell'mpero.


Note assortite :


a b c Dizionario di toponomastica, Torino, UTET, 1990. p. 85
^ Franco Montanari, Vocabolario della lingua greca, Torino, Loescher, 1995. p. 1539
^ Nomi d'Italia, Novara, Istituto geografico De Agostini, 2009. p. 48
^ Deutsches Etymologisches Wörterbuch. URL consultato il 07-02-2010.
^ a b c d e f g Ducato di Piazza Pontida
^ M. Gianoncelli, Vecchie e nuove ipotesi sulla stirpe degli Orobi, in Oblatio, A. Noseda ed, Como 1971.
^ R. de Marinis, La civiltà di Golasecca, in La Lombardia, Jaka book, 1985.
^ Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, III, 124-125.
^ Tra tutti, si veda: C. Cantù, Storia di Como e sua provincia, Como 1859
^ P. Pensa, Noi gente del Lario, Cairoli editore, Como 1981.
^ Antonio Guadagnini, Memorie storiche della Valcamonica, Federico Odorici, Brescia, Tipolitografia Venturini, 1857. 37

occidentale
26-04-10, 10:01
Scusa MCqueen ma non ci siamo.
Intanto Miles (e non da solo) ha affermato che l'origine dei toponimi e delle fondazioni dei luoghi in discussione è etrusca.
Anche esplorazioni archeologiche recenti sembrano confermarlo.
Mica ha detto che i celti non hanno invaso la pianura padana...... Tutto questo discutere a prescindere talvolta mi sembra pretestuoso.

Mc Queen
26-04-10, 10:11
Scusa MCqueen ma non ci siamo.


Ci siamo invece.



Intanto Miles (e non da solo) ha affermato che l'origine dei toponimi e delle fondazioni dei luoghi in discussione è etrusca.



Miles (o meglio Acchippaignoranti che gli passa il materiale da postare via Pvt), ha affermato per l'appunto una cosa. Altri affermano ALTRO.
E' piena democrazia questa.




Mica ha detto che i celti non hanno invaso la pianura padana...... Tutto questo discutere a prescindere talvolta mi sembra pretestuoso.

Ma Occidentale..........le opinioni spesso si portano avanti a prescindere. VOI per esempio portate avanti , a prescindere, la tesi dell'unitarietà arcaica e moderna del paese (ed è assolutamente nel vostro diritto, quindi io lo rispetto).
Questo però non toglie a me la possibilità di mantenere un riserbo critico (come chiunque).

occidentale
26-04-10, 10:15
ANdiamo MC.....chi te lo nega......vorremmo solo un poco più di obiettività.
E comunque se Miles ha collaborazione con altri io non ci vedo niente di male. Era uno dei nostri obiettivi, quello di favorire lo scambio di idee e materiali di lavoro. Vedasi Thread sulla Bibliografia Italica, dove come avrai visto si posta di tutto, anche info su libri che parlano di sovrani stranieri....scritti da stranieri.

Mc Queen
26-04-10, 10:22
ANdiamo MC.....chi te lo nega......vorremmo solo un poco più di obiettività.


:chefico:

Druso
26-04-10, 13:24
Sottolinei "Wikipedia" con una punta di disprezzo, quando in realtà NON ha importanza cosa DOVE trovi qualcosa, a patto che sia supportato bibliograficamente. E in questo caso lo era.

Su wikipedia si trovano anche amenità di questo genere:

Freikorp Sardinien - Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Freikorp_Sardinien)

In ogni caso una persona che cita wikipedia dimostra di conoscere superficialmente l'argomento.



La scuola italianista dice questo (e tu hai il diritto sacrosanto di crederci). La scuola francese (ad altre straniere) nel complesso sono propense altrove.

Non esiste nessuna scuola italianista, anzi, francesi e tedeschi sono solitamente molto più sciovinisti degli studiosi italiani.
Comunque siamo sul forum Patria Italiana, questo modo di discutere, ovvero mettere citazioni a caso solo per il gusto di provocare senza avere dimestichezza con la materia trattata, è contrario al regolamento del forum.

acchiappaignoranti
26-04-10, 15:08
Hai cercto di farlo supporre tuttavia. Senza successo, ahimè.




Sottolinei "Wikipedia" con una punta di disprezzo, quando in realtà NON ha importanza cosa DOVE trovi qualcosa, a patto che sia supportato bibliograficamente. E in questo caso lo era.

Devo anche dire che apprezzo molto la versione francese di wikipedia. Le affermazioni sono assai referenziate in alcuni campi. Più che la versione italiana.




La scuola italianista dice questo (e tu hai il diritto sacrosanto di crederci). La scuola francese (ad altre straniere) nel complesso sono propense altrove.



Mi dispiace ma non l'hai affatto dimostrato. Non confondere i tuoi desideri personali con la realtà.
Se poi ci fosse per davvero un assonanza........allora dimostrerebbe che sia Liguri che Reti, NON sono italici ! (stacci attento : devi sostenere l'unità del paese, NON affossarla, Miles).




I Celti è appurato che iniziarono a filtrare nel nord dell'Italia (nella zona del nord-ovest) ai tempi del 1000 A.C.
Questo senza contare della presenza autoctona della cultura di Golasecca.

la VERA etnogenesi dell'Italia che si è cristallizzata è più o meno questa, che piaccia o meno.


http://i44.tinypic.com/2exlwu0.jpg



Se invece vogliamo andare veramente più indietro..........l'unico vero precedente unitario a civilità VILLANOVIANA (che però non riunisce tutta l'Italia)


http://i40.tinypic.com/5dmhr8.jpg



In ogni caso anche le mappe (più ottimistiche in assoluto si badi) che ricostruiscono l'Etruria, danno questi confini (da cui il nord-ovest è escluso in blocco.


http://i44.tinypic.com/32zuhsh.gif


queste cartine sono un qualcosa di tecnicamente inenarrabile

dunque ......

sopraintendenza dei beni archeologici della Lombardia


21. BAGNOLO S. VITO (Montava)
È recentissima in questa località la scoperta di una città commerciale etrusca estesa in un territorio superiore ai 120 ettari di terreno. Attualmente costituisce il più antico centro abitato finora scoperto in lombardia

è vero, o non è vero ? mento io ? o la cultura internettiana lascia il tempo (ai molti) che trova?

Miles
26-04-10, 15:59
Sottolinei "Wikipedia" con una punta di disprezzo, quando in realtà NON ha importanza cosa DOVE trovi qualcosa, a patto che sia supportato bibliograficamente. E in questo caso lo era.

Devo anche dire che apprezzo molto la versione francese di wikipedia. Le affermazioni sono assai referenziate in alcuni campi. Più che la versione italiana.



Il problema è che se posti una pagina di Wikipedia in cui si indica non esistano tracce scritte della lingua ligure, e ti si postano i cataloghi museali relativi alle raccolte epigrafiche stesse e la foto di un reperto in tale lingua (alcuni post addietro, epigrafe in lingua ligure vergato in alfabeto etrusco) forse dovresti considerare seriamente se è il caso di citarla o meno.

Miles
26-04-10, 16:08
La scuola archeologica italianista afferma questo. Altrove però si dice altro :

".......L'area della provincia di Bergamo sarebbe stata abitata, sin dall'età del ferro, dalle popolazioni degli Orobi[5], popolazione di Celto-Liguri formatasi attraverso la penetrazione di genti provenienti dalle regioni del Reno e del Danubio[6] nell'Italia nord-occidentale in età molto più antica delle invasioni celtiche storiche del IV secolo a.C. [7] e stanziatisi tra l'Oglio ed il Ticino, collegate alla Cultura di Golasecca.

Plinio il Vecchio, riportando le parole di Origines, un'opera di Catone il Censore andata dispersa, attribuisce loro la fondazione di Como, Bergamo, Licini Forum e Parra[8]:

« Catone attesta che Como e Bergamo e Licini Forum e altri popoli attorno sono della stirpe degli Orumbovii, ma dice di ignorare l'origine di questa popolazione, che Cornelio Alessandro insegna esser derivata dalla Grecia, anche secondo l'interpretazione del nome, che spiega come popolazioni che conducono la vita tra i monti. In questo luogo scomparve Parra, città degli Orumbovii, dai quali, dice Catone, sono derivati i Bergomati, e che ancora oggi appare un luogo più famoso che fortunato. »
(Plinio il Vecchio)

Nei numerosi manoscritti della Naturalis Historia pervenutici ed ora conservati nelle biblioteche europee, generalmente viene trascritto il nome Orobii. In quello maggiore del 1469, considerato il più antico, compare Orumbovii ed in quello leidense, pure ritenuto tra i più antichi, Orumobii. Una volta compare Orumbivi.
Gli storici classici, come Plinio stesso, li ritengono di origine greca, facendo risalire l'etimologia del nome dal greco "Ορων βιον" [9]. Differente è l'interpretazione moderna. Una migliore analisi del nome, rivela una più probabile origine ligure: or è un termine preindoeuropeo che significa acqua e bo è un termine indoeuropeo dato alle abitazioni. Considerando che il nome Orumbovi venne trasmesso ai Romani dai Galli, nulla di più logico che interpretarlo come "coloro che abitano sull'acqua o palafitticoli" [10]....."


Numerose sono le ipotesi avanzate per spiegare l'origine del toponimo Bergamo. In latino classico il toponimo è attestato come Bergomum, mentre nel latino tardo Bergame.[1] Quindi è stata proposta un'origine indoeuropea del nome, accostandola al greco Πέργαμον (Pérgamon)[1] "cittadella, rocca"[2] (in riferimento ad abitazioni fortificate in cima a un colle), ma anche alla base prelatina barga "capanna" o a nomi liguri quali Bergima, località nei dintorni di Marsiglia, da una radice *bherg,[1] "alto".[3]

"......Lo storico e politico bergamasco Bortolo Belotti ha accostato il toponimo a precedenti nomi preceltici (barra?) a cui sarebbe seguito il nome Bèrghem, di cui Bergomum sarebbe stata solo la latinizzazione. È da notare che nel tedesco moderno tuttora Berg significa "montagna", e la parola Heim "casa", così come in svedese berg significa "monte" e hem "casa", ma l'ipotesi di una derivazione germanica di Bergamo (che deriverebbe quindi dal germanico *berga(z) "monte" e *haima(z), "insediamento" ma anche "mondo")[4] si scontra con l'assenza di documenti riguardo a insediamenti germanici nella zona prima della conquista romana......."

P.S. = si può spiegare con insediamenti germanici DOPO la fine dell'mpero.


Note assortite :


a b c Dizionario di toponomastica, Torino, UTET, 1990. p. 85
^ Franco Montanari, Vocabolario della lingua greca, Torino, Loescher, 1995. p. 1539
^ Nomi d'Italia, Novara, Istituto geografico De Agostini, 2009. p. 48
^ Deutsches Etymologisches Wörterbuch. URL consultato il 07-02-2010.
^ a b c d e f g Ducato di Piazza Pontida
^ M. Gianoncelli, Vecchie e nuove ipotesi sulla stirpe degli Orobi, in Oblatio, A. Noseda ed, Como 1971.
^ R. de Marinis, La civiltà di Golasecca, in La Lombardia, Jaka book, 1985.
^ Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, III, 124-125.
^ Tra tutti, si veda: C. Cantù, Storia di Como e sua provincia, Como 1859
^ P. Pensa, Noi gente del Lario, Cairoli editore, Como 1981.
^ Antonio Guadagnini, Memorie storiche della Valcamonica, Federico Odorici, Brescia, Tipolitografia Venturini, 1857. 37

IL NOME DELLA CITTÀ DI BERGAMO
È ETRUSCO

Massimo Pittau

L'ultima presa di posizione rispetto al toponimo Bergamo è, se non vado errato, quella di Carla Marcato, nel Dizionario di Toponomastica Italiana(1): «è di etimo incerto».
Per il vero molti autori hanno connesso questo toponimo, in latino Bergomum, Bergume, Bergame, Bergamum,-s (Pergamum nell'Anonimo Ravennate), al greco pérgamon,-s «rocca, roccaforte, cittadella», in ciò confortati anche dalla posizione della Bergamo vecchia, che era ed è situata sulla cima di una alta collina che si staglia nettamente sulla zona circostante. C'è da osservare che questa connessione compare già in epoca antica, dato che risulta implicita in una notazione che Plinio il Vecchio (N.H., III, 21, 123) attribuisce a Cornelio Alessandro: originem gentis (....), quam docet Cornelius Alexander ortam e Graecia interpretatione etiam nominis vitam in montibus degentium «origine della gente (....), che Cornelio Alessandro insegna nata dalla Grecia, anche in virtù della etimologia del nome [dei Bergamaschi] come di quelli che conducono la vita nei monti».
Alcuni degli stessi autori moderni che hanno connesso il toponimo Bergamo al greco pérgamon, hanno chiamato in causa, a titolo di corradicalità, anche il gotico bairgam e il germanico berg «monte» ed hanno pensato ad una origine paleoligure del toponimo(2).
Ciò premesso, dico che anche io ritengo valida la connessione del nostro toponimo con l'appellativo pérgamon. Questo appellativo greco esisteva anche come toponimo a Troia, a Creta, nella Macedonia, nella Misia e pure nella Lidia e dai linguisti moderni viene unanimenente considerato un prestito forestiero(3). Però a me sembra che la sua connessione col gotico bairgam e col germ. berg non sia affatto da respingere.
Ma allora sorge spontanea questa domanda: chi mai poteva aver introdotto nel cuore della pianura padana l'appellativo greco-anatolico pérgamon,-s «rocca, roccaforte, cittadella»? Non c'è altra risposta alternativa a questa domanda: solamente gli Etruschi potevano aver importato nella Padania quell'appellativo greco-anatolico, essi che venivano dalla Lidia nell'Asia Minore e che nel secolo VI avanti Cristo avevano dilagato nella pianura padana, fondando le città di Felsina (Bologna), Mutina (Modena), Mantua (Mantova) e probabilmente anche Parma.
A favore di questa mia considerazione di carattere storico generale interviene una notevole prova strettamente linguistica: nel materiale linguistico etrusco che ci è stato conservato compare a Chiusi, Perugia e Vulci anche il gentilizio, masch. e femm., Percumsna, Percumsnei (Cl 1.856, 857, 2283; Pe 1.826, 827, 828, 829, 1139; Vc 0.46)(4). Questo stesso gentilizio compare ancora a Chiusi, ma scritto in grafia latina, come Pergomsna (Cl 1.1057) e di recente è stata rinvenuta anche la variante Bercomsna (REE 64 num. 19)(5). Ebbene la connessione fra questo gentilizio etrusco e il toponimo Bergamo si impone del tutto facilmente da sé. C'è soltanto da ricordare che l'etrusco non conosceva la esplosiva bilabiale sonora B, alla quale invece corrispondeva quella sorda P. Inoltre c'è da interpretare che il gentilizio etrusco Percumsna in origine fosse un cognomen avente il significato originario di «nativo od originario di Bergamo» oppure di «frequentatore di Bergamo o dei Bergamaschi».
C'è un noto passo di Giustino (XX, 5, 8), il quale narra l'espulsione che i Galli fecero degli Etruschi dalla pianura padana: Galli.... cum in Italiam venissent, sedibus Tuscos expulerunt et Mediolanum, Comum, Brixiiam, Veronam, Bergomum, Tridentum, Vincentiam condiderunt.
Mi sembra evidente che in questo passo non si può prendere alla lettera il verbo condere «fondare» riferito a Bergomum, più di quanto non lo si può prendere alla lettera rispetto a quasi tutte le altre città. A Bergomum i Galli avranno semplicemente costituito un loro stanziamento, mentre la posizione felice del sito spinge a ritenere che lo stanziamento umano sulla cima della collina di Bergamo sia di molto anteriore all'arrivo dei Galli. Ed infatti Plinio (loc. cit.) continua dicendo che In hoc situ interiit oppidum Oromobiorum Parra, unde Bergomates Cato dixit ortos «In questo sito scomparve la città degli Oromobi Parra, da cui Catone disse che sono nati i Bergamaschi».
Concludendo, a me sembra molto probabile che la denominazione della città di Bergamo sia da attribuire agli Etruschi della Valle Padana; denominazione - lo preciso e lo sottolineo - non fondazione. Il fatto che la denominazione degli Etruschi si sia imposta ed affermata è una circostanza del tutto consentanea al ruolo di grandi acculturatori che gli Etruschi hanno esercitato in tutta Italia, anche nella Padania.
D'altra parte è anche possibile che l'appellativo etr. *Percum/Bergomum non sia altro che la "traduzione" del precedente nome della città Parra, il quale sarà stato paleoligure oppure anche leponzio.


N O T E

1) Torino, UTET, 1990.
2) Cfr. C. Battisti, Sostrati e parastrati nell'Italia preistorica, Firenze, Le Monnier, 1959, pagg. 29, 323, 332, 336; D. Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda, Milano, 1931, II ediz., Milano, Ceschina, 1961, sub voce.
3) Cfr. H. Frisk, Griechisches Etymologisches Wörterbuch, I-III, II ediz., Heidelberg, 1973; P. Chantraine, Dictionnaire Étymologique de la Langue Grecque - Histoire des mots, I-II, Paris, 1968-1980, sub voce; A. J. Van Windekens, Le Pélasgique, Louvain, 1952, pagg. 131-132; D. A. Hester, Pelasgian - A new indoeuropean language?, in «Lingua», XIII (1965), pag. 363.
4) Sigle dell'opera di H. Rix, Etruskische Texte, Editio Minor, I Einleitung, Konkordanz, Indices; II Texte, Tübingen, 1991.
5) Thesaurus Linguae Etruscae, I Indice lessicale, Roma, 1978, pag. 386; H. Solin - O. Salomies, Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Hildesheim-Zuerich-New York, 1988, pag. 140.

Miles
26-04-10, 16:14
"......Lo storico e politico bergamasco Bortolo Belotti ha accostato il toponimo a precedenti nomi preceltici (barra?) a cui sarebbe seguito il nome Bèrghem, di cui Bergomum sarebbe stata solo la latinizzazione. È da notare che nel tedesco moderno tuttora Berg significa "montagna", e la parola Heim "casa", così come in svedese berg significa "monte" e hem "casa", ma l'ipotesi di una derivazione germanica di Bergamo (che deriverebbe quindi dal germanico *berga(z) "monte" e *haima(z), "insediamento" ma anche "mondo")[4] si scontra con l'assenza di documenti riguardo a insediamenti germanici nella zona prima della conquista romana......."


Borlolo Belotti è un avvocato Bergamasco , morto nel 1944.
Massimo Pittau è , probabilmente , il più grande Etruscologo vivente.

Oltre che la gerarchia delle fonti (dove wikipedia non svetta) , esiste anche la gerarchia degli autori,come attendibilità.

Mc Queen
26-04-10, 16:16
Borlolo Belotti è un avvocato Bergamasco , morto nel 1944.
Massimo Pittau è , probabilmente , il più grande Etruscologo vivente.

Oltre che la gerarchia delle fonti (dove wikipedia non svetta) , esiste anche la gerarchia degli autori,come attendibilità.


XAVIERE DELAMARRE è uno dei massimi di FRANCIA.

Quindi le tue fonti etruscocentriche hanno il peso che hanno. STOP.

Ora smettila di accanirti. Ci sono modi migliori per sostenere la causa dell'unità italiana.

Miles
26-04-10, 16:20
XAVIERE DELAMARRE è uno dei massimi di FRANCIA.

Quindi le tue founi etruscocentriche hanno il pes che hanno. STOP.

Ora smettila di accanirti.

Non ci siamo.
Hai affermato non esservi esempi scritti di lingua ligure.
I fatti lo hanno smentito (o meglio, hanno smentito la pagina di wikipedia citata).

Ora è colpa della realtà , se questa nega una pagina di wikipedia?

Mc Queen
26-04-10, 16:24
Non ci siamo.
Hai affermato non esservi esempi scritti di lingua ligure.
I fatti lo hanno smentito (o meglio, hanno smentito la pagina di wikipedia citata).
Ora è colpa della realtà , se questa nega una pagina di wikipedia?

Wikipedia che a sua volta cita Autori e fonti.


Ascoltami : se la scuola archeologica francese non ti piace, non c'è bisogno che ti attacchi ad un cavillo nel tentativo (futile) di smentirla. Semplicemente ignorala.
Del resto non tutte le scuole pensano la stessa cosa. Saresti sbigottito nell'apprendere cosa dice (per esempio) la storiografia TEDESCA su un sacco di argomenti che tu usualmente tratti, qui o altrove. Questo per dire che certe idee non sono universali, ma sono sempicemente idee. Basta così, dai.

Miles
26-04-10, 17:07
Avvisa gli autori della voce francese di Wikipedia di quanto segue:

Le prime anfore etrusche che conosciamo recano iscrizioni a vernice rossa che evocano in qualche caso la pratica del dono [...] assai rapidamente le grandi serie di anfore si standardizzano e si evolvono in criteri tecnici tra i quali diviene primario lo stivaggio nelle navi [...] per la prima volta troviamo, in Ialia una produzione organizzata di contenitori di questo genere [...]
Questo commercio è diretto in primo luogo e in maggior parte verso la Francia Meridionale, che non conosce ancora la dominazione Focese e poi Massaliota [...]
Il commercio etrusco verso il meridione della Francia è dunque una delle grandi forme di espansione economica dell'antichità. E' una forma di espansione che gli autori greci chiamavano "talassocrazia" , dominio del mare e che testimonia un dinamismo reale, di un'organizzazione commerciale [...] che si sviluppa autonomamente aprendo un nuovo capitolo nella storia del mediterraneo.

Mauro Cristofani - Etruschi , una nuova immagine, pag 105

Miles
26-04-10, 17:11
http://i44.tinypic.com/2exlwu0.jpg


http://i40.tinypic.com/5dmhr8.jpg


http://i44.tinypic.com/32zuhsh.gif

Un giorno sarebbe bello sapere dove le prendi queste cartine che posti tutte assieme , visto che nessuna di queste è mai sovrapponibile all'altra, nè vi sono indicati gli autori, nè il periodo di riferimento, nè le fonti ad esse collegate (archeologiche, bigliografiche, ecc.)

Maria Vittoria
26-04-10, 17:27
Invito a rientrare nell'argomento del thread postando informazioni relative alla coscienza italiana.

Qui più che i flussi migratori e gli insediamenti interessa comprendere come e quando si è venuta formando la consapevolezza che all'interno del territorio italiano prevalevano determinate attitudini, che venivano a caratterizzare la popolazione in senso armonico & complementare.

Druso
26-04-10, 18:18
queste cartine sono un qualcosa di tecnicamente inenarrabile

dunque ......

sopraintendenza dei beni archeologici della Lombardia


21. BAGNOLO S. VITO (Montava)
È recentissima in questa località la scoperta di una città commerciale etrusca estesa in un territorio superiore ai 120 ettari di terreno. Attualmente costituisce il più antico centro abitato finora scoperto in lombardia

è vero, o non è vero ? mento io ? o la cultura internettiana lascia il tempo (ai molti) che trova?

Piccola curiosità, l'Università degli Studi di Milano organizza per gli studenti di archeologia il primo dei due stage di scavo proprio a Bagnolo S. Vito, inutile ribadire quale sia la civiltà in questione.

acchiappaignoranti
26-04-10, 18:20
intervista a Giovanni Camporeale - anche l'etruria unì l'italia


http://www.coopfirenze.it/images/notizie/main/00009540-00000001.JPG



aIlievo prediletto di Giacomo Devoto, uno dei massimi linguisti italiani, e di Luisa Banti, insigne etruscologo tra i più preparati a livello mondiale-II suo interesse per gli etruschi è nato, dunque, Dal grande maestro.

-la civiltà etrusca È certamente la più grande civiltà fiorita nel bacino occidentale del Mediterraneo nell'ultimo millennio a.C., prima dell'affermazione della civiltà romana
Dunque, almeno per un certo periodo, si può dire che le esperienze politiche degli Etruschi siano state parallele a quelle di altri popoli mediterranei... - Indubbiamente. Pensiamo alla tirannide. Già nel VI sec. a. C. ad Atene abbiamo Pisistrato e poi i figli di Pisistrato. Andiamo a Cuma e troviamo Aristodemo, andiamo a Roma e troviamo Tarquinio il Superbo, definito tale proprio per il carattere del suo governo autoritario. Se ci spostiamo in Etruria, a Chiusi troviamo Porsenna, a Cerveteri (l'antica Caere) Thè/arie Velianas. Siamo sempre nella seconda metà del VI secolo. Sono esperienze politiche simili che interessano vari popoli, mettendoli tutti sullo stesso piano.
Se è vero che gli Etruschi sono nostri antenati, in cosa consiste la loro eredità ? - L'interesse per questo popolo nasce nell'Umanesimo, agli esordi della cultura moderna. In tale momento, specialmente a Firenze, si verifica una grande apertura nei confronti degli Etruschi, che diventano una sorta di modello culturale. I poteri politicidell'epoca cercano un avvallo alla propria affermazione rifacendosi alla civiltà etrusca. L'umanista Poggio Bracciolini in una lettera ai perugini, del 1389, li invita a imitare gli Etruschi nel processo di rinnovamento civile e morale. Ai primi del Quattrocento, Leonardo Bruni dedica il primo libro delle sue Storie del popolo fiorentino alla vita delle città etrusche, della cui storia valorizza moltissimo il periodo repubblicano. .

gli Etruschi avevano un potere che andava dalle alpi allo stretto di messina: un'italia unita sotto la cultura etrusca , pertanto un valido antefatto all'unità d'Italia! i fiorentini, ben noti per la lesina, dettero diversi soldi per ricerche archeo-logiche che furono fatte a Chiusi, a Sovana e in altri centri antichi. Nel 1985, "l'anno degli Etruschi", la storica azienda fiorentina Richard Ginori realizzò una serie di vasi di porcellana ispirandosi alla produzione etrusca... Non c'è dubbio che, specialmente in Toscana, il sotto-fondo culturale etrusco è rimasto. Per non parlare di alcune parole passate nella lingua italiana: una per tutte 'satellite', sviluppatosi dal latino satellitem, ripreso a sua volta probabilmente da un etrusco zatlath.

da archeologia viva n.120 novembre dicembre

http://www.archaeogate.org/storage/883_publication_597_1.gif



cit. A. Mandolesi, Etruschi in Piemonte, Quaderni della Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo, n. 4, Torino 2008, pagg. 24-76.

Mc Queen
26-04-10, 18:36
............gli Etruschi avevano un potere che andava dalle alpi allo stretto di messina: un'italia unita sotto la cultura etrusca , pertanto un valido antefatto all'unità d'Italia!
da archeologia viva n.120 novembre dicembre



Acchiappaignoranti, io apprezzo lo sforzo e lo zelo col quale riporti interminabili trafile di pubblicazioni "romanocentriche" o "italocentriche". Su questo forum poi è giusto che sia così.

Il problema vedi, è che la VERA ricerca storica dovrebbe essere caratterizzata dall'assenza di un fine. Solo questo garantisce l'obbiettività. Lo sgargiante entusiasmo della frase che ho quotato.......dimostra che l'animo non è trasparente. Si parte già col presupposto iniziale di dimostrare una determinata cosa. E questo la morte della ricerca. Dal momento che in un modo o in un altro si trova SEMPRE ciò che si desidera trovare.

Non mi sto esprimendo pro o contro l'unità arcaica dell'Italia in questo momento : sto dicendo che con questo modo di fare (esagerando, intendo), non si arriva molto in là. Si diventa della stessa forza dei pangermanisti di 100 anni fa (per fare un esempio casuale) che affermavano la germanicità della Toscana (e ci credevano per davvero). Ridicolo.
Vedete di non cadere anche voi nell'errore di quella foga.

Druso
26-04-10, 18:38
Acchiappaignoranti, io apprezzo lo sforzo e lo zelo col quale riporti interminabili trafile di pubblicazioni "romanocentriche" o "italocentriche". Su questo forum poi è giusto che sia così.

Quindi stai dicendo che tutti gli studiosi da cui son state prese le citazioni son dei cazzari ''italianisti''?

Miles
26-04-10, 18:46
Acchiappaignoranti, io apprezzo lo sforzo e lo zelo col quale riporti interminabili trafile di pubblicazioni "romanocentriche" o "italocentriche". Su questo forum poi è giusto che sia così.

Il problema vedi, è che la VERA ricerca storica dovrebbe essere caratterizzata dall'assenza di un fine. Solo questo garantisce l'obbiettività. Lo sgargiante entusiasmo della frase che ho quotato.......dimostra che l'animo non è trasparente. Si parte già col presupposto iniziale di dimostrare una determinata cosa. E questo la morte della ricerca. Dal momento che in un modo o in un altro si trova SEMPRE ciò che si desidera trovare.

Non mi sto esprimendo pro o contro l'unità arcaica dell'Italia in questo momento : sto dicendo che con questo modo di fare (esagerando, intendo), non si arriva molto in là. Si diventa della stessa forza dei pangermanisti di 100 anni fa (per fare un esempio casuale) che affermavano la germanicità della Toscana (e ci credevano per davvero). Ridicolo.
Vedete di non cadere anche voi nell'errore di quella foga.

Una dimostrazione prevede :

Tesi
Antitesi
Sintesi.

Non puoi dire "le vostre fonti sono di parte/avete obiettivi inconfessabili" perchè presumi (a torto) la malafede del tuo interlocutore.
Se non hai dati di inoppugnabile certificazione storica/archeologica corredati di opportuna citazione bibliografica (fonti dirette o di certa e non manipolabile provenienza e questo esclude wikipedia quindi, dove ogni cazzaro può modificare le voci) da parte di autori di livello internazionale riconosciuto (cosa che , tanto per la cronaca i pangermanisti alla Ciola, veterinario in pensione, non avevano e non hanno, Pittau, SI) , credo sia intrinsecamente sbagliato presumere una non linearità dell'esposizione argomentativa di acchiappaignoranti o mia.

Giò
26-04-10, 19:08
I liguri erano originariamente una popolazione mediterranea preindoeuropea (cosa che ha dimostrato lo studio dei toponimi) che col tempo ha subito una certa influenza culturale celtica, ma quanto queesta sia stata influente non è dato saperlo dato che non avendo documenti scritti è difficile individuare precisamente le peculiarità etniche dei due gruppi.

Premesso che gli studi sugli aplogruppi vanno sempre presi con le pinze, in quanto per avere una visione completa bisognerebbe avere dati molto più completi sul mtDNA, quanto dici è confermato anche dalla genetica.

Infatti, in Liguria l'aplogruppo J2, connesso in genere a quella che in antropologia fisica è chiamata razza o sottorazza mediterranea, è presente con una percentuale di poco inferiore al 40%, assieme all'aplogruppo E.


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/4/4a/J2%2BE3bItalia.jpg

La percentuale di R1b in Liguria dovrebbe essere inferiore al 30%, in netta controtendenza rispetto al resto del Nord Italia, dove supera spesso il 50%. L'aplogruppo R1b è in genere connesso ai popoli italici, ai Celti, ai Germania e agli Ittiti.

Druso
26-04-10, 19:11
Più che presumere a torto posso VEDERE ad occhio nudo il fine cui si desidera giungere. Questo è scientificamente imbarazzante a prescindere dalla fazione cuisi appartiene.

Sì, si potrebbe dire, un ricercatore ha SEMPRE un fine. Questo è vero. Ma manifestarlo così "gioiosamente" fa perdere verosimiglianza al lavoro svolto. Mi dispiace molto. Sembra che il risutato DEBBA essere quello che il riceratore desidera.


Ripeto la domanda: stai sostenendo che gli autori citati da acchiappa, studiosi di chiara fama internazionale, dicano delle cazzate?Se sì, per quale motivo uno dovrebbe credere a te che hai come unica fonte wikipedia, e non uno studioso di livello internazione che lavora da una vita su quelle questioni?
Uno per smentire una voce accademica deve avere i titoli, cosa che non credo proprio tu abbia (ma magari hai una laurea in archeologia e sei un archeologo di livello mondiale ed io non lo so, nel caso mi scuso).

Druso
26-04-10, 19:14
Premesso che gli studi sugli aplogruppi vanno sempre presi con le pinze, in quanto per avere una visione completa bisognerebbe avere dati molto più completi sul mtDNA, quanto dici è confermato anche dalla genetica.

Infatti, in Liguria l'aplogruppo J2, connesso in genere a quella che in antropologia fisica è chiamata razza o sottorazza mediterranea, è presente con una percentuale di poco inferiore al 40%, assieme all'aplogruppo E.


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/4/4a/J2%2BE3bItalia.jpg

La percentuale di R1b in Liguria dovrebbe essere inferiore al 30%, in netta controtendenza rispetto al resto del Nord Italia, dove supera spesso il 50%. L'aplogruppo R1b è in genere connesso ai popoli italici, ai Celti, ai Germania e agli Ittiti.

Gli studi antropologici e genetici condotti nelle valli della Lunigiana e Garfagnana, ovvero quei posti dove l'etnia ligure originaria si è conservata in maniera, per così dire, più pura, hanno rilevato un'altissima presenza del fenotipo atlanto-mediterraneo.

Miles
26-04-10, 19:19
Scusate.
Credo che sia il caso di mantenere il dibattito su basi storico-archeologiche-culturali.
Se ci si impegola con la genetica, non la si finisce più.
Eventualmente si apra un altro thread in merito.

Giò
26-04-10, 19:22
Gli studi antropologici e genetici condotti nelle valli della Lunigiana e Garfagnana, ovvero quei posti dove l'etnia ligure originaria si è conservata in maniera, per così dire, più pura, hanno rilevato un'altissima presenza del fenotipo atlanto-mediterraneo.

Oltre tutto, ritenuto affine al tipo nordico. Probabilmente, è frutto di un mescolamento fra tipo nordico e mediterraneo.
E' la varietà più presente nell'Italia del Nord e del Centro.
Comunque, effettivamente ha ragione Miles, meglio sarebbe spostare in un altro 3d un eventuale dibattito carattere antropo-genetico e fisico-antropologico.

Quayag
26-04-10, 21:04
... interessa comprendere come e quando si è venuta formando la consapevolezza che all'interno del territorio italiano prevalevano determinate attitudini, che venivano a caratterizzare la popolazione in senso armonico & complementare....

Diventa impossibile non leggervi e faticosissimo non intervenire...ma di quali attitudini di quale consapevolezza in senso armonico degli italici state parlando?ma ti sembra che un siciliano e un trentino si somiglino?all'interno di questo stato ci sono differenze etniche caratteriali e culturali così marcate che è impossibile trovare un altro paese europeo analogo in questo senso.

Se gli italiani fossero uguali non ci sarebbero le differenze economiche civiche scolastiche ecc.che invece ci sono e che sono enormi,mostruose ...nel senso che è impossibile che un unico popolo si comporti in maniera così diversa da nord a sud,fatevene una ragione e non dirmi che queste differenze non sono causate dalla diversità culturale/etnica.

PS a quando un post sulla luminosissima vittoria italiana di Caporetto tenuta nascosta dai soliti poteri forti internazionali?

Druso
26-04-10, 21:20
Diventa impossibile non leggervi e faticosissimo non intervenire...

Sapessi quante volte avrei voluto rispondere alle cagate che si leggono su padania.



ma di quali attitudini di quale consapevolezza in senso armonico degli italici state parlando?ma ti sembra che un siciliano e un trentino si somiglino?all'interno di questo stato ci sono differenze etniche caratteriali e culturali così marcate che è impossibile trovare un altro paese europeo analogo in questo senso.

Immagino che tu li abbia girati tutti per poterlo dire, oltre ovviamente, ad aver visitato approfonditamente l'Italia in lungo e in largo.




PS a quando un post sulla luminosissima vittoria italiana di Caporetto tenuta nascosta dai soliti poteri forti internazionali?

http://digilander.libero.it/fiammecremisi/fotobis/tuttieroi1.jpg

Il resto son cazzate...



Ah dimenticavo,gli italiani esistevano 3000 anni prima che nascesse l'italia ed erano facilmente distinguibili,non ci sono dubbi su questo...i germani si distinguevano perchè erano biondi,i celti si distinguevano perchè erano rossi mentre gli italiani si distinguevano per una voglia di tricolore sulle chiappe e sottolineo non a caso chiappe.

Bene, hai fatto la tua analisi approfondita, ora puoi gentilmente levarti cut.

Miles
26-04-10, 21:25
Se gli italiani fossero uguali non ci sarebbero le differenze economiche civiche scolastiche ecc.che invece ci sono e che sono enormi,mostruose ...nel senso che è impossibile che un unico popolo si comporti in maniera così diversa da nord a sud,fatevene una ragione e non dirmi che queste differenze non sono causate dalla diversità culturale/etnica.

Ti basterebbe andare in Germania per renderti conto delle ontologiche differenze che tutt'oggi trovi tra Ex DDR ed ex RFT.
Se poi vuoi spiegare disomogeità economiche , parlando di pseudodeliri celticheggianti, come mai in Veneto fino a 40 anni fa stavamo con le pezze al culo? Le cause sono varie , si possono analizzare e approfondire ma se vuoi fare il cazzaro di turno, mi spiace , raus.
Cmq il fatto che vieni qua con le bave alla bocca, mi fa capire che è proprio vero che la lingua batte dove il dente duole.

Druso
26-04-10, 21:33
Mi da solo fastidio che ti spacci per veneto.

''il Piave mormorò: non passa lo straniero!''

Ai traditori sia attribuita infamia eterna e riservato l'unico trattamento adeguato:

http://www.italia-liberazione.it/it/60moliberazione/IMG/FOTO/14.JPG

Miles
26-04-10, 21:35
http://img717.imageshack.us/img717/6598/banditieribelli2.jpg

acchiappaignoranti
26-04-10, 21:40
Mi da solo fastidio che ti spacci per veneto.

altra cosa ...Tito Livio era un veneto, tu cut insulti!

occidentale
26-04-10, 21:43
Diventa impossibile non leggervi e faticosissimo non intervenire...ma di quali attitudini di quale consapevolezza in senso armonico degli italici state parlando?ma ti sembra che un siciliano e un trentino si somiglino?all'interno di questo stato ci sono differenze etniche caratteriali e culturali così marcate che è impossibile trovare un altro paese europeo analogo in questo senso.

Se gli italiani fossero uguali non ci sarebbero le differenze economiche civiche scolastiche ecc.che invece ci sono e che sono enormi,mostruose ...nel senso che è impossibile che un unico popolo si comporti in maniera così diversa da nord a sud,fatevene una ragione e non dirmi che queste differenze non sono causate dalla diversità culturale/etnica.

PS a quando un post sulla luminosissima vittoria italiana di Caporetto tenuta nascosta dai soliti poteri forti internazionali?


Ah dimenticavo,gli italiani esistevano 3000 anni prima che nascesse l'italia ed erano facilmente distinguibili,non ci sono dubbi su questo...i germani si distinguevano perchè erano biondi,i celti si distinguevano perchè erano rossi mentre gli italiani si distinguevano per una voglia di tricolore sulle chiappe e sottolineo non a caso chiappe.
__________________


La prossima volta ti becchi una segnalazione.
PS
Caporetto fu una vittoria.
E di quelle risolutive, visto che il grande Impero Austroungarico, che magari tu rimpiangi sparì in seguito ad essa. O magari tu hai dei grandi testi storici da sottrarre all'oblio per negarlo.

Glorie del Veneto? La repubblica di Venezia combatteva sotto il grido Italia e San Marco, quando affrontava i suoi nemici esteri......ma magari mi sbaglio io.....:crepapelle:

occidentale
26-04-10, 21:55
Adesso chiariamo.
Il thread è stato aperto per discutere delle questioni dell'omogeneità culturale.
Non di quella politica, ne di quella genetica, e neppure di fantascienza.
Provocatori e aggressori sono respinti. Miles, Dux, Acchiappa continuate il vostro lavoro. Gio sei il benvenuto ma se si deve aprire una discussione di tipo genetico, aprire thread apposito, prego.

Quayag piano con le provocazioni ad cunnum, prego.
Tra l'altro vorrei sapre che cosa ti dà tanta sicumera. Storicamente parlando i veneti (euganei)non furono tanto importanti e corsero a rifugiarsi tra le braccia di ROMA alla prima occasione.
Tenerlo a mente per favore, prima di lanciarsi in post diffamatori.

occidentale
26-04-10, 22:02
Acchiappaignoranti, io apprezzo lo sforzo e lo zelo col quale riporti interminabili trafile di pubblicazioni "romanocentriche" o "italocentriche". Su questo forum poi è giusto che sia così.

Il problema vedi, è che la VERA ricerca storica dovrebbe essere caratterizzata dall'assenza di un fine. Solo questo garantisce l'obbiettività. Lo sgargiante entusiasmo della frase che ho quotato.......dimostra che l'animo non è trasparente. Si parte già col presupposto iniziale di dimostrare una determinata cosa. E questo la morte della ricerca. Dal momento che in un modo o in un altro si trova SEMPRE ciò che si desidera trovare.

Non mi sto esprimendo pro o contro l'unità arcaica dell'Italia in questo momento : sto dicendo che con questo modo di fare (esagerando, intendo), non si arriva molto in là. Si diventa della stessa forza dei pangermanisti di 100 anni fa (per fare un esempio casuale) che affermavano la germanicità della Toscana (e ci credevano per davvero). Ridicolo.
Vedete di non cadere anche voi nell'errore di quella foga.

Basta guardare una carta storica dell'Antica Italia per vedere la grnade estensione raggiunta dagli Etruschi. Non ci vuole eccessiva foga italianista per accettare che per un tempo breve ma significativo le città della Dodecapoli Etrusca e le loro colonie furono egemoni della nostra Penisola.

Miles
26-04-10, 23:39
Basta guardare una carta storica dell'Antica Italia per vedere la grnade estensione raggiunta dagli Etruschi. Non ci vuole eccessiva foga italianista per accettare che per un tempo breve ma significativo le città della Dodecapoli Etrusca e le loro colonie furono egemoni della nostra Penisola.

Il problema è che da qualche anno c'è la moda del celtismo.
Probabile overdose di fumetti di asterix.
Il fatto che anche sopra il Po per ogni sputo celtico si trovi una necropoli o un iscrizione etrusca è un "dettaglio" che fa a pugni non solo con l'obiettività storiografica , ma con la volontà politica di singoli.

Origine del nome di

VERONA

La prina dichiarazione “etrusca” del toponimo Verona è di Wilhelm Schulze, prospettata nella sua importante e geniale opera Zur Geschichte Lateinischer Eigennamen * (1904) (ristampata Mit einer Berichtigungsliste zur Neuausgabe von Olli Salomies, Zürich-Hildesheim 1991, pag. 574). Per la sua tesi lo Schulze ha fatto riferimento al suffisso –ona, che ha riscontrato anche nel toponimo Cortona (etr. Curthun) e in altri toponimi di assai probabile origine etrusca, come i toscani Cetona, Faltona, Vescona, Vettona, per i quali ha richiamato rispettivamente i vocaboli etruschi veru, vescu, vetu. Per Faltona io richiamo l’antroponimo etrusco Faltu e per Verona l’antroponimo femm. Verunia, col corrispondente gentilizio lat. Veronius (DETR 442, 162).
In tutti questi toponimi faccio notare da parte mia la trasformazione dell’originario suff. etrusco –u-/un- in quello successivo lat. –on-.
La derivazione del toponimo Verona dall’etrusco prospettata dallo Schulze è stata ritenuta verosimile da tutti i linguisti che in seguito si sono interessati della questione, cioè Dante Olivieri, Giovan Battista Pellegrini, Carla Marcato (cfr. Dizionario di Toponomastica, a cura di G. Gasca Queirazza, C. Marcato, G. B. Pellegrini, G. Petracco Sicardi, A. Rossebastiano, Torino 1990); e ciò essi hanno detto anche in virtù del fatto che già Silvio Pieri aveva segnalato l’esistenza in Toscana di un altro toponimo Verona, di due toponimi Verone, di un Verrone e di una Veròlla (da Veronula) (TVA 55).
Tutto questo io dichiaro di accettarlo e di condividerlo, però faccio osservare che nessuno dei citati linguisti è andato oltre, alla ricerca del significato effettivo del toponimo Verona e cioè alla ricerca di un eventuale appellativo corrispondente. Soltanto il Pieri aveva fatto questo lievissimo e dubbioso accenno in una noticina: «Appena un lieve scrupolo ci potrà suscitare il verone terrazza».
Io invece accetto appieno anche questa connessione fra Verona e verone «terrazzo, poggiolo», osservando innanzi tutto che l’etimologia di questo appellativo italiano è fino al presente in alto mare (PELI, DELI2, GDLI). Sul piano fonetico la connessione dell’appellativo verone (anche verrone, virone) con Verona non dà luogo ad alcuna difficoltà, considerato che in Strabone (VI 206, V 213) il toponimo risulta di forma maschile: Ouerhonos e Ouerhon/Berhon.
Sul piano semantico faccio osservare che Verona è situata sulle ultime propaggini dei monti Lessini, di fronte alla pianura, rispetto alla quale il centro abitato poteva, soprattutto nel passato, avere la posizione di un “terrazzo naturale” o di un “poggio”. Ebbene, appunto il passaggio semantico o di significato che si constata dal vocabolo sinonimo poggio «rilievo di terreno, colle» al suo derivato poggiolo «balcone, terrazzo costruito» dall’uomo, spiega e giustifica appieno il passaggio dal significato di “terrazzo naturale” a quello di “terrazzo costruito” dall’uomo, che si intravede essere avvenuto anche nell’appellativo verone.
Su questo punto è molto significativo che il Pieri definisca «poggio» uno dei due Verone da lui individuati e segnalati. Ma molto più significativo è quanto mi ha suggerito l’amico Mario Enzo Migliori di Prato: l'antico centro della città di Verona era il Poggio di Castel San Pietro, alla cui base si trova l'antico teatro romano.
Qui apro una brevissima parentesi per segnalare un macroscopico e quasi incredibile esempio di ironia della sorte: la ragione prima per la quale la città di Verona è attualmente conosciuta in tutto il mondo, è un particolare “verone”, quello shakspeariano di Giulietta e Romeo…. Però tengo anche a precisare che si tratta di un puro e semplice caso, il quale non ha nulla da fare con l’etimologia od origine del nome della città.
Io sono restio ad accogliere la tesi dell’altro mio amico e collega, veronese, Giovanni Rapelli, il quale invece ritiene che Verona derivi da Veronius, inteso come nome personale del fondatore dell’insediamento; ma se questo fosse avvenuto – io obietto - il toponimo sarebbe stato *Verogno oppure *Verogna.
Termino questo mio odierno discorso con un codicillo, la cui eventuale inconsistenza non infirmerebbe per nulla la mia tesi di fondo sulla etimologia di Verona. Siccome anche io appartengo alla schiera di linguisti che ritengono che pure l’etrusco era una lingua indoeuropea, con tutta tranquillità mi sento di richiamare anche l’appellativo lat. veru,-us «spiedo, giavellotto» (plur. verones) (presentato come indoeuropeo dal DELL) e di confrontarlo con gli antroponimi etruschi Veru, Verunia (TECT 319; DETR 163). Pure questo appellativo latino, soprattutto con la sua forma plur. verones, richiama chiaramente il gentilizio lat. Veronius (RNG), il toponimo Verona ed infine l’ital. verone.
Sul piano semantico la connessione tra il lat. verones «spiedi, giavellotti» e l’ital. verone «terrazzo (naturale o artificiale), poggio, poggiolo, balcone» potrebbe essere stabilita col significato intermedio di «cima o spuntone di roccia o di terreno».
Per finire tengo a fare una importante precisazione: l’etimologia etrusca del toponimo Verona, col significato originario di «terrazzo naturale o poggio» mi sembra che abbia un alto grado di verosimiglianza; però questa etimologia etrusca prescinde dall’altra questione della fondazione originaria del centro abitato. Questo poteva essere stato fondato già da qualche altra popolazione precedente all’arrivo degli Etruschi nel sito, e precisamente – come mi ha suggerito ancora l’amico Giovanni Rapelli - dagli Euganei. E in questo caso l’etrusco Verona = «terrazzo naturale, poggio» potrebbe essere stato nient’altro che la traduzione di un corrispondente vocabolo euganeo. Ma questo dell’origine della città o dello stanziamento umano di Verona è un problema differente, il quale spetta non al linguista, bensì all’archeologo. Il linguista può solamente aggiungere che l’etrusca Verona trova un chiaro riscontro nella etrusca e vicina Mantua «Mantova» e inoltre che essa si trovava nella esatta direzione della valle dell’Adige, dove finirono col rifugiarsi gruppi di Etruschi di fronte all’avanzata dei Celti o Galli nella pianura padana, secondo una nota testimonianza di Livio (V 33). E la presenza degli Etruschi nella valle dell’Adige si è di certo spinta molto in fondo, come mostra luminosamente l’odierno toponimo Vipiteno, lat. Vipitenum, gentilizio etrusco Vipitene (LEGL 78; DETR 172; TIOE 91).
[N.B.: l’esplicazione delle sigle bibliografiche si può trovare nelle opere di M. Pittau, La Lingua Etrusca - grammatica e lessico (LEGL), Nùoro 1997 (Libreria Koinè Sassari); Dizionario della Lingua Etrusca (DETR), Sassari 2005 (ibidem)].


Massimo Pittau

* Probabilmente "italianista" in incognito, stante il classico nome meridionale...

Mc Queen
27-04-10, 00:39
Il problema è che da qualche anno c'è la moda del celtismo.
Probabile overdose di fumetti di asterix.
Il fatto che anche sopra il Po per ogni sputo celtico si trovi una necropoli o un iscrizione etrusca è un "dettaglio" che fa a pugni non solo con l'obiettività storiografica , ma con la volontà politica di singoli.
...


Il massimo esperto di demografia antica di queso secolo (vero pioniere), P. BRUNT nella sua opera principale (centrata proprio sull'Italia), stimava la presenza gallica al di sopra dell'appennino tosco-emiliano in circa 600-650'000 unità. Cui vanno ad aggiungersi 350'000-400'000 Liguri.

Questo su una popolazione compessiva pari a nemmeno 1,4 milioni di abitanti (attorno al 210 A.C.)

"Brunt, Peter A.: Italian Manpower, 225 B.C.- A.D. 14, Clarendon Press: Oxford"

-----------

Ecco l'entità numerica dei cosiddetti "sputi celtici". ("overdose di fumetti"....me la segno)

Per onestà diciamo che il Veneto non faceva parte della Gallia Cisalpina (ma il Veneto di allora aveva una densita demografica anche più bassa rispetto alle altre regioni).



Come dicevo prima : "padani" o "italiani" che si sia, non si ha il diritto di dire qualsiasi cosa solo per il fatto che si AMA una determinata idea con tutta l'anima (non lo faccio nemmeno io).

Pertanto, Miles, ora puoi riprenderti la tua "obbiettività storiografica". Purtroppo non la posso accettare da te.

Maria Vittoria
27-04-10, 08:29
L'armonia di cui scrivevo si riferiva ala coesistenza nel territorio italiano (= la penisola geografica) di celti sui rilievi alpini e appenninici, etruschi nelle zone collinari e pianeggianti, liguri, fenici e greci.
I colonizzatori greci fondarono città costiere e i mercanti fenici commerciavano con le popolazioni locali senza invadere il territorio.

Integrazione fra le diverse etnie e commercio nelle città etrusche e greche, allevamento, pastorizia, agricoltura, silvicoltura, scambi culturali e un'intensa attività produttiva artigianale: queste sono le caratteristiche che emergono come una costante italiana, faro per l'odierna civiltà europea, che tende a concretizzare il motto "in varietate concordia"


:chefico:

Miles
27-04-10, 10:50
Il massimo esperto di demografia antica di queso secolo (vero pioniere), P. BRUNT nella sua opera principale (centrata proprio sull'Italia), stimava la presenza gallica al di sopra dell'appennino tosco-emiliano in circa 600-650'000 unità. Cui vanno ad aggiungersi 350'000-400'000 Liguri.

Questo su una popolazione compessiva pari a nemmeno 1,4 milioni di abitanti (attorno al 210 A.C.)

"Brunt, Peter A.: Italian Manpower, 225 B.C.- A.D. 14, Clarendon Press: Oxford"

Bel libro quello di Brunt.
Un po' datato (1971) , di difficile e costoso reperimento (250/300 euri).
Avevi già avuto modo di citarlo e già in passato ti feci presente che il metodo di lavoro di Brunt è stato successivamente smantellato (http://www.princeton.edu/~pswpc/pdfs/scheidel/070706.pdf).
Essere pionieri vuol dire tracciare una strada, non essere il Deus ex Machina

Dato che tu sembri possederlo , allora facilmente potrai rispondere a qualche quesito.

A) Sto miliardo di celti, perchè ha lasciato ben poca traccia dietro di se?

Quando si parlava di "tre sputi" e la semplice ed oggettiva constatazione che a scavare e a scavare molto si trova relativamente molto poco, se considerato in proporzione rispetto alle cifre che citi.

B) Sto miliardo di celti, perchè è stato tritato dai Romani?

C) Sto miliardo di celti, prendendo anche come riferimento le cifre che citi, è relativo però ad un ben preciso momento storico (il terzo secolo) , ovvero successivamente all'invasione di questi (che collochiamo attorno al VI secolo) in terre già abitate da precedenti stirpi. Reti in Trentino, Etruschi (Romagna, bassa Lombardia , parzialmente in Liguria), Veneti nell'omonima Regione .
Essi rappresentano cioè un'ondata migratoria che ricopre un relativamente breve arco storico. Tanto varrebbe prendere come riferimento il numero di tedeschi nel Lazio nel 1944 per affermare che è una regione con forte minoranza germanofona, e hai scelto bene il periodo del 210 a.C. perchè sai meglio di me che furono successivamente tritati , scacciati al di là delle Alpi e deportati perchè alleati con Cartagine. I Celtoliguri finirono in Sannio, deportati da Publio Cornelio Cetego e Marco Bebo Tanfilio)

D) Dimentichi di citare che questi Celti erano e furono culturalmente etruschizzati. Prima che cominci a dire "no, non è vero è una balla italianista" alla prossima occasione ti fornisco tutto l'elenco di autori Norvegesi, Tedeschi, Francesi, ecc. che attestano e quantificano come anche le rune del futhark siano di derivazione Etrusca.

E) Sovrapponi i Celti e i Liguri. Omettendo però di dire che i liguri furono stirpe autoctona solo parzialmente celtizzata.

Persino il padanissimo sole delle alpi è di derivazione Etrusca:

http://i284.photobucket.com/albums/ll18/diariodifidenza/diario/vetulonia.jpg

Scegliere un determinato momento storico non vuol dire granchè. Scegliendo accuratamente le proprie premesse si può dimostrare quel che si vuole.


Come dicevo prima : "padani" o "italiani" che si sia, non si ha il diritto di dire qualsiasi cosa solo per il fatto che si AMA una determinata idea con tutta l'anima (non lo faccio nemmeno io).

Pertanto, Miles, ora puoi riprenderti la tua "obbiettività storiografica". Purtroppo non la posso accettare da te.

Il discorso dovrebbe essere l'amore di obiettività.
Cercare a tutti i costi discendenze celtiche anche quando queste furono una breve parentesi storica, inventandosi come la Lega persino un simbolo che viceversa è di derivazione Etrusca..

Miles
27-04-10, 11:08
L'armonia di cui scrivevo si riferiva ala coesistenza nel territorio italiano (= la penisola geografica) di celti sui rilievi alpini e appenninici, etruschi nelle zone collinari e pianeggianti, liguri, fenici e greci.
I colonizzatori greci fondarono città costiere e i mercanti fenici commerciavano con le popolazioni locali senza invadere il territorio.

Integrazione fra le diverse etnie e commercio nelle città etrusche e greche, allevamento, pastorizia, agricoltura, silvicoltura, scambi culturali e un'intensa attività produttiva artigianale: queste sono le caratteristiche che emergono come una costante italiana, faro per l'odierna civiltà europea, che tende a concretizzare il motto "in varietate concordia"


:chefico:

L'armonia non deriva tanto da un pacifico equilibrio motu proprio dei singoli , quanto viceversa da un principio ordinatore, garantito dalla potestà militare, con cui essi o si associano o si scontrano.

Maria Vittoria
27-04-10, 11:26
L'armonia non deriva tanto da un pacifico equilibrio motu proprio dei singoli , quanto viceversa da un principio ordinatore, garantito dalla potestà militare, con cui essi o si associano o si scontrano.



Una pace armata mi sembra saggia per chiunque, il deterrente è utile per un rispetto reciproco. Non a caso vie di comunicazione, porti di interscambio e mercati sono stati ben presto difesi con le armi.

Maria Vittoria
27-04-10, 11:35
Riguardo ai post che discutono delle tribù celtiche, invito a evitare di confondere i diversi gruppi: Mc Queen li nomina tutti come "galli" mentre al contrario i celti della Gallia sono un sottoinsieme stanziatosi in quel territorio.

Per Miles, invece: il contributo celtico non riguarda tanto commerci o manufatti, quanto l'arboricoltura, l'allevamento di equini e bovini, cioè la cura del territorio e la sua bonifica soprattutto nelle zone collinari e montane.

Miles
27-04-10, 13:39
Per Miles, invece: il contributo celtico non riguarda tanto commerci o manufatti, quanto l'arboricoltura, l'allevamento di equini e bovini, cioè la cura del territorio e la sua bonifica soprattutto nelle zone collinari e montane.

Ogni popolo modella il territorio, in funzione dei propri costumi e delle proprie esigenze.

Agricoltura etrusca

Gli Etruschi furono inizialmente agricoltori e pastori, ma non abbandonarono questa loro vocazione “contadina”, anche quando si dedicarono ad altre attività. Nei secoli dello sviluppo della Civiltà Villanoviana, gli abitanti contavano sulle coltivazioni di ceci, d’orzo e di triticum dicoccum, una qualità di frumento non particolarmente pregiata, ma facilmente coltivabile nelle zone umide.
Nel corso del tempo, con lo sviluppo delle tecniche agricole, le stesse che suscitarono l’ammirazione di Greci e Romani, gli Etruschi riuscirono ad ottenere prodotti di qualità superiore quali anche vino ed olio. Livio così ce ne parla:
“Laregione era una delle più fertili d’Italia, la campagna etrusca, che si stende tra Fiesole ed Arezzo, ricca per l’abbondanza di frumento, di greggi ed ogni cosa……..”
Varrone invece ci dice qual’era in termini numerici la resa delle sementi:
“Perciò terrai presente, riguardo alla quantità di semenza, l’uso di quel paese in modo da comportarti di conseguenza.... tanto che dallo stesso seme in un posto si ricava 10 volte tanto, in un altro 15 volte tanto, come in qualche zona dell’etruria”.
La grande produzione di grano, fu spesso esportata anche a Roma. Documentati dagli autori latini gli approvvigionamenti inviati nei periodi di carestia del V sec.a.C. e della guerra contro Cartagine del 205 a.C. L’agricoltura, costituendo la risorsa principale dell'economia Etrusca, venne regolata da leggi molto severe, di carattere sacro, che passarono poi ai romani (qua personalmente non concordo in toto - nota di Miles). Furono gli Etruschi a introdurre in Italia la scienza della misurazione dei terreni, facendo ricorso ad uno strumento particolare che si chiamava groma. I loro sacerdoti delimitarono per primi, con un rituale solenne, i campi dei singoli proprietari, decretando che chi avesse spostato una pietra o cippo di confine, sarebbe stato condannato a morte. Gli Etruschi conoscevano perfettamente anche le tecniche idrauliche già sperimentate in Egitto, Mesopotamia e Grecia. Sapevano costruire canali e dighe per irrigare terreni aridi e, sapevano anche prosciugare paludi col sistema del drenaggio. Inoltre in Maremma si trovano ancora oggi i resti degli impianti progettati per lo sfruttamento dell'acqua piovana. Varrone considerava originaria dell’Etruria l’arte dei rabdomanti, gli uomini capaci di “scoprire” le vene d’acqua, nascoste nelle profondità della terra. Non sembra invece che gli Etruschi si occupassero della coltura degli ortaggi, che per caratteristica, causa la facile deperibilità, non potevano diventare merce di scambio con territori lontani. L’attrezzatura dell’agricoltore etrusco comprendeva: zappe, falci, vanghe e aratri leggerissimi dotati di vomeri di ferro. L’aratro, in principio trainato dalla forza dell’uomo con il passare del tempo venne trascinato da buoi di straordinaria potenza. Plinio ci invia consigli sul bisogno d’aratura della terra:
“E’ meglio che un suolo denso, come è diffuso in Italia, venga seminato dopo la quinta aratura, ed in Etruria, in vero, dopo la nona.”

Maria Vittoria
27-04-10, 13:58
Agli etruschi risale anche l'allevamento della razza bovina da carne detta chianina, tuttora in selezione di razza sia in Toscana che in Umbria.

Bestie giganti, bianche, dalle grandi corna e molto, molto territoriali: tanto, che occorre segare le corna alle vacche per evitare che incornino gli incauti automobilisti, sulle strade che passano fra i "loro" prati pascolo.

Mc Queen
27-04-10, 16:37
Bel libro quello di Brunt.
Un po' datato (1971) , di difficile e costoso reperimento (250/300 euri).
Avevi già avuto modo di citarlo e già in passato ti feci presente che il metodo di lavoro di Brunt è stato successivamente smantellato.
Essere pionieri vuol dire tracciare una strada, non essere il Deus ex Machina



Errato. Il general consensus successivo (soprattutto tra autori anglosassoni), ha considerato il suo lavoro ancora oggi insuperato. Autori successivi come Lo Cascio hanno avanzato stime originali, ma non supportate.

"Contours of the world economy, 1-2030 AD: essays in macro-economic history" Di Angus Maddison"

(Tabelle di Mcavedy and Jones)


P.S. = mi aspettavo, da te, scarsa critica riguardo fatti e un tentativo infantile di screditare lo studio attaccandoti al fatto che fosse datato. Ne ero certo e ti ringrazio per averlo confermato.

Rammento, senza lagnarmi troppo, che tentare di screditare l'avversario è tattica tipica nell'ambiente degli avvocati e delle aule giudiziarie che non l'attitudine di uno storico onesto e in buona fede.






A) Sto miliardo di celti, perchè ha lasciato ben poca traccia dietro di se?
Quando si parlava di "tre sputi" e la semplice ed oggettiva constatazione che a scavare e a scavare molto si trova relativamente molto poco, se considerato in proporzione rispetto alle cifre che citi.



Perchè sono stati romanizzati. NON sostituiti (biologicamente) dai romani. Se non in piccola parte.
L'Italia del nord (in buona parte), si chiamava , GALLIA CISALPINA.




B) Sto miliardo di celti, perchè è stato tritato dai Romani?



E' stato "tritato" nella stessa misura In cui sono stati tritati i celti della Gallia Transalpina.

Galla cisalpina e transalpina son dunque zone romanizzate. Il latino si è sovrapposto sul sostrato locale, creando così una variante che col passare del tempo si è definita sempre di più, fino ad essere definita dai filologi e glottologi odierni come gruppo "Gallo-romanzo".
Dalla Toscana in giù il gruppo era quello "Italo-romanzo"




C) Sto miliardo di celti, prendendo anche come riferimento le cifre che citi, è relativo però ad un ben preciso momento storico (il terzo secolo) , ovvero successivamente all'invasione di questi (che collochiamo attorno al VI secolo) in terre già abitate da precedenti stirpi. Reti in Trentino, Etruschi (Romagna, bassa Lombardia , parzialmente in Liguria), Veneti nell'omonima Regione .



1) una cultura celto-retica venne a formarsi ed era presente sia nell'odierna Austria che nell'Italia del nord-est (subalpina attuale). Il confine del Brennero è inesistente geneticamente parlando.

2) Gli Etruschi sono attestati solo nell'Etruria padana (Romagna). La bassa Lombardia fu solo influenzata culturalmente. Quanto alla Liguria essa non era toccata dagli Etruschi quanto l'incontrario : le tribù liguri arrivavano fino all'odierna provincia di LUCCA ; fonti antiche verosimili citano il fiume Arno come confine tra Liguri ed etruschi. Pertanto erano semmai i liguri a sconfinare nell'Etruria e non l'opposto

3) Ok. I veneti sono veneti. Dividevano soltanto parte della loro terra coi galli cenomani (che dovevano essere una modesta minoranza)





Essi rappresentano cioè un'ondata migratoria che ricopre un relativamente breve arco storico. Tanto varrebbe prendere come riferimento il numero di tedeschi nel Lazio nel 1944 per affermare che è una regione con forte minoranza germanofona, e hai scelto bene il periodo del 210 a.C. perchè sai meglio di me che furono successivamente tritati , scacciati al di là delle Alpi e deportati perchè alleati con Cartagine. I Celtoliguri finirono in Sannio, deportati da Publio Cornelio Cetego e Marco Bebo Tanfilio)



1) ho citato il 210 A.C. perchè da lì iniziano le guerre contro ROMA. Non è certo la data del loro arrivo !
La "grande ondata" fu nel 5° secolo A.C. (e questo di per sè indicherebbe quasi 300 anni di permanenza nella cisalpina, prima della resa dei conti finale). Cui dobbiamo in realtà aggiungere che un l'infiltrazione dei galli dall'Europa centrale verso il nord-italia (più lenta e graduale) era in corso in realtà da ben prima (ovvero sin dal 1000 A.C. che coincide con l'età del ferro).
Il che vuol dire che all'epoca della grande calata del 5° secolo A.C. i liguri (per esempio) erano già pressochè celtizzati.

Paragonare tutto questo alla presenza militare tedesca del secondo conflitto mondiale (circa 1 anno e mezzo....) è francamente imbarazzante. Miles, nel caso che tu sia in buona fede, ti rammento che agire così non fa bene alla causa che sostieni. Anche acchiappaignoranti ti dirà di ridimensionare.


2) La deportazione, la fine e la distruzione dei popoli preromani è stata stimata in circa il 20% del totale.
Una grande fascia di popolazione (che nemmeno i coloni italici riuscirono per molto tempo a colmare). Ma da qui a parlare di annientamento ne passa eh !

Miles, impara ad interpretare e ragionare : le fonti antiche basate sui resoconti di generali vittoriosi, erano messe in dubbio GIA' all'epoca (si esagerava molto) ! Non prendere l'eco propagandistico romano per vero :)

3) Ehm.......FORSE (ma qualcuno ne dubita), l'episodio della deportazione nel SANNIO, è l'unico evento di "distruzione di massa" contro un'etnia che sia avvenuto.
Se non fosse per un dettaglio : la deportazione riguardò i cosiddetti liguri apuani (il ramo più orientale dei liguri). Proprio quelli arroccati sull'appennino tosco-emiliano, e che sconfinavano fino all'Arno. Gli avversari più feroci che minacciavano i collegamenti via terra. Per via della loro posizione erano anche quella frazione di liguri che MENO si era fusa coi celti !
Infatti gli storici per riferirsi a loro ancora oggi dicono "liguri apuani" e non "celtoliguri" !
(TU stesso dicesti che non tutti i liguri si erano fusi coi celti, no ? E ora mi fai un errore del genere ?? così non va !)




D) Dimentichi di citare che questi Celti erano e furono culturalmente etruschizzati. Prima che cominci a dire "no, non è vero è una balla italianista" alla prossima occasione ti fornisco tutto l'elenco di autori Norvegesi, Tedeschi, Francesi, ecc. che attestano e quantificano come anche le rune del futhark siano di derivazione Etrusca.


Figliolo : allora questo significa che tutti i Celti (fino al Belgio) e gli scandinavi sono etuschizzati ! :)





E) Sovrapponi i Celti e i Liguri. Omettendo però di dire che i liguri furono stirpe autoctona solo parzialmente celtizzata.


Certo. Infatti l'abbiam chiarito qualche riga fa...........:chefico::sofico:




Scegliendo accuratamente le proprie premesse si può dimostrare quel che si vuole.

Vedi ? Finalmente siamo d'accordo.




Il discorso dovrebbe essere l'amore di obiettività.


Ecco, cerchiamo di tenerlo a mente.

Maria Vittoria
27-04-10, 16:52
Concordo con Mc Queen sul fatto che in Italia i celti si siano integrati molto bene, tanto da definirsi "Romani, non latini" .

Il cognome Bellini è ad esempio di una gens celtica italica, non immigrata da altri territori - in epoca storica, naturalmente -.

acchiappaignoranti
27-04-10, 17:11
Errato. Il general consensus successivo (soprattutto tra autori anglosassoni), ha considerato il suo lavoro ancora oggi insuperato. Autori successivi come Lo Cascio hanno avanzato stime originali, ma non supportate.

"Contours of the world economy, 1-2030 AD: essays in macro-economic history" Di Angus Maddison"

(Tabelle di Mcavedy and Jones)


P.S. = mi aspettavo, da te, scarsa critica riguardo fatti e un tentativo infantile di screditare lo studio attaccandoti al fatto che fosse datato. Ne ero certo e ti ringrazio per averlo confermato.

Rammento, senza lagnarmi troppo, che tentare di screditare l'avversario è tattica tipica nell'ambiente degli avvocati e delle aule giudiziarie che non l'attitudine di uno storico onesto e in buona fede.







Perchè sono stati romanizzati. NON sostituiti (biologicamente) dai romani. Se non in piccola parte.
L'Italia del nord (in buona parte), si chiamava , GALLIA CISALPINA.





E' stato "tritato" nella stessa misura In cui sono stati tritati i celti della Gallia Transalpina.

Galla cisalpina e transalpina son dunque zone romanizzate. Il latino si è sovrapposto sul sostrato locale, creando così una variante che col passare del tempo si è definita sempre di più, fino ad essere definita dai filologi e glottologi odierni come gruppo "Gallo-romanzo".
Dalla Toscana in giù il gruppo era quello "Italo-romanzo"





1) una cultura celto-retica venne a formarsi ed era presente sia nell'odierna Austria che nell'Italia del nord-est (subalpina attuale). Il confine del Brennero è inesistente geneticamente parlando.



.
1

allora.... non può esistere una cultura celtoretica perchè non sono presenti luoghi di culto associativi , perchè i reti sono affini agli etruschi e questo è un fatto non controvertibile al contrario invece esistono numerosi luoghi di culto gallo italico e romano, segno evidente che si considerassero affini ai romani e agli abitanti della penisola

2 perchè il termine Celtico non è un termine etnico o culturale è un "non termine" keltoi significa semplicemente "straniero" (il generale franco gallo, di Cesare, l'erudito Stilicone, chiama keltoi sia piceni ed umbri, ritenendoli a suo modo di vedere appunto stranieri, (keltoi)non riconoscendoli come galli ( de bello gallico docet)



3 la stima odierna della popolazione etrusca a centro- nord si avvicina intorno
ai duemilioni di individui (macrosimulazione correlogrammi della densità locale modello BANDK )

4 brunt ?1970 (i siti archeologici dal settanta sono sestuplicati!)
l'indagine tecnica è stata sideralmente perfezionata (dalla cladogenesi all'allopratica,alla datazione assoluta dei diametri dentari,al gradualismo,dalle analisi isotopiche,al metodo parafiletico ai taxa di studio normali o sul paleomagnetismo et cetera

i ligursicani chi erano ?


5 (scuola francese)

28 GLI ETRUSCHI e l'alfabeto

Derivati dell'alfabeto etrusco
La storia dell'alfabeto etrusco non si limita alle varianti diatopiche e diacroniche. Abbiamo già fatto allusione all'alfabeto dei Latini, il quale - checché sia stato detto in proposito - è chiaramente di derivazione etrusca, e non è stato preso in prestito direttamente dai Greci, . Nel caso del Venetico, ritroviamo i diversi modelli etruschi, di Chiusi e, in un secondo tempo, dell'Etruria meridionale. A este è stato scoperto un vero e proprio santuario della scrittura, dedicato alla dea Reitia: il sito ci ha restituito numerose tavolette bronzee recanti alfabeti nonché vari strumenti per scrivere, tra i quali spiccano alcuni stili; in questo caso, l'impatto sociale della scrittura già rivelato dagli abbecedari etruschi come la tavoletta d'avorio di Marsigliana d'Albegna assume contorni ancora più marcatamente religiosi.
Il fatto che Reitia, protettrice della scrittura, sia una divinità femminile ha recentemente indotto gli studiosi a formulare una nuova ipotesi sugli esordi dell'alfabetizzazione in ^Etruria: partendo dalla constatazione che la maggior parte delle iscrizioni più antiche è stata rinvenuta in tombe femminili e che su naspi, conocchie e altri oggetti legati alla filatura e alla tessitura, ambiti prettamente muliebri, sono spesso incise lettere dell'alfabeto (la A è quella che compare più frequentemente), si è ipotizzato che le donne etrusche abbiano svolto un ruolo specifico nell'introduzione della scrittura, la quale appare in fin dei conti legata all'attività tessile, se si pensa alle legature tra vocali e consonanti nelle sillabe. In seguito, come abbiamo visto, l'alfabeto diventa appannaggio dei «principi» etruschi e cessa di essere collegato esclusivamente alla sfera femminile. La scrittura è naturalmente tenuta in grande onore anche al di fuori del mondo etrusco o etruschizzato: nel carico del relitto dell'isola del Giglio, di A' cui riparleremo nel capitolo dedicato al mare, è stata rinve¬nuta, tra i vari oggetti, una tavoletta scrittoria in legno, destinata al segretario-contabile della nave, il grammateus, o addirittura al capitano o armatore del vascello, che, a quanto pare, era un greco di Samo in navigazione lungo le coste tir-reniche al principio del VI secolo.
Risalendo l'Italia verso il nord e le zone alpine ci viene in mente la questione affascinante dell'origine delle rune. È lampante che le iscrizioni runiche, scoperte nell'Europa centrale e settentrionale e diffuse nel lungo periodo che va dal Basso Impero romano all'inizio del secondo millennio, presentano affinità con le iscrizioni retiche, venetiche o leopontiche , che impiegano lettere di derivazione etrusca:

http://paginedilibri.myblog.it/media/01/02/1561835719.jpg



Jean-Paul Thuillier, storico francese specializzato nello studio della civiltà etrusca, dirige il Dipartimento di Scienze dell’Antichità presso l’École Normale Supérieure (Ulm) a Parigi. Fra le sue opere ricordiamo: Les Étrusques, la fin d’un mystère?, Les jeux athlétiques dans la civilisation étrusque, Le sport dans la Rome antique.

Maria Vittoria
27-04-10, 17:28
In Italia nessuno ha mai sostituito le popolazioni: non si sono mai registrate deportazioni e neppure genocidi.

La capacità di integrare elementi immigrati è tipicamente italiana.

Maria Vittoria
27-04-10, 17:30
1

allora.... non può esistere una cultura celtoretica perchè non sono presenti luoghi di culto associativi , perchè i reti sono affini agli etruschi e questo è un fatto non controvertibile al contrario invece esistono numerosi luoghi di culto gallo italico e romano, segno evidente che si considerassero affini ai romani e agli abitanti della penisola

2 perchè il termine Celtico non è un termine etnico o culturale è un "non termine" keltoi significa semplicemente "straniero" (il generale franco gallo, di Cesare, l'erudito Stilicone, chiama keltoi sia piceni ed umbri, ritenendoli a suo modo di vedere appunto stranieri, (keltoi)non riconoscendoli come galli ( de bello gallico docet)



3 la stima odierna della popolazione etrusca a centro- nord si avvicina intorno
ai duemilioni di individui (macrosimulazione correlogrammi della densità locale modello BANDK )

4 brunt ?1970 (i siti archeologici dal settanta sono sestuplicati!)
l'indagine tecnica è stata sideralmente perfezionata (dalla cladogenesi all'allopratica,alla datazione assoluta dei diametri dentari,al gradualismo,dalle analisi isotopiche,al metodo parafiletico ai taxa di studio normali o sul paleomagnetismo et cetera

i ligursicani chi erano ?


5 (scuola francese)

28 GLI ETRUSCHI e l'alfabeto

Derivati dell'alfabeto etrusco
La storia dell'alfabeto etrusco non si limita alle varianti diatopiche e diacroniche. Abbiamo già fatto allusione all'alfabeto dei Latini, il quale - checché sia stato detto in proposito - è chiaramente di derivazione etrusca, e non è stato preso in prestito direttamente dai Greci, . Nel caso del Venetico, ritroviamo i diversi modelli etruschi, di Chiusi e, in un secondo tempo, dell'Etruria meridionale. A este è stato scoperto un vero e proprio santuario della scrittura, dedicato alla dea Reitia: il sito ci ha restituito numerose tavolette bronzee recanti alfabeti nonché vari strumenti per scrivere, tra i quali spiccano alcuni stili; in questo caso, l'impatto sociale della scrittura già rivelato dagli abbecedari etruschi come la tavoletta d'avorio di Marsigliana d'Albegna assume contorni ancora più marcatamente religiosi.
Il fatto che Reitia, protettrice della scrittura, sia una divinità femminile ha recentemente indotto gli studiosi a formulare una nuova ipotesi sugli esordi dell'alfabetizzazione in ^Etruria: partendo dalla constatazione che la maggior parte delle iscrizioni più antiche è stata rinvenuta in tombe femminili e che su naspi, conocchie e altri oggetti legati alla filatura e alla tessitura, ambiti prettamente muliebri, sono spesso incise lettere dell'alfabeto (la A è quella che compare più frequentemente), si è ipotizzato che le donne etrusche abbiano svolto un ruolo specifico nell'introduzione della scrittura, la quale appare in fin dei conti legata all'attività tessile, se si pensa alle legature tra vocali e consonanti nelle sillabe. In seguito, come abbiamo visto, l'alfabeto diventa appannaggio dei «principi» etruschi e cessa di essere collegato esclusivamente alla sfera femminile. La scrittura è naturalmente tenuta in grande onore anche al di fuori del mondo etrusco o etruschizzato: nel carico del relitto dell'isola del Giglio, di A' cui riparleremo nel capitolo dedicato al mare, è stata rinve¬nuta, tra i vari oggetti, una tavoletta scrittoria in legno, destinata al segretario-contabile della nave, il grammateus, o addirittura al capitano o armatore del vascello, che, a quanto pare, era un greco di Samo in navigazione lungo le coste tir-reniche al principio del VI secolo.
Risalendo l'Italia verso il nord e le zone alpine ci viene in mente la questione affascinante dell'origine delle rune. È lampante che le iscrizioni runiche, scoperte nell'Europa centrale e settentrionale e diffuse nel lungo periodo che va dal Basso Impero romano all'inizio del secondo millennio, presentano affinità con le iscrizioni retiche, venetiche o leopontiche , che impiegano lettere di derivazione etrusca:

http://paginedilibri.myblog.it/media/01/02/1561835719.jpg



Jean-Paul Thuillier, storico francese specializzato nello studio della civiltà etrusca, dirige il Dipartimento di Scienze dell’Antichità presso l’École Normale Supérieure (Ulm) a Parigi. Fra le sue opere ricordiamo: Les Étrusques, la fin d’un mystère?, Les jeux athlétiques dans la civilisation étrusque, Le sport dans la Rome antique.


molto interessante, grazie !

Miles
27-04-10, 17:30
Perchè sono stati romanizzati. NON sostituiti (biologicamente) dai romani. Se non in piccola parte.
L'Italia del nord (in buona parte), si chiamava , GALLIA CISALPINA.



Nel momento che sono romanizzati perdono la loro peculiarità culturale, etnica, linguistica, eccetera.
La peculiarità biologica, sai solo te cosa indica, visto che non stiamo parlando di allevamenti zootecnici.

La fusione è con la colonizzazione romana (e con i coloni romani) , così come le elite celtiche si sovrappongono al precedente substrato ligure, etrusco , retico, eccetera.






E' stato "tritato" nella stessa misura In cui sono stati tritati i celti della Gallia Transalpina.

In maniera efficace, quindi.



Galla cisalpina e transalpina son dunque zone romanizzate. Il latino si è sovrapposto sul sostrato locale, creando così una variante che col passare del tempo si è definita sempre di più, fino ad essere definita dai filologi e glottologi odierni come gruppo "Gallo-romanzo".
Dalla Toscana in giù il gruppo era quello "Italo-romanzo"


Guarda che "gallo romanzo" , "gallo italico" sono definizioni che si riferiscono ad aree geografiche .
Perchè vorrei sapere a parte qualche sparuto residuo lessicale , rinvenibile al massimo in qualche toponimo o poco più (altro che fusione con sostrato) quali glottologi e quali filologi possano parlare di una filiazione più o meno diretta (o indiretta ) dei dialetti del nord Italia dal sostrato Celtico.
Attendiamo.





1) una cultura celto-retica venne a formarsi ed era presente sia nell'odierna Austria che nell'Italia del nord-est (subalpina attuale). Il confine del Brennero è inesistente geneticamente parlando.


Infatti a Nord Est c'erano i Veneti. Che si allearono coi Romani appunto contro i Celti. I Reti sono stirpe Etrusca.
Se poi prendi duemila anni dopo i fatti le (famigerate) cartine genetiche per dimostrare che v'è qualche genoma in comune con gli abitanti dell'Austria, giova ricordare che il basso e l'alto adige furono colonizzati dagli Asburgo tra il XII e XIV secolo (basso medioevo quindi).



2) Gli Etruschi sono attestati solo nell'Etruria padana (Romagna). La bassa Lombardia fu solo influenzata culturalmente. Quanto alla Liguria essa non era toccata dagli Etruschi quanto l'incontrario : le tribù liguri arrivavano fino all'odierna provincia di LUCCA ; fonti antiche verosimili citano il fiume Arno come confine tra Liguri ed etruschi. Pertanto erano semmai i liguri a sconfinare nell'Etruria e non l'opposto

Si vabbeh, ti abbiamo postato a iosa io e acchiappaignoranti studi, prove epigrafiche, archeologiche, studi dei toponimi, che dimostrano l'esatto contrario; senza un qualcosa (di serio) di supporto la tua affermazione , questa non è sufficiente.


Il che vuol dire che all'epoca della grande calata del 5° secolo A.C. i liguri (per esempio) erano già pressochè celtizzati.

Affatto. L'asperità e la tipicità della condizione orografica del territorio permette a vasti gruppi di non essere costretti a "fusioni" a meno che a monte di tutto questo processo non sussista un apparato pianificatore colonizzante centralizzato. Che i Romani avevano, i galli no.
Fermo restando che , come precedentemente dimostrato in precedenti thread, su cui hai ampiamente glissato, ti è stata dimostrata l'influenza etrusca, pacificamente fino a Genova (e oltre)



Paragonare tutto questo alla presenza militare tedesca del secondo conflitto mondiale (circa 1 anno e mezzo....) è francamente imbarazzante. Miles, nel caso che tu sia in buona fede, ti rammento che agire così non fa bene alla causa che sostieni. Anche acchiappaignoranti ti dirà di ridimensionare.


No Mc Queen.
Ti si fa semplicemente notare che sei uno specialista nel diacronizzare ogni avvenimento per dimostrare le tue tesi di partenza.
Risparmiati la ramanzina, qua sei solo un ospite.



2) La deportazione, la fine e la distruzione dei popoli preromani è stata stimata in circa il 20% del totale.
Una grande fascia di popolazione (che nemmeno i coloni italici riuscirono per molto tempo a colmare). Ma da qui a parlare di annientamento ne passa eh !
Miles, impara ad interpretare e ragionare : le fonti antiche basate sui resoconti di generali vittoriosi, erano messe in dubbio GIA' all'epoca (si esagerava molto) ! Non prendere l'eco propagandistico romano per vero :)

Messe in dubbio ----> da chi?

Per quale finalità di falsificazione? ----------> Potrà sembrarti strano, ma vedi, qua non stiamo parlando di volantini lanciati alla truppa, bensì di storici che scrivevano in funzione di rappresentare a beneficio dell'elites romana l'effettiva realtà degli avvenimenti da poco conclusisi semplicemente perchè tramite i censimenti (i vivi e gli accoppati) si calcolava la base erariale di tassazione delle province ed il relativo gettito fiscale.
Cose su cui , ieri come oggi, non si ama falsificare troppo.

Perchè, cosa che ometti di citare, alla fine anche il Brunt è sulle stesse fonti dirette su cui ami ironizzare che prende le basi per le sue elaborazioni statistico/analitiche.

A meno, ovviamente che tu non abbia scoperto la macchina del tempo o sia entrato in possesso di qualche archivio celtico (ovviamente scritto in alfabeto etrusco Ca va sans dire) in cui possa risultare il contrario.


3) Ehm.......FORSE (ma qualcuno ne dubita), l'episodio della deportazione nel SANNIO, è l'unico evento di "distruzione di massa" contro un'etnia che sia avvenuto.

Veramente s'è fatto anche di più , in passato
Il De bello Gallico: un autentico genocidio (http://cumasch.org/storia/debellogallico.htm)




Figliolo : allora questo significa che tutti i Celti (fino al Belgio) e gli scandinavi sono etuschizzati ! :)


Figliolo , gentilmente è termine che quando entri su questo forum, cancelli dalla tua mente.

L'apporto etrusco nella cultura celtica è un fatto già illustratoti.
Le rune non indicano tanto che i norreni furono etruschizzati , quanto viceversa che la civiltà, piaccia o meno, non è venuta da nord.

acchiappaignoranti
27-04-10, 17:35
molto interessante, grazie !

prego, ma pur cerificando quello che attestano tutti gli etruscologi italiani, il francese non vale un'unghia di Pallottino,visto le referenze mi aspettavo molto di più

Geiserich
27-04-10, 17:48
i ligursicani chi erano ?

.

Chi erano ? se non sono indiscreto

Geiserich
27-04-10, 18:19
vabbe ho capito , si intende la supposta affinità fra liguri e sicani (inesistente) , quali sarebbero gli indizzi archeologici che facciano solo ipotizzare una loro venuta dalla Liguria (o da qualsiasi territorio ligure) ??

I Sicani erano Iberi , e prima di giungere in Sicilia passarono per la Sardegna

si dia a Cesare quel che è di Cesare

""
(...) sopraggiunse in Sardegna una popolazione proveniente dalla penisola iberica .

In base agli elementi archeologici l'avvento di questo nuovo ceppo umano risale alla fine del calcolitico (Fase marittima del vaso campaniforme ) e agli inizi del bronzo antico (Fase del campaniforme inornanto) , quando in Sardegna giunsero nuovi gruppi di uomini a testa corta (brachimorfi) , verosimilmente di estrazione indoeuropea , a giudicare dalle prime origini centro-europee della cultura del Vaso campaniforme . Infatti è ovvio pensare che la saga degli Iberi condotti da Norax sia profondamente intrecciata proprio con la diffusione nell'isola della cultura del Vaso campaniforme ad opera di gruppi brachimorfi.

Movimenti di genti iberiche verso le isole mediterranee trovano conferma in Avieno , il quale colloca presso il fiume Jucar , sulla costa valenzana , il popolo dei Sicani , prima che giungessero nella Sicilia occidentale dopo essere stati scacciati dai Liguri come sostengono Ecateo ,Filisto ed Eforo.

Nei Sicani , tra i quali figuravano individui brachimorfi verosimilmente di origine indoeuropea , vanno riconosciuti i portatori della cultura del vaso campaniforme in Sicilia . Infatti a giudicare dai dati archeologici il Campaniforme siciliano deriva da quello iberico attraverso la Sardegna.
(...)

Ma quali genti iberiche si trovavano in Sardegna al tempo in cui furono costruiti i nuraghi ? A giudicare dal nome e da altri elementi , l'unica popolazione dell'isola che , per varie motiviazioni , può essere ritenutta di matrice iberica (intendendo della regione iberica non del popolo degli Iberi) è quella dei Balari , la più importante a giudicare dai passi di Plinio (N.h.III,85) e Strabone (V,225) . Anche Ercole Contu di recente si è avvicinato a questa tesi . Ai Balari e ai Sicani di Sicilia va assegnata un'origine comune."

Ugas-L'Alba dei Nuraghi

Diffusione del bicchiere campaniforme
http://img522.imageshack.us/img522/6300/campaniforme.png

Maria Vittoria
27-04-10, 18:35
vabbe ho capito , si intende la supposta affinità fra liguri e sicani (inesistente) , quali sarebbero gli indizzi archeologici che facciano solo ipotizzare una loro venuta dalla Liguria (o da qualsiasi territorio ligure) ??

I Sicani erano Iberi , e prima di giungere in Sicilia passarono per la Sardegna

si dia a Cesare quel che è di Cesare

""
(...) sopraggiunse in Sardegna una popolazione proveniente dalla penisola iberica .

In base agli elementi archeologici l'avvento di questo nuovo ceppo umano risale alla fine del calcolitico (Fase marittima del vaso campaniforme ) e agli inizi del bronzo antico (Fase del campaniforme inornanto) , quando in Sardegna giunsero nuovi gruppi di uomini a testa corta (brachimorfi) , verosimilmente di estrazione indoeuropea , a giudicare dalle prime origini centro-europee della cultura del Vaso campaniforme . Infatti è ovvio pensare che la saga degli Iberi condotti da Norax sia profondamente intrecciata proprio con la diffusione nell'isola della cultura del Vaso campaniforme ad opera di gruppi brachimorfi.

Movimenti di genti iberiche verso le isole mediterranee trovano conferma in Avieno , il quale colloca presso il fiume Jucar , sulla costa valenzana , il popolo dei Sicani , prima che giungessero nella Sicilia occidentale dopo essere stati scacciati dai Liguri come sostengono Ecateo ,Filisto ed Eforo.

Nei Sicani , tra i quali figuravano individui brachimorfi verosimilmente di origine indoeuropea , vanno riconosciuti i portatori della cultura del vaso campaniforme in Sicilia . Infatti a giudicare dai dati archeologici il Campaniforme siciliano deriva da quello iberico attraverso la Sardegna.
(...)

Ma quali genti iberiche si trovavano in Sardegna al tempo in cui furono costruiti i nuraghi ? A giudicare dal nome e da altri elementi , l'unica popolazione dell'isola che , per varie motiviazioni , può essere ritenutta di matrice iberica (intendendo della regione iberica non del popolo degli Iberi) è quella dei Balari , la più importante a giudicare dai passi di Plinio (N.h.III,85) e Strabone (V,225) . Anche Ercole Contu di recente si è avvicinato a questa tesi . Ai Balari e ai Sicani di Sicilia va assegnata un'origine comune."

Ugas-L'Alba dei Nuraghi

Diffusione del bicchiere campaniforme
http://img522.imageshack.us/img522/6300/campaniforme.png

se ho capito bene la cartina riguarda le aree dove sono stati ritrovati bicchieri campaniformi: segno che può essere riferito a scambi commerciali più che a insediamenti specifici

:mmm:

Manfr
27-04-10, 18:46
Adesso chiariamo.
Il thread è stato aperto per discutere delle questioni dell'omogeneità culturale.
Non di quella politica, ne di quella genetica, e neppure di fantascienza.
Provocatori e aggressori sono respinti. Miles, Dux, Acchiappa continuate il vostro lavoro. Gio sei il benvenuto ma se si deve aprire una discussione di tipo genetico, aprire thread apposito, prego.

Quayag piano con le provocazioni ad cunnum, prego.
Tra l'altro vorrei sapre che cosa ti dà tanta sicumera. Storicamente parlando i veneti (euganei)non furono tanto importanti e corsero a rifugiarsi tra le braccia di ROMA alla prima occasione.
Tenerlo a mente per favore, prima di lanciarsi in post diffamatori.

Unica cosa, gli Euganei erano una popolazione pre-Veneta, sconfitta appunto dai Veneti cavalieri (o da Antenore al suo arrivo da Troia, se preferite :D) e poi integrata.

acchiappaignoranti
27-04-10, 18:59
vabbe ho capito , si intende la supposta affinità fra liguri e sicani (inesistente) , quali sarebbero gli indizzi archeologici che facciano solo ipotizzare una loro venuta dalla Liguria (o da qualsiasi territorio ligure) ??

I Sicani erano Iberi , e prima di giungere in Sicilia passarono per la Sardegna

si dia a Cesare quel che è di Cesare

""
(...) sopraggiunse in Sardegna una popolazione proveniente dalla penisola iberica .

In base agli elementi archeologici l'avvento di questo nuovo ceppo umano risale alla fine del calcolitico (Fase marittima del vaso campaniforme ) e agli inizi del bronzo antico (Fase del campaniforme inornanto) , quando in Sardegna giunsero nuovi gruppi di uomini a testa corta (brachimorfi) , verosimilmente di estrazione indoeuropea , a giudicare dalle prime origini centro-europee della cultura del Vaso campaniforme . Infatti è ovvio pensare che la saga degli Iberi condotti da Norax sia profondamente intrecciata proprio con la diffusione nell'isola della cultura del Vaso campaniforme ad opera di gruppi brachimorfi.




Movimenti di genti iberiche verso le isole mediterranee trovano conferma in Avieno , il quale colloca presso il fiume Jucar , sulla costa valenzana , il popolo dei Sicani , prima che giungessero nella Sicilia occidentale dopo essere stati scacciati dai Liguri come sostengono Ecateo ,Filisto ed Eforo.

Nei Sicani , tra i quali figuravano individui brachimorfi verosimilmente di origine indoeuropea , vanno riconosciuti i portatori della cultura del vaso campaniforme in Sicilia . Infatti a giudicare dai dati archeologici il Campaniforme siciliano deriva da quello iberico attraverso la Sardegna.
(...)

Ma quali genti iberiche si trovavano in Sardegna al tempo in cui furono costruiti i nuraghi ? A giudicare dal nome e da altri elementi , l'unica popolazione dell'isola che , per varie motiviazioni , può essere ritenutta di matrice iberica (intendendo della regione iberica non del popolo degli Iberi) è quella dei Balari , la più importante a giudicare dai passi di Plinio (N.h.III,85) e Strabone (V,225) . Anche Ercole Contu di recente si è avvicinato a questa tesi . Ai Balari e ai Sicani di Sicilia va assegnata un'origine comune."

Ugas-L'Alba dei Nuraghi

Diffusione del bicchiere campaniforme
http://img522.imageshack.us/img522/6300/campaniforme.png

guarda che liguri baschi iberi e sardi hanno la stessa locogenesi
perfettamente identificata

uomini a testa corta ? senti, o cominciamo ad allegare notifiche
scientifiche o si chiede l'intervento della moderazione

non si può spender tempo con i rettiliani

acchiappaignoranti
27-04-10, 19:32
guarda che liguri baschi iberi e sardi hanno la stessa locogenesi
perfettamente identificata

uomini a testa corta ? senti, o cominciamo ad allegare notifiche
scientifiche o si chiede l'intervento della moderazione

non si può spender tempo con i rettiliani


BARKER, Graeme. «Stability and Change in Prehistoric Central Italy». Dans Archaeology and Italian Society : Prehistoric, Roman and Medieval Studies, Papers in Italian Archaeology, vol. II, Graeme Barker et Richard Hodges éd., Oxford, British Archaeological Reports, 1981, coll. «BAR International Series», 102, p. 215-224.

"Tuttavia, studi moderni delle popolazioni italiane e del Mediterraneo non hanno confermato l'esistenza di gruppi etnici separati. L'importante studio dei dati osteologici di Buccino (il più grande gruppo preistorico italiano esaminato sotto questo punto di vista), eseguito da Corrain e Capitanio giunse alla conclusione che non vi erano gruppi etnici diversi fra gli occupanti delle tombe — vi si possono evidenziare forse differenziazioni parentelari o sociali, ma nell'ambito di un arco di variabilità normale per un gruppo umano (Holloway, 1984: 75-6). In un campione praticamente contemporaneo relativo a Karatas nel Sud dell'Anatolia, la patria ipotetica degli eneolitici immigrati in Italia secondo diversi scrittori, apparivano le stesse variazioni: «come anche in grecia, non vi è traccia di un tipo fisico unitario» (Angel, 1974, p. 258). La conclusione logica è che gli studiosi di altri tempi oltre all'enorme scarsità di mezzi andassero selezionando un elemento favorevole all'ipotesi dell'immigrazione, nell'ambito di uno spettro di tipi fisici che rappresenta l'eterogeneità normale di quell'epoca".

acchiappaignoranti
27-04-10, 20:02
Acchiappaignoranti, io apprezzo lo sforzo e lo zelo col quale riporti interminabili trafile di pubblicazioni "romanocentriche" o "italocentriche". Su questo forum poi è giusto che sia così.

Il problema vedi, è che la VERA ricerca storica dovrebbe essere caratterizzata dall'assenza di un fine..

Barker, Pallottino, Camporeale, Zei, et cetera, tu li vedi nei comizi elettorali ?
per caso le loro facce le hai mai viste a casa Vespa o a Matrix ?

guarda, non v'è alcun pericolo, sei in una botte di ferro, i ragguardi tecnici sono in mano dei vari borghezio o di un qualsiasi pulcinella del sud

Quayag
27-04-10, 20:56
La prossima volta ti becchi una segnalazione.
PS
Caporetto fu una vittoria.
E di quelle risolutive, visto che il grande Impero Austroungarico, che magari tu rimpiangi sparì in seguito ad essa. O magari tu hai dei grandi testi storici da sottrarre all'oblio per negarlo.

Glorie del Veneto? La repubblica di Venezia combatteva sotto il grido Italia e San Marco, quando affrontava i suoi nemici esteri......ma magari mi sbaglio io.....:crepapelle:

OK,rispondo a te e a lupus e mi defilo (dopo tutto questo forum è vostro) va bene?

Lupus non essere melodrammatico non intendevo mancare di rispetto ai morti della prima guerra mondiale,io rispetto chiunque rischi la vita per un ideale anche se non lo condivido,rispetto chi ha combattuto nelle grandi guerre,rispetto i morti repubblichini e quelli partigiani,rispetto i piemontesi morti per unire l'Italia e rispetto i veneti della marina AustroVeneta e della fanteria asburgica che hanno inflitto le prime sconfitte all'esercito della neonata repubblica italiana,combattendo con valore,anzi quelli non solo li rispetto ma li ammiro,prendevo solo in giro certi post che leggo qui.

I discorsi sugli etruschi e sugli italici mi interessano relativamente,noi del nordest siamo mitteleuropei per cultura e razza,non siamo mediterranei italiani fatevene una ragione.

occidentale qui parlate della storia per come vorreste che fosse non per come è...senza offesa,ciao.

acchiappaignoranti
27-04-10, 21:05
I discorsi sugli etruschi e sugli italici mi interessano relativamente,noi del nordest siamo mitteleuropei per cultura e razza,non siamo mediterranei italiani fatevene una ragione.

occidentale qui parlate della storia per come vorreste che fosse non per come è...senza offesa,ciao.

noi mediterranei italiani siamo contenti della tua razza mittleeuropea, e grazie per il contributo

Druso
27-04-10, 21:13
OK,rispondo a te e a lupus e mi defilo (dopo tutto questo forum è vostro) va bene?

Lupus non essere melodrammatico non intendevo mancare di rispetto ai morti della prima guerra mondiale,io rispetto chiunque rischi la vita per un ideale anche se non lo condivido,rispetto chi ha combattuto nelle grandi guerre,rispetto i morti repubblichini e quelli partigiani,rispetto i piemontesi morti per unire l'Italia e rispetto i veneti della marina AustroVeneta e della fanteria asburgica che hanno inflitto le prime sconfitte all'esercito della neonata repubblica italiana,combattendo con valore,anzi quelli non solo li rispetto ma li ammiro,prendevo solo in giro certi post che leggo qui.

Credo che nessuno qua dentro manchi di rispetto a chiunque sia morto con coraggio e onore, senza dubbio però si ''parteggia'' per coloro che per la nostra patria morirono, parteggiare per il nemico è sempre tradimento.



I discorsi sugli etruschi e sugli italici mi interessano relativamente,noi del nordest siamo mitteleuropei per cultura e razza,non siamo mediterranei italiani fatevene una ragione.


Io se fossi del nordest proverei imbarazzo ad essere accostato a Sloveni e Croati, poi vedila come vuoi.

Miles
27-04-10, 21:15
I discorsi sugli etruschi e sugli italici mi interessano relativamente,noi del nordest siamo mitteleuropei per cultura e razza,non siamo mediterranei italiani fatevene una ragione.

occidentale qui parlate della storia per come vorreste che fosse non per come è...senza offesa,ciao.

Ma guarda che al massimo tu sarai un campagnolo di campodarsego, non un mitteleuropeo.
Vai a giocare con Ciola, adesso.

Miles
27-04-10, 21:16
Io se fossi del nordest proverei imbarazzo ad essere accostato a Sloveni e Croati, poi vedila come vuoi.

infausta, secta, slava :incav::incav::incav: , :incav:

Mc Queen
27-04-10, 21:35
Ma guarda che al massimo tu sarai un campagnolo di campodarsego, non un mitteleuropeo.
Vai a giocare con Ciola, adesso.


Ma non è corretto Miles ! Lui lo liquidi con due righe, mentre per me riservi interi poemi epici, cui devo rispondere impiegando delle mezz'ore !
Ce l'hai proprio con me...... :mmm:

Undertaker
27-04-10, 23:37
Discussione interessante ma che come al solito non porta alla verità,non esiste nessuna razza italica attualmente,siamo tutti meticciati con le varie razze che sono passate o si sono insediate in Italia da tempo immemorabile.Tutti noi discendiamo da svariati popoli che si sono sovrapposti gli uni agli altri oppure si sono mischiati,quindi finiamola con questi discorsi.L'Italia è formata da un miscuglio di razze diverse con in comune solo il luogo di residenza,ovvero l'Italia,il resto è solo fuffa,e lo stesso discorso vale per tutti i popoli del bacino Mediterraneo esclusi Sardi e Baschi.I cosiddetti popoli germanoceltici poi sono un miscuglio di genti provenienti da svariate parti del mondo,i primi abitanti del nord europa provenivano dall'est,probabilmente dagli urali o giù di li.I cosiddetti celti provengono dall'asia minore (come gli etruschi e i sardi).Questi discorsi su razze varie sono solo puttanate che fanno comodo a chi vuole dividere l'Italia,dovete rendervi conto della verità,non esistono popoli puri in tutta Europa,siamo tutti meticci.

Garat
27-04-10, 23:49
Discussione interessante ma che come al solito non porta alla verità,non esiste nessuna razza italica attualmente,siamo tutti meticciati con le varie razze che sono passate o si sono insediate in Italia da tempo immemorabile.Tutti noi discendiamo da svariati popoli che si sono sovrapposti gli uni agli altri oppure si sono mischiati,quindi finiamola con questi discorsi.L'Italia è formata da un miscuglio di razze diverse con in comune solo il luogo di residenza,ovvero l'Italia,il resto è solo fuffa,e lo stesso discorso vale per tutti i popoli del bacino Mediterraneo esclusi Sardi e Baschi.I cosiddetti popoli germanoceltici poi sono un miscuglio di genti provenienti da svariate parti del mondo,i primi abitanti del nord europa provenivano dall'est,probabilmente dagli urali o giù di li.I cosiddetti celti provengono dall'asia minore (come gli etruschi e i sardi).Questi discorsi su razze varie sono solo puttanate che fanno comodo a chi vuole dividere l'Italia,dovete rendervi conto della verità,non esistono popoli puri in tutta Europa,siamo tutti meticci.

Qualcuno l'ha detto alla fine...

Miles
27-04-10, 23:50
Discussione interessante ma che come al solito non porta alla verità,non esiste nessuna razza italica attualmente,siamo tutti meticciati con le varie razze che sono passate o si sono insediate in Italia da tempo immemorabile.Tutti noi discendiamo da svariati popoli che si sono sovrapposti gli uni agli altri oppure si sono mischiati,quindi finiamola con questi discorsi.L'Italia è formata da un miscuglio di razze diverse con in comune solo il luogo di residenza,ovvero l'Italia,il resto è solo fuffa,e lo stesso discorso vale per tutti i popoli del bacino Mediterraneo esclusi Sardi e Baschi.I cosiddetti popoli germanoceltici poi sono un miscuglio di genti provenienti da svariate parti del mondo,i primi abitanti del nord europa provenivano dall'est,probabilmente dagli urali o giù di li.I cosiddetti celti provengono dall'asia minore (come gli etruschi e i sardi).Questi discorsi su razze varie sono solo puttanate che fanno comodo a chi vuole dividere l'Italia,dovete rendervi conto della verità,non esistono popoli puri in tutta Europa,siamo tutti meticci.

Discussione che non hai letto evidentemente, visto che si parlava di apporti , radici e soprattutto fasce di disomogeneità all'interno di un'unitaria matrice culturale più o meno comune.
Il tuo inno (buonista e ridicolo) al meticciamento, mal si concilia quindi col taglio di tutta la discussione e del forum in generale.
Ad occhio e croce, tutta questa (sconnessa e sgrammaticata) lamentela fa viceversa pensare ad un " meticciamento "del pensiero con la c.d. cultura dei talk show, ove ognuno pensa di poter dire quello che gli pare,senza però avere veramente qualcosa da dire, solo perchè gli viene concessa facoltà.

Mc Queen
28-04-10, 01:48
Qualcuno l'ha detto alla fine...


Caro Garat, ti faccio notare che il criticismo progressista di Undertaker, si presta ad attaccare tanto chi non crede all'unità dell'Italia (basandosi sull'etnia), tanto quanto chi vi CREDE (sempre basandosi sull' etnia alla fine).

Fai spesso capolino qui per tue ragioni. Ebbene fai pure, ma ti ricordo per dovere di cronaca che gli utenti di questo forum credono all'unità d'ITALIA su base etnica (come MILES per esempio). Non in base ad un patriottismo progressista e democratico come il tuo (e la tua pacata approvazione al post di Undertaker ne è la prova).

Maria Vittoria
28-04-10, 07:59
L'unità arcaica italica è di tipo culturale & il meticciamento etnico ne è parte integrante, come insegnano Etruria & Roma.

Sono contenta di constatare che siamo tutti concordi su questo punto, essenziale per comprendere la differenza tra le società tribali e la società italiana & europea


:chefico:

Miles
28-04-10, 08:16
credono all'unità d'ITALIA su base etnica (come MILES per esempio)

La definizione di Etnia cui mi richiamo è estremamente diversa dalla tua.
Tengo a precisare.

Miles
28-04-10, 08:25
L'unità arcaica italica è di tipo culturale & il meticciamento etnico ne è parte integrante, come insegnano Etruria & Roma.

Sono contenta di constatare che siamo tutti concordi su questo punto, essenziale per comprendere la differenza tra le società tribali e la società italiana & europea


:chefico:

Una piccola chiosa.
E' poco corretto, se non altro in termini di significato usare il termine "meticciamento" per descrivere la fusione "genetica" in Italia e in Europa in ambiti storici, laddove il termine meticciamento dovrebbe essere usato per le unioni tra ceppi profondamente ed ontologicamente diversi tra loro (camiti ed europoidi ad esempio).

Può andar bene per descrivere quindi il Brasile, o realtà similari, non certo nè per l'Europa nè per l'Italia, laddove, a livello genetico (ma questo, ricordiamo non è un forum di zoologia,per cui riterrei opportuno evitare aprioristicamente discorsi sul c.d. razzismo biologico) a livello genetico e in ambito storico tale "fusione" ha riguardato tutti ceppi europoidi, pur con delle differenti percentuali tra i ceppi in oggetto in funzione della localizzazione geografica, inquadrabile il tutto comunque entro una determinata fascia di omogeneità.

Alla fine però la c.d. razza è in questo specifico caso di trattazione carattere secondario, laddove la specificità tematica in oggetto è quella culturale, intesa la cultura come matrice primaria di identità ben specifica.

Miles
28-04-10, 08:35
Fai spesso capolino qui per tue ragioni. Ebbene fai pure, ma ti ricordo per dovere di cronaca che gli utenti di questo forum credono all'unità d'ITALIA su base etnica (come MILES per esempio). Non in base ad un patriottismo progressista e democratico come il tuo (e la tua pacata approvazione al post di Undertaker ne è la prova).

Comunque ricordo a tutti, che questo è un forum aperto in cui tutti sono benvenuti ove però l'unico (e imprescindibile) limite e vincolo all'argomentazione è dettato da questo codice di regolamentazione (http://forum.politicainrete.net/patria-italiana/58734-codice-di-comportamento.html).
Perciò Garat di cui conosco la matrice ideologica, come lui conosce la mia è oltremodo ben accetto, perchè comunque in grado di fornire un punto di vista utile all'argomentazione atteso che questo non è un forum di destra o di sinistra, ma un forum di Italiani che si riconoscono nell'Italia.

Maria Vittoria
28-04-10, 11:30
Una piccola chiosa.
E' poco corretto, se non altro in termini di significato usare il termine "meticciamento" per descrivere la fusione "genetica" in Italia e in Europa in ambiti storici, laddove il termine meticciamento dovrebbe essere usato per le unioni tra ceppi profondamente ed ontologicamente diversi tra loro (camiti ed europoidi ad esempio).

Può andar bene per descrivere quindi il Brasile, o realtà similari, non certo nè per l'Europa nè per l'Italia, laddove, a livello genetico (ma questo, ricordiamo non è un forum di zoologia,per cui riterrei opportuno evitare aprioristicamente discorsi sul c.d. razzismo biologico) a livello genetico e in ambito storico tale "fusione" ha riguardato tutti ceppi europoidi, pur con delle differenti percentuali tra i ceppi in oggetto in funzione della localizzazione geografica, inquadrabile il tutto comunque entro una determinata fascia di omogeneità.

Alla fine però la c.d. razza è in questo specifico caso di trattazione carattere secondario, laddove la specificità tematica in oggetto è quella culturale, intesa la cultura come matrice primaria di identità ben specifica.


Concordo sul fatto che l'unità italiana è in primo luogo culturale.

Non conosco le distinzioni genetiche cui fai riferimento, per cui mi scuso per aver usato in modo erroneo il termine meticciamento per indicare semplici matrimoni misti tra persone provenienti da tradizioni linguistiche diverse.

acchiappaignoranti
28-04-10, 17:39
La definizione di Etnia cui mi richiamo è estremamente diversa dalla tua.
Tengo a precisare.

mettiamo a tacere le ultime avvisaglie di pseudoscentificità rettiliana da internettismo culturale , e speriamo non dover tornarci nuovamente , con del nuovo materiale (di cui fortunatamente sono provvisto in abbondanza )




http://www.cassino2000.com/cdsc/studi/archivio/n19/immagini/lib-08.jpg


ETRUSCHI ROMANI, ITALICI STRETTA parentela genetica

da - nuovi orientamenti dell'antropologia e della genetica sui popoli italici

ministero per i beni e le attività culturali

Mauro Rubini Silvia Mogliazza- sopraintendenza per i beni archeologici del lazio

pag.53


Con l'aumentare del numero dei reperti e con una più ampia conoscenza delle popolazioni sincroniche e diacroniche a cultura non etrusca, l’approccio alle problematiche biologiche ha subito nuovi impulsi. Studi: più recenti su campioni numericamente rappresentativi hanno portato a risultati che confermano, anche per gli Etruschi, una sostanziale omogeneità biologica tra le popolazioni italiane durante l’età del Ferro. Le ipotesi riguardanti l’esistenza di un substrato genetico comune sono infatti sostenute dai risultati delle indagini morfometriche condotte sui contesti etruschi di Tarquinia Monterozzi (Mallegni et al. 1979), Ferrone (Rubini et al. 2002), Veio (Passarello 1972-73). Pontecagnano (Pardini et al 1977; Fornaciari et al. 1984), S.Vitale ed Este (Corram et aI. 1977; Benassi Graffi e Facchini 1965), Cancellone i (Olàh et al. 1993)
su siti coevi pertinenti a popolazioni italiche: Camerano (Corrain et al. 1977), Alfedena (Coppa et al. 1980-81; Macchiarelli e Salvadei 1988), Ardea (Rubini
Coppa 1989; Rubini etal. 1992), Riofreddo (Rubini e Coppa 1991), Campovalano (Coppa et aI. 1987), Osteria dell’Osa (Bietti Sestieri 1992). Un’ulteriore valutazione del livello di omogeneità tra alcune popolazioni coeve dell’Italia centrale è stata rilevata, sia per i caratteri metrici che per quelli discontinui, attraverso l’analisi dei valori dell’indice di distanza biologica calcolato secondo il metodo di Sanghvi (1953) da Cresta e Vecchi (1969) per alcune coppie di popolazioni italiane del i millennio a.C.:
Sanniti/Etruschi, Sanniti/Romani, Etruschi/Romani.

valori degli indici di distanza biologica risultano molto bassi e molto vicini tra loro (soprattutto nel rapporto Etruschi/Romani) confermando ampiamente la tesi, già proposta dal Messeri (1953), nella quale si affermava che gli Etruschi non sono morfologicamente e geneticamente differenti dalle altre popolazioni italiche.


Mauro Rubini è direttore del Servizio di Antropologia della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio è stato inoltre docente alla Scuola di Perfezionamento in Paleopatologia dell’Università di Pisa.
Dal 2008 è docente di Archeoantropologia presso l’Università di Foggia. Si è dedicato alla ricerca di campo ed è esperto di problematiche connesse al popolamento del bacino Mediterraneo. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni su riviste scientifiche italiane ed estere di prestigio. Nel 2009 è stato l’unico studioso italiano invitato al prestigioso “Meeting of American Institue of Archaeology” tenutosi a Chicago. Collabora con riviste di divulgazione scientifica tra cui puntualmente Archeologia Viva.
Tra i suoi saggi ricordiamo: “La necropoli di Castro dei Volsci (1991)”; con Francesco Mallegni “Recupero dei materiali scheletrici umani in archeologia (1994)”; con Roberto Andreini “L’Antropologia: problematiche straordinarie di tutela (1995)”; con Alfredo Coppa “Atlante di caratteri discontinui (1996)”; con Silvia Mogliazza ” Storia del popolamento dell’Italia dal Neolitico ad oggi (2006)”; Elementi di Paleopatologia (2009).

Manfr
29-04-10, 00:08
Ma sul serio una bella parte di queste 14 pagine si sostiene su presunte differenze "razziali" tra italiani mediterranei e veneti mitteleuropei ?
Ditemi che stiamo scherzando, non vorrei pensare che i fantapadani abbiano intenzione di motivare il secessionismo con spostamenti etnici di 4000 anni fa come minimo ...:paura:

occidentale
29-04-10, 00:42
Mica tutti, Manfr.....

Maria Vittoria
29-04-10, 07:37
Ma sul serio una bella parte di queste 14 pagine si sostiene su presunte differenze "razziali" tra italiani mediterranei e veneti mitteleuropei ?
Ditemi che stiamo scherzando, non vorrei pensare che i fantapadani abbiano intenzione di motivare il secessionismo con spostamenti etnici di 4000 anni fa come minimo ...:paura:


Anch'io, Manfr, resto sconcertata quando leggo i post di chi presume che fra gli esseri umani esistano differenze razziali e non geografiche, educative & legislative.


Ogni considerazione o contributo in tema sono graditi, in particolare se costruttivi

:chefico:

Asgard
29-04-10, 12:05
Anch'io, Manfr, resto sconcertata quando leggo i post di chi presume che fra gli esseri umani esistano differenze razziali e non geografiche, educative & legislative.

È la verità. Il problema non è questo, quanto l'assolutizzazione del concetto razziale e genetico. Ogni considerazione di questo tipo in relazione allo studio dei popoli se non è contestualizzata all'interno del sistema di valori, e come dici tu della geografia e della storia di questi, non diventa altro che semplice disquisizione del lato biologico dell'uomo che lascia il tempo che trova.
Sono quei retaggi destrorsi duri a morire.

Maria Vittoria
29-04-10, 15:32
È la verità. Il problema non è questo, quanto l'assolutizzazione del concetto razziale e genetico. Ogni considerazione di questo tipo in relazione allo studio dei popoli se non è contestualizzata all'interno del sistema di valori, e come dici tu della geografia e della storia di questi, non diventa altro che semplice disquisizione del lato biologico dell'uomo che lascia il tempo che trova.
Sono quei retaggi destrorsi duri a morire.


L'identità del territorio italiano è tutt'altra cosa: riguarda la consapevolezza del paesaggio umanizzato nel corso dei millenni, essenziale per conservarne la vitalità.

La lingua italiana in questo è simile alle colline toscane e alla pianura irrigua, ai giardini sul Maggiore o sul Garda, alle spiagge della Romagna, agli orti laziali e campani: è segno di amore del popolo italiano per la propria terra

Miles
02-05-10, 17:29
NUOVE SCOPERTE
ETRUSCHI E CALCOLITICI IN VALCAMONICA


Ai primi di Marzo 2002 l’ultima scoperta rupestre nel Parco di Nadro: due pugnali calcolitici e un “collare” di linee a volte sono emerse al fianco di 4 scene di aratura; a poca distanza una capanna con corna animali al colmo ed asce a lama quadra (età del Ferro). A Febbraio in località “Piana degli Svedesi” (Capodiponte) sono emerse capanne, figure oranti, guerrieri, cervi e canidi, a Sellero, a Grevo, a Pisogne e in Valtellina rocce a coppelle, canaletti, sigle medievali. Sono gli ultimi “nati”
di una stagione che può essere annoverata fra le memorabili durante il Campo di ricerca estivo 2001 e nell’Autunno sono venute alla luce una ventina di nuove superfici istoriate, alcune molto ricche di immagini, alcune con tipologie inedite. A Zurla (Ceto), un’area marginale, impervia, si è studiato un’insieme con molte scene della fase d’influsso etrusco; qui l’alta qualità estetica di molte immagini si accompagnava all’anomalia tematica: con oranti, guerrieri e busti inscritti in impronte di piede, grandi dischi minuziosamente reticolati all’interno, una sorta di pugnale-antropomorfo,
spinali, meandri, un labirinto, una “casa-torre” di oltre due metri di altezza, 2 sagome di elmi prossimi alla grandezza naturale (uno ricorda il tipo corinzio). Quest’area sembra esser stata frequentata, soprattutto fra il VI ed il IV sec. a.c., da compositori con motivazioni diverse dall’usuale, meno canoniche e probabilmente iniziatiche, di senso concettualmente elevato. Si riconoscono sempre meglio scuole artistiche che sviluppano stili, talora tematiche, peculiari; fra queste una scuola di Zurla (ed aree limitrofe) ha composto nel V sec. opere degne del mondo etrusco, da cui evidentemente dipendono paralleli nell’arte delle Situle, nella figurativa vascolare, nella plastica. E lo stesso impianto figurativo mostra influssi direttamente etruschi, come innesti su una tradizione “reto-euganee” locale molto forte: da qui probabilmente quel tono misterico- iniziatico che ha altre attenzioni in Valle, ma meno nitide. A Campolungo (Cedegolo) la scoperta più inattesa ed eclatante: due stele calcolitiche (II millenio) ed il frammento di una terza, murata in una baita. La più antica, incompleta, presenta un probabile palco di cervo (simbolo solare), 6 pugnali, una fascia di linee parallele (prob. solchi d’aratura), la più recente due file di tre
antropomorfi sovrapposti, 7 segni a cuneo, 7 zoomorfi (fra cui 2 stambecchi ed un cinghiale), il frammento linee parallele a volta (simbolo femminile) ed un disco. Si ha notizia di un quarto pezzo e parti di altre stele sono individuabili fra le pietre a vista delle baite. Si tratta di quanto resta di un tipico sito cerimoniale di lunga durata, ora sconvolto, ma speriamo non distrutto intanto, in un area che porta evidenze di un insediamento d’altura (castelliere) e di rocce a coppelle prossime a corsi
d’acqua. L’indgine sistematica potrà dare risultati di grande rilievo per una fase culturale ora sotto le lenti dopo i risultati di F. Fedele a Ossimo (scavo di un sito cerimoniale intatto) e di A. Pedrotti e …Tecchiati in Trentino Alto Adige (sito con una stele). Questa è la Valcamonica con i suoi satelliti
valtellinesi, sebini, della Val Saviore, con l’inesauribile sequenza di pagine sulla roccia, con i testimoni di una tradizione plurimillenaria ininterrotta, da momenti molto antichi (Epipaleolitico) a tutte le grandi epoche preistoriche e storiche, fino ai secoli più recenti. L’arte rupestre alpina ha già rilevato interi capitoli della vita e della culturalità preistoriche; ora anche dell’età romana e medievale. Confermiamo ormai la convinzione che molte pagine della lunga vicenda rappresentata verranno scritte o riscritte quando si riuscirà a meglio intendere valori e contenuti. Ma perché questo accada bisognerà anche vincere diffidenze e riserve di un mondo accademico che ancora tende a escludere o sottovalutare il dato rupestre, che è forse affascinato dal suo imprevedibile troppo, ma ne è anche irritato perché spinge verso nuovi metodi interdisciplinari d’indagine: l’archeologia nel senso più stretto non basta più, serve un’integrazione reale e professionale con campi come la storia delle religioni, la fenomenologia simbolica, la semiotica ed altre discipline antropologiche. Lo studio dell’arte rupestre sta incubando germi di un nuovo stadio della ricerca.

http://www.simbolisullaroccia.it/archivio/2002/2002-EstruschiecalcoliticiinValcamonica.pdf

acchiappaignoranti
02-05-10, 18:20
NUOVE SCOPERTE
ETRUSCHI E CALCOLITICI IN VALCAMONICA


Ai primi di Marzo 2002 l’ultima scoperta rupestre nel Parco di Nadro: due pugnali calcolitici e un “collare” di linee a volte sono emerse al fianco di 4 scene di aratura; a poca distanza una capanna con corna animali al colmo ed asce a lama quadra (età del Ferro). A Febbraio in località “Piana degli Svedesi” (Capodiponte) sono emerse capanne, figure oranti, guerrieri, cervi e canidi, a Sellero, a Grevo, a Pisogne e in Valtellina rocce a coppelle, canaletti, sigle medievali. Sono gli ultimi “nati”
di una stagione che può essere annoverata fra le memorabili durante il Campo di ricerca estivo 2001 e nell’Autunno sono venute alla luce una ventina di nuove superfici istoriate, alcune molto ricche di immagini, alcune con tipologie inedite. A Zurla (Ceto), un’area marginale, impervia, si è studiato un’insieme con molte scene della fase d’influsso etrusco; qui l’alta qualità estetica di molte immagini si accompagnava all’anomalia tematica: con oranti, guerrieri e busti inscritti in impronte di piede, grandi dischi minuziosamente reticolati all’interno, una sorta di pugnale-antropomorfo,
spinali, meandri, un labirinto, una “casa-torre” di oltre due metri di altezza, 2 sagome di elmi prossimi alla grandezza naturale (uno ricorda il tipo corinzio). Quest’area sembra esser stata frequentata, soprattutto fra il VI ed il IV sec. a.c., da compositori con motivazioni diverse dall’usuale, meno canoniche e probabilmente iniziatiche, di senso concettualmente elevato. Si riconoscono sempre meglio scuole artistiche che sviluppano stili, talora tematiche, peculiari; fra queste una scuola di Zurla (ed aree limitrofe) ha composto nel V sec. opere degne del mondo etrusco, da cui evidentemente dipendono paralleli nell’arte delle Situle, nella figurativa vascolare, nella plastica. E lo stesso impianto figurativo mostra influssi direttamente etruschi, come innesti su una tradizione “reto-euganee” locale molto forte: da qui probabilmente quel tono misterico- iniziatico che ha altre attenzioni in Valle, ma meno nitide. A Campolungo (Cedegolo) la scoperta più inattesa ed eclatante: due stele calcolitiche (II millenio) ed il frammento di una terza, murata in una baita. La più antica, incompleta, presenta un probabile palco di cervo (simbolo solare), 6 pugnali, una fascia di linee parallele (prob. solchi d’aratura), la più recente due file di tre
antropomorfi sovrapposti, 7 segni a cuneo, 7 zoomorfi (fra cui 2 stambecchi ed un cinghiale), il frammento linee parallele a volta (simbolo femminile) ed un disco. Si ha notizia di un quarto pezzo e parti di altre stele sono individuabili fra le pietre a vista delle baite. Si tratta di quanto resta di un tipico sito cerimoniale di lunga durata, ora sconvolto, ma speriamo non distrutto intanto, in un area che porta evidenze di un insediamento d’altura (castelliere) e di rocce a coppelle prossime a corsi
d’acqua. L’indgine sistematica potrà dare risultati di grande rilievo per una fase culturale ora sotto le lenti dopo i risultati di F. Fedele a Ossimo (scavo di un sito cerimoniale intatto) e di A. Pedrotti e …Tecchiati in Trentino Alto Adige (sito con una stele). Questa è la Valcamonica con i suoi satelliti
valtellinesi, sebini, della Val Saviore, con l’inesauribile sequenza di pagine sulla roccia, con i testimoni di una tradizione plurimillenaria ininterrotta, da momenti molto antichi (Epipaleolitico) a tutte le grandi epoche preistoriche e storiche, fino ai secoli più recenti. L’arte rupestre alpina ha già rilevato interi capitoli della vita e della culturalità preistoriche; ora anche dell’età romana e medievale. Confermiamo ormai la convinzione che molte pagine della lunga vicenda rappresentata verranno scritte o riscritte quando si riuscirà a meglio intendere valori e contenuti. Ma perché questo accada bisognerà anche vincere diffidenze e riserve di un mondo accademico che ancora tende a escludere o sottovalutare il dato rupestre, che è forse affascinato dal suo imprevedibile troppo, ma ne è anche irritato perché spinge verso nuovi metodi interdisciplinari d’indagine: l’archeologia nel senso più stretto non basta più, serve un’integrazione reale e professionale con campi come la storia delle religioni, la fenomenologia simbolica, la semiotica ed altre discipline antropologiche. Lo studio dell’arte rupestre sta incubando germi di un nuovo stadio della ricerca.

http://www.simbolisullaroccia.it/archivio/2002/2002-EstruschiecalcoliticiinValcamonica.pdf

ma neanche un drakkar hanno trovato ? un cd dei bathory....
professor Sansoni che mi combini ?

Miles
03-05-10, 12:02
ma neanche un drakkar hanno trovato ? un cd dei bathory....
professor Sansoni che mi combini ?

BVRZVM s'è incazzato assai in effetti.

Riprendo un tuo vecchio post da altra discussione, visto che ben si collega alle (ottime e documentate) referenze culturali finora postate


pagina 21 di Ausilio Priuli "Il Mondo dei Camuni" - Museo Didattico d’Arte e Vita Preistorica, Capodiponte, 1995.


"Le più recenti scoperte inducono a pensare che la Valle Camonica fosse, fin dal Neolitico, un centro spirituale di grande importanza e forse conosciuto in gran parte dell’area mediterranea e dell’entroterra europeo. La cultura figurativa ed i resti di cultura materiale, evidenziano in modo inconfutabile, durante tutto il quarto ed il terzo millennio a.C. la presenza in valle di influssi culturali di genti finitime, ma anche centro europee ed al contempo greco balcaniche e italico umbre (la località pescarzo è etimologicamente in origine nata dalla lingua paleoumbra ".

Ausilio Priuli (http://www.viviparchi.it/Ausilio+Priuli.asp)

Miles
03-05-10, 12:24
DIPARTIMENTO VALCAMONICA E LOMBARDIA

http://www.simbolisullaroccia.it/en_pubblicazioni.htm

LA SACRALITA' DELLA MONTAGNA
La Valsaviore, le Alpi, i Monti degli Dei

Umberto Sansoni, contrib. di Silvana Gavaldo
Edizioni del Centro / Edizioni Cleto e Faenna - 2006
pagg. 136

http://www.simbolisullaroccia.it/pubblicazioni/img_book/libro_sacralitamontagna.jpg




una fondamentale genesi, sembra rintracciabile nella prima età dei metalli, all'interno di quel Calcolitico, fra V e III millennio a.C., che mutò profondamente tanti aspetti della vita e del pensiero euro-asiatico. Al riguardo spetta forse all'arte rupestre alpina del III millennio l'illustrazione più nitida e simbologicamente più completa di tale rivoluzione culturale.
Il nostro percorso è stato però selettivo, tematico, angolato sulla visione montana, sul culto uranico e anche ctonio delle altezze. Chi ha avuto la pazienza di seguire, passo passo, le sintesi degli indizi sulle Alpi, quindi le visioni dei mondi che v'interferirono e di quelli via via più lontani, credo abbia colto la gradazione di costanti, di somiglianze d'impostazione e d'attribuzione. GRECI LATINI E CELTI , offrono alle Alpi

acchiappaignoranti
03-05-10, 18:51
http://giotto.ibs.it/cop/copt13.asp?f=9788881474295



Gli Etruschi da Genova ad Ampurias. Atti del XXIV Convegno di Studi Etruschi ed Italici, Marseille-Lattes, 26 settembre - 1 ottobre 2002, 2006, 2 voll., pp. XII-694, 200 figg. in bianco / nero, 50 tavv. e 35 tabelle n.t.

ATTI DI CONVEGNI A cura dell'Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici Diretta da Giovannangelo Camporeale Cm. 19 x 27, rileg.

Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa · Roma

Gli Etruschi hanno avuto fin dalla metà del VII secolo a. C. relazioni commerciali (e culturali) con la Francia meridionale (Provenza, Linguadoca) e con la Catalogna. Essi hanno esportato vino e vasi da vino, diffondendo la cultura del simposio e l'ideologia (aristocratica) che vi sottende. La cultura greca, diffusa attraverso la colonia focea di Marsiglia e le varie subcolonie massaliote, e quella etrusca rappresentano i caratteri più salienti della cultura locale. Di grande interesse sono i relitti, individuati e 'scavati' lungo la costa del Mar Ligure e del Golfo del Leone, che presentano ancora il carico di anfore vinarie. A questi problemi si riferiscono le relazioni e le comunicazioni del convegno Gli Etruschi da Genova ad Ampurias, il primo convegno tenuto dall'Istituto nazionale di Studi Etruschi ed Italici in area transalpina, di cui questi due volumi raccolgono i frutti.

acchiappaignoranti
05-05-10, 18:28
http://giotto.ibs.it/cop/copt13.asp?f=9788881474295



Gli Etruschi da Genova ad Ampurias. Atti del XXIV Convegno di Studi Etruschi ed Italici, Marseille-Lattes, 26 settembre - 1 ottobre 2002, 2006, 2 voll., pp. XII-694, 200 figg. in bianco / nero, 50 tavv. e 35 tabelle n.t.

ATTI DI CONVEGNI A cura dell'Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici Diretta da Giovannangelo Camporeale Cm. 19 x 27, rileg.

Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa · Roma

Gli Etruschi hanno avuto fin dalla metà del VII secolo a. C. relazioni commerciali (e culturali) con la Francia meridionale (Provenza, Linguadoca) e con la Catalogna. Essi hanno esportato vino e vasi da vino, diffondendo la cultura del simposio e l'ideologia (aristocratica) che vi sottende. La cultura greca, diffusa attraverso la colonia focea di Marsiglia e le varie subcolonie massaliote, e quella etrusca rappresentano i caratteri più salienti della cultura locale. Di grande interesse sono i relitti, individuati e 'scavati' lungo la costa del Mar Ligure e del Golfo del Leone, che presentano ancora il carico di anfore vinarie. A questi problemi si riferiscono le relazioni e le comunicazioni del convegno Gli Etruschi da Genova ad Ampurias, il primo convegno tenuto dall'Istituto nazionale di Studi Etruschi ed Italici in area transalpina, di cui questi due volumi raccolgono i frutti.

http://www.veronicanavarra.com/Bolsena%20e%20Dintorni/elmoetrusco.jpg

elmo etrusco-italico di berceto

acchiappaignoranti
07-05-10, 17:33
il patrimonio della civiltà umbro picena con la la sua varietà e la sua straordinaria dinamicità è di dominio archeologico, utilizzando in larga misura l'apporto di recenti e recentissime scoperte.
Per la prima volta i rapporti con l'Europa sono resi tangibili dal confronto diretto La mostra "piceni popolo d'Europa" raccoglie prima volta la sintesi dell' influenza sulla grande statuaria della civiltà di Hallstatt e l'osmosi della cultura istriana con quella picena.

Dagli straordinari e spesso curiosi oggetti in esposizione, dalle tombe ricostruite con i loro ricchi corredi, dall'armamento maschile e dall'abbigliamento femmi¬nile riproposti su manichini, dalle nuove testimonianze provenienti dagli abitati si delinea una società aristocratica e guerriera, orgogliosa della sua forza e della sua ricchezza, che intrattiene relazioni di amicizia con i "principi" di pari rango al di là delle Alpi.

http://www.sambenedettoggi.it/wp-content/uploads/2008/11/guerrieei.jpg



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Sui tumuli funerari dei principi hallstattiani, fin dal VII secolo a.C., si elevano segnacoli lignei e stele in pietra con incise fattezze umane. Alla seconda metà del VI secolo risale la statua di Guerriero da Hirschlanden, nel Wùrttemberg, che sormontava il tumulo sepolcrale. E eseguita in una tecnica assai evoluta e diversa da quella usata nelle precedenti stele. gli ornamenti, richiama con incredibile evidenza la statuaria picena nella resa e anche dei valori plastici e religiosi, nella posizione parallela delle gambe, nei tipico atteggiarsi delle braccia, Da pochi anni è venuta alla luce una seconda statua: il Guerriero di Glauberg, in Assia. E databile al V secolo a.C. in base alle armi e all'abbigliamento che sono ben attestati dai corredi coevi. La struttura della figura e la trattazione stilistica richiamano il Guerriero di Hirschlanden

da qui, la storia dei piceni si fa storia di roma

http://www.ars-media.com/images/piceni_gr.jpg

Trollbuster
09-05-10, 17:10
Faccio solo notare a prescindere dall'adesione o meno alla filosofia del forum, che le affermazioni sui Liguri (per esempio) è fasulla. la "parziale sovrapponibilità" tra romani e Liguri è una forzatura che non si addice ad alcun forum (anche se di parte).
Come dicono le stesse fonti antiche, erano una popolazione non-italica.

La scuola francese (presigiosa) per bocca di autori di rispetto e ricercatori universitari li ritiene affini alle popolazioni celtiche. Per non parlare della fusione avvenuta con le ondate migratorie galliche di massa del V secolo A.C.
No, mi dispiace, ma non tiene scientificamente.

Gli etruschi poi erano confinati all'etruria padana (= romagna attuale). Non oltre.


Credere in un'idea, Miles, non autorizza a sparacchiare qualsiasi cosa. Se veramente ti interessa salvaguardare un concetto di italia (un'ideologia "italiana"), inizia da questo almeno. Più forzature ci sono......più facile che si rivelino e crollino, danneggiando poi l'intero edificio che vuoi costruire. Se capisci questo siamo avanti.
La scuola francese dovrebbe cominciare a chiedersi perchè la "dotta" e "illuminata" intelligentia delle loro elite nei secoli pari inneggia alla gloria della cultura "latina" e in quelli dispari inneggia alla gloria di popoli "germanici"

Ma cosa ti puoi aspettare da uno stato bastardo come la francia, vero crocevia tra popoli latini (lingua,arte, letteratura) e quello germanici...:chefico:
Francia vero cancro d'europa.



P. J. Proudhon: Stato nazionale e centralismo

La nazione francese attuale è composta di almeno venti nazioni distinte ed il cui carattere, osservato nel popolo e nei contadini, è ancora fortemente definito. ... Il Francese è un essere convenzionale, non esiste. Quello che ci piace rappresentare nei romanzi, nei drammi, nelle caricature, sia esso militare o cuoco, barbiere o commesso viaggiatore è uno scherzo.

Una nazione così grande non si regge che con l'aiuto della forza. L'esercito permanente serve soprattutto a questo. Togliete all'amministrazione ed alla polizia centrale questo appoggio e la Francia cade nel federalismo. Le attrazioni locali prevalgono.

Francia e Reno, 1867

Miles
20-05-10, 23:01
http://www.meteoclima.net/it15/images/stories4/23%20maremma.jpg

Svastica con incisione Etrusca , Cavone (Grosseto) , Cava di tufo.

Maria Vittoria
21-05-10, 08:36
http://www.meteoclima.net/it15/images/stories4/23%20maremma.jpg

Svastica con incisione Etrusca , Cavone (Grosseto) , Cava di tufo.


la svastica è un simbolo solare aperto, a differenza della ruota

quando la svastica presenta i bracci come nel caso presentato il senso di rotazione è antiorario - e la valenza attribuita a questo senso di rotazione è tradizionalmente femminile, lunare - mentre nel caso opposto il senso di rotazione diventa orario, maschile, pienamente solare e razionale.


Chi ha proposto la datazione come etrusca & cosa c'era di etrusco in questa zona?

Miles
21-05-10, 09:41
la svastica è un simbolo solare aperto, a differenza della ruota

quando la svastica presenta i bracci come nel caso presentato il senso di rotazione è antiorario - e la valenza attribuita a questo senso di rotazione è tradizionalmente femminile, lunare - mentre nel caso opposto il senso di rotazione diventa orario, maschile, pienamente solare e razionale.

Hmm, questa è una spiegazione di marca Guenoniana, ma in verità non v'è questa differenziazione nel mondo antico, presentando comunque come simbolo la medesima natura solare che testè ricordavi



Chi ha proposto la datazione come etrusca & cosa c'era di etrusco in questa zona?

E' un'antichissima cava utilizzata dagli Etruschi per le costruzioni (insediamenti e necropoli) della zona. Tra l'altro noterai a sinistra della stessa un'iscrizione in Etrusco.
Per quel che concerne la presenza Etrusca, nel Grossetano, spero mi perdonerai se uso questo link "turistico" ma è abbastanza dettagliato

Etruschi Grosseto Necropolietrusche e Musei etruschi a Grosseto e in Maremma (http://www.primitaly.it/etruschi/toscana/grosseto.htm)

acchiappaignoranti
21-05-10, 09:57
Hmm, questa è una spiegazione di marca Guenoniana,


no ! il baffino gallo francese no, per piacere... :D:D

Maria Vittoria
21-05-10, 10:41
Hmm, questa è una spiegazione di marca Guenoniana, ma in verità non v'è questa differenziazione nel mondo antico, presentando comunque come simbolo la medesima natura solare che testè ricordavi
...
E' un'antichissima cava utilizzata dagli Etruschi per le costruzioni (insediamenti e necropoli) della zona. Tra l'altro noterai a sinistra della stessa un'iscrizione in Etrusco.
Per quel che concerne la presenza Etrusca, nel Grossetano, spero mi perdonerai se uso questo link "turistico" ma è abbastanza dettagliato

Etruschi Grosseto Necropolietrusche e Musei etruschi a Grosseto e in Maremma (http://www.primitaly.it/etruschi/toscana/grosseto.htm)

può andare, grazie

:D

Zed
24-05-10, 11:15
Hmm, questa è una spiegazione di marca Guenoniana, ma in verità non v'è questa differenziazione nel mondo antico, presentando comunque come simbolo la medesima natura solare che testè ricordavi

A onor del vero, circa lo swastika e la presunta differenziazione del significato in base alla rotazione, il Guènon si è espresso così:


"Quanto al senso di rotazione indicato dalla figura, esso ha un'importanza del tutto secondaria e non influisce sul significato generale del simbolo; in effetti si trovano entrambe le forme a indicare sia una rotazione da destra a sinistra, sia una da sinistra a destra, senza che questo implichi necessariamente l'intenzione di stabilire fra loro un'opposizione qualsiasi"

René Guénon, "Il simbolismo della croce", Rusconi, Milano 1973, pagg. 101-102.

Maria Vittoria
24-05-10, 12:01
La differenziazione implica complementarietà, non opposizione.
Chi potrebbe mai essere tanto sciocco da contrapporre la luna al sole?

Ogni segno implica un significato. Piuttosto sarebbe interessante chiederci se in questo caso, essendo sul tufo che veniva scavato, la rotazione volesse significare che era utile penetrare la roccia scavandola per trarne nuovo materiale di costruzione ... oppure se l'autore voleva consigliare alle future generazioni di farsi tufo, cioè di lasciare segni del loro passaggio su questa terra

:chefico:

Miles
24-05-10, 13:48
A onor del vero, circa lo swastika e la presunta differenziazione del significato in base alla rotazione, il Guènon si è espresso così:

Ti ringrazio per la precisazione.
Ricordavo male.
Sai dirmi quindi da cosa deriverebbe in ambito bibliografico questa presunta differenziazione di significato in base al senso di rotazione?

Maria Vittoria
25-05-10, 07:53
Ti ringrazio per la precisazione.
Ricordavo male.
Sai dirmi quindi da cosa deriverebbe in ambito bibliografico questa presunta differenziazione di significato in base al senso di rotazione?


Sono curiosa anch'io di sapere se esiste uno studio riguardo l'orientamento degli italici, perché non ne conosco le convenzioni.

Il senso della rotazione è in generale simile al senso della scrittura: se scriviamo da sinistra verso destra e leggiamo l'orologio con le lancette che girano in senso orario (solare), tenderemo a pensare che 1 figura che guarda da sinistra verso destra guarda avanti.

In popolazioni che non usassero scrivere, immagino prevarrebbe l'abitudine visiva acquisita durante i contatti di scambio con altre popolazioni - come nel caso delle tribù celtiche e del Caduceo -...

:mmm: