Tambourine
19-06-08, 11:24
2.5. La Scuola austriaca
Un’aspra critica alla pretesa edonistica di cui ci parla il Passerin d'Entrèves, e più in generale al carattere deontologico, ovvero normativo, della scienza economica, viene dagli autori della cosiddetta Scuola austriaca di economia, della quale il già citato Rothbard è stato un eminente epigono. Su tale versante, noto anche come quello della prasseologia che ebbe in Ludwig von Mises un padre indiscusso, rileviamo che l’opera del professionista della scienza economica è tesa a fondare una scienza pura dell’economia a partire da una prasseologia rigidamente aprioristica: gli enunciati fondamentali della scienza economica non sono il prodotto dell’osservazione empirica, bensì indicano delle necessità essenziali inerenti alle cose stesse ed indipendenti dagli sviluppi empirici. Scrive Mises: «La prasseologia è una scienza teoretica e sistematica e non una scienza storica. Suo ambito è l'azione umana come tale, indipendentemente da ogni circostanza individuale, accidentale e d'ambiente degli atti concreti. La sua conoscenza è puramente formale e generale senza riferimento al contenuto materiale e alle configurazioni particolari del caso concreto. Essa tende a una conoscenza valida per tutti i casi in cui le condizioni corrispondono esattamente a quelle indicate nelle sue assunzioni e inferenze. I suoi enunciati e le sue proposizioni non sono derivati dall'esperienza. Sono degli a priori come quelli della logica e della matematica»[36].
In tal senso, i pensatori della scuola austriaca, e Mises in particolare, sostengono che le leggi della scienza economica sono regole generali dell'agire razionale e del tutto indifferenti ai comportamenti umani. In tal modo, essi hanno contribuito alla elaborazione di una scienza pura dell'economia, il cui unico compito è di formulare a priori le regole dell'azione umana che l'uomo egoista adotterà per perseguire fini egoistici e l'altruista per perseguire fini altruistici. Scrive ancora Mises: «La prasseologia è indifferente agli scopi ultimi dell'azione. Le sue conclusioni sono valide per ogni specie di azione indipendentemente dai fini perseguiti. Essa è una scienza dei mezzi, non dei fini»[37]. In termini economici ciò significa che, ceteris paribus, ove esistesse un prezzo diverso per merci della stessa qualità, esisterebbe una evidenza a priori che quella a minor prezzo conquisterà il mercato. Resta vero, tuttavia, che, qualora non si verificasse la parità di quelle che abbiamo chiamato altre condizioni, il risultato empirico potrebbe non verificarsi del tutto o non verificarsi affatto. In tal caso, non dobbiamo pensare che la legge economica sia falsa, bensì che quest'ultima, pur mantenendo intatta la sua validità, non produce effetti, in quanto rimangono latenti finché gli elementi che ne impediscono la manifestazione non verranno eliminati. Nell'ambito delle scienze umane, tale approccio metodologico a priori, fortemente influenzato dall'apriorismo aristotelico, ci consente di tornare al soggetto umano come centro dinamico e luogo d'incontro della sua esteriorità ed interiorità, consentendo la conoscenza delle strutture dell'azione.
Un ulteriore pilastro teorico sul quale poggia tale scuola è dato dall’individualismo metodologico. In base a tale interpretazione dei fenomeni politici, economici e culturali, le istituzioni sociali sono giudicate come il risultato inintenzionale di azioni intenzionali, poste in essere da soggetti - individui - che si prefiggono lo scopo di fuoriuscire da uno stato d’insoddisfazione, utilizzando gli strumenti a disposizione, nell’umana condizione di limitatezza e fallibilità[38]. Scrive a tal proposito Carl Menger: «tutti questi istituti sociali sono, nelle loro varie forme fenomeniche e nelle loro incessanti mutazioni, in non piccola parte il prodotto spontaneo dell’evoluzione sociale; i prezzi dei beni, il saggio dell’interesse, la rendita fondiaria, i salari e mille fenomeni della vita sociale e dell’economia in particolare mostrano esattamente la stessa peculiarità»[39]. Ed ancora Mises: «È il significato che gli individui agenti e tutti coloro che sono toccati dalla loro azione attribuiscono a un'azione che ne determina il carattere. È il significato che caratterizza un'azione come azione individuale e un'altra azione come azione dello stato o della municipalità. Il boia, e non lo stato, giustizia il criminale. È la riflessione degli interessati che discerne nell'azione del boia un'azione dello stato»[40]. Con ciò gli interpreti dell'individualismo metodologico di matrice austriaca intendono affermare che il mercato, sebbene sia un ordine spontaneo, non è un dato naturale, bensì un prodotto dell’agire umano; anche se un prodotto molto complesso. Il mercato, dunque, a partire dall’approccio adottato dai sostenitori dell'individualismo metodologico di matrice austriaca, che lo interpretano essenzialmente come un processo nel quale gli interlocutori si scambiano le informazioni affinché nel tempo si possano effettuare intenzionalmente le opportune transazioni, si presenta come il frutto non intenzionale di azioni poste in essere da persone capaci di riflessione e di scelta, che in forza della loro autonomia e libertà, possono agire avendo come obiettivo la soluzione di uno stato d’insoddisfazione. In definitiva, il mercato, in ambito economico, al pari della democrazia in ambito politico, appare come il legato più prezioso che la civiltà occidentale (greca, romana e cristiana) ci ha lasciato in eredità[41].
L’aver posto il problema dell’azione umana a fondamento del processo economico e della conoscenza delle sue strutture, ci consente di riconoscere i meriti di un metodo d’indagine che spesso è stato relegato nella sfera del bieco utilitarismo ed egoismo politico-sociale[42] (http://v1.acton.org/ital/publicat/articolo_passerin.html#_ftn42), negligendo che il contrario di [I]individualismo, in ambito metodologico, non è altruismo, bensì olismo, e che l’individualismo metodologico non nega l’esistenza di gruppi sociali, quanto piuttosto ritiene che affinché essi e le loro attività siano coerentemente conoscibili, il metodo più adatto dovrebbe tener conto delle intenzioni e dei piani individuali, anziché rifugiarsi nella reificazione di concetti collettivi la cui manifestazione è l’esito di un processo mai del tutto intelligibile alla mente umana[43]. In definitiva, l'individualismo metodologico, a differenza del metodo marxista, ed in una certa misura anche di quello keynesiano, dove l'oggetto dell'attività economica è l'aggregato[44], ha avuto il merito e l'originalità di porre il soggetto dell'azione al centro dell'indagine; potremmo dire, riducendo l'azione stessa al suo soggetto, ossia la persona agente, un soggetto libero, creativo, responsabile e relazionale.
da: http://v1.acton.org/ital/publicat/articolo_passerin.html
Il contributo di Rothbard è quello di aver inserito la prasseologia di Mises in un contesto di giusnaturalismo. Rothbard fa esplicitamente riferimento a filosofi come Spooner, Tucker e Locke fondendo il loro giusnaturalismo con la filosofia "austriaca" della prasseologia. Non si può affermare che filosoficamente Mises fosse "utilitarista" per il semplice motivo che per "utilitarismo" si intende una corrente filosofica che non è affatto avalutativa ma pone proprio "l'utilita" o comunque un "bene" al centro del proprio pensiero (Hume, Mill, Bentham: filosofi liberali classici e utilitaristi).
Ora vorrei che qualcuno mi facesse notare dove Mises in "Human action" faccia un solo minimo accento all'etica o ai valori morali.
La differenza tra Rothbard e Mises non sta nell'utilitarismo di quest'ultimo (che non esiste) ma nel differente contesto filosofico. Rothbard è giusnaturalista con un debito all'apriorismo aristotelico, Mises invece è influenzato dal liberalismo classico inglese e dall'apriorismo kantiano.
Il risultato è che la filosofia politica di Rothbard porta al radicalismo dell'individualismo metodologico e, quindi, all'anarchia, mentre per Mises tutto rimane nel liberalismo classico (quindi al massimo "stato minimo"). Interessanti anche le differenze tra Popper, Nozick e la scuola austriaca ma qui non ci interessano.
Ps: quello che mi preme sottolineare è che c'è una bella differenza tra l'utilitarismo di Hume, Mill e Bentham e la prasseologia di Mises. Ancora più differenza c'è tra Rothbard e gli utilitaristi. Dal punto di vista del "metodo" Mises e Rothbard sono quasi identici (apriorismo debole kantiano vs apriorismo forte aristotelico).
Un’aspra critica alla pretesa edonistica di cui ci parla il Passerin d'Entrèves, e più in generale al carattere deontologico, ovvero normativo, della scienza economica, viene dagli autori della cosiddetta Scuola austriaca di economia, della quale il già citato Rothbard è stato un eminente epigono. Su tale versante, noto anche come quello della prasseologia che ebbe in Ludwig von Mises un padre indiscusso, rileviamo che l’opera del professionista della scienza economica è tesa a fondare una scienza pura dell’economia a partire da una prasseologia rigidamente aprioristica: gli enunciati fondamentali della scienza economica non sono il prodotto dell’osservazione empirica, bensì indicano delle necessità essenziali inerenti alle cose stesse ed indipendenti dagli sviluppi empirici. Scrive Mises: «La prasseologia è una scienza teoretica e sistematica e non una scienza storica. Suo ambito è l'azione umana come tale, indipendentemente da ogni circostanza individuale, accidentale e d'ambiente degli atti concreti. La sua conoscenza è puramente formale e generale senza riferimento al contenuto materiale e alle configurazioni particolari del caso concreto. Essa tende a una conoscenza valida per tutti i casi in cui le condizioni corrispondono esattamente a quelle indicate nelle sue assunzioni e inferenze. I suoi enunciati e le sue proposizioni non sono derivati dall'esperienza. Sono degli a priori come quelli della logica e della matematica»[36].
In tal senso, i pensatori della scuola austriaca, e Mises in particolare, sostengono che le leggi della scienza economica sono regole generali dell'agire razionale e del tutto indifferenti ai comportamenti umani. In tal modo, essi hanno contribuito alla elaborazione di una scienza pura dell'economia, il cui unico compito è di formulare a priori le regole dell'azione umana che l'uomo egoista adotterà per perseguire fini egoistici e l'altruista per perseguire fini altruistici. Scrive ancora Mises: «La prasseologia è indifferente agli scopi ultimi dell'azione. Le sue conclusioni sono valide per ogni specie di azione indipendentemente dai fini perseguiti. Essa è una scienza dei mezzi, non dei fini»[37]. In termini economici ciò significa che, ceteris paribus, ove esistesse un prezzo diverso per merci della stessa qualità, esisterebbe una evidenza a priori che quella a minor prezzo conquisterà il mercato. Resta vero, tuttavia, che, qualora non si verificasse la parità di quelle che abbiamo chiamato altre condizioni, il risultato empirico potrebbe non verificarsi del tutto o non verificarsi affatto. In tal caso, non dobbiamo pensare che la legge economica sia falsa, bensì che quest'ultima, pur mantenendo intatta la sua validità, non produce effetti, in quanto rimangono latenti finché gli elementi che ne impediscono la manifestazione non verranno eliminati. Nell'ambito delle scienze umane, tale approccio metodologico a priori, fortemente influenzato dall'apriorismo aristotelico, ci consente di tornare al soggetto umano come centro dinamico e luogo d'incontro della sua esteriorità ed interiorità, consentendo la conoscenza delle strutture dell'azione.
Un ulteriore pilastro teorico sul quale poggia tale scuola è dato dall’individualismo metodologico. In base a tale interpretazione dei fenomeni politici, economici e culturali, le istituzioni sociali sono giudicate come il risultato inintenzionale di azioni intenzionali, poste in essere da soggetti - individui - che si prefiggono lo scopo di fuoriuscire da uno stato d’insoddisfazione, utilizzando gli strumenti a disposizione, nell’umana condizione di limitatezza e fallibilità[38]. Scrive a tal proposito Carl Menger: «tutti questi istituti sociali sono, nelle loro varie forme fenomeniche e nelle loro incessanti mutazioni, in non piccola parte il prodotto spontaneo dell’evoluzione sociale; i prezzi dei beni, il saggio dell’interesse, la rendita fondiaria, i salari e mille fenomeni della vita sociale e dell’economia in particolare mostrano esattamente la stessa peculiarità»[39]. Ed ancora Mises: «È il significato che gli individui agenti e tutti coloro che sono toccati dalla loro azione attribuiscono a un'azione che ne determina il carattere. È il significato che caratterizza un'azione come azione individuale e un'altra azione come azione dello stato o della municipalità. Il boia, e non lo stato, giustizia il criminale. È la riflessione degli interessati che discerne nell'azione del boia un'azione dello stato»[40]. Con ciò gli interpreti dell'individualismo metodologico di matrice austriaca intendono affermare che il mercato, sebbene sia un ordine spontaneo, non è un dato naturale, bensì un prodotto dell’agire umano; anche se un prodotto molto complesso. Il mercato, dunque, a partire dall’approccio adottato dai sostenitori dell'individualismo metodologico di matrice austriaca, che lo interpretano essenzialmente come un processo nel quale gli interlocutori si scambiano le informazioni affinché nel tempo si possano effettuare intenzionalmente le opportune transazioni, si presenta come il frutto non intenzionale di azioni poste in essere da persone capaci di riflessione e di scelta, che in forza della loro autonomia e libertà, possono agire avendo come obiettivo la soluzione di uno stato d’insoddisfazione. In definitiva, il mercato, in ambito economico, al pari della democrazia in ambito politico, appare come il legato più prezioso che la civiltà occidentale (greca, romana e cristiana) ci ha lasciato in eredità[41].
L’aver posto il problema dell’azione umana a fondamento del processo economico e della conoscenza delle sue strutture, ci consente di riconoscere i meriti di un metodo d’indagine che spesso è stato relegato nella sfera del bieco utilitarismo ed egoismo politico-sociale[42] (http://v1.acton.org/ital/publicat/articolo_passerin.html#_ftn42), negligendo che il contrario di [I]individualismo, in ambito metodologico, non è altruismo, bensì olismo, e che l’individualismo metodologico non nega l’esistenza di gruppi sociali, quanto piuttosto ritiene che affinché essi e le loro attività siano coerentemente conoscibili, il metodo più adatto dovrebbe tener conto delle intenzioni e dei piani individuali, anziché rifugiarsi nella reificazione di concetti collettivi la cui manifestazione è l’esito di un processo mai del tutto intelligibile alla mente umana[43]. In definitiva, l'individualismo metodologico, a differenza del metodo marxista, ed in una certa misura anche di quello keynesiano, dove l'oggetto dell'attività economica è l'aggregato[44], ha avuto il merito e l'originalità di porre il soggetto dell'azione al centro dell'indagine; potremmo dire, riducendo l'azione stessa al suo soggetto, ossia la persona agente, un soggetto libero, creativo, responsabile e relazionale.
da: http://v1.acton.org/ital/publicat/articolo_passerin.html
Il contributo di Rothbard è quello di aver inserito la prasseologia di Mises in un contesto di giusnaturalismo. Rothbard fa esplicitamente riferimento a filosofi come Spooner, Tucker e Locke fondendo il loro giusnaturalismo con la filosofia "austriaca" della prasseologia. Non si può affermare che filosoficamente Mises fosse "utilitarista" per il semplice motivo che per "utilitarismo" si intende una corrente filosofica che non è affatto avalutativa ma pone proprio "l'utilita" o comunque un "bene" al centro del proprio pensiero (Hume, Mill, Bentham: filosofi liberali classici e utilitaristi).
Ora vorrei che qualcuno mi facesse notare dove Mises in "Human action" faccia un solo minimo accento all'etica o ai valori morali.
La differenza tra Rothbard e Mises non sta nell'utilitarismo di quest'ultimo (che non esiste) ma nel differente contesto filosofico. Rothbard è giusnaturalista con un debito all'apriorismo aristotelico, Mises invece è influenzato dal liberalismo classico inglese e dall'apriorismo kantiano.
Il risultato è che la filosofia politica di Rothbard porta al radicalismo dell'individualismo metodologico e, quindi, all'anarchia, mentre per Mises tutto rimane nel liberalismo classico (quindi al massimo "stato minimo"). Interessanti anche le differenze tra Popper, Nozick e la scuola austriaca ma qui non ci interessano.
Ps: quello che mi preme sottolineare è che c'è una bella differenza tra l'utilitarismo di Hume, Mill e Bentham e la prasseologia di Mises. Ancora più differenza c'è tra Rothbard e gli utilitaristi. Dal punto di vista del "metodo" Mises e Rothbard sono quasi identici (apriorismo debole kantiano vs apriorismo forte aristotelico).