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Visualizza Versione Completa : Per la lingua Italiana



Miles
27-04-10, 19:50
http://img101.imageshack.us/img101/2082/24598908.jpg

Per la lingua italiana
Manifesto agli italiani

a cura di Gianluca Corradi
Edizioni Polistampa 2004, pp. 120, ill. b/n, br., € 10,00

Tornata accademica sul tema Gli italiani e l’italiano, Ravenna, 16 maggio 2003, Teatro Alighieri.

Premessa di Giancallisto Mazzolini.

Messaggio del Presidente della Repubblica.

Interventi di Vidmer Mercatali, Natale Graziani, Pier Ferdinando Casini, Francesco Sabatini, Bruno Bottai, Ezio Raimondi.

Nella sezione Echi di stampa articoli di Claudio Marabini, Paolo Conti, Marcello Veneziani, Giordano Bruno Guerri, Paolo Poponessi, Alessandra Ladicicco, Aldo Forbice, Tullio De Mauro, Mario Graziano Parri, Franco Bozzi.

“Gli Accademici Incamminati, riuniti a Ravenna il 16 maggio 2003, nella città che gelosamente conserva la memoria di Dante, padre della lingua italiana… si appellano, infine, a tutti gli Italiani che si sentono parte «del bel paese là dove ’l sì sona», e li esortano ad amare la loro lingua e a sentirla espressione irrinunciabile della propria identità, perché ne sappiano mettere a frutto la peculiare dote di messaggera universale e insostituibile di cultura e civiltà”.

Miles
27-04-10, 19:52
http://img101.imageshack.us/img101/4822/32300862.jpg

Contro la generale indifferenza verso il degrado sempre maggiore dell'italiano,

contro la diffusa rassegnazione ad accettare l'invasione dell'angloamericano come portato dei tempi moderni e soprattutto contro i valori veicolati dalle attuali modalità della sua diffusione,

per l'affermazione del diritto dei popoli alla conservazione e allo sviluppo della propria lingua e della propria cultura e per forme di comunicazione internazionale non basate sulla sopraffazione del piu' debole da parte del piu' forte.

Comitato Nazionale di Difesa delle Lingue e delle Culture
Allarme Lingua
Viale Aldo Moro, 37 - 66013 Chieti Scalo - Italia, tel. +39-0871-561301

Comitato Nazionale di Difesa del (http://www.allarmelingua.it/)

Miles
27-04-10, 19:53
http://img101.imageshack.us/img101/8563/antibarbaro.jpg

«La decadenza della lingua è uno dei sintomi dell’affermazione e dell’egemonia del ‘politicamente corretto’»

Appare evidente, quindi, che dietro la smisurata diffusione nel mondo dell’anglo-americanismo, si nasconda il progetto politico di uniformare culturalmente il pianeta. Una colonizzazione linguistica imposta dagli americani per 3 motivi:

Il controllo sociale del mondo.

Il condizionamento culturale dei popoli.

Il rapporto di subalternità dell’Europa agli Stati Uniti.

Per cui, la difesa delle lingue europee contro l’invasione linguistica anglo-americana diventa la linea di combattimento che riguarda la nostra stessa essenza di Europei.

Questo attacco subculturale contro le lingue nazionali europee che ci viene portato dall’America (occidente), minaccia, in pratica pure tutte le lingue nazionali del mondo.

L'ANTIBARBARO vuole essere uno strumento culturale che contrasti questa pericolosa degenerazione.

Un opera attiva di controinformazione che risvegli le coscienze,la creatività e l'orgolgio del nostro popolo.

Un accorato appello che la libertà, la sovranità e l'identità nazionali si realizzano riscoprendo la meravigliosa nostra lingua italiana.

Una barricata non solo lessicale contro l'affermazione del mondialismo.

Per richiederlo, mandate una mail a: controventopg@libero.it

Mc Queen
27-04-10, 21:43
Il ceppo linguistico ITALO-ROMAZO è effettivamente molto bello e poetico.

Miles
27-04-10, 22:16
Il ceppo linguistico ITALO-ROMAZO è effettivamente molto bello e poetico.

http://www.freeguppy-italia.it/img/errori-di-battitura.jpg

Mc Queen
27-04-10, 22:50
http://www.freeguppy-italia.it/img/errori-di-battitura.jpg


ITALO-ROMANZO. Mi scuso per la svista. Scrivo veloce e ho anche altro da fare che non stare sul forum.

Garat
27-04-10, 23:47
ITALO-ROMANZO. Mi scuso per la svista. Scrivo veloce e ho anche altro da fare che non stare sul forum.

Il "ceppo italo_romanzo" è la TUA lingua, quella con cui ti esprimi :D

Mc Queen
28-04-10, 01:51
Il "ceppo italo_romanzo" è la TUA lingua, quella con cui ti esprimi :D

In verità quello originale è Gallo-romanzo. Dopo il 1861 è stata fatta una certa scelta politica tuttavia.

Miles
28-04-10, 08:10
In verità quello originale è Gallo-romanzo. Dopo il 1861 è stata fatta una certa scelta politica tuttavia.

Si ma non siamo qua per parlare del Delfinato e dell'Occitania, viceversa (anche) dell'imbarbarimento costante della Lingua Italiana.
Che non è solo una questione di fine accademia culturale, ma anche di autodifesa collettiva. Un popolo che non sa più usare la propria Lingua è un popolo che non sa più esprimere i propri pensieri.

1984 è stato profetico da questo punto di vista, rappresentando l'eliminazione della capacità culturale ed espressiva dei singoli e della società (imponendo la neolingua) come chiave di dominazione.

Maria Vittoria
28-04-10, 08:30
Il ceppo linguistico ITALO-ROMAnZO è effettivamente molto bello e poetico.



dal Dizionario Enciclopedico Italiano TRECCANI

romanza - sostantivo femminile derivato dal sostantivo femminile francese romance derivato dal sostantivo maschile spagnolo romance

In letteratura italiana definisce il componimento poetico in uso in Italia a fine 18° secolo, che si richiama al romance spagnolo dei secoli 15° - 16° e al romance francese, oltre che a composizioni dai toni primitivi e medievaleggianti.

Nella storia della musica può avere tre aspetti distinti: da camera, operistica e strumentale. Affine alla chanson ed alla ariette se ne distingue per una più spiccata sentimentalità e per la forma più compiuta.

Caratteristico uso della lingua romanza è il narrativo galante e melodico.

Maria Vittoria
28-04-10, 08:32
Si ma non siamo qua per parlare del Delfinato e dell'Occitania, viceversa (anche) dell'imbarbarimento costante della Lingua Italiana.
Che non è solo una questione di fine accademia culturale, ma anche di autodifesa collettiva. Un popolo che non sa più usare la propria Lingua è un popolo che non sa più esprimere i propri pensieri.

1984 è stato profetico da questo punto di vista, rappresentando l'eliminazione della capacità culturale ed espressiva dei singoli e della società (imponendo la neolingua) come chiave di dominazione.



chiusa la parentesi aperta da Mc Queen possiamo tornare alla Lingua Italiana
e cosa accadde nel 1984

:mmm:

Miles
28-04-10, 08:46
e cosa accadde nel 1984

:mmm:

Ehm , intendevo il libro 1984 di Orwell (ambientato in un ucronistico e distopico 1984) , ove appunto la lingua (pardon la neolingua) diventava mezzo per vincolare ogni forma di pensiero "non conforme"

Per una volta vista la sinteticità della voce ed il fatto che ho ben contezza della questione (sempre stato ammiratore e lettore di Orwell) utilizzerò la voce di Wikipedia.



La neolingua è una lingua artificiale artistica immaginata e descritta da George Orwell per il suo libro 1984.

Fine specifico della neolingua non è solo quello di fornire, a beneficio degli adepti del Socing, un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Una volta che la neolingua fosse stata radicata nella popolazione e la vecchia lingua (archelingua) completamente dimenticata, ogni pensiero eretico (cioè contrario ai princìpi del partito) sarebbe divenuto letteralmente impossibile, almeno per quanto attiene a quelle forme speculative che derivano dalle parole.
Descrizione della lingua [modifica]

Questa lingua è stata ampiamente descritta dall'autore in un'appendice alla fine del suo libro. La neolingua è uno stupendo espediente del quale l'autore fa uso per sottolineare la natura del regime descritto nel suo libro, che ne fa uso per eliminare, appunto, la possibilità letterale di esprimere un'opinione che si discosti da quella approvata dal "partito" senza, implicitamente, appoggiare il pensiero stesso che si sta tentando di criticare, attraverso il cosiddetto bispensiero, cioè l'attribuzione ad una parola di due significati diametralmente opposti, che rendono perciò possibile l'interpretazione in senso positivo di quasi tutte le critiche che si possano fare al partito stesso.

Altro intento che il partito tenta di realizzare attraverso la creazione della neolingua è ciò che in neolingua è chiamato ocoparlare (nella traduzione italiana) o ocolingo (nella prima traduzione del 1950), cioè parlare come un'oca. Riducendo il più possibile il numero dei vocaboli e delle regole grammaticali, eliminando ogni possibile eccezione della lingua, riducendo e modificando i possibili significati di ogni parola, nonché i suoi sinonimi (che bisogno c'è della parola "veloce" se esiste "rapido"?), i suoi contrari (perché utilizzare "cattivo" se lo si può esprimere come "sbuono", cioè come contrario di "buono"?), i comparativi e superlativi (arcibuono, arcipiùbuono ecc...) e così via, il partito sperava che, per coloro che facevano uso di tale lingua, l'azione del parlare fosse un mero movimento delle corde vocali, con la minor implicazione possibile del cervello, esattamente come fa un'oca quando starnazza.

In effetti, l'obiettivo finale della neolingua era quello di impedire la formazione di un qualunque pensiero contrario ai principi del Socing, che doveva essere etichettato genericamente come psicoreato e comunque non articolato in quanto la neolingua semplicemente non avrebbe avuto gli strumenti per farlo. Questo sarebbe stato raggiunto attraverso revisioni successive della lingua stessa, ognuna della quali doveva eliminare consistenti quantità di parole dal vocabolario, ed estendere il suo uso a tutto il partito e alla massa dei prolet (contrazione di proletari).

Neolingua - Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Neolingua)


Ora non è difficile immaginare che , in una società come quella attuale in cui in media il 97% delle persone parlando in tutta la sua vita non usa oltre i 200/300 vocaboli , non legge altro che la gazzetta dello sport (e comunque sia la qualità di produzione giornalistica che quella editoriale negli ultimi 30 anni è andata di male in peggio) eccetera , impara l'Italiano da una tv oltremodo scadente , sguaiata, volgare, e si riempie di anglicismi di cui a stento conosce il vero significato, abdicando cioè alle proprie facoltà mentali è una società che perde la propria identità.

vanni fucci
28-04-10, 09:47
Italia e poesia
“Salva, cara Deo Tellus sanctissima…” (F. Petrarca, 1353)

Scendendo dal Tirolo fra pini ed abeti si giunge in Italia. Venendo dalla Costa Azzurra fra fiori e aranci si giunge in Italia. Dagli azzurri laghi contornati di monti si giunge in Italia. Dal mare, dal mare, dal mare si giunge in Italia. Solo chi vive in Italia è poeta. Wagner sotto questo cielo muore, mentre un piccolo uccello sul suo davanzale gli dà un’ultima irrealizzabile ispirazione di una cascata di note. Goethe fa di Mignon l’interprete del suo amore per l’Italia:

“Lo conosci il bel suol
Che di porpora ha il ciel,
dove il lauro fiorisce
dove il mare è più bel?”

(L’esperienza teatrale di W. Meinster)

Nietsche scrive il suo “Così parlò Zarathustra” nel tedesco più melodioso e ci pare di leggere un poema italico. E questo lo può perché egli ha l’anima italiana. Perché nelle orecchie ha il dolce frangersi delle onde sul lido di Rapallo. Ed egli impazzisce, forse per un mirabile fato divino che non permette a straniero di rubare l’anima della nostra terra, o forse perché il calore e l’amore vampante del sangue italico gli bruciano il senno.
Byron nel “Don Giovanni” descrive il nostro mondo. Le notti del bel fascinatore di donne paiono avere il tramonto e l’aurora sotto il cielo di Napoli. E quando Juan stringe fra le braccia una donna essa è italiana, bella bruciante, essa parla d’amore come solo le nostre donne sanno. Solo in Italia si guarda volare le rondini, solo le nostre notti hanno il fascino di mille voci di mille uccelli.
E Shelley ruba una di queste voci, uno di questi piccoli uccelli e caldo nel seno lo porta fra le brume a sfrecciare verso il sole:

A un’allodola

Salute a te, o spirito di gioia!
Tu che non fosti mai uccello, e dall'alto
del Cielo, o vicino, rovesci
la piena del tuo cuore in generose
melodie di un'arte non premeditata.
(…) P. Shelley, Livorno, 1820

Rendici, rendici la nostra allodola o poeta!
Ma pare che solo i poeti sentano l’amore della terra, del cielo, il calore del mare, della rena; in cuore ci viene una preghiera.
“O Dio! Fa che ogni italiano ami la sua terra come la sua terra ama lui, fa che come essa tutto gli dona: dai fiori alla luce del sole, anche egli tutto le doni, dal suo sorriso al suo sangue”.

F.L. 1961

Miles
28-04-10, 10:04
In verità quello originale è Gallo-romanzo. Dopo il 1861 è stata fatta una certa scelta politica tuttavia.

Per il Ducato di Savoia l'adozione ufficiale della Lingua Italiana (accanto al Francese) risale al 1561 (prima unica lingua ufficiale era il Latino). Una confusione di tre secoli netti.
Ovviamente dirai che è stata una scelta politica perchè prevedevano trecento anni dopo di fare campagne militari per tutto lo stivale.
Lungimiranti, eh...

Miles
28-04-10, 10:26
MANIFESTO IN DIFESA DELLA LINGUA ITALIANA



L'italiano del Novecento ha riacquistato in scioltezza, rapidità e trasparenza ciò che aveva perduto nell'Ottocento. Oggi, nel Duemila, può essere di nuovo una lingua fulminea e chiara, uno strumento di comunicazione e di espressione pronto a scendere indifferentemente sul versante scritto come su quello parlato senza camuffarsi. Infatti, ben attestato sul crinale, controlla ormai entrambi gli orizzonti. Non è più magazzino inerte, ricettacolo passivo di ferrivecchi, trovarobato letterario, ma principio attivo. E' di nuovo una spada, dopo essere stata a lungo un fodero.

Eliminate le callosità lessicali, le rotondità auliche e le opacità burocratiche che la soffocavano, la lingua ha conservato la spina dorsale della sintassi, che è il suo genio segreto e la sua vocazione profonda.

Questa vocazione riaffiora oggi in superficie ed è ben visibile sotto i detriti dell'uso corrente; né bastano a oscurarla la vulgata giornalistica, il dialetto politico, i gerghi professionali, i linguaggi simil-tecnici.

Hermann Broch ha scritto che dove degenera il linguaggio, là degenera la vita. Se dobbiamo credergli, in Italia la vita è salva, a dispetto della lunga e confusa transizione culturale e politica che stiamo attraversando.

Una lingua è viva quando non ricorre a prefabbricati verbali, propri o altrui, per inventare comunicazione quotidiana o creazione letteraria, ma attinge alla falda profonda delle proprie potenziali risorse espressive.

Queste risorse esistono, si sono conservate e rinnovate, e sono adesso alla portata di tutti. Eppure molte istituzioni pubbliche e private, non esclusa la scuola, non le attivano. Alitalia, le Ferrovie (si ponga attenzione alle scritte negli aeroporti e nelle stazioni) e le altre aziende di Stato, le banche e le agenzie di pubblicità dimenticano spesso che la comunicazione corrente non si fa con la comunicazione altrui, così come la letteratura non si fa con la letteratura; mentre anche i peggiori panettieri sanno che il pane non si fa con il pane, ma con la farina. Se sia buona o cattiva farina il materiale linguistico di chi parla o scrive oggi, è questione di scelta. E' però farina e non pane, a dispetto di televisioni e agenzie pubbliche. E dunque, almeno la vita è salva.

Usare il linguaggio per giudicare la lingua, parlare di parole, è un'impresa delicata. Come battere conio anziché moneta. Ma la cultura è spesso costretta a fare capriole su se stessa, azzardando esplorazioni in zone assai più ignote di quelle battute dalla psicanalisi.

Capire la coscienza è più difficile che capire l'inconscio. E poiché il linguaggio è a metà strada tra l'una e l'altro, chiunque, e in ogni momento, intenda difendere una lingua dai pericoli che la minacciano è costretto a affrontare entrambe le difficoltà.

L'italiano non è una lingua lessicalmente ricca. Ma compensa la sua relativa povertà di parole con una straordinaria ricchezza di costruzioni e movenze sintattiche, che possono rimpiazzare ottimamente sostantivi, verbi e aggettivi per garantire al discorso sfumature di significato e di espressione. Ha i suoi punti deboli, ma anche una straordinaria trasparenza e una singolare tendenza a degradare gli errori di pensiero a errori di lingua, segnalando i falli della mente attraverso le stesse regole che presiedono alla logica della sua espressione (ad esempio, non può cambiare a senso il soggetto di una frase o imbrogliare i tempi di un'azione).

Inoltre, si rifiuta giustamente di avvitarsi in quelle tortuose ripetizioni alle quali indulgono volentieri altre lingue (europee e non europee); e non per un banale gusto dell'eufonia, ma per la pretesa, bizzarra e generosa, di costringere il pensiero a non tornare mai sui propri passi e a sorvolare territori sempre nuovi e sconosciuti.

L'italiano non è una lingua infinitamente duttile come l'inglese, sensuale come il russo (dove un suono può essere analizzato con dieci parole diverse), tagliente e apodittica come il francese. E' rigido e può facilmente apparire inamidato e goffo nelle effusioni sentimentali, perché riflette una cultura sotto sotto scettica; ed è anche smorto e impreciso nella resa delle sensazioni, perché troppo ancorato al filtro dell'intelletto. Inoltre, è sospinto da una tradizione secolare verso il povero rimbombo ciceroniano dello stile cattedrattico.

Eppure, se usato bene, l'italiano può diventare espressivo, sensuale, limpido, semplice ed essenziale come nessun'altra lingua. Ed è usato bene quando è lineare, perché questo è il suo demone, il suo genio. Infatti è una lingua fredda, dura, lucida, consequenziale. Tra i suoi meriti può vantare anche una propensione naturale al giusto dosaggio tra astratto e concreto e una diffidenza, nascosta ma tenace, per le frane incontenibili che trascinano verso l'empireo delle idee artificiali. Alle quali si abbandona invece, orgiasticamente, il tedesco: lingua meritoria, ancora caldissima e omerica (e però senza parapetti verso l'indefinito), nella quale la creazione incessante di parole e di concetti consente tuttora, agli albori del XXI secolo, di battezzare le cose che esistono come le cose che non esistono, e di scrivere quasi quotidianamente l'Iliade e l'Odissea della mitografia concettuale, il grande epos moderno del pensiero burocratizzato o estaticamente meccanizzato.

Ma va ricordato che, per quanto vitale, nessuna lingua può resistere a lungo al disinteresse di chi la parla e la scrive; e in Italia, in questi anni, la disattenzione teorica per l'idioma nazionale è stata totale. Molti scrittori, che sono i depositari naturali della lingua, hanno preferito cercare espressività nei dialetti. Altri hanno atteso trepidanti l'arrivo del basic english. Nessuno, o quasi, ha difeso l'italiano, distinguendolo dai dialetti e dalla dilagante idolatria per tutto ciò che è globale o locale; anche se, in questi anni, un certo numero di autori ha usato una lingua bella e chiara, fornendo esempi diversissimi e magari opposti delle grandi possibilità e della straordinaria versatilità di quel demone che ci fa parlare e scrivere.

Minacciate dalla ripresa dei dialetti, dall'insorgenza dei gerghi corporativi e dall'avanzata del pidgin english, le grandi lingue dell'Europa si difendono come possono. E non solo la Francia, sempre sensibile alla continuità e alla vitalità della sua cultura, difende il francese; ma anche la Germania, assai più restia (per radicate e giustificate ragioni) a compromettersi con rivendicazioni identitarie, ha recentemente lanciato una grande campagna per la difesa del tedesco.

Sembra necessario , dunque, avviare anche in Italia un movimento di resistenza attiva contro l'inquinamento della lingua.

La quale non è minacciata da chi parla o scrive, ma da chi si augura la sua rapida estinzione per poter approdare, quanto prima, a un mondo globalizzato, dove la comunicazione corrente sia affidata ai dialetti e quella culturale al basic english. Da questo punto di vista, il purismo lessicale non è importante; sono utili i prestiti linguistici, possibili le contaminazioni efficaci, benvenute le innovazioni intelligenti: ma è vitale la difesa della sintassi, che è la struttura ossea di qualsiasi linguaggio.

Gli Aeroporti italiani e le banche che, per una campagna contro il fumo, non hanno trovato di meglio che spalmare parole italiane su un frasario inglese, inventando lo slogan: "Grazie per non fumare!" ("Thank you for not smoking!"), non sanno, forse, di aver creato un mostro. Si sono comportati, più o meno, come un biologo che pretendesse di stendere la pelle di una lepre sullo scheletro di un gatto per ottenere un animale al tempo stesso aggressivo e veloce. Ignorano probabilmente che ibridi di questo genere, come il pidgin english dilagante, possono ridurre in breve tempo culture sedimentate alla balbuzie puerile di una clinica per minorati.

Sempre che, sapendolo, non se lo augurino: in nome di una rapida unificazione del mondo sotto l'impero della new economy.

Contro questa unificazione autoritaria e impoverente, la lingua è un'arma.



da "Il Tempo" 6 giugno 2000

vanni fucci
03-06-10, 08:57
Italians - Corriere della Sera (http://www.corriere.it/italians/)

Leo (nome) Pardi (cognome) e il successo dell'italiano nel mondo

«La lingua italiana non esiste, dobbiamo inventarcela. Colpa degli intellettuali, quindi anche tua». Così fa dire Arp (Giovanni Arpino) a Grangiuàn (Gianni Brera) in uno splendido libro ripubblicato in Bur, Azzurro tenebra, racconto della disastrosa spedizione italiana ai Mondiali 1974, quando il ct convocò, per riconoscenza, gli eroi invecchiati dell'edizione precedente, e finì a pernacchie (ricorda qualcosa? Ma no, bisogna essere ottimisti!).
Torniamo alla lingua. Se non esiste e dobbiamo inventarcela, come diceva (e faceva) Brera, bisogna ammetterlo: siamo bravini. L'italiano è ormai un prodotto di successo. Portato in bocca dai viaggiatori, conservato nel cuore dagli emigrati, riportato a casa dagli immigrati, la nostra lingua si lascia maltrattare. E col masochismo arriva il successo. Lo dimostra l'inglese, storpiato e vincente.
Volfango Goethe, da ragazzo, amava l'italiano e lo chiamava «un allegro latino» ma non riuscì mai a parlarlo e scriverlo correttamente. La stessa passione imperfetta muove tanti stranieri durante i viaggi in Italia (reali o fantastici). Sbagliano? Evviva. Non prenderò mai in giro i principianti, di cui adoro l'incoscienza; né gli immigrati, di cui rispetto le difficoltà; né gli emigranti, di cui ammiro la memoria. Forse i mercanti (108 mila risultati su Google per Fettucini Alfredo con una sola "c"). Ma perché infierire? Magnificare un piatto italiano che in Italia non c'è, e sbagliarne la doppia, è una forma d'adulazione.
Lunedì a Piazza delle Lingue - gl'incontri fiorentini dell'Accademia della Crusca, quest'anno dedicati proprio a «l'italiano degli altri» - Tullio De Mauro si felicitava dell'assenza di una politica governativa in materia (se escludiamo la Settimana della Lingua, in ottobre). Meglio che l'italiano se la cavi da solo - ha spiegato - visto che se la cava benissimo.
Restiamo i più grandi produttori mondiali d'emozioni - potessimo inserirle nel Pil! - e la lingua ne trae vantaggio. Cosa evoca l'italiano? Cose belle come cibo e arte, musica e stile (le cose brutte le facciamo in silenzio). Chi lo studia? L'ho visto a Belgrado e Bucarest, Tirana e Tallinn, Hanoi e Hannover, Bangkok e Boston: soprattutto donne, mosse più dal cuore che dal calcolo. Di cosa parlano, gli stranieri, in italiano? A Firenze ho letto in pubblico il dialogo tra un gentiluomo inglese e una cameriera italiana, tratto da un frasario di fine Settecento; poi la conversazione tra un'americana e un gondoliere da La Bella Lingua di Dianne Hales (2009). Tra i tentativi di seduzione, oltre due secoli. Eppure perfettamente sovrapponibili. Certo, ricordava Andrea Ciccarelli, c'è chi nella biblioteca della Indiana University cerca Leo (nome) e Pardi (cognome), e si lamenta di non trovare Leopardi. Ma che importa? Leo(pardi) era fascinoso come Leo (Di Caprio), e l'amore sul Titanic è una forma nautica d'Infinito.

Beppe Severgnini

Maria Vittoria
03-06-10, 09:10
1 idea per educare all'uso corretto della Lingua Italiana come Segno della Civiltà Italiana:

per identificare 1 persona chiamiamola sempre usando Nome & Cognome.

Così anche 1 americano imparerà a cercare nel catalogo per autori della Biblioteca del suo paese Giacomo Leopardi.

:chefico:

Guy Fawkes
03-06-10, 12:12
Ricordo che alle medie ed al liceo mi fecero studiare la "Rinuncia al Vocabolario della Crusca" da parte degli illuministi del "Caffè". Mi chiedo cosa direbbero della situazione attuale quegli intellettuali che allora si schierarono a favore dell'evoluzione della lingua al fine di rinnovare la società. Oggi purtroppo si tratta di un'involuzione..............

Maria Vittoria
03-06-10, 14:17
Ricordo che alle medie ed al liceo mi fecero studiare la "Rinuncia al Vocabolario della Crusca" da parte degli illuministi del "Caffè". Mi chiedo cosa direbbero della situazione attuale quegli intellettuali che allora si schierarono a favore dell'evoluzione della lingua al fine di rinnovare la società. Oggi purtroppo si tratta di un'involuzione..............



Non mi sembra.

Non abbiamo perduto nulla del nostro passato; capire che è opportuno conoscere oltre all'italiano l'ebraico, il greco, il latino il francese & l'inglese mi sembra una grande evoluzione.

Come pure il comprendere che possiamo insegnare a chiamare ogni persona con il suo nome & cognome

Guy Fawkes
03-06-10, 14:55
Non mi sembra.

Non abbiamo perduto nulla del nostro passato; capire che è opportuno conoscere oltre all'italiano l'ebraico, il greco, il latino il francese & l'inglese mi sembra una grande evoluzione.

Come pure il comprendere che possiamo insegnare a chiamare ogni persona con il suo nome & cognome
Evoluzione se questo inserimento di vocaboli servisse ad arricchire la capacità espressiva e ad ampliare l'ambito di comunicazione. Invece assistiamo ad un progressivo impoverimento terminologico, con verbi e sostantivi che spariscono, all'assassinio di tempi verbali (il congiuntivo:piango:), oltre all'introduzione di termini da lingue straniere solo per ostentazione e per la pigrizia mentale di non cercare un equivalente italiano altrettanto valido. Se si applicassero questi nuovi termini ricordando di applicarli rispettando le regole grammaticali dell'italiano e delle lingue di origine senza produrre guazzabugli vari, allora si potrebbe iniziare a veder evolvere la nostra lingua.

flo
06-06-10, 10:22
http://t1.gstatic.com/images?q=tbn:agqpyjuQ39EmgM:http://www.ub.es/filsitl/ottobre.gif

Lingua italiana, bella, facile per impararla ma difficile per scrivere grammaticalmente coretto
Non ho avuto la possibilità di studiarla
Ma quando riesci a farti capire già e tanto

Nessuno
06-06-10, 13:05
Contro la generale indifferenza verso il degrado sempre maggiore dell'italiano,

contro la diffusa rassegnazione ad accettare l'invasione dell'angloamericano come portato dei tempi moderni e soprattutto contro i valori veicolati dalle attuali modalità della sua diffusione,

per l'affermazione del diritto dei popoli alla conservazione e allo sviluppo della propria lingua e della propria cultura e per forme di comunicazione internazionale non basate sulla sopraffazione del piu' debole da parte del piu' forte.

Comitato Nazionale di Difesa delle Lingue e delle Culture
Allarme Lingua
Viale Aldo Moro, 37 - 66013 Chieti Scalo - Italia, tel. +39-0871-561301

Comitato Nazionale di Difesa del (http://www.allarmelingua.it/)

Quante voci nuove spiacevoli a leggersi et eziandio a udirsi, però. E non si voglia riferirne lo malo uso all'invasione dell'angloamericano.

P.S. Sono da ricovero, lo so. :D

Lord Kitchener
06-06-10, 15:32
in italiano, prego.

Nessuno
06-06-10, 16:57
in italiano. e 2.

Nessuno
06-06-10, 17:05
Diavolo, io avea al tutto trasandato i valori veicolati dalle attuali modalità... :D

edera rossa
07-06-10, 00:04
siamo ormai arrivati ai "pizza's makers" ; abbiano avvisi nei negozi in sola lingua inglese , pochi giorni fa mi hanno telefonato dall'ospedale dicendomi che il giorno dopo dovevo essere alle ore sette e mezza del mattino al reparto sergery ( non so se ho imprecato di più per l'orario o per il termine usato). Le banche e le finanziarie usano termini inglesi che aiutano tanto a rendere più astrusi, ma più pregni di chissà quale modernità, i contratti ( tavolta autentici bidoni) che ti propongono; un tempo nella campagna veneta di diceva, parlando dei preti, " i studia el latin par ciavar el poarin" , oggi è l'anglo-ameicano la lingua che qualsiasi affabulatore pronto a buggerarti si sente in dovere di usare. E non parliamo poi dei tanti modi impropri nei quali viene parlata e sparlata la lingua inglese . E dietro la lingua passano valori culturali e modelli di vita e di consumo ( tutti avranno notato come infuri l'anglo-americano nella pubblicità). Nel frattempo la rendita linguistica rende alla Gran Bretagna più del petrolio del Mare del Nord, e nella comunità europea si cerca di imporre l'assunzione di personale parlante l'inglese come lingua madre. Francia e Germania cercano di difendere la loro lingua ed i loro legittimi interessi anche nel campo linguistico; in Italia sembra che una delle prime qualità di un politico sia la buona conoscenza delle lingue estere ( e non vi è capo di governo, si entrambi gli schieramenti, che non cerchi di parlare in inglese anche quando dignità di nazione imporrebbe di farlo solo in caso di disponibilità dell'altra parte di fare altrettanto con l'italiano) . Vi sono giornalisti stranieri in Italia non si preoccupano di conoscere l'italiano e fanno domande in inglese anche ad una conferenza stampa che si tiene a Roma od a Milano.
Ai ragazzi ci si preoccupa di più che imparino le lingue estere ( e tante mi raccomando) fin da ragazzi anche se serviranno solo, nel caso non studino abbastanza le altre materie, solo a dire sciocchezze in tante lingue diverse invece che in una sola.
Ma per cambiare tutto questo occorre pensare che le singole lingue nazionali non sono in grado di difendersi dall'assalto di lingue mondiali egemoni se non vi è una lingua franca mondiale che permetta a tuttti di
conversare su un piano di autentica parità ( io studio una lingua per parlare con te , mentre tu stai studiando la stessa lingua neutrale per parlare con me). Le lingue neutrali artificiali ( come l'esperanto) permettono alle lingue nazionali di non soccombere; altrimenti prepariamoci a cantare , sull'aria del Nabucco, " O mia lingua si bella e perduta".

Carnby
11-06-10, 19:34
Comunque il termine italoromanzo usato da McQueen è linguisticamente corretto. Il dibattito accademico oggi riguarda soprattutto il fatto se i dialetti settentrionali (galloitalici e veneti) facciano parte dell'italoromanzo o del galloromanzo, eventualmente insieme al retoromanzo (romancio, ladino e friulano). La faccenda del componimento poetico non è di pertinenza linguistica.

Indrid Cold
11-06-10, 19:42
e cosa accadde nel 1984

:mmm:



:crepapelle: :crepapelle: :crepapelle:

:gluglu:

Miles
12-06-10, 00:21
Comunque il termine italoromanzo usato da McQueen è linguisticamente corretto. Il dibattito accademico oggi riguarda soprattutto il fatto se i dialetti settentrionali (galloitalici e veneti) facciano parte dell'italoromanzo o del galloromanzo, eventualmente insieme al retoromanzo (romancio, ladino e friulano). La faccenda del componimento poetico non è di pertinenza linguistica.

Il termine è utilizzato da vari autori. Rohlf ad esempio ne usa altri ( per indicare tale spettro di parlate usa "norditalici" ).
Il problema non è quindi il termine utilizzato , ma l'accezione politico-ideologica che se ne vuol far forzatamente derivare (nel caso in questione un improbabilissimo retroterra linguistico celtico nei dialetti del nord)

Maria Vittoria
12-06-10, 07:33
... Il dibattito accademico oggi riguarda soprattutto il fatto se i dialetti settentrionali (galloitalici e veneti) facciano parte dell'italoromanzo o del galloromanzo, eventualmente insieme al retoromanzo (romancio, ladino e friulano). La faccenda del componimento poetico non è di pertinenza linguistica.



è una forzatura di cui non ho mai letto in ambiente italiano e bolognese: quali sono le tue fonti?

Carnby
12-06-10, 15:11
Il termine è utilizzato da vari autori. Rohlf ad esempio ne usa altri ( per indicare tale spettro di parlate usa "norditalici" ).
Il problema non è quindi il termine utilizzato , ma l'accezione politico-ideologica che se ne vuol far forzatamente derivare (nel caso in questione un improbabilissimo retroterra linguistico celtico nei dialetti del nord)

Guarda, io non sono un sostenitore della "celticità" dell'area padana, ma è indubbio che tra Massa e Senigallia (termine da preferirsi rispetto alla tradizionale "linea La Spezia-Rimini") si concentrano importanti isoglosse che marcano una divisione molto netta tra i dialetti toscani e mediani e quelli dell'area settentrionale galloitalica (dove gallo- non sta per "celtico" ma piuttosto per "francese"). La ricerca lingusitica attuale propende per un superstrato germanico particolarmente forte nell'Italia settentrionale che avrebbe causato l'evoluzione particolare di quei dialetti rispetto al toscano. Del resto è possibile tracciare un continuum dialettale da Senigallia fino ad Alicante, dove i vari dialetti cambiano gradulamente quasi senza fratture (semmai una frattura importante è tra occitano e francese propriamente detto, ma questa è un'altra faccenda)


è una forzatura di cui non ho mai letto in ambiente italiano e bolognese: quali sono le tue fonti?

Per esempio Walther von Wartburg (che divideva la Romània in tre parti: Romània occidentale, Romània orientale e Sardegna) e in tempi più recenti Geoffrey Hull, ma in realtà la cosa si ritrova su tutti i manuali di filologia e linguistica romanza. Già, perché proprio è questo il nome con cui all'università si studiano le lingue derivate dal latino e le relative letterature.

Logomaco
12-06-10, 15:24
Ricordo solo che i linguisti italiani più eminenti dell'800, come Ascoli o Comparetti, non si facevano problemi a chiamare gl'idiomi settentrionali (escusi veneto e friulano) "galloitalici". Questo negazionismo è becero oltre che intellettualmente disonesto.

Miles
12-06-10, 15:53
Ricordo solo che i linguisti italiani più eminenti dell'800, come Ascoli o Comparetti, non si facevano problemi a chiamare gl'idiomi settentrionali (escusi veneto e friulano) "galloitalici". Questo negazionismo è becero oltre che intellettualmente disonesto.

Non v'è alcun negazionismo a definire gallo come termine geografico.
Il problema è quando si viene a parlare di derivazione celtica (!) di tale parlate locali.

Mc Queen
12-06-10, 16:14
Guarda, io non sono un sostenitore della "celticità" dell'area padana, ma è indubbio che tra Massa e Senigallia (termine da preferirsi rispetto alla tradizionale "linea La Spezia-Rimini") si concentrano importanti isoglosse che marcano una divisione molto netta tra i dialetti toscani e mediani e quelli dell'area settentrionale galloitalica (dove gallo- non sta per "celtico" ma piuttosto per "francese"). La ricerca lingusitica attuale propende per un superstrato germanico particolarmente forte nell'Italia settentrionale che avrebbe causato l'evoluzione particolare di quei dialetti rispetto al toscano. Del resto è possibile tracciare un continuum dialettale da Senigallia fino ad Alicante, dove i vari dialetti cambiano gradulamente quasi senza fratture (semmai una frattura importante è tra occitano e francese propriamente detto, ma questa è un'altra faccenda)
Per esempio Walther von Wartburg (che divideva la Romània in tre parti: Romània occidentale, Romània orientale e Sardegna) e in tempi più recenti Geoffrey Hull, ma in realtà la cosa si ritrova su tutti i manuali di filologia e linguistica romanza. Già, perché proprio è questo il nome con cui all'università si studiano le lingue derivate dal latino e le relative letterature.

Finalmente un cultore onesto di linguistica.





Ricordo solo che i linguisti italiani più eminenti dell'800, come Ascoli o Comparetti, non si facevano problemi a chiamare gl'idiomi settentrionali (escusi veneto e friulano) "galloitalici". Questo negazionismo è becero oltre che intellettualmente disonesto



Sottolineo l'ultima espressione (che anche io uso spesso). E' una infelice consuetudine che ho imparato a disprezzare (più che "odiare") : perchè implica un atteggiamento truffaldino teso a dimostrare anche con l'inganno qualcosa che si ama.
Io comprendo l'amore verso qualcosa : è umano. Quindi non ce l'avrei nemmeno con gli italianisti, se si limitassero a questo. Il problema arriva quando si ha la pretesa di imporre questo amore anche ad altri affermandone l'oggettività assoluta per dare un vantaggio determinante alle proprie idee. La pretesa di conferire valore oggettivo a qualcosa che oggettivo non è (anzi....è assai soggettivo).

Logomaco
12-06-10, 18:45
Non v'è alcun negazionismo a definire gallo come termine geografico.
Il problema è quando si viene a parlare di derivazione celtica (!) di tale parlate locali.

Non derivazione, ma substrato celtico, che è diverso.

Carnby
12-06-10, 18:52
Le teorie sostratiste sono in crisi un po' ovunque, non solo riguardo ai dialetti (comunque romanzi) dell'Italia settentrionale.

Miles
12-06-10, 19:10
Le teorie sostratiste sono in crisi un po' ovunque, non solo riguardo ai dialetti (comunque romanzi) dell'Italia settentrionale.

Interessante. Grazie.
Puoi fornirmi qualche riferimento letterario, se hai qualcosa sottomano?




Non derivazione, ma substrato celtico, che è diverso.

Sarebbe divertente sapere dove sia il sostrato celtico in Veneto, giacchè non fu mai terra nè di colonizzazione nè di presenza Celta.

Carnby
12-06-10, 19:36
Interessante. Grazie.
Puoi fornirmi qualche riferimento letterario, se hai qualcosa sottomano?

Non ho sottomano nulla ma mi pare che in tutti i testi più recenti di filologia romanza (e di altre famiglie indoeuropee) si sottolinei la cosa. Forse c'è scritto qualcosa anche in Lorenzo Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, il Mulino.



Sarebbe divertente sapere dove sia il sostrato celtico in Veneto, giacchè non fu mai terra nè di colonizzazione nè di presenza Celta.
Nessuno ha mai sostenuto una cosa del genere e il veneto non è mai stato considerato gallo-italico da nessuno studioso.

Maria Vittoria
12-06-10, 19:50
Non ho sottomano nulla ma mi pare che in tutti i testi più recenti di filologia romanza (e di altre famiglie indoeuropee) si sottolinei la cosa. Forse c'è scritto qualcosa anche in Lorenzo Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, il Mulino.


Nessuno ha mai sostenuto una cosa del genere e il veneto non è mai stato considerato gallo-italico da nessuno studioso.

Grazie per le info, Carnby.

E riguardo l'area bolognese?

Mc Queen
12-06-10, 19:51
Non derivazione, ma substrato celtico, che è diverso.


Infatti.

E' quello che si ostina a non capire (o capisce, ma cerca di trasformarla in un'affermazione grottesca che poi attribuisce agli avversari.....)

La lingua francese e tutte quelle intorno, si suppongono essere generate dal latino che si è sovrapposto alle lingue precedenti (senza voler fareinfinite dietrologie sul sostratismo in ambito linguistico). Mi sembra assai logico.

Gli idiomi galloitalici del nord-ovest sono definiti tali in quanto hanno in comune con la sfera francofona la simile genesi dovuta al sovrapporsi del latino su parlate probabilmente celtiche. Ecco cosa si è sempre detto.

Soltanto un idiota pazzo cercherebbe di mettere in DIRETTA correlazione il lombardo ed il Gaelico (da questo deduco il generoso Miles tenta di far passare i suoi opponenti come pazzi e idioti)

Miles
12-06-10, 19:52
Non ho sottomano nulla ma mi pare che in tutti i testi più recenti di filologia romanza (e di altre famiglie indoeuropee) si sottolinei la cosa. Forse c'è scritto qualcosa anche in Lorenzo Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, il Mulino.[quote]

Danke

[quote]
Nessuno ha mai sostenuto una cosa del genere e il veneto non è mai stato considerato gallo-italico da nessuno studioso.

C'è stato chi l'ha fatto su questo forum, rifacendosi alle infauste tesi di Ethnologue.

Carnby
12-06-10, 20:55
E riguardo l'area bolognese?
Per quanto riguarda l'area bolognese segnalo Al sît bulgnaiṡ (http://www.bulgnais.com/) (in particolare la sezione di fonetica (http://www.bulgnais.com/fonetica.html)) e naturalmente tutti i libri di Daniele Vitali e Luigi Lepri. Il bolognese è un idioma (non sto a questionare se sia una lingua o un dialetto) che appartiene alla famiglia gallo-italica quindi tendenzialmente vicina al sistema galloromanzo (arpitano/francoprovenzale, occitano, guascone, francese) ma ovviamente influenzata in modo netto dal sistema italoromanzo (che in senso stretto inizia solo sotto la linea La Spezia-Rimini o, meglio, Massa-Senigallia). Le caratteristiche più evidenti del bolognese sono le incredibili sequenze consonantiche (quasi "georgiane") che vengono a crearsi a causa della caduta delle vocali non accentate, cosicché molti polisillabi latini divantano monosillabi in bolognese moderno. Questa caratteristica è tipica di tutta l'area galloromanza ma solo in Emilia raggiunge casi estremi come il piacentino pkèr, dal latino beccarium "macellaio (di carni di becco)".
Ai tempi di Dante il fenomeno in questione era forse meno evidente oppure la sua predilezione per il bolognese nel De vulgari eloquentia derivava dalla conoscenza di testi in dialetto "colto", come le poesie di Guido Guinizzelli.
È da notare che al confine tra Emilia e Toscana, a dispetto degli strettissimi fasci di isoglosse che si concentrano in quella zona, esistono alcuni dialetti di transizione in cui le caratteristiche settentrionali sono attenuate o meno evidenti: i più famosi sono quelli di Pàvana (in provincia di Pistoia, il posto di Guccini per intendersi) e di Fiumalbo (in provincia di Modena).

Ethnologue
Vabbè ma l'Ethnologue è l'emanzione del Summer Institute of Linguistics che, a dispetto del nome, è un'associazione di protestanti americani il cui scopo è la traduzione della Bibbia in tutte le lingue del mondo. Il tipo di carattere Gentium, da loro distribuito, è però buono e utilissimo per la stesura di testi in più lingue e trascrizioni fonetiche.

Maria Vittoria
13-06-10, 08:49
Per quanto riguarda l'area bolognese segnalo Al sît bulgnaiṡ (http://www.bulgnais.com/) (in particolare la sezione di fonetica (http://www.bulgnais.com/fonetica.html)) e naturalmente tutti i libri di Daniele Vitali e Luigi Lepri. Il bolognese è un idioma (non sto a questionare se sia una lingua o un dialetto) che appartiene alla famiglia gallo-italica quindi tendenzialmente vicina al sistema galloromanzo (arpitano/francoprovenzale, occitano, guascone, francese) ma ovviamente influenzata in modo netto dal sistema italoromanzo (che in senso stretto inizia solo sotto la linea La Spezia-Rimini o, meglio, Massa-Senigallia). Le caratteristiche più evidenti del bolognese sono le incredibili sequenze consonantiche (quasi "georgiane") che vengono a crearsi a causa della caduta delle vocali non accentate, cosicché molti polisillabi latini divantano monosillabi in bolognese moderno. Questa caratteristica è tipica di tutta l'area galloromanza ma solo in Emilia raggiunge casi estremi come il piacentino pkèr, dal latino beccarium "macellaio (di carni di becco)".
Ai tempi di Dante il fenomeno in questione era forse meno evidente oppure la sua predilezione per il bolognese nel De vulgari eloquentia derivava dalla conoscenza di testi in dialetto "colto", come le poesie di Guido Guinizzelli.
È da notare che al confine tra Emilia e Toscana, a dispetto degli strettissimi fasci di isoglosse che si concentrano in quella zona, esistono alcuni dialetti di transizione in cui le caratteristiche settentrionali sono attenuate o meno evidenti: i più famosi sono quelli di Pàvana (in provincia di Pistoia, il posto di Guccini per intendersi) e di Fiumalbo (in provincia di Modena).

...

Grazie, è un argomento affascinante!

Ricordo le filastrocche della mia nonna bolognese; tipo questa che trascrivo a memoria:
"ch bvì cvì cvì dv vl vù ch tvl vì ch bvì cvì cvì?"
ovvero 1 parrucchiere chiede "che bei capelli avete davvero volete che tagli quei bei capelli che avete?"

La nonna Desolina mi diceva che ogni quartiere di Bologna pronunciava le parole in modo riconoscibile; chi era di Porta Saragozza capiva subito se venivi da Porta Mascarella & viceversa. Immagino però che l'unica produzione scritta fossero le zìrudèle di nozze

Logomaco
13-06-10, 16:46
dove sia il sostrato celtico in Veneto, giacchè non fu mai terra nè di colonizzazione nè di presenza Celta.

Infatti il Veneto non è incluso dai più dei linguisti fra gl'idiomi galloitalici.

Quanto alla crisi delle "teorie sostratiste", mi sembra difficile che sia una cosa seria, visto che di fatto significherebbe rimettere in discussione tutti gli affermati studi di linguistica.

Carnby
13-06-10, 17:49
Ma infatti la maggior parte degli studi di linguistica storica sono stati messi in discussione: questo non vuol dire che le teorie sostratiste siano state abbandonate completamente, ma ridimensionate sì. Uno studioso molto attivo in questo "revisionismo linguistico", che arriva a conclusioni spesso discutibili, è Mario Alinei.

Logomaco
13-06-10, 18:58
Ma infatti la maggior parte degli studi di linguistica storica sono stati messi in discussione: questo non vuol dire che le teorie sostratiste siano state abbandonate completamente, ma ridimensionate sì. Uno studioso molto attivo in questo "revisionismo linguistico", che arriva a conclusioni spesso discutibili, è Mario Alinei.

Ne ho sentito parlare.
Personalmente in genere diffido di queste interpretazioni "innovativo-ipercritiche".
Sanno di accademici in cerca di notorietà che con teorie in rottura col passato, spesso alquanto strampalate, cercano di farsi un nome (di questi tempi è il modo più facile).

Carnby
14-06-10, 09:27
Un altro campo dove la tradizione sostratista della scuola italiana è andata in crisi è sulla questione dell'etrusco, in particolare sul fatto che la gorgia toscana potesse essere un riflesso di quel sostrato, cosa per me impossibile, dati i contesti nei quali avviene il fenomeno fonetico toscano.

Miles
14-06-10, 10:45
Un altro campo dove la tradizione sostratista della scuola italiana è andata in crisi è sulla questione dell'etrusco, in particolare sul fatto che la gorgia toscana potesse essere un riflesso di quel sostrato, cosa per me impossibile, dati i contesti nei quali avviene il fenomeno fonetico toscano.

E' un piacere averti qua con noi.
Il tuo è un interesse "personale" o accademico alla linguistica?

Carnby
14-06-10, 13:34
E' un piacere averti qua con noi.
Il tuo è un interesse "personale" o accademico alla linguistica?

Grazie. Sono laureato in linguistica.

occidentale
14-06-10, 16:12
E si vede Carnby, si vede.

Avevo letto un articolo tempo fa che attribuiva tutte le particolarità delle parlate toscane alla sovrapposizione del Longobardo al Latino nella fase della nascita del volgare.....Mi lasciò molto perplesso. Chissà dove l'ho infilato. Potrebbe fare comodo, se non altro per farsi 4 risate...