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(Controcorrente (POL)
21-09-08, 03:57
VENTI DI DEFLAZIONE

di Francesco Daveri (http://www.lavoce.info/lavocepuntoinfo/autori/pagina56.html) 19.09.2008
I consumatori italiani si preoccupano molto dell'inflazione. Invece nei prossimi mesi il pericolo da cui l'Italia e l'economia mondiale in generale dovranno guardarsi potrebbe essere la riduzione generalizzata dei prezzi. I venti deflazionistici soffiano sulla scia del rallentamento indotto dalle restrizioni del credito seguite alla crisi dei mutui che pian piano si sta trasmettendo a tutta l'economia americana prima e poi all'Europa. Ma di deflazioni non se ne sono più viste dopo gli anni Trenta. Ed è particolarmente difficile combattere un fenomeno che non si conosce.

I prezzi sono oggi alti come non mai e la gente si mette al riparo contro i rincari. Ma tra qualche mese le cose potrebbero essere molto diverse. Potrebbe essere la deflazione, la riduzione generalizzata dei prezzi, il pericolo da cui l’Italia, ma soprattutto l’economia mondiale, potrebbe dover guardarsi. E dovrà farlo in particolare perché di deflazioni non se ne sono mai viste dopo gli anni Trenta: è quindi particolarmente difficile combattere un fenomeno che non si conosce.

INFLAZIONE FINO A OGGI

Voli aerei: +41 per cento. Pasta: +26 per cento. Gasolio: +24 per cento. Pane +12 per cento. Ecco i rincari più elevati registrati in Italia nell’agosto 2008 rispetto allo stesso mese del 2007. Per fortuna, nello stesso periodo di tempo, i prezzi delle comunicazioni, che hanno un peso ormai elevato nella spesa degli italiani, sono scesi del 4 per cento e quelli dei servizi sanitari sono rimasti fermi. Facendo la media di tutti prodotti acquistati dagli italiani, viene fuori un tasso di inflazione dei prezzi al consumo pari al 4,1 per cento, uguale a quello registrato nel luglio 2008. Contro questi numeri, i consumatori scendono in piazza per dire “no al carovita” e chiedono al governo il blocco di prezzi e tariffe fino al giugno 2009 e sanzioni per scuole e insegnanti che non rispettino i tetti di spesa ministeriali per i libri di testo. Contro il carovita, nel cortile del consorzio agrario di via Ripamonti a Milano, decolla il Farmer market che rimarrà aperto tutti i mercoledì fino a Natale. Lunghe file di macchine per accedere al parcheggio e code alle macchine distributrici di latte fresco “un litro, un euro” e alle bancarelle.
Tutto ciò, l’inflazione, le code, le richieste di mettere tetti agli aumenti dei prezzi, tra pochi mesi, potrebbe però essere solo un ricordo del passato.

LA DEFLAZIONE

Già a partire da luglio, infatti, su molti mercati è il vento della riduzione dei prezzi, della “deflazione”, a soffiare, non quello dell’inflazione. Quella che osserviamo nei dati di oggi è una combinazione tra le tendenze del passato (gli aumenti dei prezzi fino a luglio) e la loro discesa da luglio a oggi. Il prezzo della benzina verde è, infatti, calato del 4 per cento in agosto rispetto a un mese prima. Se però guardiamo al suo aumento su base annua (agosto 2008 su agosto 2007) troviamo un +10 per cento. Ed è questo +10 che fa scendere in piazza i consumatori. Lo stesso per il gasolio: il +24 per cento su base annua agosto su agosto incorpora già la riduzione del prezzo del gasolio del 5 per cento dell’agosto 2008 rispetto al luglio 2008. Lo stesso vale per praticamente tutte le altre materie prime i cui mercati hanno fatto il giro di boa e hanno cominciato a mostrare andamenti decrescenti.
La riduzione dei prezzi degli alimentari si associa a quella dei valori azionari e del mercato immobiliare, che sono cominciate molto prima e che sono però pienamente in atto in questi giorni in cui un giorno fallisce una banca con un giro d’affari di centinaia di miliardi di dollari come Lehman Brothers e un altro giorno viene salvata dalla Fed, con un’iniezione di 85 miliardi di dollari, una società di assicurazione gigante come Aig (American International Group) di cui il cittadino medio non aveva mai sentito parlare.
I venti deflazionistici sono stati portati dal rallentamento indotto nell’economia mondiale dalle restrizioni del credito dovute alla crisi dei mutui, che pian piano si sta trasmettendo al resto dell’economia americana prima e poi all’Europa.

PERCHÉ SAREBBE UNA BRUTTA BESTIA

Se si va su Wikipedia si trova la definizione di deflazione: “il processo di riduzione generalizzata del livello generale dei prezzi”. Ma la verità è che nessuno sa esattamente cosa voglia dire la parola “deflazione”. Chi li ha mai visti scendere i prezzi di tanti mercati tutti insieme? Nessuno che non sia nato negli anni Venti e che quindi possa ricordare i tempi della Grande Depressione, la quale peraltro si manifestò più fortemente in America e in Inghilterra che in Italia. Nel secondo dopoguerra, a fianco di qualche prezzo che scendeva (come quello dei computer o dei semiconduttori negli ultimi venticinque anni) ce ne sono stati sempre tanti altri che salivano in modo da produrre un perenne aumento del livello generale dei prezzi.
Ma le cose cambiano o almeno potrebbero essere cambiate. E, infatti, Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, in questi giorni non ha parlato del pane e della pasta. Ha invece detto preoccupato: “Attenti alla deflazione”. Di per sé, in realtà, con i livelli dei prezzi della pasta, del pane e del latte di oggi, verrebbe da dire che un po’ di deflazione farebbe solo bene. Anzi, certamente ci lamentiamo che le riduzioni del prezzo del petrolio si trasferiscano troppo lentamente sul prezzo della benzina. Di “deflazione” ne vorremmo vedere di più. Ma la deflazione non è la riduzione del prezzo del pane e della pasta: è la riduzione di tutti i prezzi, compreso quello del lavoro, per esempio. In una situazione in cui i produttori vedono scendere i prezzi di vendita dei loro beni, per rimanere competitivi, hanno bisogno che scenda il livello dei salari, come dicono gli economisti, in termini nominali, cioè che uno stipendio che ieri era di 1.000 euro scenda a 980 euro. Non basta che rimanga fermo a 1.000. A tutto ciò il nostro sistema di relazioni industriali e, si potrebbe dire, la nostra società non è minimamente preparato.
Fanno bene in questi giorni i governatori delle banche centrali a tentare di opporsi ai venti deflazionistici salvando qui e là le istituzioni bancarie il cui fallimento metterebbe nei guai troppi consumatori e risparmiatori ignari e incolpevoli. Perché, come insegna la storia dell’economia giapponese, in stagnazione e deflazione da quindici anni a questa parte, quando entri nella sua trappola , uscirne non è tanto facile.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000621.html

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Innanzitutto l'autore mi sembra abbia le idee un po' confuse: in primo luogo negli ultimi anni la deflazione l'abbiamo vista parecchio in Giappone quindi non mi sembra un "nemico" così sconosciuto e datato; in secondo luogo i salari nominali sono famosi per essere sticky, sicuramenti con i sindacati che abbiamo i salari nominali rimarrebbero invariati (ho già in mente la loro scusa: "negli ultimi anni i profitti e le rendite sono aumentate a dismisura a discapito dei salari quindi è ora che i padroni paghino")
Personalmente per quanto riguarda la teoria economica sono vicino agli austriaci e non ritengo la deflazione così malvagia; almeno i comunisti non potrebbero più insistere con il caro vita:D

JohnPollock
21-09-08, 10:13
VENTI DI DEFLAZIONE

di Francesco Daveri (http://www.lavoce.info/lavocepuntoinfo/autori/pagina56.html) 19.09.2008
I consumatori italiani si preoccupano molto dell'inflazione. Invece nei prossimi mesi il pericolo da cui l'Italia e l'economia mondiale in generale dovranno guardarsi potrebbe essere la riduzione generalizzata dei prezzi. I venti deflazionistici soffiano sulla scia del rallentamento indotto dalle restrizioni del credito seguite alla crisi dei mutui che pian piano si sta trasmettendo a tutta l'economia americana prima e poi all'Europa. Ma di deflazioni non se ne sono più viste dopo gli anni Trenta. Ed è particolarmente difficile combattere un fenomeno che non si conosce.

I prezzi sono oggi alti come non mai e la gente si mette al riparo contro i rincari. Ma tra qualche mese le cose potrebbero essere molto diverse. Potrebbe essere la deflazione, la riduzione generalizzata dei prezzi, il pericolo da cui l’Italia, ma soprattutto l’economia mondiale, potrebbe dover guardarsi. E dovrà farlo in particolare perché di deflazioni non se ne sono mai viste dopo gli anni Trenta: è quindi particolarmente difficile combattere un fenomeno che non si conosce.

INFLAZIONE FINO A OGGI

Voli aerei: +41 per cento. Pasta: +26 per cento. Gasolio: +24 per cento. Pane +12 per cento. Ecco i rincari più elevati registrati in Italia nell’agosto 2008 rispetto allo stesso mese del 2007. Per fortuna, nello stesso periodo di tempo, i prezzi delle comunicazioni, che hanno un peso ormai elevato nella spesa degli italiani, sono scesi del 4 per cento e quelli dei servizi sanitari sono rimasti fermi. Facendo la media di tutti prodotti acquistati dagli italiani, viene fuori un tasso di inflazione dei prezzi al consumo pari al 4,1 per cento, uguale a quello registrato nel luglio 2008. Contro questi numeri, i consumatori scendono in piazza per dire “no al carovita” e chiedono al governo il blocco di prezzi e tariffe fino al giugno 2009 e sanzioni per scuole e insegnanti che non rispettino i tetti di spesa ministeriali per i libri di testo. Contro il carovita, nel cortile del consorzio agrario di via Ripamonti a Milano, decolla il Farmer market che rimarrà aperto tutti i mercoledì fino a Natale. Lunghe file di macchine per accedere al parcheggio e code alle macchine distributrici di latte fresco “un litro, un euro” e alle bancarelle.
Tutto ciò, l’inflazione, le code, le richieste di mettere tetti agli aumenti dei prezzi, tra pochi mesi, potrebbe però essere solo un ricordo del passato.

LA DEFLAZIONE

Già a partire da luglio, infatti, su molti mercati è il vento della riduzione dei prezzi, della “deflazione”, a soffiare, non quello dell’inflazione. Quella che osserviamo nei dati di oggi è una combinazione tra le tendenze del passato (gli aumenti dei prezzi fino a luglio) e la loro discesa da luglio a oggi. Il prezzo della benzina verde è, infatti, calato del 4 per cento in agosto rispetto a un mese prima. Se però guardiamo al suo aumento su base annua (agosto 2008 su agosto 2007) troviamo un +10 per cento. Ed è questo +10 che fa scendere in piazza i consumatori. Lo stesso per il gasolio: il +24 per cento su base annua agosto su agosto incorpora già la riduzione del prezzo del gasolio del 5 per cento dell’agosto 2008 rispetto al luglio 2008. Lo stesso vale per praticamente tutte le altre materie prime i cui mercati hanno fatto il giro di boa e hanno cominciato a mostrare andamenti decrescenti.
La riduzione dei prezzi degli alimentari si associa a quella dei valori azionari e del mercato immobiliare, che sono cominciate molto prima e che sono però pienamente in atto in questi giorni in cui un giorno fallisce una banca con un giro d’affari di centinaia di miliardi di dollari come Lehman Brothers e un altro giorno viene salvata dalla Fed, con un’iniezione di 85 miliardi di dollari, una società di assicurazione gigante come Aig (American International Group) di cui il cittadino medio non aveva mai sentito parlare.
I venti deflazionistici sono stati portati dal rallentamento indotto nell’economia mondiale dalle restrizioni del credito dovute alla crisi dei mutui, che pian piano si sta trasmettendo al resto dell’economia americana prima e poi all’Europa.

PERCHÉ SAREBBE UNA BRUTTA BESTIA

Se si va su Wikipedia si trova la definizione di deflazione: “il processo di riduzione generalizzata del livello generale dei prezzi”. Ma la verità è che nessuno sa esattamente cosa voglia dire la parola “deflazione”. Chi li ha mai visti scendere i prezzi di tanti mercati tutti insieme? Nessuno che non sia nato negli anni Venti e che quindi possa ricordare i tempi della Grande Depressione, la quale peraltro si manifestò più fortemente in America e in Inghilterra che in Italia. Nel secondo dopoguerra, a fianco di qualche prezzo che scendeva (come quello dei computer o dei semiconduttori negli ultimi venticinque anni) ce ne sono stati sempre tanti altri che salivano in modo da produrre un perenne aumento del livello generale dei prezzi.
Ma le cose cambiano o almeno potrebbero essere cambiate. E, infatti, Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, in questi giorni non ha parlato del pane e della pasta. Ha invece detto preoccupato: “Attenti alla deflazione”. Di per sé, in realtà, con i livelli dei prezzi della pasta, del pane e del latte di oggi, verrebbe da dire che un po’ di deflazione farebbe solo bene. Anzi, certamente ci lamentiamo che le riduzioni del prezzo del petrolio si trasferiscano troppo lentamente sul prezzo della benzina. Di “deflazione” ne vorremmo vedere di più. Ma la deflazione non è la riduzione del prezzo del pane e della pasta: è la riduzione di tutti i prezzi, compreso quello del lavoro, per esempio. In una situazione in cui i produttori vedono scendere i prezzi di vendita dei loro beni, per rimanere competitivi, hanno bisogno che scenda il livello dei salari, come dicono gli economisti, in termini nominali, cioè che uno stipendio che ieri era di 1.000 euro scenda a 980 euro. Non basta che rimanga fermo a 1.000. A tutto ciò il nostro sistema di relazioni industriali e, si potrebbe dire, la nostra società non è minimamente preparato.
Fanno bene in questi giorni i governatori delle banche centrali a tentare di opporsi ai venti deflazionistici salvando qui e là le istituzioni bancarie il cui fallimento metterebbe nei guai troppi consumatori e risparmiatori ignari e incolpevoli. Perché, come insegna la storia dell’economia giapponese, in stagnazione e deflazione da quindici anni a questa parte, quando entri nella sua trappola , uscirne non è tanto facile.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000621.html

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Innanzitutto l'autore mi sembra abbia le idee un po' confuse: in primo luogo negli ultimi anni la deflazione l'abbiamo vista parecchio in Giappone quindi non mi sembra un "nemico" così sconosciuto e datato; in secondo luogo i salari nominali sono famosi per essere sticky, sicuramenti con i sindacati che abbiamo i salari nominali rimarrebbero invariati (ho già in mente la loro scusa: "negli ultimi anni i profitti e le rendite sono aumentate a dismisura a discapito dei salari quindi è ora che i padroni paghino")
Personalmente per quanto riguarda la teoria economica sono vicino agli austriaci e non ritengo la deflazione così malvagia; almeno i comunisti non potrebbero più insistere con il caro vita:D


Quoto. Ma negli USA concederanno prestiti a zero interessi pur di far crescere la produzione in modo virtuale.