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Domenico Letizia
12-05-10, 08:20
4) che l’anarchismo è essenzialmente il frutto delle contraddizioni interne al liberalismo e l’espressione degli interessi della piccola-borghesia;

5) che quindi, anche solo il tentativo di cercare una strada per un collegamento organico - o anche solo un compromesso - con il marxismo è semplicemente assurdo.

anarchismo marxismo (http://freelancephilosophy.marcobaldino.com/studi/bravo.html)

MicheleSchirru
04-10-10, 14:05
4) che l’anarchismo è essenzialmente il frutto delle contraddizioni interne al liberalismo e l’espressione degli interessi della piccola-borghesia;

5) che quindi, anche solo il tentativo di cercare una strada per un collegamento organico - o anche solo un compromesso - con il marxismo è semplicemente assurdo.

anarchismo marxismo (http://freelancephilosophy.marcobaldino.com/studi/bravo.html)

Questo lo dici tu, il collegamento più evidente sta nel fatto che il marxismo vuole l'estinzione dello stato come fine ultimo (quindi l'anarchia), l'anarchismo invece vuole l'abolizione immediata. Le differenze stanno nella fase di transizione e solo in quella. I comunisti non sono solo i marxisti, ma anche gli anarchici come Cafiero, Fabbri, Makhno, ecc.

Gian_Maria
04-10-10, 14:46
Abolire lo stato immediatamente non è proprio possibile (penso che anche molti anarchici convengano su questo), un periodo politico di transizione ci vuole per forza (n.b. non una società di transizione come dogmaticamente sostengono i leninisti e affini). La differenza tra marxismo e anarchismo sta tutta nell’uso dello Stato per abolire il capitalismo (assieme allo Stato stesso).
La prima fase della società socialista/comunista teorizzata da Marx (oggi molto probabilmente non più necessaria) è già una società senza Stato, senza classi, senza lavoro salariato e senza denaro (al suo posto vengono usati i buoni lavoro).

Matteo
04-10-10, 15:02
un periodo politico di transizione ci vuole per forza (n.b. non una società di transizione come dogmaticamente sostengono i leninisti e affini).
Non esistono periodi politici che per definizione non siano società. Questo del "periodo politico di transizione" è un concetto fumoso utilizzato da tutti gli antimarxisti per esprimere il proprio timore (essendo nemici di classe) verso il Terrore proletario. Cosa sarebbe un periodo politico senza il corrispondente modo di produzione? Cosa sarebbe un periodo politico senza la corrispondente sovrastruttura giuridica? Cosa sarebbe un periodo politico senza la corrispondente ideologia (Teoria nel comunismo in quanto fine del velo di classe)? Non esiste un periodo politico e basta. Esistono solo formazioni socio-economiche (altrimenti salta per aria tutto il materialismo) differenti (ogni definizione è differenza perciò), che per comodità possiamo chiamare società. Ogni altra teorizzazione esce dal materialismo e dimostra di essere portatrici di tare piccolo-borghesi (l'autonomia della politica per esempio, mentre il marxismo ci ha insegnato che l'autonomia non è altro che una forma specifica della dipendenza di una struttura da un'altra). Nel "periodo politico di transizione", gli uomini finalmente smetteranno d'avere il brutto vizio di cibarsi e nutrirsi, per caso? Direi di no; pertanto è solo una società che può condurre da un modo di produzione ad un altro. E' una logica talmente banale da essere elementare.

Gian_Maria
04-10-10, 15:21
Intendevo dire che per realizzare la società socialista/comunista non è affatto necessaria una dittatuta minoritaria (leader/intellettuali "socialisti") e la statalizzazione dei mezzi di produzione.

Matteo
04-10-10, 15:56
Quando e dove Lenin dice che la dittatura è un affare minoritario? Possibile che si ha sempre il brutto vizio di non studiarsi i testi originali e rifarsi sempre a schifosi compendi di seconda mano? E' un metodo tipicamente stalinista questo, che piaccia o no. La dittatura non è affare di partito, diciamo dal 1848 noi della Sinistra Comunista, ma di classe; e Lenin ci ha insegnato che la rivoluzione serve al proletariato e non il proletariato alla rivoluzione (con il che ogni idea di dittatura minoritaria è distrutta alla radice).
Ciò che Lenin afferma (e noi con lui) è la restaurazione del marxismo dopo decenni di sbandamento. Lenin è conseguente col materialismo e tira semplicemente conclusioni lineari: l'atto rivoluzionario (la presa del potere) non è un atto dell'intera classe proletaria, ma di una sua avanguardia (il partito che guida una massa + o - cosciente di proletari organizzatisi in consigli); se così non fosse salterebbe tutto il materialismo, perchè si arriverebbe all'assurdo per cui in una società divisa in classi (perciò dominata da ideologie della classe dominante), tutti gli appartenenti ad una classe (e per il solo fatto di esservi destinati spesso da un ordine che assume connotati caotici e casuali) sarebbero in grado di travalicare il velo ideologico prima del travalicamento del modo di produzione (il capitalismo); sarebbe un ritorno ad Hegel: il superamento del reale avviene prima nel pensiero e poi nei fatti!
Il rapporto partito/classe è la diga che segna la differenza tra i comunisti e gli anarchici; spalmando il partito nella classe si salta il fosso e si passa dalla parte anarchica.
A tal proposito è utile rifarsi ad episodi concreti della storia recente per capire questo punto fondamentale.
Quando la minoranza stalinista non aveva ancora liquidato definitivamente la maggioranza bolscevica nel PCR(b), molti compagni si posero una domanda semplicissima: "Perchè Trotsky (che a quel tempo rappresentava il capo dell'Opposizione) non ricorre all'intervento del proletariato per sconfiggere Stalin?". Trotsky - da marxista - sapeva che il proletariato era ancora troppo impastoiato nell'ideologia borghese (da cui si esce dopo molti decenni di rivoluzione) e che un ricorso alle masse si sarebbe ritorto contro i bolscevichi; le masse (in quanto infette dalle scorie borghesi) sarebbero state facile preda dell'ideologia nazionalista staliniana (come lo saranno nelle II guerra mondiale) e una chiamata alle armi sarebbe stato il miglior mondo per suicidarsi. E' il programma dei comunisti il metro con cui valutare l'operato rivoluzionario; è l'interesse storico del proletariato come classe che tende a sopprimersi, la stele di rosetta che permette di decifrare il corso storico.

Quando e dove Lenin afferma che la statalizzazione (concetto ancora diverso dalla nazionalizzazione per esempio) è SEMPRE un passo necessario sulla strada del socialismo? Quanti luoghi comuni sul bolscevismo ... Lenin ha sempre affermato che in alcune circostanze (Russia 1917) il capitalismo di stato è un passo avanti rispetto all'economia privata e soprattutto alle sacche di autoconsumo o produzione feudale; e mi sembra che questo nemmeno i somari possano metterlo in dubbio. Non è però detto che il capitalismo di stato debba essere una tappa necessaria verso il socialismo; dipende dalle circostanze concrete date all'alba della rivoluzione; il capitalismo sta già - seppur contraddittoriamente - superando le più alte forme di concentrazione-centralizzazione dell'epoca di Lenin (capitalismo di stato, appunto) con le moderne forme di holding, imprese a rete, imprese concentrate (ci sono molti studi interessanti sulle trasformazioni gestionali nell'epoca dell'imperialismo transnazionale) ...; perciò è molto probabile che una rivoluzione nei paesi del tardo capitalismo possa tranquillamente fare a meno di statizzazioni, semplicemente per il fatto che a ciò ci ha già pensato il capitalismo a suo tempo! Ciò che Lenin ha dovuto fare in Russia è stato di fare le veci del capitalismo a causa della sconfitta della rivoluzione occidentale. Più facile di così ...

MicheleSchirru
04-10-10, 21:34
Abolire lo stato immediatamente non è proprio possibile (penso che anche molti anarchici convengano su questo), un periodo politico di transizione ci vuole per forza (n.b. non una socie.
un anarchico che sia tale vuole l'immediata abolizione dello stato...

Domenico Letizia
04-10-10, 21:51
per correttezza intellettuale lascio tutto il testo, che ritengo di interesse rilevante:

Marxismo e anarcoliberalismo
di Marco Baldino

GENNAIO 2001



Nella lunga introduzione all’edizione Editori Riuniti dei testi marx-engelsiani contro l’anarchismo G. M. Bravo fa piazza pulita, già nel 1973, di un tema ancor oggi discusso, se cioè il movimento del Sessantotto fu in buona sostanza un movimento marxista oppure no. Gian Mario Bravo riprende qui i motivi della polemica di Marx e Engels contro l’anarchismo e li scaglia contro le posizioni di Marcuse di Chon-Bendit e di altri esponenti della rivolta studentesca della fine degli anni Sessanta.

Bravo sostiene:

1) che le rivolte studentesche, da Berkley a Parigi, da Roma a Berlino, furono rivolte di tipo anarchico;
2) che si trattò non di un qualche nuovo tipo di anarchismo, ma del ripresentarsi puro e semplice, del vecchio anarchismo di Proudhon, Bakunin e Stirner, così inviso a Marx e a Engels.

3) che se i caratteri tipici dell’anarchismo sono lo spontaneismo, il volontarismo, l’antiautoritarismo, il movimentismo e il ribellismo, i vari Marcuse, Cohn-Bendit, Rudi Dutschke, ne incarnano alla perfezione lo spirito;

4) che l’anarchismo è essenzialmente il frutto delle contraddizioni interne al liberalismo e l’espressione degli interessi della piccola-borghesia;

5) che quindi, anche solo il tentativo di cercare una strada per un collegamento organico - o anche solo un compromesso - con il marxismo è semplicemente assurdo.

Ne segue che Marcuse, il maggio francese e tutta la paccottiglia colorata e impolitica del Sessantotto, non sono che nemici della classe operaia e della sua causa rivoluzionaria (Bravo giustifica, su questa base, la repressione della rivolta di Kronstadt la quale altro non sarebbe se non la risposta, resa necessaria dal dilagare, in Russia, di atteggiamenti anarco-estremisti, pericolosi per l’adempimento della rivoluzione proletaria).

Rifiuto della politica.
Come Bakunin, contro quanto Marx aveva stabilito scientificamente, respinge il concetto di classe, pensa che la classe operaia sia un prodotto del capitalismo e che sia lo stato a produrre il capitale, e non viceversa - il che spiega perché Bakunin si rivolga ai ceti declassati, ai contadini russi, e individui il nemico supremo della rivoluzione sociale nel proletariato industriale (in particolare, nel proletariato tedesco, il quale, se vittorioso, avrebbe sottomesso i popoli contadini e, in particolare, le nazioni slave); come rifiuta lo strumento delle dittatura e accusa il marxismo di essere una forma di dispotismo, tanto più pericolosa proprio perché esercitato in nome del popolo, allo stesso modo Cohn-Bendit, che si richiama all’internazionale situazionista, pensa la rivoluzione non come tragedia ma come festa, individuandone la ratio profonda nel gioco; accoglie implicitamente la teoria proudhoniana del valore-lavoro; rifiuta recisamente qualsivoglia tipo di organizzazione arrivando a sostenere l’ipotesi di un movimento anonimo, che si autocrea continuamente; vuole distruggere il mito stesso del partito bolscevico come avanguardia delle masse accusando Lenin di manipolazione del proletariato nel tentativo di mantenerlo saldamente sotto il controllo del partito; sostiene che il maggio non fa che rinsaldare la certezza che potremo un giorno determinare noi stessi e la nostra vita: «non lo facciamo per i nostri figli ... Lo facciamo perché alla fine sia possibile godere senza remore»; sostiene che la vera forza rivoluzionaria he gli studenti sono e che, nelle società contemproanee, interamente proletarizzate, le aristocrazie operaie e la burocrazia sindacale sono ormai completamente integrate nel sistema e che quindi si tratta in primo luogo di fare una rivoluzione anti-organizzativistica contro le strutture tradizionali del movimento operaio.

Teoria del delinquente.
Come Bakunin, influenzato da Weitling, ammette che delinquenti e forzati potessero avere un ruolo nella rivoluzione; come Weitling, che si riferiva ai delinquenti come a un’entità in grado di disgregare la società borghese teorizzando il furto come arma rivoluzionaria; Come Sergej Necaev, che tracciando il profilo dell’autentico rivoluzionario nel suo Catechismo rivoluzionario faceva esplicito richiamo ai briganti della tradizione russa quali veri e unici rivoluzionari, dipingendolo come colui che ha spezza ogni legame con l’ordine civile, con le leggi, con le convenienze, con la moralità e le convenzioni generalmente riconosciute, che disprezza il mondo sociale, come colui che è essenzialmente il nemico implacabile, allo stesso modo, Marcuse e Dutschke sostengono che la prospettiva rivoluzionaria è propria di coloro che provengono da settori marginali (sottoproletariato, emarginati, intellettuali, studenti); ritiengono che l’elemento anarchico sia un fattore essenziale nella lotta contro la dominazione e sostengono uno spontaneismo appena corretto da timide azioni organizzative.

Osservazioni finali.
1) La geniale analisi geopolitica di Bakunin, che coglie in pieno quelli che saranno gli sviluppi storici del 900, dalla Ostorientierung fino al nazismo e alla seconda guerra mondiale, costituisce, per Gian Mario Bravo, la più ampia riprova della marginalità teorica dell’anarchismo dinanzi alla potenza scientifica dell’analisi marxiana.
2) Le drammatiche derive delle forme organizzative della dittatura del proletariato, che non sfuggivano a Bakunin nel 1873, sfuggono invece a Gian Mario Bravo nel 1973 che attribuisce al maggio francese la stessa insufficienza teorica e la stessa incapacità di cogliere la perfetta necessità scientifica delle forme politico-organizzative delle lotte previste da Marx proprie dell'anarchismo ottocentesco.
3) La visione della sfera dell’infamia come dimensione eterogenea irriducibile e potenzialmente eversiva rispetto all'omogeneità produttiva del sistema capitalistico, che fu propria dell'anarchismo storico e di Nietzsche e che, attraverso, Bataille, Marcuse e Foucault passò al movimento del Sessantotto, è vista dal marxista Gian Mario Bravo come un indicatore di una profonda devianza politica e di un reale rischio di subornazione della purezza civilitaria della rivoluzione proletaria.

anarchismo marxismo (http://freelancephilosophy.marcobaldino.com/studi/bravo.html)

Domenico Letizia
04-10-10, 21:53
Questo lo dici tu, il collegamento più evidente sta nel fatto che il marxismo vuole l'estinzione dello stato come fine ultimo (quindi l'anarchia), l'anarchismo invece vuole l'abolizione immediata. Le differenze stanno nella fase di transizione e solo in quella. I comunisti non sono solo i marxisti, ma anche gli anarchici come Cafiero, Fabbri, Makhno, ecc.

come ben leggerai michele sono parole non mie ma di un comunista che con questo intervento mi sembra difendi, mentre lui ti vuole sterminare.
il marxismo ha rovinato l'anarchismo.

Gian_Maria
05-10-10, 11:53
il marxismo ha rovinato l'anarchismo.
L'anarchismo è nato da una costola del marxismo, successivamente il leninismo ha rovinato il marxismo.

Domenico Letizia
05-10-10, 15:52
L'anarchismo è nato da una costola del marxismo, successivamente il leninismo ha rovinato il marxismo.

no invece è il presupposto teorico più sbagliato che possa esser detto.
per essere corretti: "Quello storico vede l'anarchismo dentro il percorso delle forze di sinistra, ma se si esamina il problema dal punto di vista strettamente teorico, si deve riconoscere che l'anarchismo è oltre la destra e la sinistra. " Nico Berti

Berti - Oltre la destra e la sinistra (http://www.scribd.com/doc/19647640/Berti-Oltre-la-destra-e-la-sinistra)

MicheleSchirru
05-10-10, 18:50
no invece è il presupposto teorico più sbagliato che possa esser detto.
per essere corretti: "Quello storico vede l'anarchismo dentro il percorso delle forze di sinistra, ma se si esamina il problema dal punto di vista strettamente teorico, si deve riconoscere che l'anarchismo è oltre la destra e la sinistra. " Nico Berti

Berti - Oltre la destra e la sinistra (http://www.scribd.com/doc/19647640/Berti-Oltre-la-destra-e-la-sinistra)
L'anarchismo è a sinistra, storicamente e teoricamente, se intendiamo come sinistra quella forza che si pone a fianco degli sfruttati e prova a guidarli verso l'emancipazione.

Henry Morgan
06-10-10, 16:07
L'anarchismo è a sinistra, storicamente e teoricamente, se intendiamo come sinistra quella forza che si pone a fianco degli sfruttati e prova a guidarli verso l'emancipazione.

E chi volesse abbattere lo Stato perché con le sue "protezioni sociali" intralcia la volontà dei forti?

Gian_Maria
06-10-10, 17:01
Immagino che per forti tu intenda possidenti/ricchi. Lo Stato con il suo apparato burocratico e coercitivo indipendentemente da quanta ricchezza sottrae ai capitalisti con la tassazione (a scapito dei profitti) è sempre stato e sempre sarà uno strumento indispensabile per i capitalisti.

Henry Morgan
06-10-10, 17:43
Immagino che per forti tu intenda possidenti/ricchi. Lo Stato con il suo apparato burocratico e coercitivo indipendentemente da quanta ricchezza sottrae ai capitalisti con la tassazione (a scapito dei profitti) è sempre stato e sempre sarà uno strumento indispensabile per i capitalisti.

Lo Stato è un peso, tanto più quello assistenziale di oggi. Farebbero più comodo le milizie private mercenarie.

Gian_Maria
06-10-10, 19:00
Certo che è un peso per la classe capitalista, ma il tutto pesa sulle spalle dei lavoratori:

http://digilander.libero.it/gmfreddi/Piramide_Capitalismo.jpg

Henry Morgan
06-10-10, 19:06
Certo che è un peso per la classe capitalista, ma il tutto pesa sulle spalle dei lavoratori:


Sì ma tu stesso ci insegni che Dio non esiste quindi non è un particolare problema l'oppressione di altri uomini.

Gian_Maria
06-10-10, 19:25
Per i molti oppressi e sfruttati lo è eccome (una volta che ne sono diventati consapevoli), a te piace essere oppresso e sfruttato?

Henry Morgan
06-10-10, 19:59
Per i molti oppressi e sfruttati lo è eccome (una volta che ne sono diventati consapevoli), a te piace essere oppresso e sfruttato?
Conosco sufficientemente i miei gusti ed è per questo che preferisco sfruttare.

MicheleSchirru
08-10-10, 11:22
E chi volesse abbattere lo Stato perché con le sue "protezioni sociali" intralcia la volontà dei forti?
Sarebbe un pazzo perchè lo Stato non intralcia la volontà dei forti. Abolire lo stato è una condizione necessaria per la costruzione di una società nuova e giusta, ma non è l'unica. Nessuno ci vieta di pensare che la gerarchia possa ricrearsi anche in una società senza Stato. L'anarchia non è solo assenza di Stato, ma anche, e soprattutto, assenza di qualsivoglia discriminazione e gerarchia.

Henry Morgan
08-10-10, 12:16
Sarebbe un pazzo perchè lo Stato non intralcia la volontà dei forti. Abolire lo stato è una condizione necessaria per la costruzione di una società nuova e giusta, ma non è l'unica. Nessuno ci vieta di pensare che la gerarchia possa ricrearsi anche in una società senza Stato. L'anarchia non è solo assenza di Stato, ma anche, e soprattutto, assenza di qualsivoglia discriminazione e gerarchia.

E perché il forte non dovrebbe sopraffare il debole in un mondo senza più finzioni religiose (genere "gli uomini sono stati creati uguali") e senza istituzioni che proteggano gli svantaggiati?

H.I.M.
08-10-10, 13:05
E perché il forte non dovrebbe sopraffare il debole in un mondo senza più finzioni religiose (genere "gli uomini sono stati creati uguali") e senza istituzioni che proteggano gli svantaggiati?

Perché utalitaristicamente il conflitto non conviene, difatti vi ricorrono solo gli stati e i bambini.

SEMPRE LIBERO
08-10-10, 13:09
Mi ritrovo sulle posizioni di Letizia, una eventuale società anarchica senza sfruttati e sfruttatori è un non senso.

L'anarchia è una società di individui, ognuno con la sua individualità, l'uguaglianza stessa è coercizione perchè costringe tutti ad essere eguali.

L'invidualità, essa sola, è l'anarchia.

H.I.M.
08-10-10, 13:32
Mi ritrovo sulle posizioni di Letizia, una eventuale società anarchica senza sfruttati e sfruttatori è un non senso.

L'anarchia è una società di individui, ognuno con la sua individualità, l'uguaglianza stessa è coercizione perchè costringe tutti ad essere eguali.

L'invidualità, essa sola, è l'anarchia.

Non credo domenico volesse dire questo. Forse intendeva che in una società anarchica gli scambi tra persone sono volontari, quindi il concetto di sfruttamento non sussiste.

MicheleSchirru
08-10-10, 14:10
Perchè il forte non dovrebbe sopraffare il debole? Perchè troverà gli anarchici che glielo impedianno. E' giusto impedirlo per egoismo, perchè io so che oggi il debole non sono io, ma domani potrei esserlo. La mia posizione è strettamente egoistica, impedisco a te di sfruttare un altro uomo perchè so che quell'uomo domani potrei io. Bakunin stesso scrive che la libertà non trova i limiti negli altri, bensì al ontrario trova la sua conferma negli altri. Di conseguenza la libertà deve essere estesa all'infinito perchè più liberi sono gli altri più libero sono io. Chi non si riconosce in questo principio può avvalorare tutte le teorie che vuole ma semplicemente si pone fuori dall'anarchismo.

Semprelibero con i suoi post diffama Stirner, lo intende nel senso più becero possibile. Stirner non è un reazionario. Inoltre gli scambi sono volontari se pari sono le condizioni sociali e le possibilità che vengono offerte a tutti. Se ad uno proponi di scegliere tra la morte e il lavoro schiavisto lui sceglie la schiavitù, ma non è una libera scelta. L'uguaglianza è offrire a tutti la possibilità di divenire ciò che si vuole e ciò che si è. L'uguaglianza non può essere intesa nel senso di appiattimento e omologazione.

Henry Morgan
08-10-10, 15:04
Perché utalitaristicamente il conflitto non conviene, difatti vi ricorrono solo gli stati e i bambini.
Stavo parlando con un collettivista che ha un'idea di sopraffazione diversa dalla tua (e non mi interessa dimostrargli che non è vero sfruttamento, gli chiedevo piuttosto perché non dovrei approfittarne).


Perchè il forte non dovrebbe sopraffare il debole? Perchè troverà gli anarchici che glielo impedianno. E' giusto impedirlo per egoismo, perchè io so che oggi il debole non sono io, ma domani potrei esserlo. La mia posizione è strettamente egoistica, impedisco a te di sfruttare un altro uomo perchè so che quell'uomo domani potrei io. Bakunin stesso scrive che la libertà non trova i limiti negli altri, bensì al ontrario trova la sua conferma negli altri. Di conseguenza la libertà deve essere estesa all'infinito perchè più liberi sono gli altri più libero sono io.

Lo "sfruttamento" capitalistico dei popoli del terzo mondo mi procura vantaggi materiali che sarebbero inconcepibili in un quadro di redistribuzione paritaria delle ricchezze.


Chi non si riconosce in questo principio può avvalorare tutte le teorie che vuole ma semplicemente si pone fuori dall'anarchismo.

Semprelibero con i suoi post diffama Stirner, lo intende nel senso più becero possibile. Stirner non è un reazionario. Inoltre gli scambi sono volontari se pari sono le condizioni sociali e le possibilità che vengono offerte a tutti. Se ad uno proponi di scegliere tra la morte e il lavoro schiavisto lui sceglie la schiavitù, ma non è una libera scelta. L'uguaglianza è offrire a tutti la possibilità di divenire ciò che si vuole e ciò che si è. L'uguaglianza non può essere intesa nel senso di appiattimento e omologazione.
A me infatti non interessava rivendicare un'ortodossia anarchica ma scoprire per quale maledetta ragione dovrei attribuire una speciale dignità a ciascun bipede implume fuori dai rapporti di forza fattuali. L'ipotesi astratta che la situazione possa rovesciarsi non mi impressiona più di quanto la consapevolezza che sarei potuto nascere porcello mi impedisca qui e ora di godermi le salsicce. Se qualcuno è davvero convinto di poter ribaltare il tavolo che si faccia avanti.

MicheleSchirru
08-10-10, 15:38
Se qualcuno è davvero convinto di poter ribaltare il tavolo che si faccia avanti.
Egoismo: tu vuoi mangiare un porcello, io voglio impedirtelo perchè so che quel porcello potrei essere io un giorno e anche perchè la salvezza del porcello mi genera felicità e la sua morte mi inorridisce.

Henry Morgan
08-10-10, 16:41
Egoismo: tu vuoi mangiare un porcello, io voglio impedirtelo perchè so che quel porcello potrei essere io un giorno e anche perchè la salvezza del porcello mi genera felicità e la sua morte mi inorridisce.

Infatti non stavo sindacando sui gusti, è perfettamente possibile che uno tragga soddisfazione dal sacrificarsi per una causa (è quello che ad esempio fanno i militi fascisti); facevo soltanto notare che finché gli sfruttatori si trovano dalla parte del manico non si trovano da quella della lama. E se qualcuno ha intenzione di assaggiarla può sempre farsi avanti.

Henry Morgan
08-10-10, 17:30
Semprelibero con i suoi post diffama Stirner, lo intende nel senso più becero possibile. Stirner non è un reazionario.
Stirner spiega soltanto che non c'è motivo di sentirsi in dovere di anteporre stravaganze come "Dio", "società", "umanità" alla propria persona. Il resto è ovviamente lasciato ai gusti.

MicheleSchirru
09-10-10, 11:07
Stirner spiega soltanto che non c'è motivo di sentirsi in dovere di anteporre stravaganze come "Dio", "società", "umanità" alla propria persona. Il resto è ovviamente lasciato ai gusti.
Appunto, l'individuo è al centro di tutto perchè tutte le altre cose sono astrazioni, fantasmi. Secondo me Stirner ci dice che se pensiamo che la nostra vita possa essere salvaguardata dalle astrazioni (dio, patria, umanità, partito) ci sbagliamo di grosso..è come un buon padre o un buon amico che ti dice: Devi pensare a te stesso, perchè nessun'altro lo farà!...

Non bisogna quindi sacrificarsi per gli altri, ma per se stessi. Io voglio che tu sia libero, perchè la tua liberà è anche la mia. Io voglio che tu non venga perseguitato perchè so che un giorno il perseguitato potrei essere io.