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Visualizza Versione Completa : Emiliano Zapata



Gianky
22-07-14, 21:18
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A differenza di molti altri rivoluzionari del ventesimo secolo, Emiliano Zapata (1879-1919) non è stato un intellettuale né un transfuga della classe dominante, ma un leader popolare di origine indigena.
Nato l'8 agosto del 1879 nel villaggio di Anenecuilco, frazione di Villa de Ayala, Stato di Morelos, Emiliano è il penultimo dei dieci figli di una delle tante famiglie impoverite dalle haciendas, le grandi aziende agricole divoratrici di terre che sono l'asse della modernizzazione promossa dal dittatore Porfirio Díaz. Nel Morelos, terra di paradossi e di contraddizioni, si scontrano allora due civiltà: quella degli imprenditori capitalisti imbevuti di positivismo e quella degli indigeni legati alla terra e al villaggio (pueblo) che conservano uno spirito indomito e un forte senso della solidarietà.
Emiliano, che parla spagnolo e nahuatl, la lingua degli antichi messicani, riceve l'istruzione elementare fino a quando, rimasto orfano all'età di 16 anni, comincia a lavorare distinguendosi ben presto come buon agricoltore e gran conoscitore di cavalli. Dotato di una mente inquieta e di una natura indipendente, non tarda a conquistarsi una posizione di prestigio all'interno della comunità, diventandone al tempo stesso la sua memoria vivente. All'inizio del secolo, lo troviamo chino su antichi documenti coloniali che dimostrano la legittimità delle rivendicazioni del pueblo.
Negli stessi anni, conosce due personaggi che giocheranno un ruolo importante nella sua vita: Pablo Torres Burgos e Otilio Montaño. Entrambi sono maestri di scuola, entrambi divoratori di letteratura incendiaria. Il primo gli mette a disposizione la propria biblioteca dove vi può leggere anche "Regeneración", la rivista clandestina dei fratelli Flores Magòn; il secondo lo introduce alla letteratura libertaria e in particolare all'opera di Kropotkin.
Il battesimo politico avviene nel febbraio 1909 quando, eletto sindaco di Anenecuilco, Zapata appoggia il candidato a governatore dell'opposizione, Patricio Leyva. La vittoria dell'aspirante ufficiale, Pablo Escandón, provoca ad Anenecuilco dure rappresaglie e nuove perdite di terre. Verso la metà del 1910, dopo un'infruttuosa intervista con il presidente Díaz e vari tentativi di risolvere i problemi del pueblo per la via legale, Zapata e i suoi cominciano a occupare e a distribuire terre.
Nel frattempo, il 20 novembre 1910, un gruppo di liberali democratici ostili a Díaz, capeggiato da Francisco Madero, fa appello alla resistenza contro la dittatura, promettendo fra l'altro la restituzione delle terre usurpate. Nel Morelos i tempi sono maturi: passato un primo momento di esitazione, Zapata si lancia nella lotta armata.
Dopo la morte di Torres Burgos per mano dei federales, egli diventa il capo indiscusso della rivoluzione del sud. Appoggiato dai pueblos, riesce a tenere in scacco le truppe governative fino alla rinuncia del dittatore nel maggio del 1911. Il 7 giugno ha un deludente incontro con Madero il quale, venendo meno alle promesse, si mostra insensibile alle rivendicazioni contadine. L'inevitabile rottura si produce in novembre quando, ormai esasperato, Zapata riprende le armi, lanciando il Plan de Ayala dove si definisce Madero un traditore e si decreta la restituzione delle terre. La rivoluzione del sud ha ormai una bandiera: "sono disposto a lottare contro tutti e contro tutto" scrive Zapata a Gildardo Magaña, suo futuro successore.
Ha inizio una guerra lunga e difficile, prima contro Madero, poi contro Huerta e infine contro Carranza. I soldati dell'Ejército Libertador del Sur combattono in unità mobili di due o trecento uomini comandati da un ufficiale con il grado di "colonnello" o "generale". Applicando la tecnica della guerriglia, colpiscono i distaccamenti militari per poi abbandonare la carabina 30/30 e scomparire nel nulla. Invano, i federales mettono il Morelos a ferro e fuoco: gli zapatisti sono inafferrabili.
Verso la fine del 1913, grazie anche alle spettacolari vittorie di Villa al nord, l'antico regime traballa. Dopo la fuga di Huerta (15 luglio), nell'autunno 1914 si celebra ad Aguascalientes una Convenzione tra le differenti frazioni rivoluzionarie che però non riescono a trovare l'accordo. Tra la costernazione dei presenti, il delegato zapatista, Antonio Díaz Soto y Gama, strappa la bandiera nazionale proclamando la necessità di "farla finita con tutte le astrazioni che opprimono il popolo".
In dicembre, in seguito alla rottura con Carranza, che rappresenta la borghesia agraria del nord, le truppe contadine di Villa e Zapata entrano trionfanti a Città del Messico inalberando i vessilli della vergine della Guadalupe, patrona dei popoli indigeni. Gli abitanti della capitale hanno paura dell'Attila del Sud, però i rivoluzionari non commettono saccheggi né atti di violenza. In un gesto poi diventato famoso, Zapata rifiuta l'invito a sedere sulla poltrona presidenziale: "non combatto per questo. Combatto per le terre, perché le restituiscano". E torna nel Morelos, territorio libero dopo la fuga dei proprietari terrieri e dei federales.
Nel 1915, prende forma quel grande esperimento di democrazia diretta che è stato chiamato la Comune di Morelos. Affiancati da una generazione di giovani intellettuali e studenti provenienti da Città del Messico, gli zapatisti distribuiscono terre e promulgano leggi per restituire il potere ai pueblos. Tuttavia il loro destino si gioca più a nord, nella regione del Bajío, dove le strepitose vittorie di Obregón su Villa capovolgono nuovamente la situazione. A quel punto, la rivoluzione contadina entra in una fase di declino progressivo da cui, salvo per brevi momenti, non si riprenderà più. Quasi invincibile sul piano militare, Zapata è attirato in un'imboscata - lui, che aveva sempre temuto il tradimento - e assassinato il 10 aprile 1919, presso l'hacienda di Chinameca. Non ha compiuto 40 anni.
La storia non finisce qui. Ancora forti, gli zapatisti eleggono loro capo Gildardo Magaña, giovane e abile intellettuale con doti di conciliatore. Questi continua la lotta fino al 1920, quando aderisce al Plan de Agua Prieta, lanciato contro Carranza da un gruppo di generali del Sonora. Ormai stremati, i guerriglieri del Morelos accettano di deporre le armi in cambio della promessa di una riforma agraria. La pace è fatta: sorge così un regime che considera Zapata tra i propri fondatori accanto a coloro che lo hanno assassinato. Tuttora i militari messicani - gli stessi che combattono i neozapatisti del Chiapas - venerano il caudillo del sur, il cui ritratto si può vedere in ogni caserma.
Quale può essere, oggi, il bilancio dello zapatismo? Più volte, gli storici si sono chiesti se quella del Morelos sia stata un'autentica rivoluzione sociale. Alla domanda molti, sia marxisti che liberali, hanno risposto di no, etichettandola come una ribellione conservatrice, localista e perfino reazionaria. Tuttavia, è facile osservare che il movimento andava oltre la semplice rivendicazione delle terre. Possedeva, ad esempio, una chiara concezione del potere e del governo. Secondo il caudillo del sur, la nazione si doveva costruire a partire da un'organizzazione decentralizzata di pueblos liberamente federati, sovrani ed autonomi nelle decisioni politiche, amministrative e finanziarie. Altro aspetto importante era la preminenza delle autorità civili su quelle militari, una concezione assai avanzata per il Messico di quel tempo.
Al contrario di quanto sostengono i suoi detrattori, Zapata comprese anche la necessità di non rimanere isolato. Per questo mandò rappresentanti all'estero (tra gli altri, Octavio Paz Solorzano, padre del poeta) e aprì le porte del Morelos a tutti coloro che erano disposti a unirsi alla sua lotta. Nel 1913, chiamò anche Ricardo Flores Magón, allora esiliato negli USA, il quale, per motivi mai del tutto chiariti, non poté accettare l'invito.
Combinazione contraddittoria di passato, presente e futuro, il movimento zapatista marca l'irruzione delle civiltà indigena nel Messico contemporaneo: la sua sconfitta ha solo rimandato il problema. A fine secolo, Zapata cavalca di nuovo, rivendicando i diritti dei più piccoli.
Claudio Albertani
(dal bollettino n°14 del Centro Studi Libertari di Milano)


Emiliano Zapata  di Claudio Albe (http://www.socialismolibertario.it/emiliano_zapata.htm)

Gianky
25-07-14, 13:36
EZLN-Primo Gennaio 1994-2014: 20 Anni di Lezioni Zapatiste

Posted by palo (http://www.ennenneonline.it/author/mafpol/) on Jan 1, 2014 in Esteri (http://www.ennenneonline.it/category/esteri/), in Evidenza (http://www.ennenneonline.it/category/in-evidenza/) | 0 comments (http://www.ennenneonline.it/ezln-1-gennaio-1994-1gennaio-2014-20-anni-di-lezioni-indigene/#respond)



Estratti da Sergio Rodríguez Lascano direttore della rivista Rebeldiada-Rebellion-con il consenso dell’autore -CreativeCommons-Traduzione EnnEnnE
http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/images-3-zap.jpg (http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/images-3-zap.jpg)
Compagni:
Esattamente 20 anni fa il 1 Gennaio 1994 ci siamo svegliati con la notizia che gli indiani Maya dello Stato del Chiapas aveva preso le armi contro il fetido governo di Carlos Salinas de Gortari.
Una nuova generazione é poi scesa in strada e si é identificata con la Ribellione zapatista.
L’insurrezione zapatista del 1 gennaio aveva colpito la coscienza nazionale. Secondo il giornalista José Emilio Pacheco:”Noi Messicani chiudiamo gli occhi per non vedere l’altro Messico e pensiamo che cosí facendo esso scompaia. Il Messico che credeva di essere diventato parte del primo mondo si é svegliato con una ribellione che lo riportato indietro di un secolo..
A questo punto è possibile porre fine alla violenza dei ribelli, solo con la fine della violenza degli oppressori “
(José Emilio Pacheco, La Jornada, 5 gennaio).
L’11 novembre 1989, erano cadute come birilli le cosiddette “democrazie popolari” (Germania Est, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Polonia, Romania, Albania).
In America Latina, il 25 febbraio 1990, i sandinisti hanno perso le elezioni ed é iniziato non solo il processo di esproprio dei contadini nicaraguensi, e la fine delle cooperative ma una dinamica di corruzione che si é sviluppata anche tra i leader Sandinisti.
Nel 1991 é stato il turno dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il crollo che non può essere negato ha inaugurato l’arrivo di un capitalismo selvaggio gestito da una mafia criminale.
Il 16 Gennaio 1992, gli accordi di Chapultepec che hanno messo fine alla guerra in El Salvador sono firmati senza che le richieste fondamentali dei contadini per il diritto alla terra siano ascoltate




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Tra l’euforia di chi proclamava la « fine della la storia » e l’arrivo di un nuovo ordine mondiale, qualcuno ha descritto bene il momento che abbiamo vissuto e la nostra stoltezza:
“A Bucarest, una statua di Lenin cade, a Mosca una folla impaziente fa la coda alle porte di McDonald.
Il famigerato muro di Berlino si ritrova in pezzi.
A Varsavia e Budapest, i ministri delle finanze parlano come Margaret Thatcher.
A Pechino succede lo stesso mentre i carri armati schiacciano gli studenti.
Il più grande del Partito Comunista Italiano dell’Ovest, annuncia il suo prossimo suicidio.
Fine degli aiuti Sovietici in Etiopia e il colonnello Mengistu improvvisamente scopre che il capitalismo è buono.
I sandinisti, protagonisti della rivoluzione piú bella del Mondo perdono le elezioni: Cade la rivoluzione in Nicaragua ! titolano i giornali
Sembra che non ci sia piú spazio per le rivoluzioni, se non nelle vetrine dei musei archeologici.Non c’é piu posto nemmeno per la Sinistra a meno che non decida di pentirsi e sedersi al fianco dei banchieri.
Siamo tutti invitati al funerale del socialismo mondiale. Dicono che al funerale si accoda l’umanitá intera
Confesso che non la penso così. Sono andati al funerale del morto sbagliato “.

(Eduardo Galeano: Il bambino perso del tempo).

La rivolta zapatista 1 ° gennaio ha aperto un nuovo ciclo di scontri sociali.
Il suo messaggio era ed è quello dei dannati della terra in cerca di una pratica di emancipazione.
Il pensiero libertario zapatista ha aperto un grande squarcio nel palazzo apparentemente solido
del potere ideologico del capitale, ed ha permesso di esprimersi intorno a vecchie e nuove
buone idee.

Né il governo né partiti di destra, né di sinistra o settori democratici, pensavano che una cosa del genere sarebbe accaduta.
Noi abbiamo cominciato a cercare di capire la nuova grammatica della ribellione zapatista, ma molte idee erano estranei a noi e molte volte, interpretate male.
La cosa più importante è che il 1 ° gennaio è stata una boccata d’aria fresca.
L’idea che non tutto era perduto era la chiave di lettura, e abbiamo potuto vedere avanti : la storia non solo non era finita, ma aveva ancora molte pagine vuote.
Ora possiamo aggiungere che la rivolta zapatista non corre il pericolo di essere inghiottito dal carattere onnivoro del capitalismo.
Nonostante i tentativi effettuati dai media, gli zapatisti non sono parte della Società dello Spettacolo.
Gli zapatisti hanno creato un processo pieno di momenti brillanti, ma prima di tutto un processo continuo di lotte, azioni, esperienze, concatenate insieme che hanno formato una nuova pratica in ‘basso a sinistra’.
Così, nonostante i commentatori e gli analisti, che si scambiano il loro entusiasmo dandoli per morti gli zapatisti, non solo continuano, ma generano nuovi processi sociali : internamente lo sviluppo dell’autonomia (autentico processo di auto-organizzazione, profondo e prolungato, senza pari nella storia) e la costruzione di nuovi rapporti sociali, cioè, nuovi modi di vita ; esternamente non hanno cercato di egemonizzare altri movimenti sociali ponendosi sempre accanto ai piú perseguitati, umiliati e offesi, coloro che sono considerati sacrificabili.




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Se qualcuno chiede a un Zapatista: Quali sono stati i vostri anni migliori? Questa sará la risposta, : ‘Quelli a venire !’
Infatti tra le cose più importanti che ci hanno mostrato c’è la volontà permanente di combattere, la capacità organizzativa e la convinzione di essere destinati a vincere.
Molta acqua è passata sotto i ponti dal 1 ° gennaio 1994. E molti attacchi si socceduti da parte dei signori del denaro, dei politici e dei loro palafrenieri “intellettuali” innamorati del potere che dal primo giorno sono stati assunti per una missione impossibile: denigrare la credibilità degli Zapatisti e del loroEZLN.
Da parte nostra, abbiamo deciso con l’esempio degli Zapatisti di mantenerci in basso a sinistra e cercare un altro approccio verso una realtà da costruire dove i meccanismi di comunità e auto-organizzazione guidino verso le trasformazioni pratiche e teoriche, accanto a quelli che vivono nella cantina dell’edificio capitalista.
Per realizzare questa costruzione era necessario essere disposti ad imparare di nuovo molte cose,






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http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/scuola-zap.jpg (http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/scuola-zap.jpg)Nel processo in cui “l’educatore deve essere educato” l’apprendimento è stato fondamentale (Lascano é il direttore di una rivista a cui fa riferimento la sinistra di classe messicana ndr)
Da allora, la strada non e ‘stata facile. Diversi paradigmi teorici del pensiero di sinistra sono stati chiamati in causa:
L’idea di un’avanguardia che dirige dal di fuori il movimento sociale.
L’idea che la teoria è solo per i pensatori universitari.
L’idea che la classe operaia è l’unica classe rivoluzionaria.
L’idea che ciò che conta nel concetto di lotta di classe, è il secondo elemento e non
primo.
L’idea che la diversità e la differenza sono un’ostacolo per combattere insieme.
L’idea che lo Stato è l’unico strumento per modificare in modo duraturo l’organizzazione sociale e le condizioni di vita sostenibili.
L’idea che si lotta per una rivoluzione socialista e che le minoranze (indigeni, donne, omosessuali, lesbiche, altri amori, punk, ecc.) devono firmare un assegno inbianco
L’idea della sinistra, che chi non pensa secondo la visione unica è un nemico.






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A poco a poco abbiamo scoperto che esiste un’altra teoria: che viene da dentro i movimenti da comunità, quartieri, periferie, villaggi, dove le persone iniziano a riflettere sul significato di prendere in mano il controllo dei propri destini e, da lì sviluppare una teoria da loro stessi prodotta
Questo nascita di “pedoni della storia”, come i colleghi zapatisti dicono, quelli senza documenti o diplomi universitari da diversi anni ormai, stanno generando la vera teoria politica.
La grande domanda per le organizzazioni d’avanguardia ed i formatori di pensiero é se avranno la modestia di ascoltare quelle voci. Se saranno in grado di abbassare il volume del rumore prodotto dalle loro stesse teorie, spesso disegni validi per qualsiasi momento della storia, cioè, a nessuno.
Si impara ad ascoltare solo quando si è in silenzio.
Sará possibile che dopo tanti anni di chiacchiere, la sinistra abbia la capacità di stare zitta e ascoltare?
Le voci provenienti dal basso, anche se solo di pochi decibel, sono chiare e nitide. É solo necessario abbassarsi un poco e prestare attenzione.
E poi ci rendiamo conto che dal profondo della società messicana un ruscello, sta turbinando creando idee e pensieri, come vediamo oggi nella Piccola Scuola Zapatista. Se affiliamo l’orecchio dobbiamo riconoscere che sì, in effetti, le nuove generazioni zapatiste sono molto più lucido e capaci di quelli che hanno fatto l’insurrezione.
Le molteplici voci di sostenitori zapatisti confermano che, nonostante il grande sforzo del suo capo militare e portavoce, solo un pallido riflesso di ciò che stava succedendo in territorio Zapatista ci é stato trasmesso






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La ricchezza di questa esperienza ci ha dato nuovi strumenti pratici e teorici. É
nostra responsabilità farne un uso proficuo. Sappiamo che non è stato facile, e siamo lontani dall’averlo fatto ma stiamoveramente cercando di farlo.
Loro non si arrendono, non si vendono, non rinnegano. Sono riusciti a conservare il fuoco e togliere la cenere. Quel fuoco rappresenta la nostra volontà di lottare contro lo sfruttamento, il saccheggio, la repressione e il disprezzo ossia contro l’essenza del capitalismo.
“Lasciate che vi dica che L’EZLN ha avuto la tentazione di egemonia non solo dopo la rivolta, ma anche prima. C’era la tentazione di imporre modalità e identità, che gli zapatisti fossero l’unica verità. Sono state in primo luogo le popolazioni che l’hanno impeditito e che ci hanno insegnato che ci sono molti mondi e che è possibile e necessario il rispetto reciproco’’’… si vuole dire che c’è un diverso modo di sentire la stessa rabbia, e che questa pluralità è la direzione e la meta che vogliamo e proponiamo …
“Noi siamo tutti Zapatisti come lo sono tutti quelli che si definiscono Comunisti, Socialisti, Anarchici,Libertari, Punk, Dark per dare un nome alla propria differenza
(Estratti del discorso del Subcomandante Marcos: “Sette venti dal basso “).

Questo concetto ci sfida a formulare una risposta.






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http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/prato-zap-300x200.jpg (http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/prato-zap.jpg)“Nella Sesta (Dichiarazione dalla Selva Lacandona) non abbiamo detto che tutti i popoli indios erano dell’EZLN, o che avremmo diretto politicamente i lavoratori, studenti, contadini, giovani, donne, altri.
Ognuno ha il suo spazio, la sua storia, la sua lotta, il suo sogno, la sua proporzionalità dunque dobbiamo provare a lottare insieme per tutti e per ciascuno.”
“Siamo preoccupati perché il mondo che ha partorito tanta lotta e rabbia continua a vedere la donna con tutte le varianti del disprezzo imposti dalla società patriarcale; che continua a considerare malati coloro che hanno delle preferenze sessuali differenti; che pensa che i giovani debbano essere domati e fatti ‘maturare’; che l’ indio continui ad essere disprezzato e umiliato o nella migliore delle ipotesia considerato come un ‘buon selvaggio’che deve essere civilizzato
‘Siamo preoccupati, perché in questo mondo non c’è democrazia, non c’è giustizia, libertà… noi vogliamo che il nuovo mondo non sia un clone transgenico di quello odierno . “.
‘Essere tanti e diversi é una forza che ci permette di sopravvivere alla catastrofe incombente, e ci permette di scegliere qualcosa di nuovo.

(Estratti del discorso del Subcomandante Marcos: “Sette venti dal basso “).

C’é una parola che si ripete costantemente ogni volta che un uomo, una donna, un bambino o un anziano base di appoggio zapatista parla della sua lotta, della sua autonomia, della sua resistenza : ‘Organizzazione’, ma come arrivarci?






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Il problema non viene risolto usando la parola come un sorta di “apriti sesamo”.
Né si può semplicemente elevare a modello quello che loro stessi ci dicono che non è un modello.
Ma c’è qualcosa che ci guidi in questa strada tortuosa?
Si ! Imparare dalle esperienze quotidiane, esperienze simili, ma non uguali.
Posizionare sempre noi stessi accanto ai dannati della terra.
Non guardare in alto, ma verso il basso.
Dare l’opportunità di parlare a quelli che stanno in basso.
Privilegiare l’ascolto .
Capire che è inevitabile che il potere tenterá il linciaggio dei ribelli.
Evitare la tentazione di dirigere il movimento : questo provoca sempre vertigini : ci si pone sempre la questione di come guidare coloro che lottano. Beh, la risposta è semplice : rispettare le forme organizzative che ognuno si è dato, ognuno a modo suo, anche se ci sembra un percorso tortuoso e disperatamente lento..






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Lavorare per creare articolazioni.
Non rispettare le regole del “politicamente corretto” imposte dall’alto , anzi aspirare al ” politicamente scorretto “.
Lavorare e costruire sulla differenza.
Generare vita in cui le donne non siano molestato semplicemente perché donne e dove non vengono imposti religione né ateismo.
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http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/zapa-poste.jpg (http://www.ennenneonline.it/wp-content/uploads/2014/01/zapa-poste.jpg)È stato teorizzato, sia da destra che da sinistra che la citta è molto più complicata della la giungla e che gli zapatisti possono fare quello che fanno perché la loro società non è complessa.
Ma siamo noi che viviamo in grandi città in una società complessa che impedisce alle persone di prendere il controllo del proprio destino.
L’altra stupidità da parte degli stessi che cantano le glorie del internet e dei social network è il ridurre il tutto ad un problema tecnica: la difficoltà di comunicazione.
Costoro non ha mai messo piede in un comune autonomo del Buon Governo in territorio zapatista dove quasi tutti i compagni parlano fino a quattro lingue viventi.
Comunque, queste sono solo alcune nostre riflessioni e probabilmente, nemmeno le migliori.
Il punto è che se, la Storia ci morde il collo, dobbiamo rivolgerci a noi stessi e mordere il collo alla Storia. Certo, tutto fatto con grande serenità e pazienza.
In questo processo ci saranno molte esperienze da cui imparare. Qui sì “fioriranno cento fiori “, che rappresentano un centinaio o più diverse forme di organizzazione.
E oggi, 20 anni dopo la grande sollevazione abbiamo appreso che la ribellione era anche nostra e diciamo agli zapatisti: compagni ci avete dato un obiettivo molto modesto: il cambiamento della vita, il cambiamento del mondo e siamo qui cercando di camminare con voi, spalla a spalla.
Per tutti questi e molti altri motivi e ingiustizie, noi un gruppo di uomini, donne, bambini , anziani e altri abbiamo deciso di organizzarci , perché ci rendiamo conto che la ribellione organizzata è un modo di farci arrivare dove vogliamo andare.
Non costruiremo un unico percorso privo di ostacoli, ma quello in cui incontreremo molti altri.
Perché dopo 20 anni stiamo imparando che le strade sono percorse a piedi, in azione e non su dibattiti teorici senza radici pratiche.
Cercando di creare un quadro comune, un rifugio abitabile dalla nostra ribellione, un bunker un fulcro per continuare il lavoro della vecchia talpa (o meglio: dello scarafaggio di nome Don Durito della Lacandona) che corrode le fondamenta della capitale.
Quindi esprimiamo la nostra volontà di mettere tutto lo sforzo e il desiderio di camminare accanto agli Zapatisti.
Fuori non è piú mezzanotte … gia vediamo l’orizzonte.

EZLN-Primo Gennaio 1994-2014: 20 Anni di Lezioni Zapatiste | EnnEnneOnLine (http://www.ennenneonline.it/ezln-1-gennaio-1994-1gennaio-2014-20-anni-di-lezioni-indigene/)

Josef Scveik
25-07-14, 17:46
Ricordiamoci che l'ex leader dell'EZLN può essere considerato un immigrato, visto che è un cittadino messicano, bianco, istruito. Quindi è tutto tranne che un indios. Marcos dice, todos somos Marcos. Spiega meglio l'ex Subcomandante:

Marcos, la quintessenza dell'anti-leader, insiste che la sua "maschera nera è uno specchio, così che Marcos è un gay a San Francisco, nero in Sudafrica, un asiatico in Europa, un Chicano a San Ysidro, un anarchico in Spagna, un palestinese in Israele, un indio maya negli stretti di San Cristobal, un ebreo in Germania, uno zingaro in Polonia, un mohawk in Quebec, un pacifista in Bosnia, una donna sola in metropolitana alle dieci di sera, un contadino senza terra, un membro di una gang in una baraccopoli, un operaio senza lavoro, uno studente infelice e, naturalmente, uno zapatista sulle montagne". In altre parole, lui è semplicemente noi: noi siamo il leader che stiamo aspettando.

Gianky, ti riconosci in questa definizione? Anche tu ti senti Marcos?

Gianky
25-07-14, 19:37
https://encrypted-tbn3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTpLn8ZIZKFb_ufYbqXHX7QveF1mEcOe o9w3JQ8A8OD9DJx_IA2

Josef Scveik
25-07-14, 20:09
Ma tu ti senti un pò Marcos? Ti senti un pò zingaro e immigrato anche tu?Ti senti un pò come si sente un nero in italia?Faccio un esempio, ti senti un pò come Balotelli? Non so, tu hai scritto qualche settimana fa:

Quanta ipocrisia mamma mia, quanta ipocrisia. Allora Balotelli è stato fatto alfiere della "nuova Italia" multietnica e in base a questa scelta, che è politica, è stato montano a dismisura.....Sbagliato prima farne il portabandiera dell'Italia multietnica... Il tizio è umanamente un pirla, come giocatore è nella media e se non fosse stato negro non sarebbe nemmeno stato portato ai mondiali. Il calcio è politica, ed è per questo che l'altro ieri ho fatto il tifo per l'Uruguay, non so se mi spiego. (https://forum.termometropolitico.it/645949-balotelli-i-negri-non-mi-avrebbero-scaricato-cosi-21.html)

Gianky
25-07-14, 21:26
https://encrypted-tbn3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS2qfIis0hB8v0pAs70to4R1oi0QxLb1 DpBVusLvpY8NxNr3BQ-

Gianky
25-07-14, 21:29
:snob:



https://encrypted-tbn1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTMBtz15U0n8FTosHgtZiHxV5j7-XSwCabkmSWReIOxad3r3fU1

Gianky
25-07-14, 21:31
:facepalmi:


https://encrypted-tbn2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTCLSNUzYrxxJgKPa71X8AFJQink4gT9 ff7-_Jw0tYv_rqVTAsl

Kavalerists
25-07-14, 21:53
https://encrypted-tbn1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTMBtz15U0n8FTosHgtZiHxV5j7-XSwCabkmSWReIOxad3r3fU1




https://encrypted-tbn2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTCLSNUzYrxxJgKPa71X8AFJQink4gT9 ff7-_Jw0tYv_rqVTAsl

:facepalmi: entrambi. :snob:

Gianky
26-07-14, 09:11
:facepalmi: entrambi. :snob:

Gobbo?

Kavalerists
26-07-14, 13:36
Gobbo?
MA NON SIA MAI! ODIO LA RUBENTUS!
E' che Balotelli non mi piace, indipendentemente da con quale maglia gioca, troppo infantile e montato come persona, e troppo sopravvalutato come calciatore.

Gianky
29-07-14, 13:44
Diario dalla comunità di San Marcos Avilés, ChiapasPubblicato il 27 giugno 2014 · in Osservatorio America Latina (http://www.carmillaonline.com/categorie/osservatorio_america_latina/) ·

di Marco Cavinatohttp://www.carmillaonline.com/wp-content/uploads/2014/06/San-Marcos-Avilés-Chiapas-1-300x212.jpg (http://www.carmillaonline.com/wp-content/uploads/2014/06/San-Marcos-Avilés-Chiapas-1.jpg)Sono arrivato alla comunità di San Marcos Avilés (http://sanmarcosaviles.wordpress.com/sobre/), situata in cima a un altopiano nel cuore della Selva Lacandona, grazie a un progetto (http://www.frayba.org.mx/observadores.php) del Fray Bartolomé de Las Casas, il centro per la difesa dei diritti umani che da 25 anni dalla città di San Cristobal de Las Casas sostiene in diversi modi le vittime della violenza e della repressione nello stato messicano del Chiapas, e quindi principalmente gli indios. Da qualche anno è operativo il progetto ‘‘Bricos”, che consiste nel documentare lo stato di alcune situazioni di conflitto attraverso l’invio di ‘‘brigate civili di osservazione’’. Le brigate sono destinate alle zone nelle quali il conflitto è vivo oppure dove è latente ma la tensione è comunque alta, quindi soprattutto in quelle comunità dove vive chi ha scelto la strada dell’autonomia e della resistenza. Nelle comunità autonome, zapatiste ma non solo, il conflitto è normalmente causato da militari o paramilitari che agiscono nella zona, ma in alcune realtà, come quella di San Marcos Avilés, le ragioni sono da ricercare all’interno della comunità stessa.Nel 1994, anno dell’insurrezione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, l’uomo che possedeva tutte le terre della comunità di San Marcos è stato cacciato da quegli indios che aveva sfruttato fino al giorno prima. Il possidente, poi, ha preteso una liquidazione per lasciare quei terreni ai contadini ribelli. “Abbiamo già pagato con il sangue dei nostri compagni”, è stata la risposta che ha ottenuto da loro. Da quel giorno le terre sono state dichiarate di proprietà dell’EZLN, per essere lavorate dalla gente di San Marcos che, dopo decenni di sfruttamenti e angherie, ha cominciato ad avere la possibilità di scegliere le condizioni del proprio lavoro e di beneficiare per intero dei suoi frutti. Così per un paio d’anni la comunità resta compatta e diventa una delle tante basi d’appoggio zapatiste, note anche con l’acronimo BAZ, ma nel 1996 arrivano i programmi d’appoggio del governo federale e dello stato del Chiapas, che rappresenteranno la prima causa di divisione nelle comunità autonome.Gli indigeni che indossano il passamontagna per conquistare ‘‘terra e libertà’’, infatti, hanno conquistato un alto livello d’attenzione mediatica internazionale, troppo alto per essere repressi nel sangue secondo i “metodi” tradizionali dei governi messicani. Così, sia a livello statale che federale, il governo intraprende in Chiapas quella che viene definita ‘‘guerra sporca’’ o di bassa intensità: da una parte, paramilitari prezzolati che aggrediscono comunità e fanno sparire persone manovrati e finanziati dai partiti in un contesto di progressiva militarizzazione della regione. Dall’altra, appunto, i programmi di appoggio che prevedono aiuti economici per madri capofamiglia, per le famiglie con bambini e anziani a carico, oppure crediti e versamenti per ristrutturare casa. Insomma il governo messicano si ricorda improvvisamente dell’esistenza degli indios, in una regione che a livello nazionale ha la più alta percentuale di popolazione indigena, da sempre dimenticata, sfruttata ed emarginata, e che è anche quella meno alfabetizzata e con il più alto tasso di mortalità infantile. È quindi a colpi di puro assistenzialismo che i governi da allora cercano di fermare il dilagare degli zapatisti nelle comunità, senza presentare un solo progetto serio di sviluppo per queste.Anche a San Marcos Avilés i programmi d’appoggio governativi hanno creato una netta divisione: dal 1996 molte persone hanno iniziato a togliersi il passamontagna e a uscire dall’organizzazione zapatista, della quale oggi fanno parte 34 famiglie: circa 140 sono invece le famiglie che si sono iscritte ai partiti politici nazionali per ricevere i loro soldi, i soldi degli stessi partiti che anche qui hanno sempre supportato i padroni delle terre e le multinazionali ai danni dei popoli che da sempre abitano queste zone. Tutto questo non rappresentava un problema di per sé per i compas (che è come i compagni zapatisti si chiamano tra loro), ma è chiaro che chi già si è venduto voglia sempre di più: quando nel 2010 hanno dichiarato che avrebbero costruito una scuola autonoma per i propri figli, come disposto dalla comandancia dell’EZLN, gli uomini passati dalla parte dei partiti (ricevere i programmi d’appoggio significa la sottoscrizione ufficiale al partito) definiti ‘‘partidistas’’ hanno utilizzato questo pretesto per presentarsi armati nelle case delle famiglie zapatiste e cacciarle nella notte.http://www.carmillaonline.com/wp-content/uploads/2014/06/San-Marcos-Avilés-Chiapas-300x122.jpg (http://www.carmillaonline.com/wp-content/uploads/2014/06/San-Marcos-Avilés-Chiapas.jpg)Secondo quanto affermano i compas le intenzioni dei loro vicini partidistas sono chiare da anni: in nome della loro legittimità di fronte al “manipolo di testardi” che continua a far parte di un movimento clandestino di insorti, avrebbero come unico obbiettivo quello di appropriarsi di tutti i terreni appartenenti alle famiglie zapatiste. Per fare in modo che i propri figli potessero frequentare una scuola differente da quelle del “mal gobierno”, che impongono la storia coloniale e che tendono a negare le tradizioni e la cultura indigena, le 34 famiglie sfollate si sono trovate a soffrire la fame e il freddo nella notte della montagnane alcune donne hanno dovuto partorire in condizioni difficilmente immaginabili. Con il supporto delle comunità zapatiste vicine e di varie associazioni civili i compas sono potuti tornare dopo 33 giorni, trovando le loro case saccheggiate, alcune piantagioni distrutte e il raccolto del caffè completamente sparito.Da allora la situazione continua a essere tesa, e attualmente la principale questione (o pretesto per alimentare il conflitto) è quella legata all’elettricità che i compas non pagano al mal gobierno. Questa disobbedienza non sembra piacere ai partidistas che in varie occasioni hanno minacciato di cacciare nuvamente le 34 famiglie delle BAZ e di tagliare i cavi della luce che utilizzano. La nostra brigata di osservatori del progetto Bricos si ritrova all’alba a San Cristobal per salire su un furgoncino, pronto a lasciare la città per inoltrarsi nella selva, ed è composta da me, un tedesco, una spagnola e una venezuelana. Ci vogliono sei ore per arrivare alla comunità di San Marcos. Un compa di cui conosciamo solo il nome ci attende al municipio di Chillòn per poi salire assieme a noi sull’ultimo mezzo che si arrampica per la montagna fino ad arrivare alla cima dell’altopiano. Lì ci troviamo davanti alla escuelita autonoma, centro delle discordie del 2010, con i suoi murales in cui spicca l’immancabile faccione di Zapata. Ci siamo.L’accoglienza è calorosa e i primi giorni scorrono pacificamente. Addirittura, durante la festa di un santo per la quale gli zapatisti hanno invitato una banda a suonare, lo spazio dedicato alle danze viene circondato da giovani appartenenti alle famiglie di partidistas che un compa, preso il microfono, invita a unirsi a loro. Per qualche ora ballano tutti insieme. Nonostante l’apparente tranquillità iniziale sono tanti i piccoli segnali che ci fanno percepire il costante stato d’allerta: ogni volta che ci muoviamo veniamo scortati da un compa e ci viene raccomandato di non lasciare la zona dell’accampamento dopo le 8 di sera.All’inizio della seconda settimana l’uomo che assieme alla sua famiglia condivide la casa con noi ‘‘osservatori’’ ci mette al corrente di alcune voci secondo cui i partidistas avrebbero l’intenzione di tagliare alcuni cavi che portano la luce alle case delle famiglie zapatiste. La sera stessa i compas si riuniscono nella zona del nostro accampamento e improvvisamente cominciano a dileguarsi. Qualcuno ci dice frettolosamente che, in effetti, sono sorti problemi legati ai cavi della corrente, mentre un uomo esce imbracciando un fucile. Per ore non sappiamo niente di ciò che sta succedendo, e l’unico zapatista che dopo qualche ora ci raggiunge non parla una parola di spagnolo, essendo la lingua locale il maya ‘‘tzeltal’’. La ragazza spagnola giura di aver sentito degli spari. Per tutta la sera donne agitate passano con i figli per la zona dell’accampamento. Con le orecchie sempre tese ci addormentiamo a fatica senza sapere niente.http://www.carmillaonline.com/wp-content/uploads/2014/06/San-marcos-aviles-2-300x225.jpg (http://www.carmillaonline.com/wp-content/uploads/2014/06/San-marcos-aviles-2.jpg)La mattina successiva un compa ci sveglia alle 7 chiedendo a me e al tedesco di seguirlo, mentre le due ragazze restano nell’accampamento. Scattiamo su, ci infiliamo gli scarponi ai piedi, le macchine fotografiche in tasca e ci avviamo dietro di lui. Strada facendo ci spiega che, com’era stato previsto, i partidistas hanno tagliato alcuni cavi che portano luce ed energia a una decina di case di famiglie zapatiste. I compas arrivati sul posto sono stati ricevuti con un lancio di pietre, accompagnate da minacce: quando i partidistas si sono avvicinati a un secondo pilone per tagliare anche quei cavi, un gruppo di donne zapatiste li ha accerchiati per proteggerlo. Anche loro sono diventate il bersaglio di un fitto lancio di pietre e due di esse hanno riportato ferite alla testa e al corpo.I partidistas hanno sparato alcuni colpi in aria e, nonostante la scelta degli zapatisti di non reagire alle provocazioni, per tutta la notte la tensione è rimasta alta. Ci riferiscono anche che quella stessa mattina c’è stato un altro tentativo di tagliare i cavi, non appena i compas si sono allontanati un attimo, alla fine della nottata di veglia. infine un nuovo lancio di pietre ha ferito due zapatisti. Arrivati sul posto, Luis, l’uomo che ci fa strada, ci mostra alcune pietre che sono state lanciate. C’è un tetto di lamiera sfondato da altri pietroni. Dopo aver scattato alcune foto, saliamo fino ai piloni. I cavi sono stati tagliati. Fotografiamo, documentiamo, guardiamo in alto.Dal nulla compaiono, scendono dalla montagna una trentina di uomini, puntano decisi verso di noi, hanno in mano pietre, bastoni, fionde e qualche machete. Il compa Luis non indietreggia di un passo, e noi di certo non lo lasciamo solo. Le grida e le minacce sono soprattutto contro di me e il tedesco: ‘‘Non vogliamo gringos, tornatevene a casa vostra”. Sono istanti lunghi, densi, quelli in cui ci fronteggiano a pochi metri di distanza, puntandoci contro le fionde. A un tratto sentiamo delle grida dal basso: un gruppo compatto di compas, saranno una ventina, sta salendo verso di noi. Ci affiancano. Le due fazioni iniziano a discutere più che animatamente, e le uniche parole che possiamo cogliere in mezzo a tante frasi incomprensibili, gridate nella loro lingua, sono gli insulti. Dopo circa cinque minuti di tensione tra i partidistas compare qualcuno con una scala e un gruppo di loro si avvia verso un altro pilone. I compas ancora una volta decidono di non raccogliere la provocazione. Tra l’altro il goffo tentativo, “scala in mano”, stavolta non riesce perché l’attrezzo non è abbastanza alto. Lentamente il gruppo di partidistas si disperde e da questo momento la situazione pare sotto controllo, le cose si “normalizzano” per il resto della giornata e nei giorni successivi. Certo, continuano le minacce e le voci circa un possibile nuovo attacco ai danni dei compas, ma da queste parti ci sono abituati, sono problematiche “ordinarie”.L’esperienza di poter condividere due settimane con queste famiglie della basi di appoggio zapatiste è stata incredibile. E incredibili sono anche la determinazione e la dignità di questi uomini e queste donne. La partenza da San Marcos è stata come un abbandono amaro, un adiós a tutte le famiglie con cui abbiamo condiviso luoghi, resistenze, speranze ma anche incertezze e inquietudini. Soprattutto per chi nel 2010 ha vissuto l’esperienza del desplazamiento, cioè la cacciata dalle proprie terre, e per i bambini ancora di più, le minacce si trasformano in paura, ma, ascoltando le loro parole, sembra che tutti, anche i più piccoli, abbiano compreso la portata della loro sfida. L’esperienza zapatista di costruzione dell’autonomia è qualcosa di straordinario anche per il livello di coscienza che questa gente ha acquisito. Nel mezzo della selva, in comunità tanto piccole quanto isolate e divise internamente come quella di San Marcos, si possono trovare esempi di resistenza quotidiana praticata con la massima naturalezza e consapevolezza.I compas di San Marcos mi hanno impressionato per la lucidità con cui affrontano le situazioni di tensione e conflitto, e non si puà che ammirare la loro forza nel seguire ostinatamente il percorso dell’autodeterminazione, che per loro non è più un sogno. A chi è consapevole di questo non importa quale sia il prezzo. Tutto questo separa in modo netto i compas dai loro vicini che si sono venduti agli stessi partiti che hanno sempre favorito lo sfruttamento, l’emarginazione e l’eliminazione degli uomini e delle donne che abitano la selva. A San Marcos Aviles 34 famiglie, come migliaia di altre nel Sudest messicano, stanno combattendo quella che gli stessi zapatisti hanno definito “guerra contra el olvido” (“guerra contro l’oblio”). Non vogliono più essere dimenticati, messi da parte, in balia del proprio destino. “Mai più un Messico senza di noi” recitava uno striscione della carovana zapatista che nel 2006 percorse tutto il paese e realizzò la Otra Campaña. Chi, come i compas di San Marcos, non ha dimenticatole proprie origini, non abbassa la testa, non si lascia comprare e non si stanca di resistere, sta vincendo ogni giorno che passa. E allora ¡que siga la lucha!




Diario dalla comunità di San Marcos Avilés, Chiapas - Carmilla on line ® (http://www.carmillaonline.com/2014/06/27/diario-dalla-comunita-di-san-marcos-aviles-chiapas/)

Gianky
02-08-14, 11:16
IL SOGNO CHE É GIA’ MOVIMENTO.
“Cercheremo, e troveremo, qualcuno che ami queste terre e questi cieli tanto quanto noi.”

“Lotteremo per democrazia, libertà e giustizia per coloro a cui sono negate.”


Dalla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona a cura dell’EZLN. (1)

“Questa è la nostra semplice parola“, inizia così la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, con cui l’EZLN (esercito zapatista di liberazione nazionale) si rivolge alla società civile mondiale chiedendo una parola chiara e una presa di posizione chiara contro il neoliberismo e l’ordine mondiale esistente. Gli zapatisti, così come in precedenza il loro subcomandante Marcos, avevano già nominato tra chi lotta, lesbiche e gay, ma questa volta li chiamano direttamente a rispondere al loro appello . E c’è chi risponde. (2)

In Messico è circolato un documento di giovani lesbiche (molte di loro frequentavano ancora la scuola nel ’94 , all’epoca della prima uscita a San Cristobal degli zapatisti), che risponde direttamente alla Sesta Dichiarazione, affermando che proprio dagli insurgenti del ’94, loro, allora troppo giovani, hanno imparato il senso della propria dignità.
Si uniscono alla lotta come lesbiche e facendo i conti con la durezza dell’esistente in un paese come il Messico in cui devono per forza essere delle senza volto per non essere uccise , stuprate o fatte bersaglio di oltraggi e ritorsioni pesanti.
Il documento che accompagna l’uscita delle lesbiche messicane è stato discusso e fatto proprio da altri gruppi politicizzati di lesbiche in Messico ed è stato tradotto in italiano (3) proprio perché anche qui da noi in diverse ci siamo interrogate e ci stiamo interrogando su un “altro mondo possibile” e su un fare politica che porti con sé quell’ arte del desiderio che è movimento dal presente al futuro.

Leggendo la Sesta Dichiarazione, quello che prima di ogni cosa colpisce è ovviamente il linguaggio semplice e diretto, che non si presta ad alcun fraintendimento. Vogliono essere capiti e si fanno capire. Questa è la loro prima lezione, una parola che è subito politica.
Quale inizio migliore per la pratica della democrazia?
Spiegandoci come vedono il mondo e quello che vi succede, fanno un percorso semplice e cioè risalgono dalla merce (sia un sacchetto di caffè o un prodotto hi-fi) fino a chi la produce. Ed ecco così riapparire le persone vive, con la loro fatica (ma perché non dico nostra? E anche di molti di noi questa fatica.), la loro pena e il loro bisogno, che lì conduce in fabbriche malsane, nei campi, in laboratori fatiscenti dove per una paga sempre più misera e che non compensa alcuna miseria, si lavora fino a ridursi al non pensare.
Trovati i soggetti dello sfruttamento, diventa impossibile non notare quanto incidano i fattori della disuguaglianza di genere (compreso l’obbligo eterosessuale) e il razzismo, come è per gli Indios.
Gli zapatisti, lontani dal considerare questi fattori delle sovrastrutture, rivolgono a tutti questi soggetti un invito alla parola, perché se un nuovo modo di fare ed essere è possibile, lo è colorando il mondo dell’arcobaleno di tutti i colori e non prendendo facili scorciatoie che evitino di menzionare certi gruppi oppressi per non farci i conti, ma soprattutto per non fare i conti con il proprio sguardo su di loro o con l’incapacità di ascolto.

Ascoltare diventa allora necessario.
Questa necessità fonda una politica che non permette esclusioni.
I diritti umani e civili sono diritti di tutte e tutti e fare eccezioni è convalidare il privilegio dei pochi ed esserne complici.

La Sesta Dichiarazione è un passo enorme nella storia dei movimenti rivoluzionari.
Mai prima avevamo assistito a un movimento che nella pratica si ponesse a fianco della società civile internazionale senza pretesa di fare lezione.

Viene spontanea una frase “ imparare ad imparare”.(4)

Le lesbiche di Lunasdec e di altri gruppi, aderendo alla Sesta Dichiarazione, rivendicano quel margine che non è più marginalità, ma è una linea di cammino, un farsi voce , un prestare attenzione. Da tutto questo sta nascendo un gruppo di lesbiche zapatiste internazionale, che non intende più l’essere senza volto come l’essere senza parola e senza azione. (5)
“ Dissidenti sessuali” fino in fondo(6), non intendono omologarsi per avere l’accettazione, né normalizzarsi all’interno di lotte all’acqua di rose che per alcuni/e possono apparire desiderabili.
Portando in superficie i vari livelli di sfruttamento cui sono soggette, perseguono un cambiamento che non sia un palliativo, ma qualcosa di reale e incisivo.

Quello che leggo nella pratica zapatista è una volontà di fare che non giustifica i mezzi con il raggiungimento dei fini e pertanto costringe a una pratica di vita che va cercata e voluta , che va messa in azione ogni giorno, per cambiare noi, qui dove siamo . (7)
E’ a questo che mi riferisco e che il movimento delle lesbiche zapatiste mette in atto.
E’ con la nostra vita che rispondiamo. Vivendo ora come non vogliono farci vivere, ma anche cercando sempre altre possibilità e la concretezza di un costruire insieme .
Se un altro mondo è possibile, è nel nostro mondo di ogni giorno che deve esserlo.
Non vedere questo e non farci i conti porterebbe solo a un’invisibilità, che come una foglia di fico non coprirebbe nemmeno l’incapacità del nostro desiderio di farsi grande.
Qualcosa quindi ci aspetta. Se saremo capaci di un movimento che non si chiuda su se stesso, avremo fatto un primo vero passo.

Nadia Agustoni


Note:

1) La Sesta dichiarazione della Selva Lacandona è stata tradotta in Italiano dal comitato Maribel di Bergamo e pubblicata integralmente da “Carta etc” mensile. E’ leggibile anche sul sito di Carta www.carta.org (http://www.carta.org/). Le citazioni iniziali sono prese da lì.
2) Non è la prima volta che Marcos come portavoce dell’EZLN nomina direttamente lesbiche, gay, transessuali e “altri modi”, in comunicazioni e scritti , ma questa è la prima chiamata a una lotta comune contro il neoliberismo e i poteri forti, qualunque forma essi assumano. Questo uno dei passaggi della Sesta dichiarazione (per brevità citata sempre così da qui in poi): “Invitiamo indigeni, operai, contadini, maestri, studenti, casalinghe, coloni, piccoli proprietari, micro-imprenditori, pensionati, disabili, religiosi e religiose, scienziati, artisti, intellettuali, giovani, donne, , anziani, omosessuali e lesbiche, bambini e bambine, a partecipare , in maniera individuale o collettiva, direttamente con gli zapatisti a questa campagna nazionale per la costruzione di un altro modo di fare politica …”.
Vedere anche tra gli altri interventi lo scritto-racconto :“ In (auto) difesa delle giraffe” in www.ellexelle.it (http://www.ellexelle.it/) . L’ interesse suscitato dalle ultime elaborazioni zapatiste ha toccato anche lesbiche e gay, sia in Messico dove si stanno organizzando per prime proprio varie realtà lesbiche, sia nel mondo. Particolarmente interessanti i forum internet di lesbiche
3) Il documento delle lesbiche di Lunasdec è in via di pubblicazione al momento in cui scrivo su A Rivista Anarchica. É’ stato letto durante il martedì femminista a Radio Onda rossa di Roma e inoltre ne parla in un articolo in pubblicazione su “ Liberazione”e in uno su “ Marea” Monica Lanfranco. É uscito anche e in spagnolo e in italiano nella LLI (Lista Lesbica Italiana). Ecco alcuni passaggi : “Lunasdec è una organizzazione nata 3 anni fa come gruppo di riflessione lesbica e col tempo si è convertita in gruppo di azione femminista sessual-politica.”….“Quando abbiamo cominciato a lavorare per le nostre rivendicazioni, lo abbiamo fatto per la visibilità e la coscienza lesbica”. “…vogliamo stabilire, forte e chiaro, che per parlare di un progetto di mondo opposto al neoliberismo, per poter dire che esiste un progetto della sinistra per una società alternativa nazionale e mondiale, questo progetto deve concretamente comprendere l’inclusione e la visibilità di tutte le forme di dissidenza sessuale. …. Mai più la sinistra, né il mondo senza di noi.”
Si ringrazia per la traduzione Germana Gemignani.
4) “Imparare ad imparare” oltre al forte richiamo alla pratica zapatista è ben conosciuto agli studiosi Sufi e ai praticanti di questa disciplina.
5) Le “Lesbiche zapatiste internazionali” è un gruppo che si sta formando e che intende raggruppare militanti di vari gruppi lesbici femministi del Messico e del mondo. I collegamenti, al momento, sono almeno a livello internazionale principalmente nel web. Un documento è attualmente in discussione e verrà quanto prima tradotto.
6) “Dissidenti sessuali” è il termine usato sia nel documento di Lunasdec che in altri pervenutoci. Ci è stato detto che le lesbiche messicane usano di preferenza questo termine distanziandosi così sia dal termine “ differenza sessuale” che non condividono (preferendo dare al loro impegno una connotazione di classe sessuale), sia da “ diversità” che tra loro è vissuto più come un riferimento èlitario dei gruppi o simpatizzanti gay neoconservatori.
7) Auspichiamo la nascita di un coordinamento in Italia per lavorare sulla Sesta Dichiarazione e in appoggio alle iniziative delle lesbiche Messicane. Non pensiamo a una mera pratica di controinformazione , ma a un lavoro che porti con sé la volontà di riaprire un processo, quello che in un recente articolo su “Carta Etc.” mensile, Paolo Cacciari così definisce: “ Per contro, un processo rivoluzionario partecipato e di massa potrà riaprirsi quando “una nuova classe generale” riuscirà a concepirsi non come “categoria” separata (…), ma come figura sociale completa, comprensiva di tutte le dimensioni plurali dell’esistenza: individuo biologico e sociale, uomo e donna, razionale e passionale, portatore di interessi immediati e di quelli dei propri figli, abitante e cittadino, produttore e consumatore… detto in altro modo, è un problema di presa di coscienza e di rivendicazione dei propri diritti all’allargati all’intero genere umano e coerenti con l’ecosfera , con l’intero ambiente naturale.”

IL SOGNO CHE É GIA’ MOVIMENTO. (http://www.socialismolibertario.it/IL%20SOGNO%20CHE%20%C9%20GIA%92%20MOVIMENTO..htm)

Josef Scveik
04-08-14, 10:46
Spiegaci il nazionalismo zaaptista. Avanza, dici qualcosa di tuo senza fare tristi copia e incolla giusto per spammare qualcosa a caso.

Gianky
10-08-14, 15:08
Spiegaci il nazionalismo zaaptista. Avanza, dici qualcosa di tuo senza fare tristi copia e incolla giusto per spammare qualcosa a caso.

Ti piacerebbe, eh? E invece nisba, rimani nella tua crassa ignoranza.

Gianky
10-08-14, 17:29
Lo zapatismo è una delle forme in cui si articola il Socialismo Libertario, accanto agli anarchici (nelle loro varie connotazioni) e ai gruppi di estrazione marxista libertaria (lussemburghisti, consiliaristi e impossibilisti). Contrariamente ai due gruppi sopracitati, lo zapatismo ha avuto una genesi latino-americana e attraverso il neo-zapatismo del Chiapas si è venuto a legare in maniera abbastanza appariscente al socialismo indigenista, accanto cioè al sandinismo, allo chavismo e al nazionalismi indii boliviano e peruviano. Ritengo però che il messaggio zapatista (sia vetero che neo) possano e debbano essere patrimonio comune anche del resto del mondo e non unicamente del mondo latino americano. Lo zapatismo è un socialismo libertario di carattere fortemente comunitario e secondo la mia conosciuta opinione di considerare la stato-nazione ATTUALE come la culla ed il mezzo per il rovesciamento dei rapporti di classe globalizzati è una visione socialista da tenere in somma considerazione.