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- SAVONAROLA -
28-07-14, 15:30
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org (http://www.resistenze.org/) a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Imperialismo culturale statunitense

di James Petras

23/03/2012

Estratto dal giornale "Madres de la Plaza de Mayo" (Argentina)

"Stile di vita" della classe media nordamericana imposto come forma di imperialismo culturale dagli USA nel mondo

L'imperialismo culturale nordamericano ha due obiettivi principali, uno di carattere economico ed un altro politico: imbrigliare i mercati per le sue merci culturali e catturare conformando la coscienza popolare. L'esportazione di merci culturali è una delle fonti più importanti di accumulazione del capitale e di profitti globali per il capitalismo nordamericano e ha modificato le esportazioni di beni manufatti.

Nella sfera politica, l'imperialismo culturale svolge un ruolo importantissimo nel processo di dissociazione della popolazione dalle sue radici culturali e dalle sue tradizioni di solidarietà, sostituendole con "necessità" create dai mezzi di comunicazione che cambiano con ogni campagna pubblicitaria. L'effetto politico consiste nell'alienare ai popoli i legami con le loro comunità e classi tradizionali, atomizzare e separare gli individui fra loro. L'imperialismo culturale acutizza la segmentazione della classe operaia ed incoraggia la popolazione lavoratrice a pensare sé stessa come parte di una gerarchia, enfatizzando le piccole differenze di stili di vita con coloro che stanno sotto di lei più che le grandi disuguaglianze che li separano da chi sta sopra.

L'imperialismo non può essere compreso semplicemente come un sistema economico-militare di controllo e sfruttamento. La dominazione culturale è una dimensione integrale per qualunque sistema basato sullo sfruttamento mondiale. L'imperialismo culturale si può definire come invasione e dominazione sistematica della vita culturale delle classi popolari da parte delle classi che governano l'Occidente, con l'obiettivo di ri-orientare le scale di valori, le condotte, le istituzioni e le identità dei paesi oppressi per farli coincidere con gli interessi delle classi imperialiste. L'imperialismo culturale ha forme "tradizionali" e moderne. Nei secoli scorsi la chiesa, il sistema educativo e le autorità pubbliche, svolgevano un ruolo fondamentale, inculcando ai popoli nativi idee di sottomissione e lealtà, in nome di principi divini o assolutisti.

Mentre stavano ancora funzionando quei meccanismi "tradizionali" dell'imperialismo, le nuove mediazioni moderne, radicate nelle istituzioni contemporanee, sono diventate sempre più centrali per la dominazione imperialista: i mezzi di comunicazione, la pubblicità, i presentatori ed i personaggi del mondo dello spettacolo e vecchi intellettuali svolgono oggi questo ruolo principale.

Nel mondo contemporaneo, Hollywood, CNN e Disneyland sono molti più influenti che il Vaticano, la Bibbia o la retorica delle relazioni pubbliche dei politici.

Nuove caratteristiche del colonialismo culturale

Il colonialismo culturale convenzionale (CCC) si distingue dalle pratiche del passato per vari motivi:

1. Mira a catturare un grande pubblico e non solo la conversione delle élites

2. I mezzi di comunicazione di massa, in particolare la televisione, invadono la casa e funzionano da "dentro" e "dal basso" tanto quanto da "fuori" e "dall'alto". Il messaggio è doppiamente alienante: proietta uno stile di vita imperialista e un'atomizzata serie borghese di problemi e situazioni.

3. Il CCC è globale per la sua portata e l'omogeneità del suo impatto: la pretesa di universalità serve per mistificare i simboli, gli obiettivi e interessi del potere imperialista.

4. I mezzi di comunicazione di massa, come strumenti dell'imperialismo culturale, sono oggi "privati" solo nel senso formale: l'assenza di vincoli formali con lo Stato offre una copertura che legittima i media privati proiettando gli interessi dello Stato imperialista come "notizie" o "spettacoli".

5. L'imperialismo culturale nell'era della "democrazia" deve falsificare la realtà nel paese imperialista per giustificare l'aggressione, trasformando le vittime in aggressori e gli aggressori in vittime. A Panama, per esempio, lo Stato imperialista nordamericano e i mezzi di comunicazione di massa proiettarono l'immagine di quel paese come una minaccia del narcotraffico per la gioventù degli Stati Uniti, mentre lanciavano bombe sulle comunità della classe lavoratrice panamense.

6. Il controllo culturale assoluto è la contropartita della separazione totale tra la brutalità del capitalismo reale esistente e le illusorie promesse del mercato libero.

7. Al fine di paralizzare le risposte collettive, il colonialismo culturale cerca di distruggere le identità nazionali. Per rompere la solidarietà promuove il culto della "modernità" come conformità ai simboli esterni.

Mentre le armi imperialiste disarticolano la società civile e le banche saccheggiano l'economia, i mezzi di comunicazione imperialisti modellano gli individui con varie fantasie per fuggire dalla miseria quotidiana.

Mezzi di comunicazione di massa: propaganda e accumulazione di capitale

I mezzi di comunicazione di massa costituiscono una delle principali fonti di salute e potere del capitale nordamericano. Oggi, praticamente uno ogni cinque tra i nordamericani più ricchi trae ricchezza dagli utili nei mezzi di comunicazione, a discapito di altri settori industriali.

I mezzi di comunicazione si sono trasformati in una parte integrante del sistema nordamericano di controllo politico e sociale e in una delle principali fonti di super profitti. Man mano che aumentano i livelli di sfruttamento, disuguaglianza e povertà, i mezzi di comunicazione controllati dagli Stati Uniti agiscono per trasformare un pubblico critico in una massa passiva. Le celebrità dei media e dello spettacolo di massa sono diventati importanti ingredienti nella deviazione di potenziali inquietudini politiche.

Esiste una relazione diretta tra l'incremento del numero di apparecchi televisivi in America Latina, la riduzione dei redditi e la diminuzione delle lotte popolari. Tra il 1980 e il 1990, il numero di televisori per abitante in America è cresciuto del 40%, mentre la media reale dei redditi è scesa del 40% e una moltitudine di candidati politici neoliberali molto dipendenti dall'immagine televisiva, hanno conquistato la presidenza. L'incremento dell'invasione dei mezzi di comunicazione di massa tra le classi più povere, i crescenti investimenti e profitti delle corporazioni nordamericane nei mezzi di comunicazione e l'onnipresente saturazione di messaggi che offrono alla popolazione esperienze di consumo individuale e di avventure rappresentative delle classi medio-alte, definiscono l'attuale fase del colonialismo culturale. Mediante le immagini televisive si stabilisce una falsa intimità ed un vincolo immaginario tra gli individui fortunati che appaiono nei mezzi di comunicazione e gli impoveriti spettatori dei quartieri periferici. Questa relazione offre un canale attraverso il quale diffondere il metodo delle soluzioni individuali ai problemi privati. Il messaggio è chiaro: s'incolpano le vittime della propria povertà, riconducendo il successo allo sforzo individuale.

Imperialismo e politica del linguaggio

La strategia dell'imperialismo culturale consiste nel rendere insensibile il pubblico, per far accettare la massiccia mattanza compiuta dagli stati occidentali come un'attività di routine giornaliera. Per esempio, proponendo i massicci bombardamenti sull'Iraq in forma di videogiochi.

Ponendo enfasi nella modernità delle nuove tecnologie belliche, i mezzi di comunicazione glorificano il potere raggiunto dall'elite: la tecno-guerra dell'occidente. L'imperialismo culturale promuove attualmente reportage "informativi" nei quali le armi di distruzione di massa vengono presentate con attributi umani ("bombe intelligenti") mentre le vittime del Terzo Mondo sono "aggressori-terroristi" senza volto.

La manipolazione culturale mondiale si sostenta nella corruzione del linguaggio della politica. Una delle maggiori "innovazioni" recenti dell'imperialismo culturale è l'appropriazione del linguaggio della sinistra e il suo uso per razionalizzare pratiche e politiche profondamente reazionarie. Questa è una politica di "disinformazione" che ruba alla sinistra il linguaggio e i concetti utilizzati per attaccare la dominazione della classe capitalista.

Terrorismo culturale: la tirannia del liberalismo

Il terrorismo culturale è responsabile della liquidazione fisica degli artisti e delle attività culturali locali. Proietta nuove immagini di "mobilità" e "libertà di espressione", distruggendo gli antichi vincoli comunitari. Gli attacchi contro le restrizioni e i vincoli tradizionali costituiscono un meccanismo per il quale il mercato e lo Stato capitalista si trasformano nel centro essenziale del potere esclusivo.

In nome della "auto-espressione", l'imperialismo culturale opprime le popolazioni del Terzo Mondo che temono di essere considerate come "tradizionali", seducendole e manipolandole mediante false immagini di "modernità" senza classi. I popoli del Terzo Mondo ricevono divertimento, coazioni e stimoli per essere "moderni": si arrendono davanti al moderno rifiutando i propri confortevoli e tradizionali capi d'abbigliamento larghi, per rimpiazzarli con jeans stretti e scomodi.

La nordamericanizzazione e il mito della "cultura internazionale"

E' diventato di moda evocare termini come "globalizzazione" e "internazionalizzazione" per giustificare gli attacchi contro qualsiasi forma di solidarietà, comunità e/o valori sociali. Sotto il travestimento dell'"internazionalismo", Europa e Stati Uniti si sono trasformati negli esportatori dominanti di forme culturali più efficaci di depoliticizzazione e banalizzazione dell'esistenza quotidiana. Le immagini di mobilità individuale, di self-made person, l'enfasi nella "esistenza autocentrata" (prodotta e distribuita massicciamente dall'industria nordamericana dei mezzi di comunicazione) si sono trasformati in importanti strumenti di dominazione del Terzo Mondo.

I nuovi modelli culturali - predominio del privato sul pubblico, dell'individuale sul sociale, del sensazionalismo e della violenza sulle lotte quotidiane e le realtà sociali - contribuiscono ad inculcare con precisione valori egocentrici e a minare l'azione collettiva. Questa cultura delle immagini, delle esperienze transitorie, della conquista sessuale, agiscono contro la riflessione, il compromesso e i sentimenti condivisi di affetto e solidarietà. La nordamericanizzazione della cultura significa focalizzare l'attenzione popolare sulle celebrità, sul personalismo e sui pettegolezzi privati e non sulle profondità sociali, le questioni economiche sostanziali, nella condizione umana.

La cultura che glorifica il "provvisorio" riflette lo sradicamento del capitalismo nordamericano. Il suo potere di contrattare e licenziare, di muovere capitali senza considerazione alcuna per le comunità. Il mito della "libertà di movimento" riflette l'incapacità della popolazione di stabilire e consolidare le proprie radici comunitarie prima dei cambiamenti che esige il capitale. La cultura nordamericana glorifica le relazioni fugaci e impersonali come "libertà", quando in realtà quelle condizioni riflettono l'anomia e la subordinazione burocratica di una massa di individui al potere del capitale transnazionale.

La nuova tirannia culturale è attecchita nell'onnipresente, ripetitivo e semplice discorso del mercato, di una cultura omogeneizzata del consumo, in un sistema elettorale degradato. La nuova tirannia mediatica si orienta in parallelo alla gerarchizzazione statale e delle istituzioni economiche. Il segreto del successo dell'aggressione culturale nordamericana è la sua capacità di modellare fantasie per fuggire dalla miseria. Gli ingredienti essenziali del nuovo imperialismo culturale sono la fusione della commercialità-sessualità-conservatorismo, ognuno di questi presentati come espressioni idealizzate delle necessità private, un'autorealizzazione individuale.

Impatto dell'imperialismo culturale

La violenza statale negli anni '70 e inizio '80 produsse un danno psicologico e di sfiducia su larga scala e, rispetto alle iniziative radicali, un sentimento di impotenza davanti all'autorità stabilita, anche se questa stessa autorità era odiata. Il terrore portò la gente "verso il dentro", verso l'ambito privato. Il "terrorismo economico" susseguente la chiusura delle fabbriche, l'abolizione della protezione legale del lavoratore, l'incremento del lavoro temporaneo, la moltiplicazione delle imprese individuali molto mal pagate, aumentarono la frammentazione della classe lavoratrice e delle comunità urbane. In questo contesto di frammentazione, diffidenza e privatizzazione, il messaggio culturale dell'imperialismo trova terreno fertile per esplorare sensibilità di popolazioni vulnerabili, incoraggiando ed approfondendo sempre l'alienazione personale, le attività autocentrate e la competizione individuale per risorse sempre scarse.

L'imperialismo culturale e i valori che promuove hanno svolto un ruolo fondamentale nel prevenire la risposta collettiva degli individui sfruttati al peggioramento delle loro condizioni. La maggiore vittoria dell'imperialismo non è solo l'aver ottenuto profitti, bensì la conquista dello spazio interno della coscienza attraverso i mezzi di comunicazione di massa. La dove sia possibile un risorgimento della politica rivoluzionaria, questa dovrà cominciare con l'aprire un fronte di lotta non solo contro le condizioni di sfruttamento, ma anche contro la cultura che sottomette le sue vittime.

Limiti dell'imperialismo culturale

Contro le pressioni onniscienti del colonialismo culturale vi è un principio di realtà: l'esperienza personale della miseria e dello sfruttamento, realtà quotidiane che non potranno mai essere cambiate dagli evasivi mezzi di comunicazione. Nella coscienza delle popolazioni esiste una lotta costante tra il demonio dell'evasione individuale (coltivata dai media imperialisti) e la conoscenza intuitiva che l'azione collettiva e la responsabilità è l'unica risposta pratica.

La Coca Cola si trasforma in un cocktail esplosivo, la promessa di opulenza si trasforma in un affronto per quelli che perpetuamente rimangono relegati. L'impoverimento prolungato e l'estesa decadenza erodono l'incantesimo e l'attrattiva delle fantasie dei mass media.

Le false promesse dell'imperialismo culturale si trasformano in amare beffe.

In secondo luogo, le risorse dell'imperialismo culturale sono limitate dal perdurare di vincoli di collettivi. Lì dove perdurino i vincoli di classe, etnia, di sesso e dove sono forti le pratiche di azione collettiva, l'influenza dei mezzi di comunicazione di massa è limitata o respinta.

In terzo luogo, dal momento in cui esistono tradizioni e culture preesistenti, queste formano un "circolo chiuso" che integra pratiche sociali e culturali orientate verso il dentro e verso il basso, non verso l'alto e verso il fuori. Lì dove il lavoro, la comunità e la classe convergono con le tradizioni e le pratiche culturali collettive, l'imperialismo culturale retrocede e fa irruzione l'imperialismo militarizzato.

La lotta culturale è radicata nei valori di autonomia, comunità e solidarietà, necessari per creare una coscienza favorevole alle trasformazioni sociali.

Ma soprattutto, la nuova visione deve ispirare la popolazione affinché desideri non solo di essere libera dalla dominazione, ma essere libera di creare una vita personale piena di senso, costituita da relazioni affettive non strumentali, che trascendano il lavoro quotidiano anche quando ispirino la gente a continuare a lottare. L'imperialismo culturale si alimenta delle novità, delle manipolazioni personali e transitorie, ma mai di una visione di autentici e profondi vincoli, basati sull'onestà personale, l'uguaglianza tra i sessi e la solidarietà sociale.

Josef Scveik
29-07-14, 09:42
I paesi dominanti impongono storicamente da sempre la loro cultura, non è certo una prerogativa statunitense. Pensiamo anche alla nazione italica che ha distrutto tutte le specificità locali per sostituirle con un miserevole conformismo fondato sul bieco consumismo. E' stato fatto quando ancora non c'era immigrazione e quando la parola globalizzazione ancora non era stata nemmeno minimamente immaginata. Pasolini lo racconta già 40 anni fa:

https://www.youtube.com/watch?v=vQttzmv55iA


p.s Poi un giorno, quando avrà tempo, Gianky ci spiegherà il significato di comunità. Marcos lo fa, vediamo se lo può fare anch elui che di Marcos sa tutto e a cui si ispira profondamente.

Gianky
29-07-14, 11:20
Come volevasi dimostrare è il sapientone che questa volta ci ha anche dimostrato di conoscere Pasolini.:D

Josef Scveik
29-07-14, 11:41
Come volevasi dimostrare è il sapientone che questa volta ci ha anche dimostrato di conoscere Pasolini.:D

Riesci a portare avanti una discussione? Perchè ti rifuggi sempre nelle battute o negli insulti? Vuoi commentare Pasolini? Cosa ne pensi della nazione italiana che ha distrutto le specificità culturali della sardegna, riducendo una lunga storia di una regione (che poi sarebbe una nazione) in mero folklore al servizio dei turisti?

Gianky
29-07-14, 11:59
Riesci a portare avanti una discussione? Perchè ti rifuggi sempre nelle battute o negli insulti? Vuoi commentare Pasolini? Cosa ne pensi della nazione italiana che ha distrutto le specificità culturali della sardegna, riducendo una lunga storia di una regione (che poi sarebbe una nazione) in mero folklore al servizio dei turisti?


Ne penso tutto il male possibile, come ne penso tutto il male possibile dell'omologazione culturale, verso il basso, che la TV ha imposto in questo ultimo cinquantennio. E ne penso anche peggio dei disastri che sta facendo la TV attuale che attua una americanizzazione globale in pura funzione capitalistica.

Josef Scveik
29-07-14, 12:07
Ne penso tutto il male possibile, come ne penso tutto il male possibile dell'omologazione culturale, verso il basso, che la TV ha imposto in questo ultimo cinquantennio. E ne penso anche peggio dei disastri che sta facendo la TV attuale che attua una americanizzazione globale in pura funzione capitalistica.

Allora come si può essere nazionalisti se questa nazione ha distrutto una miriade d culture particolari? che facciamo, difendiamo le specificità indigene e contemporaneamente avalliamo la distruzione delle culture locali italiane che è stata voluta dalle classi dominati italiane?che facciamo, siamo nazionalisti quando ci fà comodo?

pensaci, io vado a magnà

Gianky
29-07-14, 13:01
Allora come si può essere nazionalisti se questa nazione ha distrutto una miriade d culture particolari? che facciamo, difendiamo le specificità indigene e contemporaneamente avalliamo la distruzione delle culture locali italiane che è stata voluta dalle classi dominati italiane?che facciamo, siamo nazionalisti quando ci fà comodo?

pensaci, io vado a magnà

La nascita della nazione italiana è avvenuta 150 anni fa attraverso una operazione delle classi dominanti di allora con sicure manine o manone di oltralpe. Tanto è vero che lo stato italiano è stato inizialmente vissuto dalle classi subalterne come un ente oppressivo e strumento della classi dominanti. Gli stessi plebisciti che sancirono la riunificazione dell'Italia sabauda furono solamente un grande imbroglio sia perchè riguardarono solamente meno dell'uno x cento della popolazione e sia perchè ci sono prove tangibili che pure il voto di questa infima minoranza venne imbrogliato. Detto questo e stabilito come nacque lo stato unitario veniamo ai giorni nostri. Lo stato-nazione italiano nato, nei modi che abbiamo detto, 150 anni fa, ha attraversato varie fasi di sviluppo o di involuzione, diciamo che fino al 1945 è stato lo stato strumento delle classi dominanti, prima attraverso la democrazia liberale post risorgimentale e successivamente a mezzo della dittatura fascista. Dal 1945 è iniziata una nuova fase in cui accanto alle sempre presenti classi dominanti è venuta alla luce, finalmente, anche quella classe subalterna contadina che con un rapida proletarizzazione e con le vittoriose lotte sindacali e politiche è riuscita, per la prima volta in almeno 5.000 anni (datiamo dalle mitiche società gilaniche?) a poter dire la sua nel contesto nazionale. Data da allora, secondo me, la formazione della coscienza nazionale del popolo italiano, popolo italiano ed Italia costruiti grazie alle lotte dei lavoratori e alla emancipazione del proletariato prima contadino e poi operaio. Sono spesso a dire che "questa cazzo di Nazione l'hanno costruita i lavoratori con i loro sacrifici e i loro risparmi". E veniamo velocemente ai giorni nostri, cosa abbiamo ai giorni nostri? Abbiamo un mondo totalmente globalizzato, in cui le decisioni vengono prese in e da organismi sovranazionali, questi veramente rappresentanti il nuovo capitalismo, quello globalizzato e finanziarizzato, organismo sovranazionali che hanno sostituito in tutto e per tutto gli oramai morenti poteri nazionali. Come possono quindi i lavoratori in rapido processo di riproletarizzazione opporsi a questi strabordanti poteri sovranazionali? Con la rivoluzione mondiale? O piuttosto, come penso io, con l'opposizione nazionalista e internazionalista degli stati-nazione in mano ai lavoratori?

- SAVONAROLA -
29-07-14, 20:03
La nascita della nazione italiana è avvenuta 150 anni fa attraverso una operazione delle classi dominanti di allora con sicure manine o manone di oltralpe.

Tu avresti preferito che rimanessero i Borbone e il Papa, vero?

- SAVONAROLA -
29-07-14, 20:04
Pensiamo anche alla nazione italica che ha distrutto tutte le specificità locali per sostituirle con un miserevole conformismo fondato sul bieco consumismo.

Questa è un'autentica menzogna priva di fondamento.

- SAVONAROLA -
29-07-14, 20:05
Riesci a portare avanti una discussione? Perchè ti rifuggi sempre nelle battute o negli insulti? Vuoi commentare Pasolini? Cosa ne pensi della nazione italiana che ha distrutto le specificità culturali della sardegna, riducendo una lunga storia di una regione (che poi sarebbe una nazione) in mero folklore al servizio dei turisti?

Ma vogliamo scherzare?
La Sardegna è e sempre sarà ITALIA.

Josef Scveik
29-07-14, 20:14
La nascita della nazione italiana è avvenuta 150 anni fa attraverso una operazione delle classi dominanti di allora con sicure manine o manone di oltralpe. Tanto è vero che lo stato italiano è stato inizialmente vissuto dalle classi subalterne come un ente oppressivo e strumento della classi dominanti. Gli stessi plebisciti che sancirono la riunificazione dell'Italia sabauda furono solamente un grande imbroglio sia perchè riguardarono solamente meno dell'uno x cento della popolazione e sia perchè ci sono prove tangibili che pure il voto di questa infima minoranza venne imbrogliato. Detto questo e stabilito come nacque lo stato unitario veniamo ai giorni nostri. Lo stato-nazione italiano nato, nei modi che abbiamo detto, 150 anni fa, ha attraversato varie fasi di sviluppo o di involuzione, diciamo che fino al 1945 è stato lo stato strumento delle classi dominanti, prima attraverso la democrazia liberale post risorgimentale e successivamente a mezzo della dittatura fascista. Dal 1945 è iniziata una nuova fase in cui accanto alle sempre presenti classi dominanti è venuta alla luce, finalmente, anche quella classe subalterna contadina che con un rapida proletarizzazione e con le vittoriose lotte sindacali e politiche è riuscita, per la prima volta in almeno 5.000 anni (datiamo dalle mitiche società gilaniche?) a poter dire la sua nel contesto nazionale. Data da allora, secondo me, la formazione della coscienza nazionale del popolo italiano, popolo italiano ed Italia costruiti grazie alle lotte dei lavoratori e alla emancipazione del proletariato prima contadino e poi operaio. Sono spesso a dire che "questa cazzo di Nazione l'hanno costruita i lavoratori con i loro sacrifici e i loro risparmi". E veniamo velocemente ai giorni nostri, cosa abbiamo ai giorni nostri? Abbiamo un mondo totalmente globalizzato, in cui le decisioni vengono prese in e da organismi sovranazionali, questi veramente rappresentanti il nuovo capitalismo, quello globalizzato e finanziarizzato, organismo sovranazionali che hanno sostituito in tutto e per tutto gli oramai morenti poteri nazionali. Come possono quindi i lavoratori in rapido processo di riproletarizzazione opporsi a questi strabordanti poteri sovranazionali? Con la rivoluzione mondiale? O piuttosto, come penso io, con l'opposizione nazionalista e internazionalista degli stati-nazione in mano ai lavoratori?

Ma se la nascita della nazione italiana è stata opera delle classi dominanti, forse vuol dire che il sentimento nazionale italiano è una forzatura impostaci, quindi in sostanz al'Italia non esiste ma è un'invenzione, un'astrazione congiunturale. Quindi cosa difendiamo a fare un'astrazione creata dalle classi dominanti per dividerci?L'internazionalismo è semplicemente il superamento delle divisioni nazionali in nome degli interessi superiori delle classi sfruttate. Ciò non ci impedisce però di cercare di salavaguardare le nostre proprie specificità culturali che sono essenzialmente locali e non nazionali. Le specificità sono minacciate ora da istituzioni nazionali (vedasi quello che diceva Pasolini) ora da istituzioni sovranazionali. Bisogna difendere gli interessi di classe. Stop.

Kavalerists
29-07-14, 20:21
Tu avresti preferito che rimanessero i Borbone e il Papa, vero?
Sicuramente io avrei preferito che non fosse stata ridotta ad una mera espansione territoriale del piemonte.

- SAVONAROLA -
29-07-14, 20:29
Sicuramente io avrei preferito che non fosse stata ridotta ad una mera espansione territoriale del piemonte.

Il fatto che i Savoia e la finanza piemontese abbiano egemonizzato le politiche dello stato unitario non significa che l'Unità d'Italia sia stata un evento negativo.

La Nazione Italiana è sempre esistita, e la sua esistenza è testimoniata anche dall'antichità (l'utilizzo del termine "Italia" nell'antica Roma per designare l'intera Penisola è soltanto un esempio). Le varie divisioni territoriali pre-unitarie erano dovute ai capricci delle varie aristocrazie comunali e feudali.
Nel XIX Secolo la coscienza nazionale italiana era un sentimento comune al popolo di tutta la Penisola.

Soltanto i clericali e i reazionari vi si opponevano.

Gianky
29-07-14, 21:03
Bisogna difendere gli interessi di classe. Stop.

Gli interessi di classe si difendono adesso con lo Stato-nazione dei lavoratori.

Gianky
29-07-14, 21:04
Tu avresti preferito che rimanessero i Borbone e il Papa, vero?

Quello che io preferivo o meno non cambia che il cosiddetto Risorgimento fu profondamento influenzato da manine straniere

Gianky
29-07-14, 21:07
Il fatto che i Savoia e la finanza piemontese abbiano egemonizzato le politiche dello stato unitario non significa che l'Unità d'Italia sia stata un evento negativo.

La Nazione Italiana è sempre esistita, e la sua esistenza è testimoniata anche dall'antichità (l'utilizzo del termine "Italia" nell'antica Roma per designare l'intera Penisola è soltanto un esempio). Le varie divisioni territoriali pre-unitarie erano dovute ai capricci delle varie aristocrazie comunali e feudali.
Nel XIX Secolo la coscienza nazionale italiana era un sentimento comune al popolo di tutta la Penisola.

Soltanto i clericali e i reazionari vi si opponevano.

Non direi proprio anche se è indubbio che una comune cultura italiana era non solo esistente ma molto molto più effervescente e viva che non oggi

- SAVONAROLA -
29-07-14, 21:20
Quello che io preferivo o meno non cambia che il cosiddetto Risorgimento fu profondamento influenzato da manine straniere

Le manine straniere hanno influenzato i Savoia, non il Risorgimento.
I Savoia hanno sfruttato il patriottismo unitario a proprio vantaggio.

Kavalerists
29-07-14, 21:27
Le manine straniere hanno influenzato i Savoia, non il Risorgimento.
I Savoia hanno sfruttato il patriottismo unitario a proprio vantaggio.
Il problema è che l'unità d'Italia alla fine l'hanno fatta monarchici e liberali e non repubblicani e socialisti. Ed è finita a colonizzazione piemontese, con o senza manine straniere.

- SAVONAROLA -
29-07-14, 21:29
Il problema è che l'unità d'Italia alla fine l'hanno fatta monarchici e liberali e non repubblicani e socialisti.

Il Risorgimento è nato in ambito repubblicano mazzininano e garibaldino, cioè rivoluzionario e antimonarchico.
Poi i monarchici l'hanno strumentalizzato.

Kavalerists
29-07-14, 21:36
Il Risorgimento è nato in ambito repubblicano mazzininano e garibaldino, cioè rivoluzionario e antimonarchico.
Poi i monarchici l'hanno strumentalizzato.
Sì, Savonarola, ma io sono daccordo con te. Però alla fine il risultato non cambia: i Savoia si sono fatti la loro bella colonia dentro casa e si sono presi meriti e profitti.

- SAVONAROLA -
29-07-14, 22:10
Sì, Savonarola, ma io sono daccordo con te. Però alla fine il risultato non cambia: i Savoia si sono fatti la loro bella colonia dentro casa e si sono presi meriti e profitti.

Ma questo non giustifica l'indipendentismo, a mio parere.
Tanto meno quando l'indipendentismo è sostenuto dalle squadracce anarchiche dei Rothschild.

Gianky
30-07-14, 09:00
Ma questo non giustifica l'indipendentismo, a mio parere.
Tanto meno quando l'indipendentismo è sostenuto dalle squadracce anarchiche dei Rothschild.


:confused:

Josef Scveik
30-07-14, 09:51
Gli interessi di classe si difendono adesso con lo Stato-nazione dei lavoratori.

Questa non è una posizione socialista, dal momento che lo Stato-Nazione è interclassista per sua natura. Vuoi difendere i lavoratori attraverso uno strumento creato dalla borghesia?


Il Risorgimento è nato in ambito repubblicano mazzininano e garibaldino, cioè rivoluzionario e antimonarchico.
Poi i monarchici l'hanno strumentalizzato.
L'unico rivoluzionario era Carlo Pisacane, il resto era un ammasso informe di avventurieri che hanno massacrato il popolo delle varie realtà locali della penisola.

Gianky
30-07-14, 11:21
Questa non è una posizione socialista, dal momento che lo Stato-Nazione è interclassista per sua natura. Vuoi difendere i lavoratori attraverso uno strumento creato dalla borghesia?





Mi sembra di averlo anche scritto come lo stato-nazione sia stato creato dalle classi dominanti, ma ora, secondo me, le classi dominanti hanno abbandonato a se stesso lo stato-nazione, non gli interessa più, e ora è lì, solo e abbandonato in attesa che qualcuno ne prenda possesso. Le classi lavoratrici CHE HANNO CREATO CON IL LORO LAVORO QUESTO CAZZO DI STATO-NAZIONE, hanno in mano una occasione unica ed irripetiblie per usarlo. Vogliamo usarlo o sperare in una quanto mai improbabilissima rivoluzione mondiale?

Gianky
30-07-14, 11:22
L'unico rivoluzionario era Carlo Pisacane, il resto era un ammasso informe di avventurieri che hanno massacrato il popolo delle varie realtà locali della penisola.

Incredibile ma sono, QUASI, d'accordo con te. Mi devo far curare evidentemente.

Kavalerists
30-07-14, 20:37
Incredibile ma sono, QUASI, d'accordo con te. Mi devo far curare evidentemente.
Se trovi sta cura passamela, credo di averne bisogno anch'io...:eek:

- SAVONAROLA -
30-07-14, 20:42
L'unico rivoluzionario era Carlo Pisacane, il resto era un ammasso informe di avventurieri

Se per te Mazzini, Cattaneo e Garibaldi erano soltanto degli "avventurieri"...



che hanno massacrato il popolo delle varie realtà locali della penisola.

I contadini costituivano l'esercito del clero e delle aristocrazie, quindi è ovvio che siano entrati in contrasto con le forze garibaldine.
Per il resto, stai parlando a vanvera.
L'Unità d'Italia ha liberato il popolo di un'intera Penisola dal giogo di monarchie e preti.

Kavalerists
30-07-14, 20:44
Ma questo non giustifica l'indipendentismo, a mio parere.
Tanto meno quando l'indipendentismo è sostenuto dalle squadracce anarchiche dei Rothschild.
Non capisco a cosa ti riferisci con "Squadracce anarchiche dei Rothschild", comunque non giustifico indipendentismi ( men che meno quello padano ), volevo solo sottolineare quale è stato, a mio avviso, la base fondamentalmente errata nella costruzione dello Stato italiano ( monarchici+liberali=colonizzazione).

Kroenen
30-07-14, 21:02
Incredibile ma sono, QUASI, d'accordo con te. Mi devo far curare evidentemente.


Se trovi sta cura passamela, credo di averne bisogno anch'io...:eek:

Anche gli orologi scassati segnano l'ora giusta 2 volte al giorno.

Raymond di meno, ma comunque lo sforzo è apprezzabile.

Josef Scveik
31-07-14, 18:20
Per quale cavolo di motivo certi provocatori devono postare ancora su CSP? Perchè solo matteo ha il coraggio di cacciare questi tizi?

Kavalerists
31-07-14, 18:55
Per quale cavolo di motivo certi provocatori devono postare ancora su CSP? Perchè solo matteo ha il coraggio di cacciare questi tizi?
Perchè sanno portare avanti una discussione mentre tu e il tuo amico no?

Josef Scveik
31-07-14, 19:13
Basta provocatori! CSP libera!

Kavalerists
31-07-14, 19:19
Basta provocatori! CSP libera!
:hmmml:...o CSP liber*?
:snob:

Josef Scveik
31-07-14, 19:28
Basta provocatori! CSP libera!

- SAVONAROLA -
31-07-14, 19:52
Buahahhahaha, ebbene sì, le armate del Terzo Reich sono riuscite a conquistare anche l'ultimo baluardo del Comunismo Internazionale!


http://youtu.be/9Df6p9OJ7Xo

Gianky
01-08-14, 08:53
E pensare che avevo detto a Raymondino che ero QUASI d'accordo con lui. Non c'è nulla da fare, il tizio è un provocatore. Che delusione sopratutto considerato che tendo sempre e comunque a dare il beneficio del dubbio per tutti. Raymondino esula dal temine "tutti", lui è di un'altra galassia. Evidentemente il fatto che lui ed i suoi cloni sono stati buttati fuori e interdetti da CeC lo fa schiumare di rabbia. Se ne faccia una ragione.

Josef Scveik
01-08-14, 10:59
Basta provocatori! CSP libera!
Ci vorrebbe anche qui matteo come moderatore, di modo da ricacciare i provocatori nei loro forum di competenza.