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13-08-14, 07:40
domenica 13 ottobre 2013 Gas di scisto: la produzione comincia a calare di Matthieu Auzanneau (http://petrole.blog.lemonde.fr/author/petrole/)

E' lì che è cominciato il boom del gas di scisto. Ed è lì che pare che stia cominciando il declino. I giacimenti di Barnett e di Haynesville, nel sud degli Stati uniti, hanno superato il loro picco di produzione rispettivamente nel novembre e nel dicembre del 2011.

I pozzi di Barnett e Haynesville hanno finora fornito sin qui circa la metà della produzione americana di gas di scisto.

Lo sviluppo successivo del terzo giacimento nordamericano di gas di scisto, quello di Marcellus presso i monti Appalachi, compensa per ora il declino dei due precedenti. Il perseguimento dello sviluppo di Marcellus gioca un ruolo chiave per il mantenimento a livello di plateau della produzione totale di gas naturale negli Stati Uniti, stabile dall'inizio del 2012.




http://1.bp.blogspot.com/-bBhtNjMeYAw/Ukvpow42hjI/AAAAAAAACtQ/9uQvlhZJLoI/s640/production-5-main-shale-Hugues.png (http://1.bp.blogspot.com/-bBhtNjMeYAw/Ukvpow42hjI/AAAAAAAACtQ/9uQvlhZJLoI/s1600/production-5-main-shale-Hugues.png)
Evoluzione della produzione dei giacimenti di gas di scisto negli Stati Uniti, che costituiscono l'80% della produzione totale di gas di scisto. Fonte: J. David Hughes.

La produzione di gas naturale del giacimento di Barnett, situato nel bel mezzo della vasta area urbana di Dallas Fort-Worth, in Texas, si è stabilizzata a 4,84 miliardi di piedi cubici in giugno, in diminuzione del 16,5% in un anno e del 20,5% su due anni. La prima corsa verso il gas di scisto è avvenuta qui, nel cuore dell'industria americana degli idrocarburi, grazie all'impennata dei prezzi dell'energia iniziata all'inizio degli anni 2000.

Il giacimento di gas di scisto di Haynesville, a cavallo fra Texas e Louisiana, è stato il secondo ad essere sviluppato negli Stati Uniti, a partire dal 2009. Le sue estrazioni si sono ridotte di quasi un quinto dal momento del picco nel dicembre del 2011. La produzione dei pozzi situati in Louisiana ha subito un calo di non meno del 28% in solo un anno e mezzo, secondo i dati forniti da Washington.


http://4.bp.blogspot.com/-Lsyg3yrz9D4/UkvqBPZ8IsI/AAAAAAAACtY/_SJ9ypQXXhs/s640/gaz-louisiane-eia.png (http://4.bp.blogspot.com/-Lsyg3yrz9D4/UkvqBPZ8IsI/AAAAAAAACtY/_SJ9ypQXXhs/s1600/gaz-louisiane-eia.png)
Fonte: EIA.

Indispensabile per estrarre il gas di scisto, la fratturazione della roccia non permette di liberare il gas se non all'interno di un perimetro ristretto intorno alla zona fratturata. Di conseguenza, la produzione di un pozzo di idrocarburi di scisto di solito raggiunge il proprio massimo di produzione alla sua apertura e declina quindi molto rapidamente, spesso dai primi mesi di estrazione (http://petrole.blog.lemonde.fr/2012/11/13/les-etats-unis-1er-producteur-mondial-de-petrole-en-2017/). Per mantenere una produzione alta, è necessario perforare incessantemente dei nuovi pozzi, da dieci a cento volte in più che per il petrolio convenzionale, secondo la direzione del gruppo Total.

Il principale produttore del giacimento di Barnett, la compagnie Devon Energy, ha già fatto cinque impianti di perforazione quest'anno, contro i dieci del 2012. “La nostra produzione a Barnett rimane stabile soprattutto perché abbiamo preso delle misure per limitare i declini della produzione esistente”, ha detto nel mese di agosto il portavoce di Devon Energy. “Tuttavia, a causa della nostra attività di perforazione ridotta, ci aspettiamo di vedere la nostra produzione crollare nel corso del secondo semestre di quest'anno”, ha precisato.

La riduzione del numero di perforazioni è la conseguenza della combinazione di due fattori, uno economico e l'altro geologico: il declino dei prezzi del gas naturale dalla fine del 2011 (esso stesso provocato dal boom del gas di scisto) e la tendenza a dover perforare i nuovi pozzi nelle zone meno ricche di idrocarburi.
Chesapeake, uno dei leader del gas di scisto negli Stati uniti, lo scorso anno ha dovuto eliminare dai sui conti non meno di 4.600 miliardi di piedi cubici di riserve dette "provate" (http://www.forbes.com/sites/christopherhelman/2012/08/06/low-gas-prices-wipe-out-giant-chunk-of-chesapeake-reserves/). Queste riserve, situate principalmente nei giacimenti di Barnett e Haynesville, costituivano poco meno di un quarto delle riserve totali rivendicate dalla compagnia.

Il caso della Chesapeake non è isolato.

Altri attori importanti, come BP e BHP Billiton, hanno ugualmente rivisto nettamente al ribasso nel 2012 la quantità annunciata delle loro riserve di gas di scisto. Ora è il turno della Shell, che ha espresso il desiderio di spendere i propri capitali in un altro giacimento di idrocarburi di scisto texano importante, Eagle Ford, dopo aver annunciato in luglio una forte riduzione dell'ammontare delle riserve di gas non convenzionale, riportava oggi il Financial Times (http://www.ft.com/intl/cms/s/0/c2298e46-29ae-11e3-9bc6-00144feab7de.html).

La tendenza fa eco ad un grido d'allarme espresso l'anno scorso dal patron della Exxon, Rex Tillerson (http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303561504577492501026260464.html): ”Non si fanno soldi, e tutto in perdita. (...) Stiamo perdendo anche la camicia [nella faccenda del gas naturale]”.


http://4.bp.blogspot.com/-q1VKkomTk6s/Ukvre84tOWI/AAAAAAAACtk/ulMJooobqFQ/s640/Barnett-Sweet-Spots.png (http://4.bp.blogspot.com/-q1VKkomTk6s/Ukvre84tOWI/AAAAAAAACtk/ulMJooobqFQ/s1600/Barnett-Sweet-Spots.png)

Ripartizione delle perforazioni nel giacimento texano di Barnett. I pozzi più produttivi, rappresentati dai puntini rossi, ricoprono le zone geologiche più ricche, gli “sweet spots”. Fonte: J. David Hugues.

Vecchia storia naturale: come le altre specie animali, gli uomini hanno la tendenza a raccogliere prima i frutti più maturi ed a portata di mano. Il destino umano scorre lungo il pendio di minor resistenza, a volte perdendosi.

Gli “sweet spots”, le zone più ricche dei giacimenti di Barnett e di Haynesville sono già state perforate intensamente. Le perforazioni future rischiano di essere meno produttive e quindi meno redditizie: bisognerebbe che fossero allo stesso tempo più numerosi per sostituire i frutti migliori già raccolti.

Le estrazioni di gas dal giacimento di Haynesville sono cominciate a decrescere malgrado l'aumento del numero di pozzi:


http://3.bp.blogspot.com/-AHH5zk_ekgc/Ukvr2KVO2tI/AAAAAAAACts/QBR3NiaDkwI/s640/divergence-forage-production.png (http://3.bp.blogspot.com/-AHH5zk_ekgc/Ukvr2KVO2tI/AAAAAAAACts/QBR3NiaDkwI/s1600/divergence-forage-production.png)

Prosecuzione di un forte declino iniziato o stabilizzazione? Il futuro di Barnett e di Haynesville sarà ricco di insegnamenti su cosa attenderci in seguito sul boom del gas di scisto.


Per ora le opinioni sono divergenti, da un lato gli esperti che ritengono che i tempi migliori di quei giacimenti pionieri siano terminati (http://www.theenergyreport.com/pub/na/15594), dall'altro coloro che valutano che i giacimenti siano ancora ben conservati, insistendo sulla “resilienza” dell'industria texana. Tuttavia, durante gli ultimi mesi, nella stampa americana nessuno si arrischia ad ipotizzare che il declino dei giacimenti di Barnett e di Haynesville possa essere reversibile.


Aprendo la prospettiva, sembra che per quanto visibile su scala mondiale i frutti migliori da aspettarsi dal boom del gas di scisto siano quelli che si stanno raccogliendo ora negli Stati Uniti.


In Polonia, paese annunciato come il più promettente d'Europa, i giganti americani Exxon, Talisman e Marathon Oil hanno gettato velocemente la spugna, si lamentava a luglio The Economist (http://www.economist.com/blogs/easternapproaches/2013/07/shale-gas-poland). Il settimanale liberale inglese attribuisce la responsabilità alla burocrazia polacca, ma ammette anche che la geologia della Polonia si è rivelata “più difficile del previsto”. Le risorse polacche di gas di scisto si trovano sepolte più in profondità di quelle statunitensi. Una differenza che limita gravemente la redditività potenziale delle perforazioni.

In Cina, le importanti risorse potenziali sono ugualmente intrappolate a maggiore profondità che negli Stati Uniti, cosa che sembra gravare tanto quanto in Polonia sulla fattibilità dei progetti proposti, sottolinea oggi il New York Times (http://www.nytimes.com/2013/10/01/business/energy-environment/china-faces-steep-climb-to-exploit-its-shale-riches.html?partner=rss&emc=rss&_r=1&). Inoltre, quelle risorse sono sparpagliate nel vasto territorio cinese e si trovano spesso in zone desolate difficili da raggiungere con le macchine pesanti necessarie per l'estrazione del gas di scisto, segnala l'agenzia Reuters (http://uk.reuters.com/article/2013/03/11/uk-china-shale-idUKBRE9290IE20130311).




http://4.bp.blogspot.com/-qkUn3DDE554/UkvsojeJ5tI/AAAAAAAACt4/X1IwP1Q5Svw/s640/t%C3%A9l%C3%A9chargement.jpg (http://4.bp.blogspot.com/-qkUn3DDE554/UkvsojeJ5tI/AAAAAAAACt4/X1IwP1Q5Svw/s1600/t%C3%A9l%C3%A9chargement.jpg)


Taxi che aspettano per fare il pieno a Chongqing nel 2009. Immagine Reuters.









(http://www.blogger.com/post-edit.g?blogID=2249319265984742850&postID=6915511387270074305&from=pencil)

animal
13-08-14, 07:42
si invita a postare e scrivere principalmente articoli in lingua itagliana, di facile comprensione e accessibili a tutti per non inquinare fonti, e eventuale dibattito sullo scempio del gas di scisto!
La vergogna del XXI secolo.

animal
13-08-14, 13:44
Maria Rita D'Orsogna
Fisico, docente universitario, attivista ambientale
Segui Maria Rita D'Orsogna (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mrdorsogna/):

Shale gas, due studi: “Con il fracking al massimo due anni di abbondanza”
di Maria Rita D'Orsogna (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mrdorsogna/) | 1 (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/01/) aprile 2014 (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/)



Più informazioni su: Frack (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/fracking/)






Nonostante tutta la propaganda di petrolieri, investitori, banche e politici lo shale gas non sarà la soluzione di nessuno dei nostri problemi energetici o occupazionali.
E questo non lo dice l’ultimo arrivato, ma due studi eseguiti

dal Post Carbon Institute (http://www.postcarbon.org/) e dall’ Energy Policy Forum (http://www.energypolicyforum.org/) in cui si analizzano circa 65 mila pozzi da fracking (http://www.postcarbon.org/article/1531617-fracked-gas-won-t-solve-energy-crunch) e il
ruolo delle speculazioni di Wall Street nel promuovere lo shale gas (http://shalebubble.org/wall-street/).

Questi studi colpiscono a picconate il mito secondo il quale gli Usa diventeranno “energeticamente indipendenti” grazie allo shale gas. Gli autori dei report sono J. David Hu ghes, geologo, che per ben 32 anni ha lavorato per l’industria del petrolio e del gas (e quindi sa quel di cui parla) e che adesso è il presidente della Global Sustainability Research. Assieme a lui, Deborah Rogers, analista finanziaria di Wall Street.

Dai due, due parole soltanto: bolla energetica. Ma prima un passo indietro.

In questi anni si è sentito da tutte le parti che gli Usa hanno questa abbondanza di shale gas, che finalmente si svezzeranno dal Medio Oriente, che è una questione di sicurezza nazionale fare fracking.

In tutto questo, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha dato una grossa mano. Ad esempio, nell’edizione 2013 del suo World Energy Outlook (http://www.worldenergyoutlook.org/publications/weo-2013/#d.en.36200), spara con ottimismo che le risorse di “petrolio recuperabili” continuano a crescere di pari passo con i progressi tecnologici, appunto fracking e trivellazione di pozzi orizzontali.
Pubblicità come da tempo si afferma sul forum in merito alla pubblicistica EIA di soliti forumisti al soldo ameriCano

Obama stesso, nel discorso alla nazione dopo l’inaugrazione del 2012 annunciò trionfante che il fracking avrebbe portato a circa 600 mila posti di lavoro (http://www.bloomberg.com/news/2012-01-25/obama-backs-fracking-to-create-600-000-jobs-vows-safe-drilling.html) e che “abbiamo riserve di gas che dureranno per 100 anni e la mia amministrazione farà di tutto per sviluppare questa fonte energetica in modo sicuro“.
L’Iea prevede che nel 2035 si useranno circa 100 milioni di barili di petrolio e gas al giorno. Oggi ne usiamo 85. Ma niente paura: abbiamo 2670 miliardi di barili di petrolio convenzionale e gas naturale, 345 miliardi di barili di tight oil leggero, 1880 miliardi di barili di bitume e petrolio extra-pesante e 1070 miliardi di barili di kerogen oil. Un sacco di numeri e il paradiso petrolifero per tutti!
Ora tutte queste cose di cui si parla sono per la maggior parte idrocarburi non convenzionali, e cioè idrocarburi difficili da tirare fuori, più inquinanti di quelli convenzionali – bitume, petrolio da spremere dalle rocce, terreno da fratturare, alte temperature e solventi per separare il petrolio dal resto.
E’ pura distruzione.
Ma grazie alla creatività e alla tecnologia Usa – un paese che risolve ogni problema – non ci saranno problemi: diventeranno il maggior produttore mondiale, saranno addirittura esportatori di gas e di petrolio e in qualche modo il tutto sarà fatto in “sicurezza”! Un paradiso ancora più paradiso di prima.
Entrata in scena di Hughes e Rogers.
I due analizzano scientificamente e con dettaglio circa 65 mila pozzi di fracking da gas e da petrolio situati in 31 giacimenti e concludono che invece di un secolo di energia a basso costo e prosperità economica, il fracking darà… al massimo dieci anni di abbondanza! Dicono:
1. Il boom del tight oil e shale gas è stato ampiamente sovrastimato dagli operatori e dagli speculatori. Le riserve di shale gas sono state sovrastimate dai vari operatori da un minimo del 100 per cento fino al 400-500 per cento. Cioè hanno sparato numeri a casaccio.
2. Wall Street ha giocato un ruolo chiave dietro le quinte nella promozione del boom del fracking attraverso fusioni e acquisizioni societarie, replicando un modello simile a quello già visto con il boom immobiliare e che ha portato alla crisi finanziaria recente.
3. Giacimenti da sfruttare con il fracking e che sono altamente produttivi sono quasi un miraggio. Basta pensare che l’80 per cento di tutta la produzione di queste fonti non convenzionali viene solo da cinque giacimenti di gas e due di petrolio. Addirittura le aree più produttive sono delle piccole macchie all’interno di questi giacimenti. I due principali giacimenti di shale oil negli Usa sono il Bakken Shale fra North Dakota e Montana e l’Eagle Ford in Texas, dove ci sono riserve per circa 5 miliardi di barili – 10 mesi di fabbisogno nazionale USA.
4. I pozzi di tight sono in declino e sono poco efficenti, proprio come i pozzi di estrazione di shale gas. Il declino medio per pozzo va dal 77 all’89 per cento nel corso dei primi tre anni dalla trivellazione. Cioè se prima tiri fuori 100, dopo tre anni tiri fuori 25 se è troppo. Se si guarda ai giacimenti interi, dove il numero di pozzi può aumentare nel tempo, il declino è compreso tra il 28 ed il 47 per cento all’anno.
5. Visto che ciò che si estrae da ciascun pozzo diminuisce rapidamente, tutto quello che si può fare è di aumentare spasmodicamente il tasso di trivellazione. Ogni anno vengono trivellati circa 7 mila nuovi pozzi di shale gas a un costo di 42 miliardi di dollari semplicemente per cercare di mantenere una produzione costante. Spesso sono pozzi secondari, più difficili da trivellare o da cui estrarre idrocarburi, per cui si stima che con il passare del tempo ne verranno costruiti sempre di più, sempre meno redditizi, e con costi saranno sempre più alti.
E come risponde Wall Street a tutto questo?
Con poca voglia di promuovere ulteriori investimenti, progetti di oleodotti e di gasdotti abbandonati. La panacea pare essere l’esportazione. E infatti il prezzo del gas negli Usa è molto minore che negli altri paesi e si pensa che esportando il gas ci saranno maggiori introiti.
Deborah Rogers continua cosi: “Il dibattito sul fracking in Usa è sempre stato costantemente incentrato sulla capacità di creare nuovi posti di lavoro e benefici economici, con rischi molto limitati sui possibili impatti sull’ambiente e sulla salute pubblica. Ma i dati non mentono: in tutte le regioni in cui c’è stato lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas l’equilibrio economico è dimostrato essere stato molto elusivo, mentre il degrado ambientale ed i costi secondari indotti sono stati reali”.
Cioè progresso duraturo niente, devastazione ambientale vera.


CON QUESTO DOVREMMO AVERE DEFINITIVAMENTE CHIUSO L'ARGOMENTO IN ATTESA DI NUOVI EVENTUALI SVILUPPI.
AD ESEMPIO LA PRODUZIONE DI GAS DA TESTE DI PALTA!
IN QUESTO CASO SAREBBE UN VERO BOOM ENERGETICO!:cool:

animal
13-08-14, 13:45
Maria Rita D'Orsogna
Fisico, docente universitario, attivista ambientale
Segui Maria Rita D'Orsogna (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mrdorsogna/):

Shale gas, due studi: “Con il fracking al massimo due anni di abbondanza”
di Maria Rita D'Orsogna (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mrdorsogna/) | 1 (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/01/) aprile 2014 (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/)



Più informazioni su: Frack (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/fracking/)






Nonostante tutta la propaganda di petrolieri, investitori, banche e politici lo shale gas non sarà la soluzione di nessuno dei nostri problemi energetici o occupazionali.
E questo non lo dice l’ultimo arrivato, ma due studi eseguiti

dal Post Carbon Institute (http://www.postcarbon.org/) e dall’ Energy Policy Forum (http://www.energypolicyforum.org/) in cui si analizzano circa 65 mila pozzi da fracking (http://www.postcarbon.org/article/1531617-fracked-gas-won-t-solve-energy-crunch) e il
ruolo delle speculazioni di Wall Street nel promuovere lo shale gas (http://shalebubble.org/wall-street/).

Questi studi colpiscono a picconate il mito secondo il quale gli Usa diventeranno “energeticamente indipendenti” grazie allo shale gas. Gli autori dei report sono J. David Hu ghes, geologo, che per ben 32 anni ha lavorato per l’industria del petrolio e del gas (e quindi sa quel di cui parla) e che adesso è il presidente della Global Sustainability Research. Assieme a lui, Deborah Rogers, analista finanziaria di Wall Street.

Dai due, due parole soltanto: bolla energetica. Ma prima un passo indietro.

In questi anni si è sentito da tutte le parti che gli Usa hanno questa abbondanza di shale gas, che finalmente si svezzeranno dal Medio Oriente, che è una questione di sicurezza nazionale fare fracking.

In tutto questo, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha dato una grossa mano. Ad esempio, nell’edizione 2013 del suo World Energy Outlook (http://www.worldenergyoutlook.org/publications/weo-2013/#d.en.36200), spara con ottimismo che le risorse di “petrolio recuperabili” continuano a crescere di pari passo con i progressi tecnologici, appunto fracking e trivellazione di pozzi orizzontali.
Pubblicità come da tempo si afferma sul forum in merito alla pubblicistica EIA di soliti forumisti al soldo ameriCano

Obama stesso, nel discorso alla nazione dopo l’inaugrazione del 2012 annunciò trionfante che il fracking avrebbe portato a circa 600 mila posti di lavoro (http://www.bloomberg.com/news/2012-01-25/obama-backs-fracking-to-create-600-000-jobs-vows-safe-drilling.html) e che “abbiamo riserve di gas che dureranno per 100 anni e la mia amministrazione farà di tutto per sviluppare questa fonte energetica in modo sicuro“.
L’Iea prevede che nel 2035 si useranno circa 100 milioni di barili di petrolio e gas al giorno. Oggi ne usiamo 85. Ma niente paura: abbiamo 2670 miliardi di barili di petrolio convenzionale e gas naturale, 345 miliardi di barili di tight oil leggero, 1880 miliardi di barili di bitume e petrolio extra-pesante e 1070 miliardi di barili di kerogen oil. Un sacco di numeri e il paradiso petrolifero per tutti!
Ora tutte queste cose di cui si parla sono per la maggior parte idrocarburi non convenzionali, e cioè idrocarburi difficili da tirare fuori, più inquinanti di quelli convenzionali – bitume, petrolio da spremere dalle rocce, terreno da fratturare, alte temperature e solventi per separare il petrolio dal resto.
E’ pura distruzione.
Ma grazie alla creatività e alla tecnologia Usa – un paese che risolve ogni problema – non ci saranno problemi: diventeranno il maggior produttore mondiale, saranno addirittura esportatori di gas e di petrolio e in qualche modo il tutto sarà fatto in “sicurezza”! Un paradiso ancora più paradiso di prima.
Entrata in scena di Hughes e Rogers.
I due analizzano scientificamente e con dettaglio circa 65 mila pozzi di fracking da gas e da petrolio situati in 31 giacimenti e concludono che invece di un secolo di energia a basso costo e prosperità economica, il fracking darà… al massimo dieci anni di abbondanza! Dicono:
1. Il boom del tight oil e shale gas è stato ampiamente sovrastimato dagli operatori e dagli speculatori. Le riserve di shale gas sono state sovrastimate dai vari operatori da un minimo del 100 per cento fino al 400-500 per cento. Cioè hanno sparato numeri a casaccio.
2. Wall Street ha giocato un ruolo chiave dietro le quinte nella promozione del boom del fracking attraverso fusioni e acquisizioni societarie, replicando un modello simile a quello già visto con il boom immobiliare e che ha portato alla crisi finanziaria recente.
3. Giacimenti da sfruttare con il fracking e che sono altamente produttivi sono quasi un miraggio. Basta pensare che l’80 per cento di tutta la produzione di queste fonti non convenzionali viene solo da cinque giacimenti di gas e due di petrolio. Addirittura le aree più produttive sono delle piccole macchie all’interno di questi giacimenti. I due principali giacimenti di shale oil negli Usa sono il Bakken Shale fra North Dakota e Montana e l’Eagle Ford in Texas, dove ci sono riserve per circa 5 miliardi di barili – 10 mesi di fabbisogno nazionale USA.
4. I pozzi di tight sono in declino e sono poco efficenti, proprio come i pozzi di estrazione di shale gas. Il declino medio per pozzo va dal 77 all’89 per cento nel corso dei primi tre anni dalla trivellazione. Cioè se prima tiri fuori 100, dopo tre anni tiri fuori 25 se è troppo. Se si guarda ai giacimenti interi, dove il numero di pozzi può aumentare nel tempo, il declino è compreso tra il 28 ed il 47 per cento all’anno.
5. Visto che ciò che si estrae da ciascun pozzo diminuisce rapidamente, tutto quello che si può fare è di aumentare spasmodicamente il tasso di trivellazione. Ogni anno vengono trivellati circa 7 mila nuovi pozzi di shale gas a un costo di 42 miliardi di dollari semplicemente per cercare di mantenere una produzione costante. Spesso sono pozzi secondari, più difficili da trivellare o da cui estrarre idrocarburi, per cui si stima che con il passare del tempo ne verranno costruiti sempre di più, sempre meno redditizi, e con costi saranno sempre più alti.
E come risponde Wall Street a tutto questo?
Con poca voglia di promuovere ulteriori investimenti, progetti di oleodotti e di gasdotti abbandonati. La panacea pare essere l’esportazione. E infatti il prezzo del gas negli Usa è molto minore che negli altri paesi e si pensa che esportando il gas ci saranno maggiori introiti.
Deborah Rogers continua cosi: “Il dibattito sul fracking in Usa è sempre stato costantemente incentrato sulla capacità di creare nuovi posti di lavoro e benefici economici, con rischi molto limitati sui possibili impatti sull’ambiente e sulla salute pubblica. Ma i dati non mentono: in tutte le regioni in cui c’è stato lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas l’equilibrio economico è dimostrato essere stato molto elusivo, mentre il degrado ambientale ed i costi secondari indotti sono stati reali”.
Cioè progresso duraturo niente, devastazione ambientale vera.


CON QUESTO DOVREMMO AVERE DEFINITIVAMENTE CHIUSO L'ARGOMENTO IN ATTESA DI NUOVI EVENTUALI SVILUPPI.
AD ESEMPIO LA PRODUZIONE DI GAS DA TESTE DI PALTA!
IN QUESTO CASO SAREBBE UN VERO BOOM ENERGETICO!:cool:

paulhowe
13-08-14, 13:52
Il cazzaro ha postato cifre fasulle

U.S. oil output from major shale plays to rise 89,000 bpd in Sept : EIA | Reuters (http://www.reuters.com/article/2014/08/11/us-energy-crude-shaleoil-idUSKBN0GB25X20140811)



http://www.usfunds.com/media/images/investor-alert/-2012-ia/2012-11-30/IA_Energy_ShaleOil.gif

animal
13-08-14, 14:45
allora ...dato che ho aperto la discussione, intanto in lingua franca, alla quale prego attenerti, cercando di fare chiarezza, per quanto possibile su uno dei grossi problemi attuali, ti invito a non usare parole del cazzo, almeno qui.

Alla prossima ti segnalo fino a quando non mi stacca il dito e poi ti metto in ignore ...fai tu.....
vuoi discutere o latrare????

animal
13-08-14, 14:49
zio bono...poi guardo il grafico.....e scopro che sono campi ad olio e solo con qualche minuscola eccezione di gas di scisto.....

e come se in una discussione di politica economica, una arrivasse a parlare di filologia indoeuropea.
beh allora e' inutile :29236350:

trash
13-08-14, 14:57
Il cazzaro ha postato cifre fasulle

U.S. oil output from major shale plays to rise 89,000 bpd in Sept : EIA | Reuters (http://www.reuters.com/article/2014/08/11/us-energy-crude-shaleoil-idUSKBN0GB25X20140811)



http://www.usfunds.com/media/images/investor-alert/-2012-ia/2012-11-30/IA_Energy_ShaleOil.gif

Forse la differenza di cifre è dovuta al fatto che questo grafico risale al 2012 (dal 2013 sono stime) e comunque è relativo alla produzione dello shale oil (in barili) e non dello shale gas (in piedi cubici) di cui parla il thread.

animal
13-08-14, 15:03
Non e' questione di cifre .
non le ho neppure guardate.
La discussione affronta il declino del Gas Shale ( LO devo ripetere...gas che provviene da scisti , nella maggior parte dei casi) e che si misura in metri cubi o piedi cubi.

Paul, in modo pretestuoso, perche' le cose le sa bene ( c'e' da chiedersi perché stia portando avanti questa battaglia????), ha mostrato un grafico di giacimenti convenzionali o ad olio, che poco o nulla hanno a che fare con i Giant di
Marcellus in espansione ma fino a quando e ache costi...econ che resa??????
Haynesville in rapido declino

animal
13-08-14, 15:18
a dimostrazione che quanto scrivo non e' per sacro furore contro le sette sorelle, o petrolio etc........preciso che l'autrice dell'interessante articolo Maria Rita d'Orsogna, fisica che lavora e vive in America, si batte contro l'apertura di cantieri di perforazione nella penisola, cantieri convenzionali...non le pratiche di shale gas!

E allora le direi...cara Maria Rita se ne stia a casa sua, i pozzi petroliferi non hanno mai fatto male a nessuno, anzi semmai hanno portato un minimo di sviluppo, occupazione e crescita economica in Itaglia.
pensi al suo paese adottivo , combatta contro il gas di scisto, ma non butti via l'acqua con il bambino per favore!

paulhowe
13-08-14, 15:40
Non e' questione di cifre .
non le ho neppure guardate.
La discussione affronta il declino del Gas Shale ( LO devo ripetere...gas che provviene da scisti , nella maggior parte dei casi) e che si misura in metri cubi o piedi cubi.

Paul, in modo pretestuoso, perche' le cose le sa bene ( c'e' da chiedersi perché stia portando avanti questa battaglia????), ha mostrato un grafico di giacimenti convenzionali o ad olio, che poco o nulla hanno a che fare con i Giant di
Marcellus in espansione ma fino a quando e ache costi...econ che resa??????
Haynesville in rapido declino




:facepalmi:


Tanto per cominciare questa e' la produzione degli shale gas.


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/9f/Natural_Gas_Production_from_US_Shales_2000-2013.png/1280px-Natural_Gas_Production_from_US_Shales_2000-2013.png






Come vedete sono giacimenti che fino a 4-5-6-7 anni non davano quasi nulla.



Gli ultimi dati su Marcellus sono questi relativi al mese di Luglio 2014

Marcellus Shale gas production hits new high | WKBN.com (http://wkbn.com/2014/08/05/marcellus-shale-gas-production-hits-new-high/)



Poi c'e lo shales gas di Utica

National EIA report includes Utica shale play activity for first time, natural gas production surging - Columbus - Columbus Business First (http://www.bizjournals.com/columbus/news/2014/08/12/natural-gas-production-increases-tenfold-in-utica.html)


Energy Information Administration report finds Utica shale comparable to Eagle Ford at startup - Columbus - Columbus Business First (http://www.bizjournals.com/columbus/blog/ohio-energy-inc/2014/07/utica-shale-production-comparable-to-eagle-ford-s.html)



Il fenomeno degli shales nel gas e nel petrolio e' partito nel 2007 in termini di investimento.

Sono passati ormai 7 anni. Fosse stata una "bolla" non avrebbe potuto reggere tanto.
E' un dato di fatto.

Capisco che dovete accreditare il mito del fallimento degli USA e coprire Putin.....ma rassegnatevi, il fenomeno e' destinato a durare finche i prezzi del petrolio restano sopra i 70 dollari al barile.

animal
13-08-14, 15:48
:facepalmi:


Tanto per cominciare questa e' la produzione degli shale gas.


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/9f/Natural_Gas_Production_from_US_Shales_2000-2013.png/1280px-Natural_Gas_Production_from_US_Shales_2000-2013.png






Come vedete sono giacimenti che fino a 4-5-6-7 anni non davano quasi nulla.



Gli ultimi dati su Marcellus sono questi relativi al mese di Luglio 2014

Marcellus Shale gas production hits new high | WKBN.com (http://wkbn.com/2014/08/05/marcellus-shale-gas-production-hits-new-high/)



Poi c'e lo shales gas di Utica

National EIA report includes Utica shale play activity for first time, natural gas production surging - Columbus - Columbus Business First (http://www.bizjournals.com/columbus/news/2014/08/12/natural-gas-production-increases-tenfold-in-utica.html)


Energy Information Administration report finds Utica shale comparable to Eagle Ford at startup - Columbus - Columbus Business First (http://www.bizjournals.com/columbus/blog/ohio-energy-inc/2014/07/utica-shale-production-comparable-to-eagle-ford-s.html)



Il fenomeno degli shales nel gas e nel petrolio e' partito nel 2007 in termini di investimento.

Sono passati ormai 7 anni. Fosse stata una "bolla" non avrebbe potuto reggere tanto.
E' un dato di fatto.

Capisco che dovete accreditare il mito del fallimento degli USA e coprire Putin.....ma rassegnatevi, il fenomeno e' destinato a durare finche i prezzi del petrolio restano sopra i 70 dollari al barile.


L'avevi gia' postato questo grafico, ed e' tutt'altra cosa che quello che hai buttato li prima tra un'offesa e l'altra.
Questo correttamente parla di gas shale e non di olio da campi convenzionali o misti..diciamo.

E nella discussione di Metabo, ti e' stato anche detto che tutti i field relativi al gas shale sono in declino con l'eccezione di Marcellus per i motivi che tu sai bene!

Putino non c'entra niente, se ne sta tranquillo negli Urali sapendo bene che mai e poi mai il gas americano arrivera' in europa in considerevole quantita' tanto da alterare il mercato dei prezzi.


Una domanda come mai gli USA non esportano gas in Cina, India e Giappone tanto da inondare questi paesi la cui richiesta e' sempre in aumento.......

paulhowe
13-08-14, 16:01
Come al solito cazzate a gogo del resto non si puo fare altro.


Marcellus e' in forte crescita e fornisce il 40% della produzione di gas shale

http://powersource.post-gazette.com/powersource/companies-powersource/2014/08/05/EIA-Marcellus-Shale-production-surpasses-15-Bcf-d/stories/201408050161



Quanto a Barnett la produzione si e' mantenuta attorno a 5 bcf al giorno, nonostante ci sia stato un crollo nel numero delle trivellazioni.
Questo significa che la quantita per pozzo e' superiore rispetto a quanto preventivato.

La parte del leone in termini di crescita l'hanno fatta Marcellus e Utica che hanno quasi monopolizzato gli investimenti e quindi l'incremento della produzione.

Molti operatori inoltre hanno deciso di puntare sul Permian Basin (Eagle Ford) dove la produzione di petrolio shale e' letteralmente esplosa.

Quanto a Putin sa benissimo che gli shales stanno producendo effetti ben visibile, e non e' necessario che la produzione arrivi dagli USA.

Gli USA infatti importano molto meno gas e petrolio, e questo lascia i produttori di invenduto.

Questo invenduto sta lentamente producendo un declino dei prezzi e opportunita per i paesi europei.

animal
13-08-14, 16:07
Gli aspetti geopolitici che sottendono la fibrillazione dei sostenitori e promotori dello shale gas in veste antirussa Shale gas tra ambizioni, sfide e onnipotenza geopolitica16 - 04 - 2014Marco Andrea Ciaccia (http://www.formiche.net/author/marco_an78547/) http://www.formiche.net/wp-content/uploads/2013/02/Shale-Gas.jpg Ecco come e perché gli eccessi di entusiasmo sugli effetti geopolitici dello shale gas e dell'export di petrolio Usa preoccupano gli ambientalisti
Dal 2005 ad oggi le importazioni di gas negli Stati Uniti sono diminuite del 28%, quelle di petrolio del 16%. Nel giro di tre anni, tra il 2005 e il 2008, i fattori tecnologici che hanno portato allo sfruttamento commerciale di tight oil e shale gas hanno alimentato una variazione della produzione che dal 2005 al 2014 è stata del +65% per il petrolio e del +34% per il gas naturale.
GLI USA NEL CLUB DEI PRODUTTORI
La Pennsylvania equivale già al Qatar in termini di produzione di gas, mentre Texas e North Dakota insieme equivalgono all’Iraq nel campo petrolifero. Bisognerà aspettare il 2018, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), perché gli States divengano esportatori netti di gas; ma già dal 2011 l’export di prodotti petroliferi raffinati made in Usa hanno superato le importazioni per la prima volta nella storia.
La rivoluzione degli idrocarburi non convenzionali spinge gli Stati Uniti all’interno del club delle potenze produttrici-esportatrici a fianco di Russia ed Opec, mentre li allontana dal blocco prevalentemente consumatore di Europa, Giappone e Cina. Già questa semplice considerazione basterebbe a contenere gli euro-entusiasmi per lo shale gas americano come pegno di solidarietà occidentale in funzione anti-russa.
EFFETTI SULL’EUROPA

L’entusiasmo per gli idrocarburi non convenzionali talora è sconfinato in una serie di arrischiate concatenazioni logiche: più esportazioni di shale gas dagli Usa libererebbero l’Europa centro-meridionale (Italia, Polonia e Germania in primo luogo) dalla dipendenza dalla Russia, il che spingerebbe Mosca ad un atteggiamento più prudente in politica estera, e infine “ciliegina sulla torta”, alla crisi politica interna del regime di Putin.
Questa narrativa continua ad avere corso, anche se c’è da chiedersi perché, per esempio, Gran Bretagna o Norvegia dovrebbero essere entusiasti dell’ingresso del gas americano in Europa centrale in concorrenza con i loro interessi nel Mare del Nord. O perché dovrebbe reggere la “linea dura” francese, ovvero di un Paese che non appartiene ai campi petroliferi contrapposti (produttori, consumatori, nuovi entranti) per la sua dipendenza dal nucleare, ma che ha una punta di lancia commerciale nella filiera dell’esplorazione: Total che ha firmato a fine marzo un accordo con Lukoil per lo shale gas del deposito di Bazhenov in Siberia.
I DANNI DEL “LEVERAGE”, I PREGI DELLA STABILITA’
In realtà, per una potenza che vuole entrare in un club così esclusivo, dominato da un élite petrogasifera russo-saudita-qatarina, sono possibili due strade: quella del “leverage” (ovvero della lotta senza quartiere agli altri produttori, alla “Mattei” per intenderci) oppure quella della “stabilità” (che mira a farsi accettare, senza forzare troppo le regole e gli equilibri esistenti).
E’ la tesi di un ponderato studio (http://csis.org/files/publication/140409_Ladislaw_NewEnergyNewGeopolitics_WEB.pdf) del gruppo di ricerca geo-energetica del CSIS di Washington, il think tank Usa che forse meglio rappresenta il consenso bipartisan della classe dirigente americana nell’amministrazione Obama.
La conclusione del CSIS, per inciso, è che la linea da coltivare sia quella della “stabilità”, in continuità con la “dottrina Donilon (http://www.whitehouse.gov/the-press-office/2013/04/24/remarks-tom-donilon-national-security-advisor-president-launch-columbia-)” espressa dall’ex consigliere per la sicurezza della Casa Bianca nell’aprile 2013.
IL LATO “SPORCO” DELLA SHALE REVOLUTION
L’eccesso di entusiasmo può essere controproducente e condurre a quelle concatenazioni illogiche sopra citate, che attribuiscono alle fonti non convenzionali il magico potere di cambiare le relazioni internazionali sulla base di una proiezione-estrapolazione della diversa posizione di forza Usa (anzi, ancora prima della percezione della stessa).
In questo contesto rientra anche la polemica sul Keystone XL, l’oleodotto tra Alberta e Costa del Golfo del Messico che dovrebbe trasportare alle raffinerie texane gli oli bituminosi estratti dalle sabbie dell’Athabaska (in cui, tra l’altro, sono in crescita gli interessi cinesi di Petrochina). Recentemente l’ex segretario di Stato Condoleeza Rice ha rilanciato il progetto, che solleva molti dubbi da parte ambientalista, proprio come “segnale” di politica estera in chiave di “leverage”, come indicazione di una volontà di essere presenti aggressivamente sui mercati internazionali. Aggressività, però, che può rivolgersi in primo luogo contro l’ambiente.
KLARE DENUNCIA IL “DELIRIO AL CARBONIO”
Il comprensibile entusiasmo tecnologico e commerciale ha innescato una corsa alle riserve recuperabili di gas e petrolio che però, in ultima analisi, rafforza il modello di economia a fonti fossili che l’agenda verde e climatica intende superare. E’ la tesi di Michael T.Klare, che in un lungo articolo su Energy Post (http://www.energypost.eu/carbon-delirium-hazardous-impact-fossil-fuel-addiction-american-foreign-policy/) parla di “delirio al carbonio”. Secondo Klare, che ha teorizzato la pericolosità ambientale della corsa alle “energie estreme” (esplorazioni artiche, fracking, ecc), ci sono diversi segnali che shale gas e tight oil abbiano fatto perdere lucidità alla classe dirigente americana. Tra questi la decisione (http://www.nytimes.com/2014/03/14/business/energy-environment/epa-to-lift-suspension-of-oil-leases-for-bp.html?_r=0) lo scorso marzo di riaprire il Golfo del Messico all’esplorazione di BP, il gruppo responsabile del disastro Deepwater Horizon nel 2010, dopo un accordo con l’Agenzia per la protezione ambientale considerato particolarmente favorevole a BP.
SHALE GAS VS RINNOVABILI?
C’è un aspetto della linea americana del “leverage” che sembra recuperato anche in un’ottica di stabilità, ed è la promozione dello sviluppo regolato delle fonti non convenzionali nel resto del mondo. Da questo punto di vista è significativo il richiamo-ammonimento del Wall Street Journal di qualche settimana fa, contenuto in un editoriale non firmato intitolato “Serietà energetica per l’Europa” (http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702303725404579461251566976372?mg=ren o64-wsj&url=http%3A%2F%2Fonline.wsj.com%2Farticle%2FSB1000 1424052702303725404579461251566976372.html). Secondo il quotidiano politico-finanziario Usa, non è sulle pale eoliche che l’Europa può puntare per superare l’attuale dipendenza dalla Russia, ma su una massiccia campagna di esplorazione e sfruttamento delle fonti non convenzionali, a partire da quelle accertate in Lancashire (UK). Luogo su cui, peraltro, è in atto una guerra informativa con Russia Today in prima fila a sostenere i comitati “Nimby” locali.
La debolezza delle fonti alternative “verdi”, peraltro sussidiate dai contribuenti, torna dunque al centro del dibattito come argomento principe dei sostenitori delle fonti fossili. Questa volta, sullo sfondo della necessità di controbattere il “revanscismo russo”. Un compito, secondo Klare, superiore alle forze, oltre che imposto strumentalmente dall’agenda degli interessi costituiti

Metabo
22-08-14, 11:29
Ci sarà da ridere, ma sopratutto ridono russi e arabi.

animal
02-09-14, 22:50
https://aurorasito.files.wordpress.com/2014/09/gas1a.jpg

Amati75
02-09-14, 23:12
Shale gas offers huge potential . It accounts for the majority of the world’s recoverable unconventional gas - shale gas, tight gas and coalbed methane - estimated by the IEA at 380 trillion cubic meters, or 120 to 150 years of natural gas supply at the current rate of consumption. - See more at: Shale Gas: An Abundant Resources Found Worldwide | total.com (http://www.total.com/en/energies-savoir-faire/petrole-gaz/exploration-production/secteurs-strategiques/gaz-non-conventionnels/focus-gaz-de-schiste/un-gaz-naturel-abondant/significant-reserves-and-game-changer-future-gas#sthash.xGrKok87.dpuf)

Shale Gas: An Abundant Resources Found Worldwide | total.com (http://www.total.com/en/energies-savoir-faire/petrole-gaz/exploration-production/secteurs-strategiques/gaz-non-conventionnels/focus-gaz-de-schiste/un-gaz-naturel-abondant/significant-reserves-and-game-changer-future-gas)

cocco27
03-09-14, 01:16
Necessita di un prezzo alto del gas per coprire le spese.
Inquina e destabilizza l'ambiente e il terreno.
E' inapplicabile in Europa Occidentale.
C'è bisogno di aggiungere altro?

Poi se qualcuno crede alla storiella che gli Stati Uniti si metteranno ad esportare gas a basso costo, non so che dire. Certo, gli piacerebbe soppiantare il ruolo russo nei confronti nell'Europa, ma non certo per farci prezzi migliori. E comunque è auspicabile che la bolla dietro una risorsa tanto invasiva e costosa presto scoppi.

Amati75
03-09-14, 01:24
Necessita di un prezzo alto del gas per coprire le spese.
Inquina e destabilizza l'ambiente e il terreno.
E' inapplicabile in Europa Occidentale.
C'è bisogno di aggiungere altro?

Poi se qualcuno crede alla storiella che gli Stati Uniti si metteranno ad esportare gas a basso costo, non so che dire. Certo, gli piacerebbe soppiantare il ruolo russo nei confronti nell'Europa, ma non certo per farci prezzi migliori. E comunque è auspicabile che la bolla dietro una risorsa tanto invasiva e costosa presto scoppi.


Il breakeven point per il Gas shale USA e' attorno ai 4.5 per Mmbtu, ai prezzi attuali, arriverebbe in Europa landed attorno ai 10, ovvero quello che si paga alla Russia, la quale indicizza ilmprezzo al petrolio.

In ogni caso, piu' che gas USA, la maggiore produzione USA implica una maggiore disponibilita' sul mercato internazionale in quanto gli USA ne importano meno, e quindi una pressione per la riduzione dei prezzi anche per l' Europa.

In quanto ai treerremoti il fracking causa terremoti nella stessa proporzione che le tecniche tradizionali (cacchio pure il geotermico li puo' causare).

L'inquinamento principalmente e' dovuto all' utlizzazione di acqua, ma si stanno sviluppando teniche "water-free".

In Europa le condizioni pero' non sono come in USA, i principali giacimenti sono inzone densamente popolate, ed il costo per un nuovo pozzo e' al presente il doppio rispetto ad uno in USA.

paulhowe
03-09-14, 14:37
http://blogs.platts.com/2014/09/02/us-oil-exports-imports-june/


That changed in June. The EIA released numbers from that month today


US petroleum import dependence in June dropped to 4.659 million b/d. That’s only the second time in the post-shale era that number had been less than 5 million b/d. And the last time the US recorded a number that low was back in 1986. But not all import dependence is equal; the US certainly would view Canada or Mexico as a supplier less prone to disruption than many other countries. So once you take away US net import dependence with Canada, that number slips to 2.282 million b/d. Take away Mexico and you’re down to 1.962 million b/d. Those numbers are easily the lowest ever recorded by the EIA. So in essence, that 1.962 million b/d of net import dependence is the figure for the rest of the world outside North America. In 2005, that US net import dependence figure after Canada and Mexico were taken out regularly recorded numbers in excess of 9 million b/d.
The main reason for that? US crude oil exports to Canada were 384,000 b/d. Total crude exports were 396,000 b/d after the EIA somehow recorded 6,000 b/d going to Singapore and 5,000 b/d to Switzerland. That total amount has only been exceeded once in history: March 1957, when exports spiked to 455,000 b/d. (Economist Phil Verleger wrote in to note that an earlier post that questioned what might have happened in March 1957 to spur such a surge overlooked the fact that it was the occasion of the Suez Canal crisis.) We know that by rail or by ship, the US is sending an increasing amount of crude oil exports to Canada, which faces far more limited US export restrictions. In fact, the surge may be a problem for a significant new pipeline project designed to get Canadian oil out of Alberta, particularly if Keystone XL is blocked; Canada’s biggest newspaper wrote about the issue (http://www.theglobeandmail.com/report-on-business/industry-news/energy-and-resources/transcanadas-energy-east-faces-hurdle-as-us-oil-boom-swamps-market/article20289084/)yesterday.
Other export statistics were strong, but few records were recorded. Total products exports were 2.733 million b/d; that’s actually the second-lowest figure this year. Distillate exports were strong at 964,000 b/d, but the record is 1.131 million b/d, set last September. LPG exports at 683,000 b/d were the third-highest ever, but a long way from May’s record of 727,000 b/d.

cocco27
04-09-14, 16:15
Il breakeven point per il Gas shale USA e' attorno ai 4.5 per Mmbtu, ai prezzi attuali, arriverebbe in Europa landed attorno ai 10, ovvero quello che si paga alla Russia, la quale indicizza ilmprezzo al petrolio.

Appunto, nessun calo di prezzo e nessun vantaggio per l'Europa.



In ogni caso, piu' che gas USA, la maggiore produzione USA implica una maggiore disponibilita' sul mercato internazionale in quanto gli USA ne importano meno, e quindi una pressione per la riduzione dei prezzi anche per l' Europa.
Non certo una grossa differenza però.



In quanto ai treerremoti il fracking causa terremoti nella stessa proporzione che le tecniche tradizionali (cacchio pure il geotermico li puo' causare).
Sai benissimo che il fracking è pparticolarmente invasivo e soprattutto necessita di migliaia di perforazioni.



L'inquinamento principalmente e' dovuto all' utlizzazione di acqua, ma si stanno sviluppando teniche "water-free".
Intanto per ora migliaia di persone si ritrovano con i terreni inquinati e esalazioni tossiche.

paulhowe
04-09-14, 16:28
Appunto, nessun calo di prezzo e nessun vantaggio per l'Europa.





[QUOTE]Sai benissimo che il fracking è pparticolarmente invasivo e soprattutto necessita di migliaia di perforazioni.



In primis parliamo di aree in gran parte disabitate, in secondo luogo la questione ambientale non riguarda i "pozzi" in se ma le attivita che si svolgono in superficie, perche bisogna portare equipaggiamenti e quindi trasportare il prodotto estratto con l'afflusso quindi di centinaia di camion.


Intanto per ora migliaia di persone si ritrovano con i terreni inquinati e esalazioni tossiche.



Il gas e il petrolio sta a 1000 e passa metri sottoterra.

animal
04-09-14, 17:21
[QUOTE=cocco27;13757250]A
Il gas e il petrolio sta a 1000 e passa metri sottoterra.

:eek:


:facepalmi:

:29236350:

Amati75
04-09-14, 17:42
Appunto, nessun calo di prezzo e nessun vantaggio per l'Europa.


Il breakeven nel 2008 era attorno agli 8, oggi e' poco sopra i 4.
L'attivazione di un pozzo costa 1/3 rispetto al 2008
La produttivita' e' aumentata drasticamente, non a caso, pur essendoci meno pozzi, la produzione e' aumentata.
Dal 2014 stanno entrando in linea un numero considerevole di navi LNG dal 2014 al 2016 la flotta globale aumentera' diu n buon 70%, il che implica che anche i noli scenderanno.
Il LNG puo' essere venduto spot quindi dando possibili vantaggi a chi acquista.


Gia' oggi in ogni caso l' Europa ha ababssato le importazioni dalla Russia dal 45% al 30% aprox, anche gli altri non e' che il gas lo regalino.
Ovvero il landed non e; detto che debba rimanere 10.



Non certo una grossa differenza però.


Insomma, fino a qualche anno fa la Russia vendeva il gas all' Europa anche a $14, oggi e' attorno ai $10 anche perhce' dall' aere il 45% e' pasasta a poco piu' del 30% quindi per salvaguardare le propie quote di mercato ha iniziato ad offrire sconti, piu' gas sara' disponibile piu' sara' forzata ad offrirne (cosa che ovviamente ai Russi mica piace tanto).




Sai benissimo che il fracking è pparticolarmente invasivo e soprattutto necessita di migliaia di perforazioni.


Il numero di pozzi e' calato in modo considerevole, nonostante l' aumento della produzione, dato che dallo stesso pozzo si puo recuperare di piu (ed in piu' in fretta) rispetto anche solo ad un anno fa, gli USA da questo aspetto hanno un vantaggio, vi sono zone dove sono i giacimenti che sono del tutto spopolate o quasi.

Per l' inquinamento, beh il delta del Niger (petrolio e gas estratto in modo convenzionale) non e' che sia esattamente pulitissimo.




Intanto per ora migliaia di persone si ritrovano con i terreni inquinati e esalazioni tossiche.


Queste sono estrazioni tradizionali:


http://youtu.be/JuqLfH1SW98

animal
04-09-14, 18:20
:facepalmi:

animal
04-09-14, 18:21
:facepalmi::facepalmi:

animal
04-09-14, 18:21
:glee::glee::iapiiiiiii:

Amati75
04-09-14, 18:40
Saudi Arabia Oil Sales to U.S. Imperiled by Shale Boom

After years of keeping the price of crude sold to the U.S. low enough to maintain market share, Saudi Arabia (http://topics.bloomberg.com/saudi-arabia/) is losing ground as the shale boom leaves U.S. refiners with ample supplies of inexpensive domestic oil.
Arab Light crude for sale in the U.S.averaged (http://www.bloomberg.com/quote/.ARLTLLS:IND) 48 cents a barrel less than Light Louisiana Sweet, a Gulf Coast benchmark, in August, the narrowest discount in data compiled by Bloomberg back to 1991. The U.S. imported 878,000 barrels of Saudi crude a day in the first four weeks of August, the least since 2009.
Shale drilling has boosted U.S. oil output (http://www.bloomberg.com/quote/DOETCRUD:IND)to the highest level since 1986. As refineries turn to lower-priced domestic oil to make fuel at a record pace (http://www.bloomberg.com/quote/DOEPGRIN:IND), the Saudis and other foreign suppliers are left with dwindling slices of the market. In June, imports from Saudi Arabia accounted for the smallest share of crude processed at U.S. refineries since February 2010.
“The Saudis are not going to sell crude at a disadvantage to themselves -- they’re not about buying market share anymore,” Mike Wittner (http://topics.bloomberg.com/mike-wittner/), Societe Generale (GLE) (http://www.bloomberg.com/quote/GLE:FP)’s head of oil market research inNew York (http://topics.bloomberg.com/new-york/), said by telephone Aug. 28. “Those days are long gone. They’ll price crude to be competitive with the competing sour grades in every market, and if that means their flows to the U.S. are down, so be it.”
Saudi Oil Minister Ali al-Naimi (http://topics.bloomberg.com/ali-al--naimi/) told reporters in Vienna in December that he expected Saudi shipments to the U.S. to stabilize at an average of 1.4 million to 1.5 million barrels a day this year. Saudi Arabian officials didn’t return at least nine calls between Aug. 28 and yesterday seeking comment on the exports.


Saudi RefineriesSaudi Arabian Oil Co. shares ownership with Royal Dutch Shell Plc (RDSA) (http://www.bloomberg.com/quote/RDSA:NA) of three refineries on the U.S. Gulf Coast, including a 600,000-barrel-a-day plant in Port Arthur (http://topics.bloomberg.com/port-arthur/), Texas (http://topics.bloomberg.com/texas/), the largest in the U.S. The refineries, which have combined capacity of 1.07 million barrels a day, imported 331,000 barrels a day from Saudi Arabia in June.
Until recent months, the kingdom maintained a steady flow to the U.S. around 1.3 million barrels a day even as total U.S. imports (http://www.bloomberg.com/quote/PSMUIMCR:IND) fell by 34 percent from a peak in June 2005. Other countries didn’t fare as well. Shipments are 59 percent below their peak from Mexico (http://topics.bloomberg.com/mexico/), 56 percent from Venezuela (http://topics.bloomberg.com/venezuela/) and 93 percent from Nigeria (http://topics.bloomberg.com/nigeria/).
Imports are being pushed out by domestic production that’s risen 65 percent in the past five years, spurred by horizontal drilling and hydraulic fracturing in underground layers of shale rock. Growing pipeline deliveries of heavy crude from Canada (http://topics.bloomberg.com/canada/) also displaced waterborne cargoes from abroad.
The price of West Texas Intermediate crude averaged $96.08 a barrel in August, compared with $106.54 the same month the year before. It traded at $94.93 at 10:52 a.m. in New York today.
Market Share“The Saudis might fully intend to stay in the U.S. market, they might fully intend to have a million-plus barrels, it’s just the market supply-and-demand levels probably won’t allow that,” said John Auers, executive vice president at energy consulting firm Turner Mason & Co.
Saudi Aramco (http://topics.bloomberg.com/saudi-aramco/), as the state oil company is known, bases prices for the different destinations on regional indexes, adjusting premiums and discounts to be competitive against oil from other countries.
In the U.S., Aramco’s adjustments kept the average price of Arab Light more than $2 a barrel below Light Louisiana Sweet every month until July. The contract fell as low as $96.04 last month, the lowest price this year.
Aramco was offering oil to the U.S. at a significant discount to prices in other regions. Arab Light to the U.S. was $5.64 a barrel less than to Asia (http://topics.bloomberg.com/asia/) in 2013, falling to a $22.64 discount in November. Saudi Arabia lost $2.6 billion by selling oil to the U.S. instead of Asia in 2013, Auers said.
Shifting Sales“In some ways, it’s inevitable that Saudi Arabia realizes there are more attractive markets, and they’ll rotate away, supply their U.S. refineries with domestic grades and sell their crude at a premium to Asia,” Francisco Blanch (http://topics.bloomberg.com/francisco-blanch/), head of commodities research at Bank of America Corp. (http://www.bloomberg.com/quote/BAC:US) in New York, said by phone Aug. 29. “As the U.S. becomes a more balanced crude force in global markets, it’ll move toward lesser imports and become decreasingly attractive to foreign crude sellers.”
Saudi exports to the U.S. averaged 1.32 million barrels a day in 2013, the second-most of any country behind Canada. They reached 1.58 million in April, before dropping by almost half to average 878,000 over the first four weeks of August, according to U.S. Customs data compiled by Bloomberg.
The price changes and declining imports might just be a blip, Jason Bordoff, founding director ofColumbia University (http://topics.bloomberg.com/columbia-university/)’s Center on Global Energy Policy in New York, said by telephone Aug. 26. Saudi Arabia uses more crude domestically during summer months to generate power and meet increasing demand for air conditioning. Temperatures have been higher than normal.
Saudi Sales“I’m not sure how much I’d read into a couple of weeks or even a couple of months of data,” Bordoff said. “Saudi imports have come down, but they’re still higher than what we saw in 2009.”
Saudi Aramco yesterday lowered for a second straight month its adjustments versus the regional benchmark for crude sold to the U.S. The discount for Arab Light sales in the U.S. in October was widened by 40 cents a barrel from September. Aramco reduced the Arab Light premium for Asia by $1.70 a barrel.
“The Saudis continue to want to maintain a diversified market for their crude, and they continue to want a significant presence in the U.S. market.” Bordoff said.
U.S. ShipmentsShipments to the U.S. have fallen even as Saudi exports to the rest of the world have held steady. U.S. imports from Saudi Arabia fell by 562,000 barrels a day from April to June, more than the 506,000-barrel-a-day decline of total Saudi exports, according to the U.S. Energy Information Administration and Joint Oil Data Initiative, a database supervised by Riyadh-based International Energy Forum.
Saudi sales to Asia will become more important moving forward as demand for liquid fuels in the region is expected to grow 44 percent through 2035, while North American demand shrinks, according to BP Plc. In September China (http://topics.bloomberg.com/china/) surpassed the U.S. as the world’s largest importer of crude oil and refined products.
The redirecting of supplies to other markets and the U.S.’s shrinking dependence on foreign oil will inevitably change American interest in international conflicts, Blanch said.
“It is perhaps the biggest question: Is the reduced commercial relationship between the U.S. and Saudi going to lead to lesser involvement of the U.S. in the Middle East (http://topics.bloomberg.com/middle-east/)?‘‘ said Blanch.
To contact the reporters on this story: Dan Murtaugh in Houston at dmurtaugh@bloomberg.net; Lynn Doan in San Francisco (http://topics.bloomberg.com/san-francisco/) at ldoan6@bloomberg.net
To contact the editors responsible for this story: Dan Stets at dstets@bloomberg.net; David Marino at dmarino4@bloomberg.net David Marino






Saudi Arabia Oil Sales to U.S. Imperiled by Shale Boom - Bloomberg (http://www.bloomberg.com/news/2014-09-03/saudi-arabia-oil-sales-to-u-s-imperiled-by-shale-boom.html)

cocco27
04-09-14, 18:41
Quando l'argomentazione diventa "anche in Nigeria fanno così" credo che bisognerebbe iniziare a preoccuparsi.

Amati75
04-09-14, 18:42
Quando l'argomentazione diventa "anche in Nigeria fanno così" credo che bisognerebbe iniziare a preoccuparsi.

Il disastro del Golfo nel 2010, non era in Nigeria, e li non c'erano shale plays, cosi come in Russia:

http://www.greenpeace.org/international/en/campaigns/climate-change/arctic-impacts/The-dangers-of-Arctic-oil/Black-ice--Russian-oil-spill-disaster/

animal
04-09-14, 18:58
https://aurorasito.files.wordpress.com/2014/09/gas1a.jpg


leggere la figura e interpretarla. Capisco sia una cosa complessa...un piccolo sforzo...galoppini....

Amati75
04-09-14, 19:08
https://aurorasito.files.wordpress.com/2014/09/gas1a.jpg


leggere la figura e interpretarla. Capisco sia una cosa complessa...un piccolo sforzo...galoppini....


Leggere le date dicono che aiuti... 2010.... Lo sa vero (lei in fondo dice di essere un consulente) che le risere recuperabii variano anche in base ai prezzi di mercato (ovvero quelle che sono economicamente sfruttabili).. e che i prezzi oggi rispetto al 2010 sono piu' alti (parlando di gas USA), cosi come alle tecnologie estrattive, che rispetto al 2010 per glishale sono diventate molto piu' efficenti, come lo dimsotra il fatto che vi e' stata una diminuzione di pozzi ma un aumento della produzione.

animal
04-09-14, 19:13
Le riserve sono riserve. Punto caro bottegaio del cambio
L'oscillazione dei prezzi non incide minimamente
Le riserve sono provate e certificate.Punto

Le riserve le calcolano gli ingegneri che non tengono conto del prezzo.Punto

Gli economisti e i bottegai dell'ufficio cambio, calcolano la redditivita' dell'investimento che e' un'altra cosa.
Punto e a capo

Amati75
04-09-14, 19:18
Le riserve sono riserve. Punto caro bottegaio del cambio
L'oscillazione dei prezzi non incide minimamente
Le riserve sono provate e certificate.Punto

Le riserve le calcolano gli ingegneri che non tengono conto del prezzo.Punto

Gli economisti e i bottegai dell'ufficio cambio, calcolano la redditivita' dell'investimento che e' un'altra cosa.
Punto e a capo

:drinky:

Ma che sta dicendo.... :facepalmi:

E lei avrebbe avuto pure la faccia tosta di dire che lei sarebbe un "consulente" nel settore? Animal... suvvia, pure le fregnacce dovrebbero avere un limite no?

Toh, guardi cosa le dice l' ENEL su cosa siano le riserve recuperabili (evidentemente l' ENI ci capisce meno di lei...):


Le riserve certe sono le quantità di idrocarburi che, attraverso l’analisi di dati geologici e di ingegneria, possono essere stimate economicamente producibili con ragionevole certezza in giacimenti noti, a partire da una certa data, secondo le condizioni economiche, i metodi operativi, e le norme governative esistenti, antecedenti le scadenze contrattuali, a meno che il rinnovo sia ragionevolmente certo, senza distinzione tra l’uso di metodi probabilistici o deterministici usati per la stima. Il progetto di sviluppo deve essere iniziato oppure l’operatore deve avere la ragionevole certezza che inizierà entro un tempo ragionevole.
Le condizioni economiche esistenti includono prezzi e costi usati per la determinazione della producibilità economica del giacimento. I prezzi sono determinati come media aritmetica semplice dei prezzi di chiusura rilevati il primo giorno di ciascuno dei 12 mesi dell’esercizio, salvo i casi in cui il loro calcolo derivi dall’applicazione di formule contrattuali in essere.




Riserve di petrolio e gas naturale - Eni S.p.A. Relazione Finanziaria Annuale 2013 (http://report.eni.com/annual-report-2013/it/relazione-e-bilancio-consolidato/bilancio-consolidato/informazioni-supplementari-sullattivita-oil-gas/riserve-di-petrolio-e-gas-naturale.html)

animal
04-09-14, 19:22
Intanto ocone confondi Enel con Eni, ma da te c'e' da aspettarsi di tutto.
le riserve che vengono messe a libro dalle aziende sono esclusivamente quelle che si possono produrre secondo un programma di sviluppo, che certamente tiene conto anche dello scenario prezzi, ma che in primis, a livello di riserve proven, probable e possible
SONO ESCLUSIVAMENTE SOGGETTE A LEGGI FISICHE E NATURALI!

Amati75
04-09-14, 19:26
Intanto ocone confondi Enel con Eni, ma da te c'e' da aspettarsi di tutto.
le riserve che vengono messe a libro dalle aziende sono esclusivamente quelle che si possono produrre secondo un programma di sviluppo, che certamente tiene conto anche dello scenario prezzi, ma che in primis, a livello di riserve proven, probable e possible
SONO ESCLUSIVAMENTE SOGGETTE A LEGGI FISICHE E NATURALI!


A parte che era ovviamente un erorre non voluto (ENEL & ENI), non come il suo che non sapeva enanche la diffrenza fra IEA & EIA... quindi eviti battutine che ne esce male...

Secondo... i prezzi cosi come le tecniche estrattive (tecnologie) SONO fattori FONDAMENTALI per appunto classifcare le riserve come come recuperabili o meno... poche palle su, "consulente".

animal
04-09-14, 19:34
piccolo galoppino, di questi errori di battitura ne fai troppi, cosa sei troppo preso nel contare le banconote da 1 USD nwel botteghino cambiavalute.
?????????

Io ammetto che su Eia e Iea ho fatto confusione anche perche' per noi EIA e' tutt'altra cosa ed e' legata all' impatto......e mi fermo qui per non dare troppe informazioni.

Ora ti voglio fare una domanda:
non so minimamente dove cazzo posi le tue natiche! Io le poso in CH e mi sento appena sicuro dall'evoluzione mondiale, ma tu ti senti cosi' protetto dallo scudo spaziale per dispensare ovunque e sempre il mondo dei forumisti con le tue perle di verita?

Amati, non sei neppure una bestia cattiva ma rompi il cazzo ed alla fine non porti apporti costruttivi.
Perche' manda re a puttana decine e decine di discussioni con i mantra da bignamino ( sai cosa e' vero?) senza apportare un minimo di base di discussione , informazione ed approfondimento.
In questi tre anni qui ho imparate molte cose, ma da te non ho imparato una minchia tanta....vorra' pure dire qualcosa?!?!?!?!
E non so perche' ti risponda......si devo metterti in ignore o lasciate TP.....

ne parlero' al primario....:glee:

Amati75
04-09-14, 19:38
piccolo galoppino, di questi errori di battitura ne fai troppi, cosa sei troppo preso nel contare le banconote da 1 USD nwel botteghino cambiavalute.
?????????

Io ammetto che su Eia e Iea ho fatto confusione anche perche' per noi EIA e' tutt'altra cosa ed e' legata all' impatto......e mi fermo qui per non dare troppe informazioni.

Ora ti voglio fare una domanda:
non so minimamente dove cazzo posi le tue natiche! Io le poso in CH e mi sento appena sicuro dall'evoluzione mondiale, ma tu ti senti cosi' protetto dallo scudo spaziale per dispensare ovunque e sempre il mondo dei forumisti con le tue perle di verita?

Amati, non sei neppure una bestia cattiva ma rompi il cazzo ed alla fine non porti apporti costruttivi.
Perche' manda re a puttana decine e decine di discussioni con i mantra da bignamino ( sai cosa e' vero?) senza apportare un minimo di base di discussione , informazione ed approfondimento.
In questi tre anni qui ho imparate molte cose, ma da te non ho imparato una minchia tanta....vorra' pure dire qualcosa?!?!?!?!
E non so perche' ti risponda......si devo metterti in ignore o lasciate TP.....

ne parlero' al primario....:glee:



Uno spreco incredbile di battiture sulla testiera... allora, ha capito cosa sono le riserve recuperabili... oh "consulente"...? Poche palle e poche balle su.

Per il mandare in vacca.. oh somarone. ho fatto interventi in tema al 3d (ed in tutta tranquillita') e' lei somarone che non ha fatto altro che sparare cacchiate e fare battutine, io le sto semplicemente rispondendo a tono, divertendomi a darle metaforiche bastonate in testa.

animal
04-09-14, 19:43
Le riserve recuperabili non convenzionali sono di molto inferiori a quelle convenzionali.Punto
Fra pochi anni, guerra nucleare permettendo, il gas shale collassera'.
Fra due anni internet sparira' e di Pupi Amati non si sapra' piu' nulla!

Amati75
04-09-14, 19:56
Le riserve recuperabili non convenzionali sono di molto inferiori a quelle convenzionali.Punto
Fra pochi anni, guerra nucleare permettendo, il gas shale collassera'.
Fra due anni internet sparira' e di Pupi Amati non si sapra' piu' nulla!


Bal bla bla.... ma spari meno vaccate su.. oh consulente inventato.

animal
04-09-14, 20:02
Pupi...non e' ora di andare a nanna e ricaricare il chips?????
Dimmi sinceramente...ma dove te lo hanno messo, visto che e' chiaro che non trombi piu'!
Pupi Amati sai bene che sarai il primo a fare una brutta fine?
Quelli che ti usano ora hanno gia' pronto il bottoncino per ........
http://bargiomba.altervista.org/wp-content/uploads/2012/04/Bottone-panico.jpg

Amati75
04-09-14, 20:05
Pupi...non e' ora di andare a nanna e ricaricare il chips?????
Dimmi sinceramente...ma dove te lo hanno messo, visto che e' chiaro che non trombi piu'!
Pupi Amati sai bene che sarai il primo a fare una brutta fine?
Quelli che ti usano ora hanno gia' pronto il bottoncino per ........
http://bargiomba.altervista.org/wp-content/uploads/2012/04/Bottone-panico.jpg


Ok Animal ne ha prese troppe oggi ed e' andato in tilt. :D

animal
04-09-14, 20:08
Pupi........Pupi........tanto fra un po' ti mettono giu' abbasso in fondoscala!!!!!!
perche' non fai almeno finta di essere un po' furbo come fa il tuo clone Paulover....

.o ti hanno programmato per essere il fratello scemo!:D

Amati75
04-09-14, 20:09
Pupi........Pupi........tanto fra un po' ti mettono giu' abbasso in fondoscala!!!!!!
perche' non fai almeno finta di essere un po' furbo come fa il tuo clone Paulover....

.o ti hanno programmato per essere il fratello scemo!:D

Allora, ha cpito la diffrenza fra EIA & IEA?

Ha capito cose sono le risorse recuperabili?

Insomma..anche oggi le ho insegnato qualcosa...

ora da bravo... a cuccia. :teach:

animal
08-09-14, 06:43
Grazie Obamba!!!

La Cina decuplica l'import di idrocarburi dalla Russia

http://temi.repubblica.it/UserFiles/limes/Image/altro3/RU-CINA_gas%20per%20il%20dragone_big.jpg

animal
08-09-14, 06:52
Addio gas shale a breve! che rimarranno un fernomeno circoscritto nella sola U$A , ancora per poco, prima dell'esplosione delle ennesima bolla di quel $porco pae$e





http://temi.repubblica.it/UserFiles/limes/Image/Carte/806_C3_risorse_usa_500.jpg
clicca sulla carta per ingrandirla]

In agosto, il prezzo del greggio è diminuito sulla scia del mese di luglio mentre il dollaro si è apprezzato sull’euro (da 1.3395€/$ a 1.3188€/$). Il costo del Brent è passato dai 105.33$/b (01.08) ai 103.04$/b (31.08); il Wti è calato da 96.72$/b a 95.86$/b.



A dispetto dell’avvio dei raid statunitensi sull’Iraq, tale diminuzione è stata costante per entrambe le qualità durante le prime due decadi di agosto (trend inverso per l’oro che ritornava sopra quota 1318$/oncia), mentre la chiusura in leggero rialzo del riferimento Usa (Wti) è risultata lievemente più accentuata rispetto a quella del benchmark europeo (Brent).




Malgrado l’intensificarsi delle guerre in Iraq, Ucraina e Libia, il petrolio continua ad incorporare solo in minima parte il grave rischio geopolitico in corso: per quale motivo?




Certamente la solidità dell’offerta, ulteriormente rafforzata dal nuovo record raggiunto dalla produzione americana grazie allo shale oil (8.4 milioni di barili al giorno - b/d - a fronte di 7.5 milioni di b/d importati), e la revisione al ribasso dell’incremento della domanda - secondo l’International Energy Agency in aumento di 1 milione di b/d in conseguenza di una crescita più debole del pil globale - sono indicatori tendenzialmente ribassisti.




Detto ciò, è opportuno precisare che in base alle conclusioni fornite a luglio dal British Geological Survey, “l’Inghilterra non possiede significative quantità di gas da argille (shale gas) e solo limitate riserve di shale oil difficilmente sfruttabili” ( video (http://rt.com/shows/keiser-report/180868-episode-max-keiser-642/), minuto 5’:45’’).




I problemi riguarderebbero anche la futura sostenibilità economica del fracking Usa: il boom della produzione iniziale, il cui picco si stima verrà raggiunto nel biennio 2017/18 (video (http://rt.com/shows/keiser-report/180868-episode-max-keiser-642/), 11’:01’’), sarebbe figlio di enormi investimenti nel settore “nonostante i pozzi shale abbiano un costo doppio rispetto a quelli convenzionali” (video (http://rt.com/shows/keiser-report/180868-episode-max-keiser-642/), 9’:01’’). In aggiunta, secondo sicurezzaenergetica.it (08.08), “il governo cinese avrebbe rivisto al ribasso le stime di produzione di gas da argille al 2020. La produzione interna dovrebbe raggiungere i 30 miliardi di m³, invece dei 60 previsti; a marzo, si parlava addirittura di 100 miliardi di m³ ma sono evidentemente emerse delle difficoltà tecniche e si sta facendo largo la consapevolezza dell’eccezionalità del caso statunitense [.....]. Saggiamente, proseguono i preparativi per aumentare la capacità di importazione e la diversificazione delle fonti (convenzionali), dall’Asia centrale alla Russia, dalla Birmania al gnl”

animal
10-09-14, 06:47
Tra il dire ( di inondare l'europa di LNG ameriCano) ed il fare ( mantenere i prezzi di vendita competitivi con quelli russi) c'e' di mezzo il mare ( e' proprio il caso di dire)
Non sara' cosi' facile coronare il sogno di una nuova corsa verso l'Est da parte degli USA

http://www.ilcaffegeopolitico.org/wp-content/uploads/2014/03/Sito-di-perforazione-per-shale-gas-nella-Marcellus-Formation-in-Pennsylvania-USA-640x330.jpg

Sito di perforazione per shale gas nella Marcellus Formation, in Pennsylvania, USA
La carta del gas nella partita tra Russia e Stati Uniti


Con la rivoluzione dello shale gas gli Stati Uniti potrebbero diventare un Paese esportatore di energia e competere sul mercato europeo con la Russia. Quali sono i possibili scenari geopolitici ed economici?
IL GAS STATUNITENSE – L’uso intensivo della tecnica della fratturazione idraulica e della trivellazione orizzontale ha permesso lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas americani, rendendo disponibili immense quantità di gas naturale. Tutto ciò ha rivoluzionato il mercato energetico mondiale degli ultimi anni, poiché ha permesso agli Stati Uniti di diventare i maggiori produttori di gas naturale del 2013, come afferma la U.S. Energy Information Administration. Gli USA hanno intenzione quindi di trasformarsi da importatori a esportatori di energia. Lo dimostra il fatto che nel 2013 i capitali investiti nelle infrastrutture per petrolio e gas sono state del 60% in più rispetto al 2010. Ma la strada è ancora lunga, specie nella creazione di impianti che permettano la liquefazione e il trasporto del Liquid Natural Gas (LNG).
I BLOCCHI BUROCRATICI – Gli investimenti potrebbero addirittura aumentare, ma in questo momento sono rallentati dall’impossibilità per le compagnie statunitensi di entrare nei grandi mercati europei e asiatici. Difatti per calmierare i prezzi energetici interni vige il divieto di esportare idrocarburi verso i Paesi che non abbiano firmato un accordo di libero scambio (Fair Trade Agreement – FTA) con gli Stati Uniti. Negli ultimi tempi si osservano forti pressioni su Washington e sul dipartimento dell’Energia da parte delle lobby del gas e del petrolio affinché questi vincoli vengano tolti. Gli investimenti e i proventi delle compagnie private permetterebbero comunque la creazione di numerosi posti di lavoro e lo spostamento di grandi capitali esteri verso gli USA. La piazza più interessante è quella asiatico, specie giapponese (il maggior importatore di gas mondiale), nella quale le società americane potrebbero rivendere il gas, che sul mercato interno si assesta sui 6 dollari per un milione di British Thermal Unit (MMBtu), a circa 18 dollari per MMBtu.
LA SVOLTA EUROPEA – Il 9 marzo scorso la pressione su Washington è arrivata anche dall’Europa, nello specifico dal Visegrad 4 (http://www.ilcaffegeopolitico.org/16313/sogni-di-una-terza-europa)(V4), alleanza per la cooperazione tra Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. I quattro Paesi, membri dell’UE e della Nato, hanno richiesto agli Stati Uniti di ripensare la politica restrittiva sulle esportazioni di gas e si sono dichiarati più che disponibili alla costruzione di infrastrutture per accogliere il gas da oltre oceano. La motivazione della richiesta è semplice, e soprattutto tocca le corde giuste presso la Casa Bianca: diminuire la dipendenza da Mosca. Dal punto di vista energetico, difatti, gli Stati del V4 devono contare per ben oltre la metà del proprio fabbisogno sul gas russo (la Slovacchia è addirittura totalmente dipendente), che arriva tramite i gasdotti ucraini o attraverso la Bielorussia (nel solo caso della Polonia).
GLI ASPETTI GEOPOLITICI – La crisi ucraina (http://www.ilcaffegeopolitico.org/16125/dossier-ucraina-vs-russia) può essere quindi un potenziale trampolino di lancio per le esportazioni di LNG statunitense, grazie al risvolto geopolitico, tasto che le lobby stanno battendo con più decisione. Gli Stati Uniti infatti, entrando nel mercato europeo, potrebbero da una parte tutelare i propri alleati oltre oceano, diversificando il loro approvvigionamento energetico; dall’altra diminuire il monopolio russo e depotenziare l’arma diplomatica delle valvole dei gasdotti nelle mani di Putin. Non si dimentichi che come l’UE ha vitale bisogno degli idrocarburi di Mosca, la Russia ha estrema necessità di mantenere attivi gli accordi commerciali: il 50% delle esportazioni di gas russo viaggia infatti verso l’Europa, specie via Ucraina.
http://www.ilcaffegeopolitico.org/wp-content/uploads/2014/03/Nave-Metaniera-LNG-Carrier-300x199.jpg (http://www.ilcaffegeopolitico.org/wp-content/uploads/2014/03/Nave-Metaniera-LNG-Carrier.jpg)Nave attrezzata per il trasporto del LNG

GLI ASPETTI ECONOMICI – Sicuramente l’apertura di un nuovo mercato non potrebbe che giovare alle compagnie energetiche statunitensi, ansiose di poter esportare il recente surplus di idrocarburi. Ma per comprendere meglio come potrebbe reagire il mercato, proviamo ad analizzare i costi: il prezzo del gas sui mercati statunitensi è attualmente in rialzo e si assesta sui $6 per MMBtu (da tenere presente l’influsso del gelido inverno appena trascorso). Il gas prodotto in America andrebbe liquefatto sul posto, trasportato attraverso l’Atlantico per mezzo di navi metaniere e nuovamente rigassificato in Europa. Tutte queste operazioni necessitano di infrastrutture e hanno un costo che il World Energy Outlook quantifica in circa 5 dollari per MMBtu. Il prezzo attuale del gas sul mercato europeo è di circa 10 dollari per MMBtu ed è il prezzo al quale vende Gazprom. Di conseguenza difficilmente il prezzo proposto dagli statunitensi potrà essere competitivo. La Russia da questo punto di vista ha il coltello dalla parte del manico: il costo di produzione del proprio gas è di $1,5 per MMBtu, che aumenta di circa il doppio se si considera il passaggio, sempre in forma gassosa, attraverso le pipeline verso l’Europa. Tenendo conto di questi dati, Mosca sembra avere ancora un ampio margine di manovra, mentre le imprese USA per mantenersi competitive potrebbero avere scarsi margini di guadagno.
È UNA CARTA VINCENTE? – In un momento di tensione, come quello attuale tra Russia e Occidente, la carta energetica potrebbe essere un asso nelle mani statunitensi per diminuire il potere e l’influenza di Mosca sull’Ucraina e sull’Europa. Di certo, però, non è una carta che può essere giocata nella partita in corso. Infatti i vantaggi geopolitici di un’apertura dell’export di gas americano si potranno vedere solamente nel medio e nel lungo periodo. La necessità di costruire infrastrutture di liquefazione, stoccaggio, trasporto e rigassificazione dell’idrocarburo gassoso che permettano un flusso tale da competere quantitativamente con la Russia necessitano di soldi e di tempo: le più rosee previsioni si riferiscono al termine del 2015; quelle più veritiere ritengono che sia necessario aspettare almeno il 2020.

animal
21-11-14, 17:14
Fracking: intervista a Luca Pardi, Presidente di Aspo Italia - IL PRIMATO NAZIONALE | IL PRIMATO NAZIONALE (http://www.ilprimatonazionale.it/2014/10/01/fracking-intervista-a-luca-pardi-presidente-di-aspo-italia/)


con questo articolo possiamo siglillare con un bel vaso ermetico l'avventura del oil/gas shale.
Amen