ArturoTogliatti
14-10-14, 01:55
Zach Whals è un attivista eterosessuale per i diritti dei gay, figlio di due lesbiche, è stato concepito con la fecondazione in vitreo. Si è battuto contro la proposizione 8 in California che vietava le nozze gay, ed è stato chiamato alle audizioni in favore dei matrimoni gay nei parlamenti di diversi stati americani. Infatti in America invece di parlare di aria fritta alla Renzi, vengono ascoltate in audizioni le parti sociali, gli scienziati , anche voci contrarie. Tenne un discorso impetuoso e fece legalizzare i matrimonio per le sue mamme, perchè un bambino ha bisogno di amore e sogna quello che sognamo tutti e cioè che i nostri genitori siano felici assieme e la nostra famiglia sia tutelata dallo stato, indipendentemente da come sia composta. La lettera inviata a vanity fair potete leggerla qui e vedere le foto di famiglia http://www.vanityfair.it/news/societ%C3%A0/14/09/18/figlio-due-mamme-lettera-usa?utm_source=facebook&utm_medium=marketing&utm_campaign=vanityfair . Venne scritta per congratularsi della prima adozione lesbica in Italia da parte di un tribunale dei minori a Roma. la moglie di una donna, ha adottato la figlia biologica della compagna . Io la copio-
Cari italiani,
mi chiamo Zacharia Patrick Wahls. Ho 23 anni e, dopo essermi laureato in maggio alla University of Iowa, ho appena concluso uno stage estivo alla Casa Bianca. Forse mi avete visto, anni fa, in un video che su YouTube ha avuto milioni di visualizzazioni. In quel video, raccontavo la particolarità della mia situazione familiare. E cioè il fatto di essere stato cresciuto da due mamme, Jackie e Terry.
Entrambe sono originarie del Midwest americano. Terry è cresciuta nella piccola fattoria di famiglia nel Nord dello Iowa, dove ogni mattina si alzava all’alba per aiutare a mungere le mucche o a fare gli altri lavori. Jackie è stata allevata in una zona rurale del Wisconsin da genitori cattolici molto presenti: sua madre vive ancora nella casa dove Jackie ha passato l’infanzia.
Nei primi anni Novanta Terry ha concepito me e la mia sorellina Zebedia – tutti la chiamiamo Zebby – grazie all’inseminazione artificiale con il seme dello stesso uomo, il donatore Numero 1033, conservato in una criobanca a Fairfax, Virginia. E poi, nel 1996 le nostre due mamme hanno organizzato una cerimonia di scambio di promesse, perché all’epoca nessuno Stato americano riconosceva ancora il matrimonio omosessuale. Ma mia sorella e io non capivamo quale fosse la differenza, in parte perché proprio non la vedevamo.
Come ogni altra famiglia, abbiamo avuto momenti felici e momenti difficili. Da bambini, era sempre Terry il «capospedizione » delle nostre avventure, le pedalate, le passeggiate, lo sci. Poi, quando avevo otto anni, le venne diagnosticata una sclerosi multipla che per un lungo periodo la costrinse su una sedie a rotelle. Ricordo sere in cui rincasava dal lavoro – è un medico internista – senza neppure la forza di mangiare la cena. Ho imparato che la famiglia nasce dalla promessa che facciamo l’un l’altro: attraversare insieme i momenti difficili per godere insieme quelli felici. L’amore che ci unisce: è questo che fa una famiglia.
La nostra, per esempio, avrebbe potuto benissimo essere disintegrata dalla malattia di Terry, che invece ci ha uniti ancora di più. Ecco la forza dell’amore. E sono state le lezioni di amore e di forza delle mie due mamme che mi hanno permesso di raggiungere i risultati di questi ultimi anni. So che molti tra voi italiani – dopo la sentenza che ha permesso a una donna di adottare la figlia della sua compagna – hanno espresso preoccupazione all’idea che un bambino debba crescere senza una figura materna, o paterna.
Posso parlare solo di me stesso e della mia esperienza, ma mi sento di dire che qualsiasi ostacolo io abbia incontrato è sembrato ben piccola cosa di fronte all’amore e al sostegno della mia meravigliosa famiglia. Perché quello che conta, per un bambino, non è il genere o la razza o la classe sociale o l’orientamento sessuale dei suoi genitori: quello che conta è l’essere – o il non essere – amato. Etero o gay, non importa: se due genitori sono disposti a metterci il sudore e le lacrime che crescere un figlio comporta, quel figlio sarà un figlio felice.
È come il titolo di quel bel film. I ragazzi stanno bene.
Vostro,
Zach
Cari italiani,
mi chiamo Zacharia Patrick Wahls. Ho 23 anni e, dopo essermi laureato in maggio alla University of Iowa, ho appena concluso uno stage estivo alla Casa Bianca. Forse mi avete visto, anni fa, in un video che su YouTube ha avuto milioni di visualizzazioni. In quel video, raccontavo la particolarità della mia situazione familiare. E cioè il fatto di essere stato cresciuto da due mamme, Jackie e Terry.
Entrambe sono originarie del Midwest americano. Terry è cresciuta nella piccola fattoria di famiglia nel Nord dello Iowa, dove ogni mattina si alzava all’alba per aiutare a mungere le mucche o a fare gli altri lavori. Jackie è stata allevata in una zona rurale del Wisconsin da genitori cattolici molto presenti: sua madre vive ancora nella casa dove Jackie ha passato l’infanzia.
Nei primi anni Novanta Terry ha concepito me e la mia sorellina Zebedia – tutti la chiamiamo Zebby – grazie all’inseminazione artificiale con il seme dello stesso uomo, il donatore Numero 1033, conservato in una criobanca a Fairfax, Virginia. E poi, nel 1996 le nostre due mamme hanno organizzato una cerimonia di scambio di promesse, perché all’epoca nessuno Stato americano riconosceva ancora il matrimonio omosessuale. Ma mia sorella e io non capivamo quale fosse la differenza, in parte perché proprio non la vedevamo.
Come ogni altra famiglia, abbiamo avuto momenti felici e momenti difficili. Da bambini, era sempre Terry il «capospedizione » delle nostre avventure, le pedalate, le passeggiate, lo sci. Poi, quando avevo otto anni, le venne diagnosticata una sclerosi multipla che per un lungo periodo la costrinse su una sedie a rotelle. Ricordo sere in cui rincasava dal lavoro – è un medico internista – senza neppure la forza di mangiare la cena. Ho imparato che la famiglia nasce dalla promessa che facciamo l’un l’altro: attraversare insieme i momenti difficili per godere insieme quelli felici. L’amore che ci unisce: è questo che fa una famiglia.
La nostra, per esempio, avrebbe potuto benissimo essere disintegrata dalla malattia di Terry, che invece ci ha uniti ancora di più. Ecco la forza dell’amore. E sono state le lezioni di amore e di forza delle mie due mamme che mi hanno permesso di raggiungere i risultati di questi ultimi anni. So che molti tra voi italiani – dopo la sentenza che ha permesso a una donna di adottare la figlia della sua compagna – hanno espresso preoccupazione all’idea che un bambino debba crescere senza una figura materna, o paterna.
Posso parlare solo di me stesso e della mia esperienza, ma mi sento di dire che qualsiasi ostacolo io abbia incontrato è sembrato ben piccola cosa di fronte all’amore e al sostegno della mia meravigliosa famiglia. Perché quello che conta, per un bambino, non è il genere o la razza o la classe sociale o l’orientamento sessuale dei suoi genitori: quello che conta è l’essere – o il non essere – amato. Etero o gay, non importa: se due genitori sono disposti a metterci il sudore e le lacrime che crescere un figlio comporta, quel figlio sarà un figlio felice.
È come il titolo di quel bel film. I ragazzi stanno bene.
Vostro,
Zach