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Visualizza Versione Completa : Moti geopolitici dietro le quinte del massacro sionista



Murru
07-06-10, 23:25
di Marco Zoboli
Il massacro sionista si è compiuto. Nelle acque internazionali Israele ha scritto col sangue una lettera minatoria indirizzata a tutti i paesi della comunità internazionale. Si è posto al di sopra del diritto, delle regole e ha pagato il mondo del pacifismo e della associazioni di solidarietà con la stessa moneta che da anni utilizza per il popolo palestinese e le sue avanguardie: il piombo fuso.
L’atto compiuto crea una frattura senza precedenti con molti paesi che in questi anni hanno faticosamente scalato montagne di specchi per mantenere un’equidistanza tra Israele e Palestina, questo non poteva non essere stato messo in conto e rende ancor più inquietante la mattanza consumata.

Israele ha volutamente violato le regole internazionali, nell’ammazzare civili disarmati ha preso d’assalto una nave turca violandone la sovranità, da questo dato ritengo occorra partire per cercare di capire cosa stia accadendo in Medio Oriente e negli equilibri geopolitici dell’area.


In questi anni la Turchia ha giocato su molteplici piani. Mantenendo inalterata la sua politica nazionalkemalista ha cercato di far emergere il proprio ruolo di potenza regionale lasciando aperta l’opzione europea, stringendo alleanze militari ed economiche con Israele e smarcandosi dall’accerchiamento mediatico con l’Iran con cui condivide interessi economici e geopolitici.
All’interno della Turchia in questi anni si è consumato uno scontro accerrimo tra l’elite militare e il governo di nuovo corso dell’AKP, l’apice dello scontro lo si è raggiunto nel tentativo di mettere fuori legge il partito di governo e nell’ordire un golpe utilizzando la Gladio turca; il golpe è sfumato con l’arresto di 70 alti militari che ha sancito nei fatti un nuovo equilibrio nella casta militarista in virtù delle veloci metamorfosi negli equilibri internazionali.
Già all’epoca della guerra all’Irak la Turchia si rifiutò di partecipare al conflitto negando anche il supporto logistico e l’utilizzo di basi aeree (Incirillik), ben sapendo che nei piani dell’imperialismo statunitense era data la spartizione del paese in tre macroaree di cui quella più a nord sotto amministrazione autonoma curda, rappresentava una minaccia per la propria integrità territoriale; non a caso nel periodo di maggior scontro interno i militari scatenarono operazioni militari oltre i confini irakeni per stanare le basi dei partigiani curdi del PKK. Operazioni uscite sconfitte dalla tenace resistenza curda e che aprì contraddizioni insanabili in seno all’elite militare. Va ricordato che le operazioni si avvalsero della partecipazione attiva dell’aviazione militare israeliana che compì missioni d’intelligence. Fu un fidanzamento quello tra Tel Aviv e Ankara che durò pochi mesi, giusto il tempo della ridefinizione delle alleanze nell’area.


L’anno scorso la Turchia man mano che stringeva i rapporti con Mosca vincolandosi e assumendo un ruolo cardine nella guerra del gas nel progetto South Stream si allontanava sempre di più dall’alleato sionista. Mosca sta svolgendo un ruolo diplomatico di primo piano nella riappacificazione dell’area caucasica, e le tensioni storiche tra Armenia, Azerbajan e Turchia andavano sciolte in nome di una nuova stabilità ed equilibri strategici per l’egemonia di giacimenti e gasdotti delle risorse energetiche.


Nell’evoluzione di questi mesi il panorama geopolitico sta quindi mutando velocemente, la Turchia si presenta sempre più come potenza regionale che guarda a est e verso il Medio Oriente, riassumendo quella collocazione storica che aveva perso dalla morte dell’Impero Ottomano, questo è anche dovuto al decadentismo europeo sempre più evidente dal suo immobilismo nell’iniziativa politica e nell’incapacità di smarcarsi da un’alleato atlantico sempre più nemico in termini di contraddizioni intercapitaliste (vedi scontro euro-dollaro).


Pochi giorni or sono è stato siglato un accordo tra Turchia, Brasile e Iran che mette in assoluta difficoltà la politica estera d’isolamento che Washington e Tel Aviv esercitavano verso Teheran. L’accordo sull’arricchimento dell’uranio per uso civile che ad agosto di quest’anno verrà utilizzato nella centrale nucleare di Bushehr costruita con tecnologia russa, isola e scredita la posizione d’intransigenza richiesta dai falchi sionisti e neocons. Israele si è sentita tradita. L’assalto alla nave turca in missione di pace a Gaza rientra in una vendetta trasversale. Una rappresaglia in perfetto stile nazifascista le cui conseguenze saranno visibili a medio e lungo termine. La diplomazia russa sta lavorando per assemblare l’asse Ankara – Damasco – Teheran, è su questo blocco di paesi che sia Mosca che Pechino contano per la stabilità del Medio Oriente. E’ la Siria infatti il paese ospitante della prima base navale russa dalla sconfitta dell’Urss a oggi (eccezion fatta per reminescenze in paesi ex Urss come Ucraina). E l’atteggiamento israeliano sta semplificando l’opera.


L’egemonia dell’area sta passando di mano, gli attuali movimenti regionali saranno anche importanti nel ridefinire il nuovo ordine mondiale che sta nascendo sulle ceneri dell’imperialismo statunitense e del capitalismo per come lo abbiamo conosciuto. I paesi Bric (Brasile Russia Cina India) stanno crescendo ed è nelle cose che nel controllare l’implosione dell’imperialismo statunitense cerchino di ridisegnare un nuovo ordine economico partendo dalle potenze regionali di riferimento, è in quel ruolo che Erdogan vorrebbe condurre il proprio paese.


Il massacro compiutro da Israele deve essere inquadrato quindi in un disperato tentativo di terrorizzare la comunità internazionale e ex alleati, un messaggio forte e chiaro di essere disposti a tutto pur di conservare il proprio ruolo. Ma come Marzabotto insegna non è che l’inizio della sua fine.


06-06-10MotiGeopolitici (http://www.contropiano.org/Documenti/2010/Giugno10/06-06-10MotiGeopolitici.htm)