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MaIn
27-12-14, 18:48
Socialdemocrazia, ripartiamo dalle cooperative | Avanti! (http://www.avantionline.it/2014/12/socialdemocrazia-ripartiamo-dalle-cooperative/)

Socialdemocrazia,
ripartiamo dalle cooperative Pubblicato il 27-12-2014



Socialismo democratico, l’agognata “Terza Via”I cittadini dei Paesi occidentali sono persuasi di vivere e lavorare nella miglior forma di sistema politico: le democrazie rappresentativa. Esse sono sopravvissute allo sfacelo della Guerra Fredda e sono il risultato della vittoria ideologica statunitense. Il modello sovietico si è dimostrato inadeguato nel dare risposte concrete sul piano sociale, politico ed economico. Noi occidentali siamo convinti di essere inseriti nella miglior forma di società possibile. In realtà, quanti di noi si sentono effettivamente liberi, eguali e soddisfatti?Noam Chomsky, uno dei massimi linguisti e filosofi della nostra epoca, ha distinto quattro posizioni teoriche: liberalismo classico, capitalismo di stato, socialismo di stato e socialismo libertario. Il socialismo libertario è per Chomsky la migliore forma che uno Stato possa assumere. Infatti in questa configurazione di Stato i cittadini-lavoratori perseguono l’obiettivo della liberazione dallo sfruttamento. Essa si otterrà solamente quando gli stessi lavoratori prenderanno possesso della produzione grazie a una qualche forma di “consigli operai”. Perciò il potere politico non è detenuto solo da un’élite, la quale è vero che è democraticamente eletta, ma non è del tutto la reale espressione della volontà dei cittadini-lavoratori. È necessario, dunque, frammentare e delegare il potere politico in tanti piccoli sub-poteri esercitati dai “consigli dei lavoratori”, cioè coloro che producono una ricchezza. Si può già delineare quindi un legame tra politica ed economia, dove la seconda è controllata dalla prima. In questo modo il potere dei delegati emanerà da quelli che svolgono il lavoro e hanno dimestichezza con i bisogni comunitari. Con il socialismo libertario si instaurerà un vero e proprio “governo degli uomini e della produzione”, il quale comporterà libertà economica per tutti e quindi una vera democrazia.Gli esempi più lampanti in cui gli uomini hanno dato vita a forme autonome, in cui coesistevano potere politico ed economico, sono: la Comune di Parigi del 1871, il sistema dei Soviet (non la loro degenerazione) e i Consigli di fabbrica ungheresi nel 1956. Inoltre dalla seconda metà dell’Ottocento in Europa, e dall’inizio del XX secolo in Italia, sono comparse quelle che erano chiamate Società di Mutuo Soccorso. Noi le conosciamo principalmente come “cooperative”. Il sistema cooperativo di oggi in Italia è completamente diverso da quello di un secolo fa. Nel 2014 le cooperative assumono personale e lavoratori con contratti di tipo dipendente, mentre nella loro forma più pura esse sono formate da soci-lavoratori con potere decisionale e di indirizzo strategico-manageriale. Inoltre i profitti dovevano essere divisi equamente secondo due principi: la quantità di lavoro psicofisico messo a disposizione della cooperativa e l’ammontare del capitale con cui si è entrati in questo tipo di realtà economica. Una bellissima e affascinante tesi di laurea, recentemente ristampata, sul movimento cooperativo è stata scritta da Sandro Pertini nel 1924, nella quale si pongono prospettive interessanti sulle cooperative e sul loro ruolo emancipatorio. (Sandro Pertini, La cooperazione, Ames, 2012)Gli spazi politici di ciascun individuo sono venuti ancor meno all’esplodere dell’era della globalizzazione. La deregulation della circolazione dei capitali e il boom dell’elettronica, oltre al crollo del comunismo, sono i tre eventi scatenanti di questa mondializzazione del capitale. La deregolamentazione dei mercati internazionali del denaro, con radici negli anni Settanta, ha inizio col passaggio dal fordismo al toyotismo. La produzione di beni materiali si è progressivamente spostata nelle aree del Terzo Mondo, deterritorializzando imprese e multinazionali, sfruttando il lavoro minorile e la manodopera a basso costo. La finanziarizzazione dell’economia, poi, ha travalicato lo spazio dei confini degli Stati nazionali dando vita a una geo-economia, che vede lo Stato costituire soltanto una variabile del processo economico. La nuova economia, o new economy come la definisce Jeremy Rifkin, non è indifferente allo spazio in generale, ma solo allo spazio moderno della politica.La finanziarizzazione dei mercati e le famigerate agenzie di rating creano disuguaglianze, povertà e ricchezza sfrenata, immigrazione, tecnologie innovative e soprattutto una forma di dominio e dipendenza mai creata prima dal Dio Denaro. La risposta della politica, o meglio, degli Stati nazionali è stata pressoché passiva. Il compito dei governi si limita ad assecondare decisioni prese da gruppi finanziari, tentando di deregolamentare e liberalizzare al massimo le proprie economie, perdendo di conseguenza il contatto con i veri protagonisti della produzione: i cittadini. Pare che la vittoria della società e del mercato sullo Stato sia innegabile. Il cittadino non è più visto come un cittadino, ma come un consumatore a prescindere dallo Stato, nazione e società. Perciò, come riappropriarsi di una vera e propria, nonché sana, sovranità?Sono tre i presupposti principali di una rinascita in senso democratico e socialista: 1) un’energica azione per combattere l’eccesso di disuguaglianze economiche che minano la coesione sociale e pongono gli emarginati in una posizione di non-cittadini; 2) la sottrazione ai potentati della finanza e dell’industria di un dominio sui mass-media che vanifica una libertà di opinione pubblica informata in maniera veritiera e pluralistica; 3) la capacità delle autorità politiche dei singoli Stati e degli organismi internazionali di porre sotto controllo le oligarchie economiche, strappandogli di fatto il perseguimento di interessi particolari. John Rawls ha parlato delle democrazie liberali esistenti come imperfette e lontane da quello che richiederebbe la “giustizia democratica”: partecipazione diretta alla vita socio-economica e potenziamento costante dei diritti individuali (sanità, istruzione e lavoro).È necessario riappropriarsi di una sovranità territoriale, politica ed economica, ma soprattutto di uno Stato che governi l’economia. Il potere di regolare e controllare non può essere però una forma dittatoriale e coercitiva. I cittadini devono uscire dalla loro passività e acquiescenza. Per questo uno Stato socialista e democratico deve poter attuare politiche volte a ridistribuire potere politico e ricchezza. Infatti l’attributo primo della democrazia è di consentire ai governati di esercitare il potere ultimo sui governanti. Ecco perché è importante e quanto mai urgente, rielaborare, nel caso italiano, la forma statuale delle cooperative.Alla riappropriazione del potere politico deve seguire una riappropriazione di tipo economico-produttivo del singolo cittadino, dunque da punto di vista della politica economica. La “programmazione economica” è stata demonizzata alla luce della disfatta del comunismo. Nel 1947 fu proposto il piano quadriennale Tremelloni per rilanciare l’Italia distrutta dal secondo conflitto mondiale. La logica della Guerra Fredda fece sì che la politica economica imboccata fosse neo-liberistica, attraverso i provvedimenti di Einaudi e la liberalizzazione degli scambi. Il risultato fu il “miracolo economico”. In un momento di intensa stagnazione economica, come quella attuale, un’imponente pianificazione di lavori pubblici, di utilizzo della manodopera, ispirata a concezioni keynesiane, porterebbe nuovo slancio al nostro Paese. Un nuovo corso italiano sorretto da una teoria post-keynesiana. Il Socialismo democratico non è fantascienza, ma una volontà di difficile realizzazione.Manuele Franzoso

MaIn
27-12-14, 19:39
il moderatore può trasferire questo post nella sotto sezione "internazionale progressista" ? thanks :)