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MaIn
23-01-15, 20:36
Viene dall?America il vento dell?uguaglianza | Il Garantista (http://ilgarantista.it/2015/01/21/viene-dallamerica-il-vento-delluguaglianza/)

Viene dall’America il vento dell’uguaglianzaPosted on 21 gennaio 2015 (http://ilgarantista.it/2015/01/21/viene-dallamerica-il-vento-delluguaglianza/) by Fausto Bertinotti (http://ilgarantista.it/author/fausto-bertinotti/) in Polemiche (http://ilgarantista.it/categoria/polemiche/) with 0 Comments (http://ilgarantista.it/2015/01/21/viene-dallamerica-il-vento-delluguaglianza/#respond)http://ilgarantista.it/wp-content/uploads/2015/01/a.-Obama.jpghttp://cache.addthis.com/cachefly/static/btn/v2/lg-share-en.gif (http://addthis.com/bookmark.php?v=300)
ll presidente degli Stati Uniti d’America annuncia un’operazione di politica fiscale per realizzare una redistribuzione del reddito. Si tratta di misure di prelievo fiscale sulle grandi ricchezze, guadagni di capitale e grandi successioni. Il ricavato – un ammontare previsto di 320 miliardi di dollari in dieci anni – dovrebbe essere utilizzato per finanziare agevolazioni fiscali per gli strati più poveri della popolazione e soprattutto per la classe media. Essi dovrebbero essere indirizzati verso la tutela dei bambini – asili nido –, l’istruzione e la rivalutazione dei lavori.
Si tratta di provvedimenti cautamente redistributivi. Ma questa scelta realizzata in Occidente e in questo nostro tempo, un tempo nel quale l’Europa è asfissiata dalle politiche di austerità, un’Europa in cui i governi continuano a perseguire – malgrado il drammatico approfondirsi della crisi sociale – il diffondersi della povertà e dell’incertezza, costituisce una svolta importante. Negli Stati Uniti d’America la destra repubblicana si appresta a contrastare questa politica con ogni mezzo. E’ facile prevedere che i governi europei non ne saranno folgorati.
Nelle settimane scorse le correnti più liberal e popolari dei democratici si erano attivate – nel partito e nella società americana – per chiedere al presidente degli Stati Uniti di correggere la sua linea fin lì troppo prudente e troppo poco impegnata a combattere le disuguaglianze. Obama si sintonizza con la sensibilità democratica e lancia un sasso nello stagno. Ancora una volta – è accaduto spesso negli ultimi tempi – alla morte della politica in Europa corrisponde una vitalità della politica negli Stati Uniti d’America. Del resto, morte e vita della politica in tutto il mondo si misurano oggi proprio sul tema della disuguaglianza.
Ciò che è accaduto con la crescita esponenziale delle disuguaglianze, infatti, sta mettendo in discussione il rapporto tra le popolazioni e la politica, demolendo la democrazia. Persino le drammatiche e spaventose vicende che hanno scosso le nostre civiltà e che hanno mosso un sussulto di partecipazione popolare emozionante e un carico inedito di speranza non potranno essere contrastate a fondo, se non si sceglie di affrontare la grande questione della giustizia sociale. Senza questa non c’è salvezza. Non solo per gli ultimi, non solo per i ceti popolari, ma per un’intera civiltà. La crescente disuguaglianza spezza ogni possibile comunione tra diversi, apre voragini in cui può precipitare la vita di tante persone. Suscita indignazione, collera e rabbia sociale. Una politica che come, le tre scimmiette, non vede non sente e non parla è peggio di una cattiva politica. E’ una morta che corrompe l’intera società.
La scelta di Obama va letta come il segno di un ravvedimento. Va vista come una prova di saggezza e di vitalità. Dice chiaramente e semplicemente che si può fare qualcosa. Per coloro che, sulla base della lezione del movimento operaio, credono che la sinistra consista in primo luogo nella scelta dell’uguaglianza, come diceva Norberto Bobbio, c’è anche la necessità di capire perché questo segno così promettente venga in Occidente non dall’Europa, dove questa sinistra è nata, ma dagli Stati Uniti d’America. Era sembrato che la dialettica tra Democratici e Repubblicani fosse assai poca cosa rispetto a quella tra Gauche e Droite dell’Europa culla del movimento operaio. Dev’essere stata davvero ben grande la devastazione in essa intervenuta, la mutazione genetica da essa subita, per non aver avuto neppure questo scatto, che altrove invece dimostra come nella democrazia statunitense il conflitto sociale e politico sia in grado di influenzare il luogo della decisione politica.
Diversamente da quelli europei, il governo americano mostra di essere permeabile alle dinamiche sociali e di opinione del paese reale. Ieri un importante rapporto dell’Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief) rilevava dei dati sulle grandi disuguaglianze che avrebbero dovuto scuotere tutte le società politiche del mondo. Nel 2016 – si legge in questa ricerca – l’1 per cento più ricco avrà più ricchezze del restante 99 per cento. Lo slogan di Occupy Wall Street, “Noi 99 per cento, voi 1 per cento”, sembrava un’invettiva, ed è diventato invece un dato statistico. E’ una notizia che dovrebbe muovere una indignazione incontenibile. In questa disuguaglianza, sono precipitati nei nostri paesi anche tante parte dei ceti medi.
Dall’avvio della grande recessione del 2007, i redditi di lavoro sono continuamente peggiorati. Questa è la realtà. Ma si reagisce in modi differenti. Il presidente degli Stati Uniti d’America, invece di nascondersi dietro la prima piccola inversione di tendenza registratasi nei salari americani, decide di guardare in faccia la realtà e di schierare la politica a correzione dell’iniqua insopportabile tendenza all’accrescimento della disuguaglianza.
È un buon segno. Ma da queste nostri parti non bisognerebbe limitarsi ad applaudire. Bisognerebbe chiedersi noi cosa facciamo. Ieri l’Europa faceva la politica dell’austerità e gli Stati Uniti d’America una politica espansiva. Noi siamo a crescita zero, loro hanno realizzato una crescita del 5 per cento. Oggi siamo dentro la stessa devastante disuguaglianza. Obama prova a correggerla. I governanti europei si rovellano sulla flessibilità. Ieri era già manifesta per noi l’urgenza di una svolta. Oggi non soltanto alcuni paesi del Sudamerica, ma gli Stati Uniti d’America ci dicono che è possibile. Cosa dobbiamo aspettare ancora?
Intanto altri dati statistici ci hanno rivelato che mentre i salari e gli stipendi italiani fanno la fine che sappiamo, i profitti delle grandi aziende hanno fatto un balzo in avanti. Ancora, cosa dobbiamo aspettare per avviare una politica contro le disuguaglianze? Intanto da Obama viene un incoraggiamento. E nella imminenza delle elezioni greche, per Syriza si avverte uno spazio in più.

amaryllide
24-01-15, 15:36
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Viene dall’America il vento dell’uguaglianza

Posted on 21 gennaio 2015 (http://ilgarantista.it/2015/01/21/viene-dallamerica-il-vento-delluguaglianza/) by Fausto Bertinotti (http://ilgarantista.it/author/fausto-bertinotti/)

ma perchè mi vuoi far bestemmiare ad ogni costo? :D