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Visualizza Versione Completa : Riccardo Lombardi



LupoSciolto°
02-05-15, 16:28
Cos'è rimasto, oggi, delle sue idee e del suo insegnamento?

Cosa ne pensate del "riformismo rivoluzionario"?

MaIn
04-05-15, 22:50
di lombardi? non saprei. non mi ricordo bene il suo insegnamento.


in quanto al riformismo, esso è rivoluzionario o non è.
nel senso che il riformismo è un continuo pressing per le riforme (quelle vere, non quelle reazionarie) e quindi a piccoli passi "senza fretta, senza sosta" esso adatta le istituzioni alle nuove istanze.
dopo un tot di anni, esso ha trasformato le istituzioni anche più di quanto possa fare un unico evento rivoluzionario.

LupoSciolto°
08-05-15, 20:19
Riccardo Lombardi, l’ultimo riformista—  Gianpasquale Santomassimo, 13.1.2015


Riccardo Lombardi. Il protagonista di una stagione politica che cercò di trasformare la realtà sociale nazionale, garantendo l’autonomia del socialismo dall’abbraccio dei «cugini del Pci». Un percorso di lettura a partire da un volume di Tommaso Nencioni


http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-content/uploads/2015/01/12/leger.jpg (http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-content/uploads/2015/01/12/leger.jpg)Fernand Léger, Men in the City, 1919, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia



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Non si può dire che la figura di Ric*cardo Lom*bardi sia dimen*ti*cata, ma ormai quando viene citato nel discorso pub*blico è quasi sem*pre per ricor*dare l’opposizione a Craxi e ai suoi metodi negli ultimi anni della sua vita (si spense nel 1984). Fu lui a pro*nun*ciare, e in sede uffi*ciale, l’amara bat*tuta sui socia*li*sti in galera ormai più nume*rosi che durante il fasci*smo. In que*sto modo però fini*sce per ridursi a un’altra icona della «que*stione morale», con*di*vi*dendo la sorte di Enrico Ber*lin*guer, scom*parso pochi mesi prima di lui. Si sacri*fica lar*ga*mente lo spes*sore poli*tico della sua azione, che invece merita ampia*mente un approfondimento.
A que*sta dimen*sione, inte*ra*mente poli*tica, con*duce invece lo stu*dio accu*rato di Tom*maso Nen*cioni (Ric*cardo Lom*bardi nel socia*li*smo ita*liano 1947–1963, pre*fa*zione di Valdo Spini, Edi*zioni Scien*ti*fi*che Ita*liane, pp. XVIII-265, euro 30), che pur limi*tato nell’arco tem*po*rale rie*sce a far com*pren*dere bene la figura di quello che potremmo defi*nire l’ultimo rifor*mi*sta nella sto*ria ita*liana, prima che il ter*mine «cam*biasse verso» (e già a par*tire dal lungo autunno cra*xiano) e pas*sasse a desi*gnare mode*ra*ti*smo, se non vera e pro*pria restau*ra*zione sociale, come accade ai «rifor*mi*sti» di oggi.
Lom*bardi era stato l’ultimo segre*ta*rio del Par*tito d’Azione, e dopo le disfatte elet*to*rali di quel par*tito aveva con*tri*buito nell’ottobre del 1947 a far con*fluire nel socia*li*smo ita*liano una parte signi*fi*ca*tiva dei suoi ade*renti. Ma il suo per*corso per*so*nale era stato più ricco e più vario di altri, dalla gio*va*nile mili*tanza nell’ala più estrema del Par*tito Popo*lare, gui*data da Miglioli, alla col*la*bo*ra*zione esterna con il Par*tito Comu*ni*sta d’Italia negli anni della clan*de*sti*nità. Sono ele*menti che con*tri*bui*ranno a far*gli supe*rare l’astrattezza e la sepa*ra*tezza nei con*fronti della poli*tica ita*liana a volte riscon*tra*bile nell’azionismo (sulla sua for*ma*zione si veda ora Luca Bufa*rale,La gio*vi*nezza poli*tica di Ric*cardo Lom*bardi (1919–1949), Viella, pp. 416, euro 29).
Una visione autonomista
Entrato nel par*tito socia*li*sta a scis*sione social*de*mo*cra*tica ampia*mente con*su*mata, venne iden*ti*fi*cato a lungo come espo*nente della sua «destra» auto*no*mi*sta, per poi con*clu*dere la sua espe*rienza, nei due decenni che segui*ranno alla scis*sione del Psiup, come inter*prete più auten*tico e rico*no*sci*bile della «sini*stra» socia*li*sta. Gli ele*menti che carat*te*riz*ze*ranno la sua poli*tica nel corso del tempo, riguar*dati a distanza, appa*iono attra*ver*sati da una note*vole coe*renza di fondo.
In primo luogo, va notato che Lom*bardi fu tra i pochi socia*li*sti ad avere una visione auto*noma e ori*gi*nale della poli*tica inter*na*zio*nale. Si segnalò subito non mostrando alcuna indul*genza verso le vel*leità di con*ser*vare uno sta*tus semi*co*lo*niale per l’Italia, dif*fuse anche a sini*stra e tra gli stessi socia*li*sti. Nella cri*tica al colo*nia*li*smo ita*liano c’era anche la com*pren*sione del grande feno*meno pla*ne*ta*rio che nel mondo colo*niale si stava aprendo e che avrebbe segnato di sé tutto il decen*nio successivo.
Fu tra i pochi a soste*nere una posi*zione aper*ta*mente neu*tra*li*sta nello scon*tro tra i bloc*chi che si stava pro*fi*lando, posi*zione – va rile*vato — non paci*fica in seno al socia*li*smo ita*liano, che nella sua mag*gio*ranza non si faceva man*care nulla quanto ad alli*nea*mento con l’Unione sovie*tica, in forma con*cor*ren*ziale rispetto ai «cugini» del Pci. Di qui accuse di «titoi*smo» per Lom*bardi e un clima di sospetto nei suoi con*fronti, che indusse per com*pen*sa*zione il suo par*tito ad attri*buir*gli un ruolo di rap*pre*sen*tanza nell’organizzazione inter*na*zio*nale dei «Par*ti*giani per la pace», molto vicina nei fatti all’Urss, dove Lom*bardi portò la sua oppo*si*zione alla Nato stret*ta*mente con*nessa alla con*sa*pe*vo*lezza di quello che sarebbe stato defi*nito «Terzo Mondo», frutto deci*sivo che emer*geva dalla rivo*lu*zione anticoloniale.
Lo stato programmatore
http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-content/uploads/2015/01/12/commemorazionelongo-256x187.jpg (http://ilmanifesto.info/wordpress/wp-content/uploads/2015/01/12/commemorazionelongo-256x187.jpg)
Tie*pi*dis*simo a lungo nei con*fronti dell’europeismo, con cri*ti*che anche molto aspre nei con*fronti del suo ex-compagno di par*tito Altiero Spi*nelli e delle sue uto*pie letali su una «sedi*cente Europa» di osser*vanza atlan*tica, modi*ficò il suo atteg*gia*mento dopo il ’56 e fu il pro*ta*go*ni*sta dell’avvicinamento dei socia*li*sti all’Europa del Mec. In ter*mini che oggi è par*ti*co*lar*mente sug*ge*stivo richia*mare: l’impegno dell’Italia nell’adesione alla nuova strut*tura doveva essere col*le*gato alla rea*liz*za*zione di un moderno sistema di Wel*fare e allo svi*luppo di una eco*no*mia mista con forte inter*vento dello Stato, da rilan*ciare anche sul ter*reno della crea*zione attra*verso con*qui*ste sala*riali di un mer*cato interno che garan*tisse una prima espan*sione dei con*sumi. Come si vede, erano «com*piti a casa» esat*ta*mente oppo*sti rispetto a quelli inti*mati nell’ultimo tren*ten*nio dai buro*crati di Maastricht.Fu a lungo uno degli espo*nenti prin*ci*pali della cor*rente «auto*no*mi*sta» all’interno del Psi, che si definì come mag*gio*ranza dopo il ’56 e con la con*fluenza di Nenni. Le carat*te*ri*sti*che spe*ci*fi*che della sua visione dell’autonomia sono però par*ti*co*lari e non ricon*du*ci*bili a quelle dell’intera cor*rente. L’autonomia, come è noto, si defi*ni*tiva tale in rap*porto con il par*tito comu*ni*sta: al riguardo, Lom*bardi si definì sem*pre a-comunista, ma mai anti*co*mu*ni*sta. Con*tra*rio al momento del suo ingresso nel par*tito al Fronte popo*lare, ma al tempo stesso aspro cri*tico della social*de*mo*cra*zia, ritenne sem*pre essen*ziale un col*le*ga*mento con il più ampio fronte del movi*mento ope*raio e sin*da*cale orga*niz*zato, che era anche visto come con*di*zione indi*spen*sa*bile per ope*rare riforme inci*sive. Anche nei rap*porti con il socia*li*smo euro*peo non accettò mai le con*di*zioni della rot*tura defi*ni*tiva con i comu*ni*sti e del pas*sag*gio nell’orbita «atlan*tica» che veni*vano richie*ste per la riam*mis*sione dei socia*li*sti nell’Internazionale.
Ma veniamo al tema cen*trale del libro di Nen*cioni, che è quello della defi*ni*zione del rifor*mi*smo lom*bar*diano. Qui il pro*blema si poneva ovvia*mente in ter*mini aggior*nati rispetto a quelli del rifor*mi*smo clas*sico: supe*rate da tempo le vec*chie dia*tribe sulla par*te*ci*pa*zione o meno a governi «bor*ghesi» (l’esperienza dei Fronti popo*lari negli anni Trenta era stata riso*lu*tiva al riguardo, per i socia*li*sti come per i comu*ni*sti), il tema di fondo era quello delle con*di*zioni che potes*sero con*sen*tire a un par*tito di sini*stra di par*te*ci*pare al governo del paese senza tra*sfor*marsi in un sup*porto al con*so*li*da*mento dei rap*porti eco*no*mici e sociali fon*dati sulla dise*gua*glianza e senza venir meno ai valori e ai prin*cìpi da cui muo*veva l’ideale socia*li*sta. Pro*prio su que*sto ter*reno Lom*bardi ela*bo*rava e pro*muo*veva con*cre*ta*mente una stra*te*gia estre*ma*mente ambi*ziosa. Basata su «riforme di strut*tura» – ter*mine che divenne popo*lare e che affa*scinò anche parte della cul*tura comu*ni*sta – che tra*sfor*mas*sero l’economia capi*ta*li*stica in modo tale da cor*reg*gerne la strut*tura clas*si*sta e gli squi*li*bri eco*no*mici e sociali sui quali si reg*geva, andando oltre le rispo*ste clas*si*che e con*trap*po*ste rap*pre*sen*tate dall’esperienza sovie*tica e dalla pra*tica della socialdemocrazia.
In cerca della nuova società
Pro*ta*go*ni*sta della bat*ta*glia pro*gram*ma*tica che accom*pa*gnò la nascita del cen*tro*si*ni*stra, fu il prin*ci*pale asser*tore della nazio*na*liz*za*zione dell’energia elet*trica (in ter*mini meno one*rosi per lo Stato rispetto a quelli poi san*citi) e con*fidò molto nella riforma urba*ni*stica, che non vide mai la luce. In que*sto impe*gno trovò ele*menti di con*ver*genza con ambienti della sini*stra demo*cri*stiana che con*di*vi*de*vano la stessa impo*sta*zione rifor*mi*sta, e anche un’attenzione par*te*cipe da parte del Pci, che negli ultimi anni di Togliatti assunse un atteg*gia*mento di «sfida» costrut*tiva nei con*fronti dei pro*po*siti di rin*no*va*mento ven*ti*lati dal cen*tro*si*ni*stra in gestazione.
L’obiettivo dichia*rato di Lom*bardi era di «ope*rare den*tro la società capi*ta*li*stica per modi*fi*carne gli equi*li*bri di potere e di red*dito a favore delle classi lavo*ra*trici»: ma forse con qual*che ambi*zione in più. Nelle discus*sioni interne al par*tito socia*li*sta non faceva mistero di con*si*de*rare le riforme di strut*tura, da per*se*guire in par*la*mento e con la pres*sione popo*lare, come stru*mento che doveva por*tare gra*dual*mente a una fuo*ru*scita dalla società capi*ta*li*stica e alla costru*zione di una nuova società, obiet*tivo irri*nun*cia*bile per i socialisti.
Si com*prende bene come tali pro*po*siti faces*sero di Lom*bardi la «bestia nera» del fronte mode*rato che si oppo*neva alla svolta o voleva smus*sare le sue radi*ca*lità. Per*fino un osser*va*tore abi*tual*mente pacato della poli*tica, come Luigi Sal*va*to*relli, sulla Stampa del novem*bre 1963 denun*ciava il lom*bar*di*smo come «il feno*meno più peri*co*loso della demo*cra*zia ita*liana», e in que*sto allarme con*ver*ge*vano non solo motivi di poli*tica eco*no*mica ma anche di poli*tica estera (il rifiuto dell’«atlantismo» come ideo*lo*gia da cui Lom*bardi non rece*deva). Que*sto fuoco di sbar*ra*mento indurrà alla rinun*cia al mini*stero del Bilan*cio, cui Lom*bardi sem*brava natu*ral*mente desti*nato, a favore di Anto*nio Gio*litti, del resto molto vicino alle sue posizioni.
L’operosa iner*zia
Il libro si arre*sta a que*sto punto, sulla bat*tuta d’arresto avve*nuta già sul nascere della nuova for*mula poli*tica. Era la posi*zione anche di Lom*bardi, pre*ci*sata in molte rica*pi*to*la*zioni suc*ces*sive, ed è una posi*zione abba*stanza cor*rente nella sto*rio*gra*fia di sini*stra: il cen*tro*si*ni*stra pra*ti*ca*mente stroz*zato in culla, prima ancora di matu*rare nella sua for*mula «orga*nica». Ci sono molti ele*menti di verità pre*senti in que*sta rico*stru*zione: lo spe*gni*mento dell’impulso rifor*ma*tore nei suoi ter*mini più ambi*ziosi, l’acconciamento dei socia*li*sti a pro*po*siti più mode*rati indotto da quello che Nenni definì il «rumore di scia*bole» nel 1964. Mi sen*ti*rei di obiet*tare però che il ciclo rifor*mi*sta non si inter*rompe allora, ma con*se*guirà pro*prio nel decen*nio 1968–78 i suoi risul*tati più signi*fi*ca*tivi, in ter*mini di con*qui*ste sociali e di pro*gresso civile. Certo man*cherà una coe*rente visione pro*gram*ma*tica — que*sta dav*vero sepolta nel 1964 — ma quel mec*ca*ni*smo par*ti*co*lare di con*qui*ste par*la*men*tari e di forte pres*sione popo*lare a cui Lom*bardi si era richia*mato tro*verà la sua rea*liz*za*zione negli anni suc*ces*sivi. Lo stesso quin*quen*nio di governo di Aldo Moro andrebbe stu*diato senza pre*giu*dizi, attri*buendo ad esso carat*te*ri*sti*che che, inven*tando un ter*mine tipi*ca*mente moro*teo, potremmo defi*nire di «iner*zia ope*rosa»: rista*gno dell’azione di governo, ma un par*la*mento che lavora a pieno regime e che in sede di com*mis*sioni ela*bora, anche col con*corso comu*ni*sta, tutte le riforme che potranno venire rapi*da*mente attuate dopo l’autunno caldo, quando gli equi*li*bri poli*tici e sociali lo con*sen*ti*ranno. A par*tire dallo Sta*tuto dei lavo*ra*tori, ovviamente.
Sarà la vera moder*nità ita*liana, sem*pre pre*ca*ria e minac*ciata, intrisa di con*trad*di*zioni, ma che si con*fi*gu*rerà esat*ta*mente come la con*qui*sta degli equi*li*bri diversi di potere e di red*dito per cui Lom*bardi si era battuto.
Una civiltà costi*tu*zio*nale che aveva visto la con*ver*genza di spinte diverse e talora con*trap*po*ste, e nella quale per la prima ed unica volta nella sto*ria ita*liana la for*bice tra le classi era andata a ridursi sen*si*bil*mente, per poi tor*nare a dila*tarsi in forma scan*da*losa nell’epoca successiva.
Fino allo sman*tel*la*mento negli ultimi vent’anni di tutta la civiltà creata dal rifor*mi*smo sto*rico in Ita*lia, ope*rata dai medio*cri impo*stori che nel frat*tempo si erano defi*niti «riformisti».

http://ilmanifesto.info/riccardo-lombardi-lultimo-riformista/