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LupoSciolto°
12-02-16, 18:50
Riforma del mercato del lavoro: breve glossario legislativo

Mercoledì, 04 Gennaio 2012 09:06
Scritto da Lorenzo Zamponi (http://www.ilcorsaro.info/blog/Lorenzo-Zamponi.html)
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http://www.ilcorsaro.info/media/k2/users/11.jpgLorenzo Zamponi (http://www.ilcorsaro.info/blog/Lorenzo-Zamponi.html)

http://www.ilcorsaro.info/images/monti_fornero.jpgIn vista dell'avvio da parte del governo Monti dell'iter della nuova riforma del mercato del lavoro, pubblicheremo alcune sintetiche schede illustrative per rendere più comprensibile il dibattito. Iniziamo con un breve glossario per capire di cosa si parla quando si citano alcune leggi sul lavoro. Ovviamente si tratta di brevi sintesi divulgative. Per informazioni più esaurienti, in particolare sul tema della precarietà consigliamo di consultare questo dossier (http://elezioni.regione.emilia-romagna.it/wcm/al/astud/pub/centro_studi/index/pub/archivio/049_contrat_n20/n20.pdf) o il sito del Nidil-Cgil (http://www.nidil.cgil.it/).


ARTICOLO 18
Cos'è
Si tratta dell'articolo 18 della legge 300/1970, il cosiddetto “statuto dei lavoratori”. Qui (http://it.wikisource.org/wiki/L._20_maggio_1970,_n._300_-_Statuto_dei_lavoratori#Art._18_-_Reintegrazione_nel_posto_di_lavoro)il testo. L'articolo 18 prevede che, quando il giudice riconosce che un lavoratore è stato licenziato senza giusta causa o giustificato motivo, in un'azienda con più di 15 dipendenti, tale lavoratore possa scegliere se riavere il proprio posto di lavoro oppure ricevere un'indennità pari a 15 mensilità.
Questa norma è inserita nella seconda parte della legge, quella sulla libertà sindacale, per evitare che un'azienda possa utilizzare il ricatto del licenziamento per limitare la libertà dei lavoratori di aderire a un determinato sindacato.
La storia
Negli ultimi 15 anni è stato accusato da Radicali, Forza Italia (poi Pdl) e Confindustria (soprattutto durante la presidenza di Antonio D'Amato) di limitare la crescita delle imprese, mentre i suo difensori sostengono che si tratti del modo migliore per evitare i licenziamenti arbitrari. I Radicali e Forza Italia promossero anche un referendum abrogativo (http://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativi_del_2000_in_Italia), nel 2000, che fu bocciato a grandissima maggioranza anche all'interno della minoranza che andò a votare (unico caso nella storia referendaria italiana). Due anni dopo, nella primavera del 2002, il governo Berlusconi riprovò ad abrogare l'articolo 18, ma la mobilitazione sindacale lo convinse a cambiare idea.
Proposte di modifica sono arrivate anche da sinistra: Rifondazione Comunista, infatti, promosse nel 2003 un referendum (http://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativi_del_2003_in_Italia) per abrogare il limite dei 15 dipendenti ed estendere l'articolo 18 anche alle piccole aziende. In questo caso vinse decisamente il sì, ma il quorum non fu raggiunto.
Il governo
La ministra del lavoro Fornero si era inizialmente dichiarata (http://www.ilcorsaro.info/nel-palazzo/fornero-lancia-il-modello-ichino-nessun-precario-tutti-precari.html) a favore di una sua parziale abolizione, per poi fare marcia indietro. Repubblica (http://www.repubblica.it/politica/2012/01/04/news/articolo_18_governo-27564845/) oggi riporta l'intenzione del governo Monti di proporre la non applicazione dell'articolo 18 ai nuovi assunti

ARTICOLO 8
Cos'è
Si tratta dell'articolo 8 del decreto legge 138/2011, convertito in legge 148/2011, la cosiddetta “manovra di Ferragosto” varata dal governo Berlusconi. Qui (http://www.governo.it/backoffice/allegati/64632-6995.pdf) il testo.
L'articolo 8 prevede che gli accordi territoriali o aziendali tra aziende e sindacati possano riguardare un'ampia gamma di materie, dall'orario di lavoro al ricorso ai contratti a termine, fino alla regolazione dei licenziamenti, oggi disciplinate dai contratti nazionali e dalla legge. In pratica, con il consenso anche solo di una parte dei sindacati, le aziende possono stipulare contratti locali che prevedono diritti e condizioni di lavoro ben diversi da quelli stabiliti dalla legge e dal contratto nazionale.
La storia
Questa norma, fortemente voluta dall'allora ministro Sacconi, ha visto la netta contrarietà della Cgil, e in particolare dei metalmeccanici della Fiom, che la considerano un'estensione a tutti i lavoratori del modello Marchionne, cioè un nuovo contratto aziendale libero dalle regole sancite dal contratto nazionale e dalla legge. Contro questa norma sta partendo in queste settimane una raccolta firme per un referendum abrogativo.
Il governo
Il governo Monti non si è ancora espresso in maniera favorevole né contraria. Nel gennaio 2010, Monti, in un editoriale (http://www.corriere.it/editoriali/11_gennaio_02/monti-meno-illusioni-per-dare-speranza-editoriale_07bad636-1648-11e0-9c76-00144f02aabc.shtml) sul Corriere della sera, elogiò il modello Marchionne.

COLLEGATO LAVOROCos'è
Si tratta della legge 183/2010 (qui (http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/B4D5C9AD-A028-4F40-A749-27579B2ADB54/0/20101104_L_183.pdf) il testo), che introduce modifiche a vari aspetti della disciplina del lavoro, ma è nota in particolare per due aspetti, cioè il limite di 60 giorni dopo la fine di un contratto per impugnare quel contratto di fronte a un giudice e la possibilità di inserire nel contratto una clausola in cui il lavoratore si impegna, in caso di disputa, a rivolgersi a una commissione arbitrale invece che a un giudice.
La storia
La norma, approvata dalla maggioranza di centrodestra in questa legislatura, è stata criticata in particolare per i due punti di cui sopra, che rendono più difficile per i lavoratori precari rivolgersi a un giudice, dimostrare che il proprio contratto è illegittimo e ottenere un contratto legittimo o un risarcimento.
Il governo
Né Monti né la ministra del lavoro Fornero si sono espressi in merito.

LEGGE BIAGICos'è
Si tratta della legge 30/2003 (qui (http://www.parlamento.it/parlam/leggi/03030l.htm) il testo) e del conseguente decreto legislativo 276/2003, che riorganizzano radicalmente il mercato del lavoro italiano, introducendo nuove forme di lavoro precario, come lo staff leasing, il lavoro intermittente o a chiamata, il lavoro ripartito e il lavoro a progetto e modificandone altre, come il part time e l'apprendistato.
La storia
La legge fu varata dalla maggioranza di centrodestra sotto l'egida del ministro del lavoro Roberto Maroni, riprendendo una parte dei contenuti del Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia redatto da un gruppo di lavoro coordinato dal sottosegretario Maurizio Sacconi e dal giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo 2002.
Il provvedimento fu oggetto di dura critica in particolare da parte della Cgil, secondo cui, invece di regolare le forme contrattuali previste dal pacchetto Treu ed estendere ai precari diritti e welfare, la legge introduceva nuovi contratti precari, ancora meno tutelati, travestendo da lavoro autonomo il lavoro dipendente.
Il governo
Sia Monti sia la ministra Fornero hanno più volte dichiarato di voler intervenire a tutela dei lavoratori precari, ma senza annunciare specifiche misure legislative.

PACCHETTO TREUCos'è
Si tratta della legge 196/1997 (qui (http://www.camera.it/parlam/leggi/97196l.htm) il testo), che introduce il lavoro temporaneo, interinale o in affitto, ridisegna la disciplina dell’apprendistato, favorendo il rapporto scuola-lavoro attraverso i tirocini professionali, le borse di lavoro e i piani di inserimento professionali e interviene sul part-time e l’orario, sull’occupazione nel settore della ricerca, sui lavori socialmente utili.
La storia
Le misure, che introducevano per la prima volta in maniera massiccia le forme di lavoro flessibile o precario nel mercato del lavoro italiano, furono presentate, come antidoto alla disoccupazione, da Tiziano Treu, ministro del lavoro del governo tecnico guidato da Lamberto Dini, nel 1995. Treu fu poi confermato a capo dello stesso ministero dal primo governo Prodi, e la legge fu approvata nel 1997 dalla maggioranza di centrosinistra.
Il governo
Sia Monti sia la ministra Fornero hanno più volte dichiarato di voler intervenire a tutela dei lavoratori precari, ma senza annunciare specifiche misure legislative.

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-20/cosa-prevede-riforma-fornero-164237.shtml?uuid=ABFbuxgC&refresh_ce=1

LupoSciolto°
12-02-16, 18:52
Cosa prevede la Riforma Fornero

di Ma.l.C.20 gennaio 2015



La cosiddetta Riforma Fornero è parte del decreto legge Salva Italia varato dal governo Monti a fine 2011. In particolare la riforma impone il sistema di calcolo contributivo nella costruzione della pensione di tutti i lavoratori, anche per coloro che - in ragione della riforma Dini del 1995 – stavano costruendo la propria pensione con il più generoso sistema retributivo. La pensione viene così calcolata in base ai versamenti effettuati dal lavoratore e non agli ultimi stipendi percepiti. La riforma Fornero ha di fatto accelerato di qualche anno il passaggio al sistema contributivo previsto già dalle precedenti riforme che invece prevedevano il graduale slittamento da un sistema all'altro.

Contestualmente la riforma Fornero ha innalzato l'età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” (in base all’età anagrafica): minimo 20 anni di contribuzione e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pa e privati), 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).


Inoltre abolisce la “pensione di anzianità” (in base al numero di anni di lavoro) sostituita dalla “pensione anticipata”: oggi bisogna aver lavorato 41 anni e 3 mesi per le donne o 42 anni e 3 mesi per gli uomini. Inoltre la riforma prevede un adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento in funzione dell'allungamento della speranza di vita. La norma prevede l'aumento dei versamenti contributivi per per una serie di categorie occupazionali: cui artigiani, commercianti, lavoratori agricoli e lavoratori autonomi. Inoltre taglia le rivalutazioni delle prestazioni pensionistiche che superano tre volte il trattamento minimo e dispone l'incorporazione di Inpdap e Enpals presso l'Inps.

Tra gli “effetti collaterali” della Riforma Fornero il problema causato agli esodati, cioè ai lavoratori che avevano sottoscritto accordi aziendali o di categoria che prevedevano il pensionamento di vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti richiesti in precedenza. Complice l'innalzamento dell'età del pensionamento costoro sono rimasti senza più stipendio e senza ancora pensione, per alcuni periodi di tempo. Un caso che ha riguardato diverse decine di migliaia di persone, per i quali è intervenuto successivamente l'Esecutivo per garantir loro uno “scivolo” per questa fase di passaggio.

I critici della Riforma hanno inoltre sottolineato come la manovra sulle pensioni non sia riuscita a contenere la spesa pensionistica italiana, pari a oltre il doppio della media europea in proporzione al Pil, salita dal 15% del 2011 fin'oltre il 17% del prodotto interno lordo.

In attesa di conoscere le motivazioni che hanno portato la Consulta alla bocciatura per il referendum è possibile tuttavia ricordare che la cosiddetta Riforma Fornero può essere ascritta alla categoria di Leggi Tributarie e di bilancio che secondo l'articolo 75 della Costituzione non sono sottoponibili a referendum.

Fonte: Cosa prevede la Riforma Fornero - Il Sole 24 ORE (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-01-20/cosa-prevede-riforma-fornero-164237.shtml?uuid=ABFbuxgC&refresh_ce=1)

LupoSciolto°
12-02-16, 18:58
Jobs act e l’annunciata ma (falsa) abolizione del precariato: il ‘lavoro intermittente’


di Area pro labour (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/areaprolabour/) | 25 novembre 2015

COMMENTI (30) (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/25/jobs-act-e-lannunciata-ma-falsa-abolizione-del-precariato-il-lavoro-intermittente/2250517/#disqus_thread) Più informazioni su: Contratti a Termine (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/contratti-a-termine/), Contratto a tempo Indeterminato (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/contratto-a-tempo-indeterminato/), Governo Renzi (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/governo-renzi/), Jobs Act (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/jobs-act/),Precari (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/precari/), Precariato (http://www.ilfattoquotidiano.it/tag/precariato/)


http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/img/autori/Areaprolabour-thumb.jpgArea pro labour (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/areaprolabour/)

Giuristi per il lavoro

Post (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/areaprolabour/) | Articoli (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/areaprolabour/ptype/articoli/)
di Nicola Coccia * e Giovanni Furfari **
Nei proclami della vigilia il Jobs Act avrebbe perseguito il rilancio dell’occupazione attraverso uno scambio: la rinunzia alla tutela reintegratoria in caso di licenziamento illegittimo a fronte del superamento delle forme contrattuali atipiche e dell’ingresso nel mondo del lavoro con il contratto a tempo indeterminato per tutti. In effetti, con il contratto a tutele crescenti l’articolo 18 Statuto dei Lavoratori sembra definitivamente archiviato (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/11/jobs-act-e-licenza-di-licenziare-quali-rimedi/2207608/). Ci si aspettava, quindi, la cancellazione delle forme più plateali di lavoro precario e, sul piano delle affermazioni di principio, il decreto legislativo 81/2015 (http://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/ateneo/job/documenti/Stage_e_placement/D.Lgs._n.81_2015.pdf), attuativo della delega in materia di riordino delle forme contrattuali, sembra partire bene: “Il contratto a tempo indeterminato costituisce la forma comune del rapporto di lavoro”.
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2014/01/precariato-630x328.jpg

Proseguendo la lettura si scopre però che si può liberamente assumere a tempo determinato – senza necessità di alcuna particolare esigenza (causale) – fino a 36 mesi e con il solo limite del 20% dell’organico, con possibilità di utilizzare largamente al contempo lavoratori somministrati. Per di più i limiti percentuali non valgono, ad esempio, per avvio di nuove attività, sostituzioni, intere categorie di lavoratori quali quelli di età superiore a 50 anni.
La “forma comune” del rapporto (superato l’effetto degli incentivi economici all’assunzione con contratto a tutele crescenti, che già per il secondo anno dovrebbero essere dimezzati) tanto comune quindi non sarà. Considerato poi che il Jobs Act rende a dir poco meno stabile lo stesso contratto a tempo indeterminato, di flessibilità pare essercene già parecchia.
Invece, proseguendo ancora nella lettura, ecco il contratto di lavoro intermittente e – altrettanto se non più rilevante per impatto – il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/23/voucher-lavoro-boom-per-la-nuova-frontiera-del-precariato-aiuta-il-jobs-act/1975535/)) per tutti i settori produttivi.
Con il contratto di lavoro intermittente o a chiamata il lavoratore si mette a disposizione del datore di lavoro che può utilizzarne la prestazione in modo, appunto, “intermittente”. L’assunzione può essere effettuata solo per far fronte a specifiche esigenze definite dai contratti collettivi (o, in mancanza, con decreto ministeriale), ovvero, in ogni caso, con lavoratori di età inferiore a 24 anni o superiore a 55. E’ previsto un tetto di 400 giornate di effettivo lavoro in tre anni, pari a più di un anno e mezzo di un lavoratore a tempo pieno…
Le ipotesi “soggettive”, consentendo la stipula di un contratto svantaggiato in base al solo dato dell’età, sembrano difficilmente compatibili con la normativa antidiscriminatoria (come interpretata dalla Corte di Giustizia Europea). Quelle “oggettive” (legate a specifiche esigenze) non sono mai state in realtà definite da gran parte dei contratti collettivi, vuoi per il sospetto con cui le parti sociali evidentemente vedono l’istituto, vuoi perché nei settori in cui questo avrebbe potuto avere una qualche utilità esistono da tempofigure analoghe, come ad esempio il contratto di lavoro “extra” nel settore alberghiero.
Il Ministero del Lavoro aveva esercitato un ruolo di supplenza con un decreto ministeriale emesso nel 2004 (http://www.j4u.provincia.vr.it/allegati/DM_23_10_2004.pdf) facendo però riferimento non già a specifici “casi” o “esigenze” tali da giustificare il ricorso al lavoro a chiamata, ma all’elenco di mansioni e attività definite discontinue da un regio decreto del 1923: si tratta di “portieri, custodi, personale di sorveglianza, camerieri e personale di servizio negli alberghi, commessi di negozio nelle città con meno di 50.000 abitanti, personale addetto ai trasporti o ai lavori di carico e scarico” e altre figure professionali che non svolgono un’attività “intermittente”, ma caso mai di attesa e custodia (quantomeno nelle modalità in cui si svolgevano nel lontano 1923…).
Manca a ben vedere una vera disciplina dei “casi” in cui è lecito far fronte mediante un rapporto a chiamata. E ancora: un contratto con il quale il datore di lavoro possa riservarsi di utilizzare un lavoratore se vuole e quando vuole, con minimo preavviso, è molto simile al part-time a chiamata dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 210/1992 (http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/dossier/dossier4/cap2/sentenza210-92.htm).
Quanto alla remunerazione dei periodi di inattività, se il lavoratore ha garantito la disponibilità a rispondere alla chiamata (precludendosi così altra occupazione), in caso di mancato utilizzo riceve una modesta indennità. Se invece formalmente non ha obbligo di risposta, non percepisce nulla: “ti chiamo e ti pago se mi servi e per il tempo in cui mi servi; altrimenti aspetti a casa e sei libero (si fa per dire) di fare ciò che vuoi”.
Il contratto – soprattutto se non lo si è scelto, ma lo si è accettato in mancanza di alternativa o lo si è subìto – si presta facilmente adabusi. Il lavoratore a chiamata lavora se sta buono (anche se è pagato un po’ meno, se lavoro qualche ora in più senza corrispettivo, se ha orari o turni disagevoli). Se protesta, rivendica, pretende di esercitare diritti, basta non chiamarlo più e passare al prossimo della lista.
Il contenzioso in materia, nonostante il largo utilizzo del lavoro a chiamata (sulla base degli unici dati disponibili Istat relativi al triennio 2006/2009, quasi 150.000 addetti concentrati soprattutto al Nord e con numeri in continua e significativa crescita (http://www.istat.it/it/archivio/1849)) e le criticità che abbiamo segnalato, è stato quasi inesistente, nonostante vi siano ampi margini di intervento.
Forse il lavoratore a chiamata, precario per eccellenza, difficilmente ha coscienza dei propri diritti o comunque può permettersi dirivendicarli.


* Vivo e lavoro a Milano, dove svolgo la professione di avvocato occupandomi in via esclusiva di diritto del lavoro e della difesa dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori. Ho collaborato con l’Ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Milano. Ho scritto alcuni articoli in riviste specializzate.
** Avvocato giuslavorista, socio AGI – Associazione Giuslavoristi Italiani – sin dalla costituzione dell’associazione. Ho scelto, in linea con la mia cultura e convinzione politica, di stare esclusivamente dalla parte di chi lavora (o vuole lavorare ma illegalmente gli viene impedito l’accesso al lavoro). Opero come legale di riferimento della Cgil di Milano e Cremona per la tutela dei diritti dei lavoratori – individuali e collettivi – e delle Organizzazioni sindacali sia in fase giudiziale sia con azioni di sostegno in ambito lavorativo e contrattuale. Sono autore di numerose pubblicazioni su riviste specializzate. Vivo e ho studio a Milano.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/25/jobs-act-e-lannunciata-ma-falsa-abolizione-del-precariato-il-lavoro-intermittente/2250517/

LupoSciolto°
12-02-16, 19:04
E NON DIMENTICHIAMO SACCONI!!

" nel giugno del 2008 (https://it.wikipedia.org/wiki/2008) il Governo Berlusconi IV (https://it.wikipedia.org/wiki/Governo_Berlusconi_IV), con Maurizio Sacconi (https://it.wikipedia.org/wiki/Maurizio_Sacconi) ministro del Welfare, ha disposto, con il con decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria (conv. nella legge n. 133/2008), all'art. 39, comma 10, lettera l), l'abrogazione della legge n. 188/2007, e quindi l'intera disciplina delle dimissioni on line, con un regresso alla situazione precedente. Pertanto, dal 26 giugno 2008, non è più necessario compilare alcun modulo informatico ma sono sufficienti le "vecchie" dimissioni, redatte senza seguire alcuno schema vincolante che richiedano moduli appositi."

fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Dimissioni