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Gianky
20-03-16, 12:20
20.03.2016 -Gianfranco La Grassa

E’ indubbio che l’esperienza fascista – dopo essere stata, checché se ne dica, piuttosto seguita dalla popolazione italiana negli anni ’30 del ‘900 – ha lasciato esiti negativi in seguito alla brutta esperienza della seconda guerra mondiale, in cui il paese, malgrado le sue capacità di compiere indegne “capriole”, è uscito di fatto sconfitto. In effetti, è stata quell’esperienza che ci ha consegnato – tuttavia come tutta l’Europa occidentale, ivi compresi i paesi vincitori: l’Inghilterra e la Francia – al culto e ammirazione della “democrazia” americana. Un’ammirazione poco comprensibile, in verità, visto che negli Usa metà della popolazione non fa sentire la sua voce in nessun senso; e il resto vota due partiti assai poco dissimili, in mano a potenti lobbies che profondono soldi a volontà per condurre campagne elettorali assai variopinte e carnascialesche, in cui tutto si dice salvo quali sono i reali intendimenti poi messi in atto dai vincitori della “kermesse héroique”.
La lezione Usa è stata fra l’altro mal appresa, anche perché il tutto si è dovuto per oltre 40 anni adattare alla presenza di un mondo bipolare con l’Urss pensata quale paese di tipo socialista, quindi alternativo al capitalismo. La presenza del nemico “anticapitalista” – unita a quella del più forte partito comunista dell’area capitalistica; comunista tanto quanto era socialista l’Unione sovietica, e tuttavia sempre pensato quale pericolo incombente per il sistema sociale e politico in auge – ha fatto sì che esistesse di fatto nel nostro paese un unico grosso partito al governo (la DC), circondato da partiti minori (a parte il Psi di dimensioni medie) facenti parte dello stesso orientamento, salvo differenze abbastanza marginali. Il Pci rappresentava un’opposizione cospicua, ma era pur sempre soltanto opposizione; la presenza della Nato (cioè degli Usa, paese predominante dell’intera area capitalistica) impediva ogni possibilità di ricambio. Il Pci accettò fin da subito, dopo essere stato cacciato nel 1947 dal governo di unità nazionale, tale situazione di minorità costante; successivamente, a partire dagli anni ’70, come abbiamo rimarcato più volte, iniziò il suo coperto, piuttosto segreto, spostamento di campo, preparando un quadro dirigente che poi apertamente rovesciò le sue alleanze internazionali non appena il campo “socialista” e l’Urss implosero in modo piuttosto subitaneo. E le rovesciò continuando a trascinarsi dietro un veramente ormai ottuso e spento corpo elettorale in buona parte ancora convinto di stare seguendo un partito favorevole alla trasformazione sociale dell’Italia.
Crollata l’Urss – e quindi senza più alcun pericolo per un campo capitalistico, ampliato di tutta l’Europa orientale, divenuta del tutto succube degli Usa – venne condotta in Italia, per via giudiziaria e senza alcuna chiarezza politica, l’operazione di sostituzione del regime fondato sulla Dc (con appoggio sostanziale del Psi craxiano) con un altro, assai più prono ai voleri americani e poggiante sugli ignobili personaggi che ormai guidavano il partito (plurinominato nel giro di pochi anni: Pds, Ds, Pd) erede del “Pci voltagabbana”. Il tentativo fu abbastanza malamente condotto, coinvolgendo anche alcune parti (“di sinistra”; tutto da ridere) della Dc e qualche dirigente del Psi. Tuttavia, l’inettitudine dei personaggi in questione, e l’improprio e impolitico modo di mettere in piedi questa finzione di schieramento di “sinistra”, fecero fallire l’intenzione di mettere in piedi un altro regime abbastanza solido come il precedente. Intervenne un altro personaggio, tutt’altro che di ottima caratura, ma del tutto sufficiente a mettere in crisi il progetto preparato fin dai viaggi di esponenti del “fu” Pci negli Stati Uniti (già a partire dai primi anni ’70). E così iniziò un periodo, durato circa un quarto di secolo, di situazione molto confusa ed estremamente negativa per l’Italia, sempre più allo sbando.
In ogni caso, il nostro paese è stato sempre, più o meno, una base operativa della Nato, cioè di coloro che comandano realmente in questa organizzazione: gli Stati Uniti evidentemente. Dopo il crollo dell’Urss, per una decina d’anni almeno questo paese ormai nettamente predominante si è sentito sicuro di non avere più effettivi competitori. Ci sono state azioni di consolidamento della situazione condotte, ad es., in Irak (prima guerra del ’91, ancora sussistente l’Urss per pochi mesi) e in Serbia. Tutto sommato, direi che si è trattato di accentuare l’influenza Usa in Medioriente (tenuto, fra l’altro, conto della presenza di paesi non fidati come l’Iran) e di stoppare ogni velleità anche soltanto futura di paesi come la Germania, che si stava espandendo economicamente in molti paesi dell’Europa orientale e nei Balcani. Del resto, bloccare tale paese fin da subito – assai prima che rappresentasse effettivamente un concorrente di pur minima pericolosità – significava nel contempo l’arresto di ogni prospettiva di sua pur lontana proiezione verso est, verso magari un’alleanza con una Russia che poteva rimettersi in piedi, soprattutto appunto in simbiosi con i tedeschi.
2. In questo periodo, in Italia si è andò portando a termine la fine della prima Repubblica, cioè del regime Dc (e Psi) non più ritenuto necessario, e ci si propose – non riuscendoci, come già detto, per l’inettitudine di coloro cui si affidò il compito – di sostituirlo con quello degli ex piciisti ormai “bolliti” (in senso filoamericano) al punto giusto. Si portò comunque avanti il progetto di liquidazione dell’industria “pubblica”, che interessava molto a quella “privata” (guidata da Agnelli), un settore industriale che è sempre stato il tramite, fin dalla seconda guerra mondiale, dell’influenza anglosassone in Italia. Del resto, l’indebolimento della parte “pubblica” del sistema economico – che da sempre aveva costituito un punto di forza di settori decisivi della Dc (e di una opposizione tutto sommato “leale” da parte del Pci) – era misura coerente con l’ulteriore nostro asservimento alle finalità del paese che, dalla fine della guerra, orientò il “campo occidentale” (diciamo pure capitalistico).
Con il XXI secolo – per fissare una data, usiamo il famoso episodio delle “due Torri” dell11 settembre 2001 – la situazione si fa più intricata; sia pure lentamente si comincia a notare che la Russia non è completamente fuori da ogni gioco, è molto indebolita ma con possibilità di ripresa per i tempi a venire. Si ha progressivamente quel mutamento di strategia degli Stati Uniti – con punto culminante nello sconquasso provocato in Nord Africa e accentuazione della pressione in Medioriente – di cui non credo si abbia ancora un’idea veramente precisa e coerente. Continuo comunque ad avere molti dubbi sul fatto che si sia alla fine dimostrato quali gravi errori abbiano commesso gli Usa e che da tali vicende stia uscendo sostanziale vincitrice la Russia intervenuta in Siria. In ogni caso, semplificando la questione, si nota il mettersi in moto di una tendenza, tutt’altro che chiara e lineare, al multipolarismo con crescenti difficoltà – ancora tutt’altro che insormontabili – per il predominio mondiale statunitense. La Russia è in fondo meno forte e determinata di quanto qualcuno oggi la ritenga; tuttavia, resto convinto che nel giro dei prossimi anni (non pochissimi) sarà ancora l’antagonista principale degli Usa. Inoltre, tale paese, pur sempre predominante, sta giocando in Africa e nel Medioriente una partita abbastanza complessa, in cui cerca di sfruttare non più la semplice contrapposizione tra Israele e determinati movimenti arabi, bensì proprio una serie di contraddizioni a questi ultimi interne.
In una situazione di così crescente complessità, diventa viepiù rilevante la funzione della “portaerei” Italia; la sua posizione geografica è sempre più allettante, ma deve essere supportata da una situazione politica adeguata, che tuttora manca. Si è messo fine ad ogni pur assai superficiale e debole “balletto” tra Russia e Italia con proiezione verso la Libia: non era difficile ottenere il risultato poiché una certa politica di Berlusconi – non così allineata come quella degli ignobili ex piciisti e con aperture ai russi, fatte passare per amicizia personale tra questo ambiguo personaggio e Putin – era semplicemente dovuta ad interessi probabilmente molto personali. Per cui è bastato il pericolo di danneggiamenti di altri interessi, o magari ulteriori pericoli ancora più personali, e quella politica ha fatto acqua da tutte le parti.
Ciò malgrado, non credo si sia giunti per semplice errore al massacro di Gheddafi che ha consegnato quel paese al caos più indescrivibile. Probabilmente, si è evitata ogni possibilità di qualche infiltrazione russa pur avendo “messo a regime” Berlusconi. Non ci si scordi che il coinvolgimento di quest’ultimo (tramite influenza sull’Eni, di cui si cambiò il presidente Mincato con Scaroni per accelerare l’accordo con la Gazprom) è avvenuto nell’agosto del 2003 quando Putin si fermò in Sardegna dopo un importante viaggio proprio in Libia e in Algeria (continuo a pensare che l’attuale regime di tale paese si sia salvato, per vari motivi nient’affatto conosciuti, dal subire un trattamento simile a quello di Gheddafi). La Russia è oggi confinata a compiere movimenti vari, assai poco trasparenti, nell’area della Siria; e deve tenere almeno il porto di Tartus e qualche altra area d’influenza, ma il tutto “congelato” in quella zona dove si stanno svolgendo giochi a “geometria variabile” (e, lo ripeto, per nulla limpida).
Bene, tornando all’Italia, tutto questo ambaradan – complicato ulteriormente sia dalla rivalità tra Turchia ed Iran e dai problemi che si stanno creando in Europa per la questione dei migranti, da cui sembra derivare un certo rafforzamento dei settori euroscettici – esige cambiamenti notevoli nel nostro paese, in una situazione in cui il passato quarto di secolo ha condotto ad un pauroso abbassamento di ogni qualificazione politica dei partiti composti da autentici mediocri e meri opportunisti, che cambiano casacca ad una velocità supersonica. E’ ormai indispensabile, per i predominanti Usa, sostituire gli ex piciisti dimostratisi degli autentici incapaci e in fase di forte perdita di credibilità e consenso. Bisogna però dire che i nuovi settori (diciamo, per semplicità, “renziani”) sono più o meno indecenti quanto i precedenti; semplicemente hanno il 90% dei media, in mano a venduti di ogni sorta, che li incensano. Una simile copertura non è però del tutto sufficiente a dare popolarità adeguata a simili buffoni. Essi godono pure della coperta complicità di quel laido personaggio che è Berlusconi, evidente solo a chi capisce qualcosa di politica (molto pochi in verità). E i suoi “alleati” del “centrodestra”, sempre più convinti di doverlo mettere da parte, non chiariscono affatto il suo ruolo di tradimento, indebolendo così il loro comportamento e consentendo al “nano d’Arcore” di figurare come fosse lui il tradito.
Indubbiamente, per gli interessi americani si sta rivelando molto utile l’inettitudine e poca coerenza dell’opposizione in Italia. I cosiddetti pentastellati sono un ammasso abbastanza caotico di incompetenti pronti, io credo, a porsi al servizio degli Usa se questi decidessero di sfruttarli per la solita necessità di avere un paese ridotto a semplice area geografica delle loro operazioni; non solo verso Africa e Medioriente, ma pure per ostacolare i movimenti euroscettici. E anche le forze dette di centro-destra, incapaci come già detto di regolare definitivamente i conti con i forzaitalioti berlusconiani, danno l’impressione di dover rimanere sempre all’opposizione. Il vero difetto di tutti questi partiti è di essere alla disperata ricerca di voti; il culto settantennale della finta “democrazia all’americana” gioca sempre brutti tiri. Non ci si rende conto che una siffatta “democrazia” esige la presenza di forti lobbies, dotate di mezzi per strapagare media e corrompere tutto e tutti. In un paese come il nostro – in cui i gruppi di potere e gli apparati di servizio agli stessi (l’Intelligence in primo luogo) sono subordinati ad interessi predominanti (degli Usa appunto); e in cui anche i gruppi industriali e bancari, soprattutto dopo il forte indebolimento dei settori “pubblici”, giocano nello stesso senso – le lobbies, così essenziali alla “democrazia” da burletta, sono o straniere o al servizio di queste ultime. Le povere opposizioni, se semplicemente si adattano alla ricerca dei voti, non riescono ad emergere. E qualora si rafforzassero un po’, subito si formerebbero gruppi di meschini opportunisti venduti (alle lobbies in questione).
3. Un sintomo, non fra i maggiori ma significativo, di quanto sta avvenendo in Italia è il rimaneggiamento subito via via dai settori dell’economia “pubblica”. L’IRI ebbe momenti di fulgore, fin dall’inizio sotto la presidenza di Beneduce. Dopo la guerra fu rafforzata con la Finmeccanica (1948), l’Eni (1953), l’Enel (1962-63). Negli anni ’80 (notate, come “coincidenza”, che ciò avvenne dopo il caso Moro, su cui mi sono diffuso più volte spiegando a che cosa fosse molto probabilmente dovuto) si ebbe la presidenza di Prodi (“sinistra” DC), durante la quale vennero cedute 29 aziende del gruppo (fra cui l’Alfa Romeo, che andò alla Fiat), liquidate Finsider, Italsider, Italstat; si verificò inoltre il tentativo di vendita a prezzo molto basso della SME a De Benedetti, fallito per l’intervento di Craxi e che poi portò ad una vendita ad un prezzo molto, ma molto più alto. Nel ’92, l’IRI diventò una società per azioni (quindi più facilmente scalabile e vendibile) e iniziò l’epoca delle privatizzazioni con l’accordo tra Andreatta (altro Dc di “sinistra”) e Van Miert (per la Comunità europea). E’ indubbio l’influsso (e le pressioni) di detta Comunità, ma anche la Dc di “sinistra” (che viene salvata in quegli anni da “mani pulite” assieme agli ex piciisti) ci mise la sua parte; come pure l’ex Pci. Ex piciisti e diccì di “sinistra”, i “miracolati” di “mani pulite”, si unirono nel combinare tutti i disastri dell’ultimo quarto di secolo.
Voglio ancora ricordare che, quando presero un più celere avvio le privatizzazioni, l’IRI era affidato alla direzione del Tesoro, dove si trovava un “certo” Draghi”, che fu tra i “complici” di fatto della svendita della Telecom ai privati Gnutti e Colaninno con la “benedizione” del governo D’Alema. Le privatizzazioni iniziano con il Credito Italiano (’93) e poi proseguono celermente, smantellando di fatto l’IRI che chiude definitivamente nel 2002. E nel corso di questo inizio secolo, a parte qualche sprazzo (come il già ricordato accordo Eni-Gazprom, di fatto promosso da Putin e Berlusconi), si ha un continuo indebolimento delle aziende strategiche quali Eni e Finmeccanica. Ultimamente, è sembrato che finisse la smania delle privatizzazioni e che si volesse mantenere sulle imprese rimaste la mano dello Stato. In realtà, queste imprese sono state affidate ad un certo controllo (non però totale, perché comunque nella proprietà azionaria ci sono anche privati) della Cassa Depositi e Prestiti. Una simile proprietà pubblica, secondo me, serve solo a mantenere aperti certi canali di finanziamento per i settori governativi attuali. Non mi sembra si possa esercitare una effettiva direzione da parte dello Stato, cioè da parte di qualche nucleo “pubblico” dotato di capacità strategiche.
In Italia non esiste più un’industria, né privata né pubblica, in grado di supportare appunto vere strategie di carattere nazionale. Tutti i settori importanti – del tipo dell’informazione, telecomunicazioni, aerospaziale, biotecnologie o altro di rilevante – sono molto indeboliti. Si sta proseguendo con alacrità nella distruzione dell’economia del paese, con crescenti disservizi da paese assai poco avanzato, costi elevati, totale inettitudine delle forze lavoro con un minimo di preparazione specialistica (i “preparati” se ne vanno ormai sempre più a lavorare in altri paesi meno disastrati).
4. Non voglio allungare troppo il discorso con temi che ho già trattato molte volte. Ribadisco semplicemente che noi italiani non possiamo permetterci il lusso di una falsa democrazia come quella in vigore da settant’anni scopiazzando gli Stati Uniti, paese di ben altre dimensioni e potenza. Non abbiamo l’ampiezza territoriale né soprattutto la popolazione né l’avanzamento economico e tecnico – e soprattutto proprio nei settori di punta – indispensabili allo sviluppo ed esercizio di un’appropriata forza, anche bellica. Dobbiamo destreggiarci in un complesso sistema di relazioni internazionali, in una fase di tendenziale, anche se tortuoso, affermarsi del multipolarismo, che è preludio alla necessità (non vicina) di determinati “regolamenti di conti” per la conquista di una supremazia.
Una serie di condizioni esistenti all’uscita dalla seconda guerra mondiale, unitamente alla quasi cinquantennale cristallizzazione bipolare del mondo, hanno consentito la presenza in Italia, pur affidandosi a quella “democrazia”, di forze politiche al governo che, pur essendo nella sostanza strettamente legate all’alleanza atlantica (cioè di fatto subordinate agli Usa), sono riuscite ad ottenere una serie di vantaggi in termini sia economici sia di struttura sociale. E hanno saputo in certi casi mantenere una qualche autonomia di movimento in campo internazionale. Oggi non è più così; e soprattutto quel partito, che per decenni fu abbastanza vicino all’Urss, è divenuto il più piatto e vile esecutore degli ordini impartiti d’oltreatlantico, mettendo nel contempo in mostra una mediocrità tale da ridurre il paese nelle condizioni (anche culturali, per l’autentica infamia del ceto detto intellettuale) in cui, disperatamente, si trova.
Non ne usciremo mai se non saremo in grado di attuare il ben noto “stato d’eccezione”. Ogni scipita e falsa democrazia (all’americana) andrebbe sospesa per un periodo di tempo non precisabile né tanto meno programmabile in anticipo. In particolare va colpita a fondo la sedicente “sinistra” senza che d’altra parte si possa minimamente supporre nell’attuale opposizione, altrettanto ridicolmente detta di “destra”, l’esistenza delle qualità necessarie alla sua sostituzione. Finché esiste questa opposizione avremo questi governanti che s-governano, che eseguono soltanto gli ordini provenienti dalla “democrazia” americana. Occorre la lotta a questa “democrazia” ed è necessario spostare le alleanze verso paesi antagonisti degli Stati Uniti. Insomma, bisogna giostrare in una situazione internazionale che andrà facendosi sempre più complicata. E non ci si può illudere che la potenza ancor oggi preminente “lasci andare” l’Italia senza far di tutto per boicottare, e pesantemente, ogni tentativo di sua minima autonomia. Resistere a simili pressioni implica una tale durezza di comportamenti che non se ne può ottenere l’investitura tramite il voto di milioni di cittadini del tutto ignari della situazione; e con una parte cospicua d’essi che continua ottusamente, ciecamente, a credere alla “sinistra”, alla forza politica del tradimento di tutto e tutti da oltre quarant’anni.
Riprenderemo tante volte questo discorso; quindi non continuiamolo adesso.

Conflitti e Strategie » Blog Archive » UN PAESE ORMAI DISFATTO, di GLG (http://www.conflittiestrategie.it/un-paese-ormai-disfatto-di-glg)

Logomaco
20-03-16, 14:10
Un'analisi alquanto acuta

MaIn
20-03-16, 14:47
mah la grassa vive abbastanza nel passato del suo odio verso il pci e gli ex pci per cui ci propina sempre dei pipponi immani prima di dire qualcosa sull'oggi. gli ex pci non ci sono più la grassa! c'è renzi al governo. e per quanto condivida l'analisi sull'ottusità degli ex pci nell'eseguire tutte le corbellerie mainstream liberiste dissento fortemente dalla sua deduzione (basata su cosa?) di una sostituzione a tavolino. semmai il sistema pentapartitico era talmente corrotto che sopravviveva solo perchè dall'altra parte c'erano i comunisti e una volta caduta l'urss, con la lega che aveva vinto le elezioni, potettero cominciare le indagini tanto rimandate e, dato il livello di corruzione e il livello di slealtà degli ex psi (che si accusarono gli uni con gli altri) e degli ex pci (che si sentivano superiori e poco chiara avevano e forse hanno il concetto di democrazia e garantismo) fu effetto domino.


lagrassa parla di colpire una sinistra che non esiste (quanto hanno il 5% al massimo?) e di certo non è rappresentata dal pd semmai dai 5stelle (sui quali condivido l'analisi: è una marmaglia incoerente ed arrivista, pronta ad assumere gli stessi difetti degli altri).

il suo più grande errore in questo testo è quello di considerare lo "stato d'eccezione" come fatto dagli sfruttati sugli sfruttatori, storia ci insegna che questo stato, almeno in italia, è sempre fatto dagli sfruttatori sugli sfruttati ed è stato applicato sovente negli ultimi anni: "ce lo chiede l'europa", "ce lo chiede il mercato".


concordo invece su una geometria variabile di alleanza in coerenza con gli interessi nazionali italiani. non concordo che debba essere per forza anti-usa . usa, russia, israele, iran, francia, germania, giappone, cina, uk e via dicendo sono equivalenti e si dovrebbe scegliere l'uno o l'altro a secondo della situazione contingente e delle convenienze nazionali.

MaIn
20-03-16, 14:57
p.s.
dissento anche sull'impostazione generale di lagrassa che riduce tutto a geopolitica senza considerare lo sviluppo di un'economia diversa dal basso.
il capitalismo o il comunismo non sono nati come geopolitica ma sono nati come risposta ad esigenze della popolazione.

dowlante
20-03-16, 17:45
quello che non ha capito La Grassa è che l'intero "Occidente" è allo sfascio...

Logomaco
20-03-16, 18:06
quello che non ha capito La Grassa è che l'intero "Occidente" è allo sfascio...

Tralascia nel suo discorso il ruolo dell'eurocrazia, che in questa fase rispetto alla realtà italiana è più determinante di quello americano

Kavalerists
20-03-16, 19:15
lagrassa parla di colpire una sinistra che non esiste (quanto hanno il 5% al massimo?) e di certo non è rappresentata dal pd


Forse ho capito male, ma a me sempra che parli proprio di colpire il PD, il quale, erronemente, viene percepito come di sinistra dalla massa.
Che poi non si capisce chi sarebbe in grado, considerato il livello dei politici che abbiamo, di spostare questo benedetto "asse delle alleanze",
o di agire con "una tale durezza di comportamenti che non se ne può ottenere l’investitura tramite il voto di milioni di cittadini"...anche se magari servirebbe pure, a volte...

Gianky
20-03-16, 20:31
Tralascia nel suo discorso il ruolo dell'eurocrazia, che in questa fase rispetto alla realtà italiana è più determinante di quello americano

In realtà, ed io concordo con lui, La Grassa assegna all'eurocrazia il ruolo di sub dominanti, cioè un gradino sotto i dominanti, gli USA. La Grassa rimarca spesso, ed io concordo con lui, che in realtà gli eurocrati sono agli ordini degli americani.

Gianky
20-03-16, 20:35
mah la grassa vive abbastanza nel passato del suo odio verso il pci e gli ex pci per cui ci propina sempre dei pipponi immani prima di dire qualcosa sull'oggi. gli ex pci non ci sono più la grassa! c'è renzi al governo. e per quanto condivida l'analisi sull'ottusità degli ex pci nell'eseguire tutte le corbellerie mainstream liberiste dissento fortemente dalla sua deduzione (basata su cosa?) di una sostituzione a tavolino. semmai il sistema pentapartitico era talmente corrotto che sopravviveva solo perchè dall'altra parte c'erano i comunisti e una volta caduta l'urss, con la lega che aveva vinto le elezioni, potettero cominciare le indagini tanto rimandate e, dato il livello di corruzione e il livello di slealtà degli ex psi (che si accusarono gli uni con gli altri) e degli ex pci (che si sentivano superiori e poco chiara avevano e forse hanno il concetto di democrazia e garantismo) fu effetto domino.


lagrassa parla di colpire una sinistra che non esiste (quanto hanno il 5% al massimo?) e di certo non è rappresentata dal pd semmai dai 5stelle (sui quali condivido l'analisi: è una marmaglia incoerente ed arrivista, pronta ad assumere gli stessi difetti degli altri).

il suo più grande errore in questo testo è quello di considerare lo "stato d'eccezione" come fatto dagli sfruttati sugli sfruttatori, storia ci insegna che questo stato, almeno in italia, è sempre fatto dagli sfruttatori sugli sfruttati ed è stato applicato sovente negli ultimi anni: "ce lo chiede l'europa", "ce lo chiede il mercato".


concordo invece su una geometria variabile di alleanza in coerenza con gli interessi nazionali italiani. non concordo che debba essere per forza anti-usa . usa, russia, israele, iran, francia, germania, giappone, cina, uk e via dicendo sono equivalenti e si dovrebbe scegliere l'uno o l'altro a secondo della situazione contingente e delle convenienze nazionali.

Probabile che l'astio di GLG nei confronti dei pciisti derivi dal fatto che in gioventù si trovò schierato coi cosiddetti filo cinesi in contrapposizione ai pciisti stessi. Però non concordo con te, Main, sulle critiche che gli rivolgi, mi paiono critiche ingenerose, è un fatto che alla caduta della I° repubblica furono appunto gli ex pciisti ad offrire e a farsi offrire dai dominanti la sponda della svendita dei beni nazionali. Mani Pulite fu un gigantesco cambio di potere fatto in seguito alle mutate condizioni geopolitiche è anche per questo che la geopolitica ed il multipolarismo sono sempre al centro dei discorso di GLG.

LupoSciolto°
20-03-16, 20:56
In realtà, ed io concordo con lui, La Grassa assegna all'eurocrazia il ruolo di sub dominanti, cioè un gradino sotto i dominanti, gli USA. La Grassa rimarca spesso, ed io concordo con lui, che in realtà gli eurocrati sono agli ordini degli americani.

Sì, in fondo si tratta del concetto di sub-imperialismo caro alla tradizione marxista.

Gianky
20-03-16, 22:00
Sì, in fondo si tratta del concetto di sub-imperialismo caro alla tradizione marxista.

GLG non partecipa a quello che sembra essere diventato lo sport nazionale italiano e cioè riversare sulla Germania della Merkel la causa di tutti i nostri guai, per GLG la Germania e la Merkel sono semplicemente dei sub dominanti, loro stessi dominati dai dominanti americani.

Kavalerists
20-03-16, 22:05
Sì, in fondo si tratta del concetto di sub-imperialismo caro alla tradizione marxista.
saranno pure solamente dei subdominanti, ma non è che facciano meno schifo per questo.

dowlante
20-03-16, 22:32
subdominanti nel senso che "comandano meno" rispetto agli USA: gli USA sono comunque una potenza militare, l'UE è una macchietta obiettivamente
che poi creino danni certo, ma diciamo così, per interposta "persona"

Kavalerists
20-03-16, 23:24
subdominanti nel senso che "comandano meno" rispetto agli USA: gli USA sono comunque una potenza militare, l'UE è una macchietta obiettivamente
che poi creino danni certo, ma diciamo così, per interposta "persona"
certo, per interposta persona, ma fino ad un certo punto, non è che gli eurocrati, e i tedeschi in primis, non abbiano il loro tornaconto; alla fine sono sempre un gradino sopra ai semplici dominati.

Gianky
21-03-16, 11:02
certo, per interposta persona, ma fino ad un certo punto, non è che gli eurocrati, e i tedeschi in primis, non abbiano il loro tornaconto; alla fine sono sempre un gradino sopra ai semplici dominati.

La categoria lagrassiana dei subdominanti non comprende solo gli stranieri europidi, ma anche gli italioti, inoltre la stessa categoria è assai variegata come variegata è la categoria dei dominanti.

Tommaso
21-03-16, 17:02
Discussione interessante.
Ci sarebbe tanto da dire su La Grassa, autore che seguo da vicino da quando iniziò l'esperienza RipensareMarx.
Mi piace in particolare la sua opposizione alla sinistra, radicata in una precisa e circostanziata lettura della storia italiana. La sua analisi geopolitica, con il tema del multipolarismo e il conseguente scontro tra le più grosse formazioni capitaliste, mi pare molto feconda.
Dal mio punto di vista c'è però un problema non da poco in questa analisi: strada facendo ci si è infatti completamente dimenticati dell'antagonismo sociale. O meglio, si afferma che quest'ultimo non produce nessun cambiamento se non trovandosi in qualche finestra di possibilità storica, nella forma di uno scontro tra le massime formazioni capitaliste, ma rimandata per ciò alla fase da venire in cui si rendono sufficientemente forti gli antagonisti degli americani.

Ora credo che questo sia il passo di troppo di La Grassa. Sono d'accordo con Preve che il proletariato "classico" nella forma che si era affermata nei tempi in cui La Grassa polemicava con l'allora PCI non è una classe intermodale; sono d'accordo sul fatto che non s'è creato quel "cervello sociale" (l'associazione generale della produzione) per la sola dinamica di socializzazione operata per logica del capitale; e nonostante questo mi sembra sbagliato negare alla contraddizione centrale nella riproduzione di questa società il primo ruolo. Anzi è questa che forma il fondamento di tutti gli imperialismi.

Ma La Grassa, dopo tanti altri, ha fatto anche lui il suo addio al proletariato. Chiama in causa una "terza forza" e gli resta soltanto da considare che tale forza, se non è prodotta nel ventre di questo sistema - cioè se non è questione di classe - allora altro non puo essere che il puro prodotto del solo cervello personale di GLG.

LupoSciolto°
21-03-16, 17:04
Dal mio punto di vista c'è però un problema non da poco in questa analisi: strada facendo ci si è infatti completamente dimenticati dell'antagonismo sociale. O meglio, si afferma che quest'ultimo non produce nessun cambiamento se non trovandosi in qualche finestra di possibilità storica, nella forma di uno scontro tra le massime formazioni capitaliste, ma rimandata per ciò alla fase da venire in cui si rendono sufficientemente forti gli antagonisti degli americani.

Ora credo che questo sia il passo di troppo di La Grassa.

D'accordissimo.

LupoSciolto°
21-03-16, 17:05
saranno pure solamente dei subdominanti, ma non è che facciano meno schifo per questo.

Ma la penso come te! Non voglio certo "perdonare" Merkel e soci.

Gianky
21-03-16, 18:11
Discussione interessante.
Ci sarebbe tanto da dire su La Grassa, autore che seguo da vicino da quando iniziò l'esperienza RipensareMarx.
Mi piace in particolare la sua opposizione alla sinistra, radicata in una precisa e circostanziata lettura della storia italiana. La sua analisi geopolitica, con il tema del multipolarismo e il conseguente scontro tra le più grosse formazioni capitaliste, mi pare molto feconda.
Dal mio punto di vista c'è però un problema non da poco in questa analisi: strada facendo ci si è infatti completamente dimenticati dell'antagonismo sociale. O meglio, si afferma che quest'ultimo non produce nessun cambiamento se non trovandosi in qualche finestra di possibilità storica, nella forma di uno scontro tra le massime formazioni capitaliste, ma rimandata per ciò alla fase da venire in cui si rendono sufficientemente forti gli antagonisti degli americani.

Ora credo che questo sia il passo di troppo di La Grassa. Sono d'accordo con Preve che il proletariato "classico" nella forma che si era affermata nei tempi in cui La Grassa polemicava con l'allora PCI non è una classe intermodale; sono d'accordo sul fatto che non s'è creato quel "cervello sociale" (l'associazione generale della produzione) per la sola dinamica di socializzazione operata per logica del capitale; e nonostante questo mi sembra sbagliato negare alla contraddizione centrale nella riproduzione di questa società il primo ruolo. Anzi è questa che forma il fondamento di tutti gli imperialismi.

Ma La Grassa, dopo tanti altri, ha fatto anche lui il suo addio al proletariato. Chiama in causa una "terza forza" e gli resta soltanto da considare che tale forza, se non è prodotta nel ventre di questo sistema - cioè se non è questione di classe - allora altro non puo essere che il puro prodotto del solo cervello personale di GLG.

A me invece sembra che La Grassa abbia una posizione neutra e cioè prende atto che il proletariato, come classe e come coscienza di classe, non esiste più. Come ha ragione, sempre per me, quando, e ti cito: O meglio, si afferma che quest'ultimo (l'antagonismo sociale) non produce nessun cambiamento se non trovandosi in qualche finestra di possibilità storica, nella forma di uno scontro tra le massime formazioni capitaliste, ma rimandata per ciò alla fase da venire in cui si rendono sufficientemente forti gli antagonisti degli americani.

La Rivoluzione dell'Ottobre 1917 non ti dice niente? Cosa ci fu che permise il suo sviluppo? Magari una certa Grande Guerra? E cosa fu la Grande Guerra se non lo scontro tra capitalismi?

LupoSciolto°
21-03-16, 18:15
A me invece sembra che La Grassa abbia una posizione neutra e cioè prende atto che il proletariato, come classe e come coscienza di classe, non esiste più.

Non esiste coscienza di classe. Questo è noto. Ma il neo-proletariato (diversissimo da quello descritto da Marx, Lenin, Gramsci ecc...) esiste eccome. E patisce le peggiori umiliazioni.

Gianky
21-03-16, 18:20
Non esiste coscienza di classe. Questo è noto. Ma il neo-proletariato (diversissimo da quello descritto da Marx, Lenin, Gramsci ecc...) esiste eccome. E patisce le peggiori umiliazioni.

Il neo proletariato al contrario di quello descritto da Marx è polverizzato ed atomizzato ed è di diversa provenienza da quello marxiano. Quello era composto da contadini urbanizzati e proletarizzato dal lavoro in fabbrica. Questo è formato da esclusi dal bengodi consumista, espulsi dal lavoro, immigrati (ahimè), classe medio- bassa riproletarizzata. Un amalgama senza nessuna possibilità, al momento, di contatto e di armonia.

Lost Faraway
21-03-16, 20:18
Il neo proletariato al contrario di quello descritto da Marx è polverizzato ed atomizzato ed è di diversa provenienza da quello marxiano. Quello era composto da contadini urbanizzati e proletarizzato dal lavoro in fabbrica. Questo è formato da esclusi dal bengodi consumista, espulsi dal lavoro, immigrati (ahimè), classe medio- bassa riproletarizzata. Un amalgama senza nessuna possibilità, al momento, di contatto e di armonia.

la lotta di classe è ancora valida, solo che non può essere condotta secondo i parametri del XIX secolo. Il proletariato è diviso, eterogeneo e demoralizzato (si è persa l'aura "eroica" del lavoratore che forgia un mondo nuovo). Occorrono nuove analisi e nuove strategie.

LupoSciolto°
21-03-16, 20:18
Il neo proletariato al contrario di quello descritto da Marx è polverizzato ed atomizzato ed è di diversa provenienza da quello marxiano. Quello era composto da contadini urbanizzati e proletarizzato dal lavoro in fabbrica. Questo è formato da esclusi dal bengodi consumista, espulsi dal lavoro, immigrati (ahimè), classe medio- bassa riproletarizzata. Un amalgama senza nessuna possibilità, al momento, di contatto e di armonia.

Esatto. Il capitale ha saputo dividerli e metterli gli uni contro gli altri.

LupoSciolto°
21-03-16, 20:22
la lotta di classe è ancora valida, solo che non può essere condotta secondo i parametri del XIX secolo. Il proletariato è diviso, eterogeneo e demoralizzato (si è persa l'aura "eroica" del lavoratore che forgia un mondo nuovo). Occorrono nuove analisi e nuove strategie.

Sottoscrivo in pieno. Però alcuni punti fermi del marxismo-leninismo sono ancora attuali. Parlo, in particolare, del partito-avanguardia del (neo) proletariato . Non vedo altri strumenti all'orizzonte. I movimenti sono falliti e le isole "felici" non sono riuscite a reggere il confronto con la concorrenza capitalista.

Tommaso
22-03-16, 12:47
Il neo proletariato al contrario di quello descritto da Marx è polverizzato ed atomizzato ed è di diversa provenienza da quello marxiano. Quello era composto da contadini urbanizzati e proletarizzato dal lavoro in fabbrica. Questo è formato da esclusi dal bengodi consumista, espulsi dal lavoro, immigrati (ahimè), classe medio- bassa riproletarizzata. Un amalgama senza nessuna possibilità, al momento, di contatto e di armonia.

Proletario è colui di cui la sopravvivenza dipende dallo sfruttamento della propria forza di lavoro. Per cui anche se polverizzato ed atomizzato, come giustamente fai notare, la classe-bestiame da lavoro è sempre identica nel suo rapporto sociale, e quindi ha sempre da negare la propria condizione per realizzare la sua libertà.


La Rivoluzione dell'Ottobre 1917 non ti dice niente? Cosa ci fu che permise il suo sviluppo? Magari una certa Grande Guerra? E cosa fu la Grande Guerra se non lo scontro tra capitalismi?

Hai ragione su Ottobre, ma io avrei voluto avere ragione anche sulla Germania, sull'Inghilterra, magari sull'Italia almeno quella nordista, dove il capitale già si era strutturato in modo da socializzare su larga scala la produzione sulle rovine dei rapporti sociali anteriori.



Sottoscrivo in pieno. Però alcuni punti fermi del marxismo-leninismo sono ancora attuali. Parlo, in particolare, del partito-avanguardia del (neo) proletariato . Non vedo altri strumenti all'orizzonte. I movimenti sono falliti e le isole "felici" non sono riuscite a reggere il confronto con la concorrenza capitalista.

Il partito come la luce che scende dal firmamento delle idee sulle tenebre proletarie? Si ripropone alla fine il middle-class, con la sua buona volontà educazionista, nella veste di maestrino dell'operaio.
Preferisco parlare del partito come embrione del mondo da venire. Nel giro del partito già si dovrebbe affermare una immediata critica pratica del rapporto sociale dominante. Il partito dovrebbe cioè esprimere l'attualità della questione comunista, non solo come movimento lotta e guerra col vecchio mondo, ma anche come possibilità effettiva ed effettuata di produrre la ricchezza sociale fuori dalla forma-merce.

In questo senso è anche necessario abbandonare la vecchia concezione evoluzionista ed economicista del marxismo "classico novecentesco". Affermare con Preve (e dopo Lenin) che se il proletariato ha come tendenza naturale l'incentramento sul lato economico, non per questo chi ha già incontrato il comunismo nella teoria si deve proporre come conduttore delle lotte economiche. L'economia va negata, cioè le sue categorie fondamentali. La dittatura del proletariato è quindi espressione di una negazione dello stesso proletariato: si devono distruggere le condizioni materiali che rendono possibile la figura del proletario. Il partito non gestisce il vecchio mondo "in vista del comunismo", ma se lo mangia poco a poco - e questo processo non nasce e non dipende dal piano strategico messo in atto dai dominanti.

Gianky
22-03-16, 15:19
Hai ragione su Ottobre, ma io avrei voluto avere ragione anche sulla Germania, sull'Inghilterra, magari sull'Italia almeno quella nordista, dove il capitale già si era strutturato in modo da socializzare su larga scala la produzione sulle rovine dei rapporti sociali anteriori.



La Russia e la Germania hanno perso la Grande Guerra (la Russia più o meno) ed infatti le rivoluzioni socialiste sono scoppiate li.

LupoSciolto°
22-03-16, 16:37
Il partito come la luce che scende dal firmamento delle idee sulle tenebre proletarie? Si ripropone alla fine il middle-class, con la sua buona volontà educazionista, nella veste di maestrino dell'operaio.
Preferisco parlare del partito come embrione del mondo da venire. Nel giro del partito già si dovrebbe affermare una immediata critica pratica del rapporto sociale dominante. Il partito dovrebbe cioè esprimere l'attualità della questione comunista, non solo come movimento lotta e guerra col vecchio mondo, ma anche come possibilità effettiva ed effettuata di produrre la ricchezza sociale fuori dalla forma-merce.

In questo senso è anche necessario abbandonare la vecchia concezione evoluzionista ed economicista del marxismo "classico novecentesco". Affermare con Preve (e dopo Lenin) che se il proletariato ha come tendenza naturale l'incentramento sul lato economico, non per questo chi ha già incontrato il comunismo nella teoria si deve proporre come conduttore delle lotte economiche. L'economia va negata, cioè le sue categorie fondamentali. La dittatura del proletariato è quindi espressione di una negazione dello stesso proletariato: si devono distruggere le condizioni materiali che rendono possibile la figura del proletario. Il partito non gestisce il vecchio mondo "in vista del comunismo", ma se lo mangia poco a poco - e questo processo non nasce e non dipende dal piano strategico messo in atto dai dominanti.

Scusami, ma non eri tu che vedevi nel partito l'embrione della comunità? Forse è il modello leninista a non piacerti? Io, semplicemente, credo che il partito-avanguardia sia stato , storicamente, l'unico strumento in grado di emancipare il proletariato. Penso alla Russia, alla Cina , a Cuba ma non solo.