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Kavalerists
24-03-16, 01:05
Altro che TTIP, arriva il CETA Articoli, movimenti e perfino manifestazioni si sono sollevate contro il Trattato Transatlantico, ma quest’ultimo è un diversivo: la vera trappola arriva dal Canada, e gli U.S.A. parteciperebbero di forza.
di Guido Rossi (http://www.lintellettualedissidente.it/redazione/g-rossi/) - 23 marzo 2016


Negli ultimi mesi, anni perfino, siamo stati in tanti a raccontare cosa sia il TTIP, quel temibile Trattato Transatlantico di cui i media tradizionali non parlano affatto. In realtà nessuno è stato però mai davvero in grado di descriverlo dettagliatamente, per il semplice fatto che il contenuto del testo è noto esclusivamente ai suoi “negoziatori”, Presidente degli Stati Uniti da una parte (senza il Congresso, che ha lasciato ad Obama carta bianca) e la Commissione Europea dall’altra, i cui membri non sono mai stati votati dagli europei.
Ciononostante è noto a grandi linee l’obiettivo primario che questo trattato vuole raggiungere: creare un’unica, immensa area di libero scambio tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, un mercato unico equivalente a quasi la metà del Pil mondiale, assolutamente privo di barriere. Con queste ultime non si intendono solamente i dazi, ma anche le barriere non-tariffarie, quei controlli ossia volti a garantire standard minimi di sicurezza a livello alimentare, sanitario, d’istruzione, ambientale, agricolo, sociale, culturale e di molto altro ancora. L’idea di fondo, secondo chi promuove questo abominio burocratico e finanziario, è che troppe barriere impediscano un libero fluire di merci, lavoratori e beni, il che rappresenta dunque una minaccia al benessere delle economie internazionali. Peccato che vi sono alcuni elementi, come la salute ad esempio, il cui valore va ben al di là di qualsiasi affare, quand’anche il più ricco e vantaggioso, ma questo i liberisti non riescono a capirlo.
Al momento comunque si può, se non proprio tirare un sospiro di sollievo, quanto meno non essere eccessivamente sulle spine, giacché, come si diceva, il TTIP è ancora lontano dall’essere perfino stampato. Una minaccia però, uguale se non maggiore, arriva adesso dal Canada: il CETA, Comprehensiv Economic and Trade Agreement, una sigla diversa per chiamare di fatto lo stesso oggetto; si tratta infatti di un trattato che prevede la creazione di un’area di libero scambio (anche qui, senza barriere tariffarie e non) tra il Canada e l’Unione Europea. Perchè preoccuparci? Perché le negoziazioni sono finite da un pezzo, ed un testo provvisorio di circa 1500 pagine è in attesa di essere tradotto in tutte le diverse lingue che compongono l’Europa. Poi? Poi bisognerà firmarlo, e potrebbe accadere già quest’anno, un’eventualità che porterebbe alla sua entrata in vigore già nel 2017.
Paura ingiustificata? Solo chiacchere? Oh no, niente affatto! Perchè oltre a prevedere una liberalizzazione totale e sconsiderata, che già di per sé sarebbe bastevole a mettere definitivamente in ginocchio le nostre piccole/medie imprese, a spingerci alla privatizzazione (svendita) selvaggia, ad abbandonare e distruggere le nostre campagne (e molto, molto altro), prevede qualcosa di molto simile alla clausola ISDS. Questa clausola, ancora una volta protetta da un’apparentemente insignificante sigla, rappresenta un tribunale internazionale privato. Esso è composto da giudici quasi sempre contemporaneamente consulenti di multinazionali, dunque mossi da evidenti conflitti di interessi, giacché proprio le grandi società sono spesso e volentieri le principali parti in causa. Spieghiamoci subito con un esempio: immaginiamo che domani l’Italia che ratifica il CETA decida che, per il bene degli italiani, tutte le risorse idriche nazionali debbano essere gestite pubblicamente; niente di sbagliato, giusto? Il benessere di un popolo dovrebbe essere l’obbiettivo primario. Dovrebbe! Però se putacaso sul nostro territorio agissero multinazionali nel business dell’acqua, queste sarebbero (poverine!) terribilmente colpite da un tale provvedimento; tutto ciò rappresenterebbe una “discriminazione” (usano questo termine!) nei loro confronti, che darebbe loro diritto ad appellarsi al tribunale (privato!) per chiedere risarcimenti miliardari al nostro Stato (!), con la certezza quasi matematica di vincere. Non è fantasia, tribunali di questo tipo già esistono, e cause non dissimili sono già state dibattute. A ciò si aggiunga che il diritto di molti Stati europei, Italia compresa, si sta avvicinando sempre di più al Common law, un tipo di diritto nel quale -semplificando mostruosamente- le sentenze formano dei precedenti che costituiscono il diritto da seguire. Riuscite ad immaginare quali terribili precedenti potrebbero fornire sentenze che assecondano i desideri di multinazionali anziché il bene comune?
Da ultimo un’altro guaio (un fin troppo garbato eufenismo), di bibliche proporzioni: gli Stati Uniti in tutto ciò non sarebbero esenti dal Ceta, sebbene si tratti di un accordo fra l’Ue ed il Canada. Sul territorio europeo operano circa 47.000 società americane, di cui circa 41.000 possiedono una succursale in Canada. Con un banale stratagemma le multinazionali possono trasferire parte della proprietà in queste filiali, così da potersi appellare di diritto, alla bisogna, al tremendo tribunale privato appena visto!
Per noi ci sarebbe un’altrettanto semplice via di salvezza: uscire dall’Europa!

Altro che TTIP, arriva il CETA (http://www.lintellettualedissidente.it/economia/altro-che-ttip-arriva-il-ceta/)

LupoSciolto°
25-03-16, 11:38
Cattive notizie! Hai fatto bene a segnalare l'articolo.

Kavalerists
29-10-16, 08:47
Davide contro Golia (http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/davide-contro-golia/)

Italia? Germania? Francia? No. A difendere l’Europa dal mercato unico con il Nordamerica ci ha pensato la Vallonia. Orgogliosa e audace, la piccola regione belga ha messo in scacco il CETA ed è riuscito a modificarlo. Che sia un inizio?

di Lorenzo Vita - 28 ottobre 2016 http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/facebook.svg (http://www.facebook.com/share.php?u=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedisside nte.it%2Festeri-3%2Fdavide-contro-golia%2F&title=Davide%20contro%20Golia) http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/twitter.svg (http://twitter.com/intent/tweet?status=Davide%20contro%20Golia+http%3A%2F%2F www.lintellettualedissidente.it%2FSpcAn+@IntDissid ente) http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/google+.svg (https://plus.google.com/share?url=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissident e.it%2Festeri-3%2Fdavide-contro-golia%2F)
L’Europa che crede ancora in sé stessa da oggi ha un nuovo, seppur piccolo, simbolo: la Vallonia. Questo piccolo Stato federale all’interno dell’altrettanto piccolo Belgio, ha rappresentato infatti per qualche tempo l’ultimo spiraglio della flebile speranza per vedere un’Europa non incatenata dal giogo del libero scambio. Perché è successo questo? Ebbene, come in molti Stati federali, il Belgio applica una normativa per la quale il singolo Stato federale ha il diritto e la facoltà di approvare e ratificare o meno l’accordo che vincolerà l’intero Belgio. È così che il Belgio, in qualità di appartenente all’Unione Europea, non ha potuto approvare la versione dell’Accordo che dovrà essere ratificato in questi giorni tra Consiglio Europeo e Canada. Un accordo molto complesso che, in sostanza, eliminerà del 99% i dazi doganali tra Canada ed Unione Europea, di fatto liberalizzando il mercato delle imprese tra queste due aree del mondo. Ai tanti pregi decantati dalla politica europea, che ritiene di aver trovato in questo accordo la soluzione ai tanti problemi che affliggono il mercato occidentale, si sono aggiunti però i sacrosanti dubbi dei piccoli imprenditori del Vecchio Continente, terrorizzati dal massiccio arrivo di imprese canadesi (dunque americane) che, sicuramente abituate ad una cultura del mercato completamente diversa, potrebbero nel giro di poco tempo fagocitare la già martoriata classe imprenditoriale di piccolo taglio di tutta Europa. La Vallonia, con il suo Parlamento, si è fatta carico di questi dubbi ed aveva deciso di rifiutare i approvare il trattato, rendendo quindi impossibile per il Belgio approvare l’accordo e, di conseguenza, per l’intera Europa. Un vero e proprio schiaffo a tutti, che riportava coi piedi per terra chi già stava volando con la mente a uno scenario di mercato unico a forza motrice americana.
Purtroppo alla fine si è piegata, la piccola Vallonia, ma l’epopea è stata di quelle che difficilmente possono essere catalogate nella semplice protesta. E va detto che, seppur non potendo fermare l’impatto devastante di una alleanza tra mondo economico americano ed europeo, il suo piccolo l’ha fatto. Cosa può esserci infatti di più epico nello scontro tra Davide e Golia riportato nella geopolitica economica del Terzo Millennio? Perché di questo si è trattato: di un piccolo (e fino ad oggi insignificante) Staterello federale belga che mette a repentaglio un patto tra Europa e Canada (leggasi Stati Uniti d’America) sostenuto dalle più grandi multinazionali, banche d’affari e fondi di investimento di tutto il mondo occidentale. Da una parte l’Unione Europa e l’America del Nord, dall’altra parte la Vallonia. Purtroppo non è bastata neanche la coraggiosa regione ad affondare il Trattato (per certi versi erede del TTIP), Ma il segnale è stato lanciato e la sfida verso il Trattato resta ancora aperta. A questo punto però i dubbi sorgono a noi: se la Vallonia, una regione di pochissimi milioni di abitanti, è riuscita tramite un voto del suo Parlamento (non certo composto tutto da euroscettici) a fermare il CETA ed a chiedere chiarimenti e garanzie, perché non l’hanno fatto gli altri Governi d’Europa? Perché è davvero curioso che nessuno abbia posto dei paletti mentre a pensare al bene comune ci si è dovuto mettere uno Stato che neanche è indipendente e che anzi, lotta proprio per la sua autonomia. Se è bastata la regione di Namour a mettere a repentaglio un trattato di dimensioni enormi e dagli enormi risvolti economici, cosa avrebbe potuto fare l’Europa se si fosse davvero interrogata sui pericoli di questo Trattato? Certamente oggi i popoli europei gliene sarebbero stati grati, e, probabilmente, guarderebbero con meno sospetto ad un accordo dietro cui è evidente il grande appoggio dato da multinazionali che non vedranno in faccia nessuno quando si tratterà di colpire la piccola imprenditoria europea. Questa storia ci insegna che è vero: uno scoglio non può arginare il mare. Ma la Vallonia, in questi giorni, ha dato una lezione di orgoglio a tutti. Ed è giusto renderle l’onore delle armi.

LupoSciolto°
31-10-16, 13:01
Davide contro Golia (http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/davide-contro-golia/)

Italia? Germania? Francia? No. A difendere l’Europa dal mercato unico con il Nordamerica ci ha pensato la Vallonia. Orgogliosa e audace, la piccola regione belga ha messo in scacco il CETA ed è riuscito a modificarlo. Che sia un inizio?

di Lorenzo Vita - 28 ottobre 2016 http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/facebook.svg (http://www.facebook.com/share.php?u=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedisside nte.it%2Festeri-3%2Fdavide-contro-golia%2F&title=Davide%20contro%20Golia) http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/twitter.svg (http://twitter.com/intent/tweet?status=Davide%20contro%20Golia+http%3A%2F%2F www.lintellettualedissidente.it%2FSpcAn+@IntDissid ente) http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/google+.svg (https://plus.google.com/share?url=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissident e.it%2Festeri-3%2Fdavide-contro-golia%2F)
L’Europa che crede ancora in sé stessa da oggi ha un nuovo, seppur piccolo, simbolo: la Vallonia. Questo piccolo Stato federale all’interno dell’altrettanto piccolo Belgio, ha rappresentato infatti per qualche tempo l’ultimo spiraglio della flebile speranza per vedere un’Europa non incatenata dal giogo del libero scambio. Perché è successo questo? Ebbene, come in molti Stati federali, il Belgio applica una normativa per la quale il singolo Stato federale ha il diritto e la facoltà di approvare e ratificare o meno l’accordo che vincolerà l’intero Belgio. È così che il Belgio, in qualità di appartenente all’Unione Europea, non ha potuto approvare la versione dell’Accordo che dovrà essere ratificato in questi giorni tra Consiglio Europeo e Canada. Un accordo molto complesso che, in sostanza, eliminerà del 99% i dazi doganali tra Canada ed Unione Europea, di fatto liberalizzando il mercato delle imprese tra queste due aree del mondo. Ai tanti pregi decantati dalla politica europea, che ritiene di aver trovato in questo accordo la soluzione ai tanti problemi che affliggono il mercato occidentale, si sono aggiunti però i sacrosanti dubbi dei piccoli imprenditori del Vecchio Continente, terrorizzati dal massiccio arrivo di imprese canadesi (dunque americane) che, sicuramente abituate ad una cultura del mercato completamente diversa, potrebbero nel giro di poco tempo fagocitare la già martoriata classe imprenditoriale di piccolo taglio di tutta Europa. La Vallonia, con il suo Parlamento, si è fatta carico di questi dubbi ed aveva deciso di rifiutare i approvare il trattato, rendendo quindi impossibile per il Belgio approvare l’accordo e, di conseguenza, per l’intera Europa. Un vero e proprio schiaffo a tutti, che riportava coi piedi per terra chi già stava volando con la mente a uno scenario di mercato unico a forza motrice americana.
Purtroppo alla fine si è piegata, la piccola Vallonia, ma l’epopea è stata di quelle che difficilmente possono essere catalogate nella semplice protesta. E va detto che, seppur non potendo fermare l’impatto devastante di una alleanza tra mondo economico americano ed europeo, il suo piccolo l’ha fatto. Cosa può esserci infatti di più epico nello scontro tra Davide e Golia riportato nella geopolitica economica del Terzo Millennio? Perché di questo si è trattato: di un piccolo (e fino ad oggi insignificante) Staterello federale belga che mette a repentaglio un patto tra Europa e Canada (leggasi Stati Uniti d’America) sostenuto dalle più grandi multinazionali, banche d’affari e fondi di investimento di tutto il mondo occidentale. Da una parte l’Unione Europa e l’America del Nord, dall’altra parte la Vallonia. Purtroppo non è bastata neanche la coraggiosa regione ad affondare il Trattato (per certi versi erede del TTIP), Ma il segnale è stato lanciato e la sfida verso il Trattato resta ancora aperta. A questo punto però i dubbi sorgono a noi: se la Vallonia, una regione di pochissimi milioni di abitanti, è riuscita tramite un voto del suo Parlamento (non certo composto tutto da euroscettici) a fermare il CETA ed a chiedere chiarimenti e garanzie, perché non l’hanno fatto gli altri Governi d’Europa? Perché è davvero curioso che nessuno abbia posto dei paletti mentre a pensare al bene comune ci si è dovuto mettere uno Stato che neanche è indipendente e che anzi, lotta proprio per la sua autonomia. Se è bastata la regione di Namour a mettere a repentaglio un trattato di dimensioni enormi e dagli enormi risvolti economici, cosa avrebbe potuto fare l’Europa se si fosse davvero interrogata sui pericoli di questo Trattato? Certamente oggi i popoli europei gliene sarebbero stati grati, e, probabilmente, guarderebbero con meno sospetto ad un accordo dietro cui è evidente il grande appoggio dato da multinazionali che non vedranno in faccia nessuno quando si tratterà di colpire la piccola imprenditoria europea. Questa storia ci insegna che è vero: uno scoglio non può arginare il mare. Ma la Vallonia, in questi giorni, ha dato una lezione di orgoglio a tutti. Ed è giusto renderle l’onore delle armi.

Onore al Belgio! Finalmente qualcuno rifiuta le lusinghe degli atlantici!!