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Visualizza Versione Completa : 25 aprile, un giorno di festa e lutto



LupoSciolto°
25-04-16, 11:03
Il primo compito di un pensiero critico dovrebbe consistere nella restituzione alla libera discussione razionale di ciò che abitualmente le è sottratto per le ragioni più disparate: le quali spaziano dal dogmatismo alla pressione del pensiero unico politicamente corretto. Come disse Hegel, la filosofia ha anche il dovere di rendere conosciuto ciò che è soltanto noto. Ed ecco allora che possiamo provare, sia pure per cenni e impressionisticamente, a operare in questa direzione con il 25 aprile.
Si tratta di una data che viene assunta indiscutibilmente come dì di festa, da magnificare senza se e senza ma. Eppure credo occorra riflettere seriamente, senza pregiudizi e ideologie, su tale data. A una più attenta analisi, non viziata dal dogmatismo cerimoniale, il 25 aprile dovrebbe essere un giorno di festa e, insieme, di lutto: di festa, giacché coincide con la benemerita sconfitta del nazifascismo in Italia, con tutti gli orrori a cui esso si era accompagnato; di lutto, in quanto alla liberazione seguì senza soluzione di continuità una nuova occupazione. La sacrosanta fine del nazifascismo non coincise, come sempre si dice, con ‘la’ liberazione, bensì con il transito da un’occupazione a un’altra: si passò dall’infame occupazione nazifascista all’altrettanto infameoccupazione americana del territorio italiano, ridotto a colonia atlantista senza sovranità e con occupazione permanente del suolo nazionale con basi militari statunitensi. Non fine dell’occupazione, ripeto, ma passaggio da un’occupazione a un’altra: o, se preferite, liberazione e immediatamente nuova occupazione. Festa e subito dopo nuovo lutto.
Dal 1945 ad oggi il territorio italiano è colonia americana: occorre chiamare le cose col loro nome, se si vuole – diceva Gramsci – essere rivoluzionari e non meri ‘funzionari delle superstrutture’. Anche oggi, dopo il 1989, finito ingloriosamente il comunismo storico novecentesco, il nostro territorio continua a essere occupato da più di 110 basi militari americane. Se Washington decide di attaccare Baghdad o Belgrado, Roma deve cadavericamente fare altrettanto. Ecco una delle conseguenze della nuova occupazione.
Non può esservi democrazia ove il territorio nazionale è occupato dabasi militari straniere e la decisione sovrana del popolo è vanificata aprioricamente: un ateniese del tempo di Pericle si sarebbe messo a ridere se gli si fosse detto che viveva in democrazia con, supponiamo, l’Acropoli occupato da una guarnigione spartana. A noi dal 1945 non viene da ridere: accettiamo un’analoga situazione, come se fosse ovvia e naturale. E chi osa porre il problema è silenziato come ‘estremista’, ‘antiamericanista’, ‘comunista’, ecc. È anche per questo che il 25 aprile è un giorno di festa e insieme di lutto.
Se dovessi spiegarlo a un bambino, impiegherei questa narrativa, semplificante ma, credo, efficace: vi era una casa bella e serena, fintantoché una banda di mascalzoni non la occupò ‘a colpi di revolverate’ (parole di Gramsci). Arrivarono poi dei liberatori che parlavano inglese: i quali cacciarono i mascalzoni. Gli abitanti della casa festeggiarono. E però i liberatori pensarono bene di non andarsene, una volta liberata la casa: si insediarono loro stessi come nuovi occupanti, costringendo i legittimi abitanti a vivere nel sottoscala e amministrando loro la casa. Da liberatori divennero nuovi occupanti: la festa fu breve, perché la liberazione si capovolse subito nel suo contrario.


di Diego Fusaro (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/dfusaro/) | 25 aprile 2016

25 aprile, un giorno di festa e insieme di lutto - Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/25/25-aprile-un-giorno-di-festa-e-insieme-di-lutto/2667325/)

MaIn
25-04-16, 11:35
fusaro ha certamente la sua parte di ragione quando indica quantomeno come stranezza quella dei liberatori che tengono militari nelle zone liberate.
sulla colonia statunitense invece bisognerebbe dire un paio di cose:

1) la sudditanza verso le guerre anglo-statunitensi si è avuta dopo il crollo dell Prima Repubblica. Per quanto la Prima Repubblica fosse costretta a rispettare la divisione in blocchi, aveva anche concepito politiche nazionali in tema di diplomazia stranieri. L'Eni con Mattei ma anche successivamente ha sempre fatto concorrenza alle altre. Purtroppo, in tema di industrie, il nostro grande peccato originale è non aver saputo sfruttare le intuizioni del mondo di Olivetti (forse non è neanche un caso che Casaleggio sia uscito da lì)

2) in questa colonia degli USA si vive meglio che negli USA. Ed è anche questa una stranezza. Certo molto è dovuto ad una forza della società conservatrice italiana, quella che causa gestioni nepotiste e familiari del potere pubblico, è anche quella che esprime i vincoli familiari forti. La presenza di una chiesa cattolica capillare sul territorio, anche se sempre meno. Con il suo ruolo di preservazione etica, centro di aggregazione, conservazione delle tradizioni. Questo specialmente nel mondo rurale meridionale, dove sotto la pennellata si possono ancora vedere processioni e riti ancestrali, ben più antichi del cristianesimo stesso e non intaccati dalla fuffa new age. E infine, la stessa dieta mediterranea che permette standard di salute meno problematici di quelli statunitensi. Tutto questo è ovviamente sotto assedio ma per ora ancora resiste bene, specie nel meridione d'Italia e nei piccoli centri.

Kavalerists
25-04-16, 14:47
fusaro ha certamente la sua parte di ragione quando indica quantomeno come stranezza quella dei liberatori che tengono militari nelle zone liberate.
sulla colonia statunitense invece bisognerebbe dire un paio di cose:

1) la sudditanza verso le guerre anglo-statunitensi si è avuta dopo il crollo dell Prima Repubblica. Per quanto la Prima Repubblica fosse costretta a rispettare la divisione in blocchi, aveva anche concepito politiche nazionali in tema di diplomazia stranieri. L'Eni con Mattei ma anche successivamente ha sempre fatto concorrenza alle altre. Purtroppo, in tema di industrie, il nostro grande peccato originale è non aver saputo sfruttare le intuizioni del mondo di Olivetti (forse non è neanche un caso che Casaleggio sia uscito da lì)

2) in questa colonia degli USA si vive meglio che negli USA. Ed è anche questa una stranezza. Certo molto è dovuto ad una forza della società conservatrice italiana, quella che causa gestioni nepotiste e familiari del potere pubblico, è anche quella che esprime i vincoli familiari forti. La presenza di una chiesa cattolica capillare sul territorio, anche se sempre meno. Con il suo ruolo di preservazione etica, centro di aggregazione, conservazione delle tradizioni. Questo specialmente nel mondo rurale meridionale, dove sotto la pennellata si possono ancora vedere processioni e riti ancestrali, ben più antichi del cristianesimo stesso e non intaccati dalla fuffa new age. E infine, la stessa dieta mediterranea che permette standard di salute meno problematici di quelli statunitensi. Tutto questo è ovviamente sotto assedio ma per ora ancora resiste bene, specie nel meridione d'Italia e nei piccoli centri.

1- Dopo il crollo dell'URSS, e le nuove prospettive di dominio mondiale ( o come si usa dire oggi, globale ) che si spalancavano per gli americani, che le colonie, Italia in primis, potessero mantenere un certo livello di autonomia decisionale specie in politica economica ed estera, semplicemente non andava più bene. Ed ecco a voi la Seconda Repubblica...

2- Concordo in tutto quello che hai scritto, ma tutto ciò al massimo mi fa sentire come italiano, e meridionale, migliore degli yankee, ma purtroppo non riesco a sentirmi solo per questo un uomo più libero, almeno non rispetto al tema del thread.

MaIn
25-04-16, 17:25
1- Dopo il crollo dell'URSS, e le nuove prospettive di dominio mondiale ( o come si usa dire oggi, globale ) che si spalancavano per gli americani, che le colonie, Italia in primis, potessero mantenere un certo livello di autonomia decisionale specie in politica economica ed estera, semplicemente non andava più bene. Ed ecco a voi la Seconda Repubblica...
.

io non condivido la teoria del golpe statunitense in mani pulite.
per quanto mi riguarda semmai la questione è al contrario: il sistema era talmente corrotto che sarebbe dovuto crollare prima ma la divisione in due blocchi impediva qualsiasi azione di massa della magistratura.
l'italia non è nuova a crolli di regime in poco tempo: lo stato liberale durato sessant'anni è crollato velocemente a favore del fascismo, durato ventanni con un Paese che quantomeno si era adattato salvo poi scoprirsi e autodefinirsi oppresso dalla dittatura, e di nuovo un altro sessantennio con partiti che avevano organizzazioni capillari e muovevano milioni di persone che partecipavano del sistema, e di nuovo crollo e altri vent'anni di uomo forte o qualcosa di simile.
se tanto mi dà tanto, ci tocca 60 anni di PD :O
cmq per dire che l'italiano non interiorizza il mondo politico, gli scivola addosso semplicemente.
inoltre negli stessi anni, altre "colonie" come germania e francia avevano governi ben più autonomi di quello italiano.
di fatto, la germania ha costruito un proprio continente intorno alle proprie esigenze, garantendosi sviluppo economico in questi anni e forse anche ponendo le basi per una nuova entità statale. sempre che il trattato transatlantico non smonti l'europa prima che possa aggregarsi anche politicamente.
personalmente considero la merkel la principale colpevole della mancata creazione di un'entità statale in grado di fronteggiare gli usa ma qui vado in ot :)

MaIn
25-04-16, 17:37
2- Concordo in tutto quello che hai scritto, ma tutto ciò al massimo mi fa sentire come italiano, e meridionale, migliore degli yankee, ma purtroppo non riesco a sentirmi solo per questo un uomo più libero, almeno non rispetto al tema del thread.


Le colonie si fanno per sfruttare un Paese. Che si viva meglio nelle colonie che nel Paese colonialista è un ossimoro.
Ora può darsi sia la strana combinazione della presenza sovietica e delle tradizioni europee e italiane in particolare a determinare questa cosa.
E può darsi che questo tenore stia diminuendo proprio perchè ora l'assedio ai nostri stili di vita diventa più forte e meno equilibrato.
Sta di fatto che per 70 anni, la presenza di questo Paese colonialista non ha influite sulla tua vita in negativo. Quale libertà a te come cittadino è impedita per la presenza USA ? si è vero, i nostri governi sono condizionati (o forse solo servi) ma al cittadino è diminuito o aumentato la libertà rispetto al fascismo e rispetto agli Stati sovietici?
e il suo tenore di vita è aumentato con quel misto di tecnologia per la massa che solo il capitalismo USA ha assicurato, istituzioni democratico-liberali e le tradizioni gastronomiche e familiari sopra citate?
questa straordinaria combinazione, forse persa ormai, è stata conveniente o no per il singolo cittadino?

Logomaco
25-04-16, 18:25
Si chiama neocolonialismo, non è la stessa cosa...

Kavalerists
25-04-16, 23:14
L'Intellettuale Dissidente (http://www.lintellettualedissidente.it/) / Italia (http://www.lintellettualedissidente.it/Italia)

http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/uploads/2016/04/549099_4935749746664_608074911_n-705x150.jpg 25 Aprile: memoria per una Resistenza futura Nel corso degli anni, il messaggio originario della Resistenza è stato violentato dalla stessa classe politica (Ds, PD ecc..) che lo celebrava, la quale ha approfittato per snaturarne gli originali contenuti ideologici in favore di una visione più moderata e liberale. Gli eredi politici di questa giornata sono stati volutamente distolti da un messaggio molto importante: la lotta per una nuova Resistenza, contro un nemico molto più grande, il Mercato finanziario.
di Francesco Colaci (http://www.lintellettualedissidente.it/redazione/f-colaci/) - 25 aprile 2016


La Liberazione ha costituito da sempre un evento di grande portata per innumerevoli formazioni partitiche, le quali ripongono la propria origine culturale nei pilastri della cosiddetta Repubblica. Si tratta di un evento che viene salutato ancora oggi da numerosi esponenti politici come una “celebrazione della democrazia”. Tuttavia, il tempo è trascorso: il 25 Aprile è così potuto diventare, nel corso dei decenni, una ricorrenza quasi gradita ad esponenti della sinistra democristiana come agli alleati, Stati Uniti e Regno Unito in particolare. Questi ultimi non hanno liberato il Paese per semplice amore della libertà, ma perché uno stato libero e influenzabile, politicamente ed economicamente, era pur sempre gradito. La speranza di molti combattenti era, contrariamente a quelle anglosassoni, l’alba di una nuova era socialista per l’Italia. Inizialmente, è innegabile che l’anniversario della Resistenza abbia costituito un evento di rilevanza morale, in quei tempi ancora arricchito dall’esperienza di coloro che avevano vissuto in prima persona l’esperienza della guerra: i partigiani sono stati eretti a simbolo del drammatico vissuto del periodo bellico. Al di là della personale appartenenza politica, ogni cittadino italiano aveva sviluppato un alto livello di empatia nei confronti di chi celebrava la fine delle sofferenze comuni, in particolare, coloro che si riconoscevano nella tradizione marxista del Partito Comunista Italiano. Le generazioni successive dei dirigenti “rossi”, gli uomini del dopoguerra, crebbero con una visione ben diversa rispetto ai propri predecessori: una visione più pragmatica e strumentalizzatrice della politica, decisamente meno ancorata al sentimento ideologico e ai valori. Si tratta della cosiddetta generazione della Bolognina, ovvero coloro che già dagli anni ‘70/80, sotto le maschere pseudo-rivoluzionarie, preparavano la nota “svolta” del PCI e che tuttavia continuavano a “onorare” le bandiere rosse. Fra loro figurano D’Alema, Prodi, Fassino, Bersani et similia. Essi erano ancora tesi ad attaccare anacronisticamente un autoritarismo (quello fascista) ormai trascorso, per favorire l’avvento di uno nuovo, l’attuale tirannia finanziaria. Questi personaggi hanno in qualche modo annacquato i contenuti della cosiddetta “Sinistra”, privandola della carica teorica marxista e ideologicamente combattiva che la caratterizzava. Gli ambienti legati tradizionalmente alla storia del PCI e della Resistenza hanno assunto un atteggiamento ambivalente di fronte a questa deriva, da un lato criticando gli esponenti del centro-sinistra, definendoli culturalmente distanti, dall’altro rassegnandosi e appoggiando gli stessi, i quali, nella propria legittimazione, godono ancora dei residui pseudo-identitari di un comunismo oramai ridotto ai minimi termini. Nonostante le maschere sovietiche dei liberaldemocratici siano state gettate via da tempo, la “sinistra” del PD, con simpatizzanti & co., ribadiscono la propria appartenenza a quella Resistenza, fomentando residuali militanti di sinistra ad aizzarsi contro gli ultimi nostalgici del Duce rimasti. Un’ottima strategia, questa, per dividere i cittadini sulla base delle divergenze d’opinione in merito a una dicotomia, (comunismo/fascismo), sempre più priva di senso. Del resto, una cittadinanza scompaginata e in preda a un perenne contrasto interiore, non potrà mai unire le proprie forze contro un nemico che, dall’alto, fa leva sulle debolezze che caratterizzano “destre” e “sinistre” dell’intera Europa. Questo nemico risiede, oggi, nelle tecnocrazie volute dalle grandi multinazionali, le quali hanno rovesciato il tradizionale processo utilitaristico del rapporto Stato-Mercato, dove attualmente è il secondo a servirsi del primo, minandone alla base le istituzioni. L’Unione Europea rappresenta l’ “incarnazione” legittimata di questa inversione di tendenza, mentre molti sedicenti “democratici” continuano a ribadire il contrario, sulla base dei soli principi guida che ufficialmente la caratterizzano. Di fatto, la Costituzione italiana garantisce molti più diritti in ambito sociale (lavoro, stabilità ecc..), rispetto a quanto potrebbe un ordinamento costituzionale europeo. Molti pseudo-progressisti, trasformatisi in conservatori, non comprendono che, oggigiorno, il dispotismo assume vesti piacevoli, concilianti e narcotizzanti, per non dire ipocritamente “democratiche”. Contro un nemico subdolamente seducente, occorre utilizzare armi più efficaci, culturalmente più profonde ed evolute. E’ giunta dunque l’ora che gli intellettuali europei elaborino una nuova strategia, una nuova Resistenza, dove alla contrapposizione fascismo/comunismo, repubblica/regime, buono/cattivo sorgano contrapposizioni dialettiche teoreticamente meno ingenue e storicamente più aggiornate.

25 Aprile: memoria per una Resistenza futura (http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/25-aprile-memoria-per-una-resistenza-futura/)

Gianky
28-04-16, 13:48
io non condivido la teoria del golpe statunitense in mani pulite.
per quanto mi riguarda semmai la questione è al contrario: il sistema era talmente corrotto che sarebbe dovuto crollare prima ma la divisione in due blocchi impediva qualsiasi azione di massa della magistratura.

Non è sbagliato il tuo discorso, con ogni probabilità le due cose, complotto per far cadere la I° repubblica e nel contempo fine della Guerra fredda e quindi inutilità di continuare ad avere la stessa classe politica, potrebbero essere concomitanti. Io sono convinto che le cose possano essere andata esattamente così, il complotto c'è stato ma probabilmente ha assunto anche i caratteri ed i contorni di lasciare mano libera alla magistratura per far fuori una classe politica indubbiamente corrotta e che non solo non serviva più ma era di ostacolo verso il paradiso delle privatizzazioni e della nuova politica. Probabilissimo che le due cose siano andate di pari passo.

LupoSciolto°
28-04-16, 17:01
Io non capisco chi si accanisce contro i partigiani (quelli rimasti) o i loro figli perché festeggiano il 25 aprile. Per me quel giorno segna la fine di un regime sanguinario. Certo è che con gli yankee ne è stato instaurato un altro.

Non vorrei ritornare su discorsi triti e ritriti...ma che ognuno festeggi ciò che vuole. L'importante è ricordare che la liberazione reale non s'è ancora compiuta.

Avanguardia
28-04-16, 17:07
25 aprile, la festa della casta dei politici

LupoSciolto°
28-04-16, 17:18
25 aprile, la festa della casta dei politici

Anche. Ma non solo.

Qui è evidente la differenza del nostro "percorso storico" e politico (ma nella realtà, né io né te, abbiamo vissuto quei drammatici anni).

Chiedo una cosa a tutti gli utenti: non accapigliamoci su tale questione. Le posizioni sono differenti ma almeno su un punto siamo tutti d'accordo: la liberazione reale non s'è affatto conclusa. In questo senso, mi ritrovo nell'articolo di Fusaro.