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Kavalerists
21-06-16, 21:07
L'Intellettuale Dissidente (http://www.lintellettualedissidente.it/) / Esteri (http://www.lintellettualedissidente.it/Esteri)

http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/uploads/2016/06/86834391_4dac4ca1-811e-4750-bcab-a83a500b351c-660x200.jpg Macri e il futuro incerto dell’Argentina Il bilancio del primo semestre di presidenza Macri non può di certo essere considerato positivo: il suo mandato è stato caratterizzato dall’esacerbarsi dei problemi politici ed economici che affliggono l’Argentina, mentre il paese è percorso da un diffuso senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni e, sul campo istituzionale, la contesa è molto aspra, con la presidenza e l’esecutivo in perenne attrito con un Parlamento che diverse volte ha saputo remare contro le riforme proposte, in gran parte correlate ai desideri di restaurazione del neoliberismo.
di Andrea Muratore (http://www.lintellettualedissidente.it/redazione/a-muratore/) - 17 giugno 2016


Mese dopo mese, il presidente argentino Mauricio Macri sta vedendo naufragare tutti i suoi obiettivi politici e assistendo alle numerose difficoltà in cui si trova ad incorrere il progetto di “restaurazione” propugnato dal leader di Cambiemos, che a partire dal suo ingresso alla Casa Rosada nel dicembre scorso ha sin dall’inizio fatto intendere di essere intenzionato a smantellare gli istituti sociali e le riforme economiche varate in Argentina durante le presidenze dei coniugi Kirchner tra il 2003 e il 2015. Stanno venendo alla luce tutte le incongruenze e le debolezze di un progetto politico con ben pochi contenuti innovativi, capace di trarre la sua forza principalmente dalle spaccature interne al Frente para la Victoria nel periodo pre-elettorale e dal supporto garantitogli al ballottaggio tra Macri e il kirchnerista Daniel Scioli dal “dissidente” del FPV Sergio Massa. Macri ha commesso numerosi errori strategici e ha peccato di eccessiva ingordigia, vedendo rapidamente naufragare il consenso conquistato alle urne e assistere a vistosi cali di popolarità a seguito del tentativo di imporre riforme oltremodo impopolari, duramente contrastate dalle opposizioni parlamentari che, dopo alcune settimane di iniziale smarrimento, hanno ritrovato coesione e organicità. Recentemente, i kirchneristi sono riusciti a bloccare in Parlamento i progetti di riforma del mercato del lavoro portati avanti da Macri, desideroso di restaurare il predominio dell’ideologia neoliberista, trovando in questo caso sponda con il gruppo di Sergio Massa che, astenendosi, ha consentito alla Camera di approvare la Ley Antidespidos, la quale prevede l’istituzione di nuove e protettive garanzie contro i licenziamenti dei lavoratori, nei confronti della quale Macri è stato spinto all’inusuale prassi di imporre il veto presidenziale. Il governo dell’ex sindaco di Buenos Aires conosce dalle prime battute forzature o evidenti distorsioni del metodo democratico, dato che Macrì ha largamente abusato della possibilità di promulgare decreti leggi senza passare dalla discussione in Parlamento, giustificandosi con la necessità e l’urgenza che giustificavano i suoi provvedimenti, tentando di forzare in poche settimane una costruzione edificata dai Kirchner nel corso di dodici anni. L’eliminazione dei sussidi all’energia elettrica, la scelta di procedere con la svalutazione del peso al fine di attirare nuovi investitori nel paese e il citato tentativo di riforma del mercato del lavoro sono solo alcune tra le iniziative più significative di un governo che, proseguendo indomito nei suoi tentativi di ritorno al passato, di spostamento a ritroso delle lancette della Storia, ha sinora causato solo un rincaro delle disuguaglianze economiche e della crisi dell’occupazione senza per questo riuscire a risolvere annose questioni come la dilagante inflazione, l’inaccettabile stato della bilancia commerciale e la crisi del settore industriale. In questi campi, i dati riportati dal numero di giugno de “Almanacco Latinoamericano” testimoniano le grandi difficoltà in cui si dibatte l’Argentina di Macri: l’inflazione è al 19,5%, la produzione ha conosciuto un calo del 3,8% su base annua, i salari reali hanno perso l’8% del loro potere d’acquisto reale nel solo periodo compreso tra gennaio e aprile 2014 e, nel complesso, l’amministrazione non ha operato efficacemente in nessuno degli ambiti dove era richiesta un’azione incisiva per correggere le debolezze del sistema e, anzi, continuando ripetitivamente nella sua lotta di demonizzazione del passato ha finito per non capire cosa servisse veramente sviluppare per garantire all’Argentina un futuro stabile. Per cercare di parare i colpi inflittigli dalla repentina perdita di popolarità e dal subbuglio dell’opinione pubblica, manifestatasi negli ultimi giorni in marce di protesta nel centro di Buenos Aires avvicinatesi anche alla Casa Rosada, Macri non ha saputo fare di meglio che presentare il voluminoso dossiere intitolato El estado de l’Estado, un rapporto di 220 pagine preparato da funzionari del governo nel quale sono descritte puntigliosamente le principali carenze sistemiche e, al contempo, si tenta di scaricare la responsabilità per il loro insorgere alle mancanze delle amministrazioni dei coniugi Kirchner. El estado de l’Estado appare come un vero e proprio manifesto di giustificazione del mancato cambiamento di verso, nonché un documento che permette di capire come da un lato anche in Cambiemos vi sia consapevolezza circa il reale livello delle difficoltà del paese ma, dall’altro, nessuna reale volontà di mettersi all’opera per risolverle, dato che lo scaricabarile effettuato è il degno coronamento di una serie di politiche antitetiche rispetto alle concrete necessità dell’Argentina. Il fardello principale che né Nestor né Cristina Kirchner sono riusciti ad alleviare durante i loro mandati è stato quello della corruzione, endemica a livello sistemico e rivelatasi una grave pregiudiziale per il dispiegamento delle riforme progressiste, e diventata una delle principali motivazioni delle contestazioni subite da Cristina Kirchner nell’ultimo periodo della sua presidenza nonché, dato il carattere assunto dall’ultima elezione presidenziale come vero e proprio “referendum” sul kirchnerismo, una delle cause della mancata elezione di Scioli. La nuova classe media nata dalle riforme kirchneriste ha richiesto una maggiore trasparenza ed è cosciente della gravità del problema, tanto macroscopico da portare a un posizionamento dell’Argentina al 107° posto nella classifica degli stati per Indice di Corruzione Percepita, alla pari con Costa d’Avorio, Bielorussia, Ecuador e Togo ed alle spalle di numerosi paesi latinoamericani come Bolivia, Messico, Repubblica Dominicana, Colombia, Perù, Brasile. Un’istanza reale, imminente e sentita dalla popolazione, dunque, che avrebbe reso necessari tempestivi interventi da parte di un governo guidato da una coalizione che dal suo nome stesso si era presentata come il cambiamento: nel concreto, invece, Macri non ha mosso un dito sul campo della corruzione e, anzi, sul piano più generale della trasparenza del sistema si sono visti dei passi indietro piuttosto che dei progressi. Considerando la situazione a livello aggregato, le riforme di Macri hanno sinora intorbidito le acque e, anzi, bisogna registrare le ambigue e fortemente criticate prese di posizione del presidente sul tema della libertà d’informazione, concretizzatesi sin dalle prime settimane in ambigui decreti legge volti a limitare l’accesso alle informazioni da parte dei media e, inoltre, a porre fortissime restrizioni all’ingresso di nuovi attori nel campo televisivo. Ancora più gravi sono stati i provvedimenti di inizio giugno con cui il governo ha annunciato l’imminente chiusura delle emittenti TeleSUR e Russia Today, che entro due mesi cesseranno completamente le trasmissioni sul territorio argentino. La scelta va analizzata tanto dal punto di vista delle ripercussioni interne sull’informazione quanto da quello geopolitico, dato che la chiusura di TeleSUR e Russia Today rappresenta una mossa con cui Macri intende lanciare un chiaro messaggio riguardante il nuovo corso della sua politica estera. Entrambe le emittenti hanno ricevuto forti incentivi nella loro diffusione sul suolo argentino dagli sforzi diplomatici dei coniugi Kirchner, dato che se da un lato Nestor fu tra i principali sostenitori della nascita del canale di informazioni panamericano e finanziò con la maggior quota dopo quella venezuelana la nascita di TeleSUR dall’altro la moglie ammise ufficialmente Russia Today nell’etere dopo aver raggiunto un accordo in tal senso col presidente russo Vladimir Putin nel 2014. I due canali sono dunque due simboli della politica estera del kirchnerismo, sviluppatasi sul versante regionale attraverso la convergenza con gli altri paesi governati da partiti riferibili al socialismo del XXI secolo e su quello globale sulla base dell’avvicinamento progressivo alla Russia e alla Cina, divenute i principali riferimenti commerciali e diplomatici di Buenos Aires a scapito degli Stati Uniti. Macri intende invertire la rotta e, essendo deciso a considerare Washington l’interlocutore principale, non esita a lanciare messaggi attraverso azioni ambigue come quelle recentemente messe in atto, che inoltre hanno permesso al governo di silenziare due voci di opposizioni rilevanti e dai forti appoggi internazionali. La deriva antidemocratica che nel corso dei mesi sta assumendo la presidenza reazionaria argentina è sotto gli occhi di tutti, e viene da pensare che putiferio sarebbe stato messo in atto dal Dipartimento di Stato USA o da altre cancellerie occidentali se governi sudamericani come quello venezuelano o boliviano avessero deciso, da un giorno all’altro, di sospendere le trasmissioni di due televisioni estere. Il bilancio del primo semestre di presidenza Macri non può di certo essere considerato positivo: il suo mandato è stato caratterizzato dall’esacerbarsi dei problemi politici ed economici che affliggono l’Argentina, mentre il paese è percorso da un diffuso senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni e, sul campo istituzionale, la contesa è molto aspra, con la presidenza e l’esecutivo in perenne attrito con un Parlamento che diverse volte ha saputo remare contro le riforme proposte, in gran parte correlate ai desideri di restaurazione del neoliberismo. Il destino della reazione argentina sarà cruciale per capire quali saranno il futuro comportamento e le future mosse che verranno intraprese dagli emuli latinoamericani, primo fra tutti il presidente brasiliano ad interim Temer: egli si è già lanciato, con celerità ancora maggiori di quella di Macri, sulla strada verso la riedificazione dell’ordine neoliberista, tentando di screditare il Brasile di Lùla e Dilma Rousseff nella stessa maniera con cui l’esecutivo argentino demonizza il suo recente passato. Il nichilismo divenuto forma di governo non può che condurre in un vicolo cieco: se i partiti politici latinoamericani facenti riferimento al socialismo del XXI secolo non riusciranno a opporre progetti innovativi ai loro avversari, tuttavia, questo andazzo è destinato a diventare una prassi a livello continentale.

Macri e il futuro incerto dell?Argentina (http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/macri-e-il-futuro-incerto-dellargentina/)

Avanguardia
21-06-16, 23:32
Argentina, Brasile, Perù, Cuba, Paraguay ... E' proprio una reconquista!

Kavalerists
11-01-17, 20:59
La scomparsa dei fatti: dov'è finita la catastrofe neoliberista in Argentina? http://www.lantidiplomatico.it/resizer/resiz/public/macri-proesta-rosario-1.jpg/700x350c50.jpg





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http://www.lantidiplomatico.it/img/wa.png (whatsapp://send?text=http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_scomparsa_dei_fatti_dov_finita_la_catastrofe_ne oliberista_in_argentina/5694_18526/)
Nel tempo della post-verità i media mainstream scelgono i paesi da mettere all'indice come nel caso del Venezuela bolivariano, mentre gli amici neoliberisti come Macri in Argentina sono esenti da critiche

di Fabrizio Verde
C’è un grande assente nelle notizie provenienti dall’America Latina: si tratta del catastrofico bilancio frutto dell’applicazione del liberismo più selvaggio, per un anno, in Argentina.

Tutto ha avuto inizio quando alle elezioni ha vinto per un pugno di voti Mauricio Macri, avendo la meglio sul candidato espressione del kirchnerismo Daniel Scioli. L’imprenditore di origini italiane ha prevalso sull’avversario utilizzando una narrazione mendace: in campagna elettorale ha quasi esclusivamente parlato di maggiore efficienza e lotta a presunti ‘sprechi’. Una volta eletto, alla prova concreta dei fatti il discorso è stato molto diverso.

In un anno al potere, Mauricio Macri, presenta un bilancio che si può definire con un solo termine: catastrofico. Le principali tariffe, ossia acqua, energia elettrica e gas hanno subito forti rincari che vanno dal 200% al 2000%. L’inflazione ha fatto registrare un’impennata che l’ha portata al 50%, mentre la moneta nazionale, il Peso, si è svalutato del 40%.

La politica di austerità selvaggia imposta dal regime macrista ha avuto un impatto drammatico sulle classi popolari, la vita economica e lo sviluppo del commercio. Secondo la Chiesa Cattolica 1,4 milioni di argentini sono scesi sotto la soglia di povertà. Nella capitale Buenos Aires, il tasso di povertà è passato dal 20% al 33%. Secondo dati resi noti dall’Istituto Nazionale di Statistica e Censimento (INEC), il 32% vive in povertà - quindi parliamo di 8,7 milioni di persone - mentre 1,3 milioni di persone, il 6,3% degli argentini, vive in condizioni di povertà estrema.

Non va meglio dal punto di vista del lavoro, nell’ultimo anno sotto la gestione Macri, si sono verificati bel 200.000 licenziamenti. Un’ondata che sembra non conoscere fine.

Senza dimenticare la decisione del governo di permettere alle imprese produttrici di aumentare del 6% il prezzo della quota mensile a partire dal 1 di febbraio. Aumento che va ad aggiungersi al 9% già decretato nello scorso agosto.

Il risultato delle politiche applicate da un governo neoliberista fino al midollo e composto in larga parte da uomini provenienti dalle fila di multinazionali è sotto gli occhi di tutti, tranne che della stampa mainstream, evidentemente troppo impegnata a diffamare il socialismo bolivariano che resiste nonostante i colpi sempre più forti portati da un’implacabile guerra economica.
Una stampa che ‘distratta’ da improbabili ingerenze russe su elezioni e referendum in giro per il mondo, finge di non vedere le sofferenze che patisce il popolo argentino.
Secondo quanto rivelato dall’Istituto di Statistica e Censimento dell’Argentina (INDEC) le disuguaglianze sociali sono letteralmente esplose. Il 10% della popolazione più ricca ha ottenuto entrate di 25,6 superiori rispetto al 10% di popolazione più povera.

Gli argentini più poveri vivono con 1.370 pesos (85 dollari) al mese, mentre i più ricchi possono godere di 34.998 pesos (2.173 dollari). Viene da chiedersi dove sono quegli stessi media e opinionisti vari sempre pronti a fustigare il Venezuela bolivariano che ha provveduto ad aumentare del 50% salari e pensioni per difendere il reddito dei lavoratori da guerra economica e inflazione indotta (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-Manuale_Di_Stupidaggini_Sullinflazione_In_Venezuel a/5694_17978/).
http://www.lantidiplomatico.it/public/images/images%281%29.jpg
L’Argentina ha chiuso l’anno 2016 con una caduta del 3,8% del PIL nel terzo trimestre, mentre l’attività industriale ha subito una contrazione del 4,1%.

Il tutto avviene mentre il presidente Mauricio Macri che in campagna elettorale aveva promesso di portare il livello di povertà in Argentina a zero, si rimangia la promessa dicendo che questo è impossibile.

A chi afferma, con evidente disonestà intellettuale, che il socialismo ha portato il Venezuela allo sfascio, bisognerebbe chiedere il neoliberismo selvaggio dove sta conducendo l’Argentina? La risposta è facile: allo stesso drammatico punto dove si trovò agli albori del nuovo secolo.


La scomparsa dei fatti: dov' finita la catastrofe neoliberista in Argentina? - ALBA LATINA - L'Antidiplomatico (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_scomparsa_dei_fatti_dov_finita_la_catastrofe_ne oliberista_in_argentina/5694_18526/)

Kavalerists
20-01-17, 21:18
L’ultimo tango di Macri

L’Argentina di Mauricio Macri, il leader politico che ha inaugurato la “controrivoluzione” continentale che ha messo alle strette l’esperienza bolivariana, vive oggi una profonda crisi.

di Andrea Muratore - 20 gennaio 2017 http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/facebook.svg (http://www.facebook.com/share.php?u=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedisside nte.it%2Festeri-3%2Flultimo-tango-di-macri%2F&title=L%E2%80%99ultimo%20tango%20di%20Macri) http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/twitter.svg (http://twitter.com/intent/tweet?status=L%E2%80%99ultimo%20tango%20di%20Macri +http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissidente.it%2FYm EOk+@IntDissidente) http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/google+.svg (https://plus.google.com/share?url=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissident e.it%2Festeri-3%2Flultimo-tango-di-macri%2F)


Nella storia recente dell’Argentina si può leggere la caleidoscopica sequela di eventi che sta caratterizzando negli ultimi anni l’America Latina. Il paese più meridionale del Sud America, infatti, è stato teatro della prima, seria débâcle elettorale dei regimi politici aderenti all’ideologia del “socialismo del XXI secolo” (http://www.circoloproudhon.it/shop/il-socialismo-del-xxi-secolo/), ma al tempo stesso vive oggi problemi di ampissima portata a causa della deficitaria gestione a cui è sottoposta ad opera dei nuovi governanti. La vittoria di Mauricio Macri alle elezioni presidenziali argentine del novembre 2015 è stata ottenuta dal leader della coalizione Cambiemos sulla scia delle tensioni e delle difficoltà che avevano caratterizzato l’ultimo biennio della presidenza di Cristina Fernandez de Kirchner, che succedendo al marito Nestor nel 2007 ha completato un dodicennio di governo denso di significati avvenimenti (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwj5-tqbi8zRAhXmIsAKHYGDAcAQFggaMAA&url=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissidente.it%2 Festeri-3%2Fbilancio-sul-kirchnerismo%2F&usg=AFQjCNGmi2gYimilvuDW2Na4TEWqIlMlGA&sig2=-2Ej8d_jynAH2eiUEhZBOg&bvm=bv.144224172,d.ZGg) finendo poi per fallire proprio nella determinazione di un’adeguata successione politica.

Macri ha guidato una vera e propria “controrivoluzione” affermandosi sul candidato del Partido Jusiticalista Daniel Scioli sfruttando tutte le ambiguità che, in Argentina come nel resto del continente, hanno bloccato il completo dispiegamento delle politiche riformiste dei regimi del “socialismo del XXI secolo”: in primo luogo, Macri ha infatti conquistato le nuove classi medie di recente formazione, figlie della crescita economica seguita al drammatico default del 2001 e turbate dall’inizio di un periodo di recessione dopo l’esaurimento dell’intensa decade dorada di sviluppo economico e sociale intercorsa tra il 2003 e il 2013; di conseguenza, egli ha sfruttato ampiamente la difficoltà affrontata dal governo kirchnerista nello svincolare il sistema economico nazionale dalla dipendenza dal tradizionale dogma “estrattivista” (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwijs5HtjMzRAhXmKsAKHUtZAZYQFggaMAA&url=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissidente.it%2 Festeri-3%2Fil-bolivarismo-oltre-lestrattivismo%2F&usg=AFQjCNFVk1I0O4ep4t-JEAxA2OONljy9ww&sig2=RDZP5GV74Q5f2Q8O2f-pJA&bvm=bv.144224172,d.ZGg) e nell’operare una diversificazione generalizzata, cosa che in una fase di crollo dei prezzi delle commodities sui mercati internazionali ha pregiudicato l’azione di molti governi latinoamericani aggravandone la crisi. Altro punto da non sottovalutare è stata la presa di posizione compiuta da Macri contro la corruzione dilagante a tutti i livelli nel sistema governativo argentino, contro la quale entrambi i coniugi Kirchner hanno intrapreso azioni poco incisive.
http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/uploads/2017/01/024742.jpgMauricio Macri con il Presidente messicano Enrique Peña Nieto alla Casa Rosada di Buenos Aires. Nel suo anno da Presidente dell’Argentina, Macri ha disfatto progressivamente il tessuto di alleanze regionali costruito dal paese nell’ultimo decennio, schierandosi ad esempio in maniera fortemente contrapposta al governo bolivariano del Venezuela


A un anno dall’insediamento alla presidenza, il grande bluff su cui si fondava l’ambizione politica dell’attuale inquilino della Casa Rosada, che puntava fortemente il dito contro le politiche di assistenza sociale dei Kirchner e propugnava mosse di chiaro stampo neoliberista e una netta deregolamentazione economica e finanziaria come chiave della ripresa del paese, è stato ampiamente svelato. Già a sei mesi dall’inizio della presidenza Macri (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=8&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwj2l-uTj8zRAhWEsxQKHeRGCl0QFggxMAc&url=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedissidente.it%2 Festeri-3%2Fmacri-e-il-futuro-incerto-dellargentina%2F&usg=AFQjCNHZaEWTJBs9oKV3wYSFZP4vpPKfEw&sig2=3yXgo6FzsAqkmmE442UV2Q), l’inefficacia della sua azione di governo si era palesata apertamente, tanto da spingere Miriam Lewin su L’Espresso (http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2016/06/09/news/mauricio-macri-il-presidente-italiano-fa-piangere-l-argentina-1.270765) a definire il magnate di Buenos Aires come:


«Il Presidente che ha fatto piangere l’Argentina»: «in pochi mesi Mauricio Macri», scriveva a giugno la Lewin, «[…] ha raso al suolo a suon di decreti l’intera costruzione politica del kirchnerismo incentrata sui Diritti Umani e Civili e sulla pratica economica keynesiana a sostegno del mercato interno e del salario. […] Macri, con i suoi slogan sulla “rivoluzione dell’allegria” e sulla “Povertà zero” aveva illuso di poter raddrizzare un’economia zoppicante. In realtà ha operato finora con l’obiettivo di reinserire l’Argentina all’interno del circuito finanziario internazionale, seguendo i dettami classici dell’ortodossia monetaria»
Procedendo verso il finire del 2016, il bilancio si è ulteriormente aggravato, come dimostrato da un recente rapporto della dottoressa Angélica Rotondaro (https://www.unisg.ch/en/wissen/newsroom/aktuell/rssnews/meinung/2016/dezember/argentina-angelicarotondaro-nicolasmatthieu-22dezember2016), del Saint Gallen Institute of Management in Latin America (GIMLA), nel quale è stato particolarmente forte l’accenno alla presenza di un elevato tasso di disoccupazione (9,4%) associato a un parallelo incremento continuo del tasso di inflazione (giunto al 43,4 su base annua), dati negativi che TeleSur ricorda essere al loro apice (http://www.telesurtv.net/english/news/Macris-First-Year-Gave-Argentina-Highest-Inflation-in-14-Years-20170112-0012.html) da quattordici anni a questa parte. Oltre alla negativa congiuntura macroeconomica, Macri è accusato anche delle crescenti fratture che stanno significativamente contraddistinguendo la società e la politica argentina: se infatti nel corso dei primi mesi del suo governo egli è riuscito più volte a costituire un asse con la componente antikirchnerista del Partido Justicialista guidata da Sergio Massa, che ha consentito l’implementazione di diverse riforme in Parlamento, la luna di miele tra Cambiemos e gli “alleati di complemento” si è rapidamente esaurita (http://www.businessinsider.com/r-macri-honeymoon-with-argentinas-congress-appears-over-after-first-year-2016-12?IR=T), vista la volontà di Massa di dettare un’agenda meno squilibrata in vista del voto per il rinnovo dell’assemblea legislativa previsto nel 2017. Al tempo stesso, la persecuzione giudiziaria contro Milagro Sala, attivista fondatrice del movimento Tupac Amaru che si batte per i diritti delle popolazioni native e delle fasce meno abbienti della popolazione, e la battaglia delle popolazioni mapuche contro le politiche energetiche di Macri (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=14&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjv_YCLlszRAhVMCsAKHW0_AWUQFghrMA0&url=http%3A%2F%2Fwww.bbc.com%2Fnews%2Fworld-latin-america-36892770&usg=AFQjCNGrSQcSEouUCqvLEekr_A2lAbSrFQ&sig2=FyCyDNzOfl7BaRhS5Nz84Q), aperto fautore del fracking, sono paradigmatiche degli squilibri interni della nuova Argentina che, in poco meno di un anno, si trova in una situazione pericolosamente simile a quella sperimentata nei disastrosi anni Novanta.
http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/uploads/2017/01/0014182325.jpgMilagro Sala e Papa Francesco. Anche il Pontefice argentino ha usato a più riprese parole dure per denunciare la condizione precaria in cui l’attivista è mantenuta a seguito del processo che la vede imputata per il presunto coinvolgimento in atti di vandalismo che avrebbero contraddistinto una protesta contro il Senatore Gerardo Morales, oggigiorno governatore di Jujuy, Stato natale della Sala. Come riportato dall’Almanacco Latinoamericano di dicembre: «nel corso del processo è stato provato che la Sala non era in quella protesta e solo un testimone (che peraltro cercò di occultare di lavorare per il governatore di Jujuy), la segnalò come l’organizzatrice»; tuttavia, a fine dicembre 2016, la Sala è stata colpita da una doppia condanna in sede civile (una multa e l’interdizione per tre anni dai pubblici uffici), mentre dal 16 gennaio 2016 risulta detenuta nel carcere di Alto Comedero, secondo molti attivisti in maniera illegale


La condizione in cui si trova l’Argentina ha chiarito apertamente all’America Latina come la risposta alla crisi dei governi populisti maggioritari dall’inizio del XXI secolo non passi affatto per un completo ritorno al passato, con lo slittamento all’indietro delle lancette della Storia verso la condizione, vista col senno di poi a dir poco deplorevole, in cui il continente aveva affrontato gli Anni Novanta. Se l’Argentina, in ogni caso, ha aperto la crisi dei populismi latinoamericani, l’Ecuador potrebbe certificare tanto il suo decisivo aggravamento quanto l’esistenza di spiragli di riscatto (http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/ecuador-stress-test-per-la-revolucion-ciudadana/): nelle imminenti elezioni presidenziali, infatti, le forze del “socialismo del XXI secolo” puntano a conquistare la loro prima importante affermazione elettorale da due anni a questa parte in un clima a dir poco complesso. Esperienze come quelle della Bolivia e del Nicaragua insegnano che la parabola storica del “socialismo del XXI secolo” non è affatto conclusa.

I governi ad esso aderenti, in ogni caso, dovranno essere in grado di riqualificare i loro obiettivi, mentre al contempo le forze politiche estromesse dal potere dovranno dimostrare originalità e profondità di visione al fine di presentare piattaforme progressiste che sappiano portare a una riconquista dei consensi in sede elettorale. In Argentina, questa strada passerà inevitabilmente per il prossimo, cruciale, appuntamento elettorale: il prossimo ottobre (precedute da primarie in agosto) si terranno infatti le lezioni legislative con cui verrà rinnovato un terzo del Senato per il periodo 2017-2023 e la metà della Camera per il periodo 2017-2021. Questo test sarà decisivo per conoscere le possibilità di riscatto del Partido Justicialista e, soprattutto, le capacità di reazione della sua leadership dopo l’uscita della sua principale rappresentante dalla Casa Rosada e il flop alle presidenziali del 2015, nonché la capacità di costituzione di una piattaforma alternativa a quella di un Presidente che, scegliendo ottusamente la via del conformismo neoliberista, ha avviato il suo mandato in maniera fallimentare e ora appare più che mai in balia degli eventi.

L?ultimo tango di Macri (http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/lultimo-tango-di-macri/)