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LupoSciolto°
05-08-16, 18:42
Libia: gli USA chiamano, l’Italia è in guerra


16:07 04.08.2016(aggiornato 16:58 05.08.2016) Tatiana Santi


L’Italia, se necessario, concederà le basi militari di Sigonella per i bombardamenti americani in Libia, come era da aspettarsi, perché Roma, dopo gli accordi firmati con Washington, non ha poi tanta scelta. Gli Stati Uniti chiamano, l’Italia è in guerra.


Come annunciato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, se gli Stati Uniti lo chiedessero, le basi di Sigonella saranno disponibilissime per i raid in Libia. Si tratterà di 30 giorni di bombardamenti contro la roccaforte di Daesh a Sirte, dicono gli americani. Qualche bomba e via insomma… Tuttavia non c'è traccia di alcun coordinamento né con il governo di Tobruk, né tantomeno con la Russia, che ha già definito illegali i bombardamenti americani.


L'Italia, che di fatto entra in guerra, si piega di nuovo alle decisioni degli Stati Uniti, perché? Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Mirko Molteni, giornalista esperto di storia e argomenti militari, collaboratore di "Analisi Difesa" e del quotidiano "Libero".


— Gli Stati Uniti aprono la guerra in Libia. Se sarà richiesto, le basi di Sigonella saranno disponibili per i raid. L'Italia è di fatto in guerra?



Mirko Molteni, giornalista esperto di storia e argomenti militari
— Tecnicamente è quasi in guerra. Il problema è che l'ISIS già da tempo ha iniziato a minacciare attentati in territorio italiano, soprattutto mettendo nel mirino Roma in quanto capitale mondiale del Cristianesimo. Il fatto del concedere o meno le basi non cambierà di molto il rischio attentati. Vari estremisti sono stati arrestati in territorio italiano negli ultimi mesi, l'ultimo era un pakistano arrestato a Vaprio D'Adda in Lombardia. È stato accusato di aver preparato attentati jihadisti su territorio italiano.


— Che rischi corre l'Italia con il suo coinvolgimento nella guerra libica?


— Sicuramente aumenterebbe il livello della minaccia, che però è già abbastanza consistente. Questo coinvolgimento potrebbe contribuire ad eliminare l'illusione dell'Italia di sentirsi più al riparo da una minaccia terroristica.


È vero che l'Italia non era in cima alla lista degli obiettivi dell'ISIS, ma è anche vero che la polizia e i servizi segreti italiani hanno lavorato molto bene nell'arrestare molti sospetti. Le notizie sugli arresti dei jihadisti fanno meno notizia rispetto ad un tragico attentato. Lo Stato dovrà comunque migliorare sempre più la sorveglianza e l'azione preventiva.


— Le basi NATO in Italia, che vengono sempre più implementate, sono fondamentali per le strategie di guerra degli Stati Uniti. L'Italia, che ha inoltre firmato in merito un accordo con Washington l'anno scorso, è una vera piattaforma di lancio e di guerra. Il governo italiano non ha voce in capitolo, no?



Libia: l'Italia che fa?
— Certo! Questo accodarsi alle grandi potenze è una tendenza tipica dell'Italia degli ultimi decenni. Già nel 2011, tra l'altro proprio in Libia, il governo di Berlusconi non è riuscito a opporsi alla campagna aerea contro Gheddafi scatenata dalla Francia di Sarkozy. L'Italia è stata costretta ad accodarsi a Francia e Stati Uniti in quello storico errore che ha creato instabilità in Libia.


Venendo ai fatti più recenti, è evidente che questa campagna aerea di 30 giorni iniziata dagli Stati Uniti su richiesta del governo di Tripoli di Serraj è un'iniziativa più politica che militare. Serraj chiede aiuto agli Stati Uniti per potersi legittimare come unico leader di governo credibile della Libia attuale. Sappiamo benissimo invece che c'è anche il Parlamento di Tobruk a cui fanno capo le forze del generale Haftar, anch'esse molto impegnate contro l'ISIS nella zona di Bengasi. La Libia ancora non conta un governo unitario. Un intervento straniero in Libia andrebbe accordato anche con le milizie di Haftar, impegnata contro l'ISIS.


— Con la concessione delle proprie basi, l'Italia viene meno del suo ruolo di intermediario puramente politico che rivestiva fino adesso mantenendo un profilo basso. Come si spiega quest'accodarsi e questo servilismo nei confronti degli Stati Uniti?


— È il frutto di 70 anni di storia, dell'allineamento dell'Italia all'interno della NATO. Finita l'Unione Sovietica e il Patto di Varsavia, è venuto a cessare il pericolo dall'Est, oggi la Russia è nostro alleato alla lotta al terrorismo nei fatti. In Italia però è continuata un'abitudine mentale della classe politica di delegare i propri interessi agli Stati Uniti. Dovranno passare molti anni perché ci si riabitui veramente a pensare in termini di interesse nazionale.


— A proposito di Russia, da Mosca è già arrivata la reazione ai raid americani in Libia, ritenuti dal Cremlino illegali. Secondo te la partecipazione dell'Italia a questi raid con la concessione delle basi potrà intaccare i rapporti fra Roma e Mosca?


— I rapporti direttamente con la Russia credo di no, perché Mosca capisce che l'Italia in un certo senso è obbligata. Questi bombardamenti potrebbero portare ad una recrudescenza della rivalità fra i due governi libici. Per cui si vanno a minare i tentativi di mediazione. La parte di Tobruk non è stata consultata sulle azioni militari degli Stati Uniti.


Se le due maggiori potenze, Stati Uniti e Russia, volessero collaborare nel vero senso della parola contro l'ISIS, si potrebbe studiare un'azione anche in Libia contro la roccaforte dell'ISIS a Sirte, però con una maggiore efficienza. I raid americani in Siria per esempio di fatto rischiano di creare più problemi all'aviazione russa, perché non si coordinano bene. Una campagna militare di 30 giorni su Sirte è chiaramente un'azione quasi solo politica.


L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.

http://it.sputniknews.com/opinioni/20160804/3232943/italia-usa-libia-guerra-sigonella.html

LupoSciolto°
05-08-16, 18:55
Libia, prepariamoci ai nostri Bataclan
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Ineffabili americani. Prima costituiscono in Libia un governo fantoccio, quello di Al-Sarraj, che fino a poco tempo fa era così ben visto dalla popolazione libica che era costretto a starsene, con i suoi ministri, su un barcone imboscato nel porto di Tripoli. Adesso che questo governo ha ottenuto l’appoggio della fazione di Misurata, ma non quello del governo antagonista di Tobruk e tantomeno delle altre mille milizie che agiscono in Libia, gli Stati Uniti gli han fatto chiedere il loro soccorso. Qualcosa che somiglia molto alla richiesta di ‘aiuto’ dei Paesi fratelli quando l’URSS invadeva l’Ungheria e la Cecoslovacchia che erano insorte contro i governi filosovietici.
Gli americani hanno tenuto a precisare che i loro raid su Sirte e altrove saranno “di precisione”. Speriamo che non abbiano gli stessi effetti dei ‘missili chirurgici’ e delle ‘bombe intelligenti’ usati nella prima guerra del Golfo del 1990. Sotto le luminarie dei traccianti e dei fuochi d’artificio che ci faceva vedere la Tv italiana con Fabrizio Del Noce piazzato sulla terrazza del più grande albergo di Bagdad, cioè un albergo del nemico che controllava ancora la sua capitale (altra stranezza delle guerre moderne) sono morti 167.000 civili, fra cui 48.000 donne e 32.195 bambini (dati al di sopra di ogni sospetto perché forniti, sia pur fortuitamente, da una funzionaria del Pentagono).
Al-Sarraj s’è affrettato ad assicurare che il suo governo “respinge qualsiasi intervento straniero senza la sua autorizzazione”. Il fantoccio di Tripoli sa benissimo che una guerra aperta e dichiarata alla Libia compatterebbe tutti i libici di qualsiasi fazione perché esiste pure là, anche se a noi può sembrar strano, un sentimento e un orgoglio nazionali. E questo andrebbe a tutto vantaggio dell’Isis che è il gruppo più forte, meglio armato, più determinato che in breve tempo ingloberebbe anche le altre milizie. Ma ciò che dice al-Sarraj è una barzelletta a cui è difficile credere sia perché ciò che nega è già avvenuto, sia perché è alle dirette dipendenze del governo americano a cui è legata la sua sopravvivenza, e gli USA faranno quello che vorranno, sia perché sul terreno sono già presenti truppe speciali americane, inglesi e francesi.
Ineffabili americani. Prima, nel 2011 attaccano, insieme ai francesi, la Libia, Stato sovrano rappresentato all’ONU, e contro la volontà dell’ONU, disarcionando il dittatore Gheddafi con cui avevano fornicato fino al giorno prima, provocando la disarticolazione di quel Paese dove mille milizie sono adesso in guerra fra loro. Poi, per cercare di rimediare al disastro che hanno causato, la ribombardano nel 2016. A quell’attacco partecipò anche l’Italia che era l’ultima ad avervi una qualche convenienza dato che aveva consistenti interessi economici in Libia e il presidente Berlusconi ottimi rapporti con il leader libico che solo pochi mesi prima aveva accolto anche troppo sontuosamente a Roma. E infatti Berlusconi era contrario a quella guerra e quindi è doppia la sua responsabilità nell’aver seguito francesi e americani in quell’avventura.
Non c’è niente da fare, passano gli anni passano i decenni ma noi non riusciamo a liberarci della pelosa tutela dell’ ‘amico amerikano’. Nel 1999 partecipammo all’aggressione alla Serbia (gli aerei americani partivano da Aviano), guerra anche questa a cui l’ONU s’era dichiarata contraria. E anche con la Serbia noi avevamo solidi rapporti di amicizia che risalivano addirittura ai primi del ‘900 quando a Belgrado si pubblicava un quotidiano intitolato Piemonte (i serbi infatti vedevano nell’Italia che si era da poco unita un esempio per conquistare la propria indipendenza sotto le forme di una monarchia costituzionale). Il nostro coinvolgimento nella guerra alla Serbia in quanto membri della Nato non era per nulla obbligato, tant’è che la piccola Grecia, che fa parte anch’essa della Nato, si rifiutò di parteciparvi.
Adesso saremo costretti a fornire la nostra base di Sigonella dove sono presenti una dozzina di droni e di caccia americani.
Bel colpo. Finora il governo Renzi, seguendo la linea di Angela Merkel, si era tenuto prudentemente ai margini del casino mediorientale e per questo l’Isis non aveva colpito né noi né i tedeschi (gli attentati terroristici in Germania sono stati fatti da psicopatici sulle cui azioni poi l’Isis ha messo il cappello). Adesso dovremo attenderci anche in Italia attacchi dell’Isis che più viene colpita in Medio Oriente e più, logicamente, porta la guerra in Europa. Vedremo come reagiranno le mamme italiane quando avremo anche noi i nostri Bataclan.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 4 agosto 2016

FONTE: http://www.massimofini.it/articoli/libia-prepariamoci-ai-nostri-bataclan