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LupoSciolto°
06-09-16, 17:59
Il fallimento del Jobs Act: finiti gli incentivi rimangono voucher e precariato

Pubblicato da keynesblog (https://keynesblog.com/author/keynesb/) il 29 agosto 2016 (https://keynesblog.com/2016/08/29/il-fallimento-del-jobs-act-finiti-gli-incentivi-rimangono-voucher-e-precariato/) in Economia (https://keynesblog.com/category/economia/), Italia (https://keynesblog.com/category/italia/), Lavoro (https://keynesblog.com/category/lavoro/)
https://keynesblog.files.wordpress.com/2013/11/precari-tregiorni_021.jpg?w=560
di Marta Fana da Il Manifesto del 26.8.2016
Sono impietosi gli ultimi dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps: si assiste a un crollo dei contratti a tempo indeterminato, bilanciato da un aumento dei contratti a termine e di un sempre più diffuso utilizzo dei voucher.

Nei primi sei mesi del 2016, le cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato superano le nuove assunzioni facendo registrare un saldo negativo di 120.253 unità, un dato di gran lunga inferiore ai numeri relativi allo stesso periodo del 2015, in cui i nuovi contratti netti a tempo indeterminato erano 131.502. Il dato dipende esclusivamente dalla riduzione delle assunzioni, -33% rispetto al 2015; le cessazioni quest’anno non superano quelle del primo semestre dell’anno appena trascorso.
https://keynesblog.files.wordpress.com/2016/08/trasformazioni-ti.jpg?w=560&h=322
Inoltre, fin qui, la dinamica complessiva del tempo indeterminato fa peggio anche del 2014, anno in cui il Jobs Act (Decreto Poletti a parte) e gli sgravi erano soltanto un annuncio. Nonostante la contrazione delle assunzioni a tempo indeterminato si distribuisca su tutte le categorie di lavoratori, coloro che ne risentono maggiormente sono le donne e i giovani fino ai 29 anni. Inoltre, dei nuovi contratti a tempo indeterminato, solo il 57,6% è a tempo pieno (era il 59,3% nel 2015). Dal punto di vista qualitativo, è il commercio a trainare le assunzioni, lo stesso che chiede e impone con la contrattazione aziendale condizioni peggiorative per i lavoratori.
Rallentano anche le trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, -37% rispetto al 2015, anch’esse inferiori rispetto ai valori del 2014. È questo uno dei dati più eclatanti che il rapporto Inps fa emergere: l’effetto di stabilizzazione dei precari con contratti a termine una volta finiti gli sgravi si è interrotto.
https://keynesblog.files.wordpress.com/2016/08/trasformazioni-ti1.jpg?w=560&h=322
Qui, il ruolo del Jobs Act emerge solo nei mesi di marzo e aprile 2015. Ne è ulteriore prova l’andamento dei contratti di apprendistato che nel primo semestre di quest’anno si mostra costantemente crescente, contrariamente a quanto avvenuto un anno fa. Di nuovo, l’interpretazione più immediata e forse plausibile va rintracciata nella legge di stabilità 2015 che escludeva l’apprendistato dagli sgravi, facendone quindi venir meno il suo carattere di contratto più vantaggioso in termini di costi. Ora che gli sgravi sugli altri contratti sono diminuiti, le aziende trovano conveniente usare l’apprendistato come forma di contratto di inserimento verso una posizione formalmente a tempo indeterminato.
Quel che rimane quindi è il lavoro precario, contratti a termine e voucher. I primi aumentano del 24% nel confronto con il 2015, dato trainato da un netto calo delle cessazioni, mentre le assunzioni aumentano di un esiguo 0,6%. Anche in questo caso emerge il ruolo che gli sgravi contributivi del 2015 hanno giocato sulla dinamica contrattuale: nel 2015 le cessazioni di rapporti a termine erano funzionali alle trasformazioni che avrebbero beneficiato della decontribuzione.
Infine, il dato sui voucher, quello più allarmante: tra gennaio e giugno di quest’anno ne sono stati venduti 69.899.824, in aumento del 40% rispetto a un anno fa e del 145% rispetto al 2014. Un dato che si commenta da sé ed esprime la deriva del mondo del lavoro italiano, sempre più usa e getta, strappato alla sua funzione collettiva e democratica. In queste condizioni, non dovrebbe stupire la stagnazione dell’economia italiana, così come non può trovare altra spiegazione il dato della povertà dei giovani italiani, la categoria che più tra tutte subisce lo sfruttamento a mezzo di voucher, sempre più imbrigliati da una vita non più precaria ma ormai occasionale e accessoria.

Fonte: ​https://keynesblog.com/2016/08/29/il-fallimento-del-jobs-act-finiti-gli-incentivi-rimangono-voucher-e-precariato/

Logomaco
06-09-16, 18:38
Lo scopo del jobs act era (e') sostenere i datori di lavoro con gli incentivi e diminuire le garanzie per i lavoratori

Logomaco
06-09-16, 18:45
Anche grazie a fattori esogeni favorevoli c'è stata una modesta crescita, ma l'effetto si è esaurito e ora si va verso la stagnazione, se va bene


http://i2.res.24o.it/images2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/2016/09/03/Prima%20Pagina/ImmaginiWeb/FOTO-GRAFICO_Pil-Istat-II-trimestre-2016-01.png

Saturno
06-09-16, 20:10
Questo dimostra che il costo del lavoro in Italia è troppo alto, c'è bisogno di abbattere il cuneo fiscale in modo generalizzato

Logomaco
06-09-16, 22:17
Questo dimostra che il costo del lavoro in Italia è troppo alto, c'è bisogno di abbattere il cuneo fiscale in modo generalizzato

Se non si rilancia la domanda interna, anche abbattendo il cuneo fiscale non si creano nuovi posti di lavoro. Semplicemente, i datori di lavoro si ritroveranno con più soldi in tasca

Logomaco
06-09-16, 22:21
Se non si rilancia la domanda interna, anche abbattendo il cuneo fiscale non si creano nuovi posti di lavoro. Semplicemente, i datori di lavoro si ritroveranno con più soldi in tasca


Per rilanciare la domanda interna serve il reddito di cittadinanza per i disoccupati. 500 euri al mese (quanto una pensione minima) ai disoccupati, perlopiu' gente giovane, gente che spende.

LupoSciolto°
07-09-16, 00:06
D'accordio con Logo! Inoltre bisognerebbe vietare il pagamento tramite voucher e abolire tutte le immonde leggi precarizzanti partorite dalla sinistra rosa-pallido, dalla destra banans e dai bocconiani.

LupoSciolto°
05-10-16, 21:13
Voucher, lo studio Inps: “Girone infernale che non fa emergere il nero. Servono solo a tenere basso il costo del lavoro”

http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2015/04/boeri-nuova-2-675.jpgLavoro & Precari


Un paper di tre ricercatori dell'istituto previdenziale mette in luce come i buoni da 10 euro destinati in teoria al pagamento di prestazioni occasionali "per arrotondare" siano in realtà l'unica fonte di reddito per un'ampia platea di precari che non sono mai entrati "nell'Olimpo dei contratti stabili". "E se li abolissimo?", è la conclusione. Il problema è che in quel caso le imprese dovrebbero spendere di più

di Fiorina Capozzi (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/fcapozzi/ptype/articoli/) | 5 ottobre 2016







I voucher da 10 euro destinati sulla carta a remunerare le prestazioni di lavoro occasionale non fanno emergere il sommerso. Ma servono piuttosto a inquadrare una forma di lavoro precario e a basso costo, costringendo chi viene pagato in questo modo in un vero “girone infernale” da cui è difficile uscire. Lo scrive nero su bianco l’Inps nel suo recente Quaderno di ricerche sul lavoro accessorio. “Una delle (irrealistiche) aspettative del legislatore era che il voucher servisse per l’emersione dal nero”, si legge nello studio firmato da Bruno Anastasia, Saverio Bombelli e Stefania Maschio. “Prove statistiche affidabili di un tale passaggio non sono state ottenute, né lo possono essere se non in via del tutto indiziaria”. E, ad ogni modo, si tratterebbe comunque di una “componente irrisoria”, come rivela l’analisi dell’ente previdenziale, che il presidente InpsTito Boeri ha annunciato via Twitter presentandola come un compendio di “tutto (o quasi) quello che vorreste sapere sui voucher e non avete mai osato chiedere“.Ma non finisce qui. Numeri alla mano, il sistema dei voucher mostra tutte le sue debolezze dando ragione al presidente Boeri, che lo ha definito “la nuova frontiera del precariato” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/29/buoni-lavoro-boeri-rischiano-di-diventare-la-nuova-frontiera-del-precariato/1729848/). Tanto per cominciare, il voucher non è affatto un grande “successo”: certo i numeri sono in crescita esponenziale (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/19/lavoro-inps-nei-primi-7-mesi-venduti-843-milioni-di-voucher-362-e-basta-unora-per-essere-censiti-tra-gli-occupati/3042660/), ma “i valori assoluti del fenomeno in esame rimangono modesti, rispetto alla dimensione complessiva della domanda di lavoro”. Passando poi all’identikit di chi li riceve, per l’Inps non si tratta di persone che hanno già unimpiego fisso e tentano di arrotondare, (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/16/voucher-il-37-dei-percettori-non-ha-altri-redditi-da-lavoro-e-l85-guadagna-sotto-i-mille-euro-lanno/2733757/) ma piuttosto di lavoratori precari che non riescono a sbarcare il lunario. “Chi pensa che il lavoro accessorio sia rilevante come secondo lavoro di soggetti già ben presenti e inseriti nel mercato del lavoro, con un rapporto di impiego ben strutturato, non trova certo conforto nei numeri – spiega l’Inps -. Possiamo anzi sostenere tranquillamente che è fuori strada: ovviamente la fattispecie esiste – con riferimento sia a dipendenti pubblici che privati – ma è lungi dall’essere quella dominante o anche, semplicemente, maggioritaria”.
Ma, allora, da chi è composto esattamente il popolo dei voucher? Su questo punto i ricercatori Inps non hanno dubbi: è il popolo degli eterni precari, che passano da un contratto all’altro senza grandigaranzie sul futuro. “In definitiva il popolo dei voucher, al netto dei pensionati, nella stragrande maggioranza non è tanto un popolo “precipitato” nel girone infernale dei voucher dall’Olimpo dei contratti stabili e a tempo pieno (Olimpo a cui spesso non è mai salito) – prosegue il documento – ma un popolo che, quando è presente sul mercato del lavoro, si muove tra diversi contratti a termine o cerca di integrare i rapporti di lavoro a part time. Appunto: “Quando è presente”.
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2016/10/voucher-630x417.pngA conti fatti, per i ricercatori dell’Inps, l’introduzione dei voucher non ha portato grandi svolte nel mondo del lavoro. Ha sostanzialmente solo sostituito altri contratti di lavoroparasubordinato già esistenti offrendo soluzioni più flessibili emeno costose per le aziende. E soprattutto ha creato nuovesacche di precariato sfruttate dalle piccole aziende per abbattere il costo del lavoro con un sistema di pagamento che ha anche unbasso costo burocratico-amministrativo. Con il “rischio continuo (…) – secondo l’Inps – di trasformare una domanda episodica di prestazioni accessorie (aggiuntive) in una domanda di lavoro continuativamente accessorio”.



Non a caso persino il governo si è recentemente visto costretto acorreggere la mira sui voucher. Senza, tuttavia, recepire le istanze dei sindacati (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/24/voucher-lavoro-al-via-il-decreto-correttivo-del-jobs-act-ma-le-modifiche-chieste-dai-sindacati-non-ci-sono/3054507/). Una storia già vista, secondo l’Inps, con i contratti di lavoro intermittente. Ma “se li abolissimo?” si chiedono provocatoriamente i ricercatori dell’ente previdenziale. “Così come sono stati inventati, anche i voucher possono essere aboliti. Ma ciò che non può essere abolito è il problema sottostante: come si pagano le attività di breve durata?”. In realtà, “le forze sociali che chiedono l’abolizione dei voucher ritengono che gli altri strumenti esistenti (lavoro a termine, lavoro somministrato) siano idonei e sufficienti a organizzare (e quindi pagare) anche le varie forme di lavoro accessorio. Il problema è che per andare in tale direzione occorre pagare dei prezzi“. Su due fronti: “Possibile inabissamento in nero (ma non ci sembra questo il punto principale)” ma soprattutto “crescita delle attività burocratiche(di intermediazione e di gestione) e del costo complessivo del lavoro“. Un grave rischio nell’ottica del governo, considerato cheil ministero dello Sviluppo nella sua brochure per attirare gli investitori stranieri rivendica che in Italia “gli stipendi sono più bassi della media europea” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/02/lavoro-la-gaffe-del-governo-sugli-stipendi-investite-qui-gli-italiani-costano-meno/3070627/).

FONTE: Voucher, lo studio Inps: "Girone infernale che non fa emergere il nero. Servono solo a tenere basso il costo del lavoro" - Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/05/voucher-lo-studio-inps-girone-infernale-che-non-fa-emergere-il-nero-servono-solo-a-tenere-basso-il-costo-del-lavoro/3074836/)

LupoSciolto°
02-03-17, 14:22
Voucher, tutte le giravolte di Poletti. Da “basta qualche correttivo per evitare abusi” a “devono usarli solo le famiglie”

LAVORO & PRECARI

Nel 2014 e 2015 il ministro non riteneva necessarie modifiche. Anzi, con uno dei decreti attuativi del Jobs Act ha innalzato il tetto massimo che ogni lavoratore può percepire in buoni. E si è opposto alle proposte per restringerne i settori di utilizzo. Nel 2016 ha cambiato idea: occorreva renderli tracciabili per "evitare furbate". Dopo il via libera al referendum della Cgil per abolirli si è lasciato scappare che era meglio votare prima per rinviarli. Poi ha ritrattato. Ora l'ultima capriola
di Valerio Valentini | 2 marzo 2017

“Conservarli seppur introducendo qualche correttivo”. Ma anche: “Riportarli allo spirito originario”. O meglio: “Rimettiamoci mano per evitare abusi”. E quindi? “Le aziende possono utilizzarli, certo, ma senza fare furbate”. Anzi, no: “Li usino soltanto le famiglie”. Tra capriole ed equilibrismi, dichiarazioni d’intenti contrastanti e tentennamenti, il Poletti-pensiero sui voucher si arricchisce di una nuova sfumatura. L’ultima esternazione del ministro del Lavoro, fresca di giornata, recita: “Io credo che i voucher vadano modificati lasciandoli tendenzialmente per le famiglie, per i piccoli lavori, e non per le imprese, che hanno già i contratti di lavoro”. L’affermazione di Giuliano Poletti di per sé sembrerebbe esaustiva, ma si tratta dell’ennesimo cambio di rotta sui buoni del lavoro da 10 euro diventati la frontiera più estrema del precariato. Con l’ultima giravolta l’ex presidente di Legacoop si allinea di fatto con l’orientamento della commissione Lavoro della Camera, che sta lavorando a un testo unificato di riforma dei voucher e il cui presidente Cesare Damiano proprio mercoledì ha preannunciato che “è stata fortemente sostenuta la tesi di prevedere l’uso esclusivamente per le famiglie e non per le imprese e la pa”. Ma fino a poco tempo fa (prima che la Consulta desse il via libera al referendum sull’abolizione dei buoni) Poletti non era certo di questa opinione.

Prima la sottovalutazione del rischio, poi il tentativo di ridimensionare il problema – All’inizio sembravano non essere affatto una grana da risolvere. Nei primi mesi d’incarico come ministro del Lavoro del governo Renzi, nel 2014, Giuliano Poletti il problema dei voucher semplicemente non se lo pone. Se ne parla sempre di più, soprattutto in rete: emergono le prime denunce di abusi, ma negli uffici del ministero di Via Veneto si continua a fare spallucce. Il momento a partire dal quale non si può più far finta di niente ha una data precisa: il 29 maggio 2015. Quando, cioè, a denunciare i voucher come “la nuova frontiera del precariato” è Tito Boeri in persona, ovvero il presidente dell’Inps scelto da Matteo Renzi. Il quale, da Palazzo Chigi, prova a cavarsela con la più vecchia delle giustificazioni: “Quello dei buoni lavoro è uno strumento che abbiamo ereditato dai precedenti governi”. Il premier e il suo ministro del Lavoro rivendicano che al loro esecutivo non va attribuita alcuna volontà di estenderne l’utilizzo. Cosa che Poletti ripete ancora oggi: “Non abbiamo fatto nulla per ampliare e agevolare i voucher”. E forse dev’essersi distratto, visto che nel Jobs Act che lo stesso Poletti ha tante volte incensato, è stato introdotto l’innalzamento del tetto che ogni lavoratore può percepire in voucher nell’arco di un anno: da 5mila a 7mila euro.

La battaglia ai tempi del Jobs Act. M5S: “Poletti si oppose a qualsiasi limitazione dell’uso dei voucher” – La possibilità d’intervenire sui voucher, limitandone l’uso e riducendo i rischi di abuso, c’era già stata nell’autunno del 2014, ai tempi della discussione in Parlamento della delega sul Jobs Act. Ma Poletti non ne volle sapere: del resto, si era ancora in una fase in cui dei buoni lavoro erano in pochi a parlare. Sia in Commissione sia in Aula, le opposizioni (Sel e Cinque Stelle) evidenziarono i rischi legati alla scelta di proseguire sulla strada della liberalizzazione dei voucher. Ci furono proposte volte a restringere i settori d’utilizzo dei buoni, vietandoli alle imprese e alla pubblica amministrazione, e a tornare al perimetro esclusivo delle “prestazioni meramente occasionali”. Ricorda il deputato pentastellato Claudio Cominardi, che in quella discussione fu relatore di minoranza: “Facemmo le barricate, e da Poletti ricevemmo solo dei No. A noi era chiaro il pericolo della precarizzazione estrema connessa al lavoro accessorio, ma il governo preferì marciare a tappe forzate senza ascoltare alcuna critica”.

La tracciabilità non funziona. Poletti: “Le imprese? Possono usare i voucher, ma impediremo le furbate” – Dopo mesi di sottovalutazione del rischio, finalmente nella primavera 2016 anche Poletti ammette che quello dei voucher è un problema da affrontare. Pur ribadendo i meriti di questo strumento: “Non possiamo buttare il bambino con l’acqua sporca: i voucher – dichiara – hanno aiutato l’emersione del lavoro nero. Ma dobbiamo contrastare chi li usa male”. Come? “Rendendoli pienamente tracciabili: solo così riusciremo ad evitare le furbate delle aziende”, afferma convinto. Però quando, nel maggio scorso, Sel lo incalza su questo argomento alla Camera, nel corso del Question time il ministro si limita a parlare di “criticità” in modo così timido che alcuni giornali titolano: “Poletti difende i voucher”. Lui precisa, dice di volerli riformare, e s‘impegna a farlo nel decreto correttivo del Jobs Act che viene approvato a settembre 2016. Poletti esulta: “Abbiamo deciso di introdurre la tracciabilità piena per contrastare con ancora maggior forza il loro utilizzo irregolare”. Un successo, secondo il ministro, che infatti esalta questa modifica in ogni circostanza in cui, d’allora in poi, si ritrova a parlare dei voucher. I sindacati protestano: “La misura non funziona perché i controlli sono troppo scarsi”. Ma Poletti non ci sta: “Noi abbiamo introdotto la legge, i controlli seguiranno”. E invece non è così, almeno stando a quanto affermano i tecnici dello stesso ministero del Lavoro a ilfattoquotidiano.it nel dicembre scorso: “Impossibile effettuare tutti i controlli necessari”.

Gaffe e rettifiche: “Referendum per abolirli? Meglio anticipare le elezioni per evitarlo. Anzi no” – Cambia il governo, ma Poletti resta al suo posto. E conserva la sua tendenza a contraddirsi da solo. Quando la Cgil presenta i 4 referendum sul Jobs Act, proponendo – tra l’altro – l’abolizione dei voucher, il ministro del Lavoro del nuovo esecutivo Gentiloni afferma: “Se si vota prima del referendum il problema non si pone. Diventa ovvio che per legge l’eventuale referendum sul Jobs Act sarebbe rinviato”. Insomma, meglio aggirare lo spauracchio accelerando la fine della legislatura: sembra questo il suggerimento di Poletti. Sembra ma non è, perché passa appena qualche ora e Poletti si corregge, spiegando ai colleghi del governo appena insediatosi che quella dichiarazione è stata una semplice “scivolata”. Un anticipo di ciò che avverrà di lì a pochi giorni con la questione dei giovani emigrati all’estero in cerca di lavoro: prima la figuraccia, poi la rettifica e l’ammissione di colpa.

Nuovo cambio di strategia e giravolta: “Le imprese? Hanno i contratti di lavoro. Per loro niente voucher” – Intanto vengono diffusi i dati ufficiali sull’esplosione dei voucher: nel 2016 ne sono stati utilizzati 134 milioni. Cifre di fronte alle quali si pretende un pronunciamento definitivo da parte del ministro del Lavoro. Poletti allora prima – è la fine di dicembre – cerca di prendere tempo (“Abbiamo introdotto la tracciabilità, e dal prossimo mese vedremo l’effetto e in caso interverremo di nuovo”); poi, a inizio gennaio, dichiara “aperta la riflessione sull’utilizzo dei voucher” e infine, il 30 dello stesso mese, annuncia: “Pensiamo di intervenire con modifiche normative per andare nello spirito originario dei voucher, il lavoro accessorio e occasionale”. Ovvero, in sostanza, le stesse modifiche che invocano da anni sia i detrattori del Jobs Act sia Damiano e altri esponenti del Pd nelle Commissioni Lavoro di Camera e Senato. Ora, infine, il ribaltamento totale delle tesi fin qui sostenute: ovvero, spiega il ministro, bisogna vietare i voucher alle imprese e lasciarli solo alle famiglie. Ma come? Non si era detto che le aziende potevano utilizzarli, pur senza furbate, e che le misure di controllo messe in campo bastavano ad evitare gli abusi? Misteri del Poletti-pensiero, che più che compreso va evidentemente interpretato.

di Valerio Valentini | 2 marzo 2017

Voucher, tutte le giravolte di Poletti. Da "basta qualche correttivo per evitare abusi" a "devono usarli solo le famiglie" - Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/02/voucher-tutte-le-giravolte-di-poletti-da-basta-qualche-correttivo-per-evitare-abusi-a-devono-usarli-solo-le-famiglie/3424916/)