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Visualizza Versione Completa : Morto Carlo Azeglio Ciampi. Pareri sul suo operato?



LupoSciolto°
17-09-16, 17:30
Che siano interventi ponderati e non "estremi".

RibelleInEsilio
17-09-16, 17:32
Dal momento che hai premesso non "estremi" mi astengo per rispetto tuo, dell'utenza, e delle regole del forum da uno tsunami di bestemmie.

Avanguardia
17-09-16, 17:36
Una persona che essendo stato presidente della Banca d' Italia dal 1979 al 1993 ha collaborato a riformarla in senso privatistico slegandola dal settore pubblico.

LupoSciolto°
17-09-16, 17:43
Dal momento che hai premesso non "estremi" mi astengo per rispetto tuo, dell'utenza, e delle regole del forum da uno tsunami di bestemmie.

Ci siamo perfettamente capiti :encouragement:

Avanguardia
17-09-16, 17:55
Ciampi, l'uomo del debito pubblico e della svendita dell'industria italiana (http://www.ilprimatonazionale.it/economia/ciampi-debito-pubblico-privatizzazioni-50224/)

LupoSciolto°
17-09-16, 18:11
Ciampi, l’uomo della privatizzazione delle banche e della battaglia persa a difesa della lira

Ciampi è stato l’uomo che più di tutti ha portato l’Italia nell’Unione europea, di cui era fervido sostenitore. E' colui che ha capito la portata della politica dentro le banche, che le ha privatizzate, e che ha dato vita a quegli ibridi chiamati fondazioni bancarie





SPECIALE Morte Ciampi (http://www.diariodelweb.it/tag/?q=morte+ciampi)

MAURIZIO PAGLIASSOTTI (http://www.diariodelweb.it/ilmio/?q=1233) 16/09/2016 20:32:10 (http://www.diariodelweb.it/indice/?i_data=20160916)stampacommenti (http://politica.diariodelweb.it/politica/articolo/?nid=20160916_391086#blocco_commenti)
http://archivi.diariodelweb.it/img/560/391/391086-640x318.jpgL'ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, morto all'età di 95 anni (© )


ROMA - Il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi è morto, aveva 95 anni. E’ stato un banchiere centrale e un uomo politico. Laureato nel 1946 alla Normale di Pisa ha lavorato presso la Banca d’Italia, di cui è stato Governatore dal 1979 al 1993. Presidente del Consiglio nel 1993-94 e ministro dal 1996 al 1999. Poi eletto presidente della Repubblica. Carlo Azeglio Ciampi è stato l’uomo che più di tutti ha portato l’Italia nell’Unione europea, di cui era fervido sostenitore. Uomo di una generazione che ha visto, e combattuto, la Seconda guerra mondiale, vedeva nell’architettura europea uno strumento di pace e progresso per gli uomini liberi. Sua l’idea, rimasta famosa, della «tassa per l’Europa» che il governo Prodi impose agli italiani per riuscire a rientrare nei parametri europei che permettevano l’accesso alla moneta unica.
Cos'è diventata, oggi, l'Europa che sognava Ciampi?
Cosa sia oggi l’Europa e cosa sia diventato il sogno di Ciampi è sotto gli occhi di tutti. Con queste righe, che speriamo caute e rispettose, noi del Diario vogliamo però spostare l’attenzione dagli encomi dei coccodrilli custoditi nei cassetti delle redazioni da mesi. Non per spirito polemico, ma per senso critico e amor di storia. Dalla volontà di Ciampi nasce l’attuale impalcatura finanziaria italiana. Quella che oggi sta perdendo i pezzi.
La politica dentro le banche
Da Governatore – liberal-socialista, tratto tipico del Partito d’Azione dove militò durante le fasi terminali della Seconda guerra mondiale – della Banca d’Italia, succeduto a Guido Carli, figura fondamentale di mille intrecci italiani tra politica e istituti di credito, in primis la vicenda del banco ambrosiano, Ciampi comprende che la presenza della politica all’interno delle banche è un virus che può far saltare l’architettura democratica del paese. Il partito è diventato un unico corpo nello Stato, delle cui finanze si nutre. Il sistema bancario ante 1991 è infatti pubblico e di fatto sono i partiti che nominano i consigli di amministrazione.
La privatizzazione delle banche
Nel 1981 c’è stata la scissione tra Banca d’Italia e ministero del Tesoro sull’acquisto dei titoli pubblici: significa che l’invenduto non viene più«acquistato» dalla nostra Banca centrale, ma finisce sul mercato. I rendimenti iniziano a salire. Sullo sfondo iniziano a intravedersi discorsi enigmatici: i governi discutono di parametri economici per aderire all’Europa, il debito pubblico diventa un nemico implacabile da combattere. In Italia Ciampi, Carli e Amato decidono come fare la riforma del sistema bancario. E’ la madre di tutte le riforme, di portata storica. Le banche non saranno più pubbliche, retaggio socialista, ma diventano private. E’ necessaria più competitività nel sistema del credito, si dice.
Le banche devono poter essere straniere
Ma la ragione principale, al tempo ancora ignorata, era semplice: il sistema bancario doveva essere acquistabile da società straniere. Diventare un bene, come molti altri, contendibile. A leggerli oggi, di fronte all’inutile vita del sistema bancario italiano, in quei passaggi si vedono gli errori fatali commessi, ma al tempo, sull’onda dell’entusiasmo europeista, i critici si potevano contare sulle dita di un mano. Tra questi, sorprendentemente, le parole di Bettino Craxi: «Fuori i grandi gruppi finanziari e industriali dal sistema del credito», disse nel 1990. Ma Craxi era una stella cadente ormai, spenta definitivamente da Tangentopoli.
La legge Amato-Ciampi: la nascita delle fondazioni bancarie
Si giunge alla legge Amato-Ciampi, che vede la nascita delle fondazioni bancarie. Con un tipica decisione italiana, si tenta di salvare tutto: interessi privati e interessi di partito. Il problema è proprio questo, in fondo: stato e partito ormai sono la stessa cosa. Ciampi e Amato tentano di tagliare il cordone ombelicale con la privatizzazione: ma la cura farà peggiorare la malattia.
Fondazioni bancarie, corpi "parastatali" vere e proprie miniere d'oro
Nascono le fondazioni bancarie, mostri giuridici che non soggiacciono né al diritto pubblico né a quello privato, ma entrambi. E’ un’architettura giuridica tipica italiana, che poi dilagherà in tutte le partecipate del paese. Si pensi a giganti come Iren, società private al cui interno comandano soci istituzionali, diretta emanazione delle segreterie di partito. Le fondazioni bancarie sono corpi«parastatali» che detengono quote maggioritarie del capitale sociale di una banca. Nel tempo sono state obbligate a diluire sempre più il loro peso societario. Hanno l’obbligo di non fare attività speculativa e di investire la cedola che ricevono in attività legate al territorio e senza scopo di lucro. Nel tempo si sono trasformate nella miniera d’oro dei partiti, che attraverso la nomina dei loro rappresentanti hanno indirizzato il cosiddetto reinvestimento in attività «senza scopo di lucro».
Quale forma giuridica per le fondazioni?
Il tracollo di Monte Paschi Siena (che più volte abbiamo analizzato) è legato a doppio filo con la forma giuridica delle fondazioni bancarie. Nessuno ancora oggi sa bene cosa siano, ma di fatto stanno perdendo potere all’interno delle banche madri. Un bene? Un male? Se non fossero considerate dei bancomat della politica avrebbero sicuramente un fine nobile. Ma l’Italia, si sa, è un paese complesso e moralmente debole.
L'assalto di Soros all'Italia
Nel cuore della privatizzazione del sistema bancario giunge la grande crisi valutaria del 1992. La lira è presa d’assalto da Soros e da banche straniere. Nel settembre di quell’anno Ciampi e Amato (primo ministro) vendono 48 miliardi di dollari in cambio di lire, e bruciano l’equivalente di una maxi manovra finanziaria: sono 90mila miliardi di lire, pari a 50 miliardi di euro odierni. Non serve a nulla, la lira viene svalutata dell’8%. Soros fa miliardi e al termine della manovra commenta: «In Italia si fanno buoni affari». La svalutazione della lira fece calare del 30% il valore delle aziende di stato che stavano per essere messe sul mercato, grazie all’ondata di privatizzazioni di quel tempo. Arrivò poi la mega manocra di Amato a chiudere il cerchio: 120mila miliardi.
E ora l'inflazione si combatte con la svalutazione del lavoro
Ciampi si è sempre difeso dalle accuse di non aver fatto l’interesse dell’Italia, con questa frase: «Facevamo la guerra, abbiamo usato le munizioni», rimbalzando la responsabilità politica su Amato, «da cui giungevano gli ordini». In seguito Ciampi rivendicherà lo scopo pedagogico di quella grave crisi finanziaria:«Imparammo il valore della stabilità». Stabilità è parametro ideologico da cui discende l’attuale «austerità». In più, sempre secondo Ciampi, la crisi servì all'affermazione di "una nuova mentalità». E la riprova, sempre secondo il defunto presidente della Repubblica, si trova nell'accordo sulla contrattazione e le relazioni industriali firmato il 31 luglio 1992 tra il presidente del Consiglio e i sindacati. Accordo definito della «concertazione», che apriva la strada alla lotta all’inflazione attraverso la svalutazione del lavoro. Il primo passo di una lunga marcia che giunge ad oggi, al tempo dei voucher, del Jobs Act, e della deflazione perpetua. Tante sono state le vicende che hanno coinvolto l’uomo, il finanziere e il politico Carlo Azeglio Ciampi. Onestà vuole che le si ricordini tutte.

FONTE: http://politica.diariodelweb.it/politica/articolo/?nid=20160916_391086

RibelleInEsilio
17-09-16, 18:30
Ha semplicemente firmato il contratto di vendita della Patria al sistema di strozzinaggio bancario europeo e alle mafiette e mafione multinazionali.

LupoSciolto°
17-09-16, 18:41
Un personaggio lugubre, sinistro e spettrale. Spero che TP accetti questa mia sintetica definizione.

LupoSciolto°
17-09-16, 18:47
I comunisti, ALMENO quelli veri, dovrebbero fare alcune analisi sull'antifascismo. Cos'è stato , in realtà, il Movimento Giustizia e Libertà e il successivo Partito d'Azione? Tutta brava gente perché combatteva contro Mussolini?

Dal Partito D'Azione sono usciti uomini validi (penso a Riccardo Lombardi), ma anche soggetti AUTENTICAMENTE anti-socialisti e pericolosi per il paese. Parliamo, quindi, di figure come quella di Ciampi ma anche dell'atlantista Ugo La Malfa, del golpista Randolfo Pacciardi, del banchiere Enrico Cuccia, del fautore dell'Europa antisovranista Altiero Spinelli e perfino di una giovanissima Oriana Fallaci. Non basta essere anti-fascisti se, nei fatti, si è liberisti, atlantisti e sionisti.

Kavalerists
17-09-16, 20:07
I comunisti, ALMENO quelli veri, dovrebbero fare alcune analisi sull'antifascismo. Cos'è stato , in realtà, il Movimento Giustizia e Libertà e il successivo Partito d'Azione? Tutta brava gente perché combatteva contro Mussolini?

Dal Partito D'Azione sono usciti uomini validi (penso a Riccardo Lombardi), ma anche soggetti AUTENTICAMENTE anti-socialisti e pericolosi per il paese. Parliamo, quindi, di figure come quella di Ciampi ma anche dell'atlantista Ugo La Malfa, del golpista Randolfo Pacciardi, del banchiere Enrico Cuccia, del fautore dell'Europa antisovranista Altiero Spinelli e perfino di una giovanissima Oriana Fallaci. Non basta essere anti-fascisti se, nei fatti, si è liberisti, atlantisti e sionisti.
Infatti io preferisco di gran lunga, e mi sento molto più vicino, a coloro che si dichairano fascisti e sono anche sinceramente antiliberisti, antiatlantisti e antisionisti, che non a certo sedicente sinistrume e progressume di varia estrazione, che poi però si riconoscono partigiani del liberismo economico, dell'imperialismo americano mascherato da dirittumanismo, e del più criminale sionismo.
Inoltre, riguardo al thread, e senza voler spezzare alcuna lancia a favore della memoria di Ciampi debbo dire che, pur non essendo più un ragazzino, non ricordo almeno a mia memoria, un solo presidente della Repubblica Italiana, meritevole di essere ricordato non dico con orgoglio ma almeno con simpatia. Sarà forse la mia memoria che difetta?

Logomaco
18-09-16, 19:35
Un personaggio che ha avuto un ruolo importante nel portare il paese dove è adesso

Kavalerists
18-09-16, 20:01
Requiem per Carlo Azeglio

Addio all'ex presidente Ciampi, al netto delle comode e farisee lacrime di coccodrillo
di Antonio Martino - 17 settembre 2016

http://www.lintellettualedissidente.it/wp-content/themes/ID/images/facebook.svg (http://www.facebook.com/share.php?u=http%3A%2F%2Fwww.lintellettualedisside nte.it%2Fcorsivi%2Frequiem-per-carlo-azeglio%2F&title=Requiem%20per%20Carlo%20Azeglio)
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La morte non si augura a nessuno. Se però chi trapassa ha, più o meno direttamente, causato sofferenze e vite di merda a milioni di suoi concittadini un minimo di onesta narrazione delle cose va fatta. Carlo Azeglio Ciampi è morto ieri alla veneranda età di novantasei anni: subito, come è oramai tristemente uso al tempo dei social network, son volati alti nel cielo della Penisola i pianti e i commossi omaggi dei vari coccodrilli nazionali. Innanzi alla morte esiste un limite invalicabile, anche per la politica delle polemiche.
Noi non crediamo a questo mantra piccoloborghese e piccino, da gretta lavandaia beghina. La logica da bottegai, l’ipocrito ed assoluto incensamento post-mortem, va bene per il lettore di Repubblica o del Corrierone, non per chi vuole obiettivamente comprendere il passato e la traiettoria pubblica di siffatte figure. In tal senso, analizziamo il cursus honorum di Ciampi, dottore in Lettere e medico della mutua dell’economia italiana: da Governatore della Banca d’Italia, nel 1981, agisce in combutta con il Ministro del Tesoro Andreatta (altra anima bella del liberismo italiano) per rendere indipendente la banca centrale dal Governo. Termina così la possibilità di controllare il debito pubblico e, soprattutto, di monetizzare a 0 il deficit dello Stato.
Dal 1981 il debito pubblico italiano è esploso, il benessere nazionale s’è fermato. 1 a 0.
Sempre da banchiere maximus, nel 1992, si ostina in una sciagurata e folle difesa del cambio della lira (bloccata nelle maglie dello SME, padre orrido dell’euro). Pro bono di Soros e company, Carlo Azeglio regala alla speculazione internazionale 60mila miliardi di lire, immolando al contempo l’industria pubblica sull’altare dell’Europa. Risultato? Lira svalutata comunque, SME distrutto, IRI smembrato, italiani dissanguati da Amato sull’altare di Maastricht. Ah già, c’era Craxi che rubava. 2 a 0.
Arriva la Seconda Repubblica. Ciampi è il primo “tecnico” a divenire Presidente del Consiglio, e assume subito le pratiche del curatore fallimentare dello Stato Sociale nazionale. A colpi di privatizzazioni selvagge e tagli lineari il Nostro ottiene poi il suo più grande successo ( pari a quello dell’8 settembre, col senno di poi): far entrare l’Italia nell’euro. 3 a 0.
Come premio, Carlo Azeglio diventa Presidente della Repubblica. Un Settennato vuoto, pieno di retorica a buon mercato e ipocrisia dilagante. Risulta infatti farsesco, e tragico, capire come si possa alludere alla Patria dopo che la si è tradita almeno tre volte in maniera così grave e profonda. Lo ricorderemo così, allora, il buon Carlo. Insieme a Romano, in un’Italia intontita di metà anni Novanta, ipnotizzata da chimere mortali racchiuse in 12 stelle infami. Nessun rispetto per chi ha rovinato per sempre una Nazione. Riposi in pace, se può.




Requiem per Carlo Azeglio (http://www.lintellettualedissidente.it/corsivi/requiem-per-carlo-azeglio/)

Logomaco
18-09-16, 23:10
Carlo Azeglio Ciampi, quelle parole di Salvini dimostrano solo la sua ignoranza



di
Gianluigi Paragone (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/gparagone/)
| 17 settembre 2016


È morto il presidente dell’Euro (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/16/carlo-azeglio-ciampi-morto-aveva-95-anni-dalla-banca-ditalia-al-quirinale-fece-riscoprire-il-tricolore/3037221/). Il presidente gran capo della nostra banca centrale, quando ancora era Banca d’Italia e stampava moneta. Banchiere di un mondo solido che avrebbe ancora molto da dare in questa economia impazzita tra derivati e speculazioni. Ma quel mondo è stato tradito dai bankster ancor più che dai politici.
Ciampi, il presidente che lasciò palazzo Koch per Palazzo Chigi dando nerbo alla poi abusata stagione dei tecnici, sopravvalutati salvatori della patria. Riposi in pace, Carlo Azeglio Ciampi. Il presidente del Tricolore in un’Italia sbiadita. Anche per la sua politica.
Ne rispetto la figura ma il disegno politico di Ciampi e delle sua stagione resta, per me, l’inizio della cessione della sovranità. Sbagliò (sempre secondo il mio fallibile punto di vista) senza tuttavia fanatismo. A differenza dei miopi o subdoli eurofanatici di oggi conosceva i limiti della finanza; non seppe però arginare quella matrice di austerity che oggi ci condanna all’immobilismo.
Salvini lo ha definito “traditore” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/16/carlo-azeglio-ciampi-morto-per-salvini-e-stato-un-traditore-come-napolitano-e-prodi-grasso-sciacallo/3037895/) dimostrando la sua scarsa conoscenza di quella materia che egli vorrebbe trattare. Salvini, che per palese ignoranza gigioneggia, sovrappone Ciampi, Napolitano e persino Draghi in un tradimento politico e dell’Italia che ha pesi specifici assai diversi. Se il focus sui limiti dell’Europa è corretto, non sarà certo col pressappochismo che ne usciremo. Sembrerà paradossale ma a Bratislava (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/16/bratislava-renzi-diserta-conferenza-stampa-con-merkel-e-hollande-non-sono-soddisfatto-non-recito-a-copione-per-mostrare-unita/3038472/) Renzi è stato più furbo di tutti i nostri anti euro. Molto probabilmente la sua azione è solo tattica ma intanto con quella tattica il governo italiano ha messo in difficoltà l’asse rigorista.






Carlo Azeglio Ciampi, quelle parole di Salvini dimostrano solo la sua ignoranza - Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/17/carlo-azeglio-ciampi-quelle-parole-di-salvini-dimostrano-solo-la-sua-ignoranza/3039865/)

Logomaco
18-09-16, 23:57
Colle, gli 11 presidenti – Ciampi, banchiere grigio che sognava la “moral suasion”



Già premier e ministro dell'Euro. Passa al primo turno: come De Nicola. E' scelto fuori dal Parlamento



di Marco Travaglio (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/mtravaglio/ptype/articoli/) | 17 aprile 2013




Il decimo Presidente, come il primo Enrico De Nicola, i partiti lo vanno a prendere fuori dal Parlamento. È Carlo Azeglio Ciampi, il tecnico di pronto intervento che nel 1993 è divenuto premier e ha salvato per pochi mesi la reputazione della politica screditata da Tangentopoli e da Mafiopoli; e che nel 1996-’98, come ministro del Tesoro del primo governo Prodi, ha salvato il Paese dalla deriva verso il Terzo Mondo, agganciandola miracolosamente all’Europa della moneta unica. L’Italia che nel 1999 saluta il presidente Scalfaro dopo sette anni di Quirinale ha appena visto naufragare la Bicamerale, tentativo maldestro e suicida del centrosinistra di giungere alla “normalità” tanto cara a Massimo D’Alema con un compromesso al ribasso sulla riforma della Costituzione con l’eversore incostituzionale per antonomasia: Silvio Berlusconi.




Il quale, subito dopo aver perso rovinosamente le sue seconde elezioni nel ‘96 e aver ottenuto dal Conte Max l’insperata legittimazione di padre costituente, anzi ricostituente, ha portato a spasso il centrosinistra per due anni, costringendolo a snaturarsi in “patti della crostata” in casa Letta e in progetti neocraxiani sul presidenzialismo e contro l’indipendenza della magistratura. Poi, sul più bello, li ha mollati a metà del guado e ha fatto saltare il tavolo della Bicamerale, avendo capito che il suo vero obiettivo finale – l’amnistia per salvarsi dai processi – non glielo può regalare nemmeno la sinistra più masochista del pianeta, terrorizzata dalla rivolta dei suoi elettori. In compenso ha ottenuto un risultato mica da ridere: indebolire il governo Prodi, che insieme a Scalfaro alla Bicamerale ha sempre guardato con sospetto, fino a farlo cadere per mano di Bertinotti e a rimpiazzarlo nell’ottobre ’98 con una parodia di governo D’Alema sostenuto dai ribaltonisti al seguito di Cossiga e Mastella. Il viatico ideale per una riscossa che solo due anni prima pareva follia.


Ma se la controriforma della seconda parte della Costituzione va in fumo dopo due anni di inutile lavoro, l’asse D’Alema-Berlusconi resta in piedi per eleggere il nuovo capo dello Stato, che i due compari vogliono scegliere insieme, convinti ciascuno di poterlo usare per mettere nel sacco l’altro. Max e Silvio non hanno dubbi: il nuovo capo dello Stato deve descalfarizzare il Quirinale, dunque non può essere un politico abile nella manovra di palazzo come lo era il Presidente uscente. Occorre – come scriverà Marzio Breda ne La guerra del Quirinale (ed. Garzanti) – “un defibrillatore istituzionale, un dissuasore” che spenga gli ardori della battaglia politica. Un anestesista, un emolliente che consenta ai partiti di riprendere in mano il pallino della politica, troppo a lungo commissariata. “Una figura istituzionale all’insegna della terzietà”, auspica Gianni Letta col suo linguaggio alla vaselina.


L’inciucio tra B. e D’Alema


Dunque è subito chiaro a tutti che i candidati di bandiera ai blocchi di partenza, nella primavera ‘99, sono specchietti per le allodole. Berlusconi pronuncia due nomi: Amato, l’ex craxiano che fino a due anni prima è stato presidente dell’Antitrust da lui stesso nominato e perfetto garante del trust Mediaset; e Bonino, eletta con Forza Italia nel ’94 e sempre rimasta nell’orbita del centrodestra, anche perché lo stesso Cavaliere l’ha scelta come commissario europeo insieme a Monti. Il centrosinistra non gradisce: Amato è ancora sotto scacco di Craxi, che ogni tanto distilla veleni sul suo passato socialista con i famosi fax da Hammamet; e la Bonino non è ancora ascesa nell’Olimpo progressista.


Così il centrosinistra ribatte con le candidature di tre ex democristiani: Rosa Russo Iervolino, ex presidente del Ppi, fedelissima di Scalfaro, dunque vista come il fumo negli occhi dal Cavaliere; Nicola Mancino, presidente del Senato, ex sinistra Dc e ora Ppi; e Franco Marini, ex leader della Cisl, poi passato alla politica attiva con Andreotti, anche lui confluito nel Ppi. Ma nessuno dei tre incontra i favori della destra. E Prodi, altro papabile, viene spedito alla Commissione Ue. Ciampi invece va bene a tutti. Tant’è che il 13 maggio, quando le Camere iniziano a votare, viene eletto plebiscitariamente al primo scrutinio. Come Cossiga. Lo votano centrodestra e centrosinistra, tranne la Lega Nord e Rifondazione comunista. Con 707 voti su 1010, contro i 72 del lumbard Luciano Gasperini e i 21 del rosso antico Ingrao (scelto dai rifondatori). Raccolgono consensi anche la Iervolino (16), la Bonino (15), l’imputato per mafia Andreotti (10) e persino il latitante Craxi (6).


Sul Corriere, Montanelli saluta con sollievo non tanto il nuovo Presidente, quanto lo scampato pericolo di veder eletti i suoi concorrenti demo-cristiani e dunque rinascere la Balena Bianca: il “mostro senza volto che m’incalza con la logorrea del presidente uscente (Scalfaro, ndr), aggravata dall’accento irpino di Mancino e dalle corde vocali della signora Iervolino”. L’idea di un capo dello Stato più taciturno, dopo le intemperanze di Per-tini, le picconate di Cossiga e le omelie di Scalfaro, rassicura più di un italiano. E Ciampi – scrive il vecchio Indro – promette bene almeno da questo punto di vista: “Non è di un grande statista che stiamo parlando, ma di un ‘commesso dello Stato’, come si chiamano in Francia gli alti e ringhiosi guardiani della pubblica amministrazione, allergici alle manovre politiche… Impacciato parlatore, in aula non brilla. Ma non brillava nemmeno Einaudi, come non aveva mai brillato Giolitti”. Il quale, “quando non aveva più nulla da dire, aveva finito di parlare”.


Chissà, forse in un altro contesto Ciampi avrebbe davvero tenuto fede a queste attese. Di sé quest’uomo in grigio, anzi in bianco e nero con le sopracciglia folte ad accento circonflesso, dice: “Soffro di agorafobia, prendere la parola in una piazza o davanti a platee troppo vaste mi blocca”. Ma dovrà fare violenza a se stesso. Perché, dopo poco più di un anno di tregua, si ritrova subito in mezzo a un’infuocata campagna elettorale: quella del 2001, col ritorno di fiamma di Berlusconi. Seguita da un quinquennio terribile fatto di leggi vergogna, norme ad personam, attacchi alla Costituzione e alla magistratura, scontri con la “sua” Europa e incidenti internazionali. Ed è costretto, lui che non ama parlare in pubblico, men che meno a braccio, a esternare quasi ogni giorno: se non come i tre precedessori, quasi.


Nato a Livorno nel 1920 da un negoziante di ottica e una insegnante di musica, sposato con Franca Pilla, Ciampi ha studiato dai gesuiti e poi alla Normale di Pisa. Ha due lauree, in Filologia classica e in Giurisprudenza. Credente ma laico (e, secondo qualche maligno, anche massone), si definisce un “liberale crociano”: combattendo in guerra come sottotenente degli autieri in Albania e poi in Abruzzo, ha conosciuto il suo maestro Guido Calogero, filosofo antifascista e liberalsocialista, che l’ha avvicinato al Partito d’azione. È questa l’unica militanza politica del giovane Ciampi, insieme all’iscrizione alla Cgil. Nel 1946, dopo aver insegnato per un po’ Lettere al liceo, dà il concorso per la Banca d’Italia, dove resterà 47 anni percorrendo tutto il cursus honorum, da impiegato a governatore (per 14 anni, dal 1979 al 1993). È lì che matura uno stile sobrio ed essenziale e un metodo di lavoro fondato sulla “squadra”, che metterà a frutto sul Colle con un’équipe di consulenti esterni (i “Ciampi boys”) di cui fanno parte Andrea Manzella, Sabino Cassese, Mario Draghi, Maurizio Viroli, Tommaso Padoa-Schioppa e il solito, eterno Tonino Maccanico.


Sì e no alle leggi vergogna


Una sobrietà tecnica che non gli impedirà qualche concessione alla retorica patriottarda, senza plateali baci alla bandiera e lacrime in pubblico, con giuste campagne come quella per rivalutare la festa del 2 giugno. Ma pure con qualche indulgenza di troppo al nazionaltrombonismo. Tipica, in questo senso, la battaglia per far cantare l’inno di Mameli ai calciatori della Nazionale. E anche un’esternazione nel giorno dell’ottantesimo compleanno: “Nel ’93, da presidente del Consiglio, andai in visita di Stato in Germania. Ero sul palco al fianco del cancelliere Kohl, e fu issato il tricolore mentre la banda suonava l’inno di Ma-meli. Lo confesso, un brivido mi corse lungo la schiena e mi tremarono le gambe”. Figurarsi la faccia di Ciampi, sul palco della prima alla Scala, quando il maestro Riccardo Muti rifiuta di eseguire l’inno nazionale “perché si tratta di una marcetta incompatibile con Beethoven”.


Il suo primo atto politico è, nel 2000, la nomina di Giuliano Amato per rimpiazzare D’Alema, dimissionario dopo la rovinosa disfatta alle elezioni regionali. Poi, appunto, torna Berlusconi. Sulle prime Ciampi si illude di fronteggiare i suoi continui strappi istituzionali, costituzionali e internazionali con la moral suasion: qualche fervorino in via riservata. Come quello che consiglia al Cavaliere di rinunciare a nominare ministro della Giustizia Roberto Maroni, condannato in via definitiva per aver picchiato un poliziotto durante una perquisizione nella sede della Lega, e dirottato al Welfare.


Ma ben presto deve cambiare registro: sin da quando, a fine 2001, il Cavaliere dichiara guerra all’Europa con la legge sulle rogatorie e il rifiuto di ratificare la legge sul mandato di cattura europeo, perdendo per strada il ministro degli Esteri, il tecnico, Renato Ruggiero e assumendo su di sé l’interim della Farnesina. Ciampi fa buon viso a cattiva sorte anche con la legge sul falso in bilancio e con la Cirami sul legittimo sospetto, mentre le piazze si riempiono di girotondini , scudi umani contro il bombardamento alle procure. Ma nel 2003 deve rassegnarsi: la moral suasion, con un tipaccio come il Caimano, non serve a nulla. Del resto, agli scenari di guerra è abituato: non solo per la sua esperienza di sottufficiale, ma anche perchè porta ancora le stimmate della notte fra il 27 e il 28 luglio ‘93, quando le bombe mafiose polverizzavano a suon di bombe il Pac di Milano, le basiliche romane del Velabro e del Laterano, e i centralini di Palazzo Chigi andavano in tilt, facendogli temere il golpe.


I soliti dossier


Dunque, dal 2003, il Presidente comincia a rispedire al mittente le leggi più incostituzionali: quella sui tribunali minorili e soprattutto quelle sulla tv (la Gasparri) e contro la giustizia (la Castelli sull’ordinamento giudiziario e la Pecorella che abolisce l’appello contro le assoluzioni). E così diventa anche lui, come Scalfaro, un nemico da abbattere, un “ribaltonista”, un “comunista mascherato”. Gli house organ di Arcore e dintorni estraggono i dossier pronti da tempo: allusioni al figlio scavezzacollo e ai suoi pasticci finanziari; e soprattutto all’operazione Telekom Serbia, il controverso acquisto della compagnia telefonica di Belgrado dalle mani di Milosevic ai tempi del governo Prodi, quando Ciampi era al Tesoro. Il centrodestra istituisce una commissione parlamentare ad hoc, trasforma un truffatore (il celebre Igor Marini) in supertestimone, raccoglie accuse false a Prodi, Fassino e Dini.


Ma Claudio Scajola e Carlo Taormina fanno sapere che sono pronti a tirare in ballo anche il Presidente, se farà lo schizzinoso sulle leggi del Capo. Lui non si lascia intimidire (anche se poi firmerà senza batter ciglio altre vergogne come la Bossi-Fini, il lodo Schifani, la ex-Cirielli e le guerre in Afghanistan e in Iraq). Così come quando un’orda di leghisti guidati dagli “onorevoli” Borghezio, Salvini e Speroni, accoglie la sua visita al Parlamento europeo al grido “Basta euro, Padania libera, Italia vaffanculo”. Sul momento, Ciampi minimizza, anche per non enfatizzare la figuraccia italiana in Europa. Ma si prenderà una sonora rivincita il giorno dopo le sue dimissioni, nella primavera del 2006, annunciando da semplice senatore a vita il suo No al referendum confermativo sulla controriforma costituzionale della “devolution” targata Carroccio e centrodestra. Qualcuno dirà: troppo poco, troppo tardi. Ma solo perché non ha ancora visto all’opera il suo successore.



Colle, gli 11 presidenti - Ciampi, banchiere grigio che sognava la "moral suasion" - Il Fatto Quotidiano (http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/17/colle-11-presidenti-ciampi-banchiere-grigio-che-sognava-moral-suasion/566351/)

Italicvs
21-09-16, 11:06
Avete sentito cosa ha detto benigni su ciampi? Lo ha definito un padre. :face4:

LupoSciolto°
21-09-16, 16:02
Avete sentito cosa ha detto benigni su ciampi? Lo ha definito un padre. :face4:

Sempre più merda quel buffone di corte.

Kavalerists
21-09-16, 18:48
Sempre più merda quel buffone di corte.
Tra lui e Saviano è una bella lotta a chi è più omologato al regime lib-prog e radicalsciccoso.