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Visualizza Versione Completa : Tecnica tentacolare



Egomet
08-11-16, 16:10
Dal suo primo affermarsi su vasta scala, passando per i sabotaggi dei luddisti, sino all'inarrestabile ascesa dell'età contemporanea, la tecnica si è conquistata la centralità di cui siamo impotenti testimoni, mettendo a tacere o, più propriamente, coprendo con il suo frastuono le voci di dissenso.
A nulla sono valsi gli appelli accorati e le disamine a mente fredda, perché essa ha saputo conquistare il favore di tutti, compresi molti suoi potenziali detrattori, grazie anche alla complicità del suo vassallo, il positivismo, in grado di insinuarsi, con rinnovata veste, tra le maglie degli impianti teorici più disparati.
Riflessioni a riguardo?
So che la cosa interessa particolarmente a Batou, ma tutti sono invitati a esprimere un parere.

furioso2013
09-11-16, 13:29
Dal suo primo affermarsi su vasta scala, passando per i sabotaggi dei luddisti, sino all'inarrestabile ascesa dell'età contemporanea, la tecnica si è conquistata la centralità di cui siamo impotenti testimoni, mettendo a tacere o, più propriamente, coprendo con il suo frastuono le voci di dissenso.
A nulla sono valsi gli appelli accorati e le disamine a mente fredda, perché essa ha saputo conquistare il favore di tutti, compresi molti suoi potenziali detrattori, grazie anche alla complicità del suo vassallo, il positivismo, in grado di insinuarsi, con rinnovata veste, tra le maglie degli impianti teorici più disparati.
Riflessioni a riguardo?
So che la cosa interessa particolarmente a @Batou (https://forum.termometropolitico.it/member.php?u=45670), ma tutti sono invitati a esprimere un parere.

scusa, potersti essere più chiaro ?
di sicuro lo sei per chi ha le tue stesse idee politiche, ma a chi "sta nel mezzo" nel senso che non ha una particolare ideologia di rifermento come me non è sicuro di comprendere cosa intendi.
grazie

Egomet
09-11-16, 14:16
Si parla di dominio della tecnica, tema su cui esiste un'ampia letteratura.
Comunque, non ho nessuna "ideologia di riferimento".

Batou
10-11-16, 00:04
L' irresistibile influenza esercitata dalla tecnica produce, ed ha prodotto, interpretazioni significativamente divergenti riguardo all'impatto che lo sviluppo tecnologico ha avuto, ha ed avrà in futuro sul genere umano. Il contenuto di queste interpretazioni, sia esso di natura ( più o meno) "positivistica" od "anti-positivistica", caratterizza ed evidenzia verso quali paradigmi si è indirizzati. Pare a me che, oggigiorno , in molti movimenti anticapitalisti moderni, si sia fatta strada una corrente di pensiero che tende a demonizzare lo sviluppo tecnico, dato che nello sviluppo del suddetto si ravvede direttamente lo sviluppo (o crescita) dell'egemonia capitalista in tutte le sue sfaccettature. Pur riconoscendo l'attualità e la validità di alcune considerazioni, nonchè di molte lotte promosse dai suddetti movimenti, resto fermamente critico verso la forma mentis che li caratterizza, tendenzialmente orientata alla "decrescita felice" se non, adirittura, verso un utopico "ritorno al futuro" comunitario pre-industriale. Non intendo soffermarmi più del necessario, ora, su di queste considerazioni preliminari , per cui, terminata questa (per me) necessaria premessa, mi addentro nel tema proposto vero e proprio.

Da ciò che hai scritto, Egomet, mi pare di intuire che tu contrapponi al progresso tecnico-scientifico postmoderno, una radicale alternativa di "decrescita felice". Sbaglio?

Il dominio della tecnica. Per definire cosa oggi sia effettivamente questo dominio, penso sia necessario anzitutto soffermarsi sul come oggi questo dominio si articoli/strutturi e verso quali finalità. Per quanto è vero che l'innovazione tecnologica ha emancipato il genere umano dalla stretta di madre natura è vero anche che essa ha poi costretto la specie umana all'interno di uno strutturato sistema artificiale, (quello capitalista) nel quale il mezzo tecnico trova il proprio posto/scopo principale nella funzione di aumentare l'intensità produttiva e realizzativa del valore/profitto. Oggi (in occidente) questo sistema è accresciuto a tal punto da subordinare quasi totalmente l' umano ai suoi ritmi ed alla sua logica. Questo è potuto succedere, poichè l'uomo è divenuto sempre più dipendente rispetto a quel sistema di coercizione ed organizzazione sociale (capitalista) che, nel frattempo, si è prepotentemente consolidato anche tramite la rivoluzione informatica. Perchè avviene tutto ciò? Perchè il progresso tecnico non può, e non potè, produrre un emancipazione, una liberazione, reale, estesa e completa il più possibile?
Forse perchè in esso sono assenti determinante e determinanti potenzialità intrinseche, oppure, perchè i mezzi tecnici di produzione, distribuzione, informazione ed innovazione appartengono, da sempre, a pochi privilegiati, i quali, al fine di preservare e rafforzare sempre più la loro posizione non si fanno scrupoli di nessun genere?

Egomet
10-11-16, 05:49
Da ciò che hai scritto, Egomet, mi pare di intuire che tu contrapponi al progresso tecnico-scientifico postmoderno, una radicale alternativa di "decrescita felice". Sbaglio?


Sì, sbagli.
A me premeva soltanto gettare qualche strale contro le incrostazioni positiviste di cui ancora si ha traccia nei percorsi teorici giunti a noi da diverse angolazioni.
Per il resto, non sono abbastanza ottimista per preconizzare alcunché.

Batou
10-11-16, 14:53
Sì, sbagli.
A me premeva soltanto gettare qualche strale contro le incrostazioni positiviste di cui ancora si ha traccia nei percorsi teorici giunti a noi da diverse angolazioni.
Per il resto, non sono abbastanza ottimista per preconizzare alcunché.

Ok, per il resto, però, non vedo cosa c'entri il mancato ottimismo. Difatti è più che lecito avere opinioni pessimistiche al tal riguardo.

Egomet
10-11-16, 17:53
Probabilmente non mi sono spiegato bene: l'ottimismo, a mio avviso, è di chi propugna una "decrescita felice" (forse ci siamo capiti male e pensavi mi stessi riferendo alle tue parole).
In merito a quanto scrivi, discorso coerente con una visione marxista del mondo, vorrei chiederti se, oltre al controllo esercitato da una classe sugli strumenti, le macchine e la cibernetica, non ravvisi nella modalità di invasione del quotidiano della tecnica stessa qualcosa di intrinsecamente pericoloso che possa esulare dalla problematica dell'egemonia (siamo nei dintorni della tua domanda finale).
Se qualcosa vi fosse, il positivismo sarebbe l'ideale velo dietro cui celare le conseguenze di un abbraccio della tecnica strumentale e desiderato.

furioso2013
10-11-16, 19:30
l'invasione della tecnologia nella vita quotidiana ha assunto una rilevanza "devastante".
un mondo intelligente incomincerebbe si a mettere regole, il marxismo in questo c'entra nulla.

non occorre essere marxisti per capire che ormai:
se salta internet saltano banche, trasporti, industrie...
se si eliminano i celllari (in senso lato) la gente si spara (e più e giovane e prima si spara)
ecc.ecc.ecc.

non occorre essere marxisti per capire che una sfrenata tecnologia nel mondo dell'industria non potrà che portare più povertà (e sempre più diffusa).

la tecnologia dovrebbe essere rivolta (almeno oggi come oggi) solo verso studi ed ambienti scentifici (medicina, chimica, fisica) dove è di aiuto e non provoca (penso) disoccupazione e non nelle fabbriche per produrre in modo più veloce e senza personale.

forse un giono tutto questo sarà "buono" ma per ora è troppo presto, il mondo non è maturo.
come dare una scatola di caramelle ad un bambino.
questo se le mangia con pochi amici e lascia la maggior parte a bocca asciutta.
non è un fatto di cattiveria, ma di crescita , di maturità

e questo lo penso da anni, non da oggi
e non sono ne marxista ne anarchico.

equesto stando molto sul superficilale sia chiaro.

Batou
12-11-16, 18:49
Probabilmente mi sono spiegato bene: l'ottimismo, a mio avviso, è di chi propugna una "decrescita felice" (forse ci siamo capiti male e pensavi mi stessi riferendo alle tue parole).

Ora ho capito, grazie per il chiarimento!


In merito a quanto scrivi, discorso coerente con una visione marxista
del mondo, vorrei chiederti se, oltre al controllo esercitato da una classe sugli strumenti, le macchine e la cibernetica, non ravvisi nella modalità di invasione del quotidiano della tecnica stessa qualcosa di intrinsecamente pericoloso che possa esulare dalla problematica dell'egemonia (siamo nei dintorni della tua domanda finale).
Se qualcosa vi fosse, il positivismo sarebbe l'ideale velo dietro cui celare le conseguenze di un abbraccio della tecnica strumentale e desiderato.

Onestamente non lo so con certezza assoluta, è quel che cerco di capire. Il mio timore più grande riguarda la natura esclusivista ed autoreferenziale che caratterizza il rapporto tecnica/capitale. E se esso fosse indissolubile? E se non fosse possibile superare il modello attualmente imperante in ottica progressista? In quel caso sarebbe impossibile negare che, evidentemente, sussistono dei gravi vizi intrenseci allo sviluppo tecnico. Non a caso il mio intervento di prima si conclude con una serie di interrogativi ai quali non ho dato una risposta univoca, anche se, come penso sia oramai chiaro, le mie convinzioni tendono verso un'interpretazione progressista/accellerazionista.
Ad ogni modo resta un dato di fatto secondo me insindacabile: Il progresso tecnico è intrinsecamente pericoloso (per il genere umano) nella medesima misura in cui il genere umano è intrinsecamente pericoloso per se stesso. Comunque sia, (ci tengo a ribadirlo) io credo che sia necessario contestualizzare la discussione riguardo la tecnica, all'interno di una discussione ben più ampia, ossia, quella relativa all'analisi del fenomeno capitalista, altrimenti rischiamo di scivolare in vacue speculazioni aprioristiche.

A proposito di accellerazionismo:

http://www.gadlerner.it/2013/12/26/accelerazionismo-superare-il-capitalismo-con-il-progresso-tecnologico/

http://www.euronomade.info/?p=1328

Cosa ne pensate?

Batou
12-11-16, 19:24
l'invasione della tecnologia nella vita quotidiana ha assunto una rilevanza "devastante".
un mondo intelligente incomincerebbe si a mettere regole, il marxismo in questo c'entra nulla.

E questo "mondo intelligente" secondo te quali connotati dovrebbe assumere per essere definito come tale?


non occorre essere marxisti per capire che ormai:
se salta internet saltano banche, trasporti, industrie...
se si eliminano i celllari (in senso lato) la gente si spara (e più e giovane e prima si spara)
ecc.ecc.ecc.

Forse occorre essere marxisti per capire come e perché , si sia arrivati a questo punto, e per intendere quali cambiamenti possano realmente migliorare la nostra condizione.


non occorre essere marxisti per capire che una sfrenata tecnologia nel mondo dell'industria non potrà che portare più povertà (e sempre più diffusa).

Forse occorre essere marxisti per capire come e perché , si sia arrivati a questo punto, e per intendere quali cambiamenti possano realmente migliorare la nostra condizione.



la tecnologia dovrebbe essere rivolta (almeno oggi come oggi) solo verso studi ed ambienti scentifici (medicina, chimica, fisica) dove è di aiuto e non provoca (penso) disoccupazione e non nelle fabbriche per produrre in modo più veloce e senza personale.

"Dovrebbe", ma le priorità di chi ne detiene le potenzialità sono ben altre.



forse un giono tutto questo sarà "buono" ma per ora è troppo presto, il mondo non è maturo.


E questo "mondo maturo" secondo te quali connotati dovrebbe assumere per essere definito come tale?



come dare una scatola di caramelle ad un bambino.
questo se le mangia con pochi amici e lascia la maggior parte a bocca asciutta.
non è un fatto di cattiveria, ma di crescita , di maturità

e questo lo penso da anni, non da oggi
e non sono ne marxista ne anarchico.

Rendici partecipi delle tue differenti convinzioni politiche!


equesto stando molto sul superficilale sia chiaro.

Forse pure troppo.

Egomet
14-11-16, 15:39
Manifesto per una politica accelerazionista | EuroNomade (http://www.euronomade.info/?p=1328)

Cosa ne pensate?

A parte le premesse, non mi convincono molto l'impeto, dal sapore quasi futurista e messianico, e la fiducia eccessiva nelle possibilità del superamento tutto interno alla tecnica delle sue stesse trappole.
Benché tu stesso ti sia dichiarato filo-accellerazionista, le tue posizioni mi sembrano più caute e aperte al dubbio.
Forse bisogna anche tollerare in ogni manifesto quel tanto di apoditticità che è peculiare del modello comunicativo, tuttavia non mi riesce mai facile digerirla.
Ti ringrazio comunque per averlo segnalato.

Batou
14-11-16, 21:20
A parte le premesse, non mi convincono molto l'impeto, dal sapore quasi futurista e messianico, e la fiducia eccessiva nelle possibilità del superamento tutto interno alla tecnica delle sue stesse trappole
Benché tu stesso ti sia dichiarato filo-accellerazionista, le tue posizioni mi sembrano più caute e aperte al dubbio.
Forse bisogna anche tollerare in ogni manifesto quel tanto di apoditticità che è peculiare del modello comunicativo, tuttavia non mi riesce mai facile digerirla.
Ti ringrazio comunque per averlo segnalato.

Cito testualmente dal manifesto:

"Vogliamo accelerare il processo dell’evoluzione tecnologica. Ma ciò di cui argomentiamo non è tecno-utopismo. Mai credere che la tecnologia sia sufficiente a salvarci. Necessaria sì, ma mai sufficiente senza azione socio-politica. La tecnologia e il sociale sono intimamente legati l’uno all’altra, e il mutamento dell’uno potenzia e rinforza il mutamento dell’altra"

Ti consiglio di leggere anche questo scritto: sollevazione: SHARING ECONOMY: INDAGINE SUL PASSATO CHE RITORNA SOTTO MENTITE SPOGLIE di Lelio Demichelis (http://sollevazione.blogspot.it/2016/11/sharing-economy-indagine-sul-passato.html)

In esso si parla esplicitamente di "narrazioni" e di bio-politica, penso che potrebbe interessarti.
Prometto che questo è l'ultimo pippone iperprolisso che ti "obbligo" a leggere!
A parte gli scherzi, non sentirti obbligato a leggere tutto quel che ti propongo.

paterfamilias
14-11-16, 22:06
ringrazio egomet e Batou (ottimo nick) per avermi segnalato questo nuovo mondo.

Batou
15-11-16, 14:31
ringrazio egomet e Batou per avermi segnalato questo nuovo mondo.

Non c'è di che.
Ti andrebbe di contribuire al dibattito, scrivendo, anche brevemente, una tua opinione in merito al tema trattato?


(ottimo nick)

Sei per caso, come il sottoscritto, un grande estimatore di GITS? :ekkekazzo:

Egomet
15-11-16, 15:03
Cito testualmente dal manifesto:

"Vogliamo accelerare il processo dell’evoluzione tecnologica. Ma ciò di cui argomentiamo non è tecno-utopismo. Mai credere che la tecnologia sia sufficiente a salvarci. Necessaria sì, ma mai sufficiente senza azione socio-politica. La tecnologia e il sociale sono intimamente legati l’uno all’altra, e il mutamento dell’uno potenzia e rinforza il mutamento dell’altra"


Sì, ricordavo il passo in modo chiaro e anche da quello traeva origine il mio commento: l'idea che la sostituzione del nocchiero al timone della tecnica possa quasi certamente risolvere le contraddizioni non lascia molto adito a dubbi intorno alla pericolosità insita nel mezzo stesso a prescindere dal controllo esercitato da un attore sociale o da un altro.
Per questo motivo, nel lanciarsi all'assalto della sala macchine con la sola intenzione di rimpiazzarne il tecnico si corre il rischio di riporre eccessiva fiducia nella capacità di manipolare una forza infida, restando così intrappolati tra le sue spire e riproducendone i meccanismi*.
Metafore a parte, tu mi sei sembrato più cauto e meno ottimista.

*E' una delle conseguenze dei mai sopiti influssi del positivismo di cui parlavo.


Ti consiglio di leggere anche questo scritto: sollevazione: SHARING ECONOMY: INDAGINE SUL PASSATO CHE RITORNA SOTTO MENTITE SPOGLIE di Lelio Demichelis (http://sollevazione.blogspot.it/2016/11/sharing-economy-indagine-sul-passato.html)

In esso si parla esplicitamente di "narrazioni" e di bio-politica, penso che potrebbe interessarti.
Prometto che questo è l'ultimo pippone iperprolisso che ti "obbligo" a leggere!
A parte gli scherzi, non sentirti obbligato a leggere tutto quel che ti propongo.


Nessun obbligo, mi fa piacere.
Anzi, arricchisci quando vuoi la sezione con documenti, articoli, riflessioni personali o altro.
Sentiti altresì libero di dare il via a nuove discussioni o di proporre temi.
Sebbene l'impostazione di fondo sia più di tuo gusto che mio (nulla di male in questo, tutt'altro), l'articolo è interessante.
Allo scopo di incuriosire gli altri utenti, ne propongo qualche estratto:

La globalizzazione & la rete scompongono, suddividono, isolano (essendo tecnica & capitalismo) per poi ricomporre in strutture unitarie e totalitarie le parti prima suddivise (il mercato globale e le sue leggi, la rete) – questa è la logica intrinseca e necessaria di ogni organizzazione, dalla prima rivoluzione industriale e dalla fabbrica di spilli di Adam Smith alla rete e alla sharing economy. Rete e globalizzazione hanno liquefatto la società aperta, ma per compensare emotivamente e relazionalmente gli individui isolati dai processi tecnici e di mercato ecco la rete che lega e apparentemente non lascia soli, ecco l’ideologia della condivisione-che-non-è-vera-condivisione, la fabbrica come comunità di lavoro e da cui deve essere ovviamente eliminato il conflitto e quindi l’immaginazione di cose diverse, il nuovo paternalismo imprenditoriale e il welfare aziendale (o sharing), il populismo tecnocratico, la favola della rete libera e democratica. Se la rete de-socializza, la rete poi comunitarizza e dà l’illusione della condivisione e quindi docilizza l’insieme (tutti noi).

Lo scopo è questo: con-fondere - come scriveva Günther Anders - le forme tecniche di funzionamento degli apparati tecnici in forme sociali (la società che diventa società fordista, oggi che diventa società in rete e a rete); ma, e insieme sovrapporre le forme capitalistiche (tutto è mercato, tutto è competizione, tutto è scambio e merce) alle forme sociali. Una doppia sovrapposizione, una doppia sostituzione. Qualcosa che è nella logica degli apparati tecnici ed era negli obiettivi, per l’economia di mercato, dell’ordoliberalismo tedesco e del neoliberismo austro-statunitense. La società si deve cioè sciogliere, deve annullare se stessa come società aperta e come essere in-comune con gli altri/diversi (e capace di una progettualità propria) per assumere la forma standard e le norme – uniche e universali - del capitalismo e oggi della rete. Mentre ciascuno di noi (le parti dell’apparato tecno-capitalista) deve diventare sempre più mero (s)oggetto economico, quindi a capitale umano da valorizzare sempre più e incessantemente messo in vetrina per farsi comprare (oggi per lo più a prezzi di saldo), ciascuno dovendo essere sempre più non se stesso, ma imprenditore di se stesso, sempre più competitivo con gli altri ma anche a mobilitazione totale permanente e crescente nell’apparato tecno-capitalista. Questo sono oggi il lavoro in rete e la globalizzazione: una mobilitazione di tutti al lavoro o alla ricerca di un lavoro o a sviluppare nuove tecnologie e nuove applicazioni, senza più distinzione tra tempo di vita e di lavoro, tra mercato e società, tra rete e società, tutti a produttività crescente ma ad alienazione anch’essa crescente - anche se abilmente nascosta dall’apparato sotto la parole della neolingua e del proprio storytelling, ciascuno sempre più innovativo ma innovativo solo in termini di nuove tecnologie, non di innovazione sociale, culturale, politica.

Egomet
15-11-16, 15:13
Non c'è di che.
Ti andrebbe di contribuire al dibattito, scrivendo, anche brevemente, una tua opinione in merito al tema trattato?


Mi associo all'invito.

Egomet
15-11-16, 15:15
ringrazio egomet e Batou (ottimo nick) per avermi segnalato questo nuovo mondo.

Figurati.
Perché non partecipi anche tu?

paterfamilias
15-11-16, 22:56
Sei per caso, come il sottoscritto, un grande estimatore di GITS? :ekkekazzo:

si. Di Shirow proprio.

Batou
17-11-16, 00:04
Sì,ricordavo il passo in modo chiaro e anche da quello traeva origine ilmio commento: l'idea che la sostituzione del nocchiero al timonedella tecnica possa quasi certamente risolvere le contraddizioni nonlascia molto adito a dubbi intorno alla pericolosità insita nelmezzo stesso a prescindere dal controllo esercitato da un attoresociale o da un altro. Perquesto motivo, nel lanciarsi all'assalto della sala macchine con lasola intenzione di rimpiazzarne il tecnico si corre il rischio diriporre eccessiva fiducia nella capacità di manipolare una forzainfida, restando così intrappolati tra le sue spire e riproducendonei meccanismi*.


Metafore a parte, tu mi sei sembrato più cauto e meno ottimista.



Comprendole ragioni che ti hanno indotto a scrivere queste osservazioni,osservazioni che in parte io stesso condivido. Sottoscrivo solo inparte, però, perchè non credo siano giusti i termini nei qualiintendi relegare la questione. Mi spiego meglio. In primo luogo mipare che tu parta da un preconcetto, quello secondo il quale esisteuna contrapposizione, una separazione sostanzialmente irriducibile tra uomo e tecnica, tra naturale ed artificiale, tra biologico e sintetico, una contrapposizione che, in mia opinione, ti impedisce di osservare e di comprendere appieno la natura del legame che unisce uomo e tecnica. L'uomo, infatti, si definì come tale, millenni or sono, dal momento in cui interpose fra sée la soddisfazione del suo bisogno uno strumento:fù in quel momento che nacque l’uomo! L'uomo crea la tecnica e la tecnica definisce l'uomo, vi è un'intima e vincolante dialetticatra i due soggetti in questione.Quindi, qualora mutinole prospettive dell'uomo al timone, conseguentemente muteranno anche le proiezioni tecniche che da tali prospettive scaturiscono (Ma è poi vero che oggi è l'uomo ad essere al timone? E se si in quale misura? E se non lo è chi/cosa vi è al posto suo? Ecco i miei timori che vengono a galla). In secondo luogo non leggo nei tuoi interventi nessun accenno o riferimento al ruolo d'intermediazione ed accentramento che giocano le forme di amministrazione ed organizzazione economico-sociale tipiche del regime neo-capitalista. Sembri ignorare tout court il ruolo di queste ultime , mentre preferisci affrontare la questione in maniera generica se non approssimativa , limitandoti ad argomentare una narazzione che semplifica il tutto in uno scontro tra l'uomo, che evidentemnte tu non ritieni essere pericoloso nè più, nè tanto quanto lo sviluppo tecnico di cui è fautore, e la tecnica rea di essere intrinsecamente pericolosa, anche se poi non ci spieghi il perchè e il percome.

Ho calcato un pò... l'accelleratore (:sese:) in questo post, non tanto per screditare i tuoi precedenti interventi e le tue opinion in generale in merito al tema trattato, ma, piuttosto, invece, per cercare di fare chiarezza, nei miei confusi pensieri prima di tutto, e per tentare di “costruire” una tesi alla quale rapportarsi, così da dare un corpo che sia organico il più possibile al dibattito.

Batou
17-11-16, 00:22
Metafore a parte, tu mi sei sembrato più cauto e meno ottimista.

Cercherò di dare libero sfogo anche alle mie considerazioni pessimistiche ed ai miei dubbi amletici nei post a venire.

Batou
17-11-16, 14:19
si. Di Shirow proprio.

Grande!
Io devo ancora recuperare i suoi manga, tempo fa ho compiuto una "strafexpedition" in tutte le fumetterie che frequento, ma niente, non ho trovato un fico secco. Penso proprio che dovrò acquistarli on line.
Non appena sarò riuscito a racimolare i baiocchi necessari, s' intende.

Egomet
17-11-16, 14:25
[SIZE=3] In primo luogo mi pare che tu parta da un preconcetto, quello secondo il quale esiste una contrapposizione, una separazione sostanzialmente irriducibile [COLOR=#000000][FONT=Calibri]tra uomo e tecnica, tra naturale ed artificiale, tra biologico e sintetico, una contrapposizione che, in mia opinione, ti impedisce di osservare e di comprendere appieno la natura del legame che unisce uomo e tecnica.


No, non ho mai fatto menzione ad una precisa dicotomia, perché sono conscio del legame sussistente tra genere umano e manipolazione della materia.
Malgrado sia adoperato con disinvoltura, ritengo problematico anche il termine stesso "natura", un costrutto concettuale di cui non si possono conoscere in modo chiaro i confini, dal momento che è l'uomo a definirli di volta in volta tramite il pensiero (ma nulla del mondo esterno grida "io sono natura, mentre quello e quell'altro non lo sono").
Seguo tuttavia un sentiero parzialmente tracciato nel corso del ventesimo secolo, nel quale è evidenziata la netta distinzione tra techne nel suo senso originario di abilità tecnica, arte manuale etc. e tecnica nel suo significato odierno di complesso mostruoso in grado di superare e fagocitare il suo stesso creatore (sempre più limitato nel controllarne la direzione e lo sviluppo).



(Ma è poi vero che oggi è l'uomo ad essere al timone? E se si in quale misura? E se non lo è chi/cosa vi è al posto suo? Ecco i miei timori che vengono a galla)

Comprendo bene questi dubbi e timori, per questo non sono così convinto che un cambio di nocchiero possa risolvere le contraddizioni e mettere il morso definitivo alla tecnica.

.
In secondo luogo non leggo nei tuoi interventi nessun accenno o riferimento al ruolo d'intermediazione ed accentramento che giocano le forme di amministrazione ed organizzazione economico-sociale tipiche del regime neo-capitalista. Sembri ignorare tout court il ruolo di queste ultime

E' il tuo campo, non voglio rubarti il lavoro.
A me interessa quel tipo di analisi, ma non mi appartiene del tutto.


,
mentre preferisci affrontare la questione in maniera generica se non approssimativa , limitandoti ad argomentare una narazzione che semplifica il tutto in uno scontro
tra l'uomo, che evidentemnte tu non ritieni essere pericoloso nè più, nè tanto quanto lo sviluppo tecnico di cui è fautore, e la tecnica rea di essere intrinsecamente pericolosa, anche se poi non ci spieghi il perchè e il percome.

Allora devo essermi spiegato molto male, perché ridurre il discorso a uno scontro titanico tra le salubri e salvifiche forze della natura e la tecnica velenosa non era lo scopo dei miei interventi.
Come ho scritto, sono pessimista tanto nei confronti delle possibili decrescite felici quanto dell'ipotetico paradiso tecnologico del domani.
Per il resto, cerco di raccogliere elementi e riflettere, giacché la questione è parecchio annosa.
Se volessimo divagare con levità, potrei scriverti di come, in un mondo onirico, gestirei l'ingerenza della tecnica, ma non mi sembra proficuo per la discussione.
A mio avviso, resta valida la critica al positivismo, cavallo di Troia dei paladini della tecnica.

uamep
17-11-16, 19:54
Se è vero che l'uomo diventa tale, "separandosi" (attenzione al verbo "separarsi" che ammetto essere estremo) dai primati grazie alla tecnica, credo altresì che il capitalismo "utilizzi" la "sfera tecnica" per creare bisogni da soddisfarsi con i mezzi tecnici da esso prodotti.
Il cuore della questione tecnica/capitalismo è li, secondo me.
Il bisogno tecnico di creare la lancia per uccidere il bisonte è chiaramente un tratto "naturale" (uso il termine naturale pur ammettendo le critiche che egomet fa del concetto, è giusto per capirsi), probabilmente insostituibile o incancellabile.
Poco naturale e quindi, a mio parere, capitalista il pensiero malsano per cui l'uomo è talmente assoggettato alla "sfera tecnica" che è quindi possibile creare dei bisogni "nuovi" sfruttando le potenzialità della crescita tecnologica.
Ricordo che "creare bisogni da soddisfare con prodotti" è il paradigma centrale del marketing che è l'ultima frontiera del capitalismo.
Ora, se la prima analisi di tecnica non mi pone nessun dubbio la seconda, che è chiaramente quella che noi viviamo, mi fa addirittura incazzare.
E' in quella differenza che si pone la decrescita per come la vivo.
La decrescita, che troppo spesso viene banalmente sintetizzata in: "torniamo al pleistocene", non esclude certo la tecnica come una possibilità o addirittura una "compagna di vita" per il genere umano, probabilmente irrinunciabile.
Il punto è: "come" si usa la tecnica? quali sono gli obbiettivi che ci inducono a usare determinati strumenti tecnici?
Le domande a cui rispondere sono:
A cosa serve quel determinato strumento tecnico? ma soprattutto quale bisogno soddisfa?
E bada che le suddette questioni non le pongo a chi utilizza un determinato strumento tecnico ma a chi lo pensa. (sono chiaro?).
Se decrescita significa smettiamo di produrre oggetti tecnici che soddisfano i bisogni di chi li produce prima che i bisogni di chi li utilizza, allora, decrescita domani.
In questo scenario "decresco" e non mi pongo certamente in conflitto con la tecnica.
Oltre tutto la decrescita è prima di tutto un'azione personale. "Io" faccio dei passi indietro, "io" smetto di comprare prodotti tecnici che non mi servono, "Io" mi chiedo, tutte le volte, che utilizzo devo fare di un determinato strumento tecnico prima di acquistarlo.
Quando ho deciso di non comprarmi più una macchina sono, per così dire, "regredito" ma non ho deciso di dismettere il giradischi.