Verona Front
26-07-10, 15:07
La Tule di Pitèa, di Virgilio e di Goethe
Pitèa, geografo, commerciante ed eminente cittadino della colonia greco-focese di Massalia (Marsiglia) fu incaricato dalla sua città di compiere un viaggio di esplorazione al di là delle colonne d'Ercole al fine di aprire nuovi sbocchi commerciali a questa fiorente colonia greca del Mediterraneo Occidentale. La data dell'incarico è situata nella seconda metà del IV secolo A.C., fra il 340 ed il 325 A.C..
Pitèa scrisse un libro “Intorno all'Oceano” che andò perduto, probabilmente durante il primo rogo della biblioteca di Alessandria nel III secolo A.C. Il libro era però conosciuto dai suoi contemporanei (Eratostene, Dicearco da Messina ed altri). È pertanto grazie ad essi che si ebbero le prime notizie sul viaggio, che furono quindi trasmesse a scienziati come Plinio il Vecchio (I secolo D.C.) ed a geografi come Tolomeo di Alessandria (II secolo D.C.) che ne lasciarono dettagliate descrizioni giunte fino a noi.
Pitèa riuscì a eludere l'ostile sorveglianza dei Cartaginesi, che si opponevano con ogni mezzo all'espansione delle colonie greche nel Mediterraneo. Egli passò le colonne d'Ercole, entrò nell'Atlantico, risalì le coste della Spagna, della Francia ed entrò nella Manica. Rimase sbalordito dalla presenza di un'immensa isola alla sua sinistra. Uno storico americano del secolo scorso, Frank B. Goodrich, nel libro Man upon the Sea (Filadelfia, 1858) non esita ad attribuire la scoperta dell'Inghilterra a Pitèa: “...the discovery of Great Britain may be safely attributed to him” (...la scoperta della Gran Bretagna può con sicurezza essere attribuita a lui). Pitèa costeggia l'Inghilterra Orientale spingendosi sempre più a Nord e raggiungendo le Orcadi. Quivi ha contatti con gli abitanti, i quali gli dicono che “a sei giorni di navigazione verso Nord esistono ancora delle terre emerse, che nessuno conosce”. Lo avvertono che il mare diviene solido, che le nebbie fittissime ed i ghiacci insidiosi lo porterebbero alla perdizione, ma Pitèa lascia le Orcadi e punta a Nord, sempre più a Nord. Infine è obbligato ad invertire la rotta. Scriverà di avere raggiunto i confini settentrionali del Mondo, costituiti da un'isola che egli chiama Tule. (1)
Al suo ritorno a Marsiglia nessuno gli crede. Uno scrittore satirico, Antifane di Berge, narra di un paese così freddo che d'inverno le parole... gelavano, cosicché si potevano intendere solo dopo il disgelo. Si trattava di una parodia del libro di Pitèa. Strabone, famoso geografo, lo definì ancora tre secoli più tardi “...un mentitore di prima grandezza”. Ma Strabone commise un errore clamoroso: allo scopo di confutare le scoperte di Pitèa ne fece un'accurata descrizione, che giunse a Plinio, a Tolomeo ed anche a noi. L'analisi moderna ha potuto così riscontrare l'assoluta autenticità delle scoperte di Pitèa. La fama imperitura di cui Pitèa gode, ancora a 2300 anni di distanza dal suo viaggio, non era negli obbiettivi di Strabone.
Plinio il Vecchio, nato a Como nel 23 D.C. e morto nell'eruzione del Vesuvio nel 79 D.C., nel 2° Libro di Cosmologia della sua monumentale Naturalis Historia dice che, secondo Pitèa, “... nell'isola di Tule si avrebbero giorni di 6 mesi”. Nel 3° Libro di Geografia descrive delle isole a Nord dell'Inghilterra “Ultima omnium quae memorantur Tyle...” (l'ultima delle quali si ha ricordo è Tyle) “dove non esiste notte al solstizio estivo... e dove c'è il mare solidificato, che alcuni chiamano Cronio”. Infine nel 6° Libro della Geografia descrive la latitudine del parallelo più settentrionale allora ipotizzate, detto “scitico”, che andava dai monti Rifei (Urali) fino a Tule. Lungo esso “... nell'arco di un anno si alternano una lunga notte ad un unico giorno”.
Il grande Tolomeo (100-178 D.C.) compose due opere monumentali: l'Almagesto e la Geografia. La principale traduzione latina della Geografia fu fatta nel XV secolo da Jacopo Angelo, di cui chi scrive possiede una rara copia, corredata da carte geografiche policrome. Jacopo Angelo dedicò la sua opera al papa Alessandro V eletto dal Concilio di Pisa del 1409, ai tempi del Grande Scisma d'Occidente, probabilmente prima di sapere che Alessandro V sarebbe stato bollato dalla Storia come anti-papa.
Nella Tavola Europe Tabula Prima è rappresentata l'Irlanda (Hibernia), l'Inghilterra (Insula Britannica), le Orcadi (Orchades) e, molto spostata a Nord-Est rispetto alle Orcadi, compare una strana isola di colore verde (a differenza dal colore avorio e oro delle terre emerse, nonché dal profondo azzurro dei mari) sulla quale è scritto Thule Insula.
Ma dove infine è stata localizzata Tule dalla critica moderna? L'ipotesi più accreditata è che Tule sia il nome dato da Pitèa alle Isole Shetland, che sono a Nord-Est delle Orcadi. Esse sono però ben più vicine dei “sei giorni di navigazione” riportati da Plinio, anche per le navi di allora. In sei giorni Pitèa avrebbe potuto raggiungere le coste della Norvegia meridionale.
Se però fosse andato a Est direttamente (egli proseguì infatti il viaggio fino all'attuale Russia prima di ritornare in patria), Tule potrebbe essere lo Jutland, ossia la Danimarca. Ma in nessuno di questi luoghi vi sono “giorni di sei mesi”.
Ecco che durante il pre-romanticismo tedesco si ritenne che Pitèa avesse addirittura raggiunto l'Islanda.
La realtà è che non si sa affatto dove si trovasse la Tule di Pitèa. Tule è così entrata nella Poesia e nella Storia come il mitico, irraggiungibile Confine Nordico del Mondo.
Già trecento anni dopo così la vide Virgilio nelle Georgiche (scritte fra il 37 ed il 30 A.C.) quando nel Libro I, dopo la dedica a Mecenate invoca Cesare (Ottaviano Augusto) acciocché gli conceda “una facile rotta” ed “all'audace impresa acconsenta” augurandogli “destini divini” ed “obbedienza universale”: “Caesar...tibi serviat Ultima Tyle” (il Mondo...ti obbedisca, o Cesare, fino all'ultima Tule).
Questo luogo mitico non lasciò indifferente neppure Goethe, che nel 1774 scrive nelle Balladen la poesia Der König in Thule (con il famoso verso “...War treu bis an das Grab” “Fedel sino a l'avello” come tradusse Carducci, dove riappare la costante venerazione germanica per la Fedeltà). Nell'Opera Omnia di Goethe pubblicata da Ludwig Geiger a Berlino nel 1883 è riportato il seguente commento qui tradotto: “L'ultima Tule era presso gli Antichi una fantastica isola, che si sarebbe trovata nel Mare di Nord-Est, agli estremi confini delle terre conosciute”. La Tule piteana era ormai scomparsa dalle carte geografiche ed era diventata una categoria dello spirito, mantenendo solo nel nome il ricordo del suo primo scopritore. (2)
Gli ordini germanici e 1'ariosofia
Nella seconda metà del secolo XVIII alcuni scrittori e poeti tedeschi diedero luogo al movimento letterario passato alla Storia come Sturm und Drang (traducibile, con una certa improprietà, come “Tempesta ed Impeto”), movimento pre-romantico che derivò il nome da un'opera del 1776 del drammaturgo Friedrich Maximilian von Klinger “Der Wirrwarr, oder der Sturm und Drang” (Il Vortice, ovvero la Tempesta e l'Impeto). Ad esso appartennero nomi eccelsi come Goethe, Schillér, Herder e molti altri protagonisti della rivolta letteraria germanica contro il razionalismo.
Tema centrale, con diverse varianti poetiche e letterarie, era la comune identità dei Tedeschi nell'antica Storia dei Germani, riflessa negli usi e costumi, nella lingua, nella letteratura, nelle canzoni e leggende popolari. Si riscopriva l'identità spirituale tedesca, lontana dalla realtà politica dell'epoca.
Questa struggente e ricorrente insistenza su di un glorioso e leggendario passato, sulle antiche tradizioni Runiche e Germaniche diede a quei movimenti letterari un carattere mitologico, che raggiunse nel XIX secolo altissime vette poetiche nonché musicali come nella Tetralogia di Richard Wagner.
I Tedeschi vivevano in un mosaico di piccoli Regni, Principati, Ducati, Marchesati, Contee, i cui reggitori si curavano principalmente dei propri interessi locali, con innumerevoli problemi di confini, regolamenti e trattati. Questi Stati costituivano, assieme alla Prussia ed all'Austria ed, in origine, anche alla Francia, il Sacro Romano Impero, fino alla dissoluzione di esso ad opera di Napoleone che si proclamò Imperatore di Francia nel 1804, ed indusse l'Imperatore d'Austria Francesco I a rinunciare per sempre al titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero nel 1806.
Le speranze dei nazionalisti tedeschi furono amaramente deluse dal Congresso di Vienna del 1815 che ristabilì gli antichi Stati e mantenne la separazione di Austria e Prussia. Anche le rivoluzioni del 1848 non condussero all'agognata Unità Politica dei popoli germanici. Si accentuò così l'aspirazione culturale ed intellettuale dei tedeschi verso questa Unità. Ciò era particolarmente sentito in Austria, dove i Tedeschi dovevano convivere con forti minoranze slave ed ebraiche. Le dispute sulla suddivisione dei territori appartenuti alla Danimarca, sconfitta da Prussia ed Austria nel 1864, non erano condivise dai nazionalisti di entrambe le Nazioni, ma condussero alla guerra austro-prussiana ed alla rovinosa sconfitta dell'Austria nel 1866. Poco dopo la sconfitta della Francia nel 1870, la costituzione del 2° Reich da parte di Bismarck nel 1871 nuovamente deluse le ambizioni dei nazionalisti tedeschi perché l'Austria era esclusa da tale 2° Reich. È noto che l'Austria dovrà attendere fino al 1938 prima di potersi ricongiungere alla Germania nell'ambito del 3° Reich.
La divisione dei Tedeschi continuava così a sussistere. Razzismo ed Elitarismo si fecero strada.
Antropologi e Linguisti si dedicavano allo studio delle razze, ad ognuna della quali venivano attribuite particolari qualità fisiche e morali. Il Darwinismo emergente divenne il “Socialdarwinismo”, che venne adottato al fine di dimostrare la legittima superiorità di alcune razze sulle altre, in particolare della razza Ariana (da ARYA, vocabolo sanscrito che significa Signore, Dominatore) su tutte le altre razze. Nacquero e si moltiplicarono i cosiddetti “Germanen Orden” (Ordini Germanici) specie di Società Segrete e di Ordini pseudoreligiosi. Nelle riunioni gli adepti, tutti romantici nazionalisti, vagheggiavano un'Età dell'Oro preistorica, una Teocrazia nella quale saggi ed eruditi sacerdoti, adoratori degli antichi Dei germanici (Wotanismo) insegnavano teorie razziste e nazionaliste. Le antiche iscrizioni runiche fornivano i simboli per queste occulte liturgie che includevano anche rudimentali segni che ricordavano la svastica. I sacerdoti governavano società razzialmente pure costituite da Ariani.
Per opera di Guido von List, studioso di lingua runica, cultore di araldica, semiologia ed occultismo, nacque l'Ariosofia, la scienza occulta degli Arii, che influenzò profondamente gli Ordini Germanici ed i circoli letterari e filosofici dell'Austria e della Germania guglielmina. Nato nel 1848 e vissuto in Austria fino alla fine della prima Guerra Mondiale, Guido von List godette di grande stima da parte dei circoli accademici e letterari. Gli Ariosofi ritenevano che una congiura pilotata dalle forze e dagli interessi anti-tedeschi si fosse posta come obbiettivo la distruzione del mondo germanico originario al fine di porre i tedeschi (Ariani) allo stesso livello dei non-tedeschi (non-Ariani) in nome di un criminale egualitarismo. Le forze anti-tedesche venivano storicamente identificate nell'Impero Romano, negli Ebrei e nella Chiesa Cattolica. La mescolanza di razze che derivò dal parziale successo di questa congiura sarebbe stata all'origine delle guerre e delle miserie dei nostri giorni. L'Ariosofo aveva lo scopo di combattere questi mali e di rigenerare l'antica sapienza assieme alla rinascita delle virtù dei primi Germani, con l'obbiettivo finale di ricostituire il Reich Millenario pangermanico, razzialmente puro, di cui profetizzavano gli antichi sacerdoti. Guido von List, Lanz von Liebenfeld, Georg Ritter von Schönerer, furono gli esponenti più influenti dell'Ariosofa, assieme ad altri scrittori, poeti e storici dell'epoca.
La forzata coesistenza di diverse razze (ariana, ebraica e slava) nella Vienna di fine secolo, allora detta anche la Nuova Gerusalemme, portava fatalmente ai conflitti, e non solo sul piano ideologico.
Tuttavia gli Ariosofi, persi nei loro sogni occulti e simbolici, questi romantici reazionari, vagheggiatori degli antichi Germani e del Reich Millenario, erano a poco a poco usciti dalla realtà politica, ed infine militare del loro mondo, che crollò con la fine della I° Guerra Mondiale. Ancora nel 1916 Guido von List, divenuto oramai il profeta indiscusso del Reich Millenario, aveva annunciato a mezzo di missive alle truppe combattenti sui vari fronti l'immancabile vittoria delle Potenze Germaniche. Nel tardo 1918 il settantenne Guido von List dovette lasciare l'Austria a causa della mancanza di cibo e di medicamenti, che la sua malferma salute non poteva sopportare. Agli inizi del 1919 Guido von List e la moglie accettarono l'invito di uno dei molti ammiratori, il Conte Eberhard von Brockhusen, nel suo castello di Brandeburgo. Giunto dopo un faticoso viaggio in treno fino a Berlino, si sentì male per una presunta polmonite, fu trasportato in una modesta pensione e quivi mori il 17 maggio 1919.
Il mondo di Guido von List e dei suoi Ariosofi era oramai scomparso. Questo mondo gettò però dei semi rigogliosi per le ideologie ed i simboli politici che nacquero dopo il I° Dopoguerra.
Il vessillo di Guido von List fu raccolto dal Barone Rudolf von Sebottendorf fondatore della “Thule Gesellschaft”.
La Thule Gesellschaft fondata dal barone Sebottendorf
Rudolf Baron von Sebottendorf nasce nel 1875 a Hoyerswerda (Dresda). Esiste tutta una letteratura sulla genealogia e sul vero nome di questo personaggio, fondatore della “Thule Gesellschaft”. Egli è comunque entrato nella Storia con il nome sopra indicato, che anche qui viene usato. Studia ingegneria, viaggia per mare (Australia, Egitto, Turchia). Rimane in Turchia, si occupa di occultismo, di religioni esotiche, viene in contatto con i Dervisci, si occupa della numerologia delle Piramidi, del Sufismo, della Kabbala ebraica, diviene membro di una loggia massonica in Francia, legata al “Rito di Menfi”.
Combatte al fianco dei Turchi nella Seconda Guerra Balcanica del 1912. Tornato in Germania prosegue gli studi di astrologia e di mistica islamica. Nel 1914 legge un annuncio sul giornale di un “Ordine Germanico” con sede a Monaco che invita tutti i tedeschi di pura origine ariana ad entrare nell'Ordine. Egli subito risponde, vien accettato ed entra in contatto con numerosi esponenti nazionalisti.
Le riunioni di questi personaggi nell'Hotel Vier Jahreszeiten di Monaco erano guardate con sospetto dalla polizia bavarese, e fu pertanto deciso di dare all'”Ordine” un nome neutrale e misterioso: “Thule. Gesellschaft zur Erforderung deutscher Geschichte und Forderung deutscher Art“ (Thule. Associazione per lo studio della Storia Tedesca e per la promozione della Stirpe Germanica). Fu adottato un simbolo apparentemente mitico ed innocuo: una lunga spada sormontata da una raggiante croce uncinata a forma di ruota solare. Fu pertanto scelto l'antichissimo simbolo indo-europeo, e pertanto ariano, che in lingua sanscrita si chiamava Svastikà (Apportatore di Salute).
La sera del 9 Novembre 1918 si teneva un concerto nella sede della Thule Gesellschaft. Nelle ultime 48 ore aveva avuto luogo un radicale cambiamento politico: la rivoluzione socialista di Baviera. I Wittelsbach, la famiglia regnante, avevano lasciato Monaco ed un governo socialista, sotto la guida del giornalista berlinese ebreo Kurt Eisner, aveva preso il potere. I membri della Thule, così come tutti i partiti di destra e borghesi, furono sconvolti da questi avvenimenti (magistralmente descritti anche nel testo, che è considerato fondamentale su questi eventi, scritto da Nicholas Goodrick-Clarke dal titolo: “Die okkulten Wurzeln des Nationalsozialismus” (Le radici occulte del Nazionalsocialismo).
La Germania era sconfitta, il Kaiser ed i Principi avevano abdicato, ebrei socialisti adesso costituivano a Monaco e a Berlino repubbliche di stampo sovietico, sul sacro suolo tedesco! La patria, per la quale avevano duramente ed a lungo combattuto scompariva nel volgere di una notte. Quella sera Sebottendorf tenne un appassionato discorso, divenuto famoso nella Storia di quegli anni: “...al posto dei nostri Principi governa oggi il nostro nemico mortale: Giuda!”.
Se tutto si fosse limitato a quel discorso di Sebottendorf la Thule sarebbe forse caduta nell'oblio. Ma Sebottendorf si rivelò, oltre che occultista, un eccellente organizzatore della reazione nazionalista contro il regime di Eisner (che cadrà vittima di un attentato da parte del Conte von Arco auf Valley il 21 Aprile 1919) ma soprattutto un oppositore militare e politico del governo dei Soviet installato in Baviera dal trio di ebrei comunisti mandati da Lenin: Towia Axelrod, Max Levien, Eugen Leviné. Sebottendorf, che già aveva costituito la “Kampfbund Thule” (Lega di combattimento Thule), aveva appena fondato il 19 Aprile 1919 l'agguerrito corpo Franco “Oberland” al comando del maggiore von Beckh.
Nunzio Apostolico in Baviera era nel 1919 il giovane Vescovo Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII. In un libello pubblicato ultimamente in Inghilterra, scritto da John Cornwell, che si autodefinisce “cattolico inglese” e dall'ineffabile titolo “Hitler's Pope” (il Papa di Hitler) è citata una lettera diretta a Roma dall'allora Vescovo Pacelli. Egli, riferendosi ad uno dei tre figuri inviati da Lenin a governare la Baviera, e precisamente al già citato Eugene Leviné, così lo descrive: “Si tratta di un giovane di 30 o 35 anni, anch'egli russo ed ebreo. Pallido, sporco, volgare, repellente, dal volto ad un tempo intelligente e timido”. Riferendosi inoltre alle donne frequentate da questo individuo così continua “Sono ebree, come tutti gli altri di questo gruppo”.
La recensione del libro di Cornwell è stata fatta dal giornalista ebreo Richard Cohen sulla International Herald Tribune del 22 Settembre 1999. Per l'autore del libro, nonché per l'autore della encomiastica recensione, è sufficiente che Eugenio Pacelli abbia detto la nuda verità storica, ossia che a quell'epoca la Baviera era governata da ebrei comunisti, che a loro volta frequentavano donne ebree comuniste, per tacciare Eugenio Pacelli di anti-semitismo.
La repubblica sovietica di Baviera si dimostrò feroce e, per fortuna, inefficiente: criminali decreti si susseguivano, avversari, o ritenuti tali, venivano massacrati, soldati dell'Armata Rossa saccheggiavano le città. Banche, giornali, scuole vennero chiusi. Ma si avvicinava l'ora della resa dei conti. Truppe Bianche strinsero il cerchio intorno a Monaco. I Rossi, presi dal panico, decisero di devastare il 26 Aprile 1919 la sede della Thule, divenuta una specie di club, e presero in ostaggio i vecchi signori che vi si trovavano: il Principe Gustav von Thurn und Taxis, il conte Friedrich Willhelm von Seydlitz, il Barone von Teuchert, la Contessa Heila von Westarp (che fungeva da segretaria, ed era al primo giorno di lavoro), ed inoltre Walter Neuhaus, Anton Daumenlang ed altri per un totale di 9 persone. Il capo dei Rossi, Rudolf Egelhofen, annunciò trionfante che “una banda di malfattori appartenenti alla cosiddetta buona società, reazionari estremisti, agenti e fiancheggiatori dei Bianchi ecc.” era stata catturata.
Forse ispirandosi al massacro della famiglia imperiale russa a Ekaterinburg nel 1918, i disgraziati furono trascinati nei sotterranei del Luipold-Gymnasium, ed ivi, assieme ad altri tre ostaggi, furono massacrati il 30 Aprile 1919. Monaco ed il mondo intiero innorridirono di fronte a questo freddo e criminale massacro di ostaggi, naturalmente disarmati e del tutto innocenti. Nessun processo ebbe luogo, nessun crimine poteva essere ad essi ascritto, tranne quello di avere (per alcuni di loro) un “von” davanti al proprio nome, e quello, gravissimo, di essersi fisicamente trovati quel giorno dentro la sede della Thule. Ciononostante lo “storico” della DDR Hans Beyer non esitò a definire, in tempi recenti, questo infame massacro di ostaggi un caso di “Difesa Personale” (Selbsthilfe) da parte dei militi dell'Armata Rossa. Quando finalmente i Bianchi entrarono in Monaco trovarono la città già in rivolta contro le bande dei Rossi. Fu reinsediato un governo socialdemocratico sotto la guida di Hoffmann, che aveva combattuto coi Bianchi. Fu fatto il processo agli assassini degli ostaggi e a tre di questi ultimi furono intitolate strade di Monaco che ancora oggi portano il loro nome. Il 30 Aprile 1919 fu dichiarato giorno del solenne ricordo, ed ogni anno, a tale data, furono organizzate dalla Thule cerimonie in memoria.
In nessun altro Stato della Germania la contro-rivoluzione ebbe tanto successo come in Baviera. Questo entusiasmo ideologico, temprato dagli orrori dei Rossi e dalla vittoria su di essi, costituì una formidabile piattaforma politica per i futuri movimenti patriottici che in Monaco ebbero origine e che avrebbero cambiato il corso della Storia.
Come detto, l'assassinio degli ostaggi scatenò un'ondata d'indignazione, ma anche, secondo i Rossi di ieri e di oggi, scatenò un'ondata di “anti-semitismo”.
I Rossi ammettevano, sì, che i capi della rivoluzione comunista in Baviera fossero tutti ebrei (Kurt Eisner, Gustav Landauer, Erich Muhsam, Ernst Toller) così come i sovietici mandati in Baviera da Lenin, i già citati Axelrod, Levien, Leviné. Ammettevano anche che gli “spartachisti” di Berlino, Rosa Luxenburg e Karl Liebknecht, fossero ebrei. Ammettevano che le radici dell'ideologia comunista si trovassero nell'ebreo Karl Marx e che l'anima della rivoluzione bolscevica fosse costituita dall'ebreo Leone Trotzki.
Tale posizione ideologica è ancora oggi confermata: il libro della New York University Press del 1985, scritto dall'ebreo Shlomo Avineri, esalta questa simbiosi ebraico-comunista attraverso la biografia di un ebreo del XIX secolo, entusiasta di Marx, che si chiamava Moses Hess. Il promettente titolo del libro è “Moses Hess, prophet of Communism and Zionism” (Moses Hess, profeta del Comunismo e del Sionismo).
Il libro cita vari ebrei comunisti tedeschi del secolo scorso sostenendo che il comunismo, ed in particolare il comunismo tedesco, è essenzialmente un merito politico ed intellettuale degli ebrei. È fiero di documentare come gli ebrei Heinrich Heine, Karl Marx, Ludwig Borne (nato Baruch), Moses Hess fossero tutti “violently hostile to German Nationalism” (violentemente ostili al Nazionalismo Tedesco). È pertanto ancora una volta comprovato che la simbiosi ebraico-comunista, descritta dai Nazionalsocialisti come Giudeo-Bolscevismo, non fu un'invenzione propagandistica del Terzo Reich, ma nacque quasi un secolo prima dell'avvento di Hitler al potere. E gli autorevoli studi di Shlomo Avineri, pubblicati dalla prestigiosa casa editrice di New York, non sono certo sospettabili di anti-semitismo. (3)
Per i Rossi della Baviera degli Anni 20, però, questa simbiosi ebraico-comunista era un'invenzione dei Bianchi. I Bianchi avrebbero sostenuto questa tesi: “gli Ebrei vogliono costituire uno Stato fondato sul denaro (Geldstaat). Essi sono in realtà i sostenitori ed i beneficiari del Capitalismo. Per gli Ebrei il Socialismo ed il Comunismo non sono altro che una tappa intermedia (Zwischenstation) sulla via del dominio ebraico del mondo”.
Non ci è noto se questa tesi, così chiaramente esposta nell'accusa dei Rossi, fosse veramente sostenuta dai Nazionalisti dell'epoca. Se però così fosse stato, considerando che la «tappa intermedia» durata 70 anni è oramai conclusa e guardando all'Europa, ma soprattutto all'America di oggi, ci sarebbe da concludere che quegli esaltati nazionalisti degli Anni '20 erano in realtà dei chiaroveggenti.
La nascita della svastica destrorsa, emblema della NSDAP. Destino del barone Sebottendorf
Il quotidiano “Völkischer Beobachter”, successore del “Münchner Beobachter” (che era divenuto proprietà di Sebottendorf) dà una spiritosa definizione dei membri della Thule all'inizio del 1919: “La Thule è oramai divenuto l'unico punto di riferimento in Monaco di tutti coloro che non si limitano a guardare, con borghese viltà, fuori dalle tendine delle loro finestre per accertare se, per caso, il buon Dio non abbia già preso delle misure per migliorare la situazione”.
I membri della Thule erano in prevalenza avvocati, giudici, professori universitari, aristocratici della cerchia dei Wittelsbach, industriali, medici, scienziati, uomini di affari, così come il proprietario dell'elegante Hotel “Vier Jahreszeiten”. Si unirono alla Thule personaggi come Alfred Rosenberg, Dietrich Eckhart, Rudolf Hess, Hans Frank, destinati a svolgere ruoli importanti nella NSDAP e nel futuro governo della Germania.
Nel frattempo Sebottendorf, che aveva fino ad allora sviluppato rapporti intellettuali e pseudo-politici con l'Ariosofia di Guido von List e di Lanz von Liebenfels (creatore fra l'altro dell'astrusa teoria della Teozoologia), prese la decisione sorprendente, per un tale sognatore, di volere attrarre al suo movimento le forze operaie, ed affidò ai membri Harrer, Drexler e Lotter l'incarico di organizzare un “movimento politico operaio”. Questi tre personaggi fondarono il 5 Gennaio 1919 un nuovo mini-partito, la D.A.P. (Deutsche Arbeitspartei, Partito Tedesco del Lavoro). Questo mini-partito sarebbe rimasto tale, e certamente scomparso nel marasma politico di allora, se non fosse stato per uno di quegli imprevedibili atti della Storia destinati a cambiare il mondo. Il 12 Settembre 1919 si iscrive alla D.A.P. uno sconosciuto reduce della Guerra Mondiale, male in arnese e sofferente ancora agli occhi a causa dei gas assorbiti in combattimento. Il suo nome era Adolf Hitler. Questo nuovo iscritto si rivela ben presto un formidabile oratore ed organizzatore. Nel febbraio 1920 la D.A.P. si trasforma nella NSDAP, in breve nel Partito Nazionalsocialista.
Immediatamente il nuovo partito inizia a differenziarsi dalla Thule. Al partito non interessano gli “Ordini Germanici”, l'occultismo, l'astrologia, i misteri, le crittografie ecc. Il partito era improntato ad un radicale nazionalismo politico e sociale. Hitler, la cui influenza sui tre fondatori era in rapida crescita, non voleva saperne di sette, logge, circoli segreti, ma tendeva al partito di massa. I capi di questi movimenti settari furono poi da lui definiti nel “Mein Kampf” “predicatori (ciarlatani) erranti” (nel sarcastico significato tedesco di Wanderprediger) ed anche “teorici codini” (bezopfter Theoretiker).
Tuttavia, nel suo pragmatismo politico, Hitler riconosceva nella Thule affinità ideologiche nel campo del nazionalismo e del pangermanesimo, nonché nella scelta dell'ariano simbolo della svastica. Hitler non era ancora il capo dell'NSDAP e pertanto doveva sottoporre, e fare accettare agli altri membri, le sue proposte. Ciò avvenne in particolare per l'emblema del partito.
Sulla base dell'emblema già adottato dalla Thule, un membro del partito a nome Friedrich Krohn, considerato un esperto in materia di storia, simboli e costumi dei popoli (possedeva una biblioteca di 2500 volumi sull'argomento) aveva proposto la svastica nera, in cerchio bianco, il tutto in campo rosso. Solo che la svastica proposta da Krohn aveva gli “uncini” girati a sinistra. Hitler invece propose che gli uncini fossero girati a destra e la proposta fu accettata. Fu così che in occasione della riunione del “Gruppo Starnberger” della NSDAP a Monaco il 20 Maggio del 1920 la nuova bandiera con la Svastica destrorsa fece la sua prima pubblica apparizione. L'origine della svastica come simbolo politico risale quindi agli Ordini Germanici, mentre quale simbolo indo-europeo, ariano e solare (destrorso o sinistrorso) esso si perde nella notte dei tempi, ed è ancora oggi ben visibile negli antichi templi indiani e nei monasteri tibetani (quelli che si sono salvati dalla gloriosa Rivoluzione Culturale).
Non è casuale che gli unici popoli a non conoscere la svastica erano i popoli di stirpe semitica.
Il Barone von Sebottendorf era oramai scavalcato dalla travolgente nuova realtà politica. Si dedicò allora con ancor maggiore slancio alla sua passione per l'astrologia (ben sette libri pubblicati fra il 1921 ed 1923). Amava trascorrere molto tempo in eleganti stazioni termali, nell'Harz ed in Svizzera. Trascorse l'anno 1924 a Lugano dove completò i suoi testi sui Dervisci “Baktashi” e sui loro legami con gli alchimisti e gli ordini segreti. Si trasferì quindi definitivamente in Turchia, ma decise di rientrare in Germania nel 1933.
Questo soggiorno fu involontariamente breve. Egli aveva fatto pubblicare un libro (oggi introvabile in quanto pare ne esistano solo 12 copie) intitolato “Bevor Hitler kam” (Prima dell'avvento di Hitler) in cui sostiene che Hitler derivò dalla Thule la sua filosofia politica. La Thule sarebbe stata “la culla del Nazionalsocialismo”, avrebbe “...forgiato le armi che il futuro Führer avrebbe impugnato” e lo storico giornale del Partito il “Völkischer Beobachter” sarebbe derivato dall'organo di stampa della Thule, il “Münchner Beobachter” che, come detto, era divenuto proprietà di Sebottendorf.
Tutte queste improvvide attribuzioni di meriti non garbarono al 3° Reich. L'associazione del Nazionalsocialismo alla Thule Gesellschaft, che era in odore di setta occulta, non giovò al buon Sebottendorf. La Thule inoltre era considerata un ricettacolo di aristocratici filo-monarchici.
È inoltre molto probabile che a Hitler non sia andato a genio il vedersi scavalcare nella primogenitura nazionalsocialista da un vecchio signore dal valoroso passato, ma ora un po' matto.
Poco dopo la pubblicazione del libro, nel Gennaio 1934 il Sebottendorf fu indotto a lasciare la Germania. Si trasferì quindi definitivamente nella sua amata Turchia dove godeva di molte amicizie, alcune delle quali nella stessa Ambasciata Tedesca nella persona del giornalista e scrittore Herbert Rittlinger. Questo amico riuscì a fare assegnare a Sebottendorf un incarico apparentemente di spionaggio, ma in realtà più prossimo alla raccolta di pettegolezzi. Rittlinger voleva bene a Sebottendorf. Lo considerava molto amabile, anche se un po' spilorcio. Considerava altresì come del tutto priva di importanza la “documentazione” che Sebottendorf raccoglieva per lui.
Nel Settembre 1944 i diplomatici tedeschi si ritirarono da Istanbul. Sebottendorf volle restare. Rittlinger riuscì a fargli avere dei modesti mezzi finanziari per sopravvivere nella bufera che si stava oramai scatenando sull'Europa. Rittlinger non ebbe più notizie del vecchio barone fin dopo la fine della guerra. Il già citato libro “Die okkulten Wurzeln des Nazionalsozialismus” di Nicholas Goodrick Clark così riporta il commento finale di Rittlinger: “Il vecchio e solitario Barone era inesorabilmente alla fine, senza denaro, tagliato fuori da tutto, senza la minima speranza di potere migliorare la propria esistenza. Il giorno della firma della resa incondizionata, con l'implicazione della totale sconfitta della Germania, deve averlo ulteriormente depresso. Così terminava la vita di questo avventuroso personaggio, che aveva tentato di portare l'Ariosofca nel partito Nazionalsocialista”.
Rittlinger aveva appreso che il 9 Maggio 1945 il settantenne Barone von Sebottendorf aveva commesso suicidio, gettandosi nel Bosforo.
Autonomia politica nella Thule e sua presenza nella Germania di oggi
Il libro molto “politicamente corretto” di Hermann Gilbhard (Kissling, Monaco, 1994) intitolato “Die Thule Gesellschaft - vom okkulten Mummenschanz zum Hakenkreuz” (La Thule Gesellschaft, dalla mascherata occulta alla croce uncinata) ha il merito di un'ampia documentazione e di una ricca bibliografia, ma sostiene ingenuamente e pervicacemente una tesi, anzi una diffida, di sconcertante ovvietà. In poche parole la tesi sostenuta è questa: “non si creda che il Nazionalsocialismo nasca dai circoli occultistici, runicomagici, teosofici, ariosofici, astrologici ecc. della Thule Gesellschaft”.
L'ovvio commento è: ma chi può credere a cose del genere? È chiaro che il Nazionalsocialismo non nasce dalla Thule. Si citano altre frasi: “Sarebbe una conclusione ingannevole assumere che il Nazionalsocialismo sia derivato e si sia sviluppato provenendo dai foschi circoli dell'occultismo”. Ed ancora: “Questa demonizzazione della Thule è particolarmente pericolosa perché nasconde le vere cause e premesse dell'ascesa del Nazionalsocialismo. Il rifugiarsi nell'irrazionale potrebbe così offrire una scusante (sic) a tutti coloro che attraverso il loro colpevole comportamento politico hanno appoggiato il sorgere del Nazionalsocialismo”.
A prescindere dal concetto poco storico di volere “scusare” gli eventi della Storia, non occorre ricordare che il Nazionalsocialismo aveva, sì, adottato un emblema derivato dalla Thule, ed aveva avuto affinità ideologiche con il nazionalismo della Thule, ma aveva origini politiche ed ideali ben più antiche e profonde. Esse non nascevano dunque da un circolo di idealisti pur valorosi, ma privi di una visione del mondo (Weltanschauung) capace di caratterizzare la nascente Nazione Tedesca, ma affondavano le loro radici nello spirito e nella cultura del Volk Tedesco del XVIII Secolo. Si erano poi sviluppate nelle società Pangermaniche del XIX Secolo, e avevano tratto infine forza dall'opposizione al trattato di Versailles.
La negativa reazione di Hitler al libro di Sebottendorf “Prima dell'avvento di Hitler” testimonia inoltre in maniera inequivocabile che la derivazione del Nazionalsocialismo dalla Thule veniva categoricamente respinta.
L'attrazione esercitata dall'ideologia nazionalista e romantica soprattutto sulle giovani generazioni non è mai venuta meno, non è tramontata con il 3° Reich ed ha raggiunto negli ultimi anni una insospettata popolarità. Thule è oggi una parola-chiave nelle reti di comunicazione fra i giovani nazional-popolari.
Dal Marzo 1993 esiste un “Thule-Netz” (una “Rete-Thule”) che collega internamente ed esteriormente i fermo-posta “Widerstand” (Resistenza) a Erlangen, “Kraftwerk” (centrale elettrica) in Baviera, “Germania” a Bonn, “Propaganda” a Karlsruhe, “Elias” nella Regione Rhein - Neckar, “Rechtsweg” (La retta via - oppure la via di destra?) a Francoforte. La Rete-Thule si definisce come un nuovo segmento della lotta per la cultura storica che dovrà condurre ad un rinascimento storico-culturale a livello europeo. In questi segni ancora acerbi, ma di prorompente vitalità, dell'ideologia della Thule agli inizi del Terzo Millennio si riscontra ancora una volta l'indistruttibile potenza dell'idea nazionale tedesca che, sotto diverse forme poetiche, letterarie, musicali, politiche e militari ha caratterizzato la Germania fin dalle origini della sua Storia.
Il Pitèa del XX secolo: Knud Rasmussen
Il nome Tule dato da Pitèa al limite settentrionale del mondo non fu mai più dato ad alcuna località geograficamente identificata per i successivi 2300 anni. Fino al 1910. In quell'anno un valoroso esploratore di padre danese e madre groenlandese, Knud Rasmussen, nato in Groenlandia a Jacobshaven nel 1879 e morto in Danimarca a Genthoften nel 1933, volle dare il nome di Thule alla stazione scientifica permanente che egli costituì assieme ai suoi assistenti nell'estrema punta Nord-Occidentale della Groenlandia. Questa terra prese da lui il nome di “Terra di Knud Rasmussen”. Da quella stazione egli partì percorrendo a piedi, in slitta ed in kajak le coste del Mare Glaciale Artico, attraversando il Canada e la Siberia e di là partendo eseguì nel 1912 la traversata continentale della Groenlandia alle estreme latitudini dell'isola. Egli conosceva inoltre tutti i dialetti eschimesi e raccolse le loro saghe, canti e leggende. Oltre ai dati geografici e geologici che raccoglieva per gli Istituti Scientifici danesi egli si impegnava per dare agli eschimesi ogni possibile assistenza. Egli realizzò, nel 1930, l'unico film documentario sulla vita quotidiana degli eschimesi, narrando la caccia, la pesca, i matrimoni, le danze, le tempeste, l'amore e la morte di questi remoti popoli che egli conosceva ed amava.
Chi scrive ebbe modo di vedere questo documentario durante una navigazione costiera della Groenlandia. Il filmato è paragonabile, per elevatezza poetica e narrativa, al più noto “Uomo di Aran” sulla vita dei pescatori irlandesi, girato e diretto da Robert Flaherty nel 1934.
Il nome Thule venne in questo secolo dato dagli archeologi anche alla Cultura sviluppatasi con la 6ª (ed ultima) grande emigrazione di eschimesi provenienti dall'Asia e spintisi fino al Canada Nord-Orientale ed alla Groenlandia intorno all'anno 1000 D.C..
La cultura di Thule si distinse dalle precedenti perché praticò per prima la caccia alla balena, che richiedeva più avanzate tecniche rispetto alla caccia alla foca ed alla pesca di tonni, merluzzi e salmoni. Si dovevano prendere in considerazione periodi più lunghi sia in mare che in terre sconosciute, lontane dai villaggi. Ciò portò a periodiche migrazioni delle varie comunità. Gli eschimesi della Thule inventarono una barca più grande del monoposto kajak, capace di trasportare più persone, oltre a viveri ed attrezzature. Tale barca prese il nome di “barca delle donne” (Frauenboot), perché erano le donne a remare.
I Thule furono i primi a costruire delle abitazioni diverse dagli igloo, utilizzando le costole delle balene come impalcature delle tende che poi ricoprivano con pelli di foca o di orsi polari, rendendole così impermeabili e... calde. Queste tende, pur disponendo come gli igloo di un ingresso sotterraneo al fine di preservare là temperatura faticosamente raggiunta all'interno, potevano, se necessario, essere rapidamente rimosse e ricostruite altrove, cosa naturalmente impossibile da farsi con gli igloo. Si può dire che gli attuali eschimesi sono i lontani discendenti di quest'ultima Tule. È da notare che gli eschimesi non vogliono più essere chiamati Eskimo (o con parole affini nelle varie lingue) perché la parola Eskimo appartiene alla lingua degli indiani canadesi Algonquin e significa “mangiatore di carne cruda” (cosa peraltro vera). Oggi essi vogliono essere chiamati Inuit, che nella loro lingua significa qualcosa come “noi”.
Nel 1951 gli Americani decisero di costruire la più settentrionale delle stazioni radar del sistema BMEWS (Ballistic Missiles Early Warning System) proprio nella Thule di Rasmussen dove vivevano alcune centinaia di Inuit. Il rumore degli aerei in decollo e atterraggio, le innumerevoli esercitazioni militari con lanci di missili, il via-vai delle navi e dei camion misero ben presto in fuga gli animali della terra e del mare.
Ciò avrebbe significato l'estinzione della comunità Inuit di Thule. La popolazione dovette pertanto trasferirsi circa 150 km a Nord della Thule di Rasmussen ed ebbe dal Governo Danese il permesso di mantenere il nome Thule per il nuovo stanziamento, a cui associarono anche il nome nella loro lingua: Qaanaaq.
Oggi esiste pertanto la Thule Air Base dove sorgeva la Thule di Rasmussen, e la Thule-Qaanaaq, che è il nuovo stanziamento.
Il Comandante della nave tedesca sulla quale chi scrive si trovava, annunciò quasi scusandosi, che, a causa di permessi di ancoraggio erroneamente negati, egli doveva costeggiare la Groenlandia ulteriormente a Nord, doppiando il Capo York (da cui partì Peary nel 1909 per la conquista del Polo Nord) anziché puntare a Ovest ed attraversare il braccio oramai ristretto dell'Atlantico per raggiungere l'Artico Canadese come previsto. Egli era quindi costretto ad ancorare la nave di fronte alla spiaggia di Thule-Qaanaaq dove avremmo potuto andare a terra! Questa notizia fu entusiasmante perché Thule-Qaanaaq è fuori da tutte le rotte praticate e, se non fosse stato per quel piccolo inconveniente burocratico, non sarebbe stato possibile andarci.
In una stupenda mattinata dai tenui colori artici, con un cielo azzurro solcato da sottili fili di nuvole si stendeva di fronte a noi una serie di casette dai colori assai vivaci come spesso sono i villaggi della Groenlandia, in contrasto col grigio-marrone-bianco delle coste. A differenza di altri villaggi situati entro fiordi rocciosi, o a ridosso di pareti a precipizio che impediscono qualunque espansione verso l'interno, Thule-Qaanaaq si stende per diversi chilometri su di un'ampia spiaggia di minuto pietrisco avorio e rosa, intercalato da ciuffi di sottile erba chiara, da fragili fiori bianchi simili al cotone, e dai delicatissimi papaveri artici, di colore giallo e con petali trasparenti.
Da terra si vedono lunghe teorie di lontani iceberg disposti in file quasi regolari, stagliate all'orizzonte contro le violacee coste rocciose degli isolotti della baia. A ridosso del villaggio si stendono colline dolcemente risalenti fino all'immancabile parete montuosa ricoperta dai ghiacci eterni, che costituisce la terribile piattaforma continentale della Groenlandia.
Vedendo che mi aggiravo con malcelata soddisfazione, come se contemplassi l'Empireo, un passeggero americano mi chiese sorpreso e quasi stizzito: “What's so interesting in Thule?” Ed io risposi “Pitèas! The Thule Society! Are you familiar with Pitèas? Are you familiar with the Thule Society?” Mi guardò come si guarda un matto e la nostra conversazione finì lì. Ma ciò non mi dispiacque. Avevo già cominciato a ripercorrere nella foresta della memoria i 23 secoli che ci separavano dal viaggio di Pitèa, e l'ultimo mezzo secolo che ci separava dalla morte del Barone Sebottendorf.
Giandomenico Bardanzellu
(1) La Parola Tule è scritta con diverse ortografie a seconda della lingua usata: Thule in Tedesco ed Inglese, Tyle in Latino (Virgilio, Plinio), Tule in Italiano.
(2) Cfr. I contorni della terra e del mare, Pitagora editrice, Bologna, 1997.
(3) Per non smentire la tradizione, l'attuale capo del Partito Comunista Tedesco (PDS) è Gregor Gysi che, come è noto, è ebreo. Anche il papà era un buon comunista, Maus Gysi, che serviva come Ministro della DDR, sotto Ulbricht.
Pitèa, geografo, commerciante ed eminente cittadino della colonia greco-focese di Massalia (Marsiglia) fu incaricato dalla sua città di compiere un viaggio di esplorazione al di là delle colonne d'Ercole al fine di aprire nuovi sbocchi commerciali a questa fiorente colonia greca del Mediterraneo Occidentale. La data dell'incarico è situata nella seconda metà del IV secolo A.C., fra il 340 ed il 325 A.C..
Pitèa scrisse un libro “Intorno all'Oceano” che andò perduto, probabilmente durante il primo rogo della biblioteca di Alessandria nel III secolo A.C. Il libro era però conosciuto dai suoi contemporanei (Eratostene, Dicearco da Messina ed altri). È pertanto grazie ad essi che si ebbero le prime notizie sul viaggio, che furono quindi trasmesse a scienziati come Plinio il Vecchio (I secolo D.C.) ed a geografi come Tolomeo di Alessandria (II secolo D.C.) che ne lasciarono dettagliate descrizioni giunte fino a noi.
Pitèa riuscì a eludere l'ostile sorveglianza dei Cartaginesi, che si opponevano con ogni mezzo all'espansione delle colonie greche nel Mediterraneo. Egli passò le colonne d'Ercole, entrò nell'Atlantico, risalì le coste della Spagna, della Francia ed entrò nella Manica. Rimase sbalordito dalla presenza di un'immensa isola alla sua sinistra. Uno storico americano del secolo scorso, Frank B. Goodrich, nel libro Man upon the Sea (Filadelfia, 1858) non esita ad attribuire la scoperta dell'Inghilterra a Pitèa: “...the discovery of Great Britain may be safely attributed to him” (...la scoperta della Gran Bretagna può con sicurezza essere attribuita a lui). Pitèa costeggia l'Inghilterra Orientale spingendosi sempre più a Nord e raggiungendo le Orcadi. Quivi ha contatti con gli abitanti, i quali gli dicono che “a sei giorni di navigazione verso Nord esistono ancora delle terre emerse, che nessuno conosce”. Lo avvertono che il mare diviene solido, che le nebbie fittissime ed i ghiacci insidiosi lo porterebbero alla perdizione, ma Pitèa lascia le Orcadi e punta a Nord, sempre più a Nord. Infine è obbligato ad invertire la rotta. Scriverà di avere raggiunto i confini settentrionali del Mondo, costituiti da un'isola che egli chiama Tule. (1)
Al suo ritorno a Marsiglia nessuno gli crede. Uno scrittore satirico, Antifane di Berge, narra di un paese così freddo che d'inverno le parole... gelavano, cosicché si potevano intendere solo dopo il disgelo. Si trattava di una parodia del libro di Pitèa. Strabone, famoso geografo, lo definì ancora tre secoli più tardi “...un mentitore di prima grandezza”. Ma Strabone commise un errore clamoroso: allo scopo di confutare le scoperte di Pitèa ne fece un'accurata descrizione, che giunse a Plinio, a Tolomeo ed anche a noi. L'analisi moderna ha potuto così riscontrare l'assoluta autenticità delle scoperte di Pitèa. La fama imperitura di cui Pitèa gode, ancora a 2300 anni di distanza dal suo viaggio, non era negli obbiettivi di Strabone.
Plinio il Vecchio, nato a Como nel 23 D.C. e morto nell'eruzione del Vesuvio nel 79 D.C., nel 2° Libro di Cosmologia della sua monumentale Naturalis Historia dice che, secondo Pitèa, “... nell'isola di Tule si avrebbero giorni di 6 mesi”. Nel 3° Libro di Geografia descrive delle isole a Nord dell'Inghilterra “Ultima omnium quae memorantur Tyle...” (l'ultima delle quali si ha ricordo è Tyle) “dove non esiste notte al solstizio estivo... e dove c'è il mare solidificato, che alcuni chiamano Cronio”. Infine nel 6° Libro della Geografia descrive la latitudine del parallelo più settentrionale allora ipotizzate, detto “scitico”, che andava dai monti Rifei (Urali) fino a Tule. Lungo esso “... nell'arco di un anno si alternano una lunga notte ad un unico giorno”.
Il grande Tolomeo (100-178 D.C.) compose due opere monumentali: l'Almagesto e la Geografia. La principale traduzione latina della Geografia fu fatta nel XV secolo da Jacopo Angelo, di cui chi scrive possiede una rara copia, corredata da carte geografiche policrome. Jacopo Angelo dedicò la sua opera al papa Alessandro V eletto dal Concilio di Pisa del 1409, ai tempi del Grande Scisma d'Occidente, probabilmente prima di sapere che Alessandro V sarebbe stato bollato dalla Storia come anti-papa.
Nella Tavola Europe Tabula Prima è rappresentata l'Irlanda (Hibernia), l'Inghilterra (Insula Britannica), le Orcadi (Orchades) e, molto spostata a Nord-Est rispetto alle Orcadi, compare una strana isola di colore verde (a differenza dal colore avorio e oro delle terre emerse, nonché dal profondo azzurro dei mari) sulla quale è scritto Thule Insula.
Ma dove infine è stata localizzata Tule dalla critica moderna? L'ipotesi più accreditata è che Tule sia il nome dato da Pitèa alle Isole Shetland, che sono a Nord-Est delle Orcadi. Esse sono però ben più vicine dei “sei giorni di navigazione” riportati da Plinio, anche per le navi di allora. In sei giorni Pitèa avrebbe potuto raggiungere le coste della Norvegia meridionale.
Se però fosse andato a Est direttamente (egli proseguì infatti il viaggio fino all'attuale Russia prima di ritornare in patria), Tule potrebbe essere lo Jutland, ossia la Danimarca. Ma in nessuno di questi luoghi vi sono “giorni di sei mesi”.
Ecco che durante il pre-romanticismo tedesco si ritenne che Pitèa avesse addirittura raggiunto l'Islanda.
La realtà è che non si sa affatto dove si trovasse la Tule di Pitèa. Tule è così entrata nella Poesia e nella Storia come il mitico, irraggiungibile Confine Nordico del Mondo.
Già trecento anni dopo così la vide Virgilio nelle Georgiche (scritte fra il 37 ed il 30 A.C.) quando nel Libro I, dopo la dedica a Mecenate invoca Cesare (Ottaviano Augusto) acciocché gli conceda “una facile rotta” ed “all'audace impresa acconsenta” augurandogli “destini divini” ed “obbedienza universale”: “Caesar...tibi serviat Ultima Tyle” (il Mondo...ti obbedisca, o Cesare, fino all'ultima Tule).
Questo luogo mitico non lasciò indifferente neppure Goethe, che nel 1774 scrive nelle Balladen la poesia Der König in Thule (con il famoso verso “...War treu bis an das Grab” “Fedel sino a l'avello” come tradusse Carducci, dove riappare la costante venerazione germanica per la Fedeltà). Nell'Opera Omnia di Goethe pubblicata da Ludwig Geiger a Berlino nel 1883 è riportato il seguente commento qui tradotto: “L'ultima Tule era presso gli Antichi una fantastica isola, che si sarebbe trovata nel Mare di Nord-Est, agli estremi confini delle terre conosciute”. La Tule piteana era ormai scomparsa dalle carte geografiche ed era diventata una categoria dello spirito, mantenendo solo nel nome il ricordo del suo primo scopritore. (2)
Gli ordini germanici e 1'ariosofia
Nella seconda metà del secolo XVIII alcuni scrittori e poeti tedeschi diedero luogo al movimento letterario passato alla Storia come Sturm und Drang (traducibile, con una certa improprietà, come “Tempesta ed Impeto”), movimento pre-romantico che derivò il nome da un'opera del 1776 del drammaturgo Friedrich Maximilian von Klinger “Der Wirrwarr, oder der Sturm und Drang” (Il Vortice, ovvero la Tempesta e l'Impeto). Ad esso appartennero nomi eccelsi come Goethe, Schillér, Herder e molti altri protagonisti della rivolta letteraria germanica contro il razionalismo.
Tema centrale, con diverse varianti poetiche e letterarie, era la comune identità dei Tedeschi nell'antica Storia dei Germani, riflessa negli usi e costumi, nella lingua, nella letteratura, nelle canzoni e leggende popolari. Si riscopriva l'identità spirituale tedesca, lontana dalla realtà politica dell'epoca.
Questa struggente e ricorrente insistenza su di un glorioso e leggendario passato, sulle antiche tradizioni Runiche e Germaniche diede a quei movimenti letterari un carattere mitologico, che raggiunse nel XIX secolo altissime vette poetiche nonché musicali come nella Tetralogia di Richard Wagner.
I Tedeschi vivevano in un mosaico di piccoli Regni, Principati, Ducati, Marchesati, Contee, i cui reggitori si curavano principalmente dei propri interessi locali, con innumerevoli problemi di confini, regolamenti e trattati. Questi Stati costituivano, assieme alla Prussia ed all'Austria ed, in origine, anche alla Francia, il Sacro Romano Impero, fino alla dissoluzione di esso ad opera di Napoleone che si proclamò Imperatore di Francia nel 1804, ed indusse l'Imperatore d'Austria Francesco I a rinunciare per sempre al titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero nel 1806.
Le speranze dei nazionalisti tedeschi furono amaramente deluse dal Congresso di Vienna del 1815 che ristabilì gli antichi Stati e mantenne la separazione di Austria e Prussia. Anche le rivoluzioni del 1848 non condussero all'agognata Unità Politica dei popoli germanici. Si accentuò così l'aspirazione culturale ed intellettuale dei tedeschi verso questa Unità. Ciò era particolarmente sentito in Austria, dove i Tedeschi dovevano convivere con forti minoranze slave ed ebraiche. Le dispute sulla suddivisione dei territori appartenuti alla Danimarca, sconfitta da Prussia ed Austria nel 1864, non erano condivise dai nazionalisti di entrambe le Nazioni, ma condussero alla guerra austro-prussiana ed alla rovinosa sconfitta dell'Austria nel 1866. Poco dopo la sconfitta della Francia nel 1870, la costituzione del 2° Reich da parte di Bismarck nel 1871 nuovamente deluse le ambizioni dei nazionalisti tedeschi perché l'Austria era esclusa da tale 2° Reich. È noto che l'Austria dovrà attendere fino al 1938 prima di potersi ricongiungere alla Germania nell'ambito del 3° Reich.
La divisione dei Tedeschi continuava così a sussistere. Razzismo ed Elitarismo si fecero strada.
Antropologi e Linguisti si dedicavano allo studio delle razze, ad ognuna della quali venivano attribuite particolari qualità fisiche e morali. Il Darwinismo emergente divenne il “Socialdarwinismo”, che venne adottato al fine di dimostrare la legittima superiorità di alcune razze sulle altre, in particolare della razza Ariana (da ARYA, vocabolo sanscrito che significa Signore, Dominatore) su tutte le altre razze. Nacquero e si moltiplicarono i cosiddetti “Germanen Orden” (Ordini Germanici) specie di Società Segrete e di Ordini pseudoreligiosi. Nelle riunioni gli adepti, tutti romantici nazionalisti, vagheggiavano un'Età dell'Oro preistorica, una Teocrazia nella quale saggi ed eruditi sacerdoti, adoratori degli antichi Dei germanici (Wotanismo) insegnavano teorie razziste e nazionaliste. Le antiche iscrizioni runiche fornivano i simboli per queste occulte liturgie che includevano anche rudimentali segni che ricordavano la svastica. I sacerdoti governavano società razzialmente pure costituite da Ariani.
Per opera di Guido von List, studioso di lingua runica, cultore di araldica, semiologia ed occultismo, nacque l'Ariosofia, la scienza occulta degli Arii, che influenzò profondamente gli Ordini Germanici ed i circoli letterari e filosofici dell'Austria e della Germania guglielmina. Nato nel 1848 e vissuto in Austria fino alla fine della prima Guerra Mondiale, Guido von List godette di grande stima da parte dei circoli accademici e letterari. Gli Ariosofi ritenevano che una congiura pilotata dalle forze e dagli interessi anti-tedeschi si fosse posta come obbiettivo la distruzione del mondo germanico originario al fine di porre i tedeschi (Ariani) allo stesso livello dei non-tedeschi (non-Ariani) in nome di un criminale egualitarismo. Le forze anti-tedesche venivano storicamente identificate nell'Impero Romano, negli Ebrei e nella Chiesa Cattolica. La mescolanza di razze che derivò dal parziale successo di questa congiura sarebbe stata all'origine delle guerre e delle miserie dei nostri giorni. L'Ariosofo aveva lo scopo di combattere questi mali e di rigenerare l'antica sapienza assieme alla rinascita delle virtù dei primi Germani, con l'obbiettivo finale di ricostituire il Reich Millenario pangermanico, razzialmente puro, di cui profetizzavano gli antichi sacerdoti. Guido von List, Lanz von Liebenfeld, Georg Ritter von Schönerer, furono gli esponenti più influenti dell'Ariosofa, assieme ad altri scrittori, poeti e storici dell'epoca.
La forzata coesistenza di diverse razze (ariana, ebraica e slava) nella Vienna di fine secolo, allora detta anche la Nuova Gerusalemme, portava fatalmente ai conflitti, e non solo sul piano ideologico.
Tuttavia gli Ariosofi, persi nei loro sogni occulti e simbolici, questi romantici reazionari, vagheggiatori degli antichi Germani e del Reich Millenario, erano a poco a poco usciti dalla realtà politica, ed infine militare del loro mondo, che crollò con la fine della I° Guerra Mondiale. Ancora nel 1916 Guido von List, divenuto oramai il profeta indiscusso del Reich Millenario, aveva annunciato a mezzo di missive alle truppe combattenti sui vari fronti l'immancabile vittoria delle Potenze Germaniche. Nel tardo 1918 il settantenne Guido von List dovette lasciare l'Austria a causa della mancanza di cibo e di medicamenti, che la sua malferma salute non poteva sopportare. Agli inizi del 1919 Guido von List e la moglie accettarono l'invito di uno dei molti ammiratori, il Conte Eberhard von Brockhusen, nel suo castello di Brandeburgo. Giunto dopo un faticoso viaggio in treno fino a Berlino, si sentì male per una presunta polmonite, fu trasportato in una modesta pensione e quivi mori il 17 maggio 1919.
Il mondo di Guido von List e dei suoi Ariosofi era oramai scomparso. Questo mondo gettò però dei semi rigogliosi per le ideologie ed i simboli politici che nacquero dopo il I° Dopoguerra.
Il vessillo di Guido von List fu raccolto dal Barone Rudolf von Sebottendorf fondatore della “Thule Gesellschaft”.
La Thule Gesellschaft fondata dal barone Sebottendorf
Rudolf Baron von Sebottendorf nasce nel 1875 a Hoyerswerda (Dresda). Esiste tutta una letteratura sulla genealogia e sul vero nome di questo personaggio, fondatore della “Thule Gesellschaft”. Egli è comunque entrato nella Storia con il nome sopra indicato, che anche qui viene usato. Studia ingegneria, viaggia per mare (Australia, Egitto, Turchia). Rimane in Turchia, si occupa di occultismo, di religioni esotiche, viene in contatto con i Dervisci, si occupa della numerologia delle Piramidi, del Sufismo, della Kabbala ebraica, diviene membro di una loggia massonica in Francia, legata al “Rito di Menfi”.
Combatte al fianco dei Turchi nella Seconda Guerra Balcanica del 1912. Tornato in Germania prosegue gli studi di astrologia e di mistica islamica. Nel 1914 legge un annuncio sul giornale di un “Ordine Germanico” con sede a Monaco che invita tutti i tedeschi di pura origine ariana ad entrare nell'Ordine. Egli subito risponde, vien accettato ed entra in contatto con numerosi esponenti nazionalisti.
Le riunioni di questi personaggi nell'Hotel Vier Jahreszeiten di Monaco erano guardate con sospetto dalla polizia bavarese, e fu pertanto deciso di dare all'”Ordine” un nome neutrale e misterioso: “Thule. Gesellschaft zur Erforderung deutscher Geschichte und Forderung deutscher Art“ (Thule. Associazione per lo studio della Storia Tedesca e per la promozione della Stirpe Germanica). Fu adottato un simbolo apparentemente mitico ed innocuo: una lunga spada sormontata da una raggiante croce uncinata a forma di ruota solare. Fu pertanto scelto l'antichissimo simbolo indo-europeo, e pertanto ariano, che in lingua sanscrita si chiamava Svastikà (Apportatore di Salute).
La sera del 9 Novembre 1918 si teneva un concerto nella sede della Thule Gesellschaft. Nelle ultime 48 ore aveva avuto luogo un radicale cambiamento politico: la rivoluzione socialista di Baviera. I Wittelsbach, la famiglia regnante, avevano lasciato Monaco ed un governo socialista, sotto la guida del giornalista berlinese ebreo Kurt Eisner, aveva preso il potere. I membri della Thule, così come tutti i partiti di destra e borghesi, furono sconvolti da questi avvenimenti (magistralmente descritti anche nel testo, che è considerato fondamentale su questi eventi, scritto da Nicholas Goodrick-Clarke dal titolo: “Die okkulten Wurzeln des Nationalsozialismus” (Le radici occulte del Nazionalsocialismo).
La Germania era sconfitta, il Kaiser ed i Principi avevano abdicato, ebrei socialisti adesso costituivano a Monaco e a Berlino repubbliche di stampo sovietico, sul sacro suolo tedesco! La patria, per la quale avevano duramente ed a lungo combattuto scompariva nel volgere di una notte. Quella sera Sebottendorf tenne un appassionato discorso, divenuto famoso nella Storia di quegli anni: “...al posto dei nostri Principi governa oggi il nostro nemico mortale: Giuda!”.
Se tutto si fosse limitato a quel discorso di Sebottendorf la Thule sarebbe forse caduta nell'oblio. Ma Sebottendorf si rivelò, oltre che occultista, un eccellente organizzatore della reazione nazionalista contro il regime di Eisner (che cadrà vittima di un attentato da parte del Conte von Arco auf Valley il 21 Aprile 1919) ma soprattutto un oppositore militare e politico del governo dei Soviet installato in Baviera dal trio di ebrei comunisti mandati da Lenin: Towia Axelrod, Max Levien, Eugen Leviné. Sebottendorf, che già aveva costituito la “Kampfbund Thule” (Lega di combattimento Thule), aveva appena fondato il 19 Aprile 1919 l'agguerrito corpo Franco “Oberland” al comando del maggiore von Beckh.
Nunzio Apostolico in Baviera era nel 1919 il giovane Vescovo Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII. In un libello pubblicato ultimamente in Inghilterra, scritto da John Cornwell, che si autodefinisce “cattolico inglese” e dall'ineffabile titolo “Hitler's Pope” (il Papa di Hitler) è citata una lettera diretta a Roma dall'allora Vescovo Pacelli. Egli, riferendosi ad uno dei tre figuri inviati da Lenin a governare la Baviera, e precisamente al già citato Eugene Leviné, così lo descrive: “Si tratta di un giovane di 30 o 35 anni, anch'egli russo ed ebreo. Pallido, sporco, volgare, repellente, dal volto ad un tempo intelligente e timido”. Riferendosi inoltre alle donne frequentate da questo individuo così continua “Sono ebree, come tutti gli altri di questo gruppo”.
La recensione del libro di Cornwell è stata fatta dal giornalista ebreo Richard Cohen sulla International Herald Tribune del 22 Settembre 1999. Per l'autore del libro, nonché per l'autore della encomiastica recensione, è sufficiente che Eugenio Pacelli abbia detto la nuda verità storica, ossia che a quell'epoca la Baviera era governata da ebrei comunisti, che a loro volta frequentavano donne ebree comuniste, per tacciare Eugenio Pacelli di anti-semitismo.
La repubblica sovietica di Baviera si dimostrò feroce e, per fortuna, inefficiente: criminali decreti si susseguivano, avversari, o ritenuti tali, venivano massacrati, soldati dell'Armata Rossa saccheggiavano le città. Banche, giornali, scuole vennero chiusi. Ma si avvicinava l'ora della resa dei conti. Truppe Bianche strinsero il cerchio intorno a Monaco. I Rossi, presi dal panico, decisero di devastare il 26 Aprile 1919 la sede della Thule, divenuta una specie di club, e presero in ostaggio i vecchi signori che vi si trovavano: il Principe Gustav von Thurn und Taxis, il conte Friedrich Willhelm von Seydlitz, il Barone von Teuchert, la Contessa Heila von Westarp (che fungeva da segretaria, ed era al primo giorno di lavoro), ed inoltre Walter Neuhaus, Anton Daumenlang ed altri per un totale di 9 persone. Il capo dei Rossi, Rudolf Egelhofen, annunciò trionfante che “una banda di malfattori appartenenti alla cosiddetta buona società, reazionari estremisti, agenti e fiancheggiatori dei Bianchi ecc.” era stata catturata.
Forse ispirandosi al massacro della famiglia imperiale russa a Ekaterinburg nel 1918, i disgraziati furono trascinati nei sotterranei del Luipold-Gymnasium, ed ivi, assieme ad altri tre ostaggi, furono massacrati il 30 Aprile 1919. Monaco ed il mondo intiero innorridirono di fronte a questo freddo e criminale massacro di ostaggi, naturalmente disarmati e del tutto innocenti. Nessun processo ebbe luogo, nessun crimine poteva essere ad essi ascritto, tranne quello di avere (per alcuni di loro) un “von” davanti al proprio nome, e quello, gravissimo, di essersi fisicamente trovati quel giorno dentro la sede della Thule. Ciononostante lo “storico” della DDR Hans Beyer non esitò a definire, in tempi recenti, questo infame massacro di ostaggi un caso di “Difesa Personale” (Selbsthilfe) da parte dei militi dell'Armata Rossa. Quando finalmente i Bianchi entrarono in Monaco trovarono la città già in rivolta contro le bande dei Rossi. Fu reinsediato un governo socialdemocratico sotto la guida di Hoffmann, che aveva combattuto coi Bianchi. Fu fatto il processo agli assassini degli ostaggi e a tre di questi ultimi furono intitolate strade di Monaco che ancora oggi portano il loro nome. Il 30 Aprile 1919 fu dichiarato giorno del solenne ricordo, ed ogni anno, a tale data, furono organizzate dalla Thule cerimonie in memoria.
In nessun altro Stato della Germania la contro-rivoluzione ebbe tanto successo come in Baviera. Questo entusiasmo ideologico, temprato dagli orrori dei Rossi e dalla vittoria su di essi, costituì una formidabile piattaforma politica per i futuri movimenti patriottici che in Monaco ebbero origine e che avrebbero cambiato il corso della Storia.
Come detto, l'assassinio degli ostaggi scatenò un'ondata d'indignazione, ma anche, secondo i Rossi di ieri e di oggi, scatenò un'ondata di “anti-semitismo”.
I Rossi ammettevano, sì, che i capi della rivoluzione comunista in Baviera fossero tutti ebrei (Kurt Eisner, Gustav Landauer, Erich Muhsam, Ernst Toller) così come i sovietici mandati in Baviera da Lenin, i già citati Axelrod, Levien, Leviné. Ammettevano anche che gli “spartachisti” di Berlino, Rosa Luxenburg e Karl Liebknecht, fossero ebrei. Ammettevano che le radici dell'ideologia comunista si trovassero nell'ebreo Karl Marx e che l'anima della rivoluzione bolscevica fosse costituita dall'ebreo Leone Trotzki.
Tale posizione ideologica è ancora oggi confermata: il libro della New York University Press del 1985, scritto dall'ebreo Shlomo Avineri, esalta questa simbiosi ebraico-comunista attraverso la biografia di un ebreo del XIX secolo, entusiasta di Marx, che si chiamava Moses Hess. Il promettente titolo del libro è “Moses Hess, prophet of Communism and Zionism” (Moses Hess, profeta del Comunismo e del Sionismo).
Il libro cita vari ebrei comunisti tedeschi del secolo scorso sostenendo che il comunismo, ed in particolare il comunismo tedesco, è essenzialmente un merito politico ed intellettuale degli ebrei. È fiero di documentare come gli ebrei Heinrich Heine, Karl Marx, Ludwig Borne (nato Baruch), Moses Hess fossero tutti “violently hostile to German Nationalism” (violentemente ostili al Nazionalismo Tedesco). È pertanto ancora una volta comprovato che la simbiosi ebraico-comunista, descritta dai Nazionalsocialisti come Giudeo-Bolscevismo, non fu un'invenzione propagandistica del Terzo Reich, ma nacque quasi un secolo prima dell'avvento di Hitler al potere. E gli autorevoli studi di Shlomo Avineri, pubblicati dalla prestigiosa casa editrice di New York, non sono certo sospettabili di anti-semitismo. (3)
Per i Rossi della Baviera degli Anni 20, però, questa simbiosi ebraico-comunista era un'invenzione dei Bianchi. I Bianchi avrebbero sostenuto questa tesi: “gli Ebrei vogliono costituire uno Stato fondato sul denaro (Geldstaat). Essi sono in realtà i sostenitori ed i beneficiari del Capitalismo. Per gli Ebrei il Socialismo ed il Comunismo non sono altro che una tappa intermedia (Zwischenstation) sulla via del dominio ebraico del mondo”.
Non ci è noto se questa tesi, così chiaramente esposta nell'accusa dei Rossi, fosse veramente sostenuta dai Nazionalisti dell'epoca. Se però così fosse stato, considerando che la «tappa intermedia» durata 70 anni è oramai conclusa e guardando all'Europa, ma soprattutto all'America di oggi, ci sarebbe da concludere che quegli esaltati nazionalisti degli Anni '20 erano in realtà dei chiaroveggenti.
La nascita della svastica destrorsa, emblema della NSDAP. Destino del barone Sebottendorf
Il quotidiano “Völkischer Beobachter”, successore del “Münchner Beobachter” (che era divenuto proprietà di Sebottendorf) dà una spiritosa definizione dei membri della Thule all'inizio del 1919: “La Thule è oramai divenuto l'unico punto di riferimento in Monaco di tutti coloro che non si limitano a guardare, con borghese viltà, fuori dalle tendine delle loro finestre per accertare se, per caso, il buon Dio non abbia già preso delle misure per migliorare la situazione”.
I membri della Thule erano in prevalenza avvocati, giudici, professori universitari, aristocratici della cerchia dei Wittelsbach, industriali, medici, scienziati, uomini di affari, così come il proprietario dell'elegante Hotel “Vier Jahreszeiten”. Si unirono alla Thule personaggi come Alfred Rosenberg, Dietrich Eckhart, Rudolf Hess, Hans Frank, destinati a svolgere ruoli importanti nella NSDAP e nel futuro governo della Germania.
Nel frattempo Sebottendorf, che aveva fino ad allora sviluppato rapporti intellettuali e pseudo-politici con l'Ariosofia di Guido von List e di Lanz von Liebenfels (creatore fra l'altro dell'astrusa teoria della Teozoologia), prese la decisione sorprendente, per un tale sognatore, di volere attrarre al suo movimento le forze operaie, ed affidò ai membri Harrer, Drexler e Lotter l'incarico di organizzare un “movimento politico operaio”. Questi tre personaggi fondarono il 5 Gennaio 1919 un nuovo mini-partito, la D.A.P. (Deutsche Arbeitspartei, Partito Tedesco del Lavoro). Questo mini-partito sarebbe rimasto tale, e certamente scomparso nel marasma politico di allora, se non fosse stato per uno di quegli imprevedibili atti della Storia destinati a cambiare il mondo. Il 12 Settembre 1919 si iscrive alla D.A.P. uno sconosciuto reduce della Guerra Mondiale, male in arnese e sofferente ancora agli occhi a causa dei gas assorbiti in combattimento. Il suo nome era Adolf Hitler. Questo nuovo iscritto si rivela ben presto un formidabile oratore ed organizzatore. Nel febbraio 1920 la D.A.P. si trasforma nella NSDAP, in breve nel Partito Nazionalsocialista.
Immediatamente il nuovo partito inizia a differenziarsi dalla Thule. Al partito non interessano gli “Ordini Germanici”, l'occultismo, l'astrologia, i misteri, le crittografie ecc. Il partito era improntato ad un radicale nazionalismo politico e sociale. Hitler, la cui influenza sui tre fondatori era in rapida crescita, non voleva saperne di sette, logge, circoli segreti, ma tendeva al partito di massa. I capi di questi movimenti settari furono poi da lui definiti nel “Mein Kampf” “predicatori (ciarlatani) erranti” (nel sarcastico significato tedesco di Wanderprediger) ed anche “teorici codini” (bezopfter Theoretiker).
Tuttavia, nel suo pragmatismo politico, Hitler riconosceva nella Thule affinità ideologiche nel campo del nazionalismo e del pangermanesimo, nonché nella scelta dell'ariano simbolo della svastica. Hitler non era ancora il capo dell'NSDAP e pertanto doveva sottoporre, e fare accettare agli altri membri, le sue proposte. Ciò avvenne in particolare per l'emblema del partito.
Sulla base dell'emblema già adottato dalla Thule, un membro del partito a nome Friedrich Krohn, considerato un esperto in materia di storia, simboli e costumi dei popoli (possedeva una biblioteca di 2500 volumi sull'argomento) aveva proposto la svastica nera, in cerchio bianco, il tutto in campo rosso. Solo che la svastica proposta da Krohn aveva gli “uncini” girati a sinistra. Hitler invece propose che gli uncini fossero girati a destra e la proposta fu accettata. Fu così che in occasione della riunione del “Gruppo Starnberger” della NSDAP a Monaco il 20 Maggio del 1920 la nuova bandiera con la Svastica destrorsa fece la sua prima pubblica apparizione. L'origine della svastica come simbolo politico risale quindi agli Ordini Germanici, mentre quale simbolo indo-europeo, ariano e solare (destrorso o sinistrorso) esso si perde nella notte dei tempi, ed è ancora oggi ben visibile negli antichi templi indiani e nei monasteri tibetani (quelli che si sono salvati dalla gloriosa Rivoluzione Culturale).
Non è casuale che gli unici popoli a non conoscere la svastica erano i popoli di stirpe semitica.
Il Barone von Sebottendorf era oramai scavalcato dalla travolgente nuova realtà politica. Si dedicò allora con ancor maggiore slancio alla sua passione per l'astrologia (ben sette libri pubblicati fra il 1921 ed 1923). Amava trascorrere molto tempo in eleganti stazioni termali, nell'Harz ed in Svizzera. Trascorse l'anno 1924 a Lugano dove completò i suoi testi sui Dervisci “Baktashi” e sui loro legami con gli alchimisti e gli ordini segreti. Si trasferì quindi definitivamente in Turchia, ma decise di rientrare in Germania nel 1933.
Questo soggiorno fu involontariamente breve. Egli aveva fatto pubblicare un libro (oggi introvabile in quanto pare ne esistano solo 12 copie) intitolato “Bevor Hitler kam” (Prima dell'avvento di Hitler) in cui sostiene che Hitler derivò dalla Thule la sua filosofia politica. La Thule sarebbe stata “la culla del Nazionalsocialismo”, avrebbe “...forgiato le armi che il futuro Führer avrebbe impugnato” e lo storico giornale del Partito il “Völkischer Beobachter” sarebbe derivato dall'organo di stampa della Thule, il “Münchner Beobachter” che, come detto, era divenuto proprietà di Sebottendorf.
Tutte queste improvvide attribuzioni di meriti non garbarono al 3° Reich. L'associazione del Nazionalsocialismo alla Thule Gesellschaft, che era in odore di setta occulta, non giovò al buon Sebottendorf. La Thule inoltre era considerata un ricettacolo di aristocratici filo-monarchici.
È inoltre molto probabile che a Hitler non sia andato a genio il vedersi scavalcare nella primogenitura nazionalsocialista da un vecchio signore dal valoroso passato, ma ora un po' matto.
Poco dopo la pubblicazione del libro, nel Gennaio 1934 il Sebottendorf fu indotto a lasciare la Germania. Si trasferì quindi definitivamente nella sua amata Turchia dove godeva di molte amicizie, alcune delle quali nella stessa Ambasciata Tedesca nella persona del giornalista e scrittore Herbert Rittlinger. Questo amico riuscì a fare assegnare a Sebottendorf un incarico apparentemente di spionaggio, ma in realtà più prossimo alla raccolta di pettegolezzi. Rittlinger voleva bene a Sebottendorf. Lo considerava molto amabile, anche se un po' spilorcio. Considerava altresì come del tutto priva di importanza la “documentazione” che Sebottendorf raccoglieva per lui.
Nel Settembre 1944 i diplomatici tedeschi si ritirarono da Istanbul. Sebottendorf volle restare. Rittlinger riuscì a fargli avere dei modesti mezzi finanziari per sopravvivere nella bufera che si stava oramai scatenando sull'Europa. Rittlinger non ebbe più notizie del vecchio barone fin dopo la fine della guerra. Il già citato libro “Die okkulten Wurzeln des Nazionalsozialismus” di Nicholas Goodrick Clark così riporta il commento finale di Rittlinger: “Il vecchio e solitario Barone era inesorabilmente alla fine, senza denaro, tagliato fuori da tutto, senza la minima speranza di potere migliorare la propria esistenza. Il giorno della firma della resa incondizionata, con l'implicazione della totale sconfitta della Germania, deve averlo ulteriormente depresso. Così terminava la vita di questo avventuroso personaggio, che aveva tentato di portare l'Ariosofca nel partito Nazionalsocialista”.
Rittlinger aveva appreso che il 9 Maggio 1945 il settantenne Barone von Sebottendorf aveva commesso suicidio, gettandosi nel Bosforo.
Autonomia politica nella Thule e sua presenza nella Germania di oggi
Il libro molto “politicamente corretto” di Hermann Gilbhard (Kissling, Monaco, 1994) intitolato “Die Thule Gesellschaft - vom okkulten Mummenschanz zum Hakenkreuz” (La Thule Gesellschaft, dalla mascherata occulta alla croce uncinata) ha il merito di un'ampia documentazione e di una ricca bibliografia, ma sostiene ingenuamente e pervicacemente una tesi, anzi una diffida, di sconcertante ovvietà. In poche parole la tesi sostenuta è questa: “non si creda che il Nazionalsocialismo nasca dai circoli occultistici, runicomagici, teosofici, ariosofici, astrologici ecc. della Thule Gesellschaft”.
L'ovvio commento è: ma chi può credere a cose del genere? È chiaro che il Nazionalsocialismo non nasce dalla Thule. Si citano altre frasi: “Sarebbe una conclusione ingannevole assumere che il Nazionalsocialismo sia derivato e si sia sviluppato provenendo dai foschi circoli dell'occultismo”. Ed ancora: “Questa demonizzazione della Thule è particolarmente pericolosa perché nasconde le vere cause e premesse dell'ascesa del Nazionalsocialismo. Il rifugiarsi nell'irrazionale potrebbe così offrire una scusante (sic) a tutti coloro che attraverso il loro colpevole comportamento politico hanno appoggiato il sorgere del Nazionalsocialismo”.
A prescindere dal concetto poco storico di volere “scusare” gli eventi della Storia, non occorre ricordare che il Nazionalsocialismo aveva, sì, adottato un emblema derivato dalla Thule, ed aveva avuto affinità ideologiche con il nazionalismo della Thule, ma aveva origini politiche ed ideali ben più antiche e profonde. Esse non nascevano dunque da un circolo di idealisti pur valorosi, ma privi di una visione del mondo (Weltanschauung) capace di caratterizzare la nascente Nazione Tedesca, ma affondavano le loro radici nello spirito e nella cultura del Volk Tedesco del XVIII Secolo. Si erano poi sviluppate nelle società Pangermaniche del XIX Secolo, e avevano tratto infine forza dall'opposizione al trattato di Versailles.
La negativa reazione di Hitler al libro di Sebottendorf “Prima dell'avvento di Hitler” testimonia inoltre in maniera inequivocabile che la derivazione del Nazionalsocialismo dalla Thule veniva categoricamente respinta.
L'attrazione esercitata dall'ideologia nazionalista e romantica soprattutto sulle giovani generazioni non è mai venuta meno, non è tramontata con il 3° Reich ed ha raggiunto negli ultimi anni una insospettata popolarità. Thule è oggi una parola-chiave nelle reti di comunicazione fra i giovani nazional-popolari.
Dal Marzo 1993 esiste un “Thule-Netz” (una “Rete-Thule”) che collega internamente ed esteriormente i fermo-posta “Widerstand” (Resistenza) a Erlangen, “Kraftwerk” (centrale elettrica) in Baviera, “Germania” a Bonn, “Propaganda” a Karlsruhe, “Elias” nella Regione Rhein - Neckar, “Rechtsweg” (La retta via - oppure la via di destra?) a Francoforte. La Rete-Thule si definisce come un nuovo segmento della lotta per la cultura storica che dovrà condurre ad un rinascimento storico-culturale a livello europeo. In questi segni ancora acerbi, ma di prorompente vitalità, dell'ideologia della Thule agli inizi del Terzo Millennio si riscontra ancora una volta l'indistruttibile potenza dell'idea nazionale tedesca che, sotto diverse forme poetiche, letterarie, musicali, politiche e militari ha caratterizzato la Germania fin dalle origini della sua Storia.
Il Pitèa del XX secolo: Knud Rasmussen
Il nome Tule dato da Pitèa al limite settentrionale del mondo non fu mai più dato ad alcuna località geograficamente identificata per i successivi 2300 anni. Fino al 1910. In quell'anno un valoroso esploratore di padre danese e madre groenlandese, Knud Rasmussen, nato in Groenlandia a Jacobshaven nel 1879 e morto in Danimarca a Genthoften nel 1933, volle dare il nome di Thule alla stazione scientifica permanente che egli costituì assieme ai suoi assistenti nell'estrema punta Nord-Occidentale della Groenlandia. Questa terra prese da lui il nome di “Terra di Knud Rasmussen”. Da quella stazione egli partì percorrendo a piedi, in slitta ed in kajak le coste del Mare Glaciale Artico, attraversando il Canada e la Siberia e di là partendo eseguì nel 1912 la traversata continentale della Groenlandia alle estreme latitudini dell'isola. Egli conosceva inoltre tutti i dialetti eschimesi e raccolse le loro saghe, canti e leggende. Oltre ai dati geografici e geologici che raccoglieva per gli Istituti Scientifici danesi egli si impegnava per dare agli eschimesi ogni possibile assistenza. Egli realizzò, nel 1930, l'unico film documentario sulla vita quotidiana degli eschimesi, narrando la caccia, la pesca, i matrimoni, le danze, le tempeste, l'amore e la morte di questi remoti popoli che egli conosceva ed amava.
Chi scrive ebbe modo di vedere questo documentario durante una navigazione costiera della Groenlandia. Il filmato è paragonabile, per elevatezza poetica e narrativa, al più noto “Uomo di Aran” sulla vita dei pescatori irlandesi, girato e diretto da Robert Flaherty nel 1934.
Il nome Thule venne in questo secolo dato dagli archeologi anche alla Cultura sviluppatasi con la 6ª (ed ultima) grande emigrazione di eschimesi provenienti dall'Asia e spintisi fino al Canada Nord-Orientale ed alla Groenlandia intorno all'anno 1000 D.C..
La cultura di Thule si distinse dalle precedenti perché praticò per prima la caccia alla balena, che richiedeva più avanzate tecniche rispetto alla caccia alla foca ed alla pesca di tonni, merluzzi e salmoni. Si dovevano prendere in considerazione periodi più lunghi sia in mare che in terre sconosciute, lontane dai villaggi. Ciò portò a periodiche migrazioni delle varie comunità. Gli eschimesi della Thule inventarono una barca più grande del monoposto kajak, capace di trasportare più persone, oltre a viveri ed attrezzature. Tale barca prese il nome di “barca delle donne” (Frauenboot), perché erano le donne a remare.
I Thule furono i primi a costruire delle abitazioni diverse dagli igloo, utilizzando le costole delle balene come impalcature delle tende che poi ricoprivano con pelli di foca o di orsi polari, rendendole così impermeabili e... calde. Queste tende, pur disponendo come gli igloo di un ingresso sotterraneo al fine di preservare là temperatura faticosamente raggiunta all'interno, potevano, se necessario, essere rapidamente rimosse e ricostruite altrove, cosa naturalmente impossibile da farsi con gli igloo. Si può dire che gli attuali eschimesi sono i lontani discendenti di quest'ultima Tule. È da notare che gli eschimesi non vogliono più essere chiamati Eskimo (o con parole affini nelle varie lingue) perché la parola Eskimo appartiene alla lingua degli indiani canadesi Algonquin e significa “mangiatore di carne cruda” (cosa peraltro vera). Oggi essi vogliono essere chiamati Inuit, che nella loro lingua significa qualcosa come “noi”.
Nel 1951 gli Americani decisero di costruire la più settentrionale delle stazioni radar del sistema BMEWS (Ballistic Missiles Early Warning System) proprio nella Thule di Rasmussen dove vivevano alcune centinaia di Inuit. Il rumore degli aerei in decollo e atterraggio, le innumerevoli esercitazioni militari con lanci di missili, il via-vai delle navi e dei camion misero ben presto in fuga gli animali della terra e del mare.
Ciò avrebbe significato l'estinzione della comunità Inuit di Thule. La popolazione dovette pertanto trasferirsi circa 150 km a Nord della Thule di Rasmussen ed ebbe dal Governo Danese il permesso di mantenere il nome Thule per il nuovo stanziamento, a cui associarono anche il nome nella loro lingua: Qaanaaq.
Oggi esiste pertanto la Thule Air Base dove sorgeva la Thule di Rasmussen, e la Thule-Qaanaaq, che è il nuovo stanziamento.
Il Comandante della nave tedesca sulla quale chi scrive si trovava, annunciò quasi scusandosi, che, a causa di permessi di ancoraggio erroneamente negati, egli doveva costeggiare la Groenlandia ulteriormente a Nord, doppiando il Capo York (da cui partì Peary nel 1909 per la conquista del Polo Nord) anziché puntare a Ovest ed attraversare il braccio oramai ristretto dell'Atlantico per raggiungere l'Artico Canadese come previsto. Egli era quindi costretto ad ancorare la nave di fronte alla spiaggia di Thule-Qaanaaq dove avremmo potuto andare a terra! Questa notizia fu entusiasmante perché Thule-Qaanaaq è fuori da tutte le rotte praticate e, se non fosse stato per quel piccolo inconveniente burocratico, non sarebbe stato possibile andarci.
In una stupenda mattinata dai tenui colori artici, con un cielo azzurro solcato da sottili fili di nuvole si stendeva di fronte a noi una serie di casette dai colori assai vivaci come spesso sono i villaggi della Groenlandia, in contrasto col grigio-marrone-bianco delle coste. A differenza di altri villaggi situati entro fiordi rocciosi, o a ridosso di pareti a precipizio che impediscono qualunque espansione verso l'interno, Thule-Qaanaaq si stende per diversi chilometri su di un'ampia spiaggia di minuto pietrisco avorio e rosa, intercalato da ciuffi di sottile erba chiara, da fragili fiori bianchi simili al cotone, e dai delicatissimi papaveri artici, di colore giallo e con petali trasparenti.
Da terra si vedono lunghe teorie di lontani iceberg disposti in file quasi regolari, stagliate all'orizzonte contro le violacee coste rocciose degli isolotti della baia. A ridosso del villaggio si stendono colline dolcemente risalenti fino all'immancabile parete montuosa ricoperta dai ghiacci eterni, che costituisce la terribile piattaforma continentale della Groenlandia.
Vedendo che mi aggiravo con malcelata soddisfazione, come se contemplassi l'Empireo, un passeggero americano mi chiese sorpreso e quasi stizzito: “What's so interesting in Thule?” Ed io risposi “Pitèas! The Thule Society! Are you familiar with Pitèas? Are you familiar with the Thule Society?” Mi guardò come si guarda un matto e la nostra conversazione finì lì. Ma ciò non mi dispiacque. Avevo già cominciato a ripercorrere nella foresta della memoria i 23 secoli che ci separavano dal viaggio di Pitèa, e l'ultimo mezzo secolo che ci separava dalla morte del Barone Sebottendorf.
Giandomenico Bardanzellu
(1) La Parola Tule è scritta con diverse ortografie a seconda della lingua usata: Thule in Tedesco ed Inglese, Tyle in Latino (Virgilio, Plinio), Tule in Italiano.
(2) Cfr. I contorni della terra e del mare, Pitagora editrice, Bologna, 1997.
(3) Per non smentire la tradizione, l'attuale capo del Partito Comunista Tedesco (PDS) è Gregor Gysi che, come è noto, è ebreo. Anche il papà era un buon comunista, Maus Gysi, che serviva come Ministro della DDR, sotto Ulbricht.