Avamposto
27-07-10, 18:19
FEHU
"Bestiame", quindi "ricchezza".
Dalla radice PEKU, dalla quale deriva l'antico alfabeto tedesco (a.a.t.) fihu, "bestiame"; gotico faihu, "denaro", "fortuna"; alfabeto islandese (a.isl.) fé, "bestiame", "ricchezza"; alafabeto inglese (a.ingl.), féoh, "proprietà" "tesoro"; latino pecu e pecus.
Questa runa inizia la prima famiglia della serie runica detta Freys ætt, cioè "famiglia di Freyr". Freyr, signore dei Vanir, dio preposto alla fecondità è detto "Signore del popolo". Nei riti agrari e nei banchetti veniva bevuta in suo onore una coppa "per ottenere pace e buon raccolto".
Freyr è il re-sacerdote dell'età dell'oro scandinava. Il suo potere deriva dall'alto e si rivela come capacità di ordinare il mondo e la società in armonia con le leggi che regolano l'universo. Il risultato di tale armonia, che è il rito di cui il re è depositario ed operatore, è pace tra gli uomini e prosperità nella natura. E' significativa una comparazione tra ambito germanico (e celtico) e Roma, dove l'auctoritas del re arcaico era letteralmente, la "capacità di far crescere", di far prosperare.
L'animale mitico associato a Freyr è Gullinbursti, il cinghiale dalle "setole d'oro".
FEHU, intesa nel suo intimo senso, è la runa dell'oro simbolico. Si tratta di un "oro" eminentemente spirituale, di una qualità interiore definibile come pienezza di Scienza e di Potenza.
Come runa dell'inizio FEHU può essere messa in relazione col senso della mitica Terra Iperborea, o Isola Bianca, nella quale giace in uno stato di latenza il dio dell'età dell'oro ed alla quale nelle saghe medioevali tornano, a volte dopo la morte, a volte ancora in vita, gli eroi vittoriosi come Artù e Lohengrin. La tradizione celtica insulare designa quest'isola come "Terra dei Morti" e, contemporaneamente, come "Terra dei Viventi" ad indicare, quindi, non già una morte reale bensì uno stato di occultamento della Sapienza delle origini che è immortale e che dà l'immortalità a chi sappia riunirsi ad essa.
FEHU, corrispondente nell'alfabeto al fonema F, è la runa del soffio non ancora modulato, non ancora divenuto parola. Come tale questa runa si presta ad esprimere in forma simbolica il silenzio delle origini ed altresì il silenzio rituale.
URUZ
"aurochs" (Bos primigenius);a.isl. ùrr; latino ùrus, "toro selvaggio".
Cesare afferma che gli uri sono di poco inferiori per grandezza agli elefanti, ma con aspetto di tori. Riferisce anche che per i giovani Germani era una prova di valore cacciare ed uccidere l'urus.
URUZ, che per forma ricorda le corna del toro selvaggio abbassate verso terra nell'imminenza della carica, è o si presta ad essere interpretata come la runa della potenza guerriera.
Trasponendo il significato di URUZ sul piano cosmogonico, la runa può riferirsi alla Potenza cosmica, alle correnti del Caos non ancora ordinate dal volere di dio, all'oceano primordiale.
Riferita all'uomo URUZ può essere interpretata come runa degli istinti scatenati.
þURISAZ
þ=si legge come l'inglese thin
nell'interpretazione più antica è la "runa dei Giganti": a. isl. þurs "gigante", "orco". Nel poema a. ingl. la runa è detta þorn, "spina".
þURISAZ era ampiamente usata per la magia negativa e gli incantesimi amorosi. Probabilmente è la "spina del sonno" con la qual Odino colpisce ottundendo la mente e inducendo il sonno.
þURISAZ è runa del mondo germinale e oscuro: il mondo dei Giganti che si estende sotto la seconda radice del Frassino del mondo. I Giganti, presso i Germani come presso i Greci, sono simboli del potere dissolutore delle energie elementari: l'eterna brama che crea e inghiottisce senza sosta le forme. Sono di tre specie: del ghiaccio, delle montagne e del fuoco, a rappresentare il condensarsi delle energie del caos.
Nel microcosmo umano, per analogia, þURISAZ è la runa delle potenze tenebrose, dei suoi fantasmi, delle passioni che avvelenano (per forma ricorda il pungiglione dello scorpione).
I Giganti, nell'Edda, a fianco delle qualificazioni negative, possiedono anche un valore positivo: sono detti "saggi". Mimir, custode della fonte della sapienza, è un gigante.Tale ambivalenza del simbolo sembra alludere contemporaneamente al nemico da combattere, alla pericolosità dell'impresa e al premio finale che attende al vincitore: la sapienza.
ANSUZ
"dèi". Il nome anglosassone di questa runa è os: os byþordfruma ælce spræce: "Dio (la bocca) è creatore di ogni discorso", cifr. lat. os, "bocca", ostium, "ingresso", a. isl. òss, "fonte", "estuario di fiume" e áss, "dio". In sanscrito asu è il "soffio vitale", l'energia divina che anima il cosmo.
ANSUZ può essere interpretata come runa del Verbo divino: il silenzio primordiale (runa FEHU) viene rotto dal prorompere della Parola ordinatrice. Dalla tensione armonica dei due principi complementari del fuoco e dell'acqua individuatisi nell'abisso primordiale nasce il suono. Odino rompe il silenzio rituale delle nove notti con un grido.
Tra i nomi di Odino vi è Omi, "colui che grida"; þundr, "il tuonante", nome che lo designa anche come scopritore delle rune.
ANSUZ, runa di parola, è anche la runa del canto sacrificale, delle parole sacre delle invocazioni con le quali l'uomo si rivolge alla divinità ed è la runa della bocca che si apre per svelare la volontà del dio. Runa oracolare e sapienzale del Vate, del Profeta, della Sibilla, FEHU, che per forma ricorda la figura stante con le braccia levate, diviene dono, parola, significata dalla runa ANSUZ nella quale le braccia sono abbassate verso terra e gli uomini.
ANSUZ è la runa della parola secondo verità: chi ha ritrovato il "soffio" divino - il sapiente - sa agire nel mondo manifestando il divino, la sua parola è parola secondo verità e giustizia. Questo è il senso del poema anglosassone citato: "Dio è creatore di ogni discorso". E' la bocca (os) che silenziosamente risuona nel cuore del saggio ispirandolo. E' la fonte prima dei testi sacri, Rivelazione che si automanifesta nel silenzio del contemplante e del vate, che viene affidata alla parola della tradizione orale e, più tardi, quando la mente ha perso l'arte della memorizzazione, viene cristallizzata nella Scrittura.
RAIDÔ
"cavalcata": a. isl. reið, "cavalcata", "carro"; ing. ride, "cavalcare"; latino. rota, "circolo". Accanto a questi significati che indicano movimento, ciclicità e simili l'area semantica delle radici REID-, REIDH-, RET- abbraccia anche l'idea di suono: ags. rad, "musica", sweglrad, "flauto", "carro solare"; nell'a.isl. la radice radd- indica il suono della voce.
Il cavallo e il carro sono entrambi simboli solari e, contemporaneamente, simboli che si riferiscono al viaggio delle anime nell'aldilà.
RAIDÔ è la runa del primo movimento del sole: è il segno dell'aurora del mondo. Il sanscrito evidenzia la relazione esistente fra "luce" (svara) e "suono" (swar). RAIDÔ contiene in se l'idea di "suono" e "movimento" e indica l'effetto del disserrarsi della "bocca" divina, il prorompere del tuono (Odino è detto "Tuonante") e l'inizio della "rotazione" universale.
þorr è detto "dio del carro", Okuþorr. Il tuono prodotto dal rimbombare del suo carro che trascorre il cielo non è, chiaramente, da interpretarsi unicamente secondo il senso "naturalistico" come fenomeno atmosferico ma si riferisce, per la polivalenza dei simboli, anche al rimbombare della Parola divina, il "tuono", nell'abisso primordiale. La Parola ordine le potenze del Caos e il carattere di þorr è quella di dio ordinatore, nemico implacabile dei Giganti, difensore della Terra di Mezzo e delle sedi degli dei. Se Odino è il dio ordinatore mediante la Parola, þorr lo è mediante l'azione: è la divinità preposta alla seconda funzione sociale, ovvero la guerra.
Nel senso di "cavalcata" RAIDÔ può riferirsi alle valkyrie, entità celesti che scelgono i caduti sui campi di battaglia.
Nel mondo degli uomini la runa in questione oltre al carattere guerriero già sottolineato, può riferirsi nell'ambito del sacro agli strumenti arcaici destinati a riprodurre il suono: il rombo, il flauto, ma soprattutto il tamburo. Lo sciamano usa il tamburo per ottenere l'estasi e il "viaggio" (parimenti il tamburo è usato per esaltare il valore guerriero). Il tamburo è detto il "cavallo" dello sciamano poichè questi "cavalcandone" il suono entra in comunicazione con tutti i mondi. Spesso sul tamburo sciamanico è raffigurato il cavallo, o lo strumento è costruito con la pelle del cavallo.
Di un'ulteriore interpretazione è suscettibile la runa RAIDÔ attraverso l'etimologia della riða che significa allo stesso tempo "cavalcare" e "penzolare" (detto degli impiccati). Odino è il dio degli impiccati ed egli stesso s'"impicca" per conoscere le rune: per questo la "forca" alla quale si appese, il Frassino del Mondo, è detto "Destriero".
KÊNAZ KAUNAZ
I. KÊNAZ "fiaccola", ags, ken, "torcia", ted. Kien, "legno resinoso"
II. KAUNAZ: "ascesso", "purulenza",a .isl kaun
Dai poemi runici si deducono due significati di questa runa profondamente contrastanti tra loro: il poema antico-inglese associa la runa alle qualità luminose della torcia (ken); il poema norvegese ed islandese interpretano il segno runico in un senso nettamente infausto: kaun, "purulenza".
Ci troviamo probabilmente di fronte a due aspetti del simbolismo della fiamma come fonte di calore e luce ma anche di morte.
KÊNAZ: segno benefico di luce. Esprime la qualità radiante e vivifica del Sole primordiale. Evidenzia l'aspetto luminoso dell'energia e, in questo senso, può riferirsi al dio Heimdallr. Heimdallr è il fuoco d'Ariete. Secondo molte tradizioni antiche (che continuano nel medioevo per finire a Dante Alighieri) l'universo ebbe inizio a partire dal segno d'Ariete ed avrà fine quando i cicli si concluderanno nel segno d'Ariete.
Per analogia, nell'uomo KÊNAZ si presta ad essere interpretata come la scintilla divina; il fuoco dell'intelletto creatore; la parola rituale che dà vita; la tendenza ascenzionale dell'essere. Ma è anche il potere dello sciamano che illumina o uccide.
KAUNAZ esprime l'aspetto dissolutore del Fuoco. Nell'uomo è il fuoco febbrile che divora, causato dall'ascesso (kaun) ed è il fuoco malefico delle tendenze sotterranee dell'essere.
Due personaggi divini, Surtr e Loki, sono strettamente connessi al carattere distruttivo del fuoco. Surtr siede ai confini di Mùspell montando la guardia con una spada dalla lama di fiamma e circondato da fuoco. Nel ragnarök Surtr lotterà a fianco di Loki portando tra le braccia "la rovina dei rami", circonlocuzione poetica che indica il fuoco divoratore della vegetazione. Nel duello finale Loki ed Heimdallr si affrontano e si annientano a vicenda: il Fuoco cosmico, assolta la sua funzione di creazione e distruzione, viene riassorbito nel Principio. Loki è direttamente responsabile della morte di Baldr, dio della gioventù e della primavera. Ma Baldr, comunque, risorgerà alla fine dei tempi per dare inizio ad un nuovo ciclo, (.....) Il fuoco che ha creato il mondo è lo stesso che lo distruggerà: Loki è il volto oscuro di Heimdallr. Nella terribile necessarietà della distruzione il fuoco compie ciò che deve essere compiuto. La morte cresce assieme alla vita, incede con essa ed annienta quest'ultima affinchè nell'oscuro grembo delle origini possa ritrovare forza e gioventù. Loki è necessario nello svolgimento del ciclo universale come l'inverno lo è nello svolgimento del ciclo annuale: il gelo distrugge la veste degli alberi e della terra ma le potenze nascoste della germinazione, intatte, attendono il nuovo ciclo primaverile.
III. Alcuni studiosi hanno proposto di interpretare il segno runico che stiamo esaminando partendo, per l'etimo, da un protogermanico KANÔ, "imbarcazione leggera". Questa interpretazione non è in contrasto con la doppia valenza della runa: l'imbarcazione del Sole è conosciuta fin dai graffito della più alta antichità e, nel Nord, spesso la barca è usata nei rituali funerari. In questo senso "funerario" la runa è connessa al fuoco dell'arsione dei morti. Fuoco che distruggendo la spoglia fisica libera lo spirito della materia.
GEBÔ
"dono". Il nome della runa nel poema a .ingl. è gyfu; a. isl. gipt; protogermanico geftiz; ingl. gift, give.
Tre sono le specie del dono: la prima è il dono che la divinità fa all'uomo affinchè questi esista, "il respiro che Odino diede".
La seconda specie è il dono che l'uomo fa alla divinità mediante l'offerta, l'immacolazione cruente e il sacrificio.
La terza specie di dono è quello che l'uomo fa all'uomo: era usanza che i capi facessero splendidi doni ai propri guerrieri.
GEBÔ è la runa dell'ospitalità, sacra presso i Germani.
La runa può essere messa in relazione con l'aspetto generatore e fecondo di Freyia. Uno dei nomi della dea è Gefn/Gefjum, formato sul verbo gefa, "dare", "donare".
WUNJÔ
"gioia", "piacere", ma anche "stirpe".
Da WEN (WENOS è la fascinosità della donna) deriva il latino Venus, "Venere"; in sanscrito vanas è il "piacere" e vanih significa "desiderare"; in tedesco Wonne è "desiderio". I Vanir (Freyr - Freya), dèi della fecondità e del piacere, si riportano, per l'etimo, a WEN- ed all'ambito simbolico di questa runa.
Nell'uomo WUNJÔ è la gioia e la pienezza che scaturiscono dal dono degli dei, la Sapienza, la forza, la stirpe.
HAGLAZ
HAGALAZ
HAGLAN
"grandine", a. isl. hagall; a.a.ted. hagal. Questa runa inizia la seconda "famiglia" della serie detta Hagal ætt.
Il nome della runa concorda con la forma che richiama quella del cristallo di ghiaccio. Nella cosmogonia germanica il ghiaccio è la materia primordiale dell'universo.
Il primo essere, il macrantropo che sacrificando se stesso produce l'universo nelle sue parti è Ymir. Dallo smembramento di Ymir fu formato ciò che esiste: "Dal corpo di Ymir fu formata la terra e dalle sue ossa i monti / il cielo dal cranio di quel gelido gigante, e dal suo sangue il mare".
Il mito narra che da Ymir nacque un gigante con sei teste: dal disfarsi del corpo del macrantropo inizia ad esistere la manifestazione sensibile nelle sei direzioni dello spazio. Nella forma del cristallo di ghiaccio HAGALAZ rappresenta graficamente le sei direzioni spaziali (N, S, W, E, zenith, nadir).
La runa in questione, data la sua attinenza con la furia degli elementi, è da intendere come una brim rùna "runa di tempesta".
NAUDIZ
"necessità", ma anche l'azione dello sfregamento che produce il fuoco da due legni.
La forma di NAUDIZ ricorda quella del primitivo strumento per accendere il fuoco: il trapano di legno azionato da una cordicella o archetto.
Il fuoco del sacrificio vedico era acceso mediante uno strumento chiamato arani, composto da due assicelle una, inferiore, di legno di mimosa avente la forma di croce, l'altra verticale, di legno di ficus religiosa che, azionata da una corda, produceva l'attrito necessario alla accensione in un foro provocato al centro della croce di mimosa. L'accensione del fuoco sacro in India è la riattuazione della cosmogonia: le due parti dello strumento esprimono il simbolismo nuziale, l'unione del principio divino maschile, Shiva - il palo che perfora -,e dal principio femminile Shakti - il legno "femminile" di mimosa del quale è fatta la parte inferiore dello strumento.
Nell'uomo NAUDIZ si riferisce alla capacità generativa in senso lato, dalla generazione fisica alla generazione - o rigenerazione - spirituale, quindi all'iniziazione, che è infusione del fuoco celeste,ed alle privazioni necessarie per giungere ad essa.
Nei documenti NAUDIZ appare usata certamente come runa dai poteri magici per gli incantesimi d'amore.
ÎSA/ÎSAZ
"ghiaccio". Runa del ghiaccio primordiale che, nella cosmogonia germanica, è la materia dalla quale fu formato l'universo.
Nell'uomo ISA può essere interpretata come segno delle acque congelate del pensiero raccolto e unificato dall'esercizio ascetico e riunito al principio spirituale. Il sapersi trasporre al di là delle correnti della sfera mentale, il saper camminare sulle acque è condizione indispensabile e, insieme, segno di sapienza.
JERA / JERAN
"anno". ingl. year; ted. jahr. JERA è "anno" ma anche "stagione fertile", "raccolto".
Runa primaverile. Segno fausto d'inizio e di fecondità.
Lo scongelarsi del ghiaccio primordiale dà luogo alla fioritura del mondo, all'inizio del ciclo. Alla primavera segue il "terribile inverno" del ragnarok, la chiusura del ciclo e, contemporaneamente, la premessa della nuova primavera.
EIHWAZ / ?WAZ
"albero del tasso". Il legno del tasso era particolarmente usato per incidere formule di incantesimi sia presso i Germani sia presso i Celti.
L'attribuzione di poteri magici all'albero di tasso risale probabilmente alle origini della cultura indoeuropea.
I rami di quest'albero venivano usati nel medioevo cristiano come protezione contro i demoni, contro le streghe e contro il fulmine.
Il tasso ben si prestava ad essere assunto a simbolo cosmico dal momento che è sempreverde (e quindi è simbolo di vita) ma contemporaneamente possiede frutti velenosi e il suo legno è tossico (e quindi partecipa alla valenza infera del mondo dei morti).
EIHWAZ è anche la runa dell'arciere degli dèi Ullr che vive in Ydalir, "Valle dei tassi". Gli archi erano costruiti col legno del tasso che gode di particolari qualità di resistenza e flessibilità.
Nella cosmografia EIHWAZ è da riferirsi alle radici, alle potenze germinali del sottosuolo, gli Elfi scuri, e delle profondità delle rocce dove la vita minerale svolge le sue remote trasformazioni. EIHWAZ è la runa degli gnomi, signori delle miniere, maestri nella scienza delle rocce e dei metalli.
PERÐ/PERÞÔ /PERÞRÔ
(senso sconosciuto). La forma protogermanica indica il "bicchiere per tirare le sorti" o i dadi. Anche per la sua forma PERD richiama alla mente una coppa nell'atto di versare il suo contenuto. Intesa in questo senso PERD si presta ad essere interpretata come runa delle Norne, o dee del Fato.
Le Norne germaniche, equivalenti delle Parche, sono tre: Urðr è la Norna che fila o "volge" il destino; Verðandi è la Norna che presiede alle modalità dello svolgimento o della filatura; Skulld è colei che fissa il compimento del destino. Le Norne segnano i tre momenti dello svolgersi della vita universale: l'inizio; lo sviluppo delle possibilità contenute nell'Origine; la fine o riassorbimento nell'Origine.
Esistono significative analogie tra le Norne germanche e le Moirai greche.
Se l'attribuzione di PERD alle Norne è esatta, la runa si presta ad essere interpretata come segno della mantica giacchè vi è una profonda relazione tra le dee ed il seggio del Vate, quindi tra Norne e vaticini.
ALGIZ
1. "alce"; 2. "difesa". La runa ALGIZ corrisponde alla coppia divina dei gemelli Alcis, equivalenti nordici dei Dioscuri greci e degli Ashvin indiani. L'animali ad essi sacro era l'alce
Questa runa ha un senso nettamente fausto: le corna dei cervidi fin dalla più remota antichità simboleggiavano l'eterno ritorno; la resurrezione; il risveglio primaverile. Il cervo simboleggia anche la resurrezione come ritorno al Centro spirituale originario: è l'animale di Apollo iperboreo.
Ma ALGIZ oltre all'alce può riferirsi al "cigno". Quest'ultimo senso è particolarmente importante perchè riconnette simbolicamente il segno alle valkyrie. Una di esse è detta "Candido Cigno", Svanhvit.
La forma della runa ricorda anche la figura dell'orante: le braccia rivolte verso l'alto nel gesto dell'invocazione.
(continua)
Le Rune (http://www.thule-italia.net/paganesimo/rune.html)
"Bestiame", quindi "ricchezza".
Dalla radice PEKU, dalla quale deriva l'antico alfabeto tedesco (a.a.t.) fihu, "bestiame"; gotico faihu, "denaro", "fortuna"; alfabeto islandese (a.isl.) fé, "bestiame", "ricchezza"; alafabeto inglese (a.ingl.), féoh, "proprietà" "tesoro"; latino pecu e pecus.
Questa runa inizia la prima famiglia della serie runica detta Freys ætt, cioè "famiglia di Freyr". Freyr, signore dei Vanir, dio preposto alla fecondità è detto "Signore del popolo". Nei riti agrari e nei banchetti veniva bevuta in suo onore una coppa "per ottenere pace e buon raccolto".
Freyr è il re-sacerdote dell'età dell'oro scandinava. Il suo potere deriva dall'alto e si rivela come capacità di ordinare il mondo e la società in armonia con le leggi che regolano l'universo. Il risultato di tale armonia, che è il rito di cui il re è depositario ed operatore, è pace tra gli uomini e prosperità nella natura. E' significativa una comparazione tra ambito germanico (e celtico) e Roma, dove l'auctoritas del re arcaico era letteralmente, la "capacità di far crescere", di far prosperare.
L'animale mitico associato a Freyr è Gullinbursti, il cinghiale dalle "setole d'oro".
FEHU, intesa nel suo intimo senso, è la runa dell'oro simbolico. Si tratta di un "oro" eminentemente spirituale, di una qualità interiore definibile come pienezza di Scienza e di Potenza.
Come runa dell'inizio FEHU può essere messa in relazione col senso della mitica Terra Iperborea, o Isola Bianca, nella quale giace in uno stato di latenza il dio dell'età dell'oro ed alla quale nelle saghe medioevali tornano, a volte dopo la morte, a volte ancora in vita, gli eroi vittoriosi come Artù e Lohengrin. La tradizione celtica insulare designa quest'isola come "Terra dei Morti" e, contemporaneamente, come "Terra dei Viventi" ad indicare, quindi, non già una morte reale bensì uno stato di occultamento della Sapienza delle origini che è immortale e che dà l'immortalità a chi sappia riunirsi ad essa.
FEHU, corrispondente nell'alfabeto al fonema F, è la runa del soffio non ancora modulato, non ancora divenuto parola. Come tale questa runa si presta ad esprimere in forma simbolica il silenzio delle origini ed altresì il silenzio rituale.
URUZ
"aurochs" (Bos primigenius);a.isl. ùrr; latino ùrus, "toro selvaggio".
Cesare afferma che gli uri sono di poco inferiori per grandezza agli elefanti, ma con aspetto di tori. Riferisce anche che per i giovani Germani era una prova di valore cacciare ed uccidere l'urus.
URUZ, che per forma ricorda le corna del toro selvaggio abbassate verso terra nell'imminenza della carica, è o si presta ad essere interpretata come la runa della potenza guerriera.
Trasponendo il significato di URUZ sul piano cosmogonico, la runa può riferirsi alla Potenza cosmica, alle correnti del Caos non ancora ordinate dal volere di dio, all'oceano primordiale.
Riferita all'uomo URUZ può essere interpretata come runa degli istinti scatenati.
þURISAZ
þ=si legge come l'inglese thin
nell'interpretazione più antica è la "runa dei Giganti": a. isl. þurs "gigante", "orco". Nel poema a. ingl. la runa è detta þorn, "spina".
þURISAZ era ampiamente usata per la magia negativa e gli incantesimi amorosi. Probabilmente è la "spina del sonno" con la qual Odino colpisce ottundendo la mente e inducendo il sonno.
þURISAZ è runa del mondo germinale e oscuro: il mondo dei Giganti che si estende sotto la seconda radice del Frassino del mondo. I Giganti, presso i Germani come presso i Greci, sono simboli del potere dissolutore delle energie elementari: l'eterna brama che crea e inghiottisce senza sosta le forme. Sono di tre specie: del ghiaccio, delle montagne e del fuoco, a rappresentare il condensarsi delle energie del caos.
Nel microcosmo umano, per analogia, þURISAZ è la runa delle potenze tenebrose, dei suoi fantasmi, delle passioni che avvelenano (per forma ricorda il pungiglione dello scorpione).
I Giganti, nell'Edda, a fianco delle qualificazioni negative, possiedono anche un valore positivo: sono detti "saggi". Mimir, custode della fonte della sapienza, è un gigante.Tale ambivalenza del simbolo sembra alludere contemporaneamente al nemico da combattere, alla pericolosità dell'impresa e al premio finale che attende al vincitore: la sapienza.
ANSUZ
"dèi". Il nome anglosassone di questa runa è os: os byþordfruma ælce spræce: "Dio (la bocca) è creatore di ogni discorso", cifr. lat. os, "bocca", ostium, "ingresso", a. isl. òss, "fonte", "estuario di fiume" e áss, "dio". In sanscrito asu è il "soffio vitale", l'energia divina che anima il cosmo.
ANSUZ può essere interpretata come runa del Verbo divino: il silenzio primordiale (runa FEHU) viene rotto dal prorompere della Parola ordinatrice. Dalla tensione armonica dei due principi complementari del fuoco e dell'acqua individuatisi nell'abisso primordiale nasce il suono. Odino rompe il silenzio rituale delle nove notti con un grido.
Tra i nomi di Odino vi è Omi, "colui che grida"; þundr, "il tuonante", nome che lo designa anche come scopritore delle rune.
ANSUZ, runa di parola, è anche la runa del canto sacrificale, delle parole sacre delle invocazioni con le quali l'uomo si rivolge alla divinità ed è la runa della bocca che si apre per svelare la volontà del dio. Runa oracolare e sapienzale del Vate, del Profeta, della Sibilla, FEHU, che per forma ricorda la figura stante con le braccia levate, diviene dono, parola, significata dalla runa ANSUZ nella quale le braccia sono abbassate verso terra e gli uomini.
ANSUZ è la runa della parola secondo verità: chi ha ritrovato il "soffio" divino - il sapiente - sa agire nel mondo manifestando il divino, la sua parola è parola secondo verità e giustizia. Questo è il senso del poema anglosassone citato: "Dio è creatore di ogni discorso". E' la bocca (os) che silenziosamente risuona nel cuore del saggio ispirandolo. E' la fonte prima dei testi sacri, Rivelazione che si automanifesta nel silenzio del contemplante e del vate, che viene affidata alla parola della tradizione orale e, più tardi, quando la mente ha perso l'arte della memorizzazione, viene cristallizzata nella Scrittura.
RAIDÔ
"cavalcata": a. isl. reið, "cavalcata", "carro"; ing. ride, "cavalcare"; latino. rota, "circolo". Accanto a questi significati che indicano movimento, ciclicità e simili l'area semantica delle radici REID-, REIDH-, RET- abbraccia anche l'idea di suono: ags. rad, "musica", sweglrad, "flauto", "carro solare"; nell'a.isl. la radice radd- indica il suono della voce.
Il cavallo e il carro sono entrambi simboli solari e, contemporaneamente, simboli che si riferiscono al viaggio delle anime nell'aldilà.
RAIDÔ è la runa del primo movimento del sole: è il segno dell'aurora del mondo. Il sanscrito evidenzia la relazione esistente fra "luce" (svara) e "suono" (swar). RAIDÔ contiene in se l'idea di "suono" e "movimento" e indica l'effetto del disserrarsi della "bocca" divina, il prorompere del tuono (Odino è detto "Tuonante") e l'inizio della "rotazione" universale.
þorr è detto "dio del carro", Okuþorr. Il tuono prodotto dal rimbombare del suo carro che trascorre il cielo non è, chiaramente, da interpretarsi unicamente secondo il senso "naturalistico" come fenomeno atmosferico ma si riferisce, per la polivalenza dei simboli, anche al rimbombare della Parola divina, il "tuono", nell'abisso primordiale. La Parola ordine le potenze del Caos e il carattere di þorr è quella di dio ordinatore, nemico implacabile dei Giganti, difensore della Terra di Mezzo e delle sedi degli dei. Se Odino è il dio ordinatore mediante la Parola, þorr lo è mediante l'azione: è la divinità preposta alla seconda funzione sociale, ovvero la guerra.
Nel senso di "cavalcata" RAIDÔ può riferirsi alle valkyrie, entità celesti che scelgono i caduti sui campi di battaglia.
Nel mondo degli uomini la runa in questione oltre al carattere guerriero già sottolineato, può riferirsi nell'ambito del sacro agli strumenti arcaici destinati a riprodurre il suono: il rombo, il flauto, ma soprattutto il tamburo. Lo sciamano usa il tamburo per ottenere l'estasi e il "viaggio" (parimenti il tamburo è usato per esaltare il valore guerriero). Il tamburo è detto il "cavallo" dello sciamano poichè questi "cavalcandone" il suono entra in comunicazione con tutti i mondi. Spesso sul tamburo sciamanico è raffigurato il cavallo, o lo strumento è costruito con la pelle del cavallo.
Di un'ulteriore interpretazione è suscettibile la runa RAIDÔ attraverso l'etimologia della riða che significa allo stesso tempo "cavalcare" e "penzolare" (detto degli impiccati). Odino è il dio degli impiccati ed egli stesso s'"impicca" per conoscere le rune: per questo la "forca" alla quale si appese, il Frassino del Mondo, è detto "Destriero".
KÊNAZ KAUNAZ
I. KÊNAZ "fiaccola", ags, ken, "torcia", ted. Kien, "legno resinoso"
II. KAUNAZ: "ascesso", "purulenza",a .isl kaun
Dai poemi runici si deducono due significati di questa runa profondamente contrastanti tra loro: il poema antico-inglese associa la runa alle qualità luminose della torcia (ken); il poema norvegese ed islandese interpretano il segno runico in un senso nettamente infausto: kaun, "purulenza".
Ci troviamo probabilmente di fronte a due aspetti del simbolismo della fiamma come fonte di calore e luce ma anche di morte.
KÊNAZ: segno benefico di luce. Esprime la qualità radiante e vivifica del Sole primordiale. Evidenzia l'aspetto luminoso dell'energia e, in questo senso, può riferirsi al dio Heimdallr. Heimdallr è il fuoco d'Ariete. Secondo molte tradizioni antiche (che continuano nel medioevo per finire a Dante Alighieri) l'universo ebbe inizio a partire dal segno d'Ariete ed avrà fine quando i cicli si concluderanno nel segno d'Ariete.
Per analogia, nell'uomo KÊNAZ si presta ad essere interpretata come la scintilla divina; il fuoco dell'intelletto creatore; la parola rituale che dà vita; la tendenza ascenzionale dell'essere. Ma è anche il potere dello sciamano che illumina o uccide.
KAUNAZ esprime l'aspetto dissolutore del Fuoco. Nell'uomo è il fuoco febbrile che divora, causato dall'ascesso (kaun) ed è il fuoco malefico delle tendenze sotterranee dell'essere.
Due personaggi divini, Surtr e Loki, sono strettamente connessi al carattere distruttivo del fuoco. Surtr siede ai confini di Mùspell montando la guardia con una spada dalla lama di fiamma e circondato da fuoco. Nel ragnarök Surtr lotterà a fianco di Loki portando tra le braccia "la rovina dei rami", circonlocuzione poetica che indica il fuoco divoratore della vegetazione. Nel duello finale Loki ed Heimdallr si affrontano e si annientano a vicenda: il Fuoco cosmico, assolta la sua funzione di creazione e distruzione, viene riassorbito nel Principio. Loki è direttamente responsabile della morte di Baldr, dio della gioventù e della primavera. Ma Baldr, comunque, risorgerà alla fine dei tempi per dare inizio ad un nuovo ciclo, (.....) Il fuoco che ha creato il mondo è lo stesso che lo distruggerà: Loki è il volto oscuro di Heimdallr. Nella terribile necessarietà della distruzione il fuoco compie ciò che deve essere compiuto. La morte cresce assieme alla vita, incede con essa ed annienta quest'ultima affinchè nell'oscuro grembo delle origini possa ritrovare forza e gioventù. Loki è necessario nello svolgimento del ciclo universale come l'inverno lo è nello svolgimento del ciclo annuale: il gelo distrugge la veste degli alberi e della terra ma le potenze nascoste della germinazione, intatte, attendono il nuovo ciclo primaverile.
III. Alcuni studiosi hanno proposto di interpretare il segno runico che stiamo esaminando partendo, per l'etimo, da un protogermanico KANÔ, "imbarcazione leggera". Questa interpretazione non è in contrasto con la doppia valenza della runa: l'imbarcazione del Sole è conosciuta fin dai graffito della più alta antichità e, nel Nord, spesso la barca è usata nei rituali funerari. In questo senso "funerario" la runa è connessa al fuoco dell'arsione dei morti. Fuoco che distruggendo la spoglia fisica libera lo spirito della materia.
GEBÔ
"dono". Il nome della runa nel poema a .ingl. è gyfu; a. isl. gipt; protogermanico geftiz; ingl. gift, give.
Tre sono le specie del dono: la prima è il dono che la divinità fa all'uomo affinchè questi esista, "il respiro che Odino diede".
La seconda specie è il dono che l'uomo fa alla divinità mediante l'offerta, l'immacolazione cruente e il sacrificio.
La terza specie di dono è quello che l'uomo fa all'uomo: era usanza che i capi facessero splendidi doni ai propri guerrieri.
GEBÔ è la runa dell'ospitalità, sacra presso i Germani.
La runa può essere messa in relazione con l'aspetto generatore e fecondo di Freyia. Uno dei nomi della dea è Gefn/Gefjum, formato sul verbo gefa, "dare", "donare".
WUNJÔ
"gioia", "piacere", ma anche "stirpe".
Da WEN (WENOS è la fascinosità della donna) deriva il latino Venus, "Venere"; in sanscrito vanas è il "piacere" e vanih significa "desiderare"; in tedesco Wonne è "desiderio". I Vanir (Freyr - Freya), dèi della fecondità e del piacere, si riportano, per l'etimo, a WEN- ed all'ambito simbolico di questa runa.
Nell'uomo WUNJÔ è la gioia e la pienezza che scaturiscono dal dono degli dei, la Sapienza, la forza, la stirpe.
HAGLAZ
HAGALAZ
HAGLAN
"grandine", a. isl. hagall; a.a.ted. hagal. Questa runa inizia la seconda "famiglia" della serie detta Hagal ætt.
Il nome della runa concorda con la forma che richiama quella del cristallo di ghiaccio. Nella cosmogonia germanica il ghiaccio è la materia primordiale dell'universo.
Il primo essere, il macrantropo che sacrificando se stesso produce l'universo nelle sue parti è Ymir. Dallo smembramento di Ymir fu formato ciò che esiste: "Dal corpo di Ymir fu formata la terra e dalle sue ossa i monti / il cielo dal cranio di quel gelido gigante, e dal suo sangue il mare".
Il mito narra che da Ymir nacque un gigante con sei teste: dal disfarsi del corpo del macrantropo inizia ad esistere la manifestazione sensibile nelle sei direzioni dello spazio. Nella forma del cristallo di ghiaccio HAGALAZ rappresenta graficamente le sei direzioni spaziali (N, S, W, E, zenith, nadir).
La runa in questione, data la sua attinenza con la furia degli elementi, è da intendere come una brim rùna "runa di tempesta".
NAUDIZ
"necessità", ma anche l'azione dello sfregamento che produce il fuoco da due legni.
La forma di NAUDIZ ricorda quella del primitivo strumento per accendere il fuoco: il trapano di legno azionato da una cordicella o archetto.
Il fuoco del sacrificio vedico era acceso mediante uno strumento chiamato arani, composto da due assicelle una, inferiore, di legno di mimosa avente la forma di croce, l'altra verticale, di legno di ficus religiosa che, azionata da una corda, produceva l'attrito necessario alla accensione in un foro provocato al centro della croce di mimosa. L'accensione del fuoco sacro in India è la riattuazione della cosmogonia: le due parti dello strumento esprimono il simbolismo nuziale, l'unione del principio divino maschile, Shiva - il palo che perfora -,e dal principio femminile Shakti - il legno "femminile" di mimosa del quale è fatta la parte inferiore dello strumento.
Nell'uomo NAUDIZ si riferisce alla capacità generativa in senso lato, dalla generazione fisica alla generazione - o rigenerazione - spirituale, quindi all'iniziazione, che è infusione del fuoco celeste,ed alle privazioni necessarie per giungere ad essa.
Nei documenti NAUDIZ appare usata certamente come runa dai poteri magici per gli incantesimi d'amore.
ÎSA/ÎSAZ
"ghiaccio". Runa del ghiaccio primordiale che, nella cosmogonia germanica, è la materia dalla quale fu formato l'universo.
Nell'uomo ISA può essere interpretata come segno delle acque congelate del pensiero raccolto e unificato dall'esercizio ascetico e riunito al principio spirituale. Il sapersi trasporre al di là delle correnti della sfera mentale, il saper camminare sulle acque è condizione indispensabile e, insieme, segno di sapienza.
JERA / JERAN
"anno". ingl. year; ted. jahr. JERA è "anno" ma anche "stagione fertile", "raccolto".
Runa primaverile. Segno fausto d'inizio e di fecondità.
Lo scongelarsi del ghiaccio primordiale dà luogo alla fioritura del mondo, all'inizio del ciclo. Alla primavera segue il "terribile inverno" del ragnarok, la chiusura del ciclo e, contemporaneamente, la premessa della nuova primavera.
EIHWAZ / ?WAZ
"albero del tasso". Il legno del tasso era particolarmente usato per incidere formule di incantesimi sia presso i Germani sia presso i Celti.
L'attribuzione di poteri magici all'albero di tasso risale probabilmente alle origini della cultura indoeuropea.
I rami di quest'albero venivano usati nel medioevo cristiano come protezione contro i demoni, contro le streghe e contro il fulmine.
Il tasso ben si prestava ad essere assunto a simbolo cosmico dal momento che è sempreverde (e quindi è simbolo di vita) ma contemporaneamente possiede frutti velenosi e il suo legno è tossico (e quindi partecipa alla valenza infera del mondo dei morti).
EIHWAZ è anche la runa dell'arciere degli dèi Ullr che vive in Ydalir, "Valle dei tassi". Gli archi erano costruiti col legno del tasso che gode di particolari qualità di resistenza e flessibilità.
Nella cosmografia EIHWAZ è da riferirsi alle radici, alle potenze germinali del sottosuolo, gli Elfi scuri, e delle profondità delle rocce dove la vita minerale svolge le sue remote trasformazioni. EIHWAZ è la runa degli gnomi, signori delle miniere, maestri nella scienza delle rocce e dei metalli.
PERÐ/PERÞÔ /PERÞRÔ
(senso sconosciuto). La forma protogermanica indica il "bicchiere per tirare le sorti" o i dadi. Anche per la sua forma PERD richiama alla mente una coppa nell'atto di versare il suo contenuto. Intesa in questo senso PERD si presta ad essere interpretata come runa delle Norne, o dee del Fato.
Le Norne germaniche, equivalenti delle Parche, sono tre: Urðr è la Norna che fila o "volge" il destino; Verðandi è la Norna che presiede alle modalità dello svolgimento o della filatura; Skulld è colei che fissa il compimento del destino. Le Norne segnano i tre momenti dello svolgersi della vita universale: l'inizio; lo sviluppo delle possibilità contenute nell'Origine; la fine o riassorbimento nell'Origine.
Esistono significative analogie tra le Norne germanche e le Moirai greche.
Se l'attribuzione di PERD alle Norne è esatta, la runa si presta ad essere interpretata come segno della mantica giacchè vi è una profonda relazione tra le dee ed il seggio del Vate, quindi tra Norne e vaticini.
ALGIZ
1. "alce"; 2. "difesa". La runa ALGIZ corrisponde alla coppia divina dei gemelli Alcis, equivalenti nordici dei Dioscuri greci e degli Ashvin indiani. L'animali ad essi sacro era l'alce
Questa runa ha un senso nettamente fausto: le corna dei cervidi fin dalla più remota antichità simboleggiavano l'eterno ritorno; la resurrezione; il risveglio primaverile. Il cervo simboleggia anche la resurrezione come ritorno al Centro spirituale originario: è l'animale di Apollo iperboreo.
Ma ALGIZ oltre all'alce può riferirsi al "cigno". Quest'ultimo senso è particolarmente importante perchè riconnette simbolicamente il segno alle valkyrie. Una di esse è detta "Candido Cigno", Svanhvit.
La forma della runa ricorda anche la figura dell'orante: le braccia rivolte verso l'alto nel gesto dell'invocazione.
(continua)
Le Rune (http://www.thule-italia.net/paganesimo/rune.html)