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Visualizza Versione Completa : Ezra Pound - Le banche e l'usura



Avamposto
04-08-10, 12:12
«Il tempo non è denaro, ma è quasi tutto il resto!» Così, negli anni Trenta, il poeta Ezra Pound incitava alla resistenza contro la commercializzazione di tutto quello che nella vita non può essere ridotto a un valore economico, e quindi è veramente prezioso. La sua lungimirante critica dell’economia basata sul profitto a scapito della qualità è stata recentemente riconosciuta come valida addirittura dal New York Times, che poco tempo fa apriva un articolo sulla crisi dei mutui con i versi poundiani del Canto 45: «Con usura nessuno ha una solida casa...», efficaci, secondo l’autorevole quotidiano statunitense, a spiegare perfettamente cosa è successo.
La voce di Pound, contrariamente a quello che la lunga detenzione in manicomio criminale potrebbe far pensare, non è quella di un pazzo isolato, ma fa parte di un vasto ed eterogeneo coro di artisti e intellettuali che, fino alla seconda Guerra mondiale, criticano la speculazione finanziaria - dantescamente chiamata «usura» - mettendo in guardia la società sui pericoli di un’economia lasciata nelle mani dei banchieri.
All’inizio del Ventesimo secolo, Alfred Richard Orage raccoglie attorno a The New Age, la rivista da lui diretta, un cenacolo di scrittori, filosofi e politici anticonformisti che approfondiscono con attenzione i temi economici, dato che «senza economia e senza politica è davvero inutile parlare di cultura». Dalle colonne del settimanale di Orage, due tra le più brillanti penne dell’epoca, Hilaire Belloc e Gilbert Keith Chesterton - l'autore di Padre Brown - lanciano i loro attacchi contro la speculazione di chi, in nome del libero mercato, difende una società composta da pochi sfruttatori e tanti sfruttati.
L’alternativa, secondo loro, è uno Stato «distributivo» - non «collettivista» - in grado di regolare, attraverso i rappresentanti delle categorie produttive, le esigenze della popolazione con la distribuzione delle ricchezze. Proprio sulle pagine di The New Age, nasce e si sviluppa il pensiero economico di Ezra Pound, affascinato dalle teorie economiche del Maggiore Douglas, un economista eterodosso che si guadagnò il rispetto e l’attenzione di Keynes criticando il potere delle banche di creare denaro dal nulla. Le sue analisi affascinarono un numero considerevole di intellettuali, dai poeti Thomas Stearns Eliot e W.C.Williams ai più popolari scrittori di fantascienza James Blish e soprattutto Robert Heinlein, che dedica ben due romanzi alla descrizione di un mondo modellato sui principi del Maggiore Douglas, dove il monopolio del credito è pubblico ed è esercitato a favore dei cittadini. In questa società ideale nessuno è più costretto a lavorare, perché la ricchezza, derivata dall’abbondanza naturale e prodotta dalle scoperte scientifiche, viene distribuita a tutti i cittadini.
Il disprezzo per l’avidità, in quegli anni è molto diffuso, ed è immortalato anche dai versi del poeta irlandese William Butler Yeats, araldo di una società aristocratica modellata sulla forza delle virtù e non sulla prepotenza del denaro, lasciato a chi preferisce «frugare in un cassetto sudicio/ e aggiungere al soldo il mezzo soldo» piuttosto che gioire della vita come fanno «l’operaio, il gentiluomo e il santo».



CONVERGENZE: Ezra Pound - le BANCHE e L'USURA. (http://convergenze.blogspot.com/2008/10/ezra-pound-le-banche-e-lusura.html)

Avamposto
04-08-10, 12:15
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Avamposto
04-08-10, 12:22
novembre 16, 2007

MONETA ED USURA SECONDO EZRA POUND di Antonio Pantano


(Articolo pubblicato il 26 febbraio 2004 sul quotidiano “ROMA” di Napoli).



Il poeta americano Ezra Pound produsse in Italia la parte fondamentale della sua opera, poetica nella forma, ma di pensiero espresso in prosa nella sostanza, ed in ciò fu anche acuto indagatore dei fenomeni monetari ed economici. Zona d’ombra affascinante, sconosciuta al pubblico ed agli accademici, i quali hanno malamente nota l’invettiva contro l’Usura nel 45° dei Cantos. Usura non di vicolo, ma delle banche universali e dei creatori del denaro. (…)
Pound scoprì – scavalcando Marx nell’indagine sul capitalismo – che il denaro è di chi lo emette perché, con tale funzione, lo addebita [mentre dovrebbe accreditarlo, n.d.r] allo Stato ed ai cittadini. Concessione deputata dallo stato da 3 secoli (fondazione della Banca d’Inghilterra, 1696), con rinuncia alla sovranità monetaria. Debito dei cittadini per titolo (il denaro) che appartiene a loro, con aggiunta del “tasso”, stabilito da banche e non dal governo statale. Osservazione da Pound manifestata a Mussolini il 3 gennaio 1933, al quale il Poeta indicò il sistema di “non far pagare le tasse ai cittadini, tassando il denaro alla Banca Centrale al momento dell’emissione”, in luogo di bollo virtuale riscosso in misura simbolica. Il Duce fu stupefatto; raccolse definitivamente le indicazioni poundiane il 23 maggio 1943, ma dopo due mesi la catastrofe italiana vanificò l’applicazione del suggerimento. (…)
Pound spinse a chiarire che il denaro che abbiamo in tasca non è nostro, ma rappresenta “debito dei cittadini verso la banca centrale”, mentre dovrebbe essere “ricchezza e credito nelle tasche dei cittadini”, secondo l’affermazione ripresa da Jefferson, padre della Patria americana.
Di seguito Giacinto Auriti rivelò che il problema – maestro Pound – deve essere ribaltato, restituendo creazione del denaro, controllo del credito e determinazione del costo (che, come in Giappone, potrebbe essere ZERO) allo Stato che i cittadini rappresenta.
Il recente dissidio(1), incomponibile, tra il Ministro italiano dell’Economia ed il governatore di BankItalia (anche per l’euro, ibrido di proprietà della Banca Centrale Europea, consorzio di banche “private” comunque non democraticamente espresse) è cardine, reso di oscura intelligibilità, del momento di crisi che viviamo. Perché il denaro è, in realtà, di banchieri estranei agli interessi dei cittadini, sempre “stranieri, senza patria”, come Pound, unico al mondo, osservò, pagando di persona con 13 anni di manicomio criminale nella propria patria, la rivelazione.

1) Si riferisce ai ripetuti scontri tra il ministro Tremonti e il governatore Fazio, culminati all’epoca dell’estensione dell’articolo.




MONETA ED USURA SECONDO EZRA POUND di Antonio Pantano « Doctor Blue and Sister Robinia (http://valterbinaghi.wordpress.com/2007/11/16/moneta-ed-usura-secondo-ezra-pound-di-antonio-pantano/)

Avamposto
04-08-10, 12:23
CON L’USURA - Ezra Pound


CON L’USURA – Traduzione italiana


Con Usura nessuno ha una solida casa
di pietra squadrata e liscia
per istoriarne la facciata,
con usura
non v’è chiesa con affreschi di paradiso
harpes et luz
e l’Annunciazione dell’Angelo
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa, ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro natura,
il tuo pane sarà straccio vieto
arido come carta,
senza segala né farina di grano duro,
usura appesantisce il tratto,
falsa i confini, con usura
nessuno trova residenza amena.
Si priva lo scalpellino della pietra,
il tessitore del telaio
CON USURA
la lana non giunge al mercato
e le pecore non rendono
peggio della peste è l’usura, spunta
l’ago in mano alle fanciulle
e confonde chi fila. Pietro Lombardo
non si fé con usura
Duccio non si fé con usura
né Pier della Francesca o Zuan Bellini
né fu la “Calunnia” dipinta con usura.
L’Angelico non si fé con usura, né Ambrogio de Praedis,
Nessuna chiesa di pietra viva firmata: Adamo me fecit.
Con usura non sorsero
Saint Trophime e Saint Hilaire,
Usura arrugginisce il cesello
arrugginisce arte e artigiano
tarla la tela nel telaio, non lascia tempo
per apprendere l’arte d’intessere oro nell’ordito;
l’azzurro s’incancrena con usura; non si ricama
in cremisi, smeraldo non trova il suo Memling
Usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane drudo,
cede il letto a vecchi decrepiti,
si frappone tra i giovani sposi


CONTRO NATURA
Ad Eleusi han portato puttane
Carogne crapulano
ospiti d’usura.

vanni fucci
04-08-10, 12:27
Ezra Pound (circa 1941, Meridiani, I Cantos p. 821)

Addenda
Il Male è Usura, neschek
Il serpe
neschek il cui nome si conosce, profanatore,
oltre la razza e contro la razza
il profanatore
Tόxoς, hic mali medium est
Il nocciolo del male, l’inferno che brucia senza tregua,
il cancro che tutto corrode, il verme Fafnir,
Sifilide dello Stato, di ogni regno,
Porro del pubblico bene,
Tumore che guasta ogni cosa.
Buio profanatore,
Gemello d’Invidia,
Idra dalle sette teste, che tutto permea,
E varca portali dei templi, profana il Santuario di Pafo,
neschek, il male strisciante,
viscido corruttore d’ogni cosa,
Che avvelena la fonte,
ogni fonte, neschek
Il serpe, che insidia fertilità di Natura
Insidia la bellezza…

Avamposto
04-08-10, 12:28
Ezra Pound

Oro e lavoro

da: Lavoro ed usura: tre saggi,

All'insegna del pesce d'oro, Milano 1972

Lunedì 30 Gennaio 1933 (anno XI) alle ore 17,30 l'autore delle note che seguono portò ad un
personaggio del governo italiano una lista di 18 punti, che, dopo un decennio, furono pubblicati sul
«Meridiano di Roma» col risultato che il detto «Meridiano» fu escluso dalle poste degli Stati Uniti d'America.

Certe idee sono sgradite fra i liberali.
La bibliografia dell'autore contiene, oltre opere di carattere non economico, centinaia di lettere ed articoli sulla moneta, libri ed altri opuscoli fra i quali:

A. B. C. of Economics. Londra, 1933
Jefferson and/or Mussolini 1935
Social Credit, An Impact. I935
What is Money For? I939

In Italiano:
Confucio, Studio Integrale (in collaborazione con Alberto Luchini)
Carta da Visita (Edizioni: Lettere d'Oggi)
Collaborazione al Meridiano di Roma, Rassegna Monetaria, ecc.


Leggi il documento in pdf a questo link:

http://www.fiammacanicatti.it/libri/Ezra%20Pound%20oro%20e%20lavoro.pdf

Avamposto
04-08-10, 12:29
Pound, il poeta contro l'usura


di Luciano Lanna - 23/10/2008

Fonte: Roberto Alfatti Appetiti (Blog) [scheda fonte]



Quando qualche mese fa Lawrence Ferlinghetti, uno dei monumenti viventi della poesia del Novecento, è venuto a Roma, in Campidoglio consegnava all’appena eletto nuovo sindaco Gianni Alemanno una fotografia davvero significativa con lui, ritratto nella Capitale, che indica una lapide con una scritta “contro l’usura”. C’era la romanità e c’era l’omaggio allo spirito del suo conclamato maestro, Ezra Pound. E il primo cittadino di Roma commentava: «Quella di Ferlinghetti e quella di Pound rappresentano esperienze fondamentali di alternativa al dominio del pensiero unico testimoniato dalla globalizzazione». Per la forza delle solite coincidenze significative un libro che ha fatto tanto discutere negli ultimi mesi – ’68, l’anno che ha fatto saltare il mondo (Mondadori, pp. 448, euro 18) – l’autore, lo storico Mark Kurlansky faceva premettere la sua introduzione da una significativa citazione proprio di Ezra Pound: «Uno dei piaceri della mezza età – annotava il poeta – è scoprire di aver avuto ragione, e di aver avuto tanta più ragione di quanto non si sospettasse a un’età come diciassette anni o ventitré». E in uno dei capitoli più interessanti del saggio si spiegava come il grande poeta americano resta come uno dei punti fermi «nella biblioteca della generazione del 1968». Se non ci fosse stato Ezra Pound, si precisava, «non ci sarebbe stato Eliot e non ci sarebbero stati Dylan Thomas e Lawrence Ferlinghetti e Allen Ginsberg...». Lo confermava Francesco Guccini nel suo contributo – “Bologna, Dylan e i Provos” – al bel libro collettivo curato da Walter Veltroni Il sogno degli anni ’60: «Mentre facevo il militare mi comperai un eskimo... Gli anni ’60 erano per noi gli anni del nouveau roman francese, avevamo la mania di Eliot e di Ezra Pound...». In Italia, come negli stessi Stati Uniti. Ne I vagabondi del Dharma, il libro più pregnate e incisivo di Jack Kerouac, Japhy, la figura centrale del romanzo – modellata sulla figura di Gary Snyder, poeta beat e futuro ecologista militante – a un certo punto deve rispondere all’amico Alvah che gli chiede: «Che sono tutti questi strani libri? Ehm, Pound, ti piace Ezra Pound?». E Japhy risponde senza esitazione: «Era un buon diavolo, anzi è il mio poeta preferito». E da allora il nome di Pound, il grande talent scout del Novecento, il poeta che aveva aiutato, promosso e lanciato nomi come Eliot e William Butler Yeats, Hemingway e James Joyce, ha circolato con sempre maggiore frequenza nella cultura non solo accademica. Ancora recentemente Patty Pravo ha ricordato – nella sua autobiografia e in un’intervista – i tanti pomeriggi da lei trascorsi ad ascoltare musica in compagnia del vecchio poeta autoesiliatosi a Venezia. E di Ezra che passeggiava per i calli della città lagunare si può leggere anche nel libro che Vincenzo Mollica ha dedicato a Hugo Pratt e Corto Maltese. Non solo: di Pound parlano esplicitamente sia il giornalista Massimo Fini nel suo libro di dieci anni fa Il denaro, sterco del demonio (Marsilio) che il filosofo Giulio Giorello, il quale ricorre abbondantemente alla lezione poundiana – parlando anche della passione del poeta per Walt Disney – nel suo Prometeo, Ulisse, Gilgames. Figure del mito (Raffaello Cortina editore, pp. 350, euro 19,80). Per non dire di Roberto Benigni che recitando La Divina Commedia dantesca in piazza Santa Croce a Firenze – «Dante, l’uomo che fustigava la Wall Street del trecento», ha ammesso – non è riuscito a trattenersi dal citare il verso più famoso di Pound: «Quello che veramente ami rimane / Il resto è scorie / quello che veramente ami non ti sarà strappato / Quello che veramente ami è la tua vera eredità /... Strappa da te la vanità / Ti dico, strappala». Non molti anni fa, d’altronde, in un lungo e autorevole articolo sulle pagine culturali del Corriere della Sera Sergio Romano, l’ex ambasciatore e storico, definiva il poeta americano la bandiera di coloro che ripudiavano la logica della globalizzazione e una visione solo economicistica dell’Europa. E alla fine degli anni Ottanta è stato un economista irregolare come Geminello Alvi, autore di ricondurre l’economia alle sue scaturigini filosofiche e spirituali, a rivalutare nel suo Le seduzioni economiche di Faust (Adelphi) l’interpretazione poundiana dell’economia: «Quando si sappia distaccarsi – scriveva – dal fanatismo delle utopie trascorse, e quindi anche dal fanatismo d’insegnare la democrazia che ammala gli americani, si è adatti a pensare uomini come Ezra Pound. Poeta rinchiuso, solo per le sue idee, dodici anni in un manicomio criminale negli Stati Uniti da una di quelle periodiche esplosioni di fanatica intolleranza che pregiudicarono anche Melville». E, a quel punto in un saggio poetico in cui la chiave del sistema economico e finanziario moderno venivano individuate non sulla base di Adam Smith e Karl Marx ma attraverso Goethe, Adriano Olivetti, Rudolf Steiner e, appunto, Ezra Pound, Alvi introduceva il significato epocale dell’interpretazione poundiana dell’economia moderna: «Pound s’occupo d’economia dedicandosi soprattutto alla ricerca di una riforma economica capace di liberare l’economia dalle prevaricazioni della Haute Finance internazionale [...] Ezra Pound nella sua universale cultura filologica aveva ben chiari il denaro dell’antichità e le sue istituzioni, e non meno presenti gli erano i rimedi all’usura e alla speculazione dell’antichità...». Ecco, per tanti anni del poeta – nato a Hailey, nell’Idaho, nel 1885 e morto nel giorno di Ognissanti del 1972 a Venezia, dove riposa sepolto nell’Isola di San Michele, vicino alle tombe di Stravinskij e di Diaghilev – se ne parlò solo come di un genio delle lettere, di un esteta bizzarro ed eccentrico, e in quanto tale impolitico e sognatore. Eppure quando Pound parlò ripetutamente dei suoi Cantos – l’Odissea del Novecento – come di «un poema che include la storia» e quando concepiva il percorso comune in cui poesia, economia e storia si fondono in un unico prodotto estetico, compiva un’operazione filosofica di circolarità del sapere che entrava in totale rotta di collisione con la visione frammentata e parziale dei ”distinti” di Benedetto Croce. Pound si poneva consapevolmente oltre la visione crociana che pone l’autonomia e la separazione delle singole asfere della spiritualità umana: da una parte l’immaginario, dall’altra la politica, da una la poesia, dall’altra, appunto, l’economia. Ha sottolineato Mary de Rachewiltz, figlia del poeta: «Da due millenni si recita “rimetti a noi i nostri debiti”. La preghiera ci fu insegnata da colui che disse “Date a Cesare quello che è di Cesare” e che scacciò gli usurai dal tempio. E prima di Cristo, Confucio e Aristotele, per citare solo due dei filosofi che hanno influenzato Pound, e poi innumerevoli Padri della Chiesa e poeti, da Dante a Shakespeare a Goethe, hanno puntato il dito contro gli accaparratori, i falsari, gli usurai. Ma nessuno quanto Ezra Pound ha tentato di sviscerare i problemi inerenti alla distribuzione, alla natura del denaro e alla relativa terminologi». E fu un fatto che fece scandalo. «Un poeta – aggiunge la figlia Mary – doveva occuparsi di poesia e basta. E con l’intento, forse, di depistare i curiosi e di non essere infastiditi, gli “esperti” accusarono Pound di confusione, di fascismo...». Eppure, la sua visione dell’economia non emerge dai soli scritti tematici – Abc dell’economia, Lavoro e usura, A che serve il denaro? – ma anche dal suo capolavoro, i Cantos. «Infarcite – ha scritto Luca Gallesi, uno dei più autorevoli studiosi italiani del pensiero poundiano – di citazioni in tutte le lingue, di geroglifici egizi, di ideogrammi cinesi e persino di note musicali, le pagine dei Cantos traboccano di riferimenti alla giustizia economia e sociale che ha ispirato in ogni tempo uomini politici e di cultura, animati da un profondo senso etico». Anche perché tutti questi riferimenti non erano per Pound sfoggio di erudizione: lo scopo della letteratura, a suo dire, era «incoraggiare l’umanità a continuare a vivere, liberare l’animo dalla tensione e nutrirlo» e per fare ciò la poesia non doveva astrarsi dalla vita quotidiana e dalle condizioni economiche dell’esistenza. I Cantos si collocano, insomma, in una concezione nuova, ampia e simultanea, di poesia, mirando a un genere epico al cui centro c’è la riflessione sull’esito dell’intera civiltà. E l’opera corrispondeva all’idea giovanile del poeta – quando contemporaneamente leggeva le teorie eretiche degli economisti Silvio Gesell e Clifford Hugh Douglas – di comporre un «poema epico sull’Occidente». E se il suo modello era Dante, come la Commedia costituisce una sintesi della cultura medievale sintetizzata nella luce di una visione personale, così il poema di Pound aveva in sé l’ambizione di raccogliere in un solo affresco una lettura del ’900 come estremo sviluppo della civiltà occidentale che, in un processo ciclico di ininterrotte metamorfosi, ha conosciuto stagioni luminose come la Grecia classica, il medioevo di Dante e Cavalcanti, il Rinascimento italiano, la vecchia America di Thomas Jefferson e John Adams. A differenza del poema dantesco, però, il cui filo rosso è costituito dalla teologia, i Cantos si definiscono soprattutto attorno attorno alla sintesi di storia, antropologia, politica e arte il cui elemento unificante è proprio l’economia. È un concetto che si fondava sulla convinzione poundiana che lo sviluppo ciclico dell’umanità nella civiltà occidentale sia dovuto a una sintesi di condizioni sociali e rapporti economici strettamente connessi a una consapevolezza etica che, nel loro insieme, costituiscono il paideuma da cui fiorisce ogni cosa, da una politica giusta e bella, alla finezza della parola, alla potenza dell’arte. Il paideuma – termine ripreso dall’antropologo Leo Frobenius – definisce l’elemento “cultura” che nella visione poundiana si contrappone al polo opposto: l’“usura”. Scriveva il poeta nel saggio Carta da visita: «Nella storia troviamo due forze: una che divide, spezza e ammazza, l’altra che contempla l’unità del mistero... Una forza falseggia. Una forza distrugge ogni simbolo figurato con precisione, e trascina l’uomo nelle discussioni astratte». È stato Giano Accame – spinto anche dalle sollecitazioni a indagare l’aspetto economico dei Cantos da parte di un poundiano doc come Antonio Pantano – a pubblicare nel 1995 Ezra Pound economista. Contro l’usura (Edizioni Settimo Sigillo, pp. 262, euro 20) in cui questa dimensione è emersa in tutta la sua evidenza. È nella quinta decade dei Cantos che – alla luce degli studi poundiani sugli Statuti del Monte dei Paschi di Siena – emerge a tutto campo la sua diagnosi sull’economia mondiale. Pound, infatti, aveva scoperta che nell’istituto di credito toscano –risorto nel 1622 con l’impegno, poi fissato negli Statuti, di mantenere gli interessi al 5 per cento – l’erogazione del credito era aperta a chiunque garantisse di adoperarlo per scopi socialmente apprezzabili, distinguendosi in questo modo dalla logica speculativa – e usurocratica – con cui settant’anni dopo sarebbe sorta la Banca d’Inghilterra. Lo spiegò bene lo stesso Pound: «Il Monte dei Paschi trovò e mise in atto le basi valide del credito, e cioé: 1) l’abbondanza della natura; 2) la responsabilità di tutto il popolo». Il poeta introduce questa politica bancaria all’interno della più generale «prima rivoluzione populista moderna» messa in atto in Toscana da Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena che realizzava il miracolo di un sistema bancario fondato sull’abbondanza della natura, sulla capacità del popolo di produrre, sulla fertilità che crea il “credito” della nazione. L’esempio opposto era invece costituito dalla Banca d’Inghilterra nei cui statuti si leggeva: «Il banco trae beneficio dall’interesse sui tutta la moneta che crea dal niente», permettendo così a poche persone di diventare ricche senza usare denaro. Questo modello economico, quello finanziario, s’identificava quindi non con la natura (fertilità) ma con l’usura (sterilitè) che idolatra il denaro creato magicamente dal nulla e per pochi. E da allora i due grandi protagonisti della polemica poundiana diventano il grano e l’oro: «Il metallo dura, ma non si riproduce. Seminando l’oro non si raccoglie oro moltiplicato». Esso, soprattutto, «non germoglia come il grano». Il ”male” dell’economia finanziaria è insomma lo stesso denunciato, già nel 1816, da uno dei riferimenti di Pound, Thomas Jefferson: «Siamo indotti a credere che dei prestigiatori che fanno trucchi con la carta possano produrre una ricchezza solida quanto il duro lavoro sulla terra. `È vano, alla luce del senso comune, sostenere che niente opossa produrre altro che niente; questo è il regno pazzo della pietra filosofale che trasforma ogni cosa in oro». Aggiungeva Ezra Pound: «La scienza moderna è riuscita a moltiplicare la possibilità della ricchezza; la scienza, controllata e pungolata dalla volontà politica, deve risolvere l’altro problema: il problema della ricchezza, in modo che non si verifichi più l’evento illogico, paradossale e al tempo stesso crudele, della miseria in mezzo all’abbondanza». È proprio vero: nessuno meglio di lui – un poeta geniale e visionario – descrive la stessa crisi finanziaria dei nostri giorni.




Pound, il poeta contro l'usura, Luciano Lanna (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=21902)

Avamposto
04-08-10, 12:29
http://angelopetrachi.ilcannocchiale.it/mediamanager/sys.user/57500/ezra_pound.jpg

Avamposto
01-10-10, 19:35
Omaggio a Ezra Pound, il Poeta del Novecento (I parte)

di Antonio Pantano - 03/11/2006



Fonte: Rinascita



Ezra Weston Loomis Pound (30 ottobre 1885 - 1 novembre 1972), poeta, musicista e critico (rivelatore, con Olga Rudge, della maggior quantità di opere di Antonio Vivaldi). Insieme a Thomas Stearns Eliot, fu una delle figure di spicco del modernismo e della poesia di inizio ventesimo secolo. Costituì la forza trainante di molti movimenti modernisti, principalmente dell’imagismo e del vorticismo. Poliedrico, indagatore in ogni direzione dello scibile umano, sinologo, critico letterario, promotore di artisti e movimenti d’avanguardia, storico, scrutatore e “rivoluzionario” dell’economia e della finanza (con riscontri, dagli anni ‘90 del XX sec. in studi universitari sopratutto italiani).
Il critico Hugh Kenner così disse del suo incontro con Pound: «Compresi subito di trovarmi davanti al centro del modernismo».

Primi anni e i contemporanei
Nacque il 30 ottobre 1885 a Hailey, Idaho, ove il padre era occasionalmente giudice fondiario. Iniziati gli studi, si prefisse, da adolescente, di essere poeta. Nel 1898, con una zia, visitò l’Europa. Studiò alla “Cheltenham High School”, all’università di Pennsylvania e al Hamilton College di Clinton, vicino New York, ove conobbe e frequentò Williams Carlos Williams ed H.D. (Hilda Doolittle), che fu suo primo amore. Visitò altre due volte l’Europa. Nel 1907, insegnante di letteratura spagnola e francese al Wabash College (Indiana), fu costretto alle dimissioni per “contegno troppo disinvolto”. Nel 1908, 80 dollari in tasca, approdò la quarta volta in Europa, stabilendosi prima a Venezia, ove pubblicò “A lume spento”, opera prima di composizioni poetiche. A fine anno, via Parigi, si stabilì a Londra, ove resterà 12 anni.

Londra e gli approdi a grandi livelli
Eclettico per indole, curioso in ogni direzione, pubblicò molto durante la permanenza londinese, non trascurando indagini filologiche nella letteratura anglosassone e, soprattutto, romanza. Nel 1909 conobbe William Butler Yeats, la di questi amica Olivia Shakespear e, mediante loro, irromperà nei circoli culturali incontrando Ford Madox Ford, Wyndham Lewis, Thomas Hardy, Henry James. I riferimenti d’ordine poetico furono rapide tappe della sua creazione, che subirà notevole scossa dal riordino dell’archivio del defunto sinologo Ernest Fenollosa, utili per apprendere, autodidatta, gli ideogrammi cinesi ed applicarsi alla morale confuciana. Iniziò il lungo sodalizio con James Joyce, che avrà corpo nell’incontro a Sirmione (1920). Si applicò con acuta attenzione ai fenomeni economici e alla loro storia; intraprese la sua maggiore, ciclopica, opera “I Cantos”. Nel contempo, lo scultore d’avanguardia Henry Gaudier-Brezska (immortalato nel film di Ken Russel “Savage Messiah”, anni ‘60) modellò la famosa “Testa ieratica”, oggi visitabile presso la Fondazione Cini all’isola di San Giorgio a Venezia e nel castello di Brunnenburg (di proprietà dei principi de Rachewiltz) nel comune di Tirolo, a monte di Merano (ove sono due copie). Nel 1914 varò l’Imagismo ed il Vorticismo (espressione britannica del Futurismo di F.T.Marinetti). Il modernismo inglese filtrò attraverso l’attivismo e l’invenzione poetica e civile di Marinetti, agitato da Pound, fautore della centralità dell’individuo rispetto ai limiti e canoni dominanti. Nel 1914 sposò Dorothy Shakespear, artista sensibile, figlia di Olivia. Anno d’inizio della Grande Guerra, nella quale, volontari, cadranno anche T.E.Hulme ed Henry Gaudier-Brzeska, cui Pound dedicherà l’omonimo “H. G.-B. : A memoir”. Pubblicò anche opere di filologìa cinese e teatro giapponese, oltre suoi poemi, collaborando anche a riviste nella qualità di critico musicale, occasione per l’incontro con la violinista Olga Rudge.

Parigi. La “festa mobile”, e la scelta italiana
Nel 1920 abbandonò la borghesissima oligarchica conservatrice Londra per Parigi, pulsante scena per avanguardie culturali ed avanguardisti. Frequentò, così, Brancusi, Picabia, Braque, Hemingway (che testimonierà “Io gl’insegnai a tirare di pugilato e Pound a me ciò che si doveva e non si doveva scrivere”, immortalando quel tempo in “Festa Mobile”), Picasso, Cocteau, Tristan Tzara, Satie. Introdusse James Joyce a Sylvia Beach, proprietaria della famosa libreria Shakespear & Co., che diverrà editrice di “Ulysses”, dedicato ad Ezra Pound “in senso di gratitudine” nel 1922. Colà ridusse alla metà il manoscritto - 800 versi - di “The waste land” di T.S.Eliot, che lo eleggerà Miglior Fabbro . Organizzò, riuscendovi, l’abbandono dall’impiego bancario di Eliot, per permettergli di svolgere totalmente, senza problemi di sopravvivenza,l’attività di Poeta. Sotto la guida di Olga Rudge e George Antheil “the bad boy of music”, apprese la scrittura musicale e compose la prima opera Le Testament, da F.Villon, e molti brani per violino solista. Per un lungo viaggio insieme con amici artisti ed Olga Rudge - 1924 - tornò in Italia, stabilendosi poi con la moglie a Rapallo, centro di soggiorno e cultura di calibro internazionale, “ove si fermano gli espressi per Parigi”. L’Italia era assai differente dal “paese ove tutto si poteva noleggiare, anche i ministri del governo”, e Rapallo fu apertissima alle innumerevoli iniziative promosse da Pound soprattutto in campo musicale, con i famosi “concerti estivi ed invernali”.
Ma, luglio 1926, nella Salle Pleyel di Parigi, presenti Cocteau, Satie, Eliot, Hemingway, Joyce ed altri, eseguì la prima de “Le Testament”, avendo esecutori Olga Rudge, George Antheil e sé stesso. Il governo fascista diede all’Italia ruolo di rilievo mondiale, con profonde rapide riforme interne, pareggio del bilancio statale in un anno, apprezzamento soprattutto di Usa, Gran Bretagna, URSS, soluzione del gigantesco debito per l’apporto nella Grande Guerra degli USA, impulso vigoroso alla scuola, all’educazione nazionale, all’urbanistica (creazione di oltre 100 città nuove), alle arti, alla stampa (vendite dei quotidiani identiche a 70 anni dopo), imposizione dell’industria aeronautica con moltissimi primati mondiali e leggendarie trasvolate oceaniche, redenzione di terre malsane con bonifiche in Italia e nelle colonie d’oltremare. Interventi rilevati da Pound, nell’ottica delle basi economiche e monetarie che animeranno i “Cantos”.

Il ventennio italiano
Da Olga Rudge - luglio 1925 - ebbe la figlia Mary. L’anno dopo la moglie Dorothy, in Gran Bretagna, mise al mondo Omar. Gli anziani genitori lo raggiunsero a Rapallo dagli USA. Stabilito con la moglie in un minuscolo appartamento attico nel centro di Rapallo - mèta di amici (Yeats, premio Nobel 1924, vivrà accanto a lui per due anni), studiosi, studenti (si costituì il mito della “Ezuniversity”) - fu attivo in musica, in iniziative anche locali (redazione della pagina culturale de “Il Mare” di Rapallo), e progredì nella stesura dei Cantos (al maggio 1945, fine della guerra, saranno 73) e delle indagini d’ordine economico. Promosse i famosi “Concerti di Rapallo”, animati anche dalle esecuzioni di Olga Rudge, accasatasi sulla collina dell’adiacente Zoagli. Concretò la “Vivaldi Renaissance”: 400 composizioni del Prete Rosso riesumate, trascritte, catalogate e fatte eseguire da Olga anche all’Accademia Musicale Chigiana di Siena, ove la violinista era Segretaria-Direttrice. Pubblicò negli Usa ed in Gran Bretagna “Guide to Kulchur”, e nel mondo innumerevoli articoli di varia natura, soprattutto economico-finanziaria. Consolidò amicizia con Marinetti e molti intellettuali italiani (Cornelio Di Marzio, Malaparte, Giorgio Levi, Aldo Camerino, Manlio Torquato Dazzi, Linati,ecc.). Come i più importanti uomini del tempo (Gandhi, Eden, Churchill, Hitler, Laval, Chamberlein, tra i politici), il 30 gennaio 1933 visitò Mussolini a Palazzo Chigi, proponendogli di non far pagare le tasse ai cittadini sopperendo con imposizione fiscale sul denaro creato ed emesso dalla banca centrale. Concetto MAI afferrato ancor oggi da critici letterari ed economisti, che condusse costoro a fraintendere la reazione del Duce, posta ad introduzione da Pound del Canto 41°. L’apologìa ed interesse di Pound per Mussolini ed il Fascismo non fu superiore a quella di moltissimi uomini importanti del tempo, ed inferiore alla totalità degli intellettuali italiani e di coloro che, caduto il Regime, si trovarono poi al potere. Nelle ferme prese di posizione poundiane contro le guerre volute dagli usurai ed i signori del denaro (frutto dello studio dell’origine della Bank of England e della stima per gli “eretici dell’economia”) fu, da malinformati ed in malafede, imbastita la taccia di radicale antisemitismo, accostata alla non solitaria (Charles Lindberg, Joseph Kennedy, padre di J.F.K.) posizione avversa a Roosevelt, per le non mantenute promesse sociali e per la seconda guerra mondiale in corso, garantita come estranea agli USA. Nella primavera 1939, a proprie spese, tornò in Patria per tentar di convincere il presidente Roosevelt a non fomentare e scatenare l’aleggiante conflitto, necessario a corollario della ripresa produttiva ed economica americana, dopo la depressione del 1929. Nel 1942, interrotti i discorsi, in lingua inglese, alla radio italiana,contro usurai e guerre, le autorità consolari statunitensi in Italia non gli concessero di rimpatriare con le famiglie, propria e paterna. Durante la R.S.I. (ottobre 1943-aprile 1945) pubblicò scritti di etica, economia, moneta, morale anche su giornali, e compose gli unici due Cantos Italiani: 72°, dedicato alla morte di F.T.Marinetti, e 73°, dedicato a Guido Cavalcanti (sul quale aveva approntato la seconda opera musicale, eseguita postuma a San Francisco dal Maestro Robert Hughes nel 1983) ed alla “Eroina di Rimini”, giovane donna italiana che fece olocausto della vita per la Patria, conducendo in campo minato un drappello di militari Alleati intenti alla conquista di Rimini, completamente distrutta, anche nell’amato (da Pound) Tempio Malatestiano. Consegnato da due opportunisti italiani (miraggio di taglia) ai militari USA il 3 maggio 1945, dopo un mese di incertezze, fu recluso nel campo di sterminio DTC di Metàto, presso Pisa, ove per 25 giorni riuscì a sopravvivere in gabbia per condannati a morte, esposto alle intemperie, ed alimentato come una bestia. Crollato fisicamente, accudito in infermeria, per oltre 4 mesi fu scrivano per i compagni americani di reclusione. Concessogli il testo degli “Analetti Confuciani”, che aveva in mano al momento della cattura in casa, si applicò alla traduzione dal cinese, a memoria, ed alla formulazione dei Pisan Cantos (dal 74° al 84°). A fine novembre, con un estenuante viaggio in aereo su mezza Europa, Atlantico Centrale, Caraibi, fu trasferito a Washington, ove l’istruttoria di un procedimento giudiziario - sotto il pretesto indimostrato di “tradimento della patria” - lo obbligò ad un anno di isolamento tra pazzi furiosi in manicomio criminale, e ad altri 12 anni di reclusione manicomiale, senza mai regolare processo e sentenza.

Al St. Elisabeth Hospital di Washington
A sua insaputa, in singolare coincidenza con l’arresto di Mussolini, 25 luglio 1943, fu formulata a Washington accusa di tradimento a carico di Pound, col pretesto dei discorsi alla radio italiana. Finito nelle mani delle forze armate del suo paese, Pound fu costretto a 13 anni di reclusione rieducativa in manicomio criminale, senza processo formale e sentenza di condanna. Certamente non caso isolato per poeti e pensatori. In Norvegia Knut Hamsun e L.F.Celine in Danimarca subirono identica sorte. In Italia fu assassinato Giovanni Gentile e in Francia fucilato Robert Brasillach. Nell’URSS la situazione fu più radicale, per “purghe” precedenti di decenni la seconda guerra mondiale. Tutti per le loro opinioni. Pound ebbe condotta lineare : criticò fermamente il governo di Roosevelt, cui addebitava la connivenza con i produttori di acciaio e fabbricanti d’armi, per risollevare gli USA dalla depressione monetaria del 1929, e cui rinfacciò (anche Prezzolini, residente a New York, espresse identico indirizzo) il tradimento della piattaforma elettorale del 1940 (“non una goccia di sangue americano verrà versata nella guerra in corso in Europa”). In realtà, la dura opposizione allo strapotere bancario, gestito da individui senza patria, fu costo addebitato a Pound da quel sistema [“le guerre le vogliono gli usurai”], che, nel frattempo, ferveva anche nel progetto di arma atomica da usare nel corso del conflitto (progetto Manhattan). Giuridicamente, oggi si accerta che Pound fu recluso per differenti motivi da quelli addebitatigli dalla faziosità superficiale di chi, a vittoria concretata, sposò la causa dei vincitori. Tra questi, l’equivoco che, alla stregua di F.T.Marinetti e di Carlo Alberto Biggini (ministro dell’Educazione Nazionale nella RSI) Pound possedesse documenti mussoliniani, che, per il ruolo marginale avuto nelle cose italiane, mai avrebbe potuto custodire. L’antisemitismo è ancora arma facile di chi nulla studiò dell’opera di Pound, e, nel calderone dei luoghi comuni, attinge in tal direzione, confondendo ad arte la lotta poundiana contro le oligarchie di usurai e prevaricatori (protestanti, cattolici, islamici, buddisti, ebrei, ecc.), con le etnie più adiacenti a tali nemici dell’umanità. Gli “economisti ortodossi” ignorano l’opera ed il pensiero di Pound, e, pappagalli, ripetono anatemi ridicoli e risibili. Ma l’insistenza perdura, solo per assecondare, nella realtà, i monopolisti del denaro oltre ogni morale. Nel 1948, recluso in manicomio, i “Pisan Cantos” (sezione concepita e redatta nell’inferno di Metàto, a Pisa)ricevettero il Premio Bollingen della Library of Congress USA. La sezione pisana dei Cantos è vetta e paradigma della poesia moderna, in sintonia con le tecniche letterarie di Celine e di Joyce. Rotto il ghiaccio, Pound poté ricevere, nella reclusione, visita di artisti, studiosi, seguaci, amici: Eliot, Cummings, Williams, Marianne Moore, e tra i giovani: Robert Lowell, James Laughlin (che, con “New Directions”, fu suo editore), Sheri Martinelli, e molti altri. Mai s’interruppe la stesura dei Cantos, cui s’affiancò intensa opera di traduzioni. Va ricordato che, nel 1948, appena eletto al Parlamento italiano, lo scrittore Dino Del Bo presentò al governo una interrogazione sulla prigionìa negli USA di Pound, e fu apostrofato da Giancarlo Pajetta, ignorante qualità e valore del Grande. Una campagna in favore di Pound fu attivata dalla Radio Vaticana da un commentatore portoghese, raccolta nel mondo da molti uomini di cultura di animo libero. L’amministrazione Eisenhower fu costretta a render libertà al Poeta il 18 aprile 1958, ma, con perfidia burocratica, lo privò dei diritti civili, affidandolo in custodia e tutela, a 73 anni, alla moglie. In luglio poté abbandonare gli USA per l’Italia, commentando: “In quale altro luogo si sarebbe potuto vivere in America, se non in manicomio?” Sbarcò a Napoli, non immaginando che gli italiani si erano adeguati, opportunisticamente, a convenienze nuove.

L’Italia: Brunnenburg, Roma, Zoagli, Venezia
A Brunnenburg, nel comune di Tirolo, a monte di Merano, abitava l’egittologo Boris de Rachewiltz che aveva sposato Mary, figli di Pound ed Olga Rudge. Fu naturale alloggio per il Poeta, ma costretto, dalla privazione dei diritti civili, a viverci con la moglie, Dorothy Shakespear, che con Mary non aveva relazione. Perfidia strumentale della burocrazia. I Cantos si svilupparono nuovamente, nell’ultima più profonda e significativa parte, che mai si distaccò dalla linea di partenza: la “difficoltà del bello”, alla ricerca d’un Paradiso in terra negato da “destroyers”, “distruttori”, non uomini. Visse tra Brunnenburg, Roma, Zoagli, Rapallo e Venezia, attorniato dagli affetti familiari, riapparsi anche per mezzo di Olga Rudge, che lo sostenne in momenti di difficoltà fisiche. Non ebbe rapporti con l’ufficialità e la politica italiana. L’incontro con Junio Valerio Borghese, leggendario sommergibilista affondatore in guerra, lo disilluse definitivamente circa un riscatto italiano dalla rassegnazione post bellica. Visse brevemente a Roma con Ugo Dadone, “il Lawrence italiano”, e l’unico uomo politico che lo avvicinò fu Pino Romualdi, intellettuale e parlamentare. Nel 1964, Giancarlo Menotti valorizzò il Festival dei Due Mondi di Spoleto rappresentando l’opera musicale “Le Testament” di Pound, e nel 1965 lo pose al centro del Festival Internazionale dei Poeti, ossequiato da Nobel e dominanti delle letteratura di tutto il mondo. Nell’occasione, Pier Paolo Pasolini si accostò a Pound rimanendo affascinato. Il friulano ribaltò il pregiudizio avverso del 1953, quando fustigò l’uscita italiana dei “Pisan Cantos”. Olga Rudge lo assistette radicalmente nell’ultimo decennio di vita. Nel 1969 fu invitato negli USA trionfalmente, per raccogliere onori e privilegi prima negatigli. Nel 1970 Pasolini realizzò un memorabile documentario-intervista a Pound per RAI-tv, col quale indicò la propria tardiva riconoscenza. In Italia il fascino di Pound non proruppe, condizionato dai pregiudizi di fazione partitica, ma molto si sviluppò, nel campo degli studi della sua gigantesca opera. Morì a Venezia il 1° novembre 1972. Riposa nel locale cimitero all’isola di San Michele, con accanto Olga Rudge, sopravvissutagli 26 anni. “Night Lithany” non ebbe più grande riconoscimento. Il cimitero è mèta frequente di visitatori da ogni parte del mondo.





Omaggio a Ezra Pound, il Poeta del Novecento (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=6322)