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Avamposto
05-08-10, 01:43
Questione giudaica: la coerenza di Giorgio Bocca…



Tratto da Storia del Novecento, Anno VI, n.70, febbraio 2007 (in edicola) Storia del Novecento, Strada Vicinale della Pieve 11, 27010 Copiano, PV Tel. 0382 968151 Fax 0382 968093 Indirizzo posta elettronica: storiadelnovecento@tin.it



Archivio: Giorgio Bocca: "Primi passi da giornalista" "Coerente con le sue posizioni di sempre"?



Abbiamo virgolettato titolo e sottotitolo di questo servizio (richiestoci da numerosi lettori anche per via della rinnovata polemica con Giampaolo Pansa ed il revisionismo in generale), perchè si tratta in entrambi i casi di citazioni. La prima è tratta dalla presentazione di Bocca come autore del libro Il provinciale, Mondadori 1991; la seconda è presa da un giudizio su di lui nel corso di un'intervista - pubblicata sul Corriere della Sera il 21 dicembre scorso - in cui si scagliava contro i revisionisti. Dunque il risvolto di copertina de Il provinciale ci dice che Giorgio Bocca, "nel foglio di Giustizia e Libertà ha fatto, nell'immediato dopoguerra, i primi passi da giornalista". Non è esatto, perchè si dimenticano i numerosi articoli - due dei quali vengono per la prima volta qui riprodotti integralmente - che durante la guerra (e fino al 1943) il Nostro ebbe la soddisfazione di veder stampati in prima pagina de La Provincia grande - Sentinella d'Italia, Foglio d'ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo. In data 14 agosto 1942 Giorgio Bocca scriveva:





La Provincia grande. Sentinella d'Italia. Foglio d'Ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento. Cuneo

Anno II, numero 33, 14 agosto 1942, XX E. F.



Documenti dell'odio giudaico. I "Protocolli" dei Savi di Sion

di Giorgio Bocca



Sono i "Protocolli dei Savi di Sion" un documento dell'internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo Ebreo intende giungere al dominio del mondo. La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana. Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione. Il povero "gojm" o "gentile" così il testo chiama i non Ebrei, leggendo quei "Protocolli" rimane al tempo stesso stupito ed atterrito.

Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell'ombra ed al riparo di propizi paraventi.

Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo Ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo.

In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i "gentili" sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all'utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione. Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l'opera di dissolvimento.

I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell'aristocrazia e del clero. Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l'aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa. Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo.

Gli ebrei lanciano allora il grido: Libertà, eguaglianza, fratellanza". La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli Ebrei, padroni dell'oro, divengono i dominatori. Dice il testo: "Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito" e più oltre "l'abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni".

Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui "gentili" un'altra più affascinante utopia: il collettivismo.

Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano. Dice il testo: "Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l'individualità umana". Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste.

Non tutti i "gentili" - per sfortuna degli ebrei - sono stati però degli "ingenui" o "zucche vuote" come essi amano chiamarli. Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il Comunismo è un utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei). L'odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l'odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il Fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista può sorridere l'idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? E' certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo. Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù.



20/07/2008




Italia Sociale (http://www.italiasociale.net/storia07/storia200708-3.html)

Avamposto
05-08-10, 03:57
Bocca? E' stato fascista, razzista e antisemita
di redazionale - 26/10/2006

Fonte: ilrestodelcarlino





SCAMBIO DI VELENI DAL LIBRO “LA GRANDE BUGIA - LE SINISTRE ITALIANE E IL SANGUE DEI VINTI” (SPERLING & KUPFER)


Estratto dal libro 'La grande bugia', in cui Pansa attacca il collega-rivale Bocca
«Di Giorgio Bocca», dissi a Emma, «immagino che i nostri eventuali lettori sappiano quasi tutto, no?»«Mi stupisce che ne sia così sicuro», replicò lei. «Per esempio, io so soltanto che è un giornalista e uno scrittore, anche se non ho letto nessuno dei suoi libri…»
«Avevo ragione a considerarla la mia spalla ideale in questa impresa!» esclamai sorridendo. «Dunque, diamo a Giorgio quel che è di Giorgio. Nato a Cuneo, classe 1920, anche lui come Aniasi è stato un comandante partigiano, ma di Giustizia e Libertà, le formazioni del Partito d’Azione, medaglia d’argento della Resistenza, uno dei grandi del giornalismo italiano, autore di libri che lei non avrà letto, ma che hanno avuto successo.»

«È stato anche un mio maestro professionale, di quelli indiretti e, dunque, i più ammirati: li leggi da ragazzo, con la matita in mano per prendere appunti, nella speranza di diventare come loro e, chissà, di superarli. Abbiamo lavorato insieme al ‘Giorno’: lui da inviato numero uno, io da piccolo inviato in Lombardia. Poi alla ‘Repubblica’ di Eugenio Scalfari. E infine all’‘Espresso’. Ma collocandoci su posizioni sempre più distanti.»

«In che senso? Mi spieghi meglio», m’invitò Emma. «Prima devo farle una breve premessa. Quasi tutti gli esseri umani sono contraddittori. Cambiano opinione. Compiono azioni spesso molto in contrasto fra loro. Mutano idea sulle grandi come sulle piccole faccende. Noi giornalisti, a volte, viviamo di contraddizioni più degli altri, poiché il mestiere ci costringe a dire sempre in che modo vediamo le cose di questo mondo. Bene, Bocca non è stato soltanto un campione della carta stampata: è stato anche, e lo è ancora, un campionissimo delle contraddizioni.»

«Su questo terreno, l’Uomo di Cuneo ha battuto tutti. E si è rivelato anche un mago nel tentativo di far dimenticare le sue continue mutazioni. Ossia nel far sparire dalla memoria del pubblico il Bocca di ieri, per portare alla ribalta un altro Bocca, quello del momento, di oggi, in vista del Bocca di domani.»

«Oggi è un antifascista d’acciaio, ma prima di fare il partigiano è stato un fascista scaldato e anche un razzista antisemita. Oggi è tra i più aspri nemici di Silvio Berlusconi, ma ha lavorato per la televisione del Cavaliere e con ottimi contratti: ‘L’ho fatto per i soldi’, ha spiegato in un’intervista a Oreste Pivetta per ‘l’Unità’ del 14 marzo 2006. Oggi è antileghista, ma ha tifato per la Lega di Umberto Bossi: li chiamava i nuovi partigiani. Oggi difende i post-comunisti, ma è stato un loro avversario molto polemico. E sempre con lo stesso stile umano. Mi limito a definirlo sprezzante, e non voglio dire di più.»

«Provi invece a dirlo», mi sollecitò Emma. «Nei tanti mutamenti, l’Uomo di Cuneo ha sempre conservato intatto un connotato, quello iniziale, di quando era un giovane fascista: il carattere arrogante, del tipo pronto a manganellare con le parole chi non la pensa come lui o lo disturba con articoli e libri che lui non è in grado di scrivere. Con il passare degli anni, è diventato un vecchio signore che vuole sempre azzannare e farsi temere. Anche se il suo morso non fa più male.»

«Davvero ha definito i leghisti di Bossi i nuovi partigiani?» si stupì Emma. «Questo proprio non me lo ricordo. E le confesso che mi sembra incredibile.»«L’ha fatto, ne sia certa. Nel giugno 1993, quando i leghisti conquistarono il comune di Milano, Bocca spiegò a Renzo Rosati, di ‘Panorama’: ‘La Lega mi ricorda noi partigiani quando scendemmo dalle montagne’.»

«E sempre quell’anno, travolto da una confusione totale di epoche storiche e di personaggi, si spinse ancora più in là. Dicendo dei leghisti: ‘Loro sì che, per certi aspetti, mi rammentano i militanti del Partito d’Azione. Hanno una visione anglosassone della società. E una mentalità pragmatica, laico-protestante, quasi giansenista: non molto distante da quella dei Norberto Bobbio e dei Vittorio Foa di cinquant’anni fa’.»«Una cantonata», sorrise Emma. «Vedo che lei me la cita con gusto. Ne ricavo l’impressione che non siate mai stati amici…»

«Sì, è così. In gioventù ho sperato di esserlo, ma non ci sono riuscito, e ne sono contento. L’Uomo di Cuneo è l’esatto contrario del tipo generoso. Per lui, gli altri contano meno di nulla. Il suo mondo professionale ha sempre avuto un solo abitante con diritto di parola: lui stesso. L’ho scoperto presto e mi sono ben guardato dal bussare per esservi ammesso. Del resto, siamo sempre stati molto diversi. E anche lontani su alcune questioni che nel nostro mestiere hanno pesato molto.»



Bocca? E' stato fascista, razzista e antisemita (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=6146)

Avamposto
05-08-10, 03:59
Liberazione: Giorgio Bocca contro Pansa: è un voltagabbana bugiardo

E arrivano le reazioni a catena sul nuovo libro di Pansa - Il sangue dei vinti.


Totalmente fuori dalle righe quella di Giorgio Bocca, che si scaglia contro Bocca additandolo come "voltagabbana", servo di Berlusconi e "bugiardo"; si, perchè secondo il nostro riverito Giorgio, "Pansa racconta frottole e le racconta da quattro a cinque anni a questa parte perché ha capito che il clima è cambiato e cerca di cavalcarlo...robaccia e menzogne già scritte e riscritte."
Bene. Verifichiamo."La storia d' Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943 - 1988" di Paul Ginsborg dice :"ci fu un terribile regolamento di conti, e probabilmente 12-15 mila persone vennero fucilate nel periodo immediatamente successivo ( la Liberazione ndr )" .
Speriamo che Bocca non dia del bugiardo anche a Ginsborg perchè in fondo alla pagina 87, dove sono citate queste cifre, c'è una nota:"Il numero si basa sui dati forniti da G. Bocca, La Repubblica di Mussolini, Bari 1977, p.339".
E infatti andando in quel libro e a quella pagina, il Nostro scriveva:"Si può tranquillamente dire che la cifra più credibile è di 3000 in Milano e di 12000 - 15.000 in tutta l' Italia del Nord".
Pansa si è permesso di approfondire l'argomento e, tra fonti e testimonianze, ricostruisce 19.801 morti. Che non sono "la trentina di casi" di cui blatera ora senza vergogna.
Ed è sempre Bocca che, scrivendo una prefazione al suo libro sulla Rsi, dice :" Quando uscì nel '77 la prima edizone... non mancarono i rimproveri e gi sdegni del reducismo partigiano. Ritenevano disdicevole e quasi blasfemo che un comandante partigiano fosse andato a parlare con i "repubblichini"..del resto anche io per anni ero stato come prigioniero di questa paura della storia..da questa vicenda italiana risulta in modo evidente il limite alibistico e esorcistico di certo antifascismo: quello di immaginare un fascismo demonio che, allora come ora, giustifica tutte le nostre debolezze e richiama su di sè tutte le rampogne e tutti i rancori di una Italia democratica che vuole avere ad ogni costo la coscienza a posto.
Per la ragione elementare che spesso a posto non ce l'ha". Appunto.
Il Riformista, sibillino, annuncia novità nella sede romana dell' Espresso
Il Riformista - Libero
A seguire l'intervista di Liberazione a Giorgio Bocca


"Un libro vergognoso". Giorgio Bocca, classe 1920, decano del giornalismo italiano ed ex-partigiano (da giovane ufficiale divenne comandante di divisione nelle brigate di Giustizia e Libertà), è più che indignato. E', pur pacatamente, furibondo. Le anticipazioni del libro "Il sangue dei vinti" del suo più giovane collega Giampolo Pansa, col quale pure ha condiviso alcune esperienze giornalistiche, e le interviste da questi rilasciate lo hanno disgustato, "anche se è da un po' di anni che, con i suoi libri e i suoi articoli, appare sempre più interessato a compiacere la destra".

Il tuo è un giudizio molto duro. Sembra quasi una definitiva presa di distanza da un collega che è stato con te per anni a Repubblica e che è tuttora condirettore dell'Espresso, sul quale scrivi settimanalmente l'editoriale di apertura...

"Anche in questi tempi di opportunisti e voltagabbana, dovrebbe esserci un qualche limite, perlomeno di decenza e di dignità personale. Con questo libro, invece, Pansa si è voluto mettere in sintonia con gli istinti più bassi di una opinione pubblica ottimamente rappresentata dal Cavalier Berlusconi e con quanti come lui vogliono continuare a fare indisturbati i propri loschi affari con questo alibi: siamo scampati ai comunisti, dobbiamo costruire un regime anti-comunista. Ed ecco frotte di giornalisti, scrittori e intellettuali mettersi a disposizione, buttando cinicamente a mare le idee in cui avevano garantito di credere e sulle quali avevano campato sino ad ora, ottenendo in cambio qualche poltrona o l'elezione in Parlamento. Chissà se Pansa non crede in cuor suo di mettersi così sulla buona strada per diventare direttore del Corriere della Sera... ".

Pansa rivendica la sua credibilità di ricercatore, il suo diritto di scrivere storie rimosse, di rompere tabù, di aprire porte sbarrate, di dare la voce ai vinti, di raccontare la storia ignorata di ventimila morti, in gran parte innocenti e comunque colpevoli solo di essere iscritti al partito fascista.

"Sì, ho letto che vuole ristabilire la verità, per un dovere storico. Una sciagurata sciocchezza. La verità è che il suo libro è la copia conforme di ciò che sosteneva il fascistissimo Giorgio Pisanò, negli anni Cinquanta, sul "Candido", dove parlò addirittura di cinquantamila morti. Quando scrissi il mio libro sulla storia partigiana, andai a verificare allo stato civile di Torino, dove secondo Pisanò ci sarebbero stati diecimila morti ammazzati dai partigiani, i dati del 1945: non un morto in più rispetto agli anni precedenti.
Certo, ci furono dei fucilati. E ci mancherebbe altro. Quando entrammo nelle città, c'erano ancora i franchi tiratori che ti sparavano addosso. Perciò il governo legale del Cln aveva dato un ordine specifico: fucilare sul posto i fascisti sopresi ancora con le armi in pugno".

Ma Pansa non parla di combattenti in armi, parla di massacri, vendette e stupri, peraltro al 90% estranei sia alle imprese milanesi della "Volante rossa" sia al "Triangolo della morte" emiliano.

"Robaccia e menzogne già scritte e riscritte. Dalle cose che ho letto, viene fuori ad esempio che il federale torinese Giuseppe Solaro, impiccato a un albero, era un puro combattente per gli ideali. Lo stesso Solaro che, appena pochi mesi prima, scriveva a Mussolini per lamentarsi che gli squadristi fascisti erano troppo teneri con i dirigenti della Fiat accusati di boicottare il regime. Altro che vendette! Se allora avessimo perso, noi saremmo finiti nei campi di concentramento. Pansa racconta frottole e le racconta da quattro a cinque anni a questa parte perché ha capito che il clima è cambiato e cerca di cavalcarlo, di ricavarne almeno buoni diritti di autori, come con quell'altro suo precedente e altrettanto vergognoso libro, che ha venduto ottantamila copie".

Ma Pansa dice che se ne infischia del clima e delle ricadute politiche di ciò che scrive (così come è già avvenuto con "I figli dell'aquila" sui volontari della X Mas) e di aver già fatto la propria parte "dall'altra parte" (vedi "L'esercito di Salò" del 1969). Rifiuta persino di farsi iscrivere nella corrente del "revisionismo": al più, dice, il mio è "completismo". E comunque rivendica la propria onestà intellettuale.

"La verità è che siamo di fronte a un voltagabbana. A un personaggio politicamente inaffidabile. Io non credo che questa sua produzione non risenta di un clima in cui c'è Berlusconi, in cui c'è chi come Gianni Baget Bozzo chiede l'abolizione del 25 aprile, in cui ci sono i fascisti al governo, in cui praticare il "revisionismo", diciamo così, rende. Pansa è lo stesso che si laureò con una tesi sulla resistenza partigiana nell'Oltrepò pavese con Guido Quazza, comandante partigiano in Val Sangone e storico della Resistenza, e che grazie a quella tesi fu assunto dal partigiano Italo Pietra al Giorno. Poi è stato democratico e antifascista per decenni di carriera e ora eccolo qui ad allinearsi e a rilanciare la pubblicistica fascista più truffaldina e infame. Evidentemente ha sentito che il "mercato" tira da quella parte. E lui lo segue, con una ambiguità peraltro inconsapevolmente svelata dalla scelta di fare raccontare quelle vicende con un "romanzo" nel quale, come già nel precedente libro, l'io narrante è una donna".

Beppe Lopez


Liberazione: Giorgio Bocca contro Pansa: è un voltagabbana bugiardo - Rolli (http://www.rolliblog.net/archives/2003/10/13/liberazione_giorgio_bocca_contro_pansa_e_un_voltag abbana_bugiardo.html)

msdfli
05-08-10, 23:17
ecco qua l'articolo

http://digidownload.libero.it/commVampiri/bocca1yp7.jpg