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Visualizza Versione Completa : cosa è il totalitarismo



MaIn
18-11-17, 13:28
Prendo spunto da una discussione che ho letto tra amici del forum anticapitalismo sovranismo
per aprire una discussione sui regimi totalitari e sul totalitarismo.

In particolari con tre domande:

1) il fascismo e le teocrazie islamiche sono totalitarie?
2) il regime partitocratico furono una forma di totalitarismo?
3) l'economicismo del capitalismo moderno sono totalitarie?

invito sia l'area progressista ( Gdem88 Frescobaldi ) sia aree antagoniste( Gian_Maria , Lord Attilio)

MaIn
18-11-17, 13:29
Il fascismo regime totalitario? - la Repubblica.it (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/02/23/il-fascismo-regime-totalitario.html)


Il fascismo regime totalitario?
Fascismo e totalitarismo sono nati storicamente insieme, come gemelli siamesi, nei primi anni venti del ventesimo secolo, e insieme sono stati studiati per quasi trenta anni. Oggi è invece diffusa l' opinione che il fascismo non fu totalitario. Lo hanno sostenuto i neofascisti dopo il 1945 e lo affermano tuttora studiosi di destra e di sinistra. L' operazione che ha scisso il fascismo dal totalitarismo è stata compiuta nel 1951 da una studiosa tedesca emigrata in America, Hannah Arendt, nel suo libro sulle origini del totalitarismo. Il libro ha avuto successo, ma la scissione non ha giovato alla comprensione del fascismo, producendo malintesi storici e confusioni teoriche. Una modesta proposta, per uscire dalla confusione, è tornare all' origine storica dei due termini, recuperando il significato della loro simbiosi originaria, per comprendere meglio la realtà storica che essi rappresentano. «Totalitario» e «totalitarismo» ebbero origine con il fascismo e dal fascismo, ma non furono inventati dai fascisti. Molti ignorano che le due parole furono inventate nell' ambito dell' antifascismo italiano, prima della effettiva instaurazione del regime a partito unico. I termini «totalitario», «totalitarismo», «dittatura totale» furono infatti coniati fra il 1923 e il 1925 da intellettuali e politici antifascisti, che li adoperarono non per rappresentare l' immagine che il fascismo dava di sé, la sua ideologia e la sua visione del futuro, ma per descrivere la realtà del fascismo in azione e le conseguenze delle sue azioni. Il fascismo, scriveva il democratico Luigi Salvatorelli nell' aprile 1923, voleva una «totale dittatura di partito, cioè la soppressione dei partiti, cioè la fine della vita politica, come la si concepisce in Europa da 100 anni a questa parte». Il fascismo al governo, aggiungeva il mese dopo il liberale Giovanni Amendola, si imponeva «con i metodi del dominio assoluto e dello spadroneggiamento completo e incontrollato della vita politica e amministrativa» mirando «non tanto a governare l' Italia, quanto a monopolizzare il controllo delle coscienze italiane» con «le pretese di una religione». E nello stesso anno un giovane cattolico liberale osservava l' avvento in Italia di «una nuova dogmatica religione con i suoi sacramenti e con il suo campo infallibile. Chi non ama la Patria secondo i dogmi di Benito Mussolini e secondo i riti da lui fissati, è un eretico che va consegnato al fuoco purificatore dei moschettieri della milizia nazionale». Queste osservazioni sul fascismo al potere nei mesi successivi alla «marcia su Roma» contenevano gli elementi embrionali del concetto di «totalitarismo». Il fascismo si appropriò del termine «totalitario» nel 1925 per definire la propria concezione della politica e dello Stato, ma l' elaborazione teorica del concetto di «totalitarismo», dalla metà degli anni Venti fino all' inizio degli anni Cinquanta, fu opera di intellettuali antifascisti e anticomunisti, come Luigi Sturzo, Hans Kohn, Jacques Maritain, Carlton Hayes, Raymond Aron, Waldemar Gurian, Emil Lederer, Sigmund Neumann, per citare i più originali. Secondo questi studiosi, il totalitarismo, come elemento comune fra fascismo, comunismo e nazismo, consiste nella realizzazione di un esperimento di dominio politico, senza precedenti nel passato, attuato da un partito rivoluzionario, che conquista con violenza il monopolio del potere politico, instaura un regime a partito unico, fondato sul terrore e sulla demagogia, assoggetta la popolazione irreggimentandola nelle sue organizzazioni e impone la propria ideologia come una religione politica di massa. Nessuno degli studiosi del totalitarismo appena citati escludeva il fascismo dal totalitarismo. Ed è singolare che nessuno di questi studiosi sia citato nell' opera di Hannah Arendt, che pure utilizza molti dei concetti, delle analisi e delle teorie che essi avevano elaborato molti anni prima della pubblicazione del suo libro. Le novità principali della interpretazione del totalitarismo proposta dalla studiosa tedesca erano l' identificazione dell' essenza del dominio totalitario con il terrore e lo sterminio di massa, la definizione del totalitarismo come «male assoluto», la limitazione del totalitarismo comunista al periodo stalinista, negando quindi la natura totalitaria del partito bolscevico e della dittatura leninista, e l' esclusione del fascismo dal fenomeno totalitario. Secondo la studiosa tedesca, Mussolini parlava di Stato totalitario ma «non tentò di instaurare un regime totalitario perfetto, accontentandosi della dittatura del partito unico». Il regime fascista, pertanto, sarebbe stato simile alle «dittature non totalitarie», sorte prima della seconda guerra mondiale in Romania, Polonia, Ungheria, Portogallo, Spagna e negli Stati baltici. Il giudizio della studiosa tedesca sul fascismo ha avuto fortuna ed è oggi venerato da molti come una sorta di sentenza definitiva e inoppugnabile, che non può essere invalidata da nessuna nuova ricerca storica e da nessuna nuova riflessione teorica. Anche storici seri e dotati di molto senso critico, come Alberto Aquarone e Renzo De Felice, lo hanno condiviso. In effetti, l' argomentazione per escludere il fascismo dal totalitarismo appare persuasiva come un sillogismo: per la studiosa tedesca, l' essenza del totalitarismo è il terrore e lo sterminio di massa; il fascismo non praticò il terrore e lo sterminio di massa, dunque il fascismo non fu totalitario. Posta in questi termini, la negazione del carattere totalitario del fascismo sembra effettivamente indiscutibile. Ma almeno due obiezioni sono possibili. Innanzi tutto, non è affatto indiscutibile la tesi che il terrore sia l' essenza del totalitarismo: per esempio, la discutono perché non la condividono importanti studiosi del fenomeno totalitario, come Carl Friederich, Hans Bucheim, Juan Linz, Karl Dietrich Bracher. Essi considerano il terrore uno degli elementi del totalitarismo, che può sfociare nello sterminio di massa, ma non l' elemento essenziale e indispensabile per definire la natura del fenomeno totalitario. Molto più discutibile appare il giudizio sulla dittatura fascista, paragonata alle dittature tradizionali di generali o burocrati senza partito di massa. In effetti, la Arendt mostra una scarsa conoscenza della realtà storica, politica, istituzionale, sociale e culturale del regime fascista, al quale dedica poche considerazioni marginali, basate su dati storici esigui, approssimativi, di seconda o di terza mano, cioè tratti da citazioni di citazioni, anche su questioni di grave importanza. Le sue uniche fonti storiche sul fascismo sono quattro discorsi di Mussolini e un opuscolo della Confederazione fascista degli industriali. Inoltre il giudizio della Arendt sul fascismo è contraddittorio. Infatti, la studiosa scrive che il regime di Mussolini «non fu totalitario fino al 1938». Da tale affermazione, è lecito dedurre che il fascismo divenne totalitario dopo il 1938. Il fascismo sarebbe stato dunque un totalitarismo «imperfetto»? Su un così grave problema di interpretazione, il libro della Arendt non fornisce chiarimenti. Va tuttavia precisato che nella seconda edizione della sua opera, la studiosa tedesca ha scritto che neppure il regime nazista era stato veramente totalitario fino alla seconda guerra mondiale, e aggiunge che solo se avesse vinto la guerra, la Germania avrebbe conosciuto «un dominio totalitario completo». Anche il nazismo fu un totalitarismo «imperfetto»? La scissione fra fascismo e totalitarismo operata da Hannah Arendt ha provocato controversie interminabili sul significato sia del fascismo che del totalitarismo, con definizioni tanto diverse e contraddittorie, da indurre qualche studioso a chiedere la messa al bando dei due termini dalla interpretazione del ventesimo secolo. Nel 1968, uno storico propose di escludere il fascismo dal vocabolario della storiografia, almeno per qualche tempo. Nello stesso anno, l' autore della voce «totalitarismo», nella seconda edizione della autorevole International Encyclopedia of Social Sciences, si augurava di non trovare più questa voce nella successiva edizione, dal momento che non era mai esistito storicamente un fenomeno definibile con questo termine. «Dio non può cambiare il passato, ma gli storici possono farlo, ed è per questo che Dio tollera la loro esistenza», ha detto un saggio scrittore inglese. Ma la proposta di mettere al bando due concetti, che evocano le più tragiche esperienze del ventesimo secolo, forse oltrepassa la tolleranza divina. E deve essere respinta comunque dagli storici che vogliono conoscere il passato, invece di cambiarlo.

MaIn
18-11-17, 13:48
Giovanni Gentile - Benito Mussolini, La dottrina del fascismo (1932) (http://www.polyarchy.org/basta/documenti/fascismo.1932.html)

IDEE FONDAMENTALI (Giovanni Gentile)

1. Come ogni salda concezione politica, il fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dottrina, e dottrina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita e vi opera dal di dentro. Ha quindi una forma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero. Non si agisce spiritualmente nel mondo come volontà umana dominatrice di volontà senza un concetto della realtà transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà permanente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. Per conoscere gli uomini bisogna conoscere l'uomo; e per conoscere l'uomo bisogna conoscere la realtà e le sue leggi. Non c'è concetto dello Stato che non sia fondamentalmente concetto della vita: filosofia o intuizione, sistema di idee che si svolge in una costruzione logica o si raccoglie in una visione o in una fede, ma è sempre, almeno virtualmente, una concezione organica del mondo.

2. Così il fascismo non si intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita.
Modo spiritualistico. Il mondo per il fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l'uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale, che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L'uomo del fascismo è individuo che è nazione e patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione e in una missione, che sopprime l'istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l'individuo, attraverso l'abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell'esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.

3. Dunque concezione spiritualistica, sorta anche essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e materialistico positivismo dell'Ottocento. Antipositivistica, ma positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le dottrine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell'uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il fascismo vuole l'uomo attivo e impegnato nell'azione con tutte le sue energie. Lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta pensando che spetti all'uomo conquistarsi quella che sia veramente degna di lui, creando prima di tutto in sé stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l'individuo singolo, così per la nazione, così per l'umanità. Quindi l'alto valore della cultura in tutte le sue forme - arte, religione, scienza - e l'importanza grandissima dell'educazione. Quindi anche il valore essenziale del lavoro, con cui l'uomo vince la natura e crea il mondo umano (economico, politico, morale, intellettuale).

4. Questa concezione positiva della vita è evidentemente una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l'attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto compete in ordine ai fini morali. La vita perciò quale la concepisce il fascista è seria, austera, religiosa: tutta librata in un mondo sorretto dalle forze morali e responsabili dello spirito. Il fascista disdegna la vita «comoda».

5. Il fascismo è una concezione religiosa, in cui l'uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l'individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il fascismo, oltre a essere un sistema di governo, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero.

6. Il fascismo è una concezione storica, nella quale l'uomo non è quello che è se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia l'uomo è nulla. Perciò il fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del '700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto.

7. Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica. È contro il liberalismo classico, che sorse dal bisogno di reagire all'assolutismo e ha esaurito la sua funzione storica da quando lo Stato si è trasformato nella stessa coscienza e volontà popolare. Il liberalismo negava lo Stato nell'interesse dell'individuo particolare; il fascismo riafferma lo Stato come la realtà vera dell'individuo. E se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. È per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell'individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo.

8. Né individui fuori dello Stato, né gruppi (partiti politici, associazioni, sindacati, classi). Perciò il fascismo è contro il socialismo che irrigidisce il movimento storico nella lotta di classe e ignora l'unità statale che le classi fonde in una sola realtà economica e morale; e analogamente, è contro il sindacalismo classista. Ma nell'orbita dello Stato ordinatore, le reali esigenze da cui trasse origine il movimento socialista e sindacalista, il fascismo le vuole riconosciute e le fa valere nel sistema corporativo degli interessi conciliati nell'unità dello Stato.

9. Gli individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate; ma sono prima di tutto e soprattutto Stato. Il quale non è numero, come somma d'individui formanti la maggioranza di un popolo. E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come dev'essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti. Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia, etnicamente, traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola. Non razza, né regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità.

10. Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la nazione a generare lo Stato, secondo il vieto concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX. Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza. Il diritto di una nazione all'indipendenza deriva non da una letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri. Lo Stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del diritto.

11. La nazione come Stato è una realtà etica che esiste e vive in quanto si sviluppa. Il suo arresto è la sua morte. Perciò lo Stato non solo è autorità che governa e dà forma di legge e valore di vita spirituale alle volontà individuali, ma è anche potenza che fa valere la sua volontà all'esterno, facendola riconoscere e rispettare, ossia dimostrandone col fatto l'universalità in tutte le determinazioni necessarie del suo svolgimento. E perciò organizzazione ed espansione, almeno virtuale. Così può adeguarsi alla natura dell'umana volontà, che nel suo sviluppo non conosce barriere, e che si realizza provando la propria infinità.

12. Lo Stato fascista, forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell'uomo. Non si può quindi limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come voleva il liberalismo. Non è un semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali. È forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come l'intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell'umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell'uomo d'azione come del pensatore, dell'artista come dello scienziato: anima dell'anima.

13. Il fascismo insomma non è soltanto datore di leggi e fondatore d'istituti, ma educatore e promotore di vita spirituale. Vuol rifare non le forme della vita umana, ma il contenuto, l'uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vuole disciplina, e autorità che scenda addentro negli spiriti, e vi domini incontrastata. La sua insegna perciò è il fascio littorio, simbolo dell'unità, della forza e della giustizia.

Lord Attilio
18-11-17, 13:48
È tipico degli studiosi del totalitarismo assolvere il fascismo e condannare il comunismo. Io farei volentieri a meno di questo concetto, che mi sembra un più un termine vago per condannare forme di potere politico diverse dalla democrazia capitalista.

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Lord Attilio
18-11-17, 15:25
Aggiungo anche che il termine totalitarismo ha un senso solo se si vuole istituire una comunanza tra comunismo e fascismo, altrimenti è privo di significato.

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MaIn
18-11-17, 15:41
Aggiungo anche che il termine totalitarismo ha un senso solo se si vuole istituire una comunanza tra comunismo e fascismo, altrimenti è privo di significato.

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credo che esista da un po' di tempo:
https://it.wikipedia.org/wiki/Totalitarismo
ben prima dell'esigenza di screditare il comunismo mettendolo insieme a nazismo e fascismo.
se non erro lo stesso Mussolini definiva il fascismo totalitario il fascismo.


per quanto mi riguarda, il totalitarismo come categoria va bene. che essa possa avere una matrice liberale/libertaria e come tale inglobare tutti i fenomeni che sottopongono l'indiivduo e la sua libertà/felicità alla forza di un'idea che pervade (e si impone) ogni aspetto della vita.
io per esempio considero non solo il fascismo (totalitarismo imperfetto perchè non riusci a sottomettere Chiesa e monarchia ed agiva in un Paese con un carattere quietista dove le rivoluzioni sono state solo e sempre di facciata), il nazismo, il comunismo sovietico ma anche le teocrazie come totalitarie.
e penso che anche il capitalismo attuale lo sia. Esso non ha più lo Stato che ti mette in galera ma non ti lascia vivere in società se non accetti le sue regole. Sei costretto o all'eremitaggio o a vivere da barbone (oppure puoi farti prete).

Lord Attilio
18-11-17, 15:52
credo che esista da un po' di tempo:
https://it.wikipedia.org/wiki/Totalitarismo
ben prima dell'esigenza di screditare il comunismo mettendolo insieme a nazismo e fascismo.
se non erro lo stesso Mussolini definiva il fascismo totalitario il fascismo.


per quanto mi riguarda, il totalitarismo come categoria va bene. che essa possa avere una matrice liberale/libertaria e come tale inglobare tutti i fenomeni che sottopongono l'indiivduo e la sua libertà/felicità alla forza di un'idea che pervade (e si impone) ogni aspetto della vita.
io per esempio considero non solo il fascismo (totalitarismo imperfetto perchè non riusci a sottomettere Chiesa e monarchia ed agiva in un Paese con un carattere quietista dove le rivoluzioni sono state solo e sempre di facciata), il nazismo, il comunismo sovietico ma anche le teocrazie come totalitarie.
e penso che anche il capitalismo attuale lo sia. Esso non ha più lo Stato che ti mette in galera ma non ti lascia vivere in società se non accetti le sue regole. Sei costretto o all'eremitaggio o a vivere da barbone (oppure puoi farti prete).Se però accettiamo questa estensione, bisogna parlare anche delle democrazie liberali come totalitarismi, in quanto lì è l'aspetto economico dell'economia capitalista che ti totalizza e limita la tua libertà: per non parlare del progetto PRISM svelato da Snowden. Per questo, non solo per il paragone che istituisce tra nazismo e comunismo, preferirei evitare di usarlo: le uniche società non totalitarie sarebbero le tribù primitive.

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Lord Attilio
18-11-17, 15:53
Non avevo letto la tua estensione al capitalismo: come già detto io preferisco non usarlo perché crea più confusione che altro.

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MaIn
18-11-17, 16:01
Se però accettiamo questa estensione, bisogna parlare anche delle democrazie liberali come totalitarismi, in quanto lì è l'aspetto economico dell'economia capitalista che ti totalizza e limita la tua libertà: per non parlare del progetto PRISM svelato da Snowden. Per questo, non solo per il paragone che istituisce tra nazismo e comunismo, preferirei evitare di usarlo: le uniche società non totalitarie sarebbero le tribù primitive.

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le democrazie liberali non sono totalitarie perchè il ruolo della politica è confinato.
l'economia capitalista è limitata (dallo Stato sociale ).
non c'è quindi un principio unico che si impone, attraverso la coercizione, sulle persone.

il capitalismo che tutto sta macinando: Patria, differenze sessuali (secondo alcuni), religiosità e via dicendo
invece tende ad invadere, in questa epoca, ogni aspetto della tua vita.
Non ti costringe tramite lo Stato (o almeno lo Stato non interviene direttamente) ma ti rende un paria.

a me piace invece molto il termine proprio per indicare un movimento/idea che trascende i propri limiti e si fa al contempo totalizzante e coercitivo. I due fattori che, per quanto mi riguarda, caratterizzano il totalitarismo.

Lord Attilio
18-11-17, 16:44
le democrazie liberali non sono totalitarie perchè il ruolo della politica è confinato.
l'economia capitalista è limitata (dallo Stato sociale ).
non c'è quindi un principio unico che si impone, attraverso la coercizione, sulle persone.

il capitalismo che tutto sta macinando: Patria, differenze sessuali (secondo alcuni), religiosità e via dicendo
invece tende ad invadere, in questa epoca, ogni aspetto della tua vita.
Non ti costringe tramite lo Stato (o almeno lo Stato non interviene direttamente) ma ti rende un paria.

a me piace invece molto il termine proprio per indicare un movimento/idea che trascende i propri limiti e si fa al contempo totalizzante e coercitivo. I due fattori che, per quanto mi riguarda, caratterizzano il totalitarismo.

Nelle democrazie liberali la politica è espressione dell'oligarchia capitalistica. Anche in quelle mediate da Stato sociale, che pure nel 68' veniva considerato totalitario perché espressione dell'organizzazione totalitaria dell'esistenza (come diceva la Scuola di Francoforte). Comunque un concetto come totalitarismo, che è così vago da poter essere esteso come tu stai facendo, secondo me non è un concetto che può funzionare. Si rischia di confondere la sempre coercizione che caratterizza il potere dello stato con l'espressione di un piano di dominio assoluto.