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16-08-10, 00:20
Josè Antonio Primo de Rivera

Josè Antonio Primo de Rivera, marchese di Estella e Grande di Spagna, nacque a Madrid il 21 aprile 1906, primogenito del generale Miguel Primo de Rivera,marchese di Estella, che aveva esercitato la dittatura in Spagna dal 1923 al 1930, anno in cui morì in esilio a Parigi il 28 gennaio. Avvocato dal 1925, Primo si dedicò alla politica alla morte del padre, di cui voleva onorare la memoria e continuare l’azione. Fino ad allora Primo era stato un giovane intellettuale di tendenze conservatrici o reazionarie, molto a suo agio tra i suoi libri invece che in mezzo alle folle agitate. Non aveva rinunciato allo stile dei giovani del suo ambiente, i Senoritos che trascorrevano il loro tempo in impegni mondani e in cui egli si riconosceva, investendoli di compiti eroici. In un pubblico discorso affermò che erano i senoritos, che portavano uno spirito di lotta per un fine che non interessa loro in quanto senoritos ( soldato politico); lottavano perché a molti della loro classe sociale fossero imposti sacrifici duri e giusti, e perché uno Stato totalitario provveda tanto ai potenti quanto agli umili. Furono fondati altri gruppi fascisti e nazionalsocialisti e nel clima di fermento politico che comparvero giornali, libri, periodici, manifesti, che insistevano perché ai mali della Spagna si desse una soluzione fascista. Un gruppo di giovani scalmanati si raccolse attorno a Josè Antonio, che divenne leader dei giovani fascisti. Alto, bello, trentenne, animato da smania di piacere, anche i suoi nemici marxisti riconoscevano il suo fascino. I suoi discorsi ed i suoi scritti danno l’impressione di uno studente brillante che ha letto, ma non sempre digerito, un’enorme mole di manuali di teoria politica. Inizialmente monarchico e cattolico.’’El Fascio’’ospitò un suo articolo nel suo unico numero del 1933: ‘’La Patria è una totalità storica…superiore a ciascuno di noi e a ciascuno dei nostri gruppi. A questa unità devono inchinarsi classi e individui. E la costruzione dello Stato si dovrà fondare su questi due principi’’.Nel 1934 scrisse:’’Il fascismo è un‘inquietudine europea. E’ una maniera nuova di concepire tutto - la storia , lo Stato, l’accesso del proletariato alla vita pubblica; una maniera nuova di concepire i fenomeni della nostra epoca e di interpretarli. Il fascismo ha già trionfato in vari paesi, e in alcuni, come in Germania, con i mezzi democratici più irreprensibili’’. Josè Antonio si batteva contro coloro che criticavano suo padre, cercando di riabilitarlo. Era un giovane che si sforzava sinceramente di trovare una via nazionale per porre fine alle incoerenze del liberalismo. La sua poesia preferita era ‘’If ‘’di Kipling usava leggerne dei passi ai suoi seguaci prima delle sfilate domenicali o prima degli scontri per le strade. Nel 1933 fondò la Falange prendendo il nome della formazione dell’esercito macedone che nel IVsecolo a. C. aveva distrutto la democrazia in Grecia. I caratteri originali della personalità politica di Josè Antonio erano il senso di appartenenza a un’elite sociale, la convinzione del dovere di sacrificarsi per la grandezza della patria e il benessere del popolo. I senoritos erano diversi da lui e pochi lo seguirono. Josè Antonio provava forte avversione per l’ambiente monarchico – militare nel quale essi erano formati: un ambiente cui Josè Antonio imputava il tradimento di suo padre Miguel, licenziato da re Alfonso XIII, spinto all’esilio volontario, morto nell’amarezza dell’abbandono. La figura paterna, il desiderio di riscattar la e rivalutarne l’opera influirono assai sulla scelta di Josè Antonio di entrare in politica e sulla sua adesione al modello fascista. Il vecchio generale era ammiratore di Mussolini, al cui regime si era ispirato ricalcandone maldestramente istituzioni – milizia e partito – e sistema corporativo. Josè Antonio condivise del fascismo la spinta ipernazionalista e il superamento della lotta di classe, comprese la necessità di ripercorrerne la strada attraverso la creazione di un partito che nascesse contro il potere politico esistente, anziché esserne il prodotto: come era stato il caso dell’esangue e burocratica Unìon Patriotica, creata da suo padre. Fallì l’obiettivo alle elezioni politiche del 1931, si applicò allo studio dei movimenti fascisti ( collaborò al foglio di Manuel Delgado, ’’El Fascio’’), che giudicò inadatti al suo paese. Si interessò ai gruppuscoli sorti in Spagna a partire dal 1930. L’avvento al potere di Hitler in Germania, incoraggiò in Spagna una definizione fascista di personalità e gruppi che già si muovevano nell’estrema destra, verso cui si orientò Josè Antonio, fondando con alcuni di essi, il 29 ottobre 1933, il partito – ‘’movimento’’, come preferivano chiamarlo, perché partito evocava la democrazia -della Falange Espanola, formazione dalla vocazione nazionalrivoluzionaria, che ripudiava la tradizione monarchica e il liberalismo, rivendicando l’instaurazione di uno stato autoritario capace di realizzare la giustizia sociale e di mettere fine agli abusi del capitalismo mediante gli interventi pubblici in economia. Dotato di un superiore livello culturale e di un notevole fascino personale fascino personale, Josè Antonio ( chiamato così, senza cognome, dai suoi fervidi sostenitori) andò presto ad occupare, il 4 ottobre, la carica di Jefe Nacional del partito, ma non ebbe vita facile né al di fuori né all’interno di esso. Eletto deputato nel blocco delle destre che vinse le elezioni politiche del novembre 1933, mantenne nelle Cortes una posizione isolata, denunciando la miopia dei gruppi più conservatori e reazionari che, animati da spirito di rivincita, si dedicarono a demolire l’opera riformatrice realizzata nel biennio precedente da repubblicani e socialisti. Di fronte al sabotaggio della riforma agraria, Josè denunciò il rischio di rivoluzione cui una tale politica di chiusura ai bisogni popolari esponeva il paese. Atteggiamenti ‘’nazionalsocialisti’’gli alienarono i favori delle classi medio-alte, chefecero confluire i loro voti e finanziamenti sul partito cattolico della CEDA ( Confederacion Espanola de Derechas Autònomas) di Josè Maria Gil Robles, o sulla monarchica Renovacìon Espanola di Josè Calvo Sotelo. Le autorità dell’Italia fascista pur guardando con simpatia al movimento di Primo de Rivera, dato che Josè Antonio era stato ricevuto da Mussolini a pochi giorni dalla fondazione della Falange, nutrirono scarsa fiducia nelle sue possibilità di successo e lo sostennero economicamente in una forma limitata e discontinua. Le difficoltà di crescita della Falange provocarono dissensi nel movimento, facendo sì che la stessa leadership di Josè Antonio fosse messa in discussione. La schiacciante superiorità numerica degli altri partiti di destra spingeva la Falange a caratterizzarsi in senso squadristico,’’ a dedicarsi – Josè annunciò nel discorso di fondazione del partito – alla dialettica dei pugni e delle pistole’’ secondo il cammino percorso dal fascismo italiano, cui essa dichiaratamente si ispirava. Josè Antonio era esperto dello scontro fisico e dell’uso della pistola, era meno versato di altri suoi camerati nel praticare la violenza e nel pensarne le strategie: nei diversi episodi di guerriglia urbana – scontri di piazza e attentati terroristici – che nel 1934 l’estrema destra aveva con l’estrema sinistra, la Falange subì più colpi di quanti ne inflisse. Dopo la fallita insurrezione socialista dell’ottobre 1934 e la sterzata a destra del governo della repubblica, Josè Antonio accentuò il carattere sociale del programma della Falange, indicando tra i 27 punti del suo programma – che rese pubblico nel novembre 1934, obiettivi come l’eliminazione del sistema capitalistico ( considerato antitetico a quello corporativo), la nazionalizzazione delle banche, la soppressione dei latifondi, redistribuzione delle terre. Insofferente dell’immobilismo dei conservatorie convinto che essi rappresentassero un ostacolo alle sue posizioni-ambizioni, Josè Antonio prese a progettare diverse iniziative insurrezionali, il cui braccioarmato avrebbe dovuto essere l’esercito: per cui contattò il generale Francisco Franco, che prudentemente ne rimase estraneo. Essendo prevalenti nelle forze armate le istanze conservatrici e reazionarie, le suggestioni socialisteggianti di Josè Antonio incontrarono scarso seguito e le sue mene insurrezionali non giunsero a concretarsi. La sua politica ebbe scarsissima presa nella società spagnola. Nella sua lettera a Franco prima della rivolta delle Asturie, il 24 settembre 1934, era disposto ad appoggiare un colpo di Stato militare per restaurare il ‘’perduto destino storico del paese’’. Franco non rispose e l’episodio fu rivelato nell’ottobre 1938 da ‘’Y’’, la rivista della sezione femminile della Falange. Josè ebbe un eclettismo di idee politiche , visibile nel suo progetto – schema di governo del 1935, in cui erano inclusi elementi non falangisti: il ministro degli esteri Barròn, della giustizia , Serrano Suner, della difesa Franco, delle finanze,Vintales, sottosegretario: Larraz, alla pubblica istruzione,Aunos ,all’economia Carceller; interni, Mola, direttore generale polizia, Vàzquez; lavori pubblici , Lorenzo Pardo; alle corporazioni, Mateo; sottosegretario Garceràn; alle comunicazioniRuiz de Alda; sottosegretario , Moreno ( Josè), Marocco e colonie, generale Goded, alla sanità, Nogueras, anche il colonnello Rada, che aveva addestrato le reclute carliste in Navarra, era strettamente in contatto con la Falange. Combattè la milizia falangista, ed il 7 ottobre 1934 a Madrid lo sciopero generale, circolò per la città conintenzioni bellicose a bordo della medesima auto su cui viaggiavano Josè Antonio, Ledesma Ramos, Ruiz de Alda,( intimo amico di Josè Antonio, perché anche lui era di Estella [Navarra] ) ed aveva suggerito a Josè il nome ‘’Falange’’. Nel 1934-’35 Josè Antonio ebbe rapporti con il colonnello Barba, della Union Militar. Da poche unità di migliaia dalla sua fondazione la Falange giunse a 25.000 aderenti. L’imperativo categorico della Falange era accrescere il disordine in Spagna per giustificare l’avvento di un regime che ristabilisse l’ordine, Josè perse il suo seggio alle Cortes, nel febbraio 1936 scorazzava su automobili armate di mitragliatrici, i senoritos per il caos, incendiando Chiese e attribuendo la colpa agli anarchici, attentando al giurista socialista Jimènez de Asùa, autore della Costituzione della Repubblica. I socialisti parlavano della Falange come ‘’FAI (anarchici) – lange’’. Franco incontrò Josè Antonio a casa di suo cognato Serrano Suner , detto il cugnadissimo, proponendo al colonnello Yague, brillante falangista dalla testa leonina che ora comandava la Legione Straniera, fungesse da anello di collegamento tra la Falange ed i generali. Il governo del primo ministro ammiraglio Manuel Azana manteneva l’ordine il 27 febbraio 1936 chiuse la sede della Falange a Madri. Il 15 marzo 1936 un falangista collocò una bomba a casa di Largo Caballero e Josè fu arrestato per detenzione abusiva di armi, prima però fu avvisato da Azana di lasciare il paese, ma non lo fece per la madre malata,( cosa falsa perché ella era morta anni prima). Si riferiva alla madre Spagna. Eduardo Aunos, suo seguace, gli propose di fuggire all’estero in aereo, ma lui non volle perché Falange non era un partito di cospiratori i cui capi se ne stavano all’estero. ‘’Spagna! Una, grande, libera)’’. Quando fu ucciso un ufficiale che era tenente della Guardia Civilda Asaltos per aver estratto un revolver puntandolo su Azana, durante il suo corteo funebre fino al cimitero est il carro funebre fu accompagnato da falangisti madrileni che gridavano in coro scontrandosi con i socialisti giubilanti che cantavano l’Internazionale, salutando col pugno chiuso ed esplodendo colpi di arma da fuoco contro il corteo. Al Cimitero ci fu una battaglia fra falangisti e gli asaltos socialisti; morirono il cugino germano di Josè, Andrei Saenz marchese de Heredia, ucciso da un tenente degli asaltos, Josè Castello. Molti membri del Movimento giovanile della CEDA, già guidati da Gil Robles, confluirono nell’estremismo della Falange, benché fosse stata messa al bando dopo i disordini per i funerali del tenente della Guardia Civil. Passarono il capo della Gioventù della CEDA , il generale Ramòn Serrano Suner, anello di collegamento tra la Falange ed i generali. Serrano era stato compagnoni studi universitari di Josè Antonio a Madrid, agli inizi degli anni ’20, molto amici anche ideologicamente. La Falange aveva i capi in carcere, metteva in guardia il partito dall’unirsi ai cospiratori militari perchè ‘’Noi non saremo né l’avanguardia né le truppe d’urto né i preziosi alleati di un qualche confuso movimento reazionario’’. Nel luglio 1936 i falangisti divennero 75.000,lavoratori di Siviglia, giovani della borghesia, studenti universitari, si scontravano nelle piazze con i nemici, in battaglie e assassinii per le strade. Josè scrisse al generale Sanjurjo, ex amico di suo padre, che doveva divenire capo di governo provvisorio di restaurazione monarchica, una lettera di apertura ai soldati, esortandoli dal carcere di porre fine agli attacchi cui era stata fatta segno la ‘’sacra persona della Spagna‘’. ‘’All’ultimo momento, ha detto Spengler, è sempre stato un plotone di soldati quello che ha salvato la civiltà’’. Passati i tempi in cui Josè diceva che tutti i soldati erano inutili, pusillanimi, e che il più codardo di tutti era Franco. La Falange non era legata ai cospiratori e Josè condivise i sentimenti che animavano un discorso del socialista Prieto. Il 1° giugno Josè scrisse dal carcere di Alicante una lettera al generale Mola, promettendo appoggio alla cospirazione militare, promettendo 4.000 falangisti in aiuto alla sedizione. Al grido di ‘’Cafe!’’ ovvero ‘’ìCamaradas!, Arriba Falange espanola !’’ verificarono amaramente alle elezioni del febbraio 1936 quando vinse il Frente Popular: la Falange che si era presentata al di fuori di ogni alleanza per non appiattirsi su una collocazione di destra o di sinistra – subì una durissima sconfitta, raccogliendo un numero di voti inferiore a quello dei suoi militanti. Si trattò di un insuccesso messo in conto, poiché la legge spagnola favoriva le coalizioni, ma il risultato era troppo deludente perchè la legge Josè Antonio non ne traesse l’indicazione che il suo nazionalismo sociale trovava in Spagna pochi consensi. Al ritorno al potere della sinistra, egli rispose rabbiosamente, non limitandosi solo ad orientare la Falange verso una guerra aperta con i gruppi armati socialisti e comunisti, ma incoraggiando attentati alla vita di rappresentanti politici del Frente Popular e delle istituzioni statali. Josè Antonio contribuì a creare il clima di illegalismo, disordine ed insicurezza che avrebbe favorito il golpe militare e la successiva guerra civile. Arrestato ed incriminato per diversi reati, si convinse che la salvezza sua propria e del paese erano nelle mani delle forze armate: dal carcere, diffuse una ‘’Lettera ai militari di Spagna’’ in cui proclamava essere ‘’suonata l’ora in cui le vostre armi debbono entrare in gioco per mettere in salvo i valori fondamentali’’ Cercò di proporsi ai generali cospiratori come punto di riferimento politico; infatti, Josè Antonio accettò di metter a loro disposizione – di fatto, senza condizioni – le milizie falangiste. Il fallimento del golpe militare, il fatto che la Spagna restasse divisa in due parti e che egli fosse detenuto ad Alicante, rimasta sotto il controllo dei repubblicani, segnarono la sua sorte. Processato da un tribunale popolare per ’’ribellione militare’’, Josè Antonio fu condannato a morte e giustiziato nel novembre 1936. Divenne, così, un’icona politica nella Spagna nazionalista; il generale Franco che non aveva per lui alcuna simpatia, essendo il tipico militare quadrato, ottuso, conservatore, clerico-‘’fascista’’ e reazionario, e verso Josè Antonio non si era impegnato per ottenerne la salvezza, per opportunismo politico ne fece il protomartire della sua causa: si impadronì della figura di Josè Antonio, del suo frasario, della sua Falange per meglio adattarsi a quel modello fascista che i successi dei suoi propri protettori, Mussolini e Hitler, facevano apparire vincente. Così, strumentalmente al Caudillo ed a uso della sua alleanza nazionale monarchica, a Josè Antonio toccò in morte una grandezza distorta che sia pur non avendo raggiunto in vita si era mostrata pura e coerente ai veri camerati.

Antonio Rossiello



13/02/2007




Italia Sociale (http://www.italiasociale.net/storia07/storia130207-1.html)

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16-08-10, 00:21
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http://www.wlym.com/~spanish/articulos/La%20guerra%20cristera-%20el%20sinarquismo%20entonces%20y%20ahora_archivo s/PrimiDeRivera-Falange.jpg

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16-08-10, 00:23
aqcfe3rAIFk

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16-08-10, 00:24
PENSIERO POLITICO -


Josè Antonio Primo de Rivera

Josè Antonio Primo de Rivera ha costituito per intere generazioni di militanti di tutta la nostra area politica una figura di riferimento. Infatti le simpatie, gli studi e l’approfondimento della cultura politica e militante si sono da sempre concentrate sul fondatore della Falange e non come sarebbe facile pensare sulla figura del generalissimo Franco. Infatti se a Francisco Franco va ascritta la conduzione vittoriosa della Guerra Civile spagnola, la sua successiva azione politica portò alla formazione di un regime simile a tanti stati di polizia che prima o dopo si sono formati nella storia mondiale, in altre parole il regime franchista era privo di quella reale caratterizzazione politica rivoluzionaria che solo un uomo dello spessore del fondatore della Falange poteva imprimergli. Josè Antonio Primo de Rivera è stato un figlio dei suoi tempi, di una Spagna profondamente sconvolta da secoli di decadenza politica ed economica e sospesa tra una destra conservatrice (latifondisti, alto clero e componenti monarchiche) ed una sinistra di matrice anarchica e comunista fortemente influenzata dalla lotta di classe violenta e oltranzista. Con la formazione della Falange, Josè Antonio chiamò a raccolta, nel movimento che lui stesso definì “antipartito”, tutte le forze giovani, innovatrici, sane della Spagna, slegate da interessi di parte e sensibili ai vari bisogni della comunità nazionale, contrapposte sia alla destra monarchica e conservatrice sia alle sinistre e al sistema repubblicano instauratosi in Spagna in quegli anni. La Falange doveva comporsi, quindi, delle forze sane della Spagna, motivate dall’idea imperiale ma non immobili nel nostalgismo, forte di valori millenari ma non corrotta dalle brame di potere. La componente principale era costituita quindi dai giovani. Il mito della giovinezza mutuato dal fascismo Mussoliniano, divenne un cardine della Falange e trovò applicazione pratica nella regola di voler accettare all’interno del movimento solo persone sotto i quarantacinque anni d’età. Il nuovo movimento doveva poi staccarsi dallo spirito borghese della rassegnazione davanti agli eventi e divenire artefice del grande progetto della nuova Spagna. Questo spirito antiborghese fece avvicinare José Antonio agli ambienti movimentisti dei nazionalsindacalisti di Ledesma Ramos. La componente nazionalsindacalista in cui permanevano forti simpatie anarchiche, dopo una iniziale diffidenza, divenne la spina dorsale del movimento falangista . Il nuovo movimento propugnava la terza via, l'uomo nobile e aristocratico della destra unito agli ideali e le rivendicazioni sociali della sinistra. Allo scoppio della Guerra Civile e negli anni precedenti José Antonio non mutò mai idea a riguardo della destra così come della sinistra. A chi propugnava l'odio di classe ribatteva l'importanza della unità della Patria intesa nel suo significato di comunità d’intenti verso fini più alti, e a chi cercava di difendere la profonda ingiustizia sociale della Spagna prometteva riforme radicali in segno opposto. Con lo scoppio della Guerra Civile fu imprigionato dalle truppe repubblicane e giustiziato con complice disinteresse di Franco e dei suoi generali. La sinistra repubblicana si sbarazzò così dell'unico soldato politico che il fronte opposto presentava, la destra guidata e sorretta dal generalissimo Franco si giovava della perdita di un alleato mai troppo amato e ne faceva un martire. I ringraziamenti e le pubbliche ovazioni di Franco al fondatore della Falange furono strumentali a mantenere la componente ideologicamente più elevata all'interno del suo regime politico e nessuna riforma reale in senso corporativo fu attuato dal generalissimo.
Josè Antonio nasce a Madrid il 14 aprile 1903, primogenito di Miguel Primo de Rivera y Orbania e di donna Casilda Sauez Heredia. Nel 1923 si laurea in giurisprudenza alla facoltà di Madrid , per poi raggiungere la famiglia a Barcellona dove il padre ricopriva la carica di capitano generale della Catalogna. Nel settembre dello stesso anno, a Madrid, don Miguel viene incaricato dal re Alfonso XIII di formare un governo militare per fronteggiare la rivolta in Marocco e i disordini sociali a sfondo insurrezionale. In questo periodo, terminato il servizio militare, Josè Antonio entra nel collegio degli avvocati affermandosi rapidamente per le non comuni doti professionali.
Nel 1925, domata la ribellione in Marocco, Miguel Primo de Rivera sostituisce il direttorio militare che governava la Spagna con un direttorio civile e dopo aver tentato, con la costituzione dell’ “Unione Patriottica Spagnola” di istituzionalizzare la dittatura, tentativo contrastato da violenti conflitti sociali, organizzati dalle forze di opposizione riunite soprattutto nella Federazione Anarchica Spagnola si dimette (28 gennaio 1930) e si ritira in esilio volontario a Parigi dove muore nel marzo del 1930.
Nelle elezioni politiche del ’31, Josè Antonio si candida in un collegio madrileno ma viene battuto dal candidato delle sinistre. La sconfitta non lo scoraggia ma, al contrario, lo spinge verso un impegno politico sempre più convinto. Intanto, nell’inverno del 1931 due giovani sindacalisti, Ledesma Ramos e Onesimo Redondo, fondano le Giunte di Offensiva Nazional-Sindacalista (JONS); Primo de Rivera guarda con simpatia a questo gruppo che in nome della Nazione e del lavoro innalza l’insegna del giogo e delle frecce dei re cattolici durante la “Reconquista” contro i musulmani in Spagna.
Nell’estate del 1932, nel vuoto di legittimità causato dalla fuga del re, il generale Sanjuro, vecchio amico della famiglia Primo de Rivera, tenta a Siviglia una sollevazione militare. Il “golpe” fallisce e Josè Antonio ed il fratello Miguel, per quanto estranei ai fatti, vengono arrestati per cospirazione perché ritenuti falsamente coinvolti con il golpe del generale Sonjuro. La sentenza del processo è di totale assoluzione , ma per il regime che governa la Spagna, Josè Antonio è ormai una minaccia per il nome che porta e, soprattutto, per le idee che manifesta e per il suo sempre più dinamico attivismo politico.
Il 29 ottobre 1933, in concomitanza con l’undicesimo anniversario della marcia su Roma, Josè Antonio fonda la Falange Spagnola (FE), che aveva come programma quello di rendere la Spagna uno stato ad ispirazione fascista, impostato su basi ideologiche alternative sia al liberalismo democratico sia al socialismo collettivista. Tuttavia sin da subito la Falange viene appoggiata dai monarchici e dagli estimatori della dittatura paterna e Josè Antonio continua, per questo, a guardare con ammirazione alle JONS formazione politica che mossa da reale spirito rivoluzionario compie eclatanti azioni in tutta la Spagna. Il 13 febbraio del 1934 la Falange si fonde con le JONS di Ramiro Ledesma Ramos e Onesimo Redondo adottando come simbolo il giogo frecciato su campo rosso-nero. Nasce così la Falange Espanola de las JONS, il cui motto “ Per la Patria, per il pane, per la giustizia” ne racchiude chiaramente le intenzioni politiche . Il movimento inizialmente viene condotto in triumvirato da Josè Antonio Primo De Rivera, Ramiro Ledesma Ramos e Ruiz de Alda. Grazie soprattutto alle istanze portate in dote dallo JONS, i punti dottrinali del nuovo movimento, sono più incentrati tra le altre cose sulla giustizia sociale, vengono contestati infatti il capitalismo, il marxismo, la lotta di classe, ma vengono promosse la nazionalizzazione delle banche e dei grandi servizi pubblici, pur riconoscendo la proprietà privata.

“Quando parliamo del capitalismo, ma questo già lo sapete, non parliamo della proprietà. La proprietà è il contrario del capitalismo; la proprietà è la proiezione diretta dell’uomo sulle proprie cose; è un attributo umano elementare. Il Capitalismo ha sostituito la proprietà dell’uomo con la proprietà del capitale, lo “strumento tecnico” di denominazione economica. Il capitalismo, mediante la terribile e sproporzionata concorrenza del gran capitale contro la piccola proprietà, ha progressivamente distrutto l’artigianato, la piccola industria, la piccola agricoltura. Insomma il Capitalismo riduce padroni, imprenditori ed operai allo stato di angustia, alla condizione di uomini defraudati di ogni contenuto della loro esistenza. Vorrei che questo concetto rimanesse ben impresso nella mente di tutti; è ormai ora di non prestarci più all’equivoco con il quale i partiti operai vengono presentati come partiti contro i padroni ed i gruppi imprenditoriali come avversari in lotta contro i lavoratori. Gli operai , i tecnici, gli imprenditori, tutti insieme , formano la trama completa della produzione; il sistema capitalista, con il credito troppo costoso, con le speculazioni dei detentori di azioni ed obbligazioni, si porta via gran parte della ricchezza del paese ed impoverisce proprietari, tecnici ed operai (…).Le predizioni di Marx si realizzano, più o meno rapidamente , ma implacabilmente. Si va verso la concentrazione del capitale, si va verso la proletarizzazione dei popoli e si va, infine, verso la rivoluzione sociale che determinerà un duro periodo di dittatura comunista. Ed è questa dittatura che fa orrore a noi “ Europei , Occidentali e Cristiani” perché essa altro non è che la negazione dell’uomo, il suo annullarsi dentro un’immensa amorfa in cui si smarrisce la veste corporea di ogni anima individuale ed eterna. Notate bene che è per questo che siamo antimarxisti; lo siamo perché ci fa orrore il fatto di dover diventare simili ad insetti in un formicaio”. (J.A. Primo De Rivera, Madrid 19 maggio 1933).
Tuttavia la situazione politica spagnola diventa insostenibile: si diffonde la guerra sociale che trova un vero e proprio detonatore nella repressione della rivolta dei minatori nelle Asturie da parte del governo democristiano di Gil Robles nell’ottobre 1934.
Pur essendo nettamente contrapposti i fronti e pur militando i minatori nella sinistra anarchica e socialista più ancora che in quella comunista, i falangisti si schierano con i lavoratori e non con il governo. Nel febbraio del ’36 le nuove elezioni politiche assegnano la vittoria alle sinistre organizzate nel “Fronte Popolare”. Il governo che nasce, fortemente condizionato da agenti del comunismo russo, favorisce le accelerazioni rivoluzionarie diventando ben presto incapace di contenerle e condizionarle. In un clima di crescente illegalità la Falange viene messa al bando. Il 14 marzo 1936 Josè Antonio ed il fratello Miguel vengono arrestati e tradotti nel carcere di Madrid e il 5 giugno dello stesso anno vengono trasferiti nella prigione di Alicante. Il 17 luglio 1936 dal Marocco spagnolo il generale Francisco Franco , alla guida del “Tercio”, insorge contro il governo di Madrid.
La ribellione si estende rapidamente a Cordova, Granata,Toledo, Valladolid, Burgos ed in molte altre città della Spagna. Dopo un processo la cui sentenza viene scritta a Madrid sotto dettatura di Mosca, il 1 novembre 1936 Josè Antonio viene condannato a morte ed il fratello Miguel a 30 anni di reclusione.
Nel 20 novembre 1936 Josè Antonio viene fucilato nel cortile del carcere di Alicante.
Il 20 novembre 1939, a guerra civile finita i giovani della Falange trasportarono a spalla , in una staffetta di 400 km attraverso le terre di Spagna verso il mausoleo della Valle de los Caidos, i resti mortali di Josè Antonio Primo de Rivera.
La staffetta racchiude uno dei pensieri principali di Josè Antonio ovvero “ la politica è la poesia del non rinunciabile”. La poesia del non rinunciabile è un principio etico , è l’imperativo categorico vigorosamente collegato alla politica che si fa poesia e alla poesia ispiratrice di politica.
Questo legame è evidenziato anche quando sostiene che:” i popoli non possono essere messi in moto che dai poeti, in quanto i poeti, a loro volta, cominciando da Omero, hanno espresso la superiore moralità dei popoli,una moralità che si chiama “tradizione” intesa come consegna, come staffetta. Infatti la staffetta che per 400 km trasportò a spalla, con le spalle della giovane Spagna, non il corpo, ma la spiritualità , politica e morale di Josè Antonio Primo di Rivera, prese in consegna il cammino di un grande uomo la cui idea, il destino decise che fossero tarpate le ali ma non l’anima.





Bibliografia:

- "Scritti e discorsi di battaglia" di José Antonio Primo De Rivera -
Edizioni Settimo Sigillo
-"José Antonio Prima De Rivera" di G. Almirante -
Ciarrapico Editore
- "José Antonio e la Falange Spagnola" di E. Carbone -
Edizioni Thule
- "La rivoluzione proibita" di B. Nellessen - Edizioni
Volpe
- “Storia della Falange Espanola (1933-1939)” di Stefano Pilotto -
Collezione Europa




Emmetrentanove Associazione Culturale | Pensiero - Josè Antonio Primo de Rivera (http://www.emmetrentanove.com/pensiero_jose-antonio-primo-de-rivera.php)

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http://guaulets.scoom.com/files/2009/04/foto-jose-antonio-primo-de-rivera.jpg

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16-08-10, 00:26
José Antonio Primo De Rivera, un patriota per la Spagna e per l’Europa


«Auguro le cose migliori a Voi e alla Spagna» così si concluse l'unico incontro fra Josè Antonio e Benito Mussolini, una sera di ottobre del 1933. Mussolini aveva già capito che il destino della Falange era il destino della Spagna, e che la Spagna da lì a poco tempo sarebbe diventata di fondamentale importanza per l'Europa. La
Spagna di Josè Antonio era, infatti, un paese in subbuglio, in continuo scontro. Soltanto tre anni dopo sarebbe scoppiata quella sanguinosa guerra che martoriò la Spagna intera, ma che fu solo il preludio di quello che poco tempo dopo toccò all'Europa intera. Una delle prime vittime di quella guerra fu proprio Josè Antonio, «uno degli spiriti più belli che io abbia mai conosciuto», come lo descrisse Mussolini alla sorella Pilar Primo de Rivera. La prematura scomparsa del giovane leader falangista, non ci permette di capire fin in fondo il suo pensiero politico, su quello
che sarebbe diventato uno dei temi principali dei fascismi degli anni '30 e'40: l'Europa.

Rimanendo fedeli agli scritti di Josè Antonio si può avere una certa difficoltà nel delinearne un profilo europeista. Bisogna perciò cercare di interpretare il pensiero di Josè Antonio in funzione di un periodo di storia che non ha vissuto. Josè Antonio era spagnolo fino al midollo, tanto che si rifiuto sempre di definirsi "fascista"
perché quella parola stava ad identificare un "ideologia italiana e non spagnola". Diceva che con il Fascismo lo legavano "diversi punti di contatto", ma nulla più. Prima di tutto stava la Spagna da salvare, da ridestare. Ma il riscatto della Spagna, passava anche per la sua integrazione nell'Europa, nel suo non rimanere un paese
periferico, ma nel ritornare al ruolo preminente e centrale che le spetta nella politica continentale.

Il 29 ottobre del 1933 a Madrid, nel teatro della "Comedia", Josè Antonio tiene il discorso di fondazione della Falange Espanola, nel quale enuncia tutti i principi fondanti del nuovo movimento: Patria, giustizia sociale, famiglia, corporazioni, Tradizione cattolica, fedeltà e sacrificio. Il simbolo sarà il giogo con le cinque frecce,
dei re Isabella e Ferdinando d'Aragona, che nel 1469 posero le basi per l'unificazione spagnola e da lì la lanciarono nella grande storia europea e mondiale. Il giogo con le frecce richiama, come ha sottolineato Antonio Medrano, al simbolo solare, simbolo ricorrente nella Tradizione europea. Al sole richiamano anche l'inno (Cara al Sol), e il saluto con il braccio teso, tipico di tutti i movimenti fascisti. La grande capacità movimentista delle giovani camicie azzurre faceva da contrappasso con gli insuccessi elettorali del movimento, dovuti al fatto che molti simpatizzanti non avevano ancora raggiunto l'età per recarsi alle urne. Il 4 marzo 1934 sorge la F.E. de las JONS, fusione della FE con le Juntas de offensiva nacional-sindacalista di Ramiro Ledesma Ramos e Onesimo Redondo; nell'ottobre si celebra in Madrid il I° consiglio
nazionale. La guida fu affidata a Josè Antonio. Nel dicembre 1934 Ramiro Ledesma uscirà dal movimento. Nel giugno 1934 la giunta politica decise che la Falange si solleverà "sola o accompagnata" contro la sovversione comunista, sostenuta dall'Unione Sovietica. Nelle elezioni del febbraio 1936 il fronte popolare, unione delle forze della sinistra, vince le elezioni. Il 17 luglio Josè Antonio dal carcere di Alicante riesce a far uscire un appello alla sollevazione di tutto il popolo spagnolo.

All'alba del 18 luglio i generali delle truppe coloniali marocchine, Francisco Franco e Luis Orgaz, occupano Las Palmas. E' l'inizio della guerra civile. Ai militari si unirono nazionalisti, monarchici, carlisti, tradizionalisti e soprattutto dai falangisti. Nei giorni dell'alzamiento, Josè Antonio dal carcere così si esprime «... E' sconsolantemente bello che la Falange abbia molti più cuori che cervelli ...». Josè Antonio fu giustiziato, su ordine dell'ambasciatore di Mosca, il 20 novembre 1935.

Come scrisse Robert Brasillach :«Si può dire senza paradosso che la ribellione del generale Franco è stata utile alla Francia come alla Spagna». Questo discorso si può certamente ampliare a tutta l'Europa e nello stesso modo interpretare l'azione dei vari partiti fascisti, come salvaguardia della Patria e allo stesso tempo dell'Europa
stessa.

Analizzando, allora, il pensiero joseantonista possiamo trovare la cura anche per l'Europa, ben consci dal fatto che la parola "Patria" può stare a significare in maniera uguale sia Spagna sia Europa (ricordando cosa diceva Mazzini in riferimento ai buoni patrioti italiani, che perciò erano anche buoni patrioti europei). Il pensiero di Josè Antonio si può riassumere in una sola parola: Patria. La Patria come un'entità trascendente, un'unita di destino. Solo nel senso più alto della Patria si può avere giustizia e pace. Solo nella negazione dello stato liberale e marxista si può giungere
alla giustizia sociale. Solo nel far rivivere i valori tradizionali e i miti del passato si può costruire un grande futuro. La dottrina joseantoniana ha dell'uomo una concezione profonda, che va al di là del semplice "ente" elettorale e consumistico. L'uomo è in primo luogo un essere che crede, che ha bisogno di credere. Lo stato come lo voleva Josè Antonio si basa su Famiglia, comune e Gremio (=corporazione); autentiche realtà naturali di una società organica. Erano ritenuti inutili i partiti, perché non rappresentativi. L'obbiettivo finale è un sistema corporativo, ripreso dalla dottrina mussoliniana, che alla sua base ha il sindacato nazionale, capace di mediare fra le parti senza favori di classe. Lo stato diventa così «un regime di solidarietà nazionale, di cooperazione coraggiosa e fraterna», che «permetterà ogni iniziativa
privata che sia compatibile con gli interessi della comunità nazionale», in cui «si integrano tutti gli individui e tutte le classi». La Falange non è solo un movimento politico, è una religione, è un modo di essere e di agire. La Falange non deve difendere gli interessi particolari di nessuno, se non quelli di tutto il popolo
spagnolo. Lo spirito della Falange è uno spirito guerriero, aristocratico e poetico: «Il nostro posto è all'aria aperta, sotto la notte limpida, arma al braccio e nel cielo le stelle».

Il motto della Falange era «ESPANA: UNA, LIBRE, GRANDE!». Una Grande
Spagna, in una Grande Europa, ecco il pensiero di Josè Antonio; pensiero che è stato raccolto da tutti i volontari spagnoli della Division Azul che raggiunsero le truppe tedesche per combattere il bolscevismo. E con lo stesso pensiero erano lì a lottare Leon Degrelle, Robert Brasillach, e tutti i grandi patrioti dell'Europa. Proprio Brasillach scriveva nel 1941: «E' lo spirito di Josè Antonio che noi abbiamo sempre proclamato qui e che vogliamo mantenere, al modo nostro, per noi». E ripensando alla Guerra di Spagna ancora Brasillach ricorda: «Bisogna che la guerra in corso perpetui in tutti paesi le magnifiche virtù del luglio 1936». Con quelle virtù si è andato a formare quell'esercito europeo fascista che fino all'ultimo combatté per Berlino.

Iniziata l'avanzata tedesca contro la Russia i camerati di Josè Antonio, dopo aver combattuto per la libertà dell'Europa nella guerra spagnola, decisero che era giunto il momento di ripagare l'Europa e si arruolarono volontariamente. Furono oltre 17.000 gli spagnoli arruolati nella Division Azul (non pochi considerando che
il paese usciva da 3 anni di una tremenda guerra civile), che combatté sul fronte di Leningrado nell'ottobre del 1941, agli ordini del generale Munoz Grande. In due anni di battaglie la Division perse quasi 4.000 combattenti tra caduti e feriti. Rimasero quasi in 2.000 a difendere Berlino e la Germania contro le orde bolsceviche sino all'ultimo respiro. Nel dopoguerra nella Spagna franchista, della Falange joseantoniana rimase poco o nulla. Franco per impostare il suo regime personale non ha risparmiato neanche i suoi vecchi camerati falangisti, nonostante ciò il ricordo di Josè Antonio rimane indissolubile. Il pensiero di Josè Antonio è ritornato in auge anche nel regime reazionario franchista; basta pensare alla Carta del Lavoro o
all'adesione di quell'Europa delle Patrie proposta da Charles De Gaulle. Prima di morire Josè Antonio scrisse che sperava che il suo sangue fosse l'ultimo a spargere nella guerra civile, convinto come era che tutti gli spagnoli dovevano unirsi e combattere per la grandezza della Patria. Questa forse è la sua più importante lezione.

Lezione che capì anche Francisco Franco, quando finita la guerra fece
costruire la monumentale Valle de los Caidos, nella quale riposano uno a fianco all'altro caduti di entrambe le parti in conflitto. Un esempio importante di come chi ha vinto aveva come fine la grandezza di TUTTI gli Spagnoli. E di TUTTI gli Europei.

¡Volveràn banderas vitoriosas! Sventoleranno bandiere vittoriose!




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16-08-10, 00:28
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16-08-10, 00:29
JOSE' ANTONIO E LA FALANGE SPAGNOLA





José Antonio Primo de Rivera (Madrid, 24 aprile 1903 – Alicante, 20 novembre 1936) è stato un politico spagnolo. Fucilato dai repubblicani, era figlio del generale Miguel Primo de Rivera, che fu dittatore di Spagna dal 1923 al 1930.

José Antonio divenne un avvocato e fu editore del giornale di estrema destra El Fascio e del periodico ABC.

Nel 1933, appoggiato dai monarchici e dagli estimatori della dittatura del padre, fondò la Falange spagnola (FE), che aveva come programma quello di rendere la Spagna uno stato ad ispirazione fascista, trascendente la lotta di classe. Il 13 febbraio del 1934 fonde la Falange con le JONS di Ramiro Ledesma Ramos e Onesimo Redondo, movimento che condurrà in triumvirato con lo stesso Ledesma e Ruiz de Alda. Riuscì a prevalere in tale gestione tanto da causare l'allontanamento del suo avversario Ledesma nel 1935.

Le sue fasce di appoggio erano i conservatori e reazionari ed i contadini, cui propagandava il ritorno alle sane tradizioni agricole della Spagna del XVI secolo. Egli tendeva anche a un recupero spirituale di identità religiosa e nazionale, dipingendo la nazione come un'essenza metafisica.

Fondò delle squadre armate appoggiate dai monarchici, i quali vedevano di buon grado una contrapposizione militare ai partiti e sindacati operai, tesa anche a dimostrare l'incapacità della repubblica nella gestione dello stato.

Nelle elezioni generali del 1936, la Falange ottenne solo lo 0,7% dei voti, ma, grazie a azioni sempre più aggressive, crebbe rapidamente e in luglio contava già più di 40.000 membri.

Primo de Rivera fu un sostenitore della rivolta militare del luglio 1936 contro il governo repubblicano e, durante la guerra civile spagnola, la Falange divenne il movimento politico dominante tra i nazionalisti. De Rivera scrisse il testo dell'inno falangista Cara al Sol.

Nel 1936 il governo repubblicano dichiarò illegale la Falange, in quanto responsabile di disordini pubblici, tra cui il tentato omicidio del professore di diritto Luis Jiménez de Asúa, e ne incarcerarono il capo, cioè de Rivera stesso, prima nel Carcere Modello di Madrid, e poi, dal 5 giugno ad Alicante, dove si trovava quando il 18 luglio si ebbe il colpo di stato militare di Emilio Mola e Francisco Franco, che diede il via alla guerra civile (1936-39). Rimase prigioniero ad Alicante fino a quando venne giustiziato il 20 novembre 1936.

Il regime di Francisco Franco sviluppò un culto della personalità attorno a José Antonio, anche per ottenere l'appoggio dei falangisti. Egli era un "martire della Crociata" (si veda El Ausente). Sui muri esterni di ogni parrocchia spagnola, c'era una targa che commemorava i soldati locali morti duante la guerra civile (Caídos por Dios y por España, "Caduti per Dio e la Spagna"). Il nome di de Rivera era il primo della lista su ogni targa e il nome José Antonio divenne molto diffuso in Spagna.

La sorella di José Antonio, Pilar Primo de Rivera, fondò la Sección Femenina (il ramo femminile della Falange). La Sección Femenina svolse un gigantesco lavoro ricompilando sistematicamente tutte le differenti tradizioni delle regioni spagnole (gastronomia, musica, danze, eccetera) e seguì le indicazioni dei "18 punti della donna falangista" che intendevano riportare le donne al loro "ruolo naturale" di sottomissione.

Franco ordinò la costruzione del mausoleo della Valle de los Caídos, dove giace oggi il corpo di de Rivera. Quasi quarant'anni dopo (1975), il 20 novembre, Franco morì (si sospetta che la sua vita venne prolungata artificialmente per giungere a tale significativa data). Il corpo di Franco venne interrato a fianco di quello di de Rivera.

José Antonio non considerava il suo movimento (chiamato nazionalsindacalismo), come un movimento fascista, in quanto i due avevano in comune solo l'esaltazione del concetto nazionale.

Il 20 novembre rimane una data simbolica per l'estrema destra spagnola. L'ultima statua rimasta in Spagna di Primo de Rivera venne rimossa da Guadalajara nel marzo 2005 dopo che il governo decise che non era adatta ad uno stato democratico. C'era anche la preoccupazione che fosse divenuta un luogo di pellegrinaggio per gli estremisti di destra.



LA FALANGE SPAGNOLA



Il movimento politico denominato Falange Española y de las J.O.N.S. nasce negli anni '30 a Madrid dall'Unione della Falange di José Antonio Primo de Rivera con le Juntas de Ofensiva Nacional-Sindicalista (JONS) di Onésimo Redondo Ortega e Ramiro Ledesma Ramos. Il movimento, che si definiva nazional-sindacalista, proponeva un programma di tipo rivoluzionario, in parte ispirato ai movimenti nazionalisti/fascisti europei dell'epoca, che coniugava il rispetto dei tradizionali valori storici spagnoli con una politica di forte rivolgimento sociale caratterizzata dall'instaurazione di un ordinamento di tipo corporativo, dalla socializzazione dei mezzi di produzione e dal superamento della democrazia parlamentare a favore di nuovi strumenti di partecipazione popolare. Ebbe sempre un forte orientamento nazionalista, anti socialista ed anti liberale.

Il nuovo raggruppamento fu presentato il 4 marzo del 1934 al Teatro Calderon di Valladolid, in conseguenza dell'accordo del precedente 13 febbraio tra Primo de Rivera e Ramiro Ledesma. I simboli del nuovo movimento furono la bandiera rossa e nera delle J.O.N.S. e il giogo con un fascio di cinque frecce tradizionale emblema dei re cattolici. Nell'ottobre del 1934 si tenne il primo Consiglio Nazionale a Madrid, nel quale Josè Antonio fu nominato capo unico e furono adottati la famosa Camisa Azul, come uniforme, ed il saluto romano. Successivamente fu fondato "Arriba Espana" l'organo ufficiale del movimento. José Antonio, figlio del generale Miguel Primo de Rivera y Orbaneja, dittatore dal 1923 al 1930, fu senza dubbio la figura più importante della Falange di cui elaborò la dottrina ed il programma politico. Le fortune politiche della Falange procedettero a fasi alterne fino alle elezioni del febbraio 1936 vinte dal Fronte Popolare; da quel momento i militanti del movimento crebbero costantemente, passando dai 40.000 del 1936 agli oltre 500.000 del 1939, alla fine della Guerra Civile Il 14 marzo José Antonio fu arrestato dalla polizia politica dopo che la sua elezione nel distretto di Cuenca era stata invalidata per privarlo dell'immunità parlamentare. Il 18 luglio con l'Alzamiento (la rivolta) militare guidato dai generali Francisco Franco, Emilio Mola e Josè Sanjurjo scoppiò la Guerra Civile ed il successivo 20 novembre, dopo un processo sommario di dubbia legalità tenutosi tra il 13 ed il 18 novembre, Josè Antonio venne fucilato nel carcere di Alicante, dove era detenuto. La data del 20 novembre diverrà poi una delle ricorrenze più importanti del regime franchista. Nei mesi successivi caddero anche tutti gli altri capi del movimento, nessuno dei quali sopravvisse alla guerra. La debolezza politica dei nuovi dirigenti favorì il decreto di unificazione del 19 aprile del 1937 con il quale Franco unì sotto il suo comando i movimenti nazionalisti, fondendo la Falange e la Comunione Tradizionalista nel nuovo Partito Unico "Falange Espanola Tradicional y de las JONS" di cui si autoproclamò Capo Nazionale. La maggior parte dei falangisti accettò la confluenza nel "Movimiento Unificado" di Franco, mentre quelli che si opposero vennero arrestati e processati. Il capo del movimento Manuel Hedilla, che rifiutava di riconoscere l'autorità politica di Franco, fu addirittura condannato a morte per tradimento. La condanna venne poi commutata ma Hedilla restò in carcere fino alla fine degli anni '40. L'attività politica dei falangisti dissidenti continuò nella clandestinità sino alla morte di Franco nel 1975.

La Falange partecipò attivamente alla Guerra Civile con suoi reparti militari che costituivano in genere le truppe d'assalto delle divisioni nazionaliste. Successivamente Franco, che non era nè diventò mai falangista, ne sterilizzò gradualmente gli impulsi, utilizzando il movimento e la sua ideologia per contrapporsi simbolicamente alle ideologie socialista, marxista e liberale che riteneva nemiche dalla tradizione spagnola. Tuttavia nel lungo periodo della sua dittatura la Falange ed il suo fondatore restarono sempre e solo vuoti simboli a sostegno di un potere autocratico. Il programma politico e sociale della Falange non fu mai realizzato, neppure in minima parte, e dopo la fine degli anni quaranta, con la graduale emarginazione di Serrano Suner (cognato di Franco e capo dei falangisti) i suoi uomini non occuparono più significative posizioni di potere e di governo. Josè Antonio è seppellito nella Valle de los Caídos sotto la croce dell'altar Maggiore in una tomba a fianco di Franco.


Testi tratti da WIKIPEDIA



Josè Antonio e la Falange Spagnola (http://www.agbravettapisana.org/nuova_pagina_13.htm)

Avamposto
18-08-10, 01:18
Josè Antonio Primo de Rivera



Nato il 24 aprile del 1903. Figlio del generale Miguel Primo de Rivera, che aveva tenuto la dittatura in Spagna dal 1923 al 1931, con l'appoggio del re Alfonso XIII. Avvocato dal 1925, cattolico e monarchico, il 29 ottobre del 1933 fonda a Madrid, nel teatro della “Comedia”, il Movimento nazionalsindacalista della Falange, d'ispirazione fascista, insieme a Julio Ruiz de Alda e all’avvocato Alfonso Garcia Valdecasas. In questa occasione pronuncia un discorso in cui si possono trovare tutte quelle idee che saranno guida al Falangismo: la Patria come missione storica; lo stato come strumento efficace ed autoritario per l’adempimento di tale missione; l’aspirazione ad una giustizia sociale al di là del capitalismo e del marxismo; la condanna della lotta di classe e dei partiti; l’esaltazione della famiglia e delle corporazioni come nuclei naturali vitali; il riconoscimento della tradizione cattolica spagnola; la visione impersonale della vita, improntata al sacrificio ed al servizio. Il suo simbolo sarà quello cattolico dei re Isabella e Ferdinando d’Aragona, che nel 1469 posero le basi per l’unificazione spagnola: un giogo che stringe cinque frecce su una bandiera rosso nera. Eletto nello stesso anno alla Cortes, lotta accanitamente contro il governo repubblicano. Nel suo pensiero politico, propone di formare una elitè di uomini decisi a conquistare la gioventù offrendo loro l'entusiasmo di un'idea nazionalista. Dal fascismo italiano mutua l'ideologia, il saluto romano, l'inquadramento paramilitare degli aderenti, solo la camicia è azzurra invece che nera. Le camicie azzurre, così furono soprannominati i falangisti per il colore delle loro divise, si presentano alle elezioni del febbraio del 1936, ma non riescono ad eleggere neppure un deputato. Inizialmente Primo de Rivera è in contrasto coi militari e con Franco, aderisce solo alla fine al progetto insurrezionale. Arrestato il 15 marzo del '36, in seguito ad un ennesimo attentato falangista, su ordine del governo del Fronte Popolare (ma con l'accusa ufficiale di porto d'arma illegale), viene trasferito nel carcere di Alicante. Giudicato sommariamente dopo l'inizio della Guerra civile, viene condannato a morte e fucilato il 20 novembre del 1936 in un cortile del carcere di Alicante. Il movimento franchista lo celebra come martire e i falangisti lo chiamano "l'assente". Il suo corpo è sepolto nel monumento nella Valle de los Caidos, costruito nella Sierra di Guadarrama, in memoria dei morti della guerra civile.



Guerra di Spagna, biografia Primo de Rivera (http://www.storiaxxisecolo.it/antifascismo/Guerraspagna6a.htm)

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18-08-10, 01:20
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18-08-10, 01:24
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