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Majorana
06-08-10, 20:55
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Majorana
06-08-10, 20:57
La farsa delle energie alternative
di Eugenio Benetazzo

Tanto per iniziare sappiate che non possiamo chiamarle energie alternative, ma caso mai derivative, in quanto non rappresentano assolutamente una alternativa, quanto piuttosto una fonte di energia che deriva anch’essa da un diverso utilizzo del petrolio.
Se qualcuno pensa di poter avere i pannelli fotovoltaici senza poter disporre di greggio in abbondanza ed a buon mercato, è il caso che si sintonizzi su Italia Uno per guardare i provini del Grande Fratello.
Per spiegare a tutti la reale portata dell’impatto delle energie derivative mi è necessario soffermarmi sulla evoluzione storica della civiltà umana: non vi preoccupate cercherò di essere il meno noioso possibile.

Come si è arrivati al petrolio ? Semplice: da un progressivo processo di sostituzione di una risorsa con un’altra a causa dell’esaurimento della prima e del lievitare del suo costo di approvvigionamento.
Così è successo quando si passò dal legno al carbone. Inizialmente il legno era disponibile in quantità impensabili, era abbondante ed a buon mercato: basti pensare che la copertura forestale in Europa agli inizi del 1600 era quasi del 90 %. La necessità di avere terreni da coltivare unita alla richiesta di legna per il riscaldamento provocò un lento e progressivo disboscamento in tutta Europa. Quando anche la legna cominciò a diventare molto costosa (a causa della sua diminuita abbondanza), venne individuato il carbone come un interessante sostituto: interessante perché vista l’abbondanza iniziale era decisamente poco costoso.

Il carbone era conosciuto sin dai tempi dell’impero romano, ma non veniva utilizzato perché sporcava sia quando bruciava e sia quando veniva trasportato: per questo motivo si preferiva la legna molto più rassicurante per gli usi casalinghi.
All’inizio del diciassettesimo secolo il carbone diventa il vero e proprio componente energetico volano di un primo gradiente evolutivo: la nascita della civiltà industriale.
Il carbone trova ottima applicazione anche nel funzionamento delle prime macchine a vapore che rappresenteranno la chiave di svolta per la trasformazione delle società da economia rurale a economia di mercato. Il successivo passo ci porta allo svuotamento delle campagne: milioni di contadini in tutta Europa abbandonano la coltivazione della terra (lavoro molto pesante, ma al tempo stesso molto salutare e gratificante) per spostarsi nei grandi sobborghi industriali per lavorare come operai. Il capitalismo nasce e si evolve grazie ad una risorsa energetica allora abbondante ed a buon mercato: il carbone.

L’industria tessile per prima si fa portavoce di questo sensazionale mutamento: non si vive più per lavorare, ma si lavora per vivere. Le grandi metropoli iniziano a trasformarsi, sia dal punto di vista urbano che dal punto di vista socioeconomico: nascono i primi quartieri ghetti e nasce la lotta di classe.
Il carbone consente di riscaldare le abitazioni (un tempo sempre molto fredde), consente di far funzionare fucine e macchine a vapore per tenere in movimento telai, motori e rotative.
L’uomo non si alza più quando canta il gallo all’alba, ma con la sirena delle fabbriche che lo sveglia per ricordagli che tra poco inizia il turno di lavoro.
Si è abbandonato una vita incontaminata a stretto contatto con la natura, per scegliere di passare la propria vita dentro uno stabilimento industriale, al buio, in mezzo alla confusione di macchine e rumori di ogni sorta. Già allora, città come Londra apparivano all’occhio del viandante forestiero, città invivibili, corrotte dai costumi, dall’alcol, dalla prostituzione e dall’inquinamento.

Nel frattempo i giacimenti di carbone smettono di essere convenienti in quanto il carbone in superficie si era esaurito ed era necessario iniziare ad estrarlo: nascono le prime miniere di carbone.
La risorsa energetica che ha consentito quanto abbiamo esposto finora comincia tuttavia a diventare costosa: qualcuno in America si accorge che si può ottenere altrettanta energia dalla sfruttamento di un liquido nero, che sembra carbone liquefatto. Inizia l’era del petrolio.
In un primo tempo viene utilizzato per illuminare le strade nelle grandi città metropolitane. Alla fine del 1800 in città come Francoforte, Parigi e Londra vi erano milioni di cavalli che venivano utilizzati per trascinare carrozze, diligenze, carri merci e via così. Mantenere un cavallo era costoso, pochi se lo potevano permettere, inoltre ognicavallo sporcava abbondantemente con le sue naturali deiezioni. Qualche decina di migliaia di cavalli in città come New York o Londra possono creare un vero e proprio problema per l’igiene e la salute pubblica.

Si intuisce l’importanza di poter spostare uomini e merci velocemente ed a costi ragionevoli: dal petrolio nascono moltissimi derivati, gli idrocarburi ed i composti sintetici.
Nasce l’era dell’industria per eccellenza, quella dell’automobile ed al suo fianco quella della petrolchimica: vengono inventati materiali assolutamente rivoluzionari, poco costosi ed indistruttibili, come il nylon. Siamo nella seconda metà del secolo appena passato.
L’era della petrolchimica apre le porte ad una seconda rivoluzione industriale: quella dei personal computer che consentiranno in meno di vent’anni di sostituire l’uomo in molteplici mansioni di routine.
Ma il contributo maggiore che ha dato il petrolio all’evoluzione umana non lo troviamo nell’industria automobilistica, quanto in quella agroalimentare.
Tanto per iniziare in meno di 100 anni la fertilità e produttività dei terreni è spaventosamente aumentata di circa il 5 % all’anno, proprio di pari passo all’aumento dell’offerta petrolifera.
Per farvi un esempio lampante un secolo fa, da un ettaro coltivato a mais si ottenevano circa 20 quintali per ettaro, oggi si arriva ad oltre 120 quintali (stranamente nello stesso tempo la popolazione umana è passata da un milardo agli oltre sei attuali) !

Questo strepitoso aumento di disponibilità alimentare al pari della superficie coltivata è stato possibile solo grazie al greggio ed a tutte le sue invenzioni collegate: i trattori, le mietitrebbiatrici, le pompe di irrigazione, i fertilizzanti sintetici ed i pesticidi, che per quanto possano essere denigrati, hanno consentito di soddisfare il fabbisogno alimentare della civiltà umana, man mano che questa cresceva esponenzialmente.
E perché cresceva così tanto la popolazione mondiale ? Per diretta conseguenza del cambiamento di vita sia alimentare che salutare: in quanto abbiamo avuto la possibilità di nutrirci con una varietà e ricchezza ed abbondanza alimentare che nessun’altra generazione prima di noi ha potuto avere. Questo ha consentito all’organismo di essere più forte contro gli attacchi esterni e di procreare con una progressione esponenziale impensabile fino a qualche secolo fa.
Grazie al petrolio abbiamo potuto avere le coltivazioni intensive che a cascata alimentano gli allevamenti intensivi di bestiame (bovini, suini ed ovini). Pensate a quante volte mangiate carne durante il giorno: fino a 70 anni fa la carne si mangiava una volta ogni 15 giorni, in occasioni di feste e ricorrenze popolari.

Senza greggio questa catena alimentare (artificialmente sovralimentata) non potrebbe continuare a sostenersi, in quanto non potremmo avere raccolti abbondanti per alimentare la crescita, l’ingrasso ed il riciclo degli animali di allevamento.
Non dimentichiamo inoltre il prolungamento della vita media provocato dalla capillare diffusione e produzione di farmaci da banco (pensiamo solo alla volgare aspirina o al paracetamolo).
Capite quindi da questo sintetico excursus storico come sia assolutamente fuori luogo pensare di poter sostituire una risorsa che ci ha trasformato e ha trasformato le nostre vite.
Non mi devo chiedere se in futuro ci sarà benzina per mettere in moto il mio suv, quanto piuttosto se il supermercato sotto casa verrà rifornito di ortaggi e alimenti preconfezionati, oppure se alcune aree metropolitane troveranno i mezzi per sostenersi dal punto di vista alimentare.

Le fonti di energia alternativa, anche se sono energie derivative, non risolveranno MAI totalmente e PER TUTTI i problemi e le difficoltà a cui stiamo andando incontro.
In futuro l’energia, specialmente quella elettrica, ci sarà ancora, ma non per tutti e soprattutto non ai prezzi che conosciamo ora. Avrà una erogazione a singhiozzo, con periodi molto frequenti di blackout: ma questo solo per chi sarà molto ricco. Per gli altri si ritornerà indietro: molto indietro, la candela sarà già un lusso. Se qualcuno sta pensando ai pannelli solari, è meglio che se li scordi: non si potrà mai avere pannelli fotovoltaici per tutti. E perché ? Perché per fabbricarli, assemblarsi e trasportarli occorre petrolio, proprio quello che dovrebbero sostituire in toto !
Un pannello fotovoltaico è costituito di svariati elementi minerali: silicio, rame, cadmio, indio, gallio. Solo per estrarre una tonnellata di rame servono 8 barili di petrolio ! Spero non penserete di spostare un trattore John Deere del peso di 10 tonnellate con i pannelli fotovoltaici sul tetto della cabina di pilotaggio !
E i fertilizzanti ed i pesticidi con che cosa li sostituite ? Gli aerei e le navi traghetto con cosa li spostate ? Con l’idrogeno ?

Una delle più grandi bugie che vi hanno raccontato sulla circolazione delle automobili è che i carburanti come la benzina ed il gasolio verranno sostituiti dalle cosi dette celle a idrogeno.
Per chi non lo sapesse, sono una sorta di pila a vita eterna che produce energia elettrica dalla catalisi dell’idrogeno. Celle a combustibile ce ne saranno in futuro: alcuni milioni, forse.
Ma di certo non li avrete voi, ma solo come ho detto prima, le persone più ricche, proprio come avveniva 70 anni fa quando l’automobile era un lusso per pochi.
La nostra specie si è straordinariamente trasformata in meno di 100 anni, cambiando abitudini, stili di vita e regime alimentare. Sempre in questo lasso di tempo è esponenzialmente proliferata passando da un miliardo di persone a oltre i sei: tutto questo è stato possibile grazie ad un impareggiabile prodotto, il petrolio, che adesso sta iniziando a diminuire nella sua disponibilità.
Come uno stupido sciame di locuste abbiamo depredato la terra di questo bene, riproducendoci senza limiti e consumandolo per ogni insensato uso (pensiamo ai suv).
Le conseguenze saranno senza precedenti storici, perché con NULLA è possibile sostituire quello che ha fatto per noi e per il nostro stile di vita questo straordinario prodotto del nostro pianeta.

Eugenio Benetazzo
www.eugeniobenetazzo.com/tour.html
www.youtube.com/eugeniobenetazzo

La farsa delle energie alternative (http://www.disinformazione.it/farsa_energie_alternative.htm)

Majorana
06-08-10, 20:59
Il picco di produzione del petrolio
di Eugenio Benetazzo, tratto da “BEST BEFORE: preparati al peggio”

Cercherò di spiegarvi con termini molto semplici questo argomento, sottolineando la criticità che caratterizza questo fenomeno per il momento storico in cui viviamo. Con il termine picco di produzione massima del petrolio si vuole individuare un’epoca temporale nella storia della civiltà umana in cui il quantitativo di greggio complessivamente estratto in tutto il pianeta inizia progressivamente a diminuire, lentamente anno dopo anno. Questo significa che se oggi vengono estratti in tutto il mondo 80 milioni di barili al giorno, tra due anni se ne potranno estrarre solo 78, tra quattro anni solo 75, tra dieci anni solo 70, tra quindici anni solo 60, e così via, presumibilmente per altri 40/45 anni.

Il motivo di questa contrazione è dovuto naturalmente a cause geofisiche, infatti man mano che il greggio viene estratto da ogni giacimento, si assiste ad una diminuzione della pressione interna e ad un graduale esaurimento delle riserve stratificate di petrolio, in proporzione alla sua fluidità. Per prime vengono estratte le parti più fluide e più leggere e successivamente quelle più viscose e pesanti. In termini industriali perciò, dalla scoperta di un giacimento di petrolio, si assiste ad una esponenziale crescita nel tempo dei volumi di estrazione sino ad un momento in cui questo trend, prima si arresta dopo aver realizzato un massimo (un cosi detto picco), e lentamente inverte la sua dinamica andando ad assottigliare nei periodi temporali seguenti i volumi di estrazione.

Questo fenomeno è stato descritto ed analizzato ancora agli inizi degli anni 50 dall’emerito Prof. Marion King Hubbert, forse il più fenomenale geofisico incompreso esistito su questo pianeta.
Il Prof. Hubbert, scomparso nel lontano 1989, fu il direttore delle Ricerche per la Shell in Texas durante gli anni cinquanta ed anche un prestigioso docente presso le migliori università statunitensi: la Columbia University , Stanford University, Johns Hopkins University ed il MIT.
Si distinse nel mondo accademico per una sua personale teoria geofisica riguardante lo sfruttamento delle risorse di un giacimento, teoria che venne condensata attraverso una rappresentazione grafica denominata Curva di Hubbert.

Innanzitutto stabilì che la produzione di greggio da un giacimento non rispecchia questo tipico schema di sviluppo: scoperta del giacimento, crescita dei volumi di estrazione sino ad un determinato livello di stabilità, mantenimento dei livelli di stabilità per un lungo periodo e successivamente improvvisa riduzione a zero in seguito alla fine di tutto il petrolio.
Se ci pensate un attimo questo è nell’immaginario collettivo, si pensa che si continuerà ad estrarre petrolio sino a quando ce ne sarà sul fondo. Assolutamente nulla di tutto questo.
In base agli studi di Hubbert, la produzione di greggio tende piuttosto a seguire una curva a campana: ogni giacimento petrolifero, pertanto, è caratterizzato da una curva produttiva ascendente, destinata a realizzare un picco, infine un arco produttivo discendente quando la pressione interna cala.

Facciamo un esempio concreto: il primo pozzo che perfora un giacimento è in grado di estrarre solo una quantità limitata di oro nero, tuttavia aumentando il numero dei pozzi si può progressivamente aumentare la produzione nel complesso.
In un primo tempo quindi la produzione aumenta rapidamente in quanto si riesce ad avere accesso al petrolio di prima superficie. Barile dopo barile invece, si rivela sempre più difficile arrivare al greggio che rimane: la produzione inizia a diminuire, anche se si continuano a trivellare nuovi pozzi.
Il picco di produzione si manifesta quando sarà stata estratta quasi la prima metà di ogni giacimento. Alla fine risulterà fisicamente impossibile ed economicamente non conveniente riuscire ad estrarre anche l’ultimo barile.

Hubbert, pertanto, immaginò che come ogni giacimento, anche ogni area petrolifera e di conseguenza ogni nazione dovessero seguire lo stesso tipo di curva a campana, e quindi essere soggette al raggiungimento di un picco di produzione nazionale.
Nel 1956, in seguito ad analisi personali sul tasso di crescita degli USA dal 1850 al 1950, il Prof. Hubbert, sulla base di quanto descritto sopra, allertò le comunità finanziarie ed i mercati petroliferi che, molto prima di quello che si sarebbe potuto immaginare, gli Stati Uniti d’America avrebbero raggiunto il loro picco di produzione petrolifera, e perciò in seguito sarebbero statti costretti a rifornirsi altrove di greggio. Nel dettaglio Hubbert individuava tra il 1971/1973 il periodo temporale nel futuro in cui gli USA avrebbero iniziato a diminuire progressivamente i loro volumi di estrazione.

Il povero Hubbert venne mediaticamente deriso e bannato come un profeta di sventura o un uccello del malaugurio
Occorre a questo punto fare un quadro macroeconomico di quel periodo storico prima di fare ulteriori considerazioni sulla curva di Hubbert e sulle sue previsioni.
Tanto per iniziare durante gli anni cinquanta, gli USA erano esportatori netti di petrolio nei confronti del mondo intero, ed erano anche il più grande esportatore al mondo, vale a dire che estraevano dal loro sottosuolo molto più petrolio di quanto ne avessero bisogno ed esportavano il resto a chi ne faceva richiesta. In questo stesso periodo storico ha origine l’egemonia valutaria del dollaro americano, come moneta principe per gli scambi internazionali.

Il dollaro divenne la moneta richiesta su scala internazionale proprio perché era necessaria per acquistare il petrolio dagli Stati Uniti. Senza dollari i paesi e le grandi corporations del pianeta non potevano acquistare il petrolio: fu così che per tacita convenzione mercantile, il dollaro divenne una valuta richiesta e detenuta perché con essa si poteva acquistare il greggio.
In quel periodo storico la capitale del mondo per importanza strategica era Dallas e non New York: in Texas, infatti, risiedevano le più potenti e ricche compagnie petrolifere americane, dalla Texaco alla Exxon.
Il petrolio sgorgava con quantitativi sbalorditivi dai pozzi americani, e nessuno avrebbe mai pensato che un giorno questo trend si sarebbe potuto interrompere.

In virtù di questo ottimismo irrazionale e dilagante, come se nessuno sapesse che come risorsa limitata il petrolio prima o poi si sarebbe esaurito, il Prof. Hubbert venne tacciato di catastrofismo e ridicolizzato come uno iettatore. Ricordiamolo ancora: era il 1956.
Nel frattempo gran parte del mondo occidentale era in piena ricostruzione postbellica e necessitava di materie prime in quantitativi industriali, quindi carburanti ed additivi chimici possibili grazie alla petrolchimica. Verso la fine di quel decennio a seguito della fame che il mondo aveva di petrolio, vennero scoperti, a forza di cercare, i più grandi giacimenti del pianeta, proprio in quelle zone oggi oggetto di attenzione proprio da parte degli usa: il Medio Oriente.
Fu agli inizi degli anni 60 che gli USA vendettero l’anima al diavolo pur di tutelarsi in termini di approvvigionamento petrolifero: in quegli anni infatti gli Stati Uniti allargarono la loro federazione al 51 esimo stato. l’Arabia Saudita, attraverso un vero e proprio patto strategico.

Tuttavia, all’inizio degli anni settanta, per la precisione nel 1971, successe qualcosa di inaspettato, gli USA piccarono ovvero raggiunsero i volumi massimi di capacità estrattiva, e a partire da quell’anno videro diminuire sensibilmente e progressivamente la loro produzione di greggio, anno dopo anno. L’analisi ed i moniti di Hubbert, 25 anni prima, si dimostrarono impeccabili. Hubbert aveva ragione. Tuttavia questa crisi strutturale dal punto di vista mediatico passò piuttosto inosservata in quanto qualcos’altro di inaspettato teneva in apprensione l’intero pianeta: l’embargo petrolifero del 1973.
L’incapacità degli USA di mantenere i propri volumi di estrazione al pari degli anni precedenti creò indirettamente le condizioni di mercato affinché un evento allora imprevisto mettesse in ginocchio tutte le economie occidentali con in testa proprio la locomotiva statunitense.

Gli aiuti militari degli USA a favore di Israele in conflitto contro l’Egitto (nella così detta guerra dello Yom Kippur) si trasformarono in un boomerang dagli effetti inaspettati. I paesi produttori arabi interruppero le forniture petrolifere agli Stati Uniti, rei di aver dato sostegno ad un paese ostile e nemico delle comunità arabe. I prezzi del greggio al barile quadruplicarono nel giro di qualche mese (passando dai 3 $ ai 12 $ al barile), mai fino ad allora il mondo comprese la natura essenziale e sostanziale del fluido nero per la stabilità dei sistemi economici.
A distanza di alcuni anni, sempre ancora per ragioni politiche, un secondo contingentamento petrolifero colpì i mercati di approvvigionamento mondiali: nel 1979 il rovesciamento del regime dello scià in Iran, insediato al potere grazie all’intervento della CIA nel lontano 1953.

Questo evento fece da detonatore al conflitto tra IRAN ed IRAQ, due dei maggiori produttori di petrolio del mondo. La sopraggiunta scarsità di greggio sui mercati mondiali contribuì a spingere il prezzo del petrolio oltre i 30 $ al barile.
Le conseguenze di questi due shock ai prezzi ed alle quantità di petrolio si protrassero per quasi dieci anni con una inflazione quasi galoppante (oltre il 10 %) del costo di tutte le merci e delle materie prime. Fu allora che gli Stati Uniti e le sette sorelle (Exxon, Royal Dutch Shell, British Petroleum, Texaco, Chevron, Gulf, Mobil) capirono che, per garantire una crescita costante nel tempo del PIL e soprattutto per non dare scossoni ai bilanci ed alle quotazioni azionarie delle grandi corporation, era di vitale importanza, quasi una priorità nazionale, garantire che gli approvvigionamenti di greggio fossero stabili, sicuri e non da meno anche a prezzi molto contenuti. Finivano gli anni settanta.

Gli anni che seguirono furono incentrati alla ricerca ed individuazione di grandi aree di rifornimento sul globo terrestre al fine di calmierare lo strapotere dei sauditi ed il peso mediorientale.
Vennero così individuate tre nuovi grandi bacini di interessenza mondiale per il greggio: il giacimento del Golfo del Mexico, il giacimento in Alaska (Prudhoe Bay) ed il giacimento del Mare del Nord.

Questi tre contenitori per i successivi 20 anni non fecero altro che pompare greggio ed inondare i mercati anche quando non ve ne era bisogno (alla faccia dell’OPEC) consentendo di mantenere molto competitivo il prezzo del greggio al barile, toccando addirittura il minimo di 10 dollari nel 1998.
Questa fenomenale ondata di greggio, abbondante ed a buon mercato, ha consentito di dare slancio alla locomotiva statunitense per quasi un ventennio, con le ovvie conseguenze a cascata per tutte le economie del pianeta. La ricchezza prodotta grazie al greggio di quel periodo ha generato una vera propria corsa dei listini di borsa: dai 2.000 punti del Dow Jones nel 1980 ai 12.500 nel 2000.
Dal 2000 ad oggi tuttavia qualcosa sembra essere accaduto, perché senza crash o embarghi petroliferi, il prezzo del petrolio ha iniziato a salire lentamente e progressivamente, sino ad arrivare agli 80 USD nell’estate 2006. Ma cosa è successo ? Lo spettro del picco di produzione mondiale del greggio comincia ad inquietare i mercati e le comunità finanziarie.

Il picco di produzione del petrolio (http://www.disinformazione.it/picco_produzione_petrolio.htm)

Avanguardia
07-08-10, 00:47
"Best before-preparati al peggio" è un testo ottimo e assai semplice.
Belli anche i documentari "bleckjeck aspettando un nuovo 1929" e "l' economia allo sbando".
Che le energie alternative siano una farsa, almeno se si pretende con esse di portare avanti questo modello di sviluppo, lo dimostra la scelta della Finlandia per far fronte ai problemi energetici. La Finlandia dovrebbe essere uno dei paesi più avanti sul tema delle energie alternative. E invece sapete cosa ha fatto?
Ha deciso la costruzione di 2 nuove centrali nucleari, e c'è ne un' altra già in costruzione.
Nello show di Grillo "un grillo mannaro a Londra", Grillo intervista la ministro dell' ambiente della Gran Bretagna. Sapete cosa gli ha risposto? Che senza il nucleare non è possibile soddisfare la domanda di energia elettrica richiesta dal sistema industriale!
Anche Obama ha deciso la costruzione di nuove centrali nucleari.
Sostituendo il petrolio in esaurimento con l' uranio per produrre elettricità, l' uranio si esaurirà in 30 anni anziché dei 60 nel caso i consumi di uranio si mantengano ai livelli attuali.
E poi, torniamo sempre lì, centrali eoliche e solari, anche i vari meccanismi strutturali che sfruttano bio-masse e legno, oltre a essere sempre molto insufficienti per gli standard di consumo occidentali, sono fatti di metalli in esaurimento sulla crosta terrestre, che bisogna andare da estrarre sempre più in profondità, e poi trasportati spesso su lunghe tratte. Quindi tanto petrolio per estrarli e trasportarli, oggi ancora di più perchè devi estrarre i minerali più in profondità.

Avanguardia
07-08-10, 00:51
Quando sento che in Germania devono riuscire a soddisfare il fabbisogno energetico nazionale per il 20 o poco più per cento con fonti rinnovabili, penso: e che, quanto terreno di campagna tolgono per far spazio a pale eoliche abnormi e centrali fotovoltaiche? Così non hanno più terreno per l' agricoltura e i pascoli, devono importare più cibo da fuori, e quindi più consumo di petrolio per i trasporti!

Avanguardia
07-08-10, 00:54
In definitiva, il problema non è tanto petrolio o bio-masse o bio-diesel o solare, ma è il modello di consumo in se che è sballato.
Anzi, la pretesa che le fonti rinnovabili possano sostituire nucleare e petrolio spinge di pù a produrre e consumare, con l' illusione di poter andare avanti all' infinto, quindi si distrugge di più il pianeta, come quando si sente dire che l' AIDS si può guarire e allora la gente riprende a fare sesso con persone non ben note senza prendere le precauzioni.

Majorana
14-08-10, 02:04
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Majorana
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Majorana
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Majorana
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Majorana
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Majorana
16-08-10, 17:47
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Majorana
27-08-10, 21:25
Distinti salumi

http://utenti.multimania.it/paoloesu/jacovitti.jpg

Se ci fosse un modo per vendere allo scoperto l’Italia, non ci penserei un attimo. Per chi non è del mestiere con questa terminologia si denominano le operazioni finanziarie effettuate con l’intento di ottenere un profitto a seguito di un trend o movimento ribassista delle quotazioni di un qualsiasi bene quotato in una borsa valori. Fortunatamente, per voi che leggete, il valore delle vostre case, il valore della laurea di vostro figlio, il valore del comprensorio turistico in cui andate a fare le vacanze o il valore del benessere della città in cui vivete non sono oggetto di quotazione presso nessun mercato borsistico. Se cosi fosse infatti, avremmo assistito all’arrivo di migliaia di speculatori pronti a vendere allo scoperto un paese che nel suo complesso è destinato progressivamente a perdere di valore.

Vi accorgete di quanto valiamo come paese o come popolazione lavorando o interagendo con altre nazionalità (Stati Uniti a parte), in cui quello che è normale o consuetudinario negli altri stati, in Italia è straordinario oppure eccezionale. Da due anni si continua a parlare ormai di questa famigerata crisi finanziaria che ora è diventata crisi planetaria e che ha ripercussioni molto rilevanti anche in Italia: vi faccio una domanda. Pensate seriamente che le persone al momento al governo o all’opposizione, le quali sono state artefici di aver condotto il paese alla sfida della globalizzazione, senza ipotizzare alcun tipo di difesa, siano adesso in grado di risolvere i problemi che quest’ultima ha procurato allo stesso paese. Chi siede a Bruxelles o Roma a rappresentarci ha un’età media oltre i sessant’anni, lo stesso premier è ormai in prossimità degli ottanta anni: tutti loro sono ormai mentalmente obsoleti, incapaci di astrarsi intellettualmente per comprendere su cosa e come intervenire, capaci solo di aizzarsi per le solite beghe di partito. Non me la prendo più di tanto con Berlusconi, Fini, D’Alema, Bersani, Bossi o Casini, ma con chi li vota. Alla fine gli italiani hanno la classe politica che si merita e la stessa si dimostra un fedele specchio del paese.

Quei pochi vanti che avevamo nei confronti di altre nazioni non li abbiamo mai coltivati a sufficienza, lasciandoli appassire lentamente: qualcuno mi ricorda come in più occasioni abbia menzionato il mancato sfruttamento del potenziale turistico ed artistico italiano. Non rinnego questa mia constatazione, tuttavia soffermiamoci a riflettere su come è strutturato questo potenziale inespresso: migliaia di alberghi, pensioni, residence ormai fatiscenti, la maggior parte a conduzione familiare, risalenti, assieme all’arredamento, a oltre trent’anni fa. Per non parlare delle logiche campanilistiche di attrazione ed accoglienza turistica di enti locali, aziende di soggiorno ed associazioni di albergatori che competono una con l’altra. Piuttosto che fare sistema tra di loro preferiscono perdere il cliente: è la logica dell’orto di casa, quello che è mio non lo condivido con nessuno. Purtroppo manca un disegno di regia unitaria che dia l’imprimatur ad una svolta gestionale e direzionale degna del paese che “in teoria” vanta il maggior appeal turistico ed artistico del mondo. Per questo motivo a guidare il Ministero del Turismo ci dovrebbe essere un “dream team” costituito dai migliori marketing manager del mondo, e non una ex valletta di periferia dalle discutibili competenze professionali ed imprenditoriali.

Qualcuno mi scrive confidando molto presto in una rivoluzione, magari in una rivoluzione culturale per cambiare definitivamente il destino di lento e progressivo impoverimento del paese, che ormai vive solo grazie alle montagne di risparmio accantonato e al mercato sommerso dell’evasione fiscale. Ma chi dovrebbe farla questa rivoluzione ? Le forze giovanili attuali ? Prima mi viene da piangere e dopo da ridere: intere generazioni di ragazzi italiani buoni purtroppo a nulla, senza spirito di sacrificio e con professionalità inesistente, tutto questo grazie a scuole superiori e laureifici (leggasi università di stato) attrezzati per elargire una qualche sorta di riconoscimento accademico o suo surrogato. Le lauree italiane (al pari dei diplomi) non servono ormai più a nulla in quanto è cessata da quasi vent’anni la funzione sociale per cui sono state concepite ovvero fare selezione, individuare i più promettenti, scartare gli inetti e bocciare gli incapaci. Care mamme evitate di scrivermi dicendo che vostro figlio è un genio e che sono esagerato: fate così mandatelo a lavorare all’estero, vediamo chi ve lo assume per una mansione dirigenziale. La formazione accademica italiana era tra le migliori (forse la migliore al mondo) fino a 20/25 anni fa, poi lentamente questo primato ci è stato sottratto per l’incapacità di aggiornare il modello scolastico e soprattutto per la lentezza di ammodernizzarsi dell’intero paese. Sicuramente qualcuno che vale esiste (purtroppo sono veramente molto pochi), ma vale per un qualche dono di natura, non certo per quello che le istituzioni scolastiche ed accademiche gli hanno insegnato.

Tra vent’anni in Italia ci scontreremo con un’altra triste realtà, quella di non essere più a casa nostra: grazie infatti ad un liberismo sfrenato alle frontiere, saranno infatti in maggioranza numerica tutte le altre etnie che abbiamo fatto entrare senza tante riflessioni, con un aumento della conflittualità sociale che ora non immaginiamo nemmeno. Aumentano in continuazione invece i paesi occidentali che stanno facendo l’impossibile per far rimpatriare le ondate di immigrazione degli anni precedenti, proponendo addirittura bonus economici a chi se ne ritorna da dove è venuto. Ovunque (persino a Malta), tranne in Italia, ci si rende conto dei disagi e danni economici che hanno provocato gli extracomunitari (abbassamento dei livelli salariali, criminalità per le strade, intolleranza nei confronti della cultura ospitante, prostituzione, disagio e tensione sociale con gli autoctoni). Noi italiani invece per evitare di offendere la sensibilità di qualche attivista per l’integrazione razziale stiamo serenamente lasciando che questa diventi la casa di qualcun’altro. Per le conseguenze che ci aspettano, la gestione dei flussi migratori dovrebbe essere una priorità nazionale. In qualsiasi città italiana andiate vi rendete conto voi stessi di un dato oggettivo: queste persone non solo non si sono integrate, ma nemmeno lo vogliono, ogni etnia infatti si è autoghettizzata per conto proprio (dai cinesi ai nordafricani, ogni comunità vive con le sue regole, fregandosesene del paese che la ospita.

Datemi retta vendete tutto quello che ha senso vendere e accaparratevi quel poco di buono che ancora rimane dell’Italia: tra quindici anni ci chiederemo come sia potuto accadere, come sia stato possibile lasciar marcire il paese fino a qualche anno fa invidiato da tutti. Se qualcuno di voi spera in qualcosa, allora deve sperare che arrivi, emerga o si imponga un nuovo Lorenzo Il Magnifico, una personalità giovane, visionaria, intraprendente, scomoda per l’attuale establishment industriale e politico, che abbia la capacità di rinnovare il paese, e stravolgere la sua popolazione, proprio come fece allora Lorenzo Dè Medici riformando completamente tutte le istituzioni statali dell’epoca e risolvendo le rivalità e le problematiche dei grandi gruppi di potere, assicurando al tempo stesso un periodo di equilibrio, crescita, stabilità e slancio per tutta la penisola. Tuttavia fin tanto che da quasi vent’anni in Italia continuano ad alternarsi a livello politico e mediatico sempre gli stessi attori (da Berlusconi a D’Alema, da Montezemolo a Tatò, da Pippo Baudo a Raffaella Carrà), il problema non sarà tanto come cambiare il paese, ma come cambiare gli italiani, ormai assopiti ed addormentati proprio come recitava il poeta Ugo Foscolo: e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirito guerrier ch'entro mi rugge.


Distinti salumi, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=34210)

Majorana
22-09-10, 12:08
Il futuro dell’Italia tra nichilismo e storia
di Eugenio Benetazzo

http://www.italiasociale.net/alzozero10/az170910-2a.jpg

Se ci fosse un modo per vendere allo scoperto l’Italia, non ci penserei un attimo. Per chi non è del mestiere con questa terminologia si denominano le operazioni finanziarie effettuate con l’intento di ottenere un profitto a seguito di un trend o movimento ribassista delle quotazioni di un qualsiasi bene quotato in una borsa valori. Fortunatamente, per voi che leggete, il valore delle vostre case, il valore della laurea di vostro figlio, il valore del comprensorio turistico in cui andate a fare le vacanze o il valore del benessere della città in cui vivete non sono oggetto di quotazione presso nessun mercato borsistico. Se cosi fosse infatti, avremmo assistito all’arrivo di migliaia di speculatori pronti a vendere allo scoperto un paese che nel suo complesso è destinato progressivamente a perdere di valore.
Vi accorgete di quanto valiamo come paese o come popolazione lavorando o interagendo con altre nazionalità (Stati Uniti a parte), in cui quello che è normale o consuetudinario negli altri stati, in Italia è straordinario oppure eccezionale. Da due anni si continua a parlare ormai di questa famigerata crisi finanziaria che ora è diventata crisi planetaria e che ha ripercussioni molto rilevanti anche in Italia: vi faccio una domanda. Pensate seriamente che le persone al momento al governo o all’opposizione, le quali sono state artefici di aver condotto il Paese alla sfida della globalizzazione, senza ipotizzare alcun tipo di difesa, siano adesso in grado di risolvere i problemi che quest’ultima ha procurato allo stesso paese? Chi siede a Bruxelles o Roma a rappresentarci ha un’età media oltre i sessant’anni, lo stesso premier è ormai in prossimità degli ottanta anni: tutti loro sono ormai mentalmente obsoleti, incapaci di astrarsi intellettualmente per comprendere su cosa e come intervenire, capaci solo di aizzarsi per le solite beghe di partito. Non me la prendo più di tanto con Berlusconi, Fini, D’Alema, Bersani, Bossi o Casini, ma con chi li vota. Alla fine gli italiani hanno la classe politica che si merita e la stessa si dimostra un fedele specchio del Paese.
Quei pochi vanti che avevamo nei confronti di altre nazioni non li abbiamo mai coltivati a sufficienza, lasciandoli appassire lentamente: qualcuno mi ricorda come in più occasioni abbia menzionato il mancato sfruttamento del potenziale turistico ed artistico italiano. Non rinnego questa mia constatazione, tuttavia soffermiamoci a riflettere su come è strutturato questo potenziale inespresso: migliaia di alberghi, pensioni, residence ormai fatiscenti, la maggior parte a conduzione familiare, risalenti, assieme all’arredamento, a oltre trent’anni fa. Per non parlare delle logiche campanilistiche di attrazione ed accoglienza turistica di enti locali, aziende di soggiorno ed associazioni di albergatori che competono una con l’altra. Piuttosto che fare sistema tra di loro preferiscono perdere il cliente: è la logica dell’orto di casa, quello che è mio non lo condivido con nessuno. Purtroppo manca un disegno di regia unitaria che dia l’imprimatur ad una svolta gestionale e direzionale degna del Paese che “in teoria” vanta il maggior appeal turistico ed artistico del mondo. Per questo motivo a guidare il ministero del Turismo ci dovrebbe essere un “dream team” costituito dai migliori marketing manager del mondo, e non una ex valletta di periferia dalle discutibili competenze professionali ed imprenditoriali.
Qualcuno mi scrive confidando molto presto in una rivoluzione, magari in una rivoluzione culturale per cambiare definitivamente il destino di lento e progressivo impoverimento della Nazione, che ormai vive solo grazie alle montagne di risparmio accantonato e al mercato sommerso dell’evasione fiscale. Ma chi dovrebbe farla questa rivoluzione? Le forze giovanili attuali? Prima mi viene da piangere e dopo da ridere: intere generazioni di ragazzi italiani buoni purtroppo a nulla, senza spirito di sacrificio e con professionalità inesistente, tutto questo grazie a scuole superiori e laureifici (leggasi università di Stato) attrezzati per elargire una qualche sorta di riconoscimento accademico o suo surrogato. Le lauree italiane (al pari dei diplomi) non servono ormai più a nulla in quanto è cessata da quasi vent’anni la funzione sociale per cui sono state concepite ovvero fare selezione, individuare i più promettenti, scartare gli inetti e bocciare gli incapaci.
Care mamme evitate di scrivermi dicendo che vostro figlio è un genio e che sono esagerato: fate così mandatelo a lavorare all’estero, vediamo chi ve lo assume per una mansione dirigenziale. La formazione accademica italiana era tra le migliori (forse la migliore al mondo) fino a 20/25 anni fa, poi lentamente questo primato ci è stato sottratto per l’incapacità di aggiornare il modello scolastico e soprattutto per la lentezza di ammodernarsi dell’intero Paese. Sicuramente qualcuno che vale esiste (purtroppo sono veramente molto pochi), ma vale per un qualche dono di natura, non certo per quello che le istituzioni scolastiche ed accademiche gli hanno insegnato.
Tra vent’anni in Italia ci scontreremo con un’altra triste realtà, quella di non essere più a casa nostra: grazie infatti ad un liberismo sfrenato alle frontiere, saranno infatti in maggioranza numerica tutte le altre etnie che abbiamo fatto entrare senza tante riflessioni, con un aumento della conflittualità sociale che ora non immaginiamo nemmeno. Aumentano in continuazione invece i paesi occidentali che stanno facendo l’impossibile per far rimpatriare le ondate di immigrazione degli anni precedenti, proponendo addirittura bonus economici a chi se ne ritorna da dove è venuto. Ovunque (persino a Malta), tranne in Italia, ci si rende conto dei disagi e danni economici che hanno provocato gli extracomunitari (abbassamento dei livelli salariali, criminalità per le strade, intolleranza nei confronti della cultura ospitante, prostituzione, disagio e tensione sociale con gli autoctoni). Noi italiani invece per evitare di offendere la sensibilità di qualche attivista per l’integrazione razziale stiamo serenamente lasciando che questa diventi la casa di qualcun’altro. Per le conseguenze che ci aspettano, la gestione dei flussi migratori dovrebbe essere una priorità nazionale. In qualsiasi città italiana andiate vi rendete conto voi stessi di un dato oggettivo: queste persone non solo non si sono integrate, ma nemmeno lo vogliono, ogni etnia infatti si è autoghettizzata per conto proprio (dai cinesi ai nordafricani, ogni comunità vive con le sue regole, fregandosene del paese che la ospita.
Datemi retta vendete tutto quello che ha senso vendere e accaparratevi quel poco di buono che ancora rimane dell’Italia: tra quindici anni ci chiederemo come sia potuto accadere, come sia stato possibile lasciar marcire il Paese fino a qualche anno fa invidiato da tutti. Se qualcuno di voi spera in qualcosa, allora deve sperare che arrivi, emerga o si imponga un nuovo Lorenzo Il Magnifico, una personalità giovane, visionaria, intraprendente, scomoda per l’attuale establishment industriale e politico, che abbia la capacità di rinnovare il paese, e stravolgere la sua popolazione, proprio come fece allora Lorenzo De Medici riformando completamente tutte le istituzioni statali dell’epoca e risolvendo le rivalità e le problematiche dei grandi gruppi di potere, assicurando al tempo stesso un periodo di equilibrio, crescita, stabilità e slancio per tutta la penisola. Tuttavia fin tanto che da quasi vent’anni in Italia continuano ad alternarsi a livello politico e mediatico sempre gli stessi attori (da Berlusconi a D’Alema, da Montezemolo a Tatò, da Pippo Baudo a Raffaella Carrà), il problema non sarà tanto come cambiare il Paese, ma come cambiare gli italiani, ormai assopiti ed addormentati proprio come recitava il poeta Ugo Foscolo: e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirito guerrier ch’entro mi rugge.


Il futuro dell’Italia tra nichilismo e storia, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=34625)

Majorana
28-10-10, 20:59
G7beXHOtv-4

Majorana
28-10-10, 21:03
_0rUROeiQUM

Majorana
28-10-10, 21:22
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5000 CANDELINE

Strapaesano
28-10-10, 21:22
Benetazzo ministro dell'economia!!!!!

Majorana
10-12-10, 22:52
Neurolandia
di Eugenio Benetazzo

http://www.comedonchisciotte.org/images/1147691000b.jpg

Sono pazzi questi europei: non ci sono più tante giustificazioni a cui aggrapparsi, ormai l’Europa è fallita platealmente, sepolta dal peso insostenibile dei suoi debiti sovrani. La colpa dovrebbe essere tutta addossata ai germanesi, una popolazione che si è sempre contraddistinta in passato per una spiccata etica ed efficienza sul lavoro, quella che purtroppo sembra essere mancata alla stesura embrionale dell’Europa unita concepita oltre dieci anni fa. Non si possono lasciare fallire paesi come Grecia, Portogallo ed Irlanda in quanto i principali detentori dei titoli di stato di questi paesi sono proprio banche e fondi pensione della nazione germanese. Le comunità finanziarie non guardano ad altro, le scommesse su quanto potrà ancora durare questa farsa sono i temi principali dei grandi opertaori di borsa.

Quando allora si inizierà a parlare di fallimento della moneta unica ?

Che futuro può avere un’unione forzata di stati (accomunati dal nulla) il cui delicato equilibrio si basa sulla detenzione del debito dei paesi periferici (leggasi più deboli) da parte dei paesi cosidetti virtuosi (Germania, Francia & Company) ? L’euro tecnicamente è già una moneta fallimentare: non si può obbligare ad usare una divisa troppo forte a paesi che hanno un economia debole (per questa ragione stanno saltando tutti i PIGS). Che senso ha una politica monetaria accentrata per tutti gli stati europei a fronte di oltre una dozzina di tassi di interesse diversi ? Pensateci un momento: quello di cui avevamo veramente bisogno erano questi famigerati Euro Bond ovvero obbligazioni comunitarie emesse dalla BCE ad un unico tasso di interesse, il ricavato del quale sarebbe andato a finanziare i rispettivi paesi, i quali invece devono andare ciascuno singolarmente sul mercato proponendo tassi di interesse il più allettanti possibile.

Sono stati proprio i germanesi di recente che hanno posto il veto agli Euro Bond aprendo nuovamente le scommesse su quanto potrà reggere ancora l’Europa così come la conosciamo. Persino Zingales adesso parla della spaccatura valutaria dell’euro (quando invece ne parlavo io nel 2008 tutti mi davano del catastrofista finanziario). Studiare un sistema economico non è poi così difficile, ogni sistema reagisce agli stimoli esterni come un organismo vivente: pertanto ad ogni azione corrisponde un azione uguale e contraria. Le conseguenze dalla sua introduzione non hanno tardato ad arrivare. L’euro ha limitato la crescita e danneggiato la competività di alcuni paesi europei (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda e Grecia) che avevano intensi e prosperosi rapporti con l’estero al di fuori dei confini europei (pensiamo oltre all’export manifatturiero anche tutto l’indotto turistico).

Le divise rappresentano delle valvole di sfogo per ogni paese nei momenti di tensione economica: pretendere di assoggetare una dozzina di stati al dictat egemonico dei germanesi è stata una manovra da ricovero psichiatrico. L’euro ha consentito infatti ai precedenti governi dei paesi PIGS di attuare poltiche di bilancio che producessero costanti defit annui (tanto il costo del rifinanziamento era molto contenuto), il quale si è poi riflesso sulla massa totale del debito pregresso. Nelle epoche precedenti paesi come l’Italia hanno superato momenti di contrazione economica proprio grazie alla svalutazione, quello che invece impedisce oggi la moneta unica. Senza euro avremmo avuto i tassi di interesse molto più alti e questo avrebbe obbligato la nostra classe politica a intraprendere manovre di risanamento dei conti pubblici per contenere l’onere degli interessi sul debito pubblico.

Senza l’euro non avremmo avuto la bolla immobiliare alimentata dai mutui farlocco ad intervento integrale. Senza l’euro avremmo avuto maggiore sicurezza e solidità per le nostre banche. Adesso di sicurezza ne rimane veramente poca, addirittura se parafrasiamo la stessa Merkel ci dovremmo aspettare almeno il default parziale su una parte di emissioni dei titoli di stato anche di paesi virtuosi: la classifica soluzione a colpo di spugna. Di certo non è più consigliabile detenere debiti di stato al momento, siano essi BUND oppure OAT. Se il tutto verrà salvato, grazie magari ad una superpatrimoniale, preparatevi perché in ogni caso perderete denaro, anche detenendo il vostro caro ed amato «pagherò nazionale» infatti nell’ipotesi più accreditata faranno partire una inflazione a due cifre per ridimensionare in qualche anno i debiti degli stati. La Fed insegna. Mala tempora currunt, sed peiora parantur.


Neurolandia (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=36214)

Majorana
04-03-11, 00:59
Eg5lIueb8eI

Brunilde
04-03-11, 04:00
Molto interessante questo forum. Ringrazio Ottobrenero per avermelo detto.
:ciaociao:

Majorana
04-03-11, 13:57
Molto interessante questo forum. Ringrazio Ottobrenero per avermelo detto.
:ciaociao:


Sei la benvenuta.
Se vuoi, presentati in questo 3d:

http://forum.politicainrete.net/socialismo-nazionale/73834-auguri-al-forum-sn-e-presentazioni.html

Saluti

Majorana
12-04-11, 22:20
Porocan
di Eugenio Benetazzo

http://images.corriere.it/Media/Foto/2008/09/18/fdg/TOKYO_620x513.jpg

Il Sig. Francesco è un pensionato di Vicenza che ha visto crollare del 30% il valore dell’appartamento residenziale che aveva acquistato con la liquidazione mettendolo tosto in affitto al fine di integrare la sua modesta pensione. Investire la liquidazione in obbligazioni o in titoli di stato ? Dopo Argentina e Parmalat, meglio un decoroso appartamento residenziale in Viale S. Lazzaro in prossimità del centro storico della città del Palladio, almeno affitto e controvalore dell’investimento sono sicuri e garantiti. I suoi sogni di serenità finanziaria sono ben presto svaniti dopo la trasformazione che ha subito il quartiere in pochi anni diventando un ghetto multietnico di nigeriani, marocchini, rumeni e cinesi, senza dimenticare una serie di servizi accessori (prima inesistenti) che arricchiscono notevolmente l’appeal del quartiere: prostituzione e spaccio di droga lungo ed in largo le strade e gli appartamenti. Risultato ? Gli italiani hanno iniziato a svendere uno con l’altro le abitazioni con una gara al ribasso degna di un crollo di borsa. Adesso il Sig. Francesco si trova con un immobile deprezzato e non ci pensa proprio ad affittare ad extracomunitari (viste oltretutte le problematiche di riscossione in caso di inquilini morosi nel pagamento dei canoni). Destino beffardo ! Proprio lui che per decenni ha votato prima la sinistra e dopo il centro sinistra, appoggiando con etica cristiana i processi di integrazione a favore di etnie extracomunitarie. Porocan (in dialetto veneto significa poveretto) ! Pensare che ora è il primo nella fila a denigrare quelle scellerate e libertine politiche immigratorie senza alcun vincolo meritocratico.
In questi giorni i media nazionali continuano a concentrasi sugli sbarchi dei clandestini (e non migranti, non capisco perché in pochi giorni è stata cambiata anche la loro definizione) e su cosa deve o dovrebbe fare l’Unione Europea per aiutarci a risolvere questa situazione di emergenza. Nessuno tuttavia si è mai soffermato a raccontarci i fenomenali benefici economici che abbiamo ottenuto dall’immigrazione extracomunitaria. Sicuramente qualcuno che legge mi darà ora del razzista o del leghista, non me ne preoccupo il suo lamento rappresenta una voce statisticamente poco rilevante, infatti dagli ultimi sondaggi ormai oltre l’80% degli italiani è unanime nel pensiero: basta con gli extracomunitari !
Ce ne accorgiamo tutti a distanza di tempo: ci avevano promesso che sarebbero entrati tecnici specializzati, architetti, docenti, ricercatori e professionisti qualificati, invece ci troviamo con manovali generici, camerieri che parlano a mala pena l’italiano, badanti, prostitute e spacciatori. Persino il primo ministro inglese, David Cameron (forse il migliore primo ministro del pianeta al momento) ha sentenziato di recente la fine ed il fallimento del multiculturalismo. Questo non è razzismo, ma semplicemente buon senso, quello che avremmo dovuto avere tempo addietro clonando le politiche di immigrazione più severe al mondo come quella svizzera ed australiana.
Gli extracomunitari sono responsabili di rimesse verso l’estero dal nostro paese per miliardi e miliardi di euro (stima ufficiale tra i sei e sette miliardi ogni anno), hanno provocato ed indotto un abbassamento dei livelli medi salariali delle maestranze operaie italiane, hanno prodotto fenomeni di microcriminalità ove prima non vi era, hanno causato la decadenza e rallentamento dei programmi scolastici nelle scuole dell’obbligo (a causa della presenza di bambini e ragazzi che non sanno parlare e scrivere perfettamente la lingua italiana), hanno portato alla ghettizzazione dei quartieri residenziali: ovunque nel mondo ci si rende conto di questo, persino nei paesi scandinavi (con la Svezia in pole position) in cui la popolazione si è sempre dimostrata molto disponibile al diverso.
Tuttavia fin tanto che avremo ancora una minoranza della popolazione costituita da finti perbenisti (o dai loro figli che girano in Porsche, con vestiti firmati tipo Prada e Jeckerson) che rinnegano scioccamente quanto sopra, i prossimi “porocan” saranno tutti gli altri italiani, i quali a distanza di una dozzina d'anni si chiederanno di come sia stato possibile lasciar degradare il paese verso il basso senza opporre alcuna sensata resistenza. A quel punto aspettatevi anche un peggioramento del quadro macroeconomico per l’intero paese, ricordo ancora per chi non lo sapesse che la causa del collasso dei mutui subprime in USA è stata una scellerata politica di immigrazione affiancata da una fuorviante politica di assistenza finanziaria con sussidi di stato alle classe sociali più deboli (fatalità proprio quelle immigrate). Chi è causa del suo male, pianga se stesso.


Porocan, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=38327)

Majorana
30-04-11, 20:50
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Majorana
10-05-11, 22:10
SO THINGS THEY ARE

Il libero mercato semplicemente non esiste: chi pensa che tutto quello che sta accadendo attorno a lui sia il frutto della casualità e del processo evolutivo umano, è meglio che continui a vivere nella la sua beata ignoranza. Pur tuttavia esiste una mano invisibile, ma non intesa come meccanismo economico che regola l'economia in modo tale da condurre la società al più ampio benessere in virtù della ricerca della massima soddisfazione a carico di ogni singolo individuo. La mano invisibile è in realtà l'ingerenza nella vita di tutti i giorni di una potente establishment di lobby planetarie che ha ben presente che cosa dovrà accadere nel prossimo futuro.

L'idea di base è facilmente comprensibile: creare una società di individui isolati privi di autocoscienza, senza ideali e punti di riferimento. Il raggiungimento di questo processo di metamorfosi è stato conseguito grazie ad una meticolosa pianificazione: nulla è stato lasciato al caso, globalizzazione compresa. Tutto è iniziato con il ridimensionamento del settore primario (agricoltura) in cui la moltitudine della popolazione mondiale era assorbita ed impegnata. Con una propaganda consumistica ingannevole hanno convinto milioni di persone nel mondo occidentale (adesso stanno facendo lo stesso con quello orientale) ad abbandonare la coltivazione della terra per proiettarsi in un finto mondo, migliore solo in superficie, spingendoci a vivere dentro nidi di scarafaggi, ognuno per conto suo, tutti contro tutti.

Abbiamo abbandonato la vita sana e gratificante all'aria aperta per fare l'interinale che fa il pendolare tra l'ufficio e un monolocale in cemento a Baranzate di Bollate oppure lo sportellista sfigato e depresso della grande banca d'affari che vende prodotti porcheria a pensionati e coppie neosposate. Sono stati grandi, non vi è dubbio: ci hanno spinto a fare lavori che non ci piacevano per comprare beni e servizi di cui non abbiamo bisogno. Il passo successivo è stato quello di mettere a redditto l'infelicità, soprattutto quella di coppia: la strada intrapresa è stata diabolica ovvero portare l'emancipazione della donna sino al fanatismo per polverizzare la famiglia tradizionale basata sui valori cristiani sostituita da famiglie mononucleari ispirate agli ideali di vita promossi da Maria De Filippi.

La colonna portante della società è venuta destituita lentamente e progressivamente producendo un riverbero mondiale al volano dei consumi: adesso tutti hanno un appartamento, un frigorifero, una televisione, un'automobile, un telefono cellulare. Tutto doppio. L'infelicità rende parecchio all'establishment: una persona infelice e sola infatti tende a cercare gratificazioni personali attraverso il consumo sfrenato di beni e sevizi (superflui o inutili) che arricchiscono virtualmente la sua vita e colmano il vuoto degli affetti personali. Invece il multiculturalismo è stato lo strumento inventato e propagandato per distruggere i popoli e creare una melma senza identità, un gregge di soggetti facili da governare e sfruttare, senza grandi capacità di reazione.

Il penultimo passo del processo devolutivo studiato a tavolino è di recente introduzione: creare delle reti virtuali di relazioni sociali con lo scopo di schedare e profilare gratuitamente ogni individuo al fine di conoscere con approfondimento i suoi gusti, le sue amicizie, i suoi desideri, le sue paure, lo stile di vita ed i gusti sessuali. Se vi avessero chiesto di fornire queste informazioni dedicate con un provvedimento di legge ci sarebbe stata una sommossa popolare ovunque invece l'avete fatto gratis da soli invitando anche altri vostri conoscenti a farlo.

Pensate che oggi ci sono persone che vivono con un alter ego rappresentato dal loro iPhone considerandolo ormai come una estensione artificiale del proprio corpo. La fase finale coinciderà con il controllo globale di tutte le interazioni sociali ed economiche di ogni individuo, probabilmente attraverso l'introduzione di un transponder di identificazione a onde radio che servirà per effettuare da prima pagamenti istantanei con moneta elettronica e successivamente servirà per identificare e localizzare le persone e monitorare tutti i loro movimenti e fenomeni di consumo. Tutto questo non sarà imposto dall'alto con la forza o con una legge, ma sarà proprio il singolo individuo a richiederlo a gran voce. So things they are. Così stanno le cose.



Eugenio Benetazzo .:::. Il Tyler Durden dei Mercati Finanziari (http://www.eugeniobenetazzo.com/so-things-they-are.htm)

Majorana
12-05-11, 22:57
WTokk3AUd80

Majorana
05-06-11, 22:34
o5d7LKWfQ8k

Majorana
04-07-11, 12:35
http://www.youtube.com/watch?v=XU5paB4oj80

Majorana
07-07-11, 18:10
Non uno di meno
di Eugenio Benetazzo

http://www.amatriceinfo.it/wordpress/wp-content/uploads/2010/08/IL-GATTO-E-LA-VOLPE-art.jpg

Molti lettori mi scrivono chiedendomi un mio pensiero sul tal partito politico, sul tal esponente politico o sulla tal proposta di riforma legislativa avanzata da questa o quella fazione politica. Perdono tempo, da anni ormai ho smesso di dedicare le mie energie alla critica o contestazione della politica italiana, tanto non serve a niente. Vi sono già abbastanza contenitori mediatici televisivi che dedicano interi palinsesti a questo tipo di intrattenimento: parlare o sparlare del personaggio politico cult del momento. Chi invece ha smesso di andare a votare perchè ormai è disgustato dalla solita propaganda politica riscaldata (tanto a destra quanto a sinistra), sbaglia.

Chi si sente tradito dall'attuale legge elettorale che non consente più di specificare ed indicare nominativamente il candidato da cui ci vogliamo far rappresentare e per questo rinuncia alla lotta politica di resistenza e si lascia abbandonare a quel che sarà, anche lui sbaglia. Non sono più di tanto la nostra classe politica (che rappresenta lo specchio della popolazione) o l'attuale legge elettorale i veri problemi dell'Italia. Il nostro Paese (al pari di altri in Occidente) si trova in profonda difficoltà economica e sociale, in conseguenza del periodo di turbolenza finanziaria iniziata ormai quasi tre anni, eppure a livello politico abbiamo ascoltato sempre i soliti proclami senza mai aver visto proposte di rilancio realmente efficaci per l'economia.

La risposta a questo immobilismo politico non è conseguenza del grado di incompetenza e affarismo della nostra classe politica, né tanto meno conseguenza della eterna faida dialettica tra destra e sinistra (tanto entrambe sono le ali dello stesso avvoltoio). Il parlamento italiano è inefficace nella sua veste di organo legislativo a fronte della sua stessa composizione. Da oltre vent'anni Camera e Senato sono composti per circa i 2/3 da liberi professionisti (soprattutto avvocati e medici). Che parte del Paese allora sono in grado di rappresentare ? Per caso ci sono nella fila di deputati e senatori anche altre figure professionali come insegnanti di scuola media, elettricisti, agricoltori, poliziotti, falegnami, interinali, autotrasportatori, macchinisti, tabaccai, ricercatori universitari, impiegati di banca, guardie forestali e aggiungete voi chi più vi sta a cuore.

Il nostro Paese non funziona proprio per questo motivo in quanto privo di una rappresentanza popolare delle professioni, dei mestieri e delle tipologie di lavoro che sono presenti massicciamente nel nostro territorio e che non sono in grado di essere assistite in quanto non vi è nessuno che può farsi portavoce delle loro problematiche in quanto chi siede in Parlamento è soggetto estraneo a quel mondo lavorativo. Non cambierà molto per l'Italia se venissero abolite le Province, accorpati amministrativamente i Comuni, congelate i vitalizi alla classe parlamentare o diminuito il numero dei deputati. Sicuramente ne beneficerà la spesa pubblica, ma il Paese non muterà il suo outlook.

Ho provato recentemente a farlo presente all'interno di una nota trasmissione televisiva, ma sono stato tosto fermato: quanto sopra rappresenta la vera chiave di svolta per un cambio epocale di governance politica ovvero l'istituzione delle Quote Professioni. Dopo aggiungiamoci tutto il resto, sovranità monetaria nazionale, abolizione di tutti i privilegi politici, tassazione della prostituzione, detassazione degli utili reinvestiti, e tanto altro ancora (per accontentare molti sostenitori in passato scrissi il Manifesto Economico che ricevette anche notevole consenso), tuttavia senza Quote Professioni continueremmo ad avere un parlamento (magari meno costo al contribuente), ma non per questo efficiente ed eclettico, atto a soddisfare le esigenze di crescita e rilancio di un paese, come il nostro, ormai in via di sottosviluppo.



Non uno di meno, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=39411)

Majorana
11-07-11, 22:20
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Majorana
18-07-11, 12:34
Per il pene di tutti
di Eugenio Benetazzo

http://www.thefrontpage.it/wp-content/uploads/2010/05/prostituzione_16349.jpg

Il nostro paese sta attraversando un momento di compromessa credibilità sulle scene internazionali, questo è dovuto non soltanto per gli episodi di gossip politico che contraddistinguono queste ultime settimane, ma soprattutto per le insuperabili difficoltà strutturali che sembra avere ormai il Bel Paese. La nuova manovra finanziaria di questi giorni ancora una volta tenta di generare nuove risorse finanziarie da utilizzare per la copertura del deficit, senza contare che di recente abbiamo anche sentito parlare di manovre lacrime e sangue, di austerità politica, di tassazione una tantum, di prelievi coatti sulle giacenze bancarie: tutte soluzioni di ripiego, contingenti, proposte politiche dell'ultim'ora nel disperato tentativo di far quadrare i conti come un mediocre contabile di impresa.


L'Italia ha difficoltà strutturali che sono state definite insostenibili, queste considerazioni scaturiscono dalla consapevolezza di un peso dello stato sociale sempre più gravoso, dalla constatazione che il potenziale di produzione industriale si sta giorno per giorno ridimensionando, dalle preoccupazioni delle giovani generazioni che percepiscono l'Italia come ormai un paese in via di sottosviluppo. Le famose riforme di cui sentiamo parlare da decenni non verranno e non potranno mai essere implementate dalla attuale classe politica per ragioni di incompetenza e convenienza politica. La crisi del debito sovrano in Europa ha fatto emergere come possibile prossimo paese candidato a trovarsi in quarantena finanziaria sia proprio il nostro: i recenti episodi di turbolenza finanziaria che hanno colpito le quotazioni dei titoli di Stato con scadenze a medio lungo termine non sono un altro che un'anticipazione della pressione che colpirà il mondo del lavoro ed il mondo delle imprese nei prossimi anni in Italia.


Le possibili exit strategy ci portano a ipotizzare anche per il nostro paese una serie di misure volte a inasprire il disagio sociale che sta caratterizzando questi ultimi semestri. Esistono paesi in Europa che hanno dato dimostrazione di esemplare reazione a livello di elettorato: uno di questi l'Inghilterra per voce del suo Primo Ministro ha proposto le cosiddette manovre lacrime e sangue per riassestare il costo dell'amministrazione pubblica e per tentare di rilanciare l'economia dell'isola. Chi ha a cuore il destino del proprio paese in questo momento si rende conto che è arrivata l'ora della medicina amara. Per anni si è continuato a dare e a garantire tutto a tutti attraverso sistemi e meccanismi di protezionismo sociale sfrenato, adesso è arrivato il momento di presentare il conto, non è più possibile continuare a mantenere il paese ricorrendo alle solite politiche demagogiche del tutto va bene e del non preoccupatevi che il domani sarà roseo.

Per la maggior parte degli Stati occidentali si prospetta un decennio di profondo ridimensionamento economico al quale si affiancherà un lento declino del benessere socioeconomico. L'Italia nonostante la sua situazione di criticità economica vanta ancora alcune credenziali atipiche rispetto agli altri paesi come ho avuto modo di spiegare anche all'interno di altri contesti. In quest'ottica dovrebbe essere seriamente presa in considerazione l'idea di istituire, regolamentare e tassare ufficialmente la prostituzione vista come un possibile strumento di governance economica per raccogliere ogni anno nuove risorse finanziarie da utilizzare per il contenimento della spesa pubblica o per la copertura del deficit di bilancio. La prostituzione in Italia è largamente diffusa in ogni ambito sociale anche grazie al ricorso a varie forme di adescamento clientelare, in questi ultimi anni ha sviluppato una presenza capillare in ogni contesto professionale ed imprenditoriale grazie alle potenzialità di contatto dei social network.

Fenomeni adolescenziali come il sexting o il web camming dimostrano come oggigiorno in Italia esistano centinaia di migliaia di persone che erogano prestazioni sessuali (anche virtuali) a fronte di una contropartita economica, per loro scelta personale e senza imposizione alcuna. La prostituzione in Italia potrebbe generare un gettito annuo stimato fra i 10 e 15 miliardi di euro considerando una flat tax del 25% ed un volume d'affari (che nessuno riesce a stimare complessivamente) di circa 50/60 miliardi di euro all'anno. Chi pensa che la prostituzione non venga istituita in Italia a fronte della presenza ed ingerenza del Vaticano nella vita politica del nostro paese non ha bene messo a fuoco il potenziale economico che questo “settore professionale” produce ogni anno: oltre il 30% dei proventi economici delle organizzazioni criminali è dovuto al racket della prostituzione. I primi ad essere danneggiati da un'eventuale tassazione di stato sarebbero proprio le mafie internazionali.

Chi alla lettura di questo articolo non farà altro che denigrare il sottoscritto accusandolo di immoralità cristiana, dovrebbe farsi un esame di coscienza e rendersi conto di come la prostituzione sia che sia istituita attraverso un dispositivo di legge o imposta e gestita da attività criminali continuerà ad esistere e a manifestarsi per quanto tale in ogni luogo ed in ogni tempo. Quello che possiamo fare è sottrarre questo flusso di cassa che alimenta e rende economicamente forti le organizzazioni criminali, con lo scopo di far introitare tali ingenti somme al servizio della fiscalità diffusa (cosa che avviene in quasi tutto il mondo), Questo consentirebbe di supportare l'attività dello Stato ed evitare che in questo momento venga ulteriormente appesantita l'imposizione fiscale o vengano aumentati i prelievi ai contribuenti. Per finire, probabilmente, tutti quelli che continuano a sentirsi indignati per proposte di questa portata, probabilmente sono i primi che usufruiscono dei servizi di intrattenimento ed accompagnamento di donne e ragazze dai facili costumi. Tassiamo la prostituzione, per il pene di tutti.



Per il pene di tutti, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=39520)

Majorana
05-08-11, 19:52
Debito USA: there is no way
di Eugenio Benetazzo

http://www.comedonchisciotte.org/images/Compromise.jpg

Adesso il rischio è il downgrade del titolo di Stato. Nessuno si augura un nuovo conflitto militare, ma sappiamo che questa è una delle strade solitamente percorse dal governo per rilanciare l'economia. Obama ha dimostrato di essere una pedina sacrificabile agli interessi delle lobby.

Raggiunto negli Usa l'accordo per l'innalzamento del tetto del debito. Un'intesa che allontana, almeno per il momento, il rischio default degli Usa, ma che non sembra placare i mercati, sui quali anche oggi si registrano importanti perdite. Per analizzare la situazione, abbiamo rivolto alcune domande all'economista Eugenio Benetazzo.



"Quello che è accaduto nella giornata di ieri per alcuni aspetti non è nulla di sorprendente in quanto nella storia degli Stati Uniti si sono già ripetuti in altri occasioni episodi similari in cui il tetto del debito rapportato al deficit è stato innalzato.
La domanda che ci dobbiamo fare è perché ancora una volta si decide di intraprendere questa strada, quella cioè di consentire un aumento dell'indebitamento per la confederazione degli Stati. La risposta è abbastanza ovvia, nel senso che non c'era altra via d'uscita, there was no way come dicono loro, nel senso che un mancato recepimento del nuovo tetto di indebitamento avrebbe prodotto una situazione di default degli Stati Uniti con conseguenze disastrose a livello planetario, al cui confronto la Lehman Brothers sarebbe stata un piccolo ricordo del passato.
Come molti di voi leggono e sanno il debito pubblico statunitense è detenuto in questo momento da vari interlocutori istituzionali che hanno un peso non irrilevante sullo scenario planetario, come la stessa Cina che è arrivata a contendersi il primato insieme al Giappone.
Pariteticamente a questo disegno si affianca anche la minaccia o il monito ricevuto dall'agenzia di rating Standard & Poor's alcuni mesi fa circa una possibile revisione dell'outlook economico per gli Stati Uniti e soprattutto di un'emissione di un downgrade del titolo di Stato e questo forse è l'aspetto più problematico che interessa direttamente il piccolo risparmiatore e investitore. Cosa significa la revisione del downgrade? Che l'obbligazione di Stato americana passerà dalla tripla A ad una doppia A, quindi perderà il primato di titolo più solido, uno tra i più solidi al mondo, sempre per chi crede in questo tipo di rendicontazione e garanzia legata alla capacità di rimettere un debito di un determinato soggetto. Quello che sta emergendo a livello planetario è che quello che 3 anni fa doveva essere sano e tutto sommato credibile nel medio e lungo termine, si sta dimostrando marcio, e sostanzialmente quasi tutto il mondo occidentale sta subendo una profonda rivisitazione della propria credibilità finanziaria e poi della stessa solidità. Paradossalmente invece in Oriente quelle che erano un tempo le aree considerate in via di sviluppo o paesi del terzo mondo hanno una qualità del credito e soprattutto un grado di indebitamento che è notevolmente inferiore rispetto alla media europea o a quella statunitense."

Cosa comporta questo accordo? Chi ne farà le spese?

"Comporta un ulteriore innalzamento della possibilità per la confederazione di aumentare il proprio livello di debito in questo momento accorpato da anni e anni di esercizio, le spese sono a carico della fiscalità diffusa, in quanto presuppongono un aumento degli oneri finanziari per l'aumento l'indebitamento dal punto di vista quantitativo e quindi si rifletteranno ahimè o con un aumento della tassazione o con una diminuzione della spesa pubblica. Purtroppo la strada che stanno percorrendo tantissimi paesi occidentali è sullo stesso binario, questo purtroppo è un problema di natura strutturale. Ad oggi forse ci dovrebbe essere un governo un po' più coraggioso che, anche a costo di minare il consenso dell'elettorato, avanzi proposte che facciano capire che per l'Occidente è arrivata la medicina amara o la pillola rossa come qualcuno l'ha definita, nel senso che non è più possibile continuare a mantenere in piedi il meccanismo di tutela e protezionismo e garantismo sociale che vige negli Stati Uniti come in Europa e andare a ridimensionare, drasticamente la spesa pubblica. Uno dei primi step operativi da mettere in piedi anche in Italia è la legge sul deficit di bilancio, non deve essere possibile per qualsiasi governo chiudere l'esercizio ogni anno fiscale con un deficit perché se noi continuiamo ad avere una macchina che drena costantemente risorse all'apparato statale è chiaro che nel medio e lungo termine non saremo mai in grado di assorbire il peso dell'indebitamento che si è andato a creare. L'unica exit strategy che in questo momento viene paventata anche da interessanti, prestigiosi contenitori mediatici internazionali e dalla stampa di settore sembra sia il ricorso all'inflazione. Oggi per chi governa in Occidente un'inflazione non dico galoppante ma comunque accentuata, quasi al 10% dal punto di vista reale potrebbe essere la soluzione per ridimensionare il peso del debito nei primi 3 o 4 anni, storicamente è quello che è accaduto soprattutto negli Stati Uniti. Quindi l'idea che circola è quella di inflazionare il mercato, aumentando ulteriormente il tetto del debito e della spesa, sapendo che da qui a 3 anni con i tassi di interesse ridotti a zero e un'inflazione che potrebbe viaggiare al 7, 8, 9% riuscirebbero a ridimensionare significativamente il peso del debito e quindi la crisi del debito sovrano che in questo momento, come abbiamo potuto vedere ha colpito tutto il mondo occidentale, facendo presagire che la strada più plausibile anche viste le politiche monetarie delle banche centrali, sia improntata a questo tipo di percorso."

Dopo l'11 Settembre gli Usa hanno incrementato i propri investimenti in armi sino a 500 miliardi di dollari all'anno, un terzo della spesa mondiale. Perché continuano a comprare armi malgrado la crisi? C'è il rischio che vogliano risollevarsi aprendo un nuovo fronte di guerra?

"L'economia statunitense ha come principale traino gli appalti alla difesa del dipartimento di Stato, quindi non è una novità il fatto che il paese per correre, per continuare a essere la locomotiva del pianeta ha bisogno di poter finanziare un conflitto in qualche parte del globo terrestre.
Adesso cominciano a emergere problematiche che sono strutturalmente ben diverse da quelle a cui erano abituati gli statunitensi, a cominciare dall'affiancamento di un player planetario, di cui avevano forse conteggiato male il potenziale, non tanto la Cina, ma proprio la "Cindonesia", questa macroarea geografica fatta da Cina e India e tutto il complesso indonesiano. Nessuno si augura l'aspettativa di un conflitto militare, ma sappiamo che questa è una delle strade solitamente percorse dal governo per non dico risanare, ma trainare, rilanciare l'economia interna. Non dimentichiamo quello che sta accadendo al Presidente sinora più osannato in assoluto, Obama, adesso probabilmente uno dei peggiori per sentiment popolare, peggiore addirittura di George Bush prima degli attentati dell'11 settembre. L'aspettativa che in questo momento sta emergendo nei confronti di Obama è che qualora si dovesse ripresentare, difficilmente sarà in grado di essere rieletto perché ha disatteso profondamente sia il programma politico che aveva presentato e soprattutto dimostrato che anche lui ahimè è una pedina sacrificabile che ha dovuto mettersi al servizio delle potenti lobby bancarie statunitensi e delle lobby militari che si occupano degli approvvigionamenti alla difesa."

Il default è stato davvero scongiurato o solo rinviato?

"Il default non se lo augura nessuno, perché un default degli Stati Uniti significherebbe azzerare, non ho idea di quanti trilioni di dollari di ricchezza sul pianeta. Certo, sarebbe un'operazione colpo di spugna che consentirebbe forse di ripartire con un'economia americana un po' più sgravata da incombenze e peso debitorio. E' plausibile aspettarsi anche per loro nei prossimi anni una ristrutturazione del debito a fronte in ogni caso di un downgrade, quindi una perdita di appeal, una perdita di solidità e credibilità finanziaria che oltretutto è già stata recentemente accennata. Quindi gli Stati Uniti hanno, per fortuna o per loro sorte, la capacità di poter intervenire per drenare le risorse finanziarie attraverso la fiscalità diffusa, molto più facilmente di come potrebbe avvenire nei paesi europei, Italia compresa. Un fallimento rappresenterebbe uno shock finanziario senza precedenti, perché metteremmo in discussione la prima economia del pianeta che a quel punto farebbe da esempio anche a altre, si potrebbe instaurare un meccanismo a catena con effetto domino di successive crisi a cascata. Non è nell'interesse di nessuno far fallire un paese, a meno che com'è capitato in passato, il paese nello specifico non riesca a dimostrare una propria capacità di reazione e non abbia soprattutto il peso, l'onere del debito pubblico che ha detenuto per la stragrande maggioranza da investitori istituzionali ed esteri, e così facendo crea il malcontento al di fuori dei confini nazionali e non quelli interni. Però prima di arrivare a una situazione di in questa portata ne dobbiamo vedere ancora di peggioramenti e di scenari, ricordiamo sempre comunque che gli Stati Uniti detengono la prima riserva aurea al mondo, oltre 12 mila tonnellate di oro che danno ancora una notevole credibilità alla confederazioni di stati, anche a fronte dello scenario che sta caratterizzando il prezzo del metallo giallo, costantemente in salita negli ultimi 5 anni."



Debito USA: there is no way, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=39731)

Majorana
11-08-11, 18:57
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Majorana
11-08-11, 23:32
“L'attacco all'Italia? E' conseguenza dei referendum”
Cause e conseguenze del terremoto dei mercati finanziari. Alessandro Tich intervista Eugenio Benetazzo

http://www.bassanonet.it/include/class/phpthumb/phpthumb.php?src=http://www.bassanonet.it/download/30eb968_tichbenetazzo.jpg&w=460&h=276&zc=1

Alessandro Tich e Eugenio Benetazzo. Domande e risposte sulla crisi finanziaria in Italia
“Che casino sta succedendo?". Il mio vicino di casa, appena rientrato da un periodo di vacanza, mi fa questa domanda dopo aver letto i titoli dei giornali sulla tempesta finanziaria di questi giorni.
Borse a picco, gli Stati Uniti declassati da Standard & Poor's, la Grecia sempre più “a ramengo”, la Bce che acquista i titoli del mercato secondario di Italia e Spagna per ridurre lo “spread” ovvero la misura del rischio di insolvenza dei due Paesi, i richiami all'Italia della Merkel e di Sarkozy, riunioni d'urgenza dell'esecutivo, una manovra aggiuntiva che promette “sangue, sudore e lacrime”.
Troppa carne al fuoco per gli addetti ai lavori: figurarsi per il comune cittadino, comprensibilmente preoccupato per una situazione che rasenta il caos totale e soprattutto per il futuro dei suoi risparmi - ammesso che li abbia.
A quella domanda del mio vicino di casa, rispondo allargando le braccia.
Non è facile dare risposte a richieste di spiegazioni sull'attuale terremoto dei mercati, in preda a una speculazione finanziaria particolarmente scatenata proprio contro il nostro Paese.
Mi rivolgo allora, per saperne di più, ad Eugenio Benetazzo: operatore di borsa indipendente, curatore su Bassanonet della rubrica “Funny Money”, a cui chiedo lumi su alcuni aspetti-chiave di questa bollentissima estate per i nostri risparmi.

Benetazzo, da cosa nasce il grande attacco finanziario all'Italia?
“La mia personale opinione è che l'inasprimento dell'attacco al nostro Paese, che vede i nostri titoli obbligazionari e azionari perdere più di tutti nel mondo, sia la conseguenza dei referendum dello scorso giugno che hanno chiuso la porta al grande saccheggio di Stato dell'establishment finanziario e della élite bancaria che volevano mettere le mani sull'enorme business dell'acqua privatizzata e, in seconda battuta, dell'apertura delle centrali nucleari.
Si sta facendo pagare il voto dei referendum al popolo italiano, mettendolo sotto scacco e spingendo l'esecutivo a licenziare manovre fuori dal coro.”

Ma può essere, secondo lei, l'unica causa?
“No. Un'altra tesi attendibile, accreditata negli ambienti anglosassoni, è che le pressioni al nostro Paese attraverso l'attacco finanziario siano una manovra dell'establishment per levarsi dai piedi Silvio Berlusconi. Nei mesi scorsi ci hanno provato nei modi più diversi, con il gossip politico, con il gossip sessuale e con il gossip finanziario, senza centrare l'obiettivo delle sue dimissioni e senza dissuadere gli italiani dal volerlo votare ancora. Non lo vogliono più e l'unica medicina, agli occhi dell'opinione pubblica, è quella di sfiduciare il Paese per spingere la sua delegittimazione e metterlo in soffitta.”

La tempesta finanziaria italiana è quindi “figlia” della sua attuale situazione politica? O è anche in qualche modo collegata alla crisi del Debito in altri paesi europei, Grecia in primis?
“Quella che riguarda Berlusconi è una delle principali tesi che circolano nei borsini.
Ma un secondo elemento alla base degli attacchi speculativi è lo scenario di debolezza strutturale di Paesi come la Grecia, la Spagna o l'Italia. L'Italia è più manipolabile dal punto di vista politico e siamo assistendo a miliardi di perdite sul portafoglio degli italiani mentre tutti sono al mare. Stanno vendendo tutto, una volta in agosto anche i negoziatori di titoli e gli amministratori di patrimoni andavano in vacanza. Sta invece avvenendo una rotazione di titoli, soprattutto bancari, che non si era mai vista in questo periodo.
Gli Stati Uniti, dopo il “downgrade” che era stato anticipato da mesi, hanno corretto la rotta e la caduta finanziaria è molto più contenuta. In Italia stanno invece succedendo cose molto strane. E' notizia di oggi, fonte Borsa Italia, che dalle ore 15 il mercato dei contratti derivati, come ad esempio i “contratti future” sull'indice di Borsa, è misteriosamente sospeso, ufficialmente per problemi tecnici.”

Che impatto ha questa situazione per le nostre banche?
“Non so quante volte i titoli, soprattutto bancari, sono stati sospesi, andati in asta e poi tornati in negoziazione. I titoli bancari hanno perso oltre il 90% delle capitalizzazioni rispetto a tre anni fa. Montepaschi, ad esempio, valeva 4 euro e oggi è a 40 centesimi, Banco Popolare da 14 euro vale meno di 1,5 euro.”

Che cosa ci aspetta?
“Ci aspetta una medicina molto amara. Gli italiani non si immaginano minimamente che cosa li aspetterà al ritorno dalle vacanze. Il protezionismo sociale sfrenato è arrivato alla fine. Si dovrà dire basta alla Sanità tutto gratis, ai piani di prepensionamento, al costante aumento dei costi della Pubblica Amministrazione.
Ci attende una “Cura Cameron”, con un pesante ridimensionamento del welfare e la possibilità di licenziamenti nella Pubblica Amministrazione. Non c'è assolutamente futuro finché l'Italia deve spendere 82 miliardi di euro di interessi sul Debito, e finché un Paese come il nostro deve fare Debito per coprire un deficit e non per investimenti strutturali per lo sviluppo. Poi arriverà la mazzata dell'Agenzia delle Entrate.”

E cioè?
“E cioè la patrimoniale e i prelievi coatti dai depositi. Aumenterà la tassazione dei rendimenti dei fondi pensione, entro l'anno sarà reintrodotta l'ICI sulla prima casa e una super-patrimoniale sulla seconda casa, e non si esclude anche un'imposta per tassare le giacenze liquide sui conti correnti. E' una tendenza iniziata due mesi fa, con l'imposta di bollo sui dossier titoli, che da imposta fissa è diventata progressiva in base al controvalore dei dossier.”

Due mesi fa e quindi da giugno, il mese dei referendum. E' una coincidenza che avallerebbe la sua tesi...
“Certamente. Fino a giugno la situazione italiana era sostanzialmente tranquilla. Poi sono partiti improvvisamente gli attacchi.”

Che consiglio dare, in conclusione, agli investitori e ai risparmiatori?
“Il mio consiglio agli investitori e ai piccoli risparmiatori è quello di andare in farmacia e comprare della vaselina, perché ne avranno molto bisogno.”



“L'attacco all'Italia? E' conseguenza dei referendum†| News | Economia | bassanonet.it (http://notizie.bassanonet.it/economia/9154.html)

Majorana
04-09-11, 21:59
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Majorana
16-10-11, 00:17
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Majorana
12-11-11, 17:33
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Majorana
13-11-11, 19:50
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Majorana
23-11-11, 22:52
Germanesi & company
di Eugenio Benetazzo

http://blog.tagliaerbe.com/wp-content/uploads/2010/01/declino.jpg

Se avete notato in queste ultime settimane non ho prodotto alcun redazionale su quanto è accaduto in Italia, mi sono limitato ad ascoltare e leggere il dilagante pressapochismo giornalistico di cui si sono caratterizzati i principali media nazionali. Ho rifiutato senza esitazione alcuna anche inviti di partecipazione a talk show televisivi molto popolari che hanno messo in scena la solita caccia “dalli all'untore” con dietro le quinte i tre re magi (Franceschini, Bersani e Finocchiaro) che brindavano per la tanto attesa dipartita di Berlusconi. Per questo motivo abbiamo avuto bisogno di Gandalf il Bianco (Mario Monti) in quanto la politica italiana degli ultimi quindici anni si è solo occupata di appoggiare e sostenere il dictat di Berlusconi oppure nel condannarlo.


Chi guardava invece l'Italia da oltre confine vedeva una dozzina di partiti ognuno diverso ideologicamente dall'altro, ma tutti accomunati dall'esigenza di compiacere a logiche di consenso elettorale. Nessuno di questi partiti sarebbe mai andato davanti alla nazione a dire la verità e cioè che per riformare il paese si sarebbero dovuti eliminare privilegi e benefits a milioni di italiani. Per questo vi invito ad immaginare al paese come ad un condominio che sta andando a fuoco (lotta di classe, perdita di competitività, oneri insostenibili sullo stock di debito, disoccupazione dilagante, mancanza di una politica industriale): che cosa si poteva fare allora in questo caso ? Chiamare l'amministratore del condominio (andare alle elezioni) oppure chiamare i vigili del fuoco (governo tecnico) ?


Il buon senso e lungimiranza dei condomini dovrebbe indurre ad allertare i vigili del fuoco, purtroppo nell'anomalia di quest'epoca i vigili del fuoco sono stati urgentemente invocati dai vicini di casa del condominio (germanesi & company) che temono il propagarsi delle fiamme anche nello loro rispettive abitazioni. L'Italia oggi rischia di portare in default o peggio al crash l'intera Unione Europea e con essa la sua giovane creature, l'euro. Sono numerose ormai le voci che danno la disfatta della moneta unica sempre più prossima: oggettivamente l'euro è ormai un progetto fallimentare, che senso ha una divisa (imposta dall'alto) in comune, con la presenza di oltre una dozzina di tassi di interesse diversi uno dall'altro.


L'Italia si deve rifinanziare ad un tasso di interesse simile a quello in cui vigeva la lira, perciò ministri dell'Ecofin fate presto e predisponete quanto prima questi tanto sospirati eurobond ed evitate a tutta Europa di piombare nella peggiore depressione economica di tutta la storia economica occidentale. Per l'Italia comunque non c'è bisogno di tanta immaginazione per comprendere che cosa ci aspetta, e non parlo della patrimoniale sulla prima casa, della nuova mobilità sul lavoro (leggasi licenziamenti coatti), del ridimensionamento del protezionismo sociale, dell'aumento delle imposte indirette o del monitoraggio esasperato di tutte le transazioni di pagamento (lotta all'evasione).


Per quanto infatti potrà essere saggio e risolutivo il governo Monti, potrà solo mitigare l'inesorabile processo di rallentamento e declino economico che caratterizza il nostro paese manifestandosi attraverso due fenomeni ben distinti: sul piano economico, la giapponesizzazione dell'Italia (crescita molto bassa ed invecchiamento della popolazione) mentre sul piano sociale, la sudamericanizzazione del paese (aumento della conflittualità e del disagio sociale, criminalità dilagante e schiacciamento verso il basso dei livelli di reddito personale). Cari genitori, valutate pertanto con profonda attenzione cosa far studiare ai vostri figli e soprattutto a chi e dove rivolgere le loro attenzioni ed interessi. L'Italia ormai è un paese in via di sottosviluppo, non ha più senso spendere energie, risorse, tempo e denaro per un paese morente. Monti o Tremonti il risultato non cambia.


Germanesi & company, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=41237)

Majorana
13-12-11, 20:46
IutI_sP4RO8&feature=player_embedded

Freezer
13-12-11, 20:59
Quest'uomo mi evita di inscrivermi ad Economia e Commercio , per capire cosa mi accade intorno :D .

Majorana
30-12-11, 19:07
ARTICOLO CHE CONDIVIDO PIENAMENTE


NATALE QUANTO STAVO MALE

Per una volta tanto non fatemi parlare solo di economia visto che ormai abbiamo tutti la nausea a forza di ascoltare giornali e televisione che non parlano altro che di Monti ed il suo Decreto Salva Italia. Non so voi, ma per me il peggior periodo dell'anno è sempre stato il mese che intercorre tra il 7 Dicembre ed il 7 Gennaio ovvero il periodo pre e post Natale, perchè è associato ad un insieme di circostanze a cui difficilmente si può scappare. Sto parlando del periodo dell'anno in cui le giornate sono più buie, sto parlando delle visite ai e dei parenti, sto parlando della corsa obbligata a comprare e fare i regali, sto parlando delle mega abbuffate tra cene e conviviali con parenti e colleghi di lavoro prima e dopo il 25 Dicembre. Un periodo dell'anno in cui freneticamente e spesso contro voglia bisogna essere disponibili a molti compromessi e momenti di aggregazione sociale forzata.


Certo quando si è bambini invece è il momento più aspettato di tutto l'anno perchè ci sono le vacanze di Natale, i regali da ricevere, i dolci da mangiare e molto spesso anche la neve con cui giocare (almeno per chi vive nelle regione del settentrione). Alla nausea ci si arriva a forza di abitudine ed imposizione rituale durante il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, in cui per obbligo familiare si deve presenziare al pranzo di Natale con tutto il parentado, in mezzo agli anziani che parlano di malati, morti e persone sofferenti. Come non ricordare il pranzo che inizia alle dodici della mattina e termina alle diciotto del pomeriggio in conclusione della tombola natalizia di famiglia, come non ricordare i nonni che sorseggiano rumorosamente con il cucchiaio la minestra con il brodo di gallina tenendo il piatto inclinato, come non ricordare il panettone ed il pandoro che ti vengono offerti sino allo sfinimento assieme allo zampone, le lenticchie, il manzo lessato e tanto altro ancora.


Per i tre giorni che precedono il Natale, la televisione non fa altro che continuare a contemplare come gli italiani si apprestano a vivere e preparare la vigilia ed il pranzo del 25 Dicembre comperando generi alimentari al di là di ogni ragionevole buon senso. I tre giorni successivi invece vengono impiegati a mostrarci come smaltire l'eccesso di calorie ingerite o come riciclare gli avanzi e le cibarie avanzate dopo gli opulenti baccanali. Io sono riuscito a resistere fino a che ho potuto, più che altro per non scontentare mamma e soprattutto papà, e perchè ero stanco di dare ogni anno spiegazioni sul perchè non mangio carne e perchè sono vegetariano con una tavolata imbandita di ogni sorta di carnagione. Quando ho compiuto trent'anni mi sono sentito come Obama e mi sono detto “Yes I can” e ho detto basta e posto fine a questi riti tribali che precedono e seguono il Natale, che di spirituale o religioso oggi hanno veramente molto poco. Da allora il peggior periodo dell'anno fin qualche anno prima è diventato il periodo più atteso e desiderato di ogni anno.


Primo, perchè mi trasferisco in un paese più caldo per almeno un mese oppure me ne vado in vacanza al sole proprio nelle settimane che anticipano o precedono il Natale. Tentare di parlare con me al telefono diventa quasi impossibile, questo per evitare di fare e ricevere centinaia e centina di telefonate di auguri. Secondo, perchè la vigilia ed il giorno di Natale faccio tutto tranne che starmene seduto a ingozzarmi di cibo, standomene volutamente lontano dai parenti. Passo quasi tutta la giornata all'aria aperta, stoicamente digiunando per l'intero giorno con la consapevolezza che durante il Natale viene gettato nella spazzatura più cibo di qualsiasi altra settimana nel corso dell'anno. Ho anche smesso di mandare sms ed email di auguri generici come va di moda oggi per la la maggior parte dei casi: consiglio di farlo anche a voi per l'anno prossimo, è veramente il migliore antistress del mondo. Anyway, a tutti i lettori di questa web community, invio un sincero e fuori dal coro augurio per queste sante festività nella speranza che le vostre scelte di investimento per i mesi che ci aspettano saranno vincenti e profittevoli. Come scrisse Leonardo Sciascia, unicuique suum.


Eugenio Benetazzo .:::. Il più autorevole economista fuori dal coro in Italia (http://www.eugeniobenetazzo.com/giorni-del-natale.htm)

Avanguardia
07-01-12, 13:59
Italia Sociale (http://www.italiasociale.net/notizie12/notizie12-01-07.html)
Spagna e crisi economica: dos anos de vacas flacas



di Eugenio Benetazzo




Recentemente, prima di Natale, sono stato a visitare e studiare il mercato immobiliare della Spagna, in particolar modo quello della Costa Blanca ed a parte lo scenario desolante e di profonda contrazione economica che ho potuto percepire de visu (ci si perde a contare i cartelli "se vende" o "se alquila"), sono rimasto colpito dalla superficialità delle cronache di commento dei giornali spagnoli anche in coincidenza dell'insediamento del nuovo governo di Mariano Rajoy. Tra le tante esternazioni e frasi fatte che ho avuto modo di leggere e sentire anche alla televisione spagnola, ve ne è stata una che mi ha particolarmente colpito "vienen dos anos de vacas flacas" ovvero ci aspettano due anni di vacche magre. Sembra più un'affermazione prosaica che una valutazione di fatto macroeconomica.




Mi rendo conto infatti che sempre più persone e interlocutori legati al mondo del lavoro e dell'impresa hanno proiezioni di quello che li aspetta completamente fuorvianti o aberranti. In Italia non ne parliamo: imprenditori ed industriali ancora credono che quello che sta accadendo sia il frutto di un periodo di difficoltà transitoria di alcuni anni, dopo di che si ritornerà ad una normale situazione di crescita e prosperità economica. Niente di più lontano dalla verità. La crisi del debito sovrano è solo la prima fase del periodo di metamorfosi economica che contraddistingue le economie occidentali. Forse il "worst case scenario" lo abbiamo definitivamente schivato a fronte della exit strategy implementata dalla Banca Centrale Europea in questi ultimi mesi ovvero la giapponesizzazione dell'economia europea, con tassi di interesse a livelli pavimentale, debito continuamente consistente ma controllato e crescita modesta, se non irrisoria. Per chi continua ad interrogarsi se il 2012 rappresenta la fine del mondo così come ci è stato trasmesso dalle riletture del famoso calendario Maya, la risposta è più che affermativa.




Solo che non si tratta della fine del mondo, ma la fine di un mondo, quello economico occidentale. Fenomeni e potenzialità di consumo ormai al limite della saturazione, crescita esponenziale del ricorso al debito per mantenere un determinato tenore di vita, polverizzazione della capacità produttiva delle economie occidentali, invecchiamento costante e progressivo delle loro popolazioni associato a flussi demografici di incremento inesistenti, determinano la fine di un mondo e del suo ruolo di locomotiva planetaria. Ad esempio noi italiani o i cugini spagnoli non torneremo mai più ai fasti ed alle glorie di crescita e traino economico che abbiamo vissuto durante l'inizio degli anni novanta. A fronte di un mondo che finisce, ne abbiamo un altro che ormai sta prendendo il suo posto, mi riferisco ai nuovi players planetari destinati a sostituirsi in tutto a noi occidentali, pensate che l'indebitamento medio di un paese cosiddetto emergente (un tempo) si attesta a meno del 40% sul PIL, contro un 80% di media dell'economia occidentale.




Purtroppo non possiamo fare niente, solo assistere passivamente a questa trasformazione, al massimo tentare di prenderne parte come comparse sullo sfondo. La Cina ad esempio si sta riprendendo il ruolo di economia predominante nel mondo, ruolo che ha avuto e mantenuto sino al 1900, quando è stata scalzata dall'Inghilterra. Oltre ai superati BRIC, ora dobbiamo aggiungere anche i CIVETS (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica), ai quali io mi sento di affiancare anche i nuovi paesi di frontiera di mia individuazione come i CESTUZ (Congo, Etiopia, Sudan, Tanzania, Uganda e Zimbawe), tutte nazioni che stanno implementando politiche di crescita, emersione ed affrancamento sociale delle loro popolazioni al fine di incrementare i livelli di benessere personale. Per un mondo che finisce e si spegne invecchiando lentamente, ne abbiamo un altro che sta emergendo progressivamente con energia e forze vitali destinate a far esplodere tutto il loro potenziale di consumo nei prossimi decenni. Questo è il 2012, la fine del primato economico in Occidente e la nascita di un nuovo equilibrio geoeconomico nel mondo rappresentato dall'emersione di giovani economie di frontiera ed il rafforzarsi nei prossimi anni di quelle un tempo chiamate emergenti.

07/01/2012

Avanguardia
10-01-12, 21:43
Il tempo delle pere, Eugenio Benetazzo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=41906)
Il tempo delle pere
di Eugenio Benetazzo - 10/01/2012

Fonte: Eugenio Benetazzo [scheda fonte]
Chi non ricorda lo strepitoso successo cinematografico di inizio anni ottanta, Il tempo delle mele, che ha lanciato nell'olimpo del grande schermo la allora attrice francese sconosciuta, Sophie Marceau. Da allora con il termine il tempo delle mele si suole indicare l'età dell'adolescenza ovvero un periodo temporale durante la crescita di un ragazzino in cui inizia a maturare per diventare, si spera, un uomo a seguito di esperienze che lo devono preparare alla vita, come le prime attrazioni sessuali, i primi sentimenti d'affetto e i primi turbamenti e disagi sociali. Al tempo delle mele, se me lo consentite, si deve contrapporre il tempo delle pere ovvero un periodo della vita di un uomo in cui grazie al ricorso a sostanze allucinogene si ha la possibilità di evadere dalla vita reale e proiettarsi in un mondo proprio fatto di sensazioni, astrazioni e pensieri, che purtroppo esistono solo nella propria mente.
Visto quello che sta accadendo al panorama bancario italiano, e non solo, direi proprio che milioni di persone stanno vivendo il loro tempo delle pere. Sono inondato di richieste in posta elettronica di lettori e sostenitori che mi chiedono cosa devono fare con l'aumento di capitale di Unicredit, o se la loro banca in cui sono appoggiati rischia il default, o perchè la loro azienda si è vista ridimensionare in poco tempo il fido precedentemente accordato e così via discorrendo. Cerchiamo di fare assieme alcune riflessioni: Unicredit, la più grande banca italiana per capitalizzazione di borsa (almeno fino ad agosto 2011) è passata dai 70 euro di metà 2007 ai 2,5 euro di inizio 2012, significa una perdita di capitalizzazione di oltre il 95% (significa che se aveste investito 10.000 euro in azioni Unicredit oggi vi trovereste con meno di 500 Euro: ognuno faccia le relative considerazioni). Ma non è un caso unico, la stessa sorte, ma con proporzioni diverse, ma sempre sostenute, è accaduta anche a Banca MPS (da 3,5 a 0,25 Euro), Banca Intesa (da 6 a 1,15 Euro), Banco Popolare (da 16 a 0,90 Euro) e Ubibanca (da 21 a 2,8 Euro).
La borsa per quanto possa essere denigradata come il tempio della speculazione, in realtà rappresenta un efficiente termometro del sentiment economico, non solo riferito agli umori degli operatori che trattano i relativi titoli quotati, ma soprattutto per le aspettative che questi ultimi hanno su determinate aziende, settori o comparti economici. Pertanto il mercato al momento sta “prezzando” il valore che si considera debbano avere le banche che operano sul mercato del prestito, le quali di contrasto negli anni precedenti hanno realizzato utili mirabolanti pompando al rialzo le relative quotazioni. Le imprese bancarie, non solo in Italia, oggi stanno vivendo il loro peggior periodo in termini assoluti in quanto stanno subendo un generale e progressivo processo di deterioramento della qualità del credito precedentemente erogato. In altri termini prestiti concessi in passato a clienti considerati solvibili oggi si stanno trasformando in un incubo a causa dello scenario economico di metamorfosi di tutta l'economia occidentale.
A questo aggiungiamo anche i fenomeni di downgrade che stanno caratterizzando i governativi (titoli di stato) i quali si riflettono attraverso le fluttuazioni delle quotazioni sulla consistenza delle attività bancarie. Vi è di più, stavamo dimenticando l'EBA e Basilea 2 che impongono saggiamente il raggiungimento ed il mantenimento di un determinato coefficente di solvibilità per garantire la solidità del sistema nella sua generalità. Questo rapporto oggi è definito al 8% ovvero per ogni 100.000 euro di impieghi ogni banca deve avere un capitale proprio di almeno 8.000 euro. Oggi è la matematica la causa della serrata bancaria che sta caratterizzando il mercato del credito. Infatti avendo difficoltà a raccogliere nuovo capitale di rischio sul mercato, visto quanto abbiamo esposto prima, con il fine di aumentare il numeratore di questo quoziente, la strada più rapida diventa allora la diminuzione del denominatore e quindi il ridimensionamento degli attivi ponderati per gradi di rischio.
A riguardo è proprio su questo fronte che sta spopolando oggi il tempo delle pere, infatti in Italia vi sono centinaia di banche che non sono quotate in borsa (come banche popolari, crediti cooperativi e casse rurali) che si attribuiscono autonomamente un valore di “mercato”. Attenzione quindi, perchè quanto sopra esposto potrebbe trasformarsi in una bolla destinata a farsi sentire molto presto, a fronte di discutibili metodi di autovalutazione e autovalorizzazione: come è possibile ad esempio che banche quotate sui mercati in quattro anni perdano oltre il 90% di capitalizzazione mentre banche non quotate abbiano visto le loro “valorizzazioni personali” costantemente salire nonostante i vari momenti di turbolenza finanziaria che hanno caratterizzato questi ultimi anni. Per quanto possa essere odiato o venerato, ricordate che il mercato ha sempre ragione: è solo una questione di tempo.
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Majorana
15-02-12, 01:02
LA TRASMUTAZIONE DI QUESTO INDIVIDUO SI E' COMPLETATA E NOI LA CHIUDIAMO QUI CON LUI.

PER NOI DA ORA SEI UNO DI LORO

ADDIO SIGNOR BENETAZZO, NON CI MANCHERAI!!!