Popolare
11-09-10, 18:16
La Rosa Bianca
http://img231.imageshack.us/img231/616/larosabianca.jpg
Manifesto de La Rosa Bianca
Il Movimento nasce per colmare il vuoto nel panorama politico polliano: uno schieramento laico cristianamente ispirato e saldamente legato alla cultura democratica e all'umanesimo. Il bisogno di definizioni e di formulazioni, l' urgenza di "prendere posizione" di fronte alle più vive e dibattute questioni sociali ed economiche si fa ogni giorno più sentire nel campo politico cristiano e laico, a mano a mano che si fa strada la convinzione che la distruttiva crisi di civiltà che andiamo attraversando trova la sua prima ragione nell'abbandono e nella negazione dei principi che il messaggio cristiano pone a fondamento della umana convivenza e dell'ordine sociale, così come del comportamento e della morale personale. Il riconoscimento di questa verità, che costituisce la più eloquente apologia del Cristianesimo, avrebbe tuttavia solo un valore negativo e di pura constatazione storica, se non fosse accompagnato da una immediata istanza e da un positivo impe-gno di ricerca, di ricostruzione, di affermazione di un ordine sociale che elimini e riformi gli elementi di dissoluzione, di involuzione, di incoerenza rispetto ai fini essenziali dell'uomo e della società. Per questo gli spiriti più attenti, gli animi più appassionati, fra i quali fermentano i germi di quel profondo rivolgimento sociale che batte alle porte dei tempi nuovi, guardano oggi con grande fiducia e speranza all'idea cristiana, come all'unica capace di difendere insieme le ragioni dell'uomo e quelle della comunità, le esigenze della libertà e quelle della giustizia. Le priorità sono evidenti: mettere in campo una buona politica per governare il cambiamento ed un soggetto in grado di rea-lizzarla. Noi cristiani, laici e democratici poniamo come pietra angolare della politica la solidarietà, la carità che ci rende scrupolosi scrutatori dei problemi della società, sensibili al prossimo, ai suoi problemi, bisogni e necessità. Crediamo non nella separazione, ma alla distanza tra fede e politica, perché è proprio in nome del nostro impegno religioso che il cristiano cercherà sempre di operare politicamente per il bene non confessionale di tutti; in questa distinzione dobbiamo piuttosto vedere il presupposto della filosofia politica cristiana di ogni tempo, che richiede però sapienti mediazioni per incarnarsi nella storia e nelle sue singole contingenze.
Non vogliamo essere un movimento confessionale ma laico, in modo che tutti si riconoscano nelle nostre storiche radici giudaico-cristiane, un patrimonio di cultura e valori irrinunciabili per costru-zione del bene comune. La promozione della persona umana rimane al centro del nostro metodo, della nostra passione che nutriamo per la politica; vogliamo costruire una società con meno Stato e più collaborazione tra i cittadini attraverso l'associazionismo, la cooperazione e le imprese no-profit. E' necessario che lo Stato si trasformi creando questi corpi intermedi che si frappongano tra Esso e il cittadino. Meno Stato quindi e più società civile. Sarà una sfida affascinante applicare questo principio a un gioco di ruolo, come nella realtà quotidiana, la quale manca ancora in larga misura, di strutture e norme che consentano di dirigersi in questa direzione.
LO STATO: La società si compone di tante attività caratteristiche dell'uomo e della famiglia, che mettono capo a principi e interessi fondamentali, quali principalmente la religione, la morale, la scienza, la politica, il diritto, l'economia, l'arte, la tecnica, ecc. Queste attività costituiscono delle forze e danno luogo a realtà di gruppi e di istituzioni sociali nei cui riguardi nasce il duplice problema: a) di assicurare le condizioni generali perché possano svolgersi in piena libertà e secondo le proprie leggi per la realizzazione dei propri fini umani e sociali; b) di creare tra di loro un'armonia.
Per realizzare questi due scopi si da vita ad un modo di organizzazione di tutte le forze sociali - individui, famiglie, gruppi ed istituzioni - che si chiama Stato.
Ad assicurare l'unità del complesso di iniziative e di istituzioni che compongono la società, è destinato l'ordinamento giuridico, che costituisce l'esplicazione e determinazione concreta delle esigenze della giustizia. Lo stato e l'ordinamento giuridico hanno appunto per fine di instaurare l'ordine nella molteplicità della società, vale a dire di mettere ciascuna iniziativa, istituzione, esperienza di vita associata al suo posto, ordinandole secondo il proprio valore rispetto al fine ultimo e organizzando fra di loro l'umana convivenza.
esso deve:
a) garantire i diritti di tutti gli individui e delle comunità e società che essi formano dirette a realizzare i loro interessi e fini umani, onde assicurare l'armonia e l'azione reciproca degli individui, delle famiglie e delle forze sociali.
b) provvedere agli interessi che sono comuni a tutti, e che soltanto con la collaborazione di tutti possono essere soddisfatti, onde assicurare le condizioni fondamentali del libero sviluppo e della pienezza di vita degli individui, delle famiglie e delle forze sociali che da essi legittimamente nascono. In quanto lo stato ha per sua funzione essenziale di tutelare i diritti degli individui, delle famiglie e delle forze sociali e di promuovere interessi comuni mediante l'impiego delle forze di tutti, lo stato ha per proprio connaturale fine il bene comune.
LA FAMIGLIA: La famiglia, sorgente di vita, cellula della struttura sociale, prima scuola e primo tempio, è una istituzione naturale, di origine divina, ordinata alla procreazione e alla educazione della prole e costituisce il primo sussidio dato agli uomini per il perfezionamento della propria personalità.
Pertanto la famiglia è necessaria per il raggiungimento dei fini naturali, individuali e sociali, degli uomini e costituisce la base di ogni sano ordinamento sociale.
La famiglia è una istituzione naturale anteriore ad ogni altra, ma non è estranea alla società: il suo fine non può dunque essere subordinato quale mezzo ai fini di altre società, ma esso deve armonizzare con i fini delle due società perfette alle quali per titoli diversi appartengono pure tutti gli uomini: la Chiesa e lo stato.
Il migliore ordinamento sociale deriverà pertanto dalla collaborazione fra Chiesa e stato nei riguardi della famiglia.
La Chiesa ha il diritto e il dovere di sviluppare nella famiglia cristiana la vita soprannaturale secondo i precetti di Gesù e con i mezzi dettati dal suo Magistero santificandola con la grazia sacramentale: l'opera della Chiesa per la formazione e lo sviluppo della famiglia cristiana rappresenta una collaborazione che deve ritenersi utilissima alla società stessa.
Lo stato deve riconoscere la famiglia come è stata costituita da Dio; proteggerla contro tutti i suoi nemici, rimovendo dall'ambiente pubblico ogni elemento di perversione e creando una atmosfera morale sana e conveniente; aiutarla al compimento della sua missione; spingerla all'adempimento dei suoi doveri e in caso di necessità supplire alle sue deficienze e completare la sua opera nell'ordine civico.
La famiglia ha come base e sorgente il matrimonio nel senso di unione giuridica e spirituale di persona a persona: unione una ed indissolubile, avente come fini oggettivi in primo luogo la procreazione e l'educazione della prole, e subordinatamente il mutuo aiuto.
Poiché la famiglia è naturalmente ordinata non al bene particolare dell'individuo, ma a quello dei coniugi e della prole, nonché al bene comune della società, essa non può rottamente fondarsi sulla associazione di due egoismi, cospiranti a ricercare il proprio tornaconto, ma si fonda sull'amore.
L'amore coniugale, che comporta il generoso e definitivo coraggio della rinunzia alla indipendenza personale e la reciproca fede nella mutua donazione corporale e spirituale, e che trova il suo completamento e il suo perfezionamento nella dedizione dei genitori verso i figli, e il suo naturale prolungamento nella riconoscente affezione dei figli verso i genitori, costituisce il migliore e più efficace avviamento per la vittoria contro ogni egoismo individuale, di gruppo, di nazione o di razza e per l'educazione al senso sociale della fraternità e della solidarietà fra gli uomini, primo elemento della carità civile, insostituibile fondamento del consorzio umano.
La famiglia cristiana, fecondata e vivificata dalla grazia, liberata da ogni egoismo, elevata sul piano dei valori spirituali, costituisce nella sua rinnovata vitalità, accessibile a tutti r battezzati, il più valido presidio della personalità individuale - dei genitori e dei figli - e la via più naturale ed efficace per il necessario profondo rinnovamento delle coscienze e del costume morale, e quindi per la conquista della pace fra i popoli.
La legge morale secondo la quale è illecito e contro natura qualsiasi uso del matrimonio che artificialmente privi l'atto della sua naturale destinazione alla procreazione, non può patire negli ordinamenti sociali alcuna eccezione, qualunque sia la pretesa giustificazione di bene privato o pubblico. Del pari qualsiasi diretto attentato alla vita e alla integrità del nascituro, sotto qualsiasi forma, anche nel caso delle così dette "indicazioni terapeutiche " è intrinsecamente illecito: è dovere dell'autorità pubblica statuire adeguate sanzioni per gli inadempienti.
La procreazione come atto umano è regolata dalla legge morale, che non si oppone, anzi spinge i genitori a regolare, mediante una virile e cristiana continenza, la nascita dei figliuoli, adattandola alle necessità della sistemazione ed educazione della prole.
Ogni forma di propaganda e di diffusione pubblica concernente la limitazione antinaturale delle nascite deve essere comunque impedita dalle autorità.
L’EDUCAZIONE: Ogni azione educativa che voglia essere ispirata da un pratico riconoscimento della natura, della libertà e dei fini della persona umana dell'educando deve tendere a risvegliare in esso la coscienza della propria dignità, della sua libertà, del suo fine, e delle responsabilità ad essa legate, chiamando a collaborare all'azione educativa il soggetto stesso, onde guidarlo a divenire consapevolmente membro delle società da Dio destinate al suo perfezionamento, e a collaborare alacremente al bene comune.
Ogni dottrina educativa che, ignorando o negando la dignità, il valore ed il fine della persona umana, proponesse come fine della educazione o l'uomo per se stesso o una qualunque collettività – classe, razza, nazione, stato, umanità – sarebbe da rigettarsi come essenzialmente erronea e lesiva della persona, e come negatrice del suo fine trascendente, e gravemente perniciosa per la società.
Essendo l'educazione il doveroso compimento della generazione (v. art. 23) il compito di educare non può spettare, secondo l'ordine naturale delle cose, se non a chi è principio dell'essere e della vita dell'educando e cioè alla paternità, che è naturale nei genitori e soprannaturale nella Chiesa.
Tuttavia, poiché l'uomo nasce in seno a tre società: la famiglia, la Chiesa e lo stato, l'educazione, opera necessariamente sociale, "appartiene a tutte e tre queste società in misura proporzionata e corrispondente – secondo il presente ordine di provvidenza – alla coordinazione dei fini".
Il diritto della famiglia di educare i figli è anteriore a qualsiasi di ritto della società civile e dello stato, è inviolabile in quanto è naturale, è inalienabile in quanto è inseparabilmente congiunto ad un dovere, è vincolato alle direttive della legge naturale e divina, è sottoposto alla autorità della Chiesa e alla vigilante tutela dello stato per quanto riguarda il bene comune. "Sarebbe andare contro la giustizia naturale se il fanciullo avanti l'uso di ragione fosse sottratto alla cura dei genitori o di lui in qualche modo si disponesse contro la volontà dei genitori".
LAVORO: Il lavoro è in sé in ogni caso mezzo di elevazione e di perfezionamento della persona; tuttavia questa provvidenziale possibilità varia notevolmente da lavoro a lavoro a seconda delle di-verse modalità tecniche con le quali il lavoro stesso deve essere svolto.
Si realizzano così quelle forme ideali di lavoro che trasformano l'attività economica, da mera ed impersonale applicazione di uno sforzo inteso a realizzare un particolare atto produttivo, in un'atti-vità dove l'atto economico è perennemente vivificato e permeato dal senso di una piena responsabi-lità personale.
La natura dei bisogni umani non consente di indicare in via assoluta la quantità di sussistenze indi-spensabile all'uomo, e quindi la retribuzione minima del lavoratore; non vi è dubbio, d'altro canto, che in una data situazione storica, le condizioni economiche generali indicano il livello di retribu-zione al di sotto del quale la giustizia sociale non permette di scendere.
Quando vicende economiche o particolari andamenti aziendali non permettono di mantenere tale li-vello nei riguardi di gruppi di lavoratori, è doveroso un intervento dell'autorità inteso a modificare la ripartizione del reddito complessivo tra i mèmbri della comunità, così da riportare le retribuzioni insufficienti a un livello non inferiore a quello giudicato equo.
Risponde a giustizia che la differenziazione delle retribuzioni al disopra del livello minimo avvenga in rapporto al rendimento del lavoratore. Questo principio è il meglio atto a sviluppare le qualità in-dividuali del lavoratore e concorre potentemente a fare del lavoro un effettivo mezzo di elevazione dell'uomo.
Le condizioni in cui presentemente si svolge l'attività produttiva spesso non permettono ai singoli lavoratori di differenziarsi individualmente nell'esplicazione del proprio lavoro e dare così l'intera misura delle loro possibilità; in molti casi poi è difficile procedere a una concreta valutazione delle differenze di rendimento.
GIUSTIZIA SOCIALE: I beni materiali sono destinati da Dio a vantaggio comune di tutti gli uomini. Nel campo economico, la giustizia sociale si risolve, fondamentalmente, nella attuazione di questo principio.
Appartiene quindi alla giustizia sociale di promuovere una equa ripartizione dei beni per cui non possa un individuo o una classe escludere altri dalla partecipazione ai beni comuni. A fondamento di tale equa distribuzione deve porsi una effettiva e non solo giuridica uguaglianza dei diritti e delle opportunità nel campo economico, per cui, tenuto conto delle ineliminabili differenze nelle doti personali, nell'intelligenza, nella volontà, sia attribuito a ciascuno il suo secondo giustizia e non secondo privilegi precostituiti o conferiti da un ordinamento che ostacoli taluni individui o gruppi sociali nello sforzo di migliorare le loro condizioni.
È proprio della giustizia sociale instaurare un ordine nel quale i singoli diano tutto quanto essi sono in grado di apportare al bene comune e ottengano quanto è necessario per un armonico sviluppo
delle energie individuali, quale sia consentito dalle condizioni di ambiente, di tempo e di luogo.
In particolare, nel campo della produzione, è debito di giustizia sociale tendere a produrre tutti i beni necessari o utili ai fini sopradetti che si possono ottenere dalle risorse naturali, con l'impiego del lavoro umano e dei mezzi tecnici che l'uomo ha saputo apprestare.
Il raggiungimento dei fini comuni, propri della convivenza sociale, comporta una necessaria solidarietà e una sostanziale comunanza di interessi fra gli individui e tra i gruppi sociali fra i quali si distribuiscono le diverse funzioni sociali. È quindi dovere di giustizia sociale, necessario alla attuazione del bene comune, mantenere uno spirito di attiva e consapevole collaborazione in tutti i rapporti economici e in particolare nelle relazioni fra i diversi gruppi sociali e, nell'ambito delle singole unità produttive, fra tutti coloro che in varie posizioni vi collaborano.
La giustizia sociale si pone, perciò, quale concreta espressione del bene comune, come fine primario dello stato e di ogni altra autorità. Le esigenze della giustizia sociale legittimano dunque, in via primaria, l'intervento positivo dell'autorità nella vita economica, sia per promuovere, coordinare e limitare nell'interesse del bene comune le attività degli individui e delle comunità locali, regionali e professionali, sia per svolgere una diretta attività economica.
POLITICA INTERNAZIONALE: La creazione di una vita comune internazionale operata attra-verso la cura e la gestione di interessi comuni ai vari popoli è la premessa ed il supposto indispen-sabile per la formazione di una società politica internazionale avente per finalità la armonia e la so-lidale e ordinata convivenza di queste libere forze e la loro azione comune e quindi la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli. Solo e soprattutto con la formazione di questa libera società internazionale delle forze sociali nella piena espansione della loro natura, potrà essere su-perato effettivamente e nella realtà storica il falso dogma della sovranità assoluta dello stato, fonte e premessa di ogni ingiustizia e di ogni violenza internazionale e ragione precipua delle crisi e dei fal-limenti avvenuti in tutti i tentativi di organizzazione di una comunità internazionale. Deve essere as-sicurata la libertà, l'integrità, l'indipendenza di tutte le nazioni, quale che sia la loro estensione territoriale e la loro capacità di difesa: la volontà di vivere di una nazione non deve mai corrispondere alla sentenza di morte per un'altra.
Iscritti:
Popolare
Monsieur
Richard Gecko
Marco Del Drago
Agnus Dei
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Manifesto de La Rosa Bianca
Il Movimento nasce per colmare il vuoto nel panorama politico polliano: uno schieramento laico cristianamente ispirato e saldamente legato alla cultura democratica e all'umanesimo. Il bisogno di definizioni e di formulazioni, l' urgenza di "prendere posizione" di fronte alle più vive e dibattute questioni sociali ed economiche si fa ogni giorno più sentire nel campo politico cristiano e laico, a mano a mano che si fa strada la convinzione che la distruttiva crisi di civiltà che andiamo attraversando trova la sua prima ragione nell'abbandono e nella negazione dei principi che il messaggio cristiano pone a fondamento della umana convivenza e dell'ordine sociale, così come del comportamento e della morale personale. Il riconoscimento di questa verità, che costituisce la più eloquente apologia del Cristianesimo, avrebbe tuttavia solo un valore negativo e di pura constatazione storica, se non fosse accompagnato da una immediata istanza e da un positivo impe-gno di ricerca, di ricostruzione, di affermazione di un ordine sociale che elimini e riformi gli elementi di dissoluzione, di involuzione, di incoerenza rispetto ai fini essenziali dell'uomo e della società. Per questo gli spiriti più attenti, gli animi più appassionati, fra i quali fermentano i germi di quel profondo rivolgimento sociale che batte alle porte dei tempi nuovi, guardano oggi con grande fiducia e speranza all'idea cristiana, come all'unica capace di difendere insieme le ragioni dell'uomo e quelle della comunità, le esigenze della libertà e quelle della giustizia. Le priorità sono evidenti: mettere in campo una buona politica per governare il cambiamento ed un soggetto in grado di rea-lizzarla. Noi cristiani, laici e democratici poniamo come pietra angolare della politica la solidarietà, la carità che ci rende scrupolosi scrutatori dei problemi della società, sensibili al prossimo, ai suoi problemi, bisogni e necessità. Crediamo non nella separazione, ma alla distanza tra fede e politica, perché è proprio in nome del nostro impegno religioso che il cristiano cercherà sempre di operare politicamente per il bene non confessionale di tutti; in questa distinzione dobbiamo piuttosto vedere il presupposto della filosofia politica cristiana di ogni tempo, che richiede però sapienti mediazioni per incarnarsi nella storia e nelle sue singole contingenze.
Non vogliamo essere un movimento confessionale ma laico, in modo che tutti si riconoscano nelle nostre storiche radici giudaico-cristiane, un patrimonio di cultura e valori irrinunciabili per costru-zione del bene comune. La promozione della persona umana rimane al centro del nostro metodo, della nostra passione che nutriamo per la politica; vogliamo costruire una società con meno Stato e più collaborazione tra i cittadini attraverso l'associazionismo, la cooperazione e le imprese no-profit. E' necessario che lo Stato si trasformi creando questi corpi intermedi che si frappongano tra Esso e il cittadino. Meno Stato quindi e più società civile. Sarà una sfida affascinante applicare questo principio a un gioco di ruolo, come nella realtà quotidiana, la quale manca ancora in larga misura, di strutture e norme che consentano di dirigersi in questa direzione.
LO STATO: La società si compone di tante attività caratteristiche dell'uomo e della famiglia, che mettono capo a principi e interessi fondamentali, quali principalmente la religione, la morale, la scienza, la politica, il diritto, l'economia, l'arte, la tecnica, ecc. Queste attività costituiscono delle forze e danno luogo a realtà di gruppi e di istituzioni sociali nei cui riguardi nasce il duplice problema: a) di assicurare le condizioni generali perché possano svolgersi in piena libertà e secondo le proprie leggi per la realizzazione dei propri fini umani e sociali; b) di creare tra di loro un'armonia.
Per realizzare questi due scopi si da vita ad un modo di organizzazione di tutte le forze sociali - individui, famiglie, gruppi ed istituzioni - che si chiama Stato.
Ad assicurare l'unità del complesso di iniziative e di istituzioni che compongono la società, è destinato l'ordinamento giuridico, che costituisce l'esplicazione e determinazione concreta delle esigenze della giustizia. Lo stato e l'ordinamento giuridico hanno appunto per fine di instaurare l'ordine nella molteplicità della società, vale a dire di mettere ciascuna iniziativa, istituzione, esperienza di vita associata al suo posto, ordinandole secondo il proprio valore rispetto al fine ultimo e organizzando fra di loro l'umana convivenza.
esso deve:
a) garantire i diritti di tutti gli individui e delle comunità e società che essi formano dirette a realizzare i loro interessi e fini umani, onde assicurare l'armonia e l'azione reciproca degli individui, delle famiglie e delle forze sociali.
b) provvedere agli interessi che sono comuni a tutti, e che soltanto con la collaborazione di tutti possono essere soddisfatti, onde assicurare le condizioni fondamentali del libero sviluppo e della pienezza di vita degli individui, delle famiglie e delle forze sociali che da essi legittimamente nascono. In quanto lo stato ha per sua funzione essenziale di tutelare i diritti degli individui, delle famiglie e delle forze sociali e di promuovere interessi comuni mediante l'impiego delle forze di tutti, lo stato ha per proprio connaturale fine il bene comune.
LA FAMIGLIA: La famiglia, sorgente di vita, cellula della struttura sociale, prima scuola e primo tempio, è una istituzione naturale, di origine divina, ordinata alla procreazione e alla educazione della prole e costituisce il primo sussidio dato agli uomini per il perfezionamento della propria personalità.
Pertanto la famiglia è necessaria per il raggiungimento dei fini naturali, individuali e sociali, degli uomini e costituisce la base di ogni sano ordinamento sociale.
La famiglia è una istituzione naturale anteriore ad ogni altra, ma non è estranea alla società: il suo fine non può dunque essere subordinato quale mezzo ai fini di altre società, ma esso deve armonizzare con i fini delle due società perfette alle quali per titoli diversi appartengono pure tutti gli uomini: la Chiesa e lo stato.
Il migliore ordinamento sociale deriverà pertanto dalla collaborazione fra Chiesa e stato nei riguardi della famiglia.
La Chiesa ha il diritto e il dovere di sviluppare nella famiglia cristiana la vita soprannaturale secondo i precetti di Gesù e con i mezzi dettati dal suo Magistero santificandola con la grazia sacramentale: l'opera della Chiesa per la formazione e lo sviluppo della famiglia cristiana rappresenta una collaborazione che deve ritenersi utilissima alla società stessa.
Lo stato deve riconoscere la famiglia come è stata costituita da Dio; proteggerla contro tutti i suoi nemici, rimovendo dall'ambiente pubblico ogni elemento di perversione e creando una atmosfera morale sana e conveniente; aiutarla al compimento della sua missione; spingerla all'adempimento dei suoi doveri e in caso di necessità supplire alle sue deficienze e completare la sua opera nell'ordine civico.
La famiglia ha come base e sorgente il matrimonio nel senso di unione giuridica e spirituale di persona a persona: unione una ed indissolubile, avente come fini oggettivi in primo luogo la procreazione e l'educazione della prole, e subordinatamente il mutuo aiuto.
Poiché la famiglia è naturalmente ordinata non al bene particolare dell'individuo, ma a quello dei coniugi e della prole, nonché al bene comune della società, essa non può rottamente fondarsi sulla associazione di due egoismi, cospiranti a ricercare il proprio tornaconto, ma si fonda sull'amore.
L'amore coniugale, che comporta il generoso e definitivo coraggio della rinunzia alla indipendenza personale e la reciproca fede nella mutua donazione corporale e spirituale, e che trova il suo completamento e il suo perfezionamento nella dedizione dei genitori verso i figli, e il suo naturale prolungamento nella riconoscente affezione dei figli verso i genitori, costituisce il migliore e più efficace avviamento per la vittoria contro ogni egoismo individuale, di gruppo, di nazione o di razza e per l'educazione al senso sociale della fraternità e della solidarietà fra gli uomini, primo elemento della carità civile, insostituibile fondamento del consorzio umano.
La famiglia cristiana, fecondata e vivificata dalla grazia, liberata da ogni egoismo, elevata sul piano dei valori spirituali, costituisce nella sua rinnovata vitalità, accessibile a tutti r battezzati, il più valido presidio della personalità individuale - dei genitori e dei figli - e la via più naturale ed efficace per il necessario profondo rinnovamento delle coscienze e del costume morale, e quindi per la conquista della pace fra i popoli.
La legge morale secondo la quale è illecito e contro natura qualsiasi uso del matrimonio che artificialmente privi l'atto della sua naturale destinazione alla procreazione, non può patire negli ordinamenti sociali alcuna eccezione, qualunque sia la pretesa giustificazione di bene privato o pubblico. Del pari qualsiasi diretto attentato alla vita e alla integrità del nascituro, sotto qualsiasi forma, anche nel caso delle così dette "indicazioni terapeutiche " è intrinsecamente illecito: è dovere dell'autorità pubblica statuire adeguate sanzioni per gli inadempienti.
La procreazione come atto umano è regolata dalla legge morale, che non si oppone, anzi spinge i genitori a regolare, mediante una virile e cristiana continenza, la nascita dei figliuoli, adattandola alle necessità della sistemazione ed educazione della prole.
Ogni forma di propaganda e di diffusione pubblica concernente la limitazione antinaturale delle nascite deve essere comunque impedita dalle autorità.
L’EDUCAZIONE: Ogni azione educativa che voglia essere ispirata da un pratico riconoscimento della natura, della libertà e dei fini della persona umana dell'educando deve tendere a risvegliare in esso la coscienza della propria dignità, della sua libertà, del suo fine, e delle responsabilità ad essa legate, chiamando a collaborare all'azione educativa il soggetto stesso, onde guidarlo a divenire consapevolmente membro delle società da Dio destinate al suo perfezionamento, e a collaborare alacremente al bene comune.
Ogni dottrina educativa che, ignorando o negando la dignità, il valore ed il fine della persona umana, proponesse come fine della educazione o l'uomo per se stesso o una qualunque collettività – classe, razza, nazione, stato, umanità – sarebbe da rigettarsi come essenzialmente erronea e lesiva della persona, e come negatrice del suo fine trascendente, e gravemente perniciosa per la società.
Essendo l'educazione il doveroso compimento della generazione (v. art. 23) il compito di educare non può spettare, secondo l'ordine naturale delle cose, se non a chi è principio dell'essere e della vita dell'educando e cioè alla paternità, che è naturale nei genitori e soprannaturale nella Chiesa.
Tuttavia, poiché l'uomo nasce in seno a tre società: la famiglia, la Chiesa e lo stato, l'educazione, opera necessariamente sociale, "appartiene a tutte e tre queste società in misura proporzionata e corrispondente – secondo il presente ordine di provvidenza – alla coordinazione dei fini".
Il diritto della famiglia di educare i figli è anteriore a qualsiasi di ritto della società civile e dello stato, è inviolabile in quanto è naturale, è inalienabile in quanto è inseparabilmente congiunto ad un dovere, è vincolato alle direttive della legge naturale e divina, è sottoposto alla autorità della Chiesa e alla vigilante tutela dello stato per quanto riguarda il bene comune. "Sarebbe andare contro la giustizia naturale se il fanciullo avanti l'uso di ragione fosse sottratto alla cura dei genitori o di lui in qualche modo si disponesse contro la volontà dei genitori".
LAVORO: Il lavoro è in sé in ogni caso mezzo di elevazione e di perfezionamento della persona; tuttavia questa provvidenziale possibilità varia notevolmente da lavoro a lavoro a seconda delle di-verse modalità tecniche con le quali il lavoro stesso deve essere svolto.
Si realizzano così quelle forme ideali di lavoro che trasformano l'attività economica, da mera ed impersonale applicazione di uno sforzo inteso a realizzare un particolare atto produttivo, in un'atti-vità dove l'atto economico è perennemente vivificato e permeato dal senso di una piena responsabi-lità personale.
La natura dei bisogni umani non consente di indicare in via assoluta la quantità di sussistenze indi-spensabile all'uomo, e quindi la retribuzione minima del lavoratore; non vi è dubbio, d'altro canto, che in una data situazione storica, le condizioni economiche generali indicano il livello di retribu-zione al di sotto del quale la giustizia sociale non permette di scendere.
Quando vicende economiche o particolari andamenti aziendali non permettono di mantenere tale li-vello nei riguardi di gruppi di lavoratori, è doveroso un intervento dell'autorità inteso a modificare la ripartizione del reddito complessivo tra i mèmbri della comunità, così da riportare le retribuzioni insufficienti a un livello non inferiore a quello giudicato equo.
Risponde a giustizia che la differenziazione delle retribuzioni al disopra del livello minimo avvenga in rapporto al rendimento del lavoratore. Questo principio è il meglio atto a sviluppare le qualità in-dividuali del lavoratore e concorre potentemente a fare del lavoro un effettivo mezzo di elevazione dell'uomo.
Le condizioni in cui presentemente si svolge l'attività produttiva spesso non permettono ai singoli lavoratori di differenziarsi individualmente nell'esplicazione del proprio lavoro e dare così l'intera misura delle loro possibilità; in molti casi poi è difficile procedere a una concreta valutazione delle differenze di rendimento.
GIUSTIZIA SOCIALE: I beni materiali sono destinati da Dio a vantaggio comune di tutti gli uomini. Nel campo economico, la giustizia sociale si risolve, fondamentalmente, nella attuazione di questo principio.
Appartiene quindi alla giustizia sociale di promuovere una equa ripartizione dei beni per cui non possa un individuo o una classe escludere altri dalla partecipazione ai beni comuni. A fondamento di tale equa distribuzione deve porsi una effettiva e non solo giuridica uguaglianza dei diritti e delle opportunità nel campo economico, per cui, tenuto conto delle ineliminabili differenze nelle doti personali, nell'intelligenza, nella volontà, sia attribuito a ciascuno il suo secondo giustizia e non secondo privilegi precostituiti o conferiti da un ordinamento che ostacoli taluni individui o gruppi sociali nello sforzo di migliorare le loro condizioni.
È proprio della giustizia sociale instaurare un ordine nel quale i singoli diano tutto quanto essi sono in grado di apportare al bene comune e ottengano quanto è necessario per un armonico sviluppo
delle energie individuali, quale sia consentito dalle condizioni di ambiente, di tempo e di luogo.
In particolare, nel campo della produzione, è debito di giustizia sociale tendere a produrre tutti i beni necessari o utili ai fini sopradetti che si possono ottenere dalle risorse naturali, con l'impiego del lavoro umano e dei mezzi tecnici che l'uomo ha saputo apprestare.
Il raggiungimento dei fini comuni, propri della convivenza sociale, comporta una necessaria solidarietà e una sostanziale comunanza di interessi fra gli individui e tra i gruppi sociali fra i quali si distribuiscono le diverse funzioni sociali. È quindi dovere di giustizia sociale, necessario alla attuazione del bene comune, mantenere uno spirito di attiva e consapevole collaborazione in tutti i rapporti economici e in particolare nelle relazioni fra i diversi gruppi sociali e, nell'ambito delle singole unità produttive, fra tutti coloro che in varie posizioni vi collaborano.
La giustizia sociale si pone, perciò, quale concreta espressione del bene comune, come fine primario dello stato e di ogni altra autorità. Le esigenze della giustizia sociale legittimano dunque, in via primaria, l'intervento positivo dell'autorità nella vita economica, sia per promuovere, coordinare e limitare nell'interesse del bene comune le attività degli individui e delle comunità locali, regionali e professionali, sia per svolgere una diretta attività economica.
POLITICA INTERNAZIONALE: La creazione di una vita comune internazionale operata attra-verso la cura e la gestione di interessi comuni ai vari popoli è la premessa ed il supposto indispen-sabile per la formazione di una società politica internazionale avente per finalità la armonia e la so-lidale e ordinata convivenza di queste libere forze e la loro azione comune e quindi la creazione di un vero e non fittizio o formale ordine giuridico che subordini o conformi la politica degli stati alla superiore esigenza della comune vita dei popoli. Solo e soprattutto con la formazione di questa libera società internazionale delle forze sociali nella piena espansione della loro natura, potrà essere su-perato effettivamente e nella realtà storica il falso dogma della sovranità assoluta dello stato, fonte e premessa di ogni ingiustizia e di ogni violenza internazionale e ragione precipua delle crisi e dei fal-limenti avvenuti in tutti i tentativi di organizzazione di una comunità internazionale. Deve essere as-sicurata la libertà, l'integrità, l'indipendenza di tutte le nazioni, quale che sia la loro estensione territoriale e la loro capacità di difesa: la volontà di vivere di una nazione non deve mai corrispondere alla sentenza di morte per un'altra.
Iscritti:
Popolare
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Richard Gecko
Marco Del Drago
Agnus Dei