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famedoro
24-10-10, 11:31
Da un'analisi di Battista lo spunto per un distinguo più che necessario

La destra che avversa Saviano? Chiamiamola berlusconiana...
di Antonio Rapisarda

Ha ragione su tutto eccetto su una cosa Pierluigi Battista quando sul Corriere della Sera accusa la destra di casa nostra di essere autolesionista nel caso di Roberto Saviano. Ha ragione l’editorialista quando si chiede quale sia il senso dello «straordinario impulso masochista nel regalare alla sinistra Saviano lui che di sinistra non è». Ha ragione quando non comprende quale sia il motivo di crearsi un ulteriore nemico «anche in chi» come l’autore di Gomorra «non è necessariamente animato da un’ostilità preconcetta nei confronti di questa maggioranza». Battista ha indovinato inoltre che cosa comporti questa volontà autodistruttiva. Il cui risultato è una destra che vive «ormai prigioniera di una sindrome dell’assedio che scorge dappertutto i segnali occulti di complotti, cospirazioni, manovre contro il governo». Con ciò che comporta per una forza «che vince un’elezione dopo l’altra e perciò dovrebbe mostrare la forza della tranquillità e non il terrore di chi è rinchiuso in una fortezza»: ossia l’affrancamento culturale dalla parte migliore del paese.

A tutto questo, però, occorrerebbe aggiungere un semplice ma più che significativo aggettivo che nell’analisi di Battista manca: ossia destra “berlusconiana”. Sì, è da quelle parti – da un opinion maker come Emilio Fede o da un agitatore politico come Giorgio Stracquadanio – che provengono da mesi gli attacchi più feroci, volgari e insensati al giovane scrittore campano. È dalla Rai targata centrodestra che arrivano le strumentali e patetiche scuse di questi giorni per ostacolare il programma del duo Fazio-Saviano perché sospettato di occuparsi di tematiche poco gradite al premier. È dalle firme dei giornali direttamente espressione della vulgata berlusconiana che arrivano spesso (e sempre più volentieri) strali contro l’autore accusato di essere l’ennesima colonna dell’esercito del Male solo perché si permette di essere contrario a leggi bavaglio e via dicendo.

E non si sorprenda il corsivista del Corriere. Non si sorprenda del fatto che a una destra di tale fattura poco gliene importi che Saviano abbia lodato l’azione di un ministro capace come Roberto Maroni. Così come del fatto che abbia parlato dei martiri della lotta al comunismo (guadagnandosi l’inferno in terra da parte dei sacerdoti e nostalgici del socialismo più o meno reale) o che utilizzi come randello contro le ingiustizie sociali i versi di Ezra Pound. E sa perché? Semplice, Saviano è una testa pensante. Con una capacità critica, elastica. Per questo fa paura: in quanto non è controllabile. Non recita il jingle. E questo è un dettaglio insopportabile per i luogotenenti dell’ortodossia in quanto, come ripeteva uno che di dissenso se ne intendeva come Leonardo Sciascia, «gli eretici sono sempre più colpiti degli infedeli». E dispiace, ma davvero, che a questa destra abbia dato un inaspettato endorsement anche il ministro Giorgia Meloni che ha accusato lo scrittore «di essere schiacciato sulla propaganda antiberlusconiana». Come se parlare di legalità, di pluralismo e di etica pubblica fosse un argomento attribuibile a una parte piuttosto che a un'altra.

E sa, caro Battista, perché quell’aggettivo che manca è così importante? Perché c’è un’altra destra. Che di Saviano ha tutt’altra opinione. Una destra che fin da tempi non sospetti ha speso molta attenzione sulla sua battaglia civile e culturale. Non si contano, ad esempio, le analisi che su Ffwebmagazine abbiamo dedicato alla visione eroica della lotta alla mafia declinata da Saviano. E che dire della lunga intervista per il mensile Caffeina quando lo abbiamo incontrato di persona per parlare (udite, udite) di onore, di Sparta, di Junger, di Stato. Sul Secolo d’Italia ci sono paginoni interi ed editoriali dedicati a lui: e non solo da quando Gianfranco Fini ha accettato l’invito dello scrittore di parlare di legalità nelle terre ostaggio della camorra, ma proprio utilizzando il giovane campano come paradigma di un certo tipo di italiano che si ribella. Il nostro direttore Filippo Rossi, poi, con lo scrittore ha aperto l’edizione di quest’anno del festival Caffeina dove a Viterbo, alla presenza di migliaia di persone, l’autore di Gomorra ha ricordato la lotta del pool antimafia contro Cosa nostra tra le lacrime di una platea storicamente non di sinistra. Segno questo che esiste un’altra destra – che nel paese è largamente maggioritaria e che viene da molto lontano, anche da quell’Almirante più volte ricordato (e rimpianto) da Saviano stesso – che non solo non ha paura di uno scrittore ma che utilizza le sue riflessioni come un antidoto moderno contro la rassegnazione giovanile e uno stimolo contro il disinteresse. Una destra legalitaria, civile, “tranquilla” che si aspetta una politica che prenda a braccetto chi denuncia con coraggio la mafia e non che sprechi buonsenso e dignità definendo “eroi” i pluripregiudicati.

Ma, scusate se ci ritorniamo, toccherebbe aggiungere un ulteriore aggettivo a quella destra berlusconiana di cui sopra: incapace. Sì, incapace di comprendere la grande occasione concessa da un intellettuale che ha rifiutato le sirene dell’antiberlusconismo di maniera perché sua intenzione è fare della lotta alla mafia una battaglia “nazionale”. Incapace perché, a fronte di un consenso elettorale sbandierato come la presa della Bastiglia, questa destra si sente ancora culturalmente minoritaria. Aggrappata a un cattiverio di maniera che non la renderà mai narratrice di quella rivoluzione liberale che resta ormai un cimelio da mostrare ai nipoti. E incapace soprattutto perché così refrattaria alla dialettica da sentire distante persino la richiesta di un intellettuale che parla di Stato e non di materialismo storico o di lotta di classe. «Vittimismo di maggioranza» lo chiama significativamente Battista. Sì, questo è. Tant’è che questa riflessione non proviene esclusivamente da ambienti cosiddetti finiani ma anche dall’osservazione di un pensatore disorganico come Pietrangelo Buttafuoco che tempo fa accusava questa destra così inetta da non capire che Saviano è «un italiano che non è, per come lo accusano da destra, un comunista con la barba di tre giorni ma, sempre che il termine non ci esponga alla querela, un patriota».

Ma è probabile, caro Battista e cari noi, anche che questa destra berlusconiana sappia perfettamente di che cosa si sta parlando. Degli effetti dei suoi errori. E allora, in conclusione, viene un terribile e disarmante sospetto. Che tutto sommato a questa vada pure bene regalare alla sinistra Saviano. Ma non solo. Che questa alla fine di eroi, di mito, di cultura dell’antimafia, di morti per lo Stato non sappia davvero che farsene. Perché queste cose purtroppo non entrano nello schedario dei loro amati sondaggi. Quei maledetti. Dobbiamo (forse) farcene una ragione.

23 ottobre 2010

Ffwebmagazine - La destra che avversa Saviano? Chiamiamola berlusconiana... (http://www.ffwebmagazine.it/ffw/page.asp?VisImg=S&Art=9475&Cat=1&I=immagini/PERSONAGGI/saviano_int.bmp&IdTipo=0&TitoloBlocco=NEWS%20FfMagazine&Codi_Cate_Arti=7)