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Visualizza Versione Completa : Quel Giorno ad Alessandria



occidentale
26-11-10, 08:18
Siamo nel Mediterraneo, 1941.
L’Italia è ormai in guerra da un anno e mezzo con alterne fortune contro la Gran Bretagna e il suo Impero Britannico.

Tra i reparti più attivi della marina militare italiana, ci sono gli uomini della X Flottiglia MAS.

Palombari a cavallo di siluri, piloti dei barchini esplosivi e assaltatori subaquei delle squadre “Gamma” si sono resi protagonisti nei porti di Malta, Suda e Gibilterra di diversi tentativi di attacco che, anche quando non coronati da successo, avevano dato prova di grande preparazione e coraggio e avevano destato interesse, ammirazione e persino un certo timore per la loro potenzialità anche presso gli alti comandi britannici, cosa non facile da raggiungere visti gli insuccessi italiani dell'anno precedente e la magistrale azione britannica contro Taranto.

Sono le 21.30 del 18 Dicembre 1941 quando le coppie De La Penne-Bianchi, Marceglia-Schregat, Martellotta-Marino, a cavallo dei loro “maiali” abbandonano il sommergibile Scirè, al comando del capitano di fregata Junio Valerio Borghese.

Questi li aveva portati fino all’imboccatura del porto di Alessandria d’Egitto, base logistica e militare di importanza capitale nello scacchiere del Mediterraneo medio-orientale, sia in terra che in mare.

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26-11-10, 08:20
Cos'erano i “maiali”?

Maiale era un nomignolo affibbiato ad un’arma in realtà micidiale nella sua semplicità: un siluro a lenta corsa (slc) con una testata di tre quintali di esplosivo, pilotabile da due operatori come un piccolo sottomarino.

Gli slc erano dotati di un motore elettrico a 4 marce, strumentazione fosforescente e potevano procedere ad una velocità variabile tra i 2 e i 4,5 nodi, con un’autonomia oscillante dalle 4 alle 15 miglia, in funzione della velocità.

L’impiego operativo dei maiali era concettualmente molto semplice: portare la carica direttamente sotto la chiglia di una nave-bersaglio, azionare le spolette a mano e allontanarsi in tempo per evitare di essere vittima della propria bomba. L’attuazione del piano però era spesso di una difficoltà tutt’altro che facilmente superabile.

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26-11-10, 08:24
Torniamo ora nella baia di Alessandria.
Il gruppo di incursori procede in superficie, con una formazione aperta ma compatta.

Al centro De La Penne, Marcegaglia a sinistra e Martellotta a destra.

In circa due ore i maiali sono davanti ai galleggianti delle reti che ostruiscono e proteggono il porto interno.

Sono così vicini al Molo della Quarantena da poter udire le sentinelle chiacchierare tra loro sulla banchina.

All’interno della baia, nel frattempo, un grossa motovedetta incrocia su e giù lanciando bombe di profondità.

Mentre gli incursori si apprestano ad immergersi, nonostante le bombe, per superare la rete, la fortuna si presenta loro nelle vesti di una squadra di tre cacciatorpediniere che, al rientro da una missione, vengono fatti entrare in porto aprendo un varco nel sistema difensivo.

I tre equipaggi, sfruttando le scie, a rischio di collisione con i caccia, riescono ad entrare nelle acque interne.
Nella confusione però si perdono di vista.
Ma ormai la missione è entrata nella sua fase cruciale.

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26-11-10, 08:27
Analizziamo la situazione equipaggio per equipaggio.
Equipaggio numero 1, composto dal tenente di vascello Luigi Durand De La Penne e dal capo palombaro Emilio Bianchi.

Questi si tengono all’esterno del frangiflutti anche per evitare i fasci luminosi di una nave che sta caricando e, facendo una sorta di slalom tra alcune navi francesi internate, giungono senza intoppi presso il loro bersaglio: la corazzata Valiant, 30000 tonnellate di stazza, che si staglia chiaramente nel buio della rada. Tutto intorno vi è una rete parasiluri con dei grossi galleggianti sferici che, urtandosi fra loro, fanno molto rumore, nascondendo in parte il ronzio dell’elica del maiale.
Sono circa le 2 e De La Penne è fisicamente in crisi a causa di uno strappo nella muta stagna, provocatosi alla partenza, e che, dopo quattro ore in acqua, provoca forti dolori e brividi. Decide dunque, per affrettarsi, di superarare la rete in superficie in un punto ove i galleggianti siano distanziati a sufficienza. Il passaggio avviene comunque senza grosse difficoltà. L’equipaggio si immerge e dirige verso il punto della carena designato per collocarvi l’esplosivo. A questo punto cominciano i guai: a causa di un tremendo dolore alle mani, De La Penne non riesce a controllare il maiale che va a sbattere contro la chiglia e successivamente si dirige verso il fondo, arrestando la discesa solo a contatto con il fango a 17 metri.
A questo punto, per orientarsi, De La Penne è costretto a risalire in superficie, mantenendosi sagolato al maiale tramite un cavetto d’acciaio noto come “ascensore”.
Una volta orientatosi si immerge nuovamente, in tutta fretta, per evitare di essere scorto.
Giunto sul fondo 2 sorprese, tutt'altro che piacevoli:
Il maiale è immobilizzato a causa di un cavetto di acciaio impigliato nell’elica e…Bianchi è sparito !!!
Riemerge immediatamente, temendo che il suo secondo sia risalito in preda ad un malore e dopo essere stato scoperto, abbia fatalmente compromesso la missione.
Ma in superficie tutto tace…decide di tornare sul fondo e di cercare di spostare il maiale a spinta.
Comincia a muovere il siluro di qualche centimetro, ma non è sicuro della direzione a causa della sospensione che solleva e che non gli permette di leggere la bussola.
Suda, cerca di pulire la maschera, ma finisce per allagarla; non riuscendo a svuotarla del tutto è costretto a bere l’acqua rimasta.

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26-11-10, 08:35
La direzione sembra essere quella buona…in più a bordo hanno attivato una pompa che con il suo forte rumore funge quasi da filo di arianna.
L’assaltatore lavora meccanicamente, con l’unica preoccupazione di raggiungere la carena e collocare l’esplosivo, incurante della possibilità di essere dilaniato da bombe di profondità o di perdere i sensi a causa dell’intossicazione da ossigeno. Sa che il tempo è contro di lui e ha una fretta del Diavolo di finire, per completare la sua missione.

Dopo 20 minuti arriva alla profondità di 14 metri e sente il rumore della pompa farsi sempre più vicino a lui, con toni a volte gravi e a volte acuti.

Dopo 40 minuti verifica nuovamente la rotta e con l’”ascensore” esegue un’ispezione per verificare la posizione in cui si trova sotto lo scafo.

Non vi sono alette di rollio che sperava di sfruttare come posizione dove piazzare le cariche ma la posizione rispetto alla larghezza della nave è buona.
A questo punto, tornato all'SLC, mette in moto le spolette e lo trascina ancora per qualche metro, fino ad esaurire completamente le forze.
Zavorra definitivamente il maiale, allagandone i compartimenti stagni, e si porta in superficie lungo lo scafo.
Appena a galla si toglie il respiratore, lo affonda e cerca di allontanarsi, ma dopo 10 minuti viene illuminato e “chiamato” a bordo.

Si dirige quindi lentamente verso la boa di prua, dove trova Bianchi che gli dice di aver avuto un malore e di essere riemerso.

I due assaltatori vengono quindi arrestati e portati a terra per essere interrogati. Dopo l’infruttuoso interrogatorio vengono riportati a bordo della Valiant.
Sono circa le 4.

Ironia della sorte i due vengono rinchiusi fra le due torri di prua, grossomodo sopra il maiale.
A 10 minuti dall’esplosione De La Penne chiede di conferire con il comandante.
Lo avverte che in pochi istanti salterà tutto e di far evacuare la nave.
Al rifiuto di dire a che altezza fosse collocata la carica, il comandante lo fa riaccompagnare in cella.
La cortesia britannica viene messa da parte in favore di comportamenti a dir poco spicci. Ma ormai è finita per la Nave da Battaglia britannica.

Mentre l'equipaggio lascia la nave ordinatamente ma con una certa alacrità,
De La Penne e Bianchi pensano che per loro sia finita.

Pochi minuti e un’esplosione fa quasi sobbalzare la nave, che poi sbanda sulla sinistra e cola a picco,fino a toccare il fondo.
De La Penne riesce ad uscire dalla sua prigione e si dirige in coperta, verso poppa, dove si stanno ancora svolgendo le operazioni di evacuazione e a questo punto, dopo aver conferito col comandante, volge lo sguardo verso l’altra corazzata in rada, la Queen Elisabeth, che è a circa 500 metri, e aspetta. L'ufficiale nemico lo osserva, cercando di capire a cosa De La Penne stia pensando e trattenendo a stento la frustrazione, a quel che Bianchi rilevò osservandoli da lontano.

occidentale
26-11-10, 08:39
Equipaggio numero 2
Composto dal capitano del genio navale Antonio Marceglia e dal sottocapo palombaro Antonio Schergat.


I due dirigono verso destra con rotta 20°, verso il loro bersaglio.
Devono percorrere circa 2 miglia e, facilmente guidati dalle luci di un’officina sul molo, passano agevolmente tra il frangiflutti e la banchina.
Verso le 3 del mattino giungono al loro bersaglio, ovvero quella che erroneamente ritenevano fosse la corazzata Barham (affondata il 25 novembre da un U-Boot al largo di Sollum) e che invece risulterà in seguito essere la Queen Elisabeth (30000 tonnellate).
Individuano a prua un passaggio nella rete parasiluri e si immergono a 30-40 metri dalla nave, toccando il fondo ad una profondità di 13 metri. L’orientamento in navigazione è favorito dal rumore di un motore elettrico in funzione a bordo della corazzata.
I due operatori collegano due alette di rollio ai lati opposti con un cavo d’acciaio e vi appendono la testata esplosiva del maiale.

Tutto il lavoro è svolto in 25 minuti.
L’ultima parte però è stata fatta dal solo Marceglia, dal momento che Schregat presenta i primi sintomi di intossicazione da ossigeno, che si stanno aggravando e che non permettono al palombaro di rimanere a cavalcioni del maiale, costringendo il capitano (a cui ormai il palombaro è addossato) a risalire in superficie.
Questi però non riesce a controllare la riemersione, che è piuttosto violenta.
Il maiale riemerge tra la schiuma e gli spruzzi.
Ma nessuno lo nota.

A questo punto i due dirigono verso il punto pianificato per l’uscita dall’acqua e una volta affondato l’apparecchio e i respiratori si nascondono sotto una barca in secca, preso la spiaggetta del macello.
Si spogliano delle mute e si dirigono verso l’esterno del porto.
Riescono a superare le guardie spacciandosi per marinai francesi e sono protagonisti di una rocambolesca fuga tra treni mancati e treni presi, mercato nero per procurarsi del denaro (visto che le sterline di cui dispongono non hanno più corso legale in Egitto dall'inizio della guerra) e altro ancora, che da sola meriterebbe un articolo per essere narrata.
Vi basti sapere che alla fine ritroveranno i loro compagni in…un campo di prigionia inglese.

occidentale
26-11-10, 08:45
La terza coppia è composta dal capitano delle armi navali Vincenzo Martellotta e il capo palombaro Mario Marino.

A costoro era stato inizialmente assegnato un grande bersaglio, una portaerei, la cui distruzione avrebbe de facto annullato la capacità di attacco della Mediterranean Fleet, ponendo fine all'esistenza di tutte le sue principali capital ships.
Poco prima dell’azione una ricognizione aerea aveva rilevato che in realtà la portaerei aveva mollato gli ormeggi il giorno prima, per dirigere verso l’Atlantico.
Era stato dunque assegnato loro un bersaglio di ripiego: una petroliera norvegese, che, se meno nobile per il prestigio, rappresentava una grande possibilità per un attacco in grande stile.

Il piano infatti prevedeva di disporre intorno all’obiettivo altre 4 bombe incendiarie galleggianti, che avrebbero dovuto infiammare la nafta fuoriuscita dalla petroliera e, a cascata, le altre petroliere ormeggiate, trasformando il porto di Alessandria in un girone dantesco.
L'idea era stata messa a punto con dovizia di particolari dal comandante Borghese, che riconfermava il suo gusto per la beffa e la sua astuzia un tantino luciferina.:D

I due comunque non rinunciano a cercare una preda più grossa nei due punti di ormeggio abituale delle portaerei.
Non trovano alcun ghiotto obiettivo militare e inizialmente,per errore, cominciano a collocare le cariche sotto un incrociatore pesante.

Resisi conto dell’errore proprio all’ultimo, si dirigono verso la petroliera più grande in vista, una nave norvegese (Sagona) di 8000 tonnellate di stazza, non prima però di aver rischiato di essere scorti dalle sentinelle a bordo del vascello erroneamente puntato come primo bersaglio.
Lunghi istanti immobili, immersi sotto il pelo dell’acqua, portano Martellotta al limite della sopportazione fisica a causa della mancanza di ossigeno.

Capogiri, conati di vomito, lo costringono a liberarsi della maschera e navigare in superficie.
Arrivati sul punto, incarica il suo secondo di collocare la carica e questi, con un po’ di difficoltà a causa dell’eccessiva leggerezza del mezzo con un solo operatore e dall’arrivo di un cacciatorpediniere, riesce comunque nella sua missione.
Infine collocano le bombe incendiarie e si dirigono a terra al molo dei carboni.
Affondano il mezzo e le apparecchiature, distruggono la muta e si dirigono verso l’esterno del porto, dove però vengono bloccati ed arrestati, a quel che sembra anche loro a causa delle maledette sterline.

Mentre vengono interrogati, i pensieri dei due assaltatori sono rivolti solo all’esito della missione.
I loro dubbi vengono però sciolti alle 5.54, udendo una forte esplosione in rada, seguita poi da altre due intervallate da venti minuti.
La Sagona se è andata.

occidentale
26-11-10, 08:49
Torniamo a De La Penne.
Abbiamo lasciato il giovane ufficiale a bordo della Valiant, arenata , con lo sguardo fisso verso la Queen Elisabeth, con un comandante britannico che lo osserva stupefatto e sorpreso del suo ardire, vagamente impressionato e forse ammirato per la mossa degli italiani, secondo l'antico tratto sportivo della sua gente.

Ascoltiamo dalla sua voce ciò che il leader riconosciuto della sortita della Regia vide, come riportato nel suo rapporto al ritorno dalla prigionia: <Passano pochi minuti ed anche la Queen Elisabeth salta.
Si solleva dall’acqua per qualche centimetro e dal fumaiolo escono pezzi di ferro, altri oggetti e nafta che arriva in coperta e sporca tutti quanti sono a poppa>

occidentale
26-11-10, 09:05
I nostri assaltatori furono tutti catturati, ma furono trattati con stima e rispetto dagli inglesi, da sempre amanti del fair play a 360°, soprattutto in mare.

L’operazione fu quasi del tutto coronata da successo.
Con due orette scarse di lavoro, la Regia Marina aveva messo a terra la Mediterranean Fleet.

Le due NdB furono danneggiate in maniera gravissima.
La Queen Elisabeth era irrimediabilmente persa e la Valiant rimase in cantiere fino al 1943 e dovette essere messa in disarmo subito dopo la guerra.
La Sagona resa inservibile e il cacciatorpediniere Jervis che vi si era avvicinato per portare aiuto fu costretto in cantiere per un mese.
L’incendio del porto invece non riuscì, perchè la benzina era troppo poca a bordo della Sagona.

La notizia dell'impresa, che arrivò in ritardo alle foze dell'Asse, gettò nel panico i dirigenti della Royal Navy e del Governo Britannico.

In una riunione segreta della camera dei comuni, il 24 aprile successivo, Churchill, dopo aver brevemente descritto l’azione commentava:
-Al momento noi non abbiamo più una squadra navale da battaglia nel mediterraneo- e poco dopo ammetteva -Non vi è alcuna ragione per cui una grande armata italo-tedesca non possa essere sbarcata per invadere direttamente non solo la Libia, ma la Palestina o la Siria o l’Egitto stesso-
E ancora, nelle sue memorie:
-Nella notte del 19 dicembre 1941, sei uomini cambiarono il volto della guerra... in quella notte, il potere navale nel Mediterraneo orientale era stato invertito in senso sfavorevole agli alleati. Si dubita che mai, nella storia navale del mondo, sei soli uomini siano riusciti a compiere una distruzione cosi' decisiva".
Difficile ottenere, da parte di un nemico, un elogio piu' alto.

L' ammiraglio Cunningham, comandante della flotta inglese del Mediterraneo, per parte sua aveva dichiarato:
"Uno non puo' non ammirare il sangue freddo di questi italiani: ogni cosa era progettata, pensata, eseguita con la massima precisione e determinazione".
Era un colpo da KO per gli alleati. Sfruttandolo a dovere l'Asse avrebbe potuto vincere la guerra nel Mediterraneo.
Come sappiamo, il Dio della Guerra decise altrimenti.
Ma questo rimane un gesto da ricordare.

occidentale
26-11-10, 09:06
http://www.istitutonastroazzurro.it/images/immagini%20biografie/Corazzata%20Valiant.jpg
La Valiant in una foto del 1936

occidentale
26-11-10, 09:07
http://www.history.navy.mil/photos/images/h52000/h52518.jpg

C@scista
26-11-10, 10:10
Il paradosso della marina militare italiana (ma lo stesso accadeva nell'esercito) era che un piccolo reparto specializzato (come la Decima) da solo era molto piu combattivo e pericoloso per la marina inglese (contro la quale otteneva grossi successi) della flotta italiana che invece era stata facilmente battuta a Taranto

ulver81
26-11-10, 11:17
Il paradosso della marina militare italiana (ma lo stesso accadeva nell'esercito) era che un piccolo reparto specializzato (come la Decima) da solo era molto piu combattivo e pericoloso per la marina inglese (contro la quale otteneva grossi successi) della flotta italiana che invece era stata facilmente battuta a Taranto

La colpa della disfatta di Taranto se ricordo bene fu attribuibile alla mancata intesa tra marina e aeronautica -colpa dell'impostazione data da Balbo e anche dei contrasti con Nobile- .

Juv
26-11-10, 12:28
Il paradosso della marina militare italiana (ma lo stesso accadeva nell'esercito) era che un piccolo reparto specializzato (come la Decima) da solo era molto piu combattivo e pericoloso per la marina inglese (contro la quale otteneva grossi successi) della flotta italiana che invece era stata facilmente battuta a Taranto

Pensa che se i vertici militari non avessero interrotto lo sviluppo dei SLC nel periodo 36-38, la Regia Marina avrebbe potuto condurre attacchi del genere già nel '40.
In quel periodo oramai la guerra era segnata dall'intervento degli USA.

Druso
26-11-10, 12:55
La colpa della disfatta di Taranto se ricordo bene fu attribuibile alla mancata intesa tra marina e aeronautica -colpa dell'impostazione data da Balbo e anche dei contrasti con Nobile- .

Bhe le cause della disfatta di Taranto sono molteplici, tra le quali forse anche la posizione dello stesso porto in una posizione un po' troppo esposta. C'è anche da dire che all'epoca non si erano ancora ben comprese le potenzialità del connubio portaerei + aerosiluranti, e qua stette probabilmente la genialità degli inglesi di aver compreso prima di altri l'utilità di certe operazioni.
Sul resto della guerra nel mediterraneo le ragioni del fallimento furono tante: la mancanza di collaborazione tra marina e aeronautica, l'assenza di portaerei e di radar, la scarsità di carburanti, l'utilizzo di tattiche antiquate (basti pensare allo scriteriato uso dei sommergibili), ma soprattutto pesò tantissimo la totale mancanza di coraggio ed iniziativa degli ammiragli che procrastinarono sempre lo scontro definitivo con la flotta inglese, cosa che alla fine giovò esclusivamente agli inglesi.

Druso
26-11-10, 12:56
Pensa che se i vertici militari non avessero interrotto lo sviluppo dei SLC nel periodo 36-38, la Regia Marina avrebbe potuto condurre attacchi del genere già nel '40.
In quel periodo oramai la guerra era segnata dall'intervento degli USA.

Anche gli aerosiluranti, che tanti danni fecero agli inglesi, furono sviluppati soltanto tardi e con scarsi mezzi.

Ludis
26-11-10, 13:06
A tal proposito,se non lo avete già fatto, vi consiglio di leggere questo libro (purtroppo il mio ha la copertina rovinata):

http://img259.imageshack.us/img259/7919/scir.jpg (http://img259.imageshack.us/i/scir.jpg/)

Come si può notarare dal titolo,narra le vicende della sommergibile Scirè,ovvero uno dei quattro trasportatori dei mezzi d'assalto della X Flottiglia MAS. Vengono quindi descritti gli attacchi contro Gibilterra,andato praticamente a vuoto, ed Alessandria d'Egitto,in cui vennero gravemente danneggiate le corazzate Valiant Queen Elizabeth e naviglio di tonnellaggio minore.

Italianista
26-11-10, 19:22
Sicuramente uno degli atti più coraggiosi mai compiuti dagli italiani.
Un pò come l'affondamento della corazzata austriaca Santo Stefano il 10 giugno (oggi festa della Marina Militare) del 1918.
L'audiacia è un sentimento che agli italiani non è mai mancato. I problemi di allora erano ben altri secondo me.

Italianista
26-11-10, 19:26
Anche gli aerosiluranti, che tanti danni fecero agli inglesi, furono sviluppati soltanto tardi e con scarsi mezzi.

In realtà i nostri siluri erano tra i migliori al mondo. Pochi lo sanno ma a Fiume c'era una fabbrica che li costruiva. Ebbene, i tedeschi si rifornivano lì.
Lo Stato Maggiore della Regia Marina però, considerava inutile il siluro. Non dimentichiamo l'accesa "lotta" di prestigio tra Marina e Aeronautica.
Quando ci si rese conto che gli aerosiluranti potevano fare la differenza era troppo tardi.

Gilbert
06-01-11, 00:54
Il paradosso della marina militare italiana (ma lo stesso accadeva nell'esercito) era che un piccolo reparto specializzato (come la Decima) da solo era molto piu combattivo e pericoloso per la marina inglese (contro la quale otteneva grossi successi) della flotta italiana che invece era stata facilmente battuta a Taranto

a Taranto la flotta italiana non é stata sconfitta, é stata solo attaccata in rada da aereosiluranti nemici, ma mesi dopo alcune navi colpite erano di nuovo in linea.

Leggiti "La guerra navale nel Mediterraneo", vedrai che cazzate come quella che hai scritto attrribuendo valore solo alla Decima sono solo scemenze degne solo di una certa propaganda filo repubblichina e antipatriottica.

Ah...l'autore del libro non é monarchico, é a mio parere un opportunista del calibro di Arrigo Petacco, pertanto non lo cito certo perché mi sta simpatico, ma solo perché in questo volume é obbiettivo e riporta dati effettivi.

Gilbert
06-01-11, 00:54
La colpa della disfatta di Taranto se ricordo bene fu attribuibile alla mancata intesa tra marina e aeronautica -colpa dell'impostazione data da Balbo e anche dei contrasti con Nobile- .

ricordi male.

A Taranto la colpa é solo degli inglesi.

Gilbert
06-01-11, 01:00
Ciò non toglie che ad Alessandria come del resto a Capo Matapan e altrove, i nostri incursori si comportarono magistralmente, altro che filmetti americani, avessero fatto loro solo un centesimo di quello che hanno saputo fare i nostri!!!

occidentale
06-01-11, 13:43
Nella seconda guerra mondiale gli statunitensi non si impegnarono mai in operayioni di commando di una certa rilevanya, come del resto i tedeschi. Quelle erano appannaggio di inglesi e italiani. Con le differenye di meyyi a disposiyione, chiaramente.

Italianista
06-01-11, 14:28
a Taranto la flotta italiana non é stata sconfitta, é stata solo attaccata in rada da aereosiluranti nemici, ma mesi dopo alcune navi colpite erano di nuovo in linea.

Vero. :giagia:


Leggiti "La guerra navale nel Mediterraneo", vedrai che cazzate come quella che hai scritto attrribuendo valore solo alla Decima sono solo scemenze degne solo di una certa propaganda filo repubblichina e antipatriottica.

Un libro molto interessante. L'ho letto parecchie volte.
Ti consiglio però anche "Navi e Poltrone" di Antonio Trizzino.
Chiarirà molte cose.



ricordi male.

A Taranto la colpa é solo degli inglesi.

Non diciamo sciocchezze. Gli inglesi hanno attaccato la principale base navale italiana. La geografia stessa andava a nostro vantaggio visto che il porto di Taranto era in un golfo naturale (ed enorme).

Le reti antisiluro non furono piazzate a protezione delle navi. Non c'erano abbastanza palloni da sbarramento. Inutile dire che la cooperazione tra marina ed aeronautica faceva letteralmente pena.
L'obiettività dev essere una virtù sempre presente Gilbert. Ad Alessandria i nostri incursori hanno compiuto una brillante azione. Ma gli inglesi, con una flotta decisamente inferiore hanno attaccato il nostro porto principale.

Gilbert
06-01-11, 16:10
Vero. :giagia:



Un libro molto interessante. L'ho letto parecchie volte.
Ti consiglio però anche "Navi e Poltrone" di Antonio Trizzino.
Chiarirà molte cose.

bellissimo libro navi e poltrone, certo che lo ho letto.....se intervengo, é a ragion veduta.



Non diciamo sciocchezze. Gli inglesi hanno attaccato la principale base navale italiana. La geografia stessa andava a nostro vantaggio visto che il porto di Taranto era in un golfo naturale (ed enorme).

Le reti antisiluro non furono piazzate a protezione delle navi. Non c'erano abbastanza palloni da sbarramento. Inutile dire che la cooperazione tra marina ed aeronautica faceva letteralmente pena.

le sciocchezze sono dare la colpa dell'attacco a queste pur poco influenti scempiaggini. Le reti antisiluro non avrebbero evitato l'attacco, così come i palloni. L'antiarea entrò in funzione egualmente, ma c'era poco da fare.
Gli inglesi in tale occasione furono abili, noi lo fummo il doppio ad Alessandria ed in mille altre occasioni.




L'obiettività dev essere una virtù sempre presente Gilbert. Ad Alessandria i nostri incursori hanno compiuto una brillante azione. Ma gli inglesi, con una flotta decisamente inferiore hanno attaccato il nostro porto principale.

L'obiettività mi contraddistingue egregio.
Gli inglesi, che al tempo avevano un flotta solo numericamente inferiore, erano dotati di portaerei.
Noi no per colpa di quel genio di Mussolini, che riteneva l'Italia un porto naturale e che di fatto ci ha fatto perdere la guerra.

Altro elemento non trascurabile, i nostri dovevano razionare sempre e comunque il carburante, gli inglesi no.
Gli inglesi poi, avevano dalla loro i radar per le artiglieri, (noi no, sempre per colpa di quel genio di Mussolini), avevano i siluri in anticipo rispetto a noi, benché gli avessimo collaudati noi per primi, per colpa sempre di quel genio di Mussolini, e avevano ENIGMA, cosa che noi non avevamo, cioè sapevano in anticipo le nostre mosse.

Riuscire a fine guerra, ad aver affondato un tonnellaggio maggiore di loro, per quanto concerne la marina militare, é una indubbia attestazione del valore del marinaio italiano.

Italianista
06-01-11, 17:30
bellissimo libro navi e poltrone, certo che lo ho letto....

Lo penso anche io.


le sciocchezze sono dare la colpa dell'attacco a queste pur poco influenti scempiaggini. Le reti antisiluro non avrebbero evitato l'attacco, così come i palloni. L'antiarea entrò in funzione egualmente, ma c'era poco da fare.
Gli inglesi in tale occasione furono abili, noi lo fummo il doppio ad Alessandria ed in mille altre occasioni.

Scempiaggini? L'attacco di una squadra navale britannica composta da 4 vecchissime corazzate, una portaerei obsoleta dotata di 21 velivoli Swordfish (biplani del '33) che si spinge a migliaia di chilometri dalla propria base con un rischio enorme non è certo una scempiaggine.
Semmai trovo assolutamente scandaloso che oltre 3.000 metri di reti antisiluro si trovassero ancora nei magazzini.
La contraerea fu vivace, ma poco efficace anche perchè era notte.
Assolutamente desolante fu invece la risposta della Regia Aeronautica. Come sempre, inefficiente.






L'obiettività mi contraddistingue egregio.
Gli inglesi, che al tempo avevano un flotta solo numericamente inferiore, erano dotati di portaerei.
Noi no per colpa di quel genio di Mussolini, che riteneva l'Italia un porto naturale e che di fatto ci ha fatto perdere la guerra.

Vero. Cercammo di rimediare a questo problema. Ma era troppo tardi.


Altro elemento non trascurabile, i nostri dovevano razionare sempre e comunque il carburante, gli inglesi no.
Gli inglesi poi, avevano dalla loro i radar per le artiglieri, (noi no, sempre per colpa di quel genio di Mussolini), avevano i siluri in anticipo rispetto a noi, benché gli avessimo collaudati noi per primi, per colpa sempre di quel genio di Mussolini, e avevano ENIGMA, cosa che noi non avevamo, cioè sapevano in anticipo le nostre mosse.

Vero anche questo. Ma se ricordi, in Navi e Poltrone si sottolinea il fatto che moltissimi ammiragli italiani si fossero venduti agli inglesi passando loro informazioni vitali.


Riuscire a fine guerra, ad aver affondato un tonnellaggio maggiore di loro, per quanto concerne la marina militare, é una indubbia attestazione del valore del marinaio italiano.

Il marinaio italiano è sicuramente coraggioso. La Marina Italiana era (e fortunatamente lo è ancora) una delle flotte più potenti e influenti del mondo.
Io stesso sono orgoglioso della nostra Marina Marina. Tra l'altro mio nonno era proprio a Taranto quella notte. Addetto alla contraerea sulla Caio Duilio. :D

Gilbert
06-01-11, 18:34
Vero anche questo. Ma se ricordi, in Navi e Poltrone si sottolinea il fatto che moltissimi ammiragli italiani si fossero venduti agli inglesi passando loro informazioni vitali.

occhio, quel libro è antecedente alla scoperta di Enigma!
Con la scoperta di Enigma é anche emerso chiaramente che invece non ci furono tradimenti tra i nostri!



Il marinaio italiano è sicuramente coraggioso. La Marina Italiana era (e fortunatamente lo è ancora) una delle flotte più potenti e influenti del mondo.
Io stesso sono orgoglioso della nostra Marina Marina. Tra l'altro mio nonno era proprio a Taranto quella notte. Addetto alla contraerea sulla Caio Duilio. :D

onore a tuo nonno allora!
attenzione però, l'obsoleto swordfish tanto obsoleto non era. Aveva solo 7 anni di servizio e si rivelò essere un ottimo velivolo, proprio come i nostri cr 32 e 42, utilizzati contro gli spitfaire, gli hurricane e i gloucester, con estremo coraggio da parte dei nostri.
La Regia Aereonautica per me si comportò benissimo durante la guerra.
I disguidi, gli errori etc..etc...furono presenti in ogni singola aviazione e marina e in tutte con effetti anche devastanti. Faceva purtroppo, parte di questo immondo gioco che fu la guerra.

Quanto alla marina attuale, non condivido per nulla. Abbiamo più bandiere che navi attualmente, e soprattutto, ancor più ammiragli.
La Spagna stessa ci surclassa, quanto a flotta, e non solo la Spagna.
Con i governi Berlusconi un pò si é cercato di migliorare la situazione e meno male!

Italianista
06-01-11, 18:54
occhio, quel libro è antecedente alla scoperta di Enigma!
Con la scoperta di Enigma é anche emerso chiaramente che invece non ci furono tradimenti tra i nostri!

Vero solo in parte. Con la scopera di Enigma si dimostrò che il doppiogioco degli ammiragli non fu decisivo nella "sconfitta" (o meglio non sconfitta). Però il passaggio di alcune informazioni ci fu. :giagia:




onore a tuo nonno allora!
attenzione però, l'obsoleto swordfish tanto obsoleto non era. Aveva solo 7 anni di servizio e si rivelò essere un ottimo velivolo, proprio come i nostri cr 32 e 42, utilizzati contro gli spitfaire, gli hurricane e i gloucester, con estremo coraggio da parte dei nostri.
La Regia Aereonautica per me si comportò benissimo durante la guerra.
I disguidi, gli errori etc..etc...furono presenti in ogni singola marina e in tutte con effetti anche devastanti. Faceva purtroppo, parte di questo immondo gioco che fu la guerra.

Il vero problema era la coordinazione. Se alla flotta serviva appoggio aereo, l'ammiraglio della squadra doveva comunicarlo a Supermarina che a sua volta doveva contattare Superaereo che sempre a sua volta avrebbe dovuto contattare il comando aereo più vicino. La risposta MEDIA della nostra aeronautica era di 2 ore.



Quanto alla marina attuale, non condivido per nulla. Abbiamo più bandiere che navi attualmente, e soprattutto, ancor più ammiragli.

Questo è un problema che affligge tutte le FFAA. Manteniamo ufficiali che non hanno nessuna utilità.
Mi ricorda qualche altra figura istituzionale... forse i parlamentari italiani :D


La Spagna stessa ci surclassa, quanto a flotta, e non solo la Spagna.

Questo non è esatto.

Portaerei:
Italia: 2
Spagna 1(ed è una nave civile convertita)

Navi Assalto Anfibie:
Italia: 3
Spagna: 3 (le 2 Galizia sono piccole e inadatte)

Caccia, Fregate, Corvette:
Italia: 12 fregate (più 3 in costruzione), 4 cacciatorpediniere e 8 corvette.
Spagna: 10 fregate.

Sottomarini:
Italia: 6 (più 2 in costruzione)
Spagna: 4

Pattugliatori:
Italia: 14
Spagna: 12

Ad eccezione della Juan Carlos I le unità spagnole sono tutte obsolete. Costruite tra gli anni '60 e '80.



Con i governi Berlusconi un pò si é cercato di migliorare la situazione e meno male!

Sicuro sicuro?? A me sembra che i tagli siano netti.
Ad ogni modo non scadiamo nell'ideologia. La verità è che ogni singolo governo ha tagliato sempre di più.

Gilbert
09-01-11, 15:26
Vero solo in parte. Con la scopera di Enigma si dimostrò che il doppiogioco degli ammiragli non fu decisivo nella "sconfitta" (o meglio non sconfitta). Però il passaggio di alcune informazioni ci fu. :giagia:





Il vero problema era la coordinazione. Se alla flotta serviva appoggio aereo, l'ammiraglio della squadra doveva comunicarlo a Supermarina che a sua volta doveva contattare Superaereo che sempre a sua volta avrebbe dovuto contattare il comando aereo più vicino. La risposta MEDIA della nostra aeronautica era di 2 ore.




Questo è un problema che affligge tutte le FFAA. Manteniamo ufficiali che non hanno nessuna utilità.
Mi ricorda qualche altra figura istituzionale... forse i parlamentari italiani :D



Questo non è esatto.

Portaerei:
Italia: 2
Spagna 1(ed è una nave civile convertita)

Navi Assalto Anfibie:
Italia: 3
Spagna: 3 (le 2 Galizia sono piccole e inadatte)

Caccia, Fregate, Corvette:
Italia: 12 fregate (più 3 in costruzione), 4 cacciatorpediniere e 8 corvette.
Spagna: 10 fregate.

Sottomarini:
Italia: 6 (più 2 in costruzione)
Spagna: 4

Pattugliatori:
Italia: 14
Spagna: 12

Ad eccezione della Juan Carlos I le unità spagnole sono tutte obsolete. Costruite tra gli anni '60 e '80.




Sicuro sicuro?? A me sembra che i tagli siano netti.
Ad ogni modo non scadiamo nell'ideologia. La verità è che ogni singolo governo ha tagliato sempre di più.

davvero, sono sicurissimo!

Per il resto, la Spagna ha due portaerei, non una, appena ho tempo te la cerco!

Italianista
09-01-11, 15:54
davvero, sono sicurissimo!

Io non molto a dire il vero :giagia:


Per il resto, la Spagna ha due portaerei, non una, appena ho tempo te la cerco!

Nein.
La Spagna ha una sola portaerei: La Principe De Asturias.

La nuova Juan Carlos I, che alcuni scambiano per portaerei, è in realtà una nave d'assalto anfibio.

Presentación Buques de Superficie - Surface Ships - Armada Española (http://www.armada.mde.es/ArmadaPortal/page/Portal/ArmadaEspannola/buques_superficie/)