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Malaparte
01-06-09, 01:16
Cosa si può leggere di suo in italiano, escluso quel "Metafisica del Nazionalbolscevismo" che personalmente ho trovato pessimo?

DharmaRaja
01-06-09, 12:59
La gran parte dei suoi articoli tradotti in italiano la trovi su Eurasia Unita (http://eurasiaunita.splinder.com) , per trovarli in mezzo agli altri basta richiamarli con l'apposito tag-autore in basso nella colonna a lato.

Sono scritti abbastanza datati, alcuni improntati al tipo di argomentazioni/classificazioni che faceva in passato quando le opportunità politiche erano altre (il fronte patriottico-nazionalbolscevico degli anni novanta), nel frattempo ha scritto un sacco di altri libri e articoli riformulando un po' la retorica (il "centrismo radicale" putinista imperiale-ortodosso e l'eurasiatismo) ma non ci sono traduzioni in giro. Ad ogni modo, anche quelli sono comunque interessanti

Logomaco
01-06-09, 16:40
Cosa si può leggere di suo in italiano, escluso quel "Metafisica del Nazionalbolscevismo" che personalmente ho trovato pessimo?

"Continente Russia", Ed. all'Insegna del Veltro.

Non mi è affatto dispiaciuto.

Malaparte
01-06-09, 16:45
Ok, ho stampato "Il paradigma della fine".

DharmaRaja
01-06-09, 18:16
"Continente Russia", Ed. all'Insegna del Veltro.

Non mi è affatto dispiaciuto.
Esatto, c'è anche "Eurasia - La Rivoluzione Conservatrice in Russia" edito da Nuove Idee.
Purtroppo quelli che sembrano essere i migliori tra i suoi (venti e passa, credo) libri non sono tradotti in italiano. Ci sono manuali di geopolitica, libri sulle origini iperboree, sul tradizionalismo, sul cristianesimo ortodosso, sulla russia, sul pensiero scientifico, filosofico e chi più ne ha più ne metta..

Spetaktor
01-06-09, 18:26
Esatto, c'è anche "Eurasia - La Rivoluzione Conservatrice in Russia" edito da Nuove Idee.
Purtroppo quelli che sembrano essere i migliori tra i suoi (venti e passa, credo) libri non sono tradotti in italiano. Ci sono manuali di geopolitica, libri sulle origini iperboree, sul tradizionalismo, sul cristianesimo ortodosso, sulla russia, sul pensiero scientifico, filosofico e chi più ne ha più ne metta..

vorrei strappare una promessa ai forumisti:
il primo che vince al superenalotto (o simili) apre una casa editrice e ristampa o traduce un bel po di 'chicce'...:D

Spetaktor
01-06-09, 18:28
La Nazione Eurasia - Index archivio (http://lanazioneeurasia.altervista.org/)
anche qui ci sono numerosi articoli di Dugin.

Spetaktor
01-06-09, 18:30
LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE RUSSA
di Aleksandr Dughin

1 La Russia rivoluzionario-conservatrice

Gli autori che hanno studiato la Rivoluzione Conservatrice tedesca o la Rivoluzione Conservatrice tout court (Armin Mohler, Alain de Benoist, Luc Pauwels, Robert Steuckers, ecc.) hanno sempre sottolineato il ruolo della Russia nel processo del divenire del pensiero conservatore-rivoluzionario (RC) e persino all'origine dell'uso del termine stesso - Juri Samarin, “Revolutsionnij conservatism”. Non è possibile inoltre dubitare della Ost-orientierung e di una certa russofilia, quasi obbligatoria, di questa corrente intellettuale, dai giovani-conservatori ai nazional-bolscevichi tedeschi, passando per i geopolitici della scuola di Haushofer. In questo senso, le celebri idee radicali di Jean Thiriart su "l'impero euro-sovietico da Vladivostok a Dublino" e i famosi aforismi di Alain de Benoist sulla preferenza per gli elmetti dell'Armata Rossa rispetto ai "berretti verdi" americani, restano nel tradizionale quadro della logica RC più stretta.
Ma in questo campo è ancora da venire uno studio serio e sufficientemente documentato per apprezzare tutto il valore intellettuale e geopolitico del pensiero RC degli autori russi stessi. Si tratta di un compito estremamente difficile, in assenza di traduzioni degli scritti dei rappresentanti del pensiero RC russo nelle lingue europee. D'altro canto, questa corrente resta pressoché completamente ignorata nella stessa Russia: i comunisti di ieri consideravano ufficialmente questo movimento come "piccolo-borghese" e "nazionalista", e i democratici di oggi ritengono trattarsi di "sciovinisti", patrioti e anti-semiti, se non di "nazisti". Malgrado tutto, l'interesse per gli autori russi della tendenza RC diviene sempre maggiore in Russia, ed è auspicabile che le loro opere e le loro idee vengano riscoperte e rimeditate dall'intellighenzia russa, che incomincia a ridestarsi da un lungo sonno ideologico. E' gà possibile notare che il processo intellettuale di riscoperta dell'eredità nazionale nello stesso campo cuturale presenta oggi in Russia molteplici tratti conservatori-rivoluzionari, sebbene sovente ciò si produca in modo spontaneo, inconsapevole, naturale. Si può persino osare affermare che la Russia stessa, nella sua essenza, è per natura conservatrice-rivoluzionaria, apertamente o segretamente a seconda delle circostanze esteriori.

2 I precursori della corrente RC in Russia
a) I massoni russi
Se si osserva la storia del pensiero russo nel corso degli ultimi secoli, è possibile constatare senza alcun dubbio che i più salienti scrittori, filosofi e pubblicisti hanno mostrato dei tratti rivoluzionario-conservatori. A partire dai massoni russi della cerchia di Novikov, Schwarz e Lopushin, si registra costantemente nel movimento intellettuale russo il combinarsi di motivi conservatori con motivi rivoluzionari.
Nella seconda metà del XVIII secolo i massoni russi - o rosacrociani russi, come sono più frequentemente denominati - volevano controbilanciare le tendenze puramente laiche ed essenzialmente atee della Corte russa, divenute una sorta di ideologia obbligatoria sotto la zarina Caterina, con indagini tradizionaliste, spirituali e "conservatrici" in senso mistico e teologico. Ma la religiosità e il misticismo dei primi massoni russi avevano come contropartita un certo accento posto sull'elemento della Giustizia sociale e una serie di tratti vagamente socialisti. Se è possibile parlare di un certo "utopismo" che univa i massoni russi ai loro "fratelli" europei, i primi differivano tuttavia fortemente da questi per tutto ciò che riguardava la coscienza delle radici nazionali, il sentimento vivo dell'identità russa e imperiale. Il loro utopismo era radicato e identitario. Non è un caso che i massoni russi fossero soprattutto legati alle logge-madri tedesche, dove, in contrasto con Francia e Inghilterra, regnava uno spirito nazionalista e imperiale - facciamo astrazione degli Illuminati di Baviera, la cui appartenenza alla Massoneria regolare è stata del resto negata da autori seri e qualificati come René Guénon. Comunque sia, gli scritti di Lopushin e di Novikov sono pieni di allusioni ai valori mistici del popolo e dell'anima russa intesa come realtà spirituale ed enigmatica. Similmente alla massoneria prussiana e protestante coeva, la massoneria russa del XVIII secolo aveva tendenza "cavalleresca" e "medievaleggiante", il che la distingueva nettamente dalla massoneria francese, razionalista, enciclopedista e "modernista".
b) gli Slavofili -- A. Chomjakov, P. Kirievskij, Aksakov ecc.
Ma i più diretti precursori della RC russa furono gli Slavofili del XIX secolo. Questa corrente - che ha fortemente influenzato l'intera vita intellettuale russa degli ultimi due secoli - non era, come spesso si ritiene, un movimento unicamente conservatore, patriarcale, arcaico e reazionario. Come quasi sempre è accaduto nella storia russa (e anche in tutta la storia del pensiero controrivoluzionario, oserei dire), gli intellettuali più radicali della Destra hanno subìto un'evoluzione verso questa posizione ideologica a partire dal polo opposto, quello del modernismo, del progressismo, della rivoluzione. I primi Slavofili (la cosiddetta prima generazione), come A. Chomjakov, P. Kirievskij, i fratelli Aksakov ecc., sono tutti passati attraverso una fase di attrazione per le idee della Rivoluzione Francese; ma, una volta perdute le illusioni della giovinezza, hanno tutti finito con l'esaltare valori radicalmente anti-rivoluzionari - quello della terra, quello del popolo inteso come unità organica, qualitativa, storica, quello dell'identità spirituale e geopolitica della Russia, quello della sua identità religiosa e imperiale. Ma ovunque, negli scritti dei primi Slavofili, si trova traccia dello spirito "rivoluzionario" - essi criticano severamente la Monarchia russa a partire da Pietro il Grande, che accusano di essere il distruttore della sintesi spirituale fra popolo russo e Stato russo. Pietro il Grande fu per gli slavofili "il demonio", e per questa ragione il loro atteggiamento verso la Monarchia dei Romanov fu piuttosto ambivalente. Si deve inoltre sottolineare il fatto che gli Slavofili erano sorvegliati dalla polizia zarista e che molti loro testi - malgrado il loro evidente carattere "reazionario" - erano vietati dalla censura. Furono gli Slavofili (J. Samarin, in particolare) ad impegare per primi il termine "rivoluzione conservatrice".
c) gli zapadniki (occidentalisti) - P. Ciaadaev
Il più radicale oppositore degli Slavofili - P. Ciaadaev, che viene sovente presentato come il primo autore dell'orientamento "filo-occidentale" (quello degli zapadniki [in russo zapad = occidente, NdT]) vale a dire "progressista", "razionalista" ed "enciclopedista" - era egli stesso innegabilmente segnato dallo spirito della RC. Almeno un fatto è degno di menzione: era discepolo diretto di Jospeh De Maistre, con il quale era inoltre in rapporti amichevoli. Ciaadaev contrapponeva agli Slavofili le idee del "conservatorismo illuminato" di stile europeo. Egli negava la missione mistica dela Russia, utopia inconsistente e priva di senso, derideva l'arcaismo della Chiesa Ortodossa, considerava la storia russa come esempio di assurdità e barbarie, ma al tempo stesso aspirava a restaurare la civiltà teocratica, cattolica e anti-moderna nello spirito medievale. I suoi scritti ("Lettere filosofiche") contengono molte considerazioni di natura geopolitica che potrebbero essere interpretate in senso "eurasista". Verso la fine della sua vita, Ciaadaev era divenuto quasi russofilo. Quale che sia il giudizio sulla sua figura - indubbiamente l'intelligenza più lucida e perspicace della sua epoca - non si trova in essa nulla di "moderno", di "progressista" o di "razionalista". Fu piuttosto un romantico isolato e non conformista.
d) i “giovani Slavofili” - i pocevenniki e K. Leontiev, N.Danilevskij
Gli Slavofili della seconda e soprattutto della terza generazione - fra i quali i più celebri sono i filosofi K. Leonteev e N. Danilevskij (vero precursore delle concezioni di Oswald Spengler e di Arnold Toynbee), lo scrittore Fedor Dostoevskij, i filosofi A. Grigorev, N. Straciov ecc. - possono essere considerati dei tipici rivoluzionari-conservatori. Dopo un passaggio "obbligato" nel milieu socialista e anarchico, a seguito di esperienze traumatiche riscoprono le verità profonde della religione ortodossa, dell'anima mistica del popolo russo, i misteri della terra imperiale, delle leggi qualitative e della geopolitica eurasiatica.
I pocevenniki - dalla parola russa pochva = suolo, terra, Boden in tedesco - difendevano l'idea dell'unità provvidenziale del popolo russo con l'élite tradizionale e religiosa. Volevano trasformare la Russia in Stato organico, religioso e fondato sull'idea di Giustizia Divina, che per loro era la stessa della giustizia Russa (russkaja pravda, la "verità russa"). Respingevano la storia dell'Occidente - specie posteriore alla Rivoluzione Francese - come anti-organica, artificiale e quasi satanica. I pocevenniki rifiutavano il capitalismo e insistevano sulla specificità della via russa allo sviluppo economico, industriale e sociale, che doveva anzitutto essere in accordo interiore, organico e naturale con la missione sacra e provvidenziale della Russia e del suo popolo mistico. Il più celebre rappresentante dei pocevenniki resta senza dubbio Fedor Dostoevskij (in proposito, ricordiamo che il traduttore in tedesco delle sue opere fu Arthur Mueller van der Bruck).
Un altro brillante autore che ha considerevolmente sviluppato le tendenze rivoluzionario-conservatrici degli Slavofili fu Konstantin Leontiev. Leontiev ha costruito la sua celebre dottrina dell'identità asiatica, turco-slava del popolo russo, che egli considerava un fenomeno unico di sintesi razziale, culturale e geopolitica. Leontiev sottolineava la necessità di una lotta totale contro lo spirito moderno e considerava il popoli musulmani (e soprattutto turchi) come gli alleati naturali dei russi ortodossi nella loro battaglia contro l'Occidente moderno e anti-tradizionale. Leontiev ha sviluppato le tesi geo-politiche che si ritrovano già nei primi Slavofili (Ciomjakov, Kirievskij, ecc.). Alcune idee di Leontiev sono stranamente prossime alle concezioni di René Guénon. Leontiev era nemico assoluto di ogni capitalismo e libero-scambismo. Alcune delle sue proposizioni potrebbero essere interpretate nel senso del "socialismo cristiano-ortodosso, russo ed eurasista". Ha elaborato un grande progetto continentale centrato sull'intensificazione delle relazioni culturali, economiche e geopolitiche fra la Russia e i popoli orientali, rifiutando al contempo la via capitalista, occidentale e soprattutto anglo-sassone (uniche eccezioni erano per lui Austria e Prussia, che considerava Paesi tradizionali e "orientali").
Dal canto suo, Danilevskij ha proposto una visione di civiltà molteplici, ognuna delle quali possiede un proprio sviluppo ciclico. Egli ragionava in termini di sincronicità delle diverse civiltà. Secondo lui, la civiltà russa costituiva il caso unico in cui si era instaurato un equilibrio fra opposte tendenze geopolitiche, culturali, entiche e religiose. In contrasto con Leontiev, Danilevskij respingeva tanto l'orientamento orientale come quello occidentale. Riteneva che la civiltà russa dovesse essere conservata in quanto tale, isolata e ripiegata su se stessa.
e) gli anarchici nazionalisti - Mikhail Bakunin
Persino nei movimenti russi rivoluzionari di sinistra, fra il secolo XIX e l'inizio del secolo XX, non è difficile trovare forme che presentano tratti individuabili come tipici della RC. Bakunin stesso, ideologo ed attivista dell'anarchismo rivoluzionario più radicale ed ateo, ha espresso talvolta tesi difficilmente conciliabili con lo spirito internazionalista e nettamente cosmopolita del suo movimento. E' nota la sua avversione nei confronti degli ebrei. Il suo progetto di unione di tutti i popoli Slavi, la sua idea di "socialismo slavo" e persino "pan-slavista" possono essere viste come prefigurazioni di alcune correnti della RC del XX secolo, più precisamente di quelle nazional-bolsceviche tedesche o russe. La teoria di Bakunin (che, ricordiamo, era stato personalmente amico di Proudhon) conteneva l'idea di un tipo nuovo di rivoluzionario - ascetico, spartano, quasi super-umano - che sarebbe stata in seguito condivisa e sviluppata da Georges Sorel, Ernst Niekisch e Jean Thiriart.
f) i narodniki - da Alexander Herzen a V.Cernov
A maggior ragione, alla corrente RC possono essere ricondotti i narodniki (dalla parola russa narod = popolo) e certi "socialisti-rivoluzionari" - movimenti politici della sinistra estrema, talvolta terrorista.
I narodniki possono essere considerati come la forma parossistica del pensiero slavofilo combinato con la tendenza all'instaurazione della "Giustizia" sociale. La loro apparizione nella vita ideologica russa data fra gli anni '50 e '60 del secolo XIX. I narodniki rifiutavano la dottrina marxista e le sue costruzioni teoriche. Credevano che il socialismo dovesse essere concreto, dal "volto russo", radicato e "tradizionalista". Loro idea principale era la tesi secondo cui "lo sviluppo sociale lungo la via capitalista è il Male assoluto" (N.Mikhailovskij, P.Lavrov, e soprattutto V.Voronzov e N.Danielson). Criticavano la Monarchia in quanto maschera del capitalismo orientata contro il popolo e i suoi bisogni spirituali, economici e religiosi. In maggioranza erano cristiani ortodossi. Esaltavano i "valori della terra". Le loro organizzazioni più celebri furono Zemlja i Volija ("Terra e Volontà") e Narodnaja Volija ("La Volontà del Popolo"). Dai padri del movimento dei narodniki - Herzen e N.Cernyshevskij - fino all'ultima generazione - V.Cernov e L.Cichk - si ritrova in essi il motivo conduttore della necessità di uno sviluppo sociale, economico e industriale in stretta conformità con la specificità nazionale del popolo russo e con le sue tradizioni. I narodniki erano attratti dal terrorismo individuale e dall'ideale di un tipo di "rivoluzionario assoluto", un "superuomo al servizio del popolo". Alcuni di essi "andarono verso il popolo" e professarono una concezione dei "piccoli passi" e della "resistenza pacifica". Quest'ultima tendenza dei narodniki era condivisa dal celebre scrittore russo Lev Tolstoj.
g) i socialisti-rivoluzionari
I socialisti-rivoluzionari (soprattutto quelli cosiddetti "di destra") erano estremisti e terroristi anti-borghesi e anti-monarchici che, in contrasto con i bolscevichi, ponevano l'accento sul ruolo dei contadini nel movimento rivoluzionario, anziché su quello dei proletari. Seguivano il solco dei narodniki - ancor più arcaici e patriarcali di quelli, ma senza il loro cristianesimo e la loro abdicazione alla lotta politica aperta.
h) i bolscevichi anti-semiti e i visionari bolscevico-patriottici - S. Esenin, Kljuev, ecc.
Perfino nelle stesse file dei bolscevichi è possibile indicare alcuni tratti rivoluzionario-conservatori, almeno fra quegli esponenti del movimento comunista che agivano talora come i rivoluzionari "Cento Neri" - i pogrom anti-semiti dei bolscevichi furono un fenomeno diffuso negli anni 1904-1905 (gli anni della prima rivoluzione russa) e negli anni 1917-1920. Il numero di crimini commessi ai danni degli Ebrei, soprattutto in Ucraina, per mano di soldati dell'Armata Rossa fu quasi uguale a quello dei progrom attuati dai Bianchi e dalle bande anarchiche. Fra i bolscevichi ritroviamo scrittori, poeti e filosofi di tendenza chiaramente rivoluzionario-conservatrice - i romanzi di Platonov, la poesia di Sergej Esenin e di Kljuev (mistici nazionalisti e patrioti), gli scritti di V.Chlebnikov (veggente, poeta eurasista, mistico nazionalista, identitarista e futurista), ecc.
Questa breve disamina mostra con sufficiente chiarezza come sia possibile scoprire gli aspetti caratteristici della RC nella maggior parte delle tendenze intellettuali e politiche della Russia fra la seconda metà del XVIII secolo e l'inizio del XX secolo. Va da sé che resta ancora da realizzare uno studio approfondito di ciascuno di questi movimenti e degli autori più significativi, tale da delineare con ancora maggior chiarezza la storia paradossale ed appassionante della genesi e della formazione del pensiero rivoluzionario-conservatore russo.

3 La Rivoluzione Conservatrice del barone von Ungern-Sternberg

La straordinaria figura del "barone folle" Roman Fedorovic von Ungern-Sternberg si inquadra molto bene nella RC russa. Fu un eurasista radicale e pratico. Realizzò le sue convinzioni tramite una lotta eroica e disperata. Ungern-Sternberg era odiato non soltanto dai nemici bolscevichi, contro i quali combatté in terra di Siberia e Mongolia. I Bianchi stessi respingevano il barone per il suo estremismo e la sua negazione assoluta dei valori dell'umanismo. Ungern, che fu per qualche tempo dittatore della Mongolia, disprezzava l'Occidente in quanto civilizzazione decadente che ha perduto i valori dell'onore, dell'eroismo, i valori maschili e solari. Voleva fondare una nuova Cavalleria a partire dai popoli asiatici più tradizionali e spirituali degli Europei, e grazie a questa Cavalleria organizzare la Crociata dell'Oriente tradizionale contro l'Occidente umanista. Per Ungern-Sternberg il bolscevismo era quella forma estrema di degenerazione della civiltà cui aveva aperto la via l'inganno che si celava dietro le tesi enciclopediste, umaniste e capitaliste. Sperava che i popoli asiatici si mobilitassero contro la minaccia Rossa e organizzassero un'opposizione planetaria. Non è possibile comprendere la logica della vita e della lotta di questo "ultimo cavaliere dell'Eurasia", se non nell'ottica ideologica della Terza Via o della Rivoluzione Conservatrice. Il suo caso ha rappresentato la forma individuale e parossistica della realizzazione personale ed eroica del progetto rivoluzionario-conservatore. E' molto caratteristico che la figura del barone von Ungern-Sternberg abbia attirato l'attenzione di Julius Evola e anche di René Guénon.

Spetaktor
01-06-09, 18:31
4 “Smena Vekh” e gli Eurasisti

a) le ideologie dell’emigrazione Bianca
La RC russa propriamente detta, nel senso più stretto del termine, ha visto la luce dopo la rivoluzione d'Ottobre ngli ambienti dell'emigrazione russa - evidentemente, Bianca. Le tendenze rivoluzionario-conservatrici nella Russia bolscevica non avevano possibilità di esprimersi in forma diretta nella situazione di dittatura ideologica marxista e internazionalista. Tali tendenze esistevano de facto ed erano anche abbastanza forti, ma la tranquilla riflessione e la formulazione dei princìpi della RC russa erano privilegio degli emigrati e degli antichi nemici dei Rossi.
Occorre ricordare che la prima emigrazione russa era originariamente composta da due famiglie politiche Bianche notevolmente differenti. Si trattava dei monarchici convinti, nostalgici ed arcaici (che costituivano del resto una minoranza politica) e dei liberal-democratici di ogni specie, animati da un vago nazionalismo e dall'odio verso i comunisti, in quanto rivali che avevano vinto la battaglia politica per il potere. Fra i secondi si trovavano rappresentanti della socialdemocrazia non bolscevica, o comunque non leninista. Possiamo definire questi due poli come Destra e Sinistra classiche e ordinarie. Entrambe si rifiutavano di riconoscere nella rivoluzione d'Ottobre qualcosa di duraturo e importante, credendo trattarsi di una rivolta popolare e di una crisi transitoria. La loro analisi delle radici ideologiche del bolscevismo era superficiale ed insufficiente. E' nella polemica con questi due campi politico-ideologici che la RC russa incomincia a formare e definire le proprie posizioni ideologiche. Ciò ha condotto alla nascita della Terza Via russa, cristallizzatasi nei due importanti filoni ideologici degli "smeno-vekhisti'" e degli "eurasisti".
b) "Vekhi” e “Smena Vekh”
Per comprendere il concetto ideologico di "Smena Vekh" ("cambio di orientamenti" [lett. "cambio delle pietre miliari", NdT]) - dal titolo di una raccolta di articoli pubblicata nel 1921 a Praga e definita come il manifesto dei "nazional-bolscevichi" russi - è necessario ripercorrere brevemente la storia ideologica russa dei primi decenni del XX secolo. All'alba di questo secolo si riteneva che un filosofo, per essere "progressista" e alla moda, dovesse necessariamente essere marxista, internazionalista, di sinistra e zapadnik (filo-occidentale). Ma la situazione è mutata dopo lo scacco della prima rivoluzione russa (1905) e con la pubblicazione nel 1909 di una raccolta di articoli di un gruppo di intellettuali alla moda - evidentemente marxisti, di sinistra e zapadniki - che rinnegavano la propria "malattia di gioventù" ed affermavano il loro nuovo corso - tradizionalista, religioso e slavofilo. La raccolta si intitolava "Orientamenti" - in russo "Vekhi". Fra gli autori più celebri erano N.Berdjaev, S.Bulgakov, P.Struve, S.Frank. Fu allora che gli intellettuali di destra, idealisti e nazionalisti, divennero di moda. Ma questa tendenza dei "Vekhi" non può essere qualificata come RC, malgrado ne possedesse indubbiamente alcuni tratti assai simili. "Vekhi" erano gli "orientamenti" degli intellettuali di destra, non della Terza Via propriamente detta. In questo contesto, il nome "Smena Vekh" - alla lettera, "il cambio degli orientamenti" - significava nei nazional-bolscevichi Bianchi la rottura con un pensiero conservatore, utopista e idealista che operava con categorie troppo vaghe e troppo astratte ("universalità assoluta del Bene assoluto", "imperativo morale della creazione dello Stato teocratico", ecc.) e una trasmigrazione verso categorie geopolitiche, geoeconomiche, etniche e sociali.
I nazional-bolscevichi di "Smena Vekh", la cui figura principale era il professor N.V.Ustrjalov, accusavano i liberal-democratici di essere "sognatori", "utopisti" e "traditori del popolo russo e della storia russa" (cfr. Ustrjalov, Patriottica in "Smena Vekh"). Vedevano nel bolscevismo la sollevazione delle energie popolari e tradizionali russe, in rivolta contro le innaturali tendenze capitaliste e contro una Monarchia debole e incoerente, radicalmente incapace di preservare il suo popolo dalla minaccia capitalista che ne avrebbe distrutto l'anima collettivista e imperiale. Contro i liberali dell'emigrazione, i nazional-bolscevichi difendevano il totalitarismo socialista e imperiale, a loro avviso più consono ai russi del liberalismo economico e della disuguaglianza materiale e dell'individualismo che ne derivano. Contro le destre, e soprattutto contro gli anti-semiti, sostenevano la tesi (J.Kluchnikov, S.Lukjanov, ecc.) della natura russa della Rivoluzione d'Ottobre, a dispetto della partecipazione massiccia di ebrei e di rappresentanti di altre nazionalità (Lettoni, Cechi, ecc.). Rifiutando il marxismo, ideologia utopica ed astratta, gli autori della "Smena Vekh" riconoscevano il carattere razziale, geopolitico e imperiale russo del giovane Stato sovietico, nel quale vedevano la legittima prosecuzione dello Stato russo organico e naturale. I nazional-bolscevichi esaltavano inoltre il tipo umano del rivoluzionario, votato alla causa senza esitazioni e con assoluta devozione - in forte contrasto con la lotta indecisa, timida ed incerta che conduceva l'armata Bianca, priva di idee-forza, di un'ideologia coerente, di una seria dottrina politica, sociale, economica ed etica. Gli autori della "Smena Vekh" hanno avuto grande influenza sull'emigrazione e su alcuni circoli della stessa Russia sovietica. I dirigenti comunisti accolsero molto favorevolmente questo movimento ideologico, e il professor Ustrjalov fece ritorno a Mosca nel 1926. Stalin espresse qualche critica allo "sciovinismo eccessivo" dei nazional-bolscevichi, e soltanto il russofobo Bukharin li bollò come "cesaristi mascherati da rivoluzionari".
Non è possibile non porsi questa domanda: i nazional-bolscevichi tedeschi - Otto Winnig, Arthur Mueller van den Bruck e soprattutto Ernst Niekisch - conobbero le idee della “Smena Vekh”? Si tratta di una questione di estrema rilevanza, perché le tesi dei nazional-bolscevichi tedeschi paiono pressoché identiche, da ogni punto di vista, alle tesi della "Smena Vekh" e dei nazional-bolscevichi russi. Occorre inoltre rendersi conto che i nazional-bolscevichi russi sono passati attraverso l'esperienza traumatica della guerra civile contro i bolscevichi, e il loro "cambio di orientamenti" fu una scelta gravosa e difficile. Forse, sulla base dell'esperienza degli "smeno-vekhovtsij" di Praga, i nazional-bolscevichi tedeschi hanno ricavato una certa fede incrollabile nel carattere russo della Rivoluzione d'Ottobre e dello Stato sovietico. Ma questa rimane un'ipotesi che non siamo in grado né di provare né di rigettare, in mancanza di sufficiente informazione e documentazione storica.
c) gli Eurasisti
Fra tutte le forme della RC russa, la scuola degli Eurasisti resta quella maggiormente rivoluzionario-conservatrice, al punto che si potrebbe identificare la RC russa con il movimento Eurasista. Come nel caso della Germania, dove i giovani conservatori, i rivoluzionari nazionali e i nazional-bolscevichi degli anni '20 e '30 del XX secolo hanno offerto il paradigma più completo e perfezionato della RC in generale, a partire dal quale è possibile d'ora innanzi definire i precedenti storici o le ideologie più o meno affini - la stessa affermazione può valere per gli eurasisti russi, che furono gli esponenti più puri della RC russa tanto sul piano storico quanto sul piano ideologico. A nostro avviso, è lecito considerare i termini "RC russa" e "dottrina eurasiatica" come concetti sinonimi (così, almeno, nel contesto russo).
Il caso degli Eurasisti è un poco più conosciuto di quello degli smeno-vekhovtsij. Qui è possibile determinare un legame indubitabile fra le loro idee e l'ambiente rivoluzionario-conservatore, specie in riferimento alla scuola geopolitica di Karl Haushofer (una delle riviste degli Eurasisti, "Cronaca Eurasiana", era edita a Berlino). Ritroviamo l'analisi del pensiero eurasista nella celebre rivista di Haushofer Zeitschrift fuer Geopolitik. Al d là di questo, molti Eurasisti collaborarono con i rivoluzionario-conservatori tedeschi, alcuni persino aderirono alle SS sotto il regime nazional-socialista. La profonda influenza reciproca fra Eurasisti russi ed esponenti della RC tedesca è pertanto fuori discussione.
Il movimento eurasista ha esordito nello stesso anno del movimento degli smeno-vekhovtsij, il 1921. In quell'anno un gruppo di emigrati Bianchi pubblicò a Sofia la raccolta di articoli "Esodo verso Oriente", dal sottotitolo "Il Manifesto degli Eurasisti". Era il punto di partenza di tutto lo sviluppo dell'ideologia russa della terza Via, in forma ben fondata, approfondita e compiuta. E' un fatto ben caratteristico che gli emigrati liberali li abbiano ribattezzati "fascisti", mentre quelli di destra - "comunisti"; ma l'epiteto più frequente era quallo di "slavofili futuristi". Dopo "Esodo verso Oriente" fecero la loro apparizione le riviste "Evrazijskij vremennik" e "Evrazijskaja khronika", edite a Parigi, Berlino e Praga.
Nei suoi tratti generali, l'essenza della concezione eurasista è la seguente:
1) Seguendo la tesi di Mackinder, ritenevano che lo sviluppo economico e culturale di una nazione sia definito dai suoi confini geopolitici e dalla qualità del controllo dello spazio. Si esprimevano in termini di "grandi spazi". Ma insistevano sulla necessità dell'autarchia geo-economica del continente eurasiatico in rapporto alle potenze marittime. Quindi, per gli Eurasisti, ogni questione economica, culturale, militare, strategica e persino psicologica andava considerata unicamente e prima di tutto entro una prospettiva continentale. Avanzavano una tesi radicalmente diversa rispetto a quella del conte Coudenov-Calergy, che voleva unire l'Europa contro l'Asia. L'idea degli Eurasisti era di unire il continente eurasiatico contro l'Occidente, contro le potenze talassocratiche e portatrici di una cultura materialista, liberale e non organica.
2) La questione della Rivoluzione d’Ottobre, delle sue radici e del suo significato, rivestiva per gli Eurasisti un'importanza fondamentale. Ad eccezione di alcuni casi individuali, e nonostante l'accordo ideologico con i nazional-bolscevichi di "Smena Vekh", non accettarono la rivoluzione. Ma individuarono la radice principale della tragedia russa, della "caduta russa dell'Europa" (secondo l'espressione dell'esponente principale di questa scuola, il conte N. Trubetskoij) nella struttura non organica della Russia, "europeizzata e capitalistizzata" in seguito alle riforme di Pietro il Grande. Hanno messo in discussione la qualità dei valori religiosi, statuali, nazionali, economici e sociali degli ultimi tre secoli, accusando la dinastia dei Romanov di avere tradito le speranze mistiche e sociali del popolo russo (eurasiatico) e soprattutto la sua civiltà unica, spiritualmente ricchissima e destinata a conservare la propria identità di fronte all'Occidente materialista, ateo, artificiale e capitalista. Questo atteggiamento si è tradotto in un apprezzamento ambivalente della Rivoluzione d'Ottobre: da un lato, gli Eurasisti vedevano in essa la rivolta anti-capitalista dell'anima russa, scaturita dalle profondità della civiltà eurasiatica; dall'altro lato, riconoscevano nell'utopismo marxista e comunista la frode ideologica che aveva proposto al popolo russo - che istintivamente respingeva il modello di sviluppo capitalista e occidentale - un altro modello altrettanto occidentale nonché anti-nazionale e anti-tradizionale. Gli Eurasisti hanno colto con chiarezza gli aspetti "nazionalisti" e "identitari" della Rivoluzione d'Ottobre, ma non sono stati d'accordo nell'accettare il comunismo per ragioni patriottiche. E tuttavia, la Destra Bianca rivolse contro di essi l'accusa di essere comunisti, soprattutto in quanto gli Eurasisti si rifiutarono sempre di vedere negli ebrei i "capri espiatori" della Rivoluzione e di considerare la Monarchia pre-rivoluzionaria come un modello ideale e irreprensibile. Lo slogan degli Eurasisti era "né Bianchi, né Rossi" (L. Stepanov).
3) La dottrina eurasista sottolineava l'importanza dell'economia, o piuttosto, della geo-economia. Fu l'unico movimento alternativo (in rapporto al comunismo) che si occupò a fondo delle questioni economiche e che propose un modello di autarchia continentale ("autarchia dei grandi spazi") non capitalista e non marxista. Gli Eurasisti elaborarono un modello di sfruttamento delle risorse naturali della Russia che sarebbe stato sufficiente a sostenere l'economia tellurocratica su scala continentale.
4) In materia religiosa, gli Eurasisti erano partigiani della "rivoluzione conservatrice" in seno alla Chiesa Ortodossa, che intendevano purificare dell'umanismo e del moralismo decadente occidentali, oltre che dell'arcaismo e delle superstizioni del basso popolo. Respingevano le speculazioni astratte e fantasiose degli intellettuali "accademici" come S. Solovev, S. Bulgakov, P. Florenskij, proponendo in loro vece il ritorno alla teologia bizantina rigorosa, ma interiorizzata, e pertanto creativa. Non a caso, il più brillante e profondo teologo cristiano-ortodosso russo degli ultimi secolo, padre Georg Florovskij, prese parte al movimento eurasista e ne fu anzi uno degli ispiratori (insieme con il conte Trubetskoij). In proposito, facciamo notare che questo ecellente autore, pressoché l'unico rappresentante degno di fede del tradizionalismo ortodosso russo, è del tutto ignorato in Occidente; un'imperdonabile ed inspiegabile ingiustizia.
5) Molto interessante è il modo in cui la questione etnica veniva risolta dagli Eurasisti. Essi rimisero in questione una verità fino ad allora indiscussa nel campo degli slavofili, ossia la natura dannosa dell'invasione Tartara e della dominazione Mongola sulla Russia. Gli Eurasisti riconobbero viceversa la missione tellurocratica dell'espansione geopolitica dei popoli turchi e mongoli. Gengis Khan era per loro "il primo degli eurasisti", ed i Turchi erano considerati come un'etnia, o meglio, una razza eurasiatica giovane e piena di potenza creativa e imperiale. Ma fu nella congiunzione con il genio slavo (dunque indo-europeo, ario) che la razza turca riuscì a stabilire un equilibrio eurasiatico. Per gli Eurasisti, i Russi rappresentano quella particolare razza slavo-turca dotata di due qualità principali - l'energia dell'espansione sui grandi spazi propria dei Turchi ("orizzontale") e l'energia della concentrazione, metafisica e "verticale" propria agli Slavi. Questa sintesi razziale costituiva per gli Eurasisti la chiave della storia culturale della Russia. La razza europea era da essi vista come una razza vecchia impotente e dotata della coscienza geopolitica delle popolazioni del Rimland - dunque incapace dei supremi sforzi necessari per organizzare l'Impero, il "grande spazio autonomo".
6) Al livello politico, gli Eurasisti proponevano un sistema statuale centralizzato multi-etnico di tipo imperiale. Alcuni fra di essi erano per una Monarchia risacralizzata e ritornata alle sue origini mistiche, altri (G. Vernadskij, N. Alexeiev, ecc.) parteggiavano per la tesi del "socialismo eurasiatico". Il conte Trubetskoij ha elaborato la teoria dell'"ideocrazia", ossia del potere politico concentrato nelle mani dell'élite tradizionale, intellettuale e religiosa, posta a capo del "partito Eurasista" - una sorta di Ordine.
Il movimento eurasista fu in voga dal 1921 fino agli anni '30, quando l’impossibilità di esercitare un'influenza sulla vita politica dell’emigrazione russa e, a ben maggiore ragione, quella della Russia Sovietica, finì col diffondere fra gli Eurasisti una sensazione di disperazione. Alcuni fra loro giunsero a collaborare con il K.G.B. per nostalgia della patria e in odio ai paesi democratici dove erano costretti a vivere (P. Savitskij). Altri - come padre Florovskij e lo stesso conte Trubetskoij - si rifugiarono nella ricerca religiosa e storica. Altri ancora si unirono al movimento nazional-socialista tedesco insieme con certi aristocratici russi di estrema destra - come il generale Biskupskij, Avalov-Bermont, Thalberg, von der Golz, Skoropadskij, Schwarz-Bostunich ed altri esponenti della Loggia ultra-monarchica ed aristocratica “Balticum” (più tardi ribattezzata “Consul”).
Gli Eurasisti hanno elaborato i fondamenti della dottrina della RC russa. Tuttavia, l'oblio li ha ricoperti: la loro patria era presa nella morsa ideologica dell’utopismo marxista, mentre gli intellettuali d’Europa non hanno mostrato alcun interesse per il pensiero degli emigrati della Russia, lontana e barbarica, così come per tutte le sue speranze messianiche ed escatologiche, e per tutti i suoi sogni di rivincita asiatica.
Quale che sia stato il suo destino, il movimento eurasista, le sue previsioni, le sue dottrine, sono da riscoprire, e riacquistano tutta la loro attualità nel momento in cui ovunque nel mondo si cerca la Nuova Via dello sviluppo planetario geopolitico e culturale.

5 La missione eurasista e la Russia Sovietica - Stalin e Brezhnev

L'idea eurasista, intellettualmente e politicamente marginale, trovò nondimeno una parziale realizzazione sotto il regime comunista, soprattutto a partire dall'epoca staliniana. Gli Eurasisti stessi (specialmente George Vernadskij, autore di una celebre "Storia della Russia", tradotta nelle lingue europee), hanno visto nell'imperialismo staliniano una forma naturale di sviluppo dello Stato russo, accompagnata dall'industrializzazione, la centralizzazione e l'espansione necessarie per far accedere la Russia alla nuova fase del divenire geopolitico e geoeconomico. Dalla seconda metà degli anni '30, e particolarmente dopo il 1937, il regime staliniano ha assunto molti degli aspetti nazionali, patriottici e imperialisti che erano mancati nel periodo post-rivoluzionario. Stalin ha annientato tutti gli esponenti dell'ortodossia marxista-leninista, internazionalista e utopista (in maggioranza ebrei). L'anarchismo e l'immoralismo rivoluzionari sono nettamente ripiegati di fronte al primato dell'Ordine e di una morale ascetica e creativa. Non è un caso che il dirigente stesso dei "fascisti russi" di Harbin, Rodzavaeskij, abbia finito con il riconoscere la missione "fascista" (de facto) di Stalin, nella sua qualità di Volksfuehrer russo.
Un altro passo in senso rivoluzionario-conservatore è stato compiuto - secondo taluni storici russi, come A.Dikij ed altri - poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. Talvolta si parla addirittura della "rivoluzione invisibile del maresciallo Zhukov". I militari russi hanno attinto dai loro nemici certe energie geopolitiche ed ideologiche, e la guerra stessa ha risvegliato le forze interiori del nazionalismo e una più chiara coscienza degli interessi continentali. Persino l'estetica degli anni '40 in URSS - nazionalista, russofila, talvolta addirittura sciovinista e xenofoba - è molto più prossima allo stile del Terzo Reich che alle forme avanguardiste, internazionaliste e "proletarie" degli anni '20. Durante l'epoca stalinista a dominare fu piuttosto il motivo statuale, imperialista, nazionalista e anti-borghese, non la scolastica astratta dei marxisti puri. Ma il nazionalismo sovietico di Stalin non fu russo in senso etnico, fu piuttosto "imperiale", eurasiatico, continentale - e questo lo avvicinò moltissimo al modello che gli stessi Eurasisti proponevano. Verso la fine degli anni '40 Stalin pose un freno alla propaganda anti-cristiana più aggressiva, e manifestò ai padri della Chiesa Ortodossa, se non un'aperta simpatia, almeno tolleranza e comprensione. L'organizzazione degli "atei militanti" (patrocinata da un ebreo nefasto, Emelijan Jaroslavskij, alias Gubelmann) venne disciolta, il suo capo deportato al Gulag. Le tendenze rivoluzionario-conservatrici ebbero una battuta di arresto con la morte di Stalin, quando il suo imperialismo, eurasismo ed antisemitismo erano giunti all'estremo (era sul punto di deportare tutti gli Ebrei nelle Repubblica Autonoma Ebraica di Birobidjan, nella Siberia estremo-orientale, realizzando così nei confronti degli Ebrei un apartheid più radicale di quanto fosse nelle intenzioni di Hitler). E' impossibile non riconoscere che le linee di tendenza indicate sono assai poco compatibili con la teoria marxista, tanto nel suo stato verginale, quanto nel pathos rivoluzionario del 1917 e degli anni '20.
Kruscev ha fatto a pezzi la gigantesca costruzione di Stalin con la denuncia del “culto della personalità”, che ha gettato un ombra di dubbio su tutto il suo operato nella storia. Sotto Kruscev ha preso il via nell'ambito dell'intellighenzia sovietica la tendenza al ritorno al "marxismo corrotto dallo stalinismo". Kruscev ha rinnovato gli attacchi contro la Chiesa e rianimato lo spirito internazionalista. Nella sua epoca, le tendenze eurasiste hanno toccato il punto di minima influenza di tutto il corso della storia sovietica. Egli era molto più interessato alla geopolitica "oceanica" - Cuba, l’America Latina, l’Africa erano al centro dell’attenzione dello Stato krusceviano. Fu durante il regno di Kruscev che venne a formazione il primo nucleo di dissidenza filo-occidentale e quasi interamente “atlantista”.
Brezhnev ha fatto ritorno al modello staliniano (quindi virtualmente eurasista), ma nella sua forma senile, rituale, entropica. La partecipazione dell'URSS di Brezhnev ai conflitti eurasiatici (Vietnam, Medio Oriente, ecc.) e soprattutto la guerra continentale in Afghanistan furono i segni parlanti di una consapevolezza geopolitica. Il marxismo dell'epoca brezhneviana era completamente "ritualista", "nominalista", estremamamente superficiale. Non è stato difficile discernere dietro il brezhnevismo l'inerzia ideologica e geopolitica dello "stalinismo eurasiatico".
Elementi a rigore qualificabili come "eurasisti" e quindi, in un certo senso, rivoluzionario-conservatori sono sempre esistiti nella storia sovietica dalla Rivoluzione d'Ottobre fino alla Perestrojka, ma il periodo di Stalin è stato senz'altro quello più caratteristico e più ricco di segnali evidenti. E tuttavia, è opportuno rendersi conto che si trattava di fenomeni fattuali, che non hanno mai trovato alcuna cristallizzazione intellettuale, ideologica o filosofica. Le grandi rivoluzioni geopolitiche e persino ideologiche che avvenivano dietro le quinte del Cremlino si manifestavano all'esterno in infinitesimali sfumature d'accento posto su tale o talaltro evento storico, o su tale o talaltra ipotesi scientifica. La "cremlinologia" era una vera e propria scienza cospirologica fondata su dettagli e sintomi pressoché invisibili. Per questi motivi, una ricostruzione della storia dello sviluppo delle tendenze "rivoluzionario-conservatrici" nell'URSS è possibile solo attraverso un laborioso studio completo della vita ideologica segreta degli ultimi dirigenti di quell'ultimo Impero Eurasiatico che, fino alle recenti trasformazioni, fu l'Unione Sovietica. In questa sede, è possibile quindi parlare solo di tendenze "rivoluzionario-conservatrici" fattuali, prive di qualsiasi formulazione teorica. In ogni caso, tali tendenze furono molto concrete e molto importanti: si trattava infatti dell'ideologia (parallela) di gruppi dirigenti sovietici il cui potere politico era pressoché assoluto all'interno del Paese ed estremamente forte all'esterno.
Possiamo aggiungere che le dottrine militari strategiche dell'URSS furono sempre di carattere eurasista, in quanto il principale nemico ideologico dei Soviet erano gli Stati Uniti - la potenza talassocratica ed oceanica per eccellenza. Lo stesso Patto di Varsavia ebbe una fisionomia nettamente continentale ed eurasista, in contrapposizione alla NATO, imperniata sulle potenze marittime - gli USA e l'Inghilterra. Ma, più ancora, sono i Paesi Anglo-Sassoni gli esempi del capitalismo più puro e più forte, ed è precisamente contro il capitalismo che si sono indirizzate tutte le forme di Rivoluzione Conservatrice - e la RC russa non ha fatto eccezione.

Spetaktor
01-06-09, 18:31
6 ll movimento neo-eurasista - gli scrittori neo-pocevenniki, L.Gumeljov.

Verso gli anni '70, alcuni aspetti della RC si sono manifestati nell'URSS in maniera più decisa, seppure sempre velatamente. Fu l'epoca della formazione di una nuova generazione di scrittori sovietici che ruotava attorno a M. Sholokov, autore del celebre romanzo "Il placido Don". Costoro - i più noti dei quali sono V. Rasputin, V. Belov e V. Astafev - difendevano tesi nazionaliste, ecologiste e slavofile. Esaltavano i contadini russi, le loro usanze, le loro credenze. I loro scritti avevano inoltre un chiaro contenuto ecologista. La loro ideologia potrebbe essere approssimativamente qualificata come nazional-bolscevismo o nazional-leninismo, ma dobbiamo vedere in questo più un tratto del loro conformismo, che una dichiarazione di convinzioni ideologiche radicate (oggi, in condizioni di maggiore libertà di espressione, la maggior parte di essi è divenuta monarchica, cristiano-ortodossa e di destra convenzionale - il che testimonia del carattere di maschera conformista, e nulla di più, che ebbe il loro nazional-bolscevismo). Assai rari furono i casi di scrittori neo-pocevenniki ben coscienti della loro parentela ideologica con gli Eurasisti o con gli smeno-vechovstij; la somiglianza delle loro idee fu tuttavia notevole.
I neo-pocevenniki degli anni '70 - '80 hanno creato quel milieu intellettuale patriottico, nazionalista e oggettivamente eurasista manifestatosi poi pienamente all'epoca della perestrojka in una certa rinascita nazionalista, quale tendenza alternativa al corso occidentalista, "atlantista" e nettamente capitalista della lobby democratica - Gorbacev, Jakovlev, Eltsin, Shevardnadze, ecc. Ma vi è qui un dettaglio ideologico estremamente importante: le concezioni degli scrittori "neo-pocevenniki" all'epoca di Brezhnev erano, sul piano formale, molto più vicine allo spirito ed alla terminologia della RC, rispetto alle tesi che i medesimi personaggi ed i loro discepoli avanzano al giorno d'oggi. Sotto Brezhnev, motivazioni conformiste obbligavano i neo-pocevenniki ad aggiungere temi socialisti, anti-capitalisti, leninisti, ecc. alle loro idee nazionaliste e identitarie (talvolta apertamente antiebraiche). Le loro teorie avevano dunque un carattere "terzaforzista" loro malgrado. Venuta meno questa necessità, i neo-pocevenniki hanno messo da parte il lato "socialista" e "anti-capitalista" delle loro dottrine e si sono convertiti in tradizionali rappresentanti della Destra ordinaria, monarchica, giudeofoba e nostalgica. Il pathos della RC in essi ne è quindi risultato molto offuscato.
Come unico eurasista coerente e consapevole, fra gli autori sovietici degli anni '70 e '80, è doveroso citare lo storico Lev Gumiljov - figlio del poeta aristocratico N. Gumiljov, fucilato dai Rossi, e della celebre poetessa Anna Akhmatova. Gumiljov è autore di alcune brillanti opere storiche sulle vicende dei popoli eurasiatici - turchi, mongoli, unni, ecc. La sua opera capitale - "L'etnogenesi e la biosfera" - all'epoca di Brezhnev era custodita nella sezione vietata al pubblico della Biblioteca di Scienze Sociali di Mosca, in quanto giudicata "ideologicamente pericolosa". Nel libro l'autore sviluppava la dottrina organica dell'etnogenesi e formulava la concezione della "disuguaglianza dinamica delle etnie", svelando le leggi cicliche che governano l'esistenza storica e biologica di ciascuna etnia. Gumiljov sosteneva la tesi del carattere giovane dei popoli eurasiatici - soprattutto i turchi e i russi - il cui ciclo storico ha appena raggiunto il suo acme. Affermava pertanto che la civiltà più normale e più sana al giorno d'oggi sarebbe una civiltà eurasiatica di tipo imperiale. Gumiljov ha coniato un termine speciale per designare il fattore pià importante e più organico dello sviluppo di un'etnia - la "passionarietà", intesa come concentrazione di energia creativa, biologica e psicologica assieme, la quale è caratteristica delle intere popolazioni come dei singoli individui. Al livello umano, la "passionarietà" è secondo Gumiljov "capacità di trascendere l'istinto di sopravvivenza", "oltrepassamento dell'entropia biologica", "slancio creativo" (soprattutto imperiale). Le tesi di Gumiljov hanno molto in comune con le concezioni di Lorenz, Gunter, de Gobinau, dei geopolitici della scuola di Haushofer e soprattutto con le idee della Nuovelle Droite francese. Il suo atteggiamento nei confronti della storia è essenzialmente pagano. La sua concezione delle "etnie-chimere" - vale a dire, delle antichissime etnie degenerate, che hanno completamente perduto la loro "passionarietà" - è universalmente conosciuta in Russia. Taluni anti-semiti, a partire da questa concezione delle "etnie-chimere", hanno elaborato un'intera teoria giudeofoba; ma si tratta piuttosto di un'interpretazione limitante ed aberrante del suo pensiero. Gumiljov, da sempre autore non conformista, è stato scarsamente influenzato dalla Perestrojka, e le sue tesi eurasiste, biologo-realiste e rivoluzionario-conservatrici restano sotto molti aspetti le medesime. Malgrado l'età avanzata, continua a lavorare alla sua opera.
Infine, vi sono alcuni comunisti fino a ieri di stretta osservanza, i quali - a differenza della maggioranza degli ex comunisti, divenuti per neo-conformismo democratici "atlantisti" e "filo-capitalisti" - non hanno mutato la loro opinione ideologica contraria all'adorazione del libero mercato e alla glorificazione del modello Americano, ed oggi formano una sorta di opposizione di destra (statualista e nazionalista); questi, a partire dalla Perestrojka, hanno incominciato a rivedere i fondamenti della loro dottrina comunista formale, e molti fra loro hanno scoperto il pensiero rivoluzionario-conservatore - quello degli eurasisti e degli smeno-vekhovtsij - riconoscendo la reale continuità ideoogica del loro patriottismo sovietico e del loro nazionalismo anti-capitalista. Costoro rappresentano la cristallizzazione intellettuale delle tendenze RC sempre esistite allo stato virtuale, latente e semicosciente nell'epoca sovietica. Per una bizzarra logica, questa presa di coscienza è accompagnata dalla scomparsa dalla politica interna ed estera sovietica degli ultimi residui di anti-capitalismo e anti-atlantismo, quindi di elementi eurasisti e tipologicamente rivoluzionario-conservatori.

7 Conclusione

Il pensiero rivoluzionario-conservatore viene oggi riscoperto in Germania, dove ha acquisito attualità estrema per effetto dei grandiosi cambiamenti in atto in quel Paese, che è d'altronde per sua natura rivoluzionario-conservatore, al pari della Russia. La Francia, il Belgio, l'Italia, la Spagna, l'Europa tout-court, ritrova oggi, grazie a sforzi immensi da parte degli intellettuali della Nuova Destra, questa parte inestimabile della propria ricchissima eredità ideologica. Ancora di più, le idee della RC sono oggi la sola alternativa all'incubo capitalista e all'espansione "atlantista" Americana. Lo slogan "né comunismo, né capitalismo" perde il suo significato, con la scomparsa del comunismo (ma è mai realmente esistito?). E' la RC, in tutte le sue forme, a restare la sola possibilità operativa e realistica da opporre all'invasione, fisica ed ideologica, da parte dell'altro continente. La RC diventa la Seconda Via, la sola Via Alternativa. E' quindi tempo di riportare alla luce tutte le correnti della RC, studiarle, ripensarle, riattualizzarle e farle rivivere. In questo contesto, è necessario volgere il nostro sguardo al Continente-Russia, verso questa terra enigmatica che occupa il luogo centrale di questa gigantesca isola che è l'Eurasia, la nostra Patria universale, la nostra terra sacra, la nostra eredità imperiale più preziosa. Stavolta dovremo tutti assieme - inclusi i Russi stessi - scoprire non già quel continente lontano, quella colonia marittima, quel deserto spirituale che è l'America, bensì la culla dei popoli indo-europei, dei nostri antenati, dei grandi creatori di valori eroici e super-umani - il Continente-Russia. Questa scoperta dovrà essere anzitutto una scoperta sprirituale, intellettuale, ideologica - la riscoperta dei valori russi, della Via Russa, dell'Ideologia Russa, che altro non possono essere se non Ideologia della Rivoluzione Conservatrice Assoluta.

Spetaktor
01-06-09, 18:32
Aleksandr Dughin, Continente Russia, pp. 104, 10,00

Dughin (…) dirige la rivista "Elementy": rassegna euroasiatica che si occupa soprattutto di geopolitica e predica la "rivoluzione conservatrice"; per primo ha tradotto in russo i testi di Evola e di Guénon, e già li diffondeva anni fa in samizdat (…) era dissidente con i comunisti, lo è adesso con quelli che chiama liberisti. In Italia (…) è stato pubblicato il suo Continente Russia. (Natalia Aspesi, "La Repubblica", 26 giugno 1994)

In Continente Russia, dopo l'articolo omonimo e quello su L'inconscio dell'Eurasia, Dughin passa a trattare del Nemico, dell'unico, vero "impero del Male": l'America. (…) Il pensatore russo conclude Continente Russia con una panoramica su Le radici metafisiche delle ideologie politiche. (…) Padroneggiando da maestro una tematica filosofico-religiosa quanto mai complessa, con conoscenze culturali più uniche che rare, il nostro conduce una disamina su alcune "visioni del mondo" riscontrabili nella storia delle società tradizionali, fino alle loro forme degenerative moderne. (Carlo Terracciano, "Origini", 7, agosto 1992)

DharmaRaja
01-06-09, 18:59
vorrei strappare una promessa ai forumisti:
il primo che vince al superenalotto (o simili) apre una casa editrice e ristampa o traduce un bel po di 'chicce'...:D
Assicurato :chefico:

Malaparte
01-06-09, 19:00
Ma siete pazzi? Pensate a comprarvi uno yacth e farvi un po' di bagasce se vincete al superenalotto

Logomaco
01-06-09, 19:10
Ma siete pazzi? Pensate a comprarvi uno yacth e farvi un po' di bagasce se vincete al superenalotto

Se vinci 70 e rotti milioni i soldi bastano per tutto.:D

José Frasquelo
01-06-09, 19:22
vorrei strappare una promessa ai forumisti:
il primo che vince al superenalotto (o simili) apre una casa editrice e ristampa o traduce un bel po di 'chicce'...:D

ma anche senza enalotto...

José Frasquelo
01-06-09, 19:22
Ma siete pazzi? Pensate a comprarvi uno yacth e farvi un po' di bagasce se vincete al superenalotto

tsk Mondialista! :P

Spetaktor
01-06-09, 19:40
Ma siete pazzi? Pensate a comprarvi uno yacth e farvi un po' di bagasce se vincete al superenalotto

vabbè se poffà tutto!:D

Ierocle
02-06-09, 12:07
"Continente Russia", Ed. all'Insegna del Veltro.

Non mi è affatto dispiaciuto.


Un altro libro delle Edizioni all'insegna del Veltro, La Russia che dice di no, di AA. VV., contiene un saggio di Dugin intitolato Aspetti geopolitici dell'escatologia islamica e firmato con lo pseudonimo Abdelkajjum.
Va pure citato il saggio L'idea eurasiatista, in "Eurasia", 1/2004, pp. 7-23.

Spetaktor
02-06-09, 13:07
Abdelkajjum.


e io che pensavo fosse Gejdar Dzemal. buono a sapersi.

Prinz Eugen
02-06-09, 13:13
Un altro libro delle Edizioni all'insegna del Veltro, La Russia che dice di no, di AA. VV., contiene un saggio di Dugin intitolato Aspetti geopolitici dell'escatologia islamica e firmato con lo pseudonimo Abdelkajjum.
Va pure citato il saggio L'idea eurasiatista, in "Eurasia", 1/2004, pp. 7-23.
Qualcuno nell'ambiente ha avuto da ridire sui contatti con Ergenekon.

Combat
02-06-09, 17:24
C'è roba in "Continente Eurasia" di sicuro sul primo numero, ma anche in altri : Continente Eurasia - bollettino telematico eurasista (http://www.continente.altervista.org) poi andare in archivio

Altri sono sul "bollettino Patria" http://xoomer.alice.it/patria , in diversi numeri, anche qui guardare in archivio

Poi su Fronte Patriottico - comunità (la Controvoce) (http://xoomer.alice.it/controvoce) soprattutto il "paradigma della fine" anche in pdf stampabile (sezione riviste, opuscoli), e in tutte le sezioni...

questi quelli online..

Spetaktor
02-06-09, 20:00
Dughin - Inconscio dell'Eurasia (http://utenti.lycos.it/EurasianWebSite/dugin_ie.html)

Dugin - Continente Russia (http://utenti.lycos.it/EurasianWebSite/dugin_cr.html)

Julius Evola e il tradizionalismo russo | Alexandr Dugin (http://www.centrostudilaruna.it/evoladugin.html)

Dughin - Soltanto 'Bolscevismo' (http://utenti.lycos.it/EurasianWebSite/dugin_bolsh.html)

La Grande Guerra dei Continenti | Eurasia Unita (http://eurasiaunita.splinder.com/post/18106848/La+Grande+Guerra+dei+Continent)

Gli Ebrei e l'Eurasia | Eurasia Unita (http://eurasiaunita.splinder.com/post/17155938/Aleksandr+Dugin+-+%22Gli+Ebrei+e)

Dughin - Impero Sovietico e nazionalismi (http://utenti.lycos.it/EurasianWebSite/dugin_is.html)

Dughin - Radici metafisiche delle ideologie (http://utenti.lycos.it/EurasianWebSite/dugin_rmp.html)

http://xoomer.virgilio.it/controvoce/ilparadigmadellafine.pdf

Dugin - Il finanziarismo, stadio supremo del capitalismo (http://utenti.lycos.it/EurasianWebSite/dugin_fin.html)

Il Fascismo Immenso e Rosso | Eurasia Unita (http://eurasiaunita.splinder.com/post/17155942/Aleksandr+Dugin+-+%22Il+Fascismo)

Malaparte
04-06-09, 15:18
Una cosa che mi ha lasciato un po' perplesso di Dughin è che si dice "cristiano ortodosso" ma alla fine mi sembra lo sia ben poco, visti tutti gli elogi allo "gnosticismo" ed alla "via della mano sinistra".

DharmaRaja
04-06-09, 17:27
Ha una visione tradizionalista per la quale ritiene recuperabili nel quadro dell'ortodossia una serie di questioni teologiche che un tempo facevano parte della dottrina "ufficiale" ortodossa e si rendevano compatibili anche ad un approccio esoterico, salvo poi essere rimosse con la modernizzazione. E' essenzialmente la ragione per la quale oggi sta con i Vecchi Credenti, che volendo fare un parallelo ardito e non troppo appropriato potremmo definire "i lefebvriani dell'ortodossia".

José Frasquelo
04-06-09, 17:59
Una cosa che mi ha lasciato un po' perplesso di Dughin è che si dice "cristiano ortodosso" ma alla fine mi sembra lo sia ben poco, visti tutti gli elogi allo "gnosticismo" ed alla "via della mano sinistra".

Sarà sicuramente un esoterico.

Lucio Vero
11-06-09, 13:38
"Continente Russia", Ed. all'Insegna del Veltro. Non mi è affatto dispiaciuto.


Esatto, c'è anche "Eurasia - La Rivoluzione Conservatrice in Russia" edito da Nuove Idee.



Mi sembrano interessanti questi due. :)

Spetaktor
11-06-09, 19:47
Mi sembrano interessanti questi due. :)

il secondo è una raccolta di articoli che si trovano per granparte on-line.

Lucio Vero
12-06-09, 13:54
il secondo è una raccolta di articoli che si trovano per granparte on-line.

Ancora meglio:D

Stella Maris
12-06-09, 14:06
Non mi sembra sia già stato segnalato...

NazionalComunismo - Eurasia: prospettive per un blocco continentale

Autore: C. Terracciano, E. Muller, A. Dughin, M. Murelli

Pagine: 252

Anno: 1995


Prezzo: €11.40

http://www.raido.it/components/com_virtuemart/shop_image/product/5d469de94fd2d4ac2dc45477e6c8f957.jpg

Spetaktor
12-06-09, 14:13
Non mi sembra sia già stato segnalato...

NazionalComunismo - Eurasia: prospettive per un blocco continentale

Autore: C. Terracciano, E. Muller, A. Dughin, M. Murelli

Pagine: 252

Anno: 1995


Prezzo: €11.40

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oh, si...è vero!:chefico:

Spetaktor
12-06-09, 14:17
Ìåæäóíàðîäíîå Åâðàçèéñêîå Äâèæåíèå - I teste eurasisti | Eurasia. Rivoluzione Conservatrice in Russia | Indice (http://evrazia.info/modules.php?name=News&file=article&sid=1876)

Lucio Vero
11-11-09, 17:21
Ho trovato alcuni testi di Dugin in russo mai pubblicati in Italia.
Ho provato a tradurli con i traduttori online ma non viene bene.
Chi sa il russo potrebbe provarci. :D

La Rivoluzione Conservatrice
Àðêòîãåÿ – ôèëîñîôñêèé ïîðòàë - À.Äóãèí | Êîíñåðâàòèâíàÿ Ðåâîëþöèÿ | Îãëàâëåíèå | 1994 (http://arcto.ru/modules.php?name=News&file=article&sid=20)

Le Basi della Geopolitica
Äóãèí Îñíîâû ãåîïîëèòèêè ÷àñòü1 (http://www.arctogaia.com/public/osnovygeo/)

Il Mistero Iperboreo
Àðêòîãåÿ – ôèëîñîôñêèé ïîðòàë - À.Äóãèí | Ãèïåðáîðåéñêàÿ òåîðèÿ | Îãëàâëåíèå | 1993 (http://arcto.ru/modules.php?name=News&file=article&sid=63)

Spetaktor
11-11-09, 17:57
Ho trovato alcuni testi di Dugin in russo mai pubblicati in Italia.
Ho provato a tradurli con i traduttori online ma non viene bene.
Chi sa il russo potrebbe provarci. :D

La Rivoluzione Conservatrice
Àðêòîãåÿ – ôèëîñîôñêèé ïîðòàë - À.Äóãèí | Êîíñåðâàòèâíàÿ Ðåâîëþöèÿ | Îãëàâëåíèå | 1994 (http://arcto.ru/modules.php?name=News&file=article&sid=20)

Le Basi della Geopolitica
Äóãèí Îñíîâû ãåîïîëèòèêè ÷àñòü1 (http://www.arctogaia.com/public/osnovygeo/)

Il Mistero Iperboreo
Àðêòîãåÿ – ôèëîñîôñêèé ïîðòàë - À.Äóãèí | Ãèïåðáîðåéñêàÿ òåîðèÿ | Îãëàâëåíèå | 1993 (http://arcto.ru/modules.php?name=News&file=article&sid=63)

Sono dei libri veri e propri...mi sa che per la traduzione non sarà semplicissimo... :piango:

José Frasquelo
11-11-09, 18:15
ma che codifica usate, con unicode non riesco a vedere il cirillico. Mah..

Spetaktor
11-11-09, 21:06
ma che codifica usate, con unicode non riesco a vedere il cirillico. Mah..

Boh...io lo apro classicamente con Mozilla...altro non so dirti...

Lucio Vero
12-11-09, 12:32
ma che codifica usate, con unicode non riesco a vedere il cirillico. Mah..


Boh...io lo apro classicamente con Mozilla...altro non so dirti...

Idem.


Sono dei libri veri e propri...mi sa che per la traduzione non sarà semplicissimo... :piango:

Infatti si riescono a tradurre solamente i titoli (magari si devono tradurre frase per frase...mah). Comunque si potrebbero cercare un pò tutti i testi di Dughin, giusto per renderli disponibili qualora qualcuno abbia intenzione di tradurli dal russo.

msdfli
12-11-09, 15:33
piuttosto di cimentarvi in sforzi "duodenali" :D:D:D

ditemi...attualmente come si sta muovendo Dugin ?

Lucio Vero
12-11-09, 18:26
LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE

Prefazione

Capitolo 1: Forme dell'Ideologia
Rivoluzione Conservatrice

Capitolo 2: I Classici
Julius Evola, imperialista pagano
Carl Schmitt, 5 lezioni per la Russia
Il Crepuscolo degli Eroi (in memoria di Jean Thiriart)

Capitolo 3: Metapolitica
Radici metafisiche delle ideologie politiche
I flautisti cechi di Azaroth (?)

Capitolo 4: Questione Russa
Le sfaccettature dei grandi sogni
Eurasiatici, polemiche nell'opposizione
Apologia del nazionalismo

Capitolo 5: La Terza Guerra Mondiale
Serbia: la Rivoluzione Conservatrice

Capitolo 6: Alternative Economiche
Economia contro Economismo

Capitolo 7: Politologia
Introduzione alla Scienza Politica

Capitolo 8: Obiettivi Strategici
Elementi, Razzi e Guerriglieri

Capitolo 9: Metafisica del Sesso
L'Erotismo e l'Impero
Elvsinskie contro il Freudismo
La Rivolta dell'Eros

Capitolo 10: Judaica
Golem e Metafisica Ebraica

Capitolo 11: Democrazia diretta
Democrazia Organica
La Democrazia contro il Sistema

Capitolo 12: La Sfida del Socialismo
Enigma del Socialismo
Perchè noi amiamo la Rivoluzione!

José Frasquelo
12-11-09, 18:41
Ma esiste sto libro di Dugin in Italia?

Lucio Vero
12-11-09, 19:17
Ma esiste sto libro di Dugin in Italia?

In Italia esiste solo "Eurasia, la Rivoluzione Conservatrice in Russia" e "Continente Russia". Il libro di cui ho postato l'indice non è ancora stato tradotto. :chefico:

Sto guardando il sito di Arkatogaia, Dugin ha scritto moltissimo. I suoi libri sono per lo più raccolte di testi sui più svariati argomenti.

Spetaktor
12-11-09, 22:27
In Italia esiste solo "Eurasia, la Rivoluzione Conservatrice in Russia" e "Continente Russia". Il libro di cui ho postato l'indice non è ancora stato tradotto. :chefico:

Sto guardando il sito di Arkatogaia, Dugin ha scritto moltissimo. I suoi libri sono per lo più raccolte di testi sui più svariati argomenti.


Altri scritti, tradotti in italiano, di Dughin sono:

-Aspetti geopolitici dell'escatologia islamica (sotto pseudonimo Abdulkajjum) in La Russia che dice no, edizioni all'Insegna del Veltro

-L'idea eurasiatista, in Eurasia 1/2004

-La visione eurasiatista, in Eurasia 1/2004

-Intervista, in Eurasia 2/2007


oltre agli articoli presenti online e già citati in questo 3d

Spetaktor
12-11-09, 22:39
Alexander Dugin: Vladimir Putin e l’Impero

"Evrazia", 12.07.2009

Ìåæäóíàðîäíîå Åâðàçèéñêîå Äâèæåíèå - Alexander Dugin | Vladimir Putin and the Empire | 12.07.2009

“I leader Russi e particolarmente il primo ministro Vladimir Putin vogliono far risorgere l’Impero Russo”, queste le parole del capo del Pentagono Robert Gates. Come afferma Gates “queste intenzioni imperialiste ostruiscono le relazioni USA-Russia”. Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti crede anche che queste intenzioni imperialiste sono assai più presenti nei comportamenti di Putin rispetto a quelli di Medvedev. Il Primo Ministro Russo sta cercando di far si che la Russia diventi il primo giocatore sullo scacchiere internazionale. Questo fatto disturba molto gli Stati Uniti. “I Russi sono destinati ad un nuovo tentativo di costruzione dell’Impero?”, si chiede lo storico inglese di fama internazionale Prof. Geoffrey Hosking nel suo recente libro “Sovrani e vittime. I Russi nell’Unione Sovietica.” E l’inglese esprime le sue preoccupazioni “cosa sceglieranno esattamente i Russi, la situazione attuale con la perdita di parte dei propri territori o un nuovo impero?”, si chiede Hosking.

Chi è il Signor Putin?

La questione degli inizi della carriera di Putin è sorta durante la trasformazione del linguaggio politico della Russia attuale da Moderno a Post-Moderno. Nel linguaggio classico Putin umanamente si può definire un’essenza, una realtà, una personalità innanzitutto. In secondo luogo, lui viene interpretato nel contesto politico in base alle sue azioni politiche. Questo è l’approccio dell’età dell’Illluminismo: c’è un Vladimir Putin politico, una persona con alcune specificità, con certe radici, e c’è anche il suo sistema di valutazioni e pensieri. Questo era vero finchè non è arrivata l’epoca PostModerna.

Nel Postmoderno una persona è uno spazio vuoto, perché tutti gli essere umani si devono confrontare con l'interpretazione della propria coscienza. Di conseguenza, l'immagine di Vladimir Putin appare non dalla conoscenza stessa di Vladimir Putin e non dall'analisi delle sue azioni, ma dal contesto del linguaggio a cui appartiene. Ecco il motivo perché la domanda "Chi è il Signore Putin?" nel sistema post moderno non ha ricevuto ancora risposta. Questa sarà sempre una questione aperta.

Quando le persone che conoscono bene e personalmente il nostro Primo Ministro sentono quello che viene detto su Putin nell'Occidente, rimangono scioccati. Questo accade perché non è stata completata la transazione fondamentale dall'Epoca dell'Alta Modernità e dell’Illuminismo all’epoca del Postmoderno. Altrimenti avrebbero potuto già capire che non esiste nessun Putin così come loro lo stanno immaginando. Ci sono dei giochi testuali su Putin in Russia o in Europa.

Quell’orribile ritratto con il quale la Società Occidentale lo dipinge non ha niente in comune col nostro Primo Ministro. In quel ritratto Putin è un "nano politico" senza alcuna percezione, un “protetto” dai circoli reazionari, appartenente ai più orribili servizi segreti, una persona con nessun futuro politico né alcun rispetto per la democrazia. Noi dell'altra sponda trattiamo Putin come un prodotto del nostro stile cerimoniale ufficiale.

Putin è il simbolo dell'Impero che si sta formando?

La grande nuova Russia che ora sta rinascendo nell'area euroasiatica è l'idea di un nuovo e risorto Impero sovrano. Non è sovietico, perché quell'ideologia è morta, ma non è russo, perché noi qui non abbiamo direzioni religiose comuni. L'Eurasiatismo suggerisce la risurrezione di un Grande Spazio al posto del primo Impero Russo e dell'Unione sovietica. A questo progetto si oppongono fortemente i Russi Occidentali e Atlantisti. Putin proviene dal regime atlantista di Eltsin, ma ha spostato di 180 gradi la direzione intrapresa da Eltsin. Quando lui arrivò, l'idea principale era che la Russia si inserisse bene nel mondo occidentale per diventare, come fu detto a suo tempo, "un paese normale."

Ora l'idea è: La Russia è un grande paese. Non "normale." È un paese che ste ristabilendo il suo significato planetario, conducendo la sua politica indipendente, libera da pressioni globali e dal mondo a polarità singola. Questo è quello che stanno perfezionando ora Putin e Medvedev, e questo rappresenta un programma geopolitico per la costruzione dell'Impero.

L'Eurasiatismo, simile all’unione Medvedev-Putin, ora oppone due cose. La prima è l’Occidentalismo liberal-democratico, e la seconda ma non ultima, è il Nazionalismo stretto che presenta la Russia come un stato mono-nazionale. La politica di Putin-presidente potrebbe essere spiegata con questo significato euroasiatico. Anche se qualche volta è sembrato che Putin si sia spostato da quella direzione, a lungo andare le tendenze principali e i suoi modelli si sono coniugati bene insieme.

Questo non può essere.

Molte persone ragionano su molte cose che non hanno niente in comune con la realtà. Uno scrittore visionario francese Jean Parvulesko, che può apparire come uno che ha detto delle sciocchezze stravaganti, ha colpito nel segno con tutti i suoi scritti che si stanno avverando col passare del tempo. Io sto leggendo i suoi articoli scritti negli anni settanta all’interno di un periodico italiano chiamato “Orion”. In questi articoli Parvulesko descrive una situazione che si avverò in Russia all'inizio degli anni novanta con l’avvento dei “Red-brown”, con l’unione tra comunisti e nazionalisti, con i liberali che volevano unirsi all'Occidente distruggendo la grande Unione Sovietica. Al momento, questi articoli apparvero come scritti da un matto, Parvulesko appunto, perché sembrava che Brezhnev fosse stato eterno.

Anche noi, come suoi amici dicevamo: "Questo non può accadere Jean!", "Questo è una sciocchezza!". La sua risposta era "Aspetta, Alexander...".

Nel suo libro "Putin e l’Impero euroasiatico", pubblicato in Russia, nei primi capitoli scritti alla fine degli anni settanta, Parvulesko affermava che c’erano persone in Russia nell’establishment militare e delle forze di sicurezza che stavano sviluppando l'idea di un Impero su scala continentale fin dagli anni sessanta. Il lavoro di queste persone non era ideologico, ma basato su significati geopolitici. Parvulesko affermava che presto un uomo sarebbe uscito da questi circoli, e che gli uomini avrebbero perfezionato l'idea di ripristinare la potenza imperiale geopolitica della Russia dal lato opposto rispetto all'ideologia comunista. I valori sui quali quest’uomo si sarebbe basato sarebbero stati quelli della Storia Russa, come la chiesa Ortodossa e la coscienza nazionale. Lui avrebbe riportato la Russia ai tempi antecedenti all’avvento dei comunisti.

Parvulesko scrisse queste cose negli anni settanta, e 20 anni dopo arrivò Putin. Parvulesko pensava a lui: “questo è l'uomo del destino, io sto scrivendo tutte queste cose su di lui, ancor prima di aver saputo il suo nome.”

Putin non è semplicemente una persona. Questo è l’'Impero euroasiatico chiamato da Parvulesko “Dogmatic Code of Things” per definirlo come sarà costruito. Putin è uno strumento della sua costruzione e della sua creazione.

Parvulesko qui descrive la realtà come una via dogmatica, proprio come fecero i profeti della Bibbia. Così lui, neovisionario, può essere chiamato neoprofeta. Le élite massoniche degli Stati Uniti stanno cominciando a sospettare qualcosa...

Putin come entità non esiste.

Parvulesko descrive Putin in un ambito particolare, diverso dai contesti ufficiali o dalla percezione occidentale. Lui mette Putin nella Storia del Mondo insieme ad Alessandro Magno, Napoleone, DeGaulle, Stalin, Hitler, Lenin, ai servizi segreti e ai grandi successi. Analizzando tutte le sfumature di Putin, Parvulesko raggiunge una spiegazione Post-modernistica all’interno delle coordinate del sistema Impero.

Il punto principale è la comprensione del contesto e della struttura del progetto di Impero, non la percezione che Putin rappresenta della mente di ognuno.

Come ha dimostrato in precedenza lo scrittore tedesco Novalis, noi impariamo sul passato più dalle storie colorite, che da noiosi narratori che ora stanno tentando inutilmente di trovare notizie su Putin cercando di descriverlo.

La verità è che la missione di Putin è metafisicamente, intellettualmente, stilisticamente e dogmaticamente causata dalla metafisica del nostro grande spazio e della nostra grande gente.

Questo è il motivo perché la visione di Jean Parvulesko su Putin, il costruttore del Grande Impero Euroasiatico, merita uno studio più preciso. L'immondizia che si sta scrivendo su di lui sarà dimenticata al più presto quando lui terminerà di essere il Primo Ministro.

Putin, il costruttore dell’Impero, sarà rappresentato da tutti come un ritratto della nostra epoca. Robert Gates, Geoffrey Hosking e tutta l'élite Occidentale che governa il mondo oggi capiscono che l'Impero euroasiatico inevitabile lo era, è, e lo sarà.

Putin è strettamente connesso con questo Impero.

Alessandro Dugin, filosofo, leader del Movimento Euroasiatico Internazionale

Traduzione: Riccardo Berti

Fonte:

msdfli.wordpress.com/2009/07/30/a-dugin-vladimir-putin-e-l%e2%80%99impero/

A.Dugin: Vladimir Putin e l?Impero MOVIMENTO PER GLI STUDI STORICI DELLE DISCIPLINE FASCISTE E LENINISTE INTEGRATE CON LA GEOPOLITICA CONTEMPORANEA

Spetaktor
27-11-09, 15:03
IOSIF STALIN: IL GRANDE “SÌ” DELL'ESISTENZA
Aleksandr Dugin


"Ewig bin ich dein Ja"
F. Nietszche

1. Stalin il despota

Stalin è una figura così imponente che qualsiasi riferimento alla sua personalità, alla sua funzione, alla sua missione storica ci pone immediatamente davanti a sfide immense. Si può parlare di Stalin dal punto di vista geopolitico – come del più grande eurasiatista in termini pratici; o dal punto di vista ideologico – come di un eminente, cruciale protagonista del socialismo mondiale; oppure dal punto di vista statale – come del fondatore del più potente impero nella storia mondiale. Spesso Stalin viene però associato all'emblematica, significativa idea della tirannia e del dispotismo. E da questo non è possibile prescindere neanche se ci interessano altri lati della sua personalità. Quali sono le radici profonde di questi tratti tirannici del grande protagonista della storia mondiale?

2. Stalin il sociologo

Stalin viene costantemente associato alle epurazioni, alle repressioni, all'espressione del terrore di Stato. Quando si tratta di spiegare la natura di questo fenomeno, ci scontriamo con spiegazioni primitive, che seguono i criteri di un pensiero banale e della ristrettezza mentale: paranoia personale, innato sadismo, crudeltà, megalomania patologica, natura disumana dell'ideologia bolscevica, e via dicendo. Sono banali bugie, e di conseguenza bisogna ricominciare tutto daccapo.

A chi servivano le purghe staliniste, dal punto di vista sociologico? Gli stessi leader dell'Unione Sovietica le hanno spiegate ogni volta in modo diverso, basandosi sull'“attualità del momento”. È evidente che si trattava di “linguaggio esopico”, e la sua particolareggiata e accurata decifrazione ci farebbe addentrare troppo nel labirinto dei dettagli storici. È evidente un fatto: le ondate permanenti di epurazioni ai vertici del potere sovietico. Non importa come di volta in volta si giustificassero, ma solo che si trattava di un fenomeno costante, evidentemente, strettamente connesso con la struttura sociologica della società sovietica nella prima metà del suo ciclo. Per spiegare il fenomeno delle “epurazioni” è più che mai utile ricorrere alla teoria del sociologo italiano Vilfredo Pareto, il quale ha formulato il principio della “circolazione delle élite”.

Secondo Pareto in ogni società – indipendentemente dal tipo e dall'ideologia su cui si fonda – si osserva chiaramente una legge sociale costante. Essa consiste nel fatto che ogni società – democratica o totalitaria – viene sempre governata da una minoranza che costituisce la sua “élite”. Questa élite possiede un meccanismo di sviluppo ciclico rigidamente fissato. Affonda le sue radici in un qualche gruppo d'opposizione (“passionario”, secondo Gumilëv), privo dell'autorità e del potere della dirigenza ma secondo tutte le indicazioni capace di svolgere azioni centrali. Questa “élite” iniziale di “passionari” non ancora saliti ai vertici del potere e confinati alla sua periferia viene chiamata da Pareto “contro-élite”, o “élite del futuro”. In un dato momento la “contro-élite” rovescia il vecchio gruppo dirigente e occupa le posizioni centrali della società (dello Stato) trasformandosi a sua volta in élite, perdendo la particella “contro”. All'inizio del suo governo la “nuova élite” opera in modo attivo e adeguato, rafforza la società e ne promuove lo sviluppo, dona nuovo impulso alla vita della comunità e dello Stato. In seguito essa comincia a irrigidirsi. La seconda generazione di quella élite è composta già da elementi più passivi, destinati a succedere in tempi di pace alla prima attiva e fanatica onda di passionari. Alla terza generazione l'élite si logora, tenta in tutti i modi di privatizzare le funzioni del potere nella società nonostante la corruzione, la pigrizia, l'incompetenza, l'atteggiamento parassitario nei confronti del potere, dei privilegi, del capitale e talvolta anche della funzione pubblica la rendano inadeguata a esercitare tali funzioni, e diventa così un ostacolo allo sviluppo della società. A quel punto, dice Pareto, alla periferia si forma una nuova “contro-élite” di passionari, e tutto ricomincia daccapo. Anche Lenin e Stalin conoscevano le teorie di Pareto, autore di moda nei circoli socialisti europei dell'epoca. Non c'è da meravigliarsi che i bolscevichi, scontratisi con la concreta “politica reale” comincino a utilizzare le teorie del “pragmatico” Pareto, senza preoccuparsi di conciliarlo con il marxismo ortodosso.

L'ascesa stessa dei bolscevichi al potere – e Stalin stava proprio al centro di quella prima ondata puramente passionaria di bolscevichi (era cioè carne della carne di quella “contro-élite”) – fu radicale, totale, senza precedenti per le dimensioni del cambiamento dell'élite. Le purghe leniniste e il terrore rivoluzionario furono il primo accordo della circolazione delle élite, la sostituzione dei vertici capitalistico-conservatori corrotti e inadeguati della Russia zarista con gente attiva proveniente dagli strati più bassi della società. La corrotta élite aristocratica dei Romanov (secondo Pareto) era costituita da più di una generazione: ecco perché la contro-élite dei bolscevichi aveva dovuto agire così radicalmente. Ma questa fase della storia sovietica è legata a Lenin e al Leninismo.

Stalin compie le sue “purghe” in una fase del tutto diversa, quando i passionari occupano ormai stabilmente i vertici del potere. Agli occhi del Capo gli idealisti convinti, i fanatici del “nuovo ordine” si trasformano in amministrazioni e funzionari corrotti ed egoisti; la solidarietà di classe e di partito, la condivisione di un alto ideale presto si legano nell'élite bolscevica con nuovi interessi egoistici. Ha inizio la “burocratizzazione” del bolscevismo, l'inevitabile seconda fase dell'irrigidimento dell'élite. Ma Iosif Stalin vigila. Ed ecco che mette in moto l'apparato delle epurazioni.

Contro chi è rivolto questo apparato? Contro la legge sociale della stagnazione delle élite. Stalin tenta di continuare la rotazione dei quadri, che ha la tendenza naturale a slittare in ogni fase. Non appena un gruppo sale ai vertici, subito comincia l'imitazione, la formazione di clan, il settarismo. Il partito e la nazione devono affrontare problemi estremamente complessi. Il Capo ne è responsabile in prima persona. Ed ecco l'inevitabile conservatorismo dei meccanismi sociali paretiani di degenerazione dell'élite! In condizioni di colossale sovratensione di tutte le forze della nazione, intenta a costruire una società senza precedenti basata sulla Giustizia e sulla Felicità, non c'è posto per le sfumature. Sotto la scure cadono tutti coloro che hanno mostrato segni del “secondo stadio del ciclo delle élite”. Talvolta si manifestano degli eccessi. Ma sono dettagli. Il sociologo Stalin ha imparato appieno le lezioni di Vilfredo Pareto. Finché fosse rimasto in vita la circolazione delle élite era garantita. Un prezzo amaro, troppo amaro... Ma la fine delle purghe segnò l'inizio di un irreversibile processo di “stagnazione”. Oggi sappiamo cosa ha significato per il partito e per lo Stato tutto questo.

3. Stalin l'antropologo

In generale l'umanità non ama la fatica del lavoro. E di per sé non sarebbe capace di lavorare in modo programmato, indipendente e armonioso. Da questo discende la necessità delle motivazioni esterne del lavoro e la sua relativa organizzazione. Ci sono due approcci: quello capitalista e quello socialista. L'approccio capitalista consiste nel ritenere che il modo più efficace per convincere una persona a lavorare sia il terrorismo economico. Chi non lavora è condannato alla morte economica, non può acquistare prodotti, pagare cibo e abitazione. Naturalmente questa è una forma di violenza diretta e organizzata del sistema. Il fatto che la minaccia di morte sia qui mediata, graduale, non cambia l'essenza dei fatti.

Il secondo approccio è quello socialista. Finché l'umanità non giungerà al vero lavoro libero, bisogna impiegare strumenti non-economici per costringere le persone a lavorare. A tal fine sono utili l'influenza morale, una speciale etica del lavoro e la costrizione vera e propria. Con il socialismo il lavoro non viene fatto dipendere dai soldi e dal benessere materiale. Attraverso i metodi coercitivi attecchiscono qui competenze etiche e spirituali. Il capitalismo fa cinicamente appello alla natura passiva degli esseri umani, cerca di sfruttarla, non di cambiarla. Il socialismo vede quello stesso (inconfutabile) fatto tragicamente, si sforza di vincerlo, di superare la mancanza di consapevolezza della natura umana. A questo punto la violenza può prendere due strade: la violenza morbida, ma estremamente cinica del capitalismo, che sfrutta la debolezza umana, e quella crudele, ma infine trasformatrice, salvatrice, eticamente giustificata del socialismo, la coercizione non-economica al lavoro.

Iosif Stalin comprendeva perfettamente il dualismo antropologico di questi due approcci. Andando oltre gli irresponsabili, astratti e intellettuali “umanisti” del socialismo, Iosif Stalin si confrontava con la realtà, e in particolare con la nuda realtà umana interiore, inquieta, smascherata, rivoltata dopo il mistero ostetrico della Rivoluzione. La costrizione non-economica al lavoro, dura terapia etica antropologica, è il secondo stadio della comprensione delle epurazioni.

Le persone devono essere punite, devono essere costrette a lavorare; bisogna trasmutare con la forza la loro natura inerte, trasformandola da lunare-passiva in solare-attiva, da consumatrice a lavoratrice, da vecchia a nuova. Il socialismo smette di essere tale se si sottrae a questa fondamentale missione. Stalin capiva tutto. E mise in atto i principi della “nuova antropologia”.

4. Stalin il filosofo

La filosofia del socialismo si basa su un principio fondamentale: la secondarietà dell'individuo rispetto a qualsiasi realtà organica, globale, collettiva. L'individuo non è che un dettaglio. La matrice è la società. L'individuo è un prodotto fabbricato in serie. E in una prospettiva socialista non è la società a essere composta da individui, ma essendo l'elemento primario è essa stessa a crearli, li costituisce come propria continuazione, come qualcosa di secondario. La filosofia borghese, al contrario, pone l'individuo al centro di tutto. E considera tutte le forme collettive un prodotto dell'aggregazione di tante particelle atomizzate individuali. Di qui l'idea delle basi contrattuali, artificiali, pattuite e secondarie di tutte le forme di aggregazione: nazione, Stato, classe e via dicendo. I due approcci filosofici incompatibili determinano anche due diversi punti di vista sul terrore, costituiscono due filosofie del terrore.

La società borghese considera il terrore una misura necessaria, messa in atto su base contrattuale con quegli individui che oltrepassano il confine del rispetto dei diritti umani degli altri cittadini oppure infrangono il contratto sociale da essi adottato. Si fonda su questo la teoria del diritto liberale.

L'approccio socialista è diverso. Non riconoscendo il primato dell'individuo, il socialismo vede in modo completamente diverso la natura stessa del terrore. Il terrore è una prerogativa essenziale della società nel suo insieme nei confronti di ciascuno dei frammenti distinti che la compongono, non appena quei frammenti si rifiutano di riconoscere la propria appartenenza e affermano (a parole, con i fatti o con semplici allusioni) la propria autonomia. In altre parole, il terrore socialista è diretto essenzialmente contro l'“individualismo autonomo”, contro l'orientamento filosofico-esistenziale della persona. È l'analogo socialista di ciò che i romantici tedeschi, gli organicisti e gli slavofili russi chiamavano “olismo” o “ecumenicità”.

È assurdo misurare con i parametri e i criteri borghesi il modello etico e giuridico del socialismo. Quando i dirigenti sovietici o le persone normali ingiustamente rinchiusi nei sotterranei dell'NKVD, dopo l'umiliazione e la tortura, la privazione della libertà e il sadismo morale gridavano prima dell'esecuzione “Viva Stalin!”, “Viva il socialismo”, non lo facevano per ipocrisia o per implorare la grazia. Confermavano una grande verità della filosofia socialista: l'individuo non è nessuno di fronte alla società, ma non una società qualsiasi bensì quella socialista, che ha posto alle proprie basi “l'ontologia dell'essere sociale” (G. Lukàcs). Iosif Stalin tradusse in pratica pedagogica (quasi metafisica) il principio filosofico del “primato dell'essere sociale”.

Proprio come Ivan il Terribile, che considerava il terrore zarista un elemento tragico ma indispensabile della “costruzione della salvezza” sociale, Stalin per mezzo della pratica della repressione confermò un'importantissima verità spirituale, soteriologica.

5. Dulce et decorum est pro Stalin mori

Sono state citate molte volte le parole di Stalin al generale De Gaulle quando questi si congratulò per la Vittoria: “Alla fine, a vincere è solo la morte”.

Sì, la Morte!

Che tesi è mai questa, vagamente simile per struttura a una profonda verità religiosa? La morte è una realtà che pone un limite alla separatezza dell'esistenza individuale. Lì finisce il dibattersi nel tempo e nello spazio dell'essere distinto, atomico. Come se entrassimo in una solenne camera oscura ove domina una calma sublime, la struttura armoniosa dell'esistenza ferma, eterna, trionfalmente immobile. La morte è lo stadio più alto della totalità differenziata.

Vi sono individualisti nevrotici che tentano di ingombrare gli spazi incontaminati della morte con brandelli di intrecci e colpi di scena, impaginati per analogia con il mondo contingente, e di trasformare anche le regioni post mortem nell'arena di un intrigo meschino e senza senso tra misere, pigre e brutte anime e altrettanti angeli o diavoli “umani-troppo umani”. Ma così come il sonno più giusto è quello privo di sogni, così esiste anche una morte giusta, che è come un silenzio buio, come una quiete vera e forte e onorevole. Ciò che segue alla morte non ha niente in comune con ciò che la precede. Nell'istante sincopato del distacco, i dolori dell'agonia si trasformano in un tranquillizzante oblio gotico. La morte è il segreto motore della vita, è ciò che conferisce pienezza spirituale a tutto ciò che nel mondo contingente è degno, nobile e interessante. Il che può essere più puro del culto della morte del samurai, che costituisce il fondamento vivificante della lealtà e dell'onore e sta alla base del codice del nobile guerriero.

Dulce et decorum est pro Patria mori. “Dolce e nobile cosa è morire per la Patria”. Se esaminiamo più attentamente questa formula vediamo che l'accento non è posto tanto sulla carica etica dell'atto, quanto sul fatto della morte, che in sé nobilita tutto il resto. In generale tutte le cose per le quali si ritiene meritevole morire recano già in sé qualcosa della Morte. La Patria, la Terrala Giustizia”. “Dolce e nobile cosa è morire per l'alto ideale del Tutto”. Tutto ciò che è più grande dell'individualità merita che gli si doni la vita. La morte non sconfigge l'esistenza, ma solo l'individualità, l'illusione individuale dell'esistenza. Tutto il resto rimane. Da questa parte e dall'altra. Nella segreta armonia, che mette in relazione tutto ciò che è veramente prezioso. natale: queste idee sono legate alle generazioni passate, alla quieta pace di coloro che, un tempo, sacrificandosi crearono dal caos dei paesaggi e dei territori la struttura perfettamente ordinata di uno Stato. I romani consideravano sacro (non contrattuale) l'impero, ed erano dunque anche disposti a morire per esso con gioia. “Dolce e nobile cosa è morire per

Iosif Vissarionovič Stalin – nel nome del quale milioni di russi, di sovietici, andarono verso una morte certa, nel nome del quale intere generazioni lavorarono in condizioni mostruose, vincendo la refrattaria, caparbia sostanza dell'inerte materia, nel nome del quale umilmente e rabbiosamente faticarono nei GULAG gli innocenti e i colpevoli, nel nome del quale i fanatici del Grande Sogno di tutte le nazioni e le razze lottarono con le umilianti, oscure, entropiche leggi del Capitale – aveva un legame inspiegabile con il sacramento ultimo della Storia, con il sacramento della Morte.

Sembra che con metà del suo essere egli guardi fisso la densa oscurità dell'orizzonte. Privo di trucchi oratori da quattro soldi, privo delle filistee fiaccole centroeuropee (che ricordano le sfilate del gay pride), privo della mistica sdolcinata dei cavalieri di cartapesta armati di spade di cartone, privo di pseudosacerdozio e di pseudorituale, rigoroso e laico, modesto, umile georgiano, egli era un vero messaggero delle più alte istanze, portatore di una novella segreta, della novella della Morte, della sua furia misteriosa e avvolgente, del Silenzio, della strana dignità di ciò che ha abbandonato la sfera delle trasformazioni. Grande Stalin. Taciturno messaggero della Morte.

Un testo filosofico indiano, il “Majjhimanikayo”, esprime la sostanza di questo mistero:

“Chiunque comprenda la morte come morte completa, e accettata la morte come morte completa, basandosi sulla superiorità della morte, pensa alla morte, pensa esclusivamente alla morte, pensa 'la morte è il mio fine ultimo', e incessantemente gioisce della morte, questi... non conoscerà mai la morte”.

Questo significa che Stalin è vivo, segretamente vivo in ciascuno di noi.


Si ringrazia per la traduzione Mirumir mirumir 2.0 - documenti (http://mirumir.altervista.org/)


NazionalBolscevismo (http://nazbol.splinder.com/)

Lucio Vero
27-11-09, 15:39
Si ringrazia per la traduzione Mirumir

Invia tutti gli articoli di Dugin a questo contatto, almeno li traduce dal russo. :gluglu:

msdfli
27-11-09, 17:33
ma perchè Spek non cambi un po' la grafica al blog ?

troppo stretto...si legge malissimo...e poi i colori
lo rendono illeggibile

te lo dico perchè è ben fatto nei contenuti...

solo un consiglio friendly :)

Spetaktor
27-11-09, 18:42
Invia tutti gli articoli di Dugin a questo contatto, almeno li traduce dal russo. :gluglu:

Si, povera, già ci ha perso molto tempo per questo (a causa del testo indiano alla fine, che dal russo non voleva dire niente)...figurati se passa la vita a tradurre i nostri articoli di Dugin.

cmq colgo l'occasione per ringraziarla ancora.

Spetaktor
27-11-09, 18:43
ma perchè Spek non cambi un po' la grafica al blog ?

troppo stretto...si legge malissimo...e poi i colori
lo rendono illeggibile

te lo dico perchè è ben fatto nei contenuti...

solo un consiglio friendly :)

farò, ma non so come si fa...:D

Lucio Vero
27-11-09, 19:29
Si, povera, già ci ha perso molto tempo per questo (a causa del testo indiano alla fine, che dal russo non voleva dire niente)...figurati se passa la vita a tradurre i nostri articoli di Dugin. cmq colgo l'occasione per ringraziarla ancora.

Ringraziamo. :gluglu:

msdfli
11-12-09, 00:38
Nuovi testi freschi !

Ìåæäóíàðîäíîå Åâðàçèéñêîå Äâèæåíèå - Alexander Dugin | Gli interessi e i valori della Russia dopo il conflitto georgiano | 08.12.2009 (http://evrazia.info/modules.php?name=News&file=article&sid=4340)

Ìåæäóíàðîäíîå Åâðàçèéñêîå Äâèæåíèå - Alexander Dugin | La crisi del “vitello d’oro” | 08.12.2009 (http://evrazia.info/modules.php?name=News&file=article&sid=4341)

Lucio Vero
11-12-09, 13:56
Nuovi testi freschi !

Ìåæäóíàðîäíîå Åâðàçèéñêîå Äâèæåíèå - Alexander Dugin | Gli interessi e i valori della Russia dopo il conflitto georgiano | 08.12.2009 (http://evrazia.info/modules.php?name=News&file=article&sid=4340)

Ìåæäóíàðîäíîå Åâðàçèéñêîå Äâèæåíèå - Alexander Dugin | La crisi del “vitello d’oro” | 08.12.2009 (http://evrazia.info/modules.php?name=News&file=article&sid=4341)

Ottimo. Mi erano sfuggiti.

Lucio Vero
19-02-10, 18:17
Segnalo aggiornamenti nella discussione su Dugin in "Rivoluzione Conservatrice":chefico:

Boris
05-05-10, 09:23
Sono state tradotte altre opere di Dughin in lingua italiana o ,se qualcuno è a conoscenza, c'è in preparazione qualcosa? Sarebbe molto utile avere tutta la bibliografia di quest'autore, essenziale per l'eurasiatismo contemporaneo.

José Frasquelo
05-05-10, 10:13
Sono state tradotte altre opere di Dughin in lingua italiana o ,se qualcuno è a conoscenza, c'è in preparazione qualcosa? Sarebbe molto utile avere tutta la bibliografia di quest'autore, essenziale per l'eurasiatismo contemporaneo.

Editi in Italia ci sono soltanto due testi:
Eurasia, la Rivoluzione-Conservatrice in Russia - Ed. Nuove Idee
Continente Russia - Ed. All'insegna del Veltro.

Spetaktor
21-01-11, 00:48
Geopolitica della Romania | eurasia-rivista.org (http://www.eurasia-rivista.org/7737/geopolitica-della-romania)

Spetaktor
19-03-11, 00:59
Trasformazioni dell’antropologia politica nella postmodernità

di Alexandr Dugin

(Brevi estratti per il quarto seminario di Teoria politica. 12 marzo 2011)



1. La comprensione normativa dell’uomo e della sua natura è politicamente predefinita. Che cos’è l’uomo? L’uomo è decisione politica.



2. Il Politico (das Politische) si definisce come attitudine al potere e come auto-determinazione collettiva in termini di amico/nemico (C. Schmitt).



3. La modernità aveva una sua propria antropologia politica; questa può essere riassunta nella figura del soldato politico. Il soldato politico può uccidere e morire come il comune soldato, ma per un obbiettivo politico (la concreta ideologia del soldato politico non è tuttavia decisiva, può anzi variare: comunista, liberale, fascista), mentre il soldato comune uccide e muore obbedendo a un ordine. L’uomo politico comune, che si batte per un obbiettivo politico, non è invece in grado di uccidere e morire per esso.



4. Il passaggio dalla modernità politica alla la post-modernità (politica) implica un importante mutamento antropologico, l’apparizione di nuovo tipo post-antropologico, il quale può essere descritto come:

a-politico,

iperindividualista,

rizomatico,

micro-centrico,

ironico,

sub- e trans-individuale.

La caratteristica principale di questo tipo è l’odio per il Politico (das Politische) inteso come qualcosa di totalizzante e totalitario. Esso rigetta il potere, l’identificazione collettiva, lo Stato, tutti i tipi di gerarchie e può essere visto come qualcosa di essenzialmente non-politico. Ma è solo parzialmente vero. Il suo rifiuto del Politico moderno (e della figura del soldato politico) è di per sé molto politico. Il Post-moderno (post) politico è contro la politica. Lo Stato post-moderno è un anti-Stato, un post-Stato, lo Stato à rebours, lo Stato con simmetria orizzontale e non verticale. Rivoluzioni Twitter e caos controllato ne sono degli esempi.



5. Noi siamo naturalmente inclini a considerare il passaggio dalla modernità alla post-modernità come l’opposizione tra il soldato politico (antropologia politica conservative) il politico post-antropologico (a-politico, rizomatico, sub- e trans-individuale). Ma questo è falso. Il soldato politico è diventato esso stesso un simulacro. Quindi non abbiamo una semplice opposizione tra uomo politico e un’entità (post) politica e post-umana, ma una piega, une Pli nel senso di Deleuze, il confronto di due simulacri (nastro di Möbius). Il soldato politico è impossibile nella post-modernità, solo il suo ironico doppio è presente come suo sostituto.



6. Così il post-modernità vince, perché forgia il nuovo paradigma post-antropologico.



7. Che fare per non cercare la soluzione nel passato e nel dominio della modernità? L’uomo è concluso. Non c’è altri che il post-uomo. Il futuro è arrivato, noi viviamo già in esso. Gli uomini non ci sono più, solo simulacri.



8. Per andare oltre noi abbiamo bisogno di scoprire il pre-uomo, di dirigerci verso il concetto originario di uomo. Che cosa è?



9. Abbiamo alcune intuizioni: l’Uebermensch di Nietzsche, interpretato secondo la lettura heideggeriana. È una possibilità, ma noi ne suggeriamo altre: il soggetto radicale. Questo può essere definito come un’istanza che non cambia quando tutto il resto, nel mondo, cambia. Possiamo pensare a un angelo, per esempio all’angelo purpureo di Sohravardi, a un angelo grigio - non bianco, non nero.



10. Il destino dell’uomo è concluso. Il campo politico, d’ora in poi, è riservato non più al la teologia politica di Schmitt, ma all’angelologia politica. Non è un caso infatti se tutte le escatologie tradizionali collocano nella battaglia finale angeli che affrontano altri angeli o demoni. L’uovo del mondo (R. Guénon) è aperto sul fondo. Abbiamo attraversato il confine, non c’è nient’altro da salvare. I resti della modernità o, eventualmente, della pre-modernità, non sono altro che residui, simulacri, qualcosa di radicalmente inumano (in tutti i sensi), di trascurabile.



11. Benvenuti dunque nel campo politico del post-umano.

tratto da Facebook

Stalinator
23-03-11, 21:39
INTERVISTA AD ALEKSANDR DUGIN

RIVOLUZIONE EURASIATICA:
LA “QUARTA PROFEZIA” DI ALEKSANDR DUGIN

a cura di
A. Fais e F. Della Sala

(traduzione dal russo di M. Startseva)

Aleksandr Dugin è uno dei più controversi e affascinanti esponenti dell’ultima disincantata generazione degli intellettuali sovietici. Abbandonati i progetti militari che il padre aveva in mente per lui, Dugin prende una sua strada e si dedica agli studi filosofici. Affascinato dal pensiero tradizionale di autori quali Guenòn ed Eliade, si avvicina molto presto alla geografia sacra. Questo incontro segnerà gran parte del suo futuro, introducendolo allo studio della geopolitica e della strategia, senza per questo mai abbandonare i suoi precedenti campi di interesse. Dopo aver animato culturalmente i fermenti patriottici e neo-sovietici nei terribili anni di Eltsin, Dugin comincia a prendere sempre più le distanze dall’attivismo politico, per concentrarsi sullo studio e sulla promozione di quello storico filone di pensiero eurasiatista sospeso tra i secoli XIX e XX, che trova ancora molti favori all’interno di alcune stanze del Cremlino e dello Stato Maggiore. [...] continua qui intervista / ALEKSANDR DUGIN, PROFETA DI RUSSIA (http://rivistastrategos.wordpress.com/2011/03/22/intervista-aleksandr-dugin-profeta-di-russia/#more-1059) o qui Rivoluzione Eurasiatica: la Quarta Profezia di Aleksandr Dugin | Centro Studi l'Arco e la Clava (http://www.centrostudilarcoelaclava.it/sito/?p=1802).