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Visualizza Versione Completa : GRANDI ITALIANI



occidentale
05-02-11, 12:59
Emanuele Filiberto Vittorio Eugenio Genova Giuseppe Maria di Savoia, Principe del Sangue e Secondo Duca di Aosta nacque a Genova il 13 gennaio 1869 e venne a mancare a Torino il 4 luglio 1931.
Apparteneva al Ramo Cadetto della Dinastia dei Savoia.
Era figlio del primo Duca di Aosta e Re di Spagna Amedeo I, fratello di Luigi Amedeo, duca degli Abruzzi, di Vittorio Emanuele, conte di Torino, e fratellastro di Umberto, conte di Salemi.
Emanuele Filiberto subentro’ al padre nel 1890, conservando i titoli spagnoli che suo padre gli aveva trasmesso ma senza mai rivendicare il trono di Spagna.
Come tutti i principi appartenenti ad una Casa reale, Emanuele Filiberto ebbe una carriera militare dalla spettacolare rapidita’: uscito dall'Accademia Militare nel 1887 come sottotenente, a ventun anni era capitano, a venticinque era colonnello ed a ventinove indosso’ sull’uniforme la greca di generale.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il Duca fu incaricato del comando di varie unità , poi raccolte nella Terza Armata.
Ovviamente il comando del Duca, secondo le consuetudini di Casa Savoia era considerato poco piu’ di un incarico di rappresentanza, e il compito di guidare sul campo le truppe venne demandato ai Capi di stato Maggiore posti via via ai suoi ordini.
Del resto Emanuele Filiberto (come poi anche i suoi figli, soprattutto Aimone, futuro ammiraglio e re di Croazia), era noto per la sua prestanza fisica e per il suo coraggio personale ma lo si riteneva anche inadatto ad un comando effettivo, in quanto amava troppo la bella vita, secondo l'etica dannunziana. I fatti successivi si incaricarono di sconfessare largamente questo ingeneroso giudizio espresso piu’ volte anche dal suo reale cugino, con il quale aveva pessimi rapporti.

Sta di fatto che in tutti i lunghi anni in cui rivesti’ il suo comando, Emanuele Filiberto pote’ vantarsi di non aver mai subito sconfitte, fatto da cui derivo’ il suo soprannome di Duca Invitto, con il quale dopo la guerra fu esaltato dai panegiristi ufficiali.

Anche se con l'avvento della repubblica il giudizio venne ribaltato, sia grazie al prevalente pregiudizio ostile ai Savoia, sia grazie al recupero delle acide ed ingiuste osservazioni fatte dal Lussu al suo indirizzo.

(Non dimentichiamoci del fatto che il Lussui fu capace di scrivere un libro di 200 pagine 200 sulla sua vita in trincea senza mai menzionare nemmeno di sfuggita a quale brigata appareteneva.
Penso che la dica lunga sulle sue inclinazioni nella narrazione. )
Ecco il gentile ritrattino fatto dal nostro Lussu:

Il Principe aveva scarse capacita’ militari, ma grande passione letteraria.
Egli e il suo capo di stato maggiore si completavano.
Uno scriveva i discorsi e l'altro li parlava.
Il duca li imparava a memoria e li recitava, in forma oratoria da romano antico, con dizione impeccabile.
Le grandi cerimonie, piuttosto frequenti, erano espressamente preparate per queste dimostrazioni oratorie. Disgraziatamente il capo di stato maggiore non era uno scrittore.
Malgrado tutto, nella stima dell'armata, guadagnava piu’ la memoria del generale nel recitare i discorsi che il talento del suo capo di stato maggiore nello scriverli.
Il generale aveva anche una bella voce. A parte questo, egli era abbastanza impopolare.Sta di fatto che invece il duca era popolarissimo tra i soldati della sua Armata, come le lettere ed i documenti della stessa attestano. Aveva a cura le esigenze dei suoi uomini, che infatti erano tra quelli meglio approvvigionati e sfamati dell’esercito e teneva la disciplina entro limiti accettabili, avendo cura di tenere sotto controllo i suoi comandanti nell’erogazione delle punizioni, tanto da venire spesso accusato di eccessiva bonta’ dal generalissimo Cadorna, che comunque si guardo’ bene dal muovere appunti espliciti al principe.
Del resto, con la differente percezione che aveva delle cose, derivante forse dalla sua appartenza ad un ambiente cosmopolita come quello dell’alta nobilta’ egli aveva una visione delle cose piu’ tollerante dei generali borghesi, dimostrando una migliore considerazione dei disagi della truppa di quella dimostrata dagli altri comandanti di grande unita’:

In una lettera ad un altro ufficiale egli espresse con parole insolite per un generale la sua ammirazione verso i semplici soldati della sua armata:

Se vedesse che cosa e’ la vita in trincea: i disagi, il freddo, il fango e piu’ di tutto terribile, la convivenza con i morti!
Tante volte, quando la morte minaccia e io sono con i miei ufficiali mi dico: e’ naturale che io e costoro, che abbiamo tradizioni e cultura, si sia preparati a morire. Passano le palle e le granate; portiamo la mano al casco e diciamo: eccomi, son qui.
Ma i nostri soldati, per quale meravigliosa virtu’; innata, son capaci di morire cosi’?Come gia’ detto il Principe non era uno stratega ne un soldato di mestiere, ma dimostro’ di essere miglior comandante di quanto tutti si aspettassero e seppe prevedere cose che sfuggirono totalmente ai generaloni usciti dalle scuole di guerra del Regio Esercito con le stimmate del condottiero.
Non era un fulmine di guerra, ma possedeva una dote rarissima tra i generali italiani. Ossia il buon senso.
Non fu un caso che la Terza Armata riuscisse ad ottenere risultati maggiori con meno perdite delle altre armate sia sul Carso che sul Piave.
Molto probabilmente fu grazie al buon senso del Duca che la sua Armata si mise in salvo nell'Ottobre 1917 dopo aver respinto gli attacchi nemici senza sfaldarsi.
Tutti i commentatori e gli storici militari pongono la loro attenzione su disastro toccato in sorte alla Seconda Armata , trascurando che anche il settore affidato all’Armata del Duca venne investito dall’attacco dell’Isonzo-Armee del generale Wenzel e che ci furono scontri durissimi tra 24 e 27 Ottobre.
L’attacco frontale scatenato contro il punto di giunzione tra l'XI e XIII Corpo d'Armata, tra Castagnevizza ed il Faiti Hrib, fu violento ma non causo’ la perdita di alcuna posizione rilevante.
Quando venne l'ordine di ritirata, le truppe del Duca d'Aosta poterono pertanto ripiegare ordinatamente, anche se la Quattordicesima e la Cinquantottesima Divisione subirono un fortissimo logoramento.

Il 31 Ottobre, quando le sue truppe ultimarono il passaggio del Tagliamento, con le artiglierie e con quanto era stato possibile salvare delle attrezzature pesanti al seguito, Emanuele Filiberto pote’ quindi scrivere a Cadorna:


Z. di G. - 31- 10 ore 18
Caro Generale.
Sono fiero e felice [di] poterle dire che quasi tutte le mie truppe - quelle della sempre gloriosa III Armata- sono radunate e con esse quasi tutte le artiglierie - al di qua del T. [agliamen]to.
Quello che hanno fatto i miei soldati e specie gli 'artiglieri' per portare le artiglierie in salvo sono cose da epopea.
Io con i miei soldati che ho educato al dovere ed onore col cuore sono sicuro mi risponderanno sempre.
Sono nauseato scusi la parola del contegno degli sbandati (II A.) e mi permetto di dirle che se non si prendono provvedimenti speciali - non sene fara’ niente- inquineranno l'Esercito che ancora e’ saldo e compreso della situazione del momento. Quello che vedo e sento e’ terribile (..) Le stesse cose poteva ripetere con una certa soddisfazione personale non nascosta per il successo dei suoi metodi, il giorno dopo al colonnello Gatti:


Dica a S.E. Cadorna che io ho la piu’ grande fiducia in lui.
In quanto a me, mi guardi: io sono tranquillo, sereno. Vedo la situazione.
E' terribile.
Non mi sgomenta.
Per la Patria farei tutto.
Sono disposto a dare il collo per lei (...).
Dica a S.E. che io, delle mie truppe della 3a armata rispondo fino all'ultimo.
Sono fiero, glorioso di esse.
Dicevano che parlavo troppo con esse, che ero troppo buono.
Vede ora i frutti delle mie parole. Le mie truppe tengono.
Ma, per tenere, ho bisogno di essere sbarazzato delle truppe della 2a armata (...)

Maria Vittoria
05-02-11, 15:25
Vivere insieme esperienze significa poter essere concordi al di là dei ranghi e dei ruoli, al di là delle vittorie e delle sconfitte.

I nostri ufficiali - come le varie componenti della Croce Rossa, i Cappellani e in tempo di pace i carabinieri - hanno sempre dimostrato questa capacità epimeletica o &epimeletica a seconda delle circostanze, irrinunciabile per chi si trova a dover coordinare altre vite per il bene comune.

Quello che dobbiamo imparare a dimostrare è il rispetto verso ogni individuo (senza pregiudizi relativi alla sua nascita) conservando la libertà di giudizio riguardo le sue parole, omissioni e opere.

Per essere chiara: quando ti capita di incontrare una persona che olezza di nobiltà o ancor peggio di aristocrazia, astieniti dall'odiarla perchè nessuno è perfetto ... neppure tu. Se potessimo infatti conoscere tutte le antenate & gli antenati di ognuno di noi chi si salverebbe dall'essere di stirpe reale?

:chefico: