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Nicola
03-04-09, 22:09
Marco Pannella ha un problema mangia come parla

• da Il Riformista del 3 aprile 2009, pag. 13

di Antonello Piroso www.radicali.it/view.php?id=140084

Chiariamo subito una cosa: io sono radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, nonviolento e gandhiano. Se non mi credete, vi tiro una "pizza". La pizza magari no, la lascio surgelata che può tornare utile dopo il prossimo sciopero della fame. Diciamo che vi mollo una "pappina". Ma anche la pappina è meglio lasciarla perdere, perché se mi dovessi nutrire solo di liquidi cadrebbe a fagiolo. Beh, anche sui fagioli meglio sorvolare, perché ne tengo un podi scatole da parte nel caso dovessi interrompere improvvisamente la dieta, sarebbero come il cacio sui maccheroni. Uhm, a guardare bene, neppure il cacio (anche da solo) fa al caso mio, perché se torno a mangiare non è che posso fare le nozze coi fichi secchi. I fichi secchi, anche quelli meglio non toccarli, andrebbero benissimo per far rialzare la glicemia in caso di necessità, per togliermi dalla faccia quell`espressione da pesce bollito. Il pesce bollito però non mi piace, è stopposo e appena ti arriva nell`esofago ti ci si aggrappa. Della grappa no, meglio proprio non parlare perché quando insceno l`ennesimo atto di disobbedienza civile mi nutro esclusivamente di cappuccini, l`unico aggancio -verbale - che riesco a tollerare con il clero. Del resto, in tutta la mia vita pubblica ho cercato di aprire gli occhi agli italiani davanti allo scempio della partitocrazia, ma è stato come buttare il pane a chi non ha i denti. Però, pure se uno non c`ha i denti, il pane lo può inzuppare nel latte, e ci fa una cena che buttala via. Ma ormai ho capito che anche le mie proteste, all`orecchio di un`opinione pubblica sempre più plasmata e plagiata dai media, suonano un po` come una minestra riscaldata. Bona quella!, dopo che l`hai cucinata la lasci riposare, magari la metti pure un po` in frigo, la tiri fuori per tempo e godi come un facocero. Ma noi radicali non abbiamo mai "mangiato" alle spalle degli elettori e dei contribuenti, abbiamo sempre contato sulle nostre forze e abbiamo condotto le nostre battaglie sempre con tanto entusiasmo e praticamente senza "grana". Mmhhh, ecco, del parmigiano reggiano farei indigestione, è pieno di proteine e molto calorico, anche se l`ultima volta i leghisti hanno cercato di farmi cambiare idea rifilandomi del grana padano (aveva uno strano colore, ho pensato: sarà mica ammuffito? Invece Calderoli mi ha spiegato che alle mucche valtellinesi fanno mangiare chilate di pistacchio per poter mungere solo latte verde). Ho cercato di spiegarlo perfino a quel cagacazzi di Enrico Lucci delle "Iene", che una volta mi è piombato a casa mentre ero in mutande e canotta, e pretendeva di farmela alzare per riprendermi la pancia (c`è il filmato su iutub). Gli ho risposto ironicamente che se lo poteva scordare, perché siccome è frocio ne avrebbe approfittato per toccarmi l`uccello. Rivendico invece con orgoglio di aver smesso di mangiare cacciagione, perché il rispetto dell`uomo per l`uomo si estende per me anche al rispetto dell`uomo per l`animale. Anche se poi il mio prossimo magari parla come mangia, e mangia come una bestia. Voi mi chiederete: `a Marco, sono anni e anni che ti sbatti a destra e sinistra, promuovi referendum e raccolta di firme, ma non lo vedi che la situazione non fa altro che peggiorare? E vero, ma questo solo perché la nostra è una classe dirigente davvero "pizza e fichi". Che poi a pensarci bene è uno strano connubio, la pizza e i fichi, mi dà l`impressione del piatto che a una certa ora della notte ti bussa allo stomaco e ti si ripropone. Da qui nasce la necessità direi quasi metafisica di una lotta senza quartiere al regime dei partiti, delle banche, delle procure, delle grandi imprese: perché il loro è tutto un "magna magna". Uhm, magna-magna, dipende cosa. Perché se poi la sbobba che passa il convento è sempre quella. lo poi in verità in un convento ci sono stato una volta sola, e m`incazzai di brutto perché mi fecero mangiare un pollo alla diavola senza salvia né lauro ma affogato nel limone. Fu lì che nacque e si radicalizzò il mio dissenso dal clero. Da lì a fondare il partito nel 1955 il passo fu breve. Un movimento senza ombrelli ideologici, che ha sempre cercato di smuovere le coscienze, anche a costo di risultare incompreso. Ma io, che sono un "cornuto divorzista", un "assassino abortisca", un "infame traditore della patria" con gli obiettori, un "drogato", un "perverso pasoliniano", "un mezzo-ebreo mezzo-fascista", un "liberalborghese esibizionista", un "nonviolento impotente" che fa politica sui marciapiedi, non mi arrenderò mai. E senza mai rispondere alle violenze. Come nel 1976, quando i militanti radicali si presentarono in anticipo davanti ai tribunali per conquistare il primo posto sulle schede elettorali (che il Pci riteneva suo di diritto), ma furono fatti sloggiare a schiaffi e spintoni dal servizio d`ordine del partito. Allora andai al Bottegone a protestare con una rosa in mano: il portiere la prese ma con l`altra mano mi rifilò una saracca che quasi mi ribaltava. E Fortebraccio sull`Unità ci mise il carico da undici definendomi: «Furgone d`immondizia, vomitevole guitto, istrione mellifluo, schizofrenico». E poi il drogato sarei io, anche se è vero che in seguito regalai ad Alda D`Eusanio un panetto di hascisc in diretta tv. Ma era solo una provocazione. Perché le canne stimolano la fame chimica. A quella non riesco proprio a resistere. Entro da Burger King, mi abbotto di hamburger e per una sera perfino io riesco a sentirmi un re. (registrazione di un intervento di Marco Pannella per Radio Radicale)

il Gengis
05-04-09, 16:17
pare sia stato visto da mc donald's su corso vittorio emanuele
chissà che aveva combinato

zulux
06-04-09, 11:12
la notizia vera però è arrivata... pare che marco si sia convinto a correre da soli... sono con lui

gordon
21-04-09, 19:08
Lettere - Pannella senatore a vita

• da La Stampa del 20 aprile 2009, pag. 28

di Matteo Cogorno

Da decenni Marco Pannella si batte per i diritti civili e non c`è dubbio che (seppur con alterne fortune) tante sue prese di posizione e di coscienza abbiano contrassegnato varie fasi storiche della nostra Repubblica, portando al dialogo e alla discussione generazioni di italiani. La sua nomina a senatore a vita sarebbe un meritato riconoscimento.

Matteo Cogorno, Rivatrigoso (Ge)

gordon
21-04-09, 19:09
inistra, paura di un vero leader

• da La Stampa del 20 aprile 2009, pag. 1

di Luca Ricolfi

Ci sono idee che non vanno mai via. E infatti le chiamiamo «fisse». Ne abbiamo un po’ tutti nella vita di ogni giorno, e ci prendiamo anche un po’ in giro quando le scopriamo negli altri: Alberto ha la fissa delle vacanze intelligenti, Peppino mangia spaghetti anche in Burundi, Loredana ha l’ossessione dei pipistrelli che ti si attaccano ai capelli (fa anche rima). Ultimamente, però, mi sono accorto che le idee fisse, o fissazioni, ci sono anche nei cieli della politica. Non parlo delle fissazioni ovvie, cioè quelle ossessioni che le forze politiche alimentano consapevolmente, per darsi un’identità o per fare proseliti.

Quelle ci sono sempre state, e rientrano perlopiù nella vasta categoria della «costruzione del nemico»: i comunisti, gli immigrati, gli islamici, gli ebrei e, naturalmente, Berlusconi, il nemico per eccellenza. No, le fissazioni di cui parlo io sono più sottili, sono idee, convinzioni, credenze che - chissà perché - sono diventate inamovibili, inespugnabili, scontate come lo sono i riflessi condizionati, irrinunciabili come lo sono i pilastri della nostra identità.

Che ci siano convinzioni inossidabili me lo ha fatto capire Enrico Letta qualche giorno fa, con un bell’articolo uscito su questo giornale. Di fronte all’osservazione che la sinistra non ha né un leader capace di mettere d’accordo le sue mille anime, né un metodo per dirimere le controversie, Enrico Letta su un punto solo non pare attraversato da dubbi: Berlusconi è un unicum irripetibile, ed è illusorio sperare di costruire una «alternativa vincente» a Berlusconi sul terreno della leadership. Per Letta «l’operazione alternativa non potrà che giocarsi su un campo differente dal suo», perché «sul suo vincerà sempre lui».

Non sono un politico e non so se Letta abbia ragione. Mi incuriosisce molto, però, questo rifiuto a priori dell’idea di un leader come cemento di un’alleanza. È anni che sento ripetere, in pubblico e nelle conversazioni private, che la pluralità della leadership è una risorsa della sinistra, che l’assenza di un capo è una virtù, che la discussione aperta e «franca» è una forza della cultura progressista. E mi sovviene quel che diceva Montanelli nel 2001, per spiegare ai suoi lettori come mai lui, uomo culturalmente di destra, avrebbe votato per il centro-sinistra, allora guidato da Rutelli:

«Naturalmente la mia scelta è più che discutibile perché l’esercito di Rutelli è una brancaleonesca accozzaglia di forze (si fa per dire) impegnate a combattersi tra loro, come sempre è avvenuto nel campo delle Sinistre, senza che mai riuscissero a darsi un capo e un programma. Mentre quelle della destra, il Polo, sono molto più compatte, come lo erano, ai loro tempi, quelle fasciste e naziste. \ Sicché l’Italia si trova di fronte alla solita eterna scelta: una Destra che regolarmente finisce per elevare a oggetto di culto il manganello, e una Sinistra con la vocazione del bordello. \

«Ora, nella mia lunga vita, io ho già fatto esperienza di entrambe le cose. Da ragazzo ho visto volteggiare molti manganelli, e ne ho conservato un ricordo ispirato al disgusto. Poi sono stato un buon frequentatore di bordelli, e ne ho conservato un ricordo ispirato al rimpianto. Ecco il motivo della mia attuale scelta. Questa sinistra (con i suoi gaglioffi alla Bertinotti), non mi fa nessuna paura: non tanto perché è destinata alla sconfitta, quanto perché, anche se arriva al cosiddetto Potere, non riesce a usarlo. La Destra, se ci arriva, ha in mano tutti gli strumenti per restarci. E che volto abbia la destra italiana, che ha perfino il coraggio di proclamarsi “liberale”, lo abbiamo ben visto in questi ultimi giorni. No, meglio - cioè meno peggio - il bordello».

Ebbene, capisco più Montanelli che Letta. Montanelli parteggiava per il «bordello» della sinistra perché gli sembrava la garanzia che la sinistra stessa, a differenza della destra attratta dal «manganello», non sarebbe stata in grado di mettere in atto le idee bacate di cui era portatrice, una certezza che a Montanelli derivava dagli ultimi cinque anni di governo, rassicuranti proprio per la loro inconcludenza (un programma largamente disatteso, 4 governi in 5 anni). Ma i politici di sinistra che si dicono riformisti possono accontentarsi delle ragioni di Montanelli? Chi pensa che l’Italia debba essere modernizzata, che abbia bisogno come il pane di riforme liberali, può consolarsi pensando che avere tanti leader in competizione reciproca ci vaccina contro il rischio di una dittatura? Se un leader che faccia il leader non è la soluzione, qual è lo strumento che ne fa le funzioni? Ma soprattutto: da dove viene questa fobia per la figura del leader? Perché Blair e Obama vanno bene, ma da noi - in Italia - un leader non ci può essere, e quando prova a esserci viene rapidamente logorato e sostituito? Perché la destra può avere un leader nonostante l’ombra di Hitler e Mussolini, e la sinistra che ne ha sempre avuti - da Stalin a Togliatti a Berlinguer - ora lo teme come la peste?

Può darsi che mi sbagli, ma la mia impressione è che la repulsa della cultura di sinistra per il leader abbia una radice profondissima e tragica. Questa radice si chiama, nel lessico marxista, falsa coscienza. I politici sono, come è naturale, guidati quasi sempre e innanzitutto dal loro interesse egoistico, che è quello di fare carriera, gestire potere, ottenere benefici privati, in denaro e in natura. A differenza di quelli di destra, però, i politici di sinistra non cessano di raccontare a se stessi e agli altri la fiaba secondo cui il loro impegno è disinteressato, volto a perseguire il bene comune: se occupano poltrone lo fanno solo per «spirito di servizio» (o perché il partito chiama, come ha detto Cofferati per giustificare la sua aspirazione a un seggio al Parlamento europeo). Questa idea eroica di se stessi non è particolarmente deplorevole (dopo tutto l’autoindulgenza è uno dei tratti umani più comuni), però ha conseguenze logiche pericolose. Una di esse è di far sì che coloro che la professano, anche quando si accapigliano per i posti, si sentano portatori di «valori non negoziabili», rappresentanti unici del bene pubblico, naturalmente inteso in una decina di accezioni diverse, da quella di Bertinotti a quella di Prodi, da quella di Pecoraro Scanio a quella di Di Pietro, da quella di Pannella a quella della Binetti. E allora si capisce perfettamente perché non ci può essere un capo: se nessuno si sente, prosaicamente e semplicemente, rappresentante di determinati interessi, ma tutti quanti si sentono, poeticamente e grandiosamente, portatori di altissimi principi, è logico che non abbiano alcuna intenzione di tradire la propria fede, di venire a patti con le tante eresie di cui è fatta la storia della sinistra. Ve li vedete voi il Papa, il patriarca russo, gli ayatollah, i rabbini, gli innumerevoli rappresentanti delle altrettanto innumerevoli religioni di questa terra cedere il loro potere oligopolistico sulla definizione del «bene», di ciò che è buono e giusto, in favore di un potere monopolistico superiore, un capo di tutte le religioni incaricato di dirimere le controversie?

Insomma, la mia sensazione è che la fobia della sinistra italiana per la figura del capo in quanto tale non sia figlia soltanto della naturale avversione per la gerarchia, ma anche del suo arcaismo, del suo sentirsi ancora depositaria di valori assoluti e irriducibili, mentre è invece soprattutto ceto politico portatore di interessi personali e di gruppo, ormai incapace di ricondurli a quella che Norberto Bobbio considerava l’unica vera stella polare della sua storia: l’idea di uguaglianza. Un male in certo modo speculare a quello della destra, in cui gli ideali - che pure non mancano - lasciano fin troppo facilmente il posto al negoziato sugli interessi, come la vicenda della Bossi-tax (soldi pubblici per interessi di partito) sta illustrando giusto in questi giorni.

Montanelli diceva che la scelta era Tra manganello e bordello. Oggi, forse, constaterebbe che la scelta è diventata tra commercio e fede: una destra fin troppo capace di mediare tra interessi pur di restare al potere, e una sinistra anch’essa attentissima agli interessi ma così poco capace di mediare tra fedi inconciliabili da rischiare perennemente di perderlo, il potere. O, ancor peggio, di non saperlo usare nei rari momenti in cui ce l’ha.

gordon
21-04-09, 19:09
Dal gabbiano all'Italia dei malori Tutti in corsa per un posto in Europa

• da La Repubblica del 20 aprile 2009, pag. 15

di Antonello Caporale

E´ sempre bellissima l´idea che chiunque voglia possa. Possa permettersi cioè di entrare al Viminale e depositare il suo simbolo, presentare il suo partito, chiamare il popolo al voto, e proprio per lui, senza chiedere a nessuno il permesso. E seppure sia un sogno di cartapesta, resta mirabile il disegno onirico del cittadino italiano dottor Cirillo, che ieri ha avanzato richiesta di partecipare con una sua lista alla competizione elettorale europea.

Nella giornata vissuta in altri momenti con presidi notturni e scontri verbali finiti a volte pure a spintoni per l´accaparramento del miglior posto sulla scheda (in alto a sinistra, in basso a destra) l´orizzonte si apre noiosamente su cinquantanove stemmi politici che, in teoria, dovrebbero affacciarsi al voto. Entro oggi infatti le quattro bacheche del corridoio al pianterreno del ministero dell´Interno si riempiranno tutte di colori e di segni. Tondini possibili e altri impossibili. La loro morte è annunciata, avverrà al momento in cui la commissione elettorale provvederà alla verifica delle firme necessarie per la presentazione. All´esame bisognerà vedere quante falci e martello ammettere tra quelle presentate (due per adesso), quanti partiti comunisti (ancora due), o partiti socialisti (ce ne sono già tre), e democrazie cristiane (le solite moltitudini). E´ un giudizio al quale, spesso, seguono conflitti giudiziari.

Si pensi che il detentore, ora sembrerebbe già ex, del simbolo di una delle Dc in circolazione, il signor Pino Pizza, è sottosegretario di questo governo all´Università e alla Ricerca, proprio in ragione del compenso, chiamiamolo così, che Silvio Berlusconi gli ha riconosciuto per aver evitato di posizionare nella scheda la sua Dc, conquistata dopo liti interminabili in tribunali.

Si ritiene infatti che esistano quantità significative di voti espressi per pura confusione o raccolti grazie a una evidente alterazione della identità politica. In pratica molte migliaia di italiani, soprattutto i più anziani, votano o per sbaglio sul simbolo più conosciuto o anche per pura e solitaria affezione, associandolo a volte erroneamente a protagonisti che concorrono invece in altri schieramenti. Questo errore produce vantaggi enormi per chi detiene il solo marchio di fabbrica: ruba voti. E i voti contano e costano.

Proprio per evitare i furti di identità i funzionari del Partito democratico hanno presentato anche il vecchio simbolo della Margherita e della Quercia diessina. Depositandoli evitano atti di pirateria. Così come è stata tutelata Forza Italia, oggi Popolo della libertà.

La realtà e la finzione viaggiano appaiate. Qualche gabbiano, oltre quello di Antonio Di Pietro, un filosofico partito "Spirito del Tempo", lo zeitgeist, un´aquila, molte leghe (della Padania, della sola Lombardia, delle Venezie, del Meridione) e naturalmente parecchie Italie.

I soliti nomi tracciati nei simboli: di Berlusconi, Bossi, Casini, della coppia radicale Bonino-Pannella. E infine il citato dottor Cirillo. Salernitano 45enne ha esposto le sue idee sotto il suo nome in alcune varianti fantastiche: Italia dei Malori, la prima. Interrogativa la seconda: Italiani poca cosa?, poi il sesso naturalmente (vota la lista "Donne insoddisfatte e incomprese" o anche "Preservativi gratis"). Si è saputo che il titolare di questa fabbrica di marchi si è presentato altre quattro volte a consultazioni elettorali. L´anno scorso propose gli "Impotenti esistenziali" che divenne il titolo anche di un film in cui Tinto Brass non ha voluto far mancare un suo segno.

Alle otto di ieri il portone del Viminale si è chiuso. Si riprende oggi, e alle quattro del pomeriggio, orario di chiusura, la parete del ministero sarà tappezzata di centinaia di segni in gara in questa Canzonissima della politica.

gordon
21-04-09, 19:10
"Metterò la stella gialla" gli ebrei criticano Pannella

• da Corriere della Sera del 21 aprile 2009, pag. 15

di Gianna Fregonara

I candidati della Lista Bonino-Pannella alle Europee si presenteranno in tv, ai dibattiti e ai comizi con una stella gialla sul petto, per protesta contro l`emarginazione-discriminazione da parte dell`informazione. Lo ha proposto Marco Pannella venerdì scorso. Ne hanno discusso nel partito (e ai microfoni di Radio radicale) per due giorni interi, per dissipare i dubbi di una iniziativa che più che scandalosa può rischiare di risultare offensiva per il mondo ebraico e non solo. «Ammiro Pannella ma so che può avere idee migliori, non mi offendo ma lo sconsiglio», suggerisce Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica di Milano: «La stella gialla è un simbolo già usato molte volte a sproposito». «Pannella può tutto - minimizza il suo omologo a Roma Riccardo Pacifici -. Mai entrare in polemica con lui, perché vince sempre», scherza per evitare la polemica con uno dei personaggi più popolari per le battaglie contro l`antisemitismo e pro-Israele. L`idea però, nonostante Pannella sia riconosciuto - dice Reibman - come uno che si ispira a personaggi che furono antifascisti ben prima delle leggi razziali, non è del tutto indolore per il mondo ebraico: a colpire è soprattutto l`accostamento tra la Shoah e la lotta per la poca presenza in tv dei radicali. «Non mi è chiaro il collegamento, ho grande rispetto per Pannella - spiega Fiamma Nirenstein, deputato pdl - ma non capisco che cosa c`entrino i due temi». E anche Emanuele Fiano (Pd) è contrario: «Non credo sia una buona idea mescolare i simboli della storia, non perché gli ebrei abbiano il copyright, ma non banalizzerei la differenza tra un forno di Auschwitz e una discriminazione politica». Forse è anche per tutto questo che da Marco Cappato, a Rita Bernardini a Emma Bonino, che sarà la capolista, hanno dei dubbi: «Probabilmente - ha spiegato Bonino - è un modo di cercare di comunicare direttamente, con un simbolo non so quanto appropriato, ci penserò»

gordon
21-04-09, 19:10
Come (non) si espelle il Partito Radicale dalla storia dei liberali italiani

• da Il Foglio del 21 aprile 2009, pag. 2

di Angiolo Bandinelli

Non è vero - come taluni lamentano - che la pubblicistica o la storiografia ignorino le vicende, la cultura, le personalità del liberalismo italiano postbellico. C’è anzi, per quelle vicende e quelle personalità, un interesse non banale, perfino superiore al peso politico da loro esercitato - se se ne esclude l’irripetibile immediato dopoguerra, quando figure come Benedetto Croce o, per limitarci, Luigi Einaudi, sembrarono aprire orizzonti nuovi al vecchio partito. Un qualche richiamo al liberalismo si intrufola anche nell’attualità, con quella patetica evocazione di un impossibile “partito liberale di massa”. Comunque sia, a tener viva l’attenzione sul Partito Liberale Italiano e i suoi dintorni ci pensa, orgogliosamente, un “Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale” nato sulla scia di un convegno svoltosi presso l’Università di Siena nel 2004 e che a sua volta ha promosso stimolanti, analoghe iniziative. La prima fu, nell’ottobre 2006, un secondo incontro senese su “I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica” i cui materiali confluiscono ora - sotto lo stesso titolo - in una bella antologia curata da Fabio Grassi Orsini e Gerardo Nicolosi (Rubbettino, 2008, 36 euro): oltre ottocento pagine per una trentina di interventi, di vario peso ma tutti di grande utilità.



Si va da un colpo d’occhio sulla presenza dei liberali nell’antifascismo e nella Resistenza a ricerche sulla loro “organizzazione e diffusione territoriale” tra il ’44 e il ‘46, sulla stampa liberale “dal crollo del fascismo al 1948”, sulla “destra liberale” di Falcone Lucifero, sui “Liberali Indipendenti”, sulla classe politica, la cultura e le istituzioni (“I liberali alla Consulta e alla Costituente”, “La Costituzione repubblicana e la tradizione liberale”), ecc., per concludere con una carrellata su alcune figure eminenti (Giovanni Amendola, Alberto Bergamini, Novello Papafava, Mario Pannunzio, Eugenio Artom, Gaetano Martino, Guido Calogero, Giovanni Malagodi) e puntuali considerazioni sui rapporti tra liberali, socialisti e monarchici. Insomma, una sorta di repertorio enciclopedico, che verrà presto completato da un secondo volume con gli interventi (se abbiamo ben capito) di due analoghi convegni svoltisi a Padova e a Napoli nel 2007.



L’opera è, sul piano storiografico, uno strumento indispensabile. Qualche riserva (da verificare, ovviamente, sulla scorta del secondo volume) resta sull’impostazione e gli obiettivi, se non addirittura le sue aspirazioni più o meno esplicite. Nelle loro sfaccettature, i saggi tendono a restituire ai liberali un posto di rilievo almeno ideale nella storia italiana contemporanea: attorno alle vicende propriamente partitiche vengono fatti confluire figure e momenti che appartengono ad altri filoni: in questo volume compare il liberalsocialista Calogero, nel secondo si parlerà del “radicale” F.Saverio Nitti, del Partito d’Azione o anche dei Demolaburisti (manca, ahimè, qualche eretico tipo Panfilo Gentile). Eppure, scorrendo queste pagine, resta l’impressione di aggirarci dentro una landa arida, fertile solo di ambizioni e di propositi destinati a sfiorire per non più risorgere. Non vi appare alcuno spunto sull’avvenire, nessuna prospettiva. Denunciando e rammaricandosi per la “sconfitta politica” dei liberali nel secondo dopoguerra, Luigi Compagna si attarda su vecchie e scontate situazioni, non apre alcuna finestra. La vicenda politica di Mario Pannunzio viene fatta concludere con il convegno del 1951 che vide i dissidenti della “sinistra liberale”, di cui Pannunzio faceva parte, rientrare nel PLI. E poi? Silenzio sul percorso che portò Pannunzio a promuovere, quattro anni dopo, la nascita del partito radicale. Di questo partito, ci pare, nel volume c’è solo qualche traccia in nota. Come se la sua nascita non fosse stata concepita come naturale e doveroso approdo della esperienza liberale, già consumata - per esplicita ammissione di non pochi - in epoca prefascista. La scelta di Pannunzio e di quanti con lui (Ernesto Rossi, esemplarmente) lavorarono alla nascita del nuovo partito era l’ultimo passo di una consapevole evoluzione che meritava qualche rispetto, magari solo sul piano storiografico. Come l’avrebbe meritata (parliamo non per mera passione militante) l’ulteriore evoluzione – o inveramento storico? - della cultura liberale nel radicalismo di Marco Pannella, innestato con segmenti libertari schietti figli della civiltà del diritto americana e rivelatisi determinanti per vittorie e conquiste civili proprie del liberalismo, nel suo ultimativo significato di movimento liberatorio dell’individuo e delle istituzioni democratiche. Ci pare quanto meno una ipotesi da verificare, magari con un bel convegno.

gordon
21-04-09, 19:10
I Radicali contro il Papa: non merita gli auguri

• da Secolo d'Italia del 21 aprile 2009, pag. 2

I senatori radicali eletti nelle liste del Pd, Donatella Poretti e Marco Perduca, hanno espresso «meraviglia» per gli auguri del presidente del Senato Schifani al pontefice per l`anniversario della sua elezione. «Non solo riteniamo irrituale il compiacimento per la celebrazione dell`elezione di un Capo di Stato non democraticamente eletto, ma enfatizzare la ricorrenza alla vigilia della partecipazione del Vaticano alla Conferenza Durban 2 è stato augurio al quanto inopportuno». Durissima la replica di Maria Pia Garavaglia, senatrice del Pd, che giudica «inaccettabile» la posizione dei colleghi («certe frasi non possono passare impunemente, siamo all`anticlericalismo»).

gordon
21-04-09, 19:34
Ma è mai possibile che vi siate dimenticati della rassegna stampa?? Tutto io devo fa'....

il Gengis
22-04-09, 11:11
Ma è mai possibile che vi siate dimenticati della rassegna stampa?? Tutto io devo fa'....


bentornato mike
hai ragione
mi do subito da fare ;)

il Gengis
22-04-09, 11:13
Radicali: garantire il diritto di voto ai disabili

• da Lab il socialista del 22 aprile 2009, pag. 3

I radicali Rita Bernardini, Rocco Berardo, Josè De Falco, Claudia Sterzi e Michele Rana hanno iniziato dalla mezzanotte di ieri uno sciopero della fame, affinché il Governo si faccia carico di garantire il diritto di voto a domicilio ai malati intrasportabili in vista dei prossimi appuntamenti elettorali e referendari. L`iniziativa nonviolenta, affermano i promotori, è fatta in nome di Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, «che sono morti senza aver visto approvata la legge per la quale si sono tanto battuti, e di Severino Mingroni, che sta lottando ancora». L`uomo è completamente immobilizzato e riesce a comunicare e a scrivere nel suo blog grazie a ridottissimi movimenti degli occhi, attraverso i quali digita delle lettere su una tastiera virtuale. La deputata Rita Bernardini ha presentato l`8 maggio 2008 una proposta di legge che porta le firme di deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari ed è stata assegnata alla commissione Affari costituzionali. Il ddl prevede di consentire l’esercizio del diritto di voto a migliaia di cittadini italiani, che ne sono privi solo perché impossibilitati a recarsi al seggio elettorale a causa di gravi infermità e invalidità. Nel dicembre 2008, affermano i radicali, lo stesso premier Berlusconi aveva fatto sapere, proprio a Severino Mingroni, che “la proposta di legge sarà seguita con il massimo impegno in tutte le fasi dell’iter parlamentare”.

il Gengis
22-04-09, 11:13
I disabili hanno diritto al voto

• da Terra del 22 aprile 2009, pag. 4

I radicali Rita Bernardini, Rocco Berardo, Josè De Falco, Claudia Sterzi e Michele Rana hanno iniziato dalla mezzanotte di ieri uno sciopero della fame, affinché il Governo si faccia carico di garantire il diritto di voto a domicilio ai malati intrasportabili in vista dei prossimi appuntamenti elettorali e referendari. L`iniziativa nonviolenta, affermano i promotori, è fatta in nome di Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, «che sono morti senza aver visto approvata la legge per la quale si sono tanto battuti, e di Severino Mingroni, che sta lottando ancora». L`uomo è completamente immobilizzato e riesce a comunicare e a scrivere nel suo blog grazie a ridottissimi movimenti degli occhi, attraverso i quali digita delle lettere su una tastiera virtuale. La deputata Rita Bernardini ha presentato l`8 maggio 2008 una proposta di legge che porta le firme di deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari ed è stata assegnata alla commissione Affari costituzionali.

il Gengis
22-04-09, 11:13
Se lo Stato non ascolta Paolo

• da L'Unità del 22 aprile 2009, pag. 37

di Maria Antonietta Coscioni

Il testo del disegno di legge approvato al Senato in tema di "testamento biologico" avrebbe probabilmente avuto un altro senso e dato risposte certe, se fossero state raccolte le voci e le testimonianze dei malati che sul proprio corpo vivono dolori e sofferenze atroci. Una fra tante quella del video-messaggio di Paolo Ravasin gravemente malato di sclerosi laterale amiotrofica come Luca Coscioni, attaccato ad un ventilatore artificiale come Pier Giorgio Welby, che non vuole essere nutrito artificialmente, nel caso in cui le sue condizioni si aggravassero ulteriormente, attraverso la Peg (gastrostomia endoscopica percutanea), o con un sondino nasogastrico come è accaduto per anni a Eluana Englaro. Paolo non ha paura di vivere, lotta perché ha paura di non poter morire. Ha paura perche la legge varata dal Senato annulla la sua volontà, e le sue parole perché «lo Stato intende arrogarsi il diritto di bucare il mio stomaco per introdurvi acqua e cibo ... Io ribadisco che non voglio, assolutamente non voglio essere sottoposto a questi trattamenti...». È un uomo libero, Paolo, perché è perfettamente informato e pienamente consapevole delle conseguenze cui va incontro, e rivendica il suo diritto e la libertà di poter decidere di quello che rimane della sua vita e della sua morte. Parto dalle sue parole, e dal pieno rispetto della sua volontà: pongono tutti noi di fronte a responsabilità che non devono essere eluse: il diritto di rifiutare i trattamenti medici si estende anche a quelli necessari per la propria sopravvivenza, non essendo in alcun modo ricavabile dal diritto alla vita, che tutela innanzitutto l`individuo contro le aggressioni da parte di terzi, né un dovere di mantenersi in vita, né un dovere di subire interventi nel proprio corpo finalizzati al mantenimento delle funzioni vitali, nonostante la propria contraria volontà. C`è chi sostiene che tali questioni riguardano la coscienza individuale e non la politica. Ma se la politica non si occupa di queste cose, che riguardano la quotidianità della nostra vita, di che cosa deve mai occuparsi? La "politica", arroccata nei suoi "palazzi", impone leggi-manifesto ed elude le richieste e i bisogni dei cittadini. Dinanzi ad un dibattito parlamentare sinora deludente, che non corrisponde alle esigenze del cittadino, ci sarà, temo, ancora bisogno di altri "casi" come quelli di Paolo, di Eluana, di Luca e di Piergiorgio, veri e propri «eroi», per rendere il dibattito politico autentico e non, come avviene, incutendo paura nella collettività.

il Gengis
23-04-09, 11:49
Referendum, urne aperte il 21 giugno

• da Corriere della Sera del 23 aprile 2009, pag. 18

di Gianna Fregonara

L`accordo c`è e già oggi la Camera potrebbe approvare la «leggina» per consentire lo svolgimento del referendum il 21 giugno. La scelta di votare per cambiare la legge elettorale insieme ai ballottaggi delle amministrative è infatti «fuori» dal periodo consentito dalla legge del 1970 che regola i referendum e ne prevede l`indizione nelle domeniche tra il 15 aprile e il 15 giugno. Con l`annuncio di ieri fatto dal presidente della Camera Gianfranco Fini è stato di fatto siglato il patto bipartisan tra Pdl, Udc e Pd per consentire la deroga: per fare in fretta ed evitare inconvenienti o trappole la leggina, di un solo articolo, presentata dal capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, sarà approvata in sede legislativa direttamente in commissione. Questa mattina l`Aula darà il via libera alla corsia preferenziale e già nel pomeriggio dovrebbe esserci il voto. Ma la definizione minuziosa e bipartisan del percorso - che prevede tra l`altro che il referendum venga indetto per il 14 giugno e poi rinviato, altrimenti si sarebbe fuori tempo massimo persino per lo spostamento (il voto deve essere indetto 70 giorni prima) - non placa le polemiche. Il comitato referendario, che ieri ha manifestato al ministro dell`Interno Roberto Maroni la propria contrarietà «questa scelta inadeguata», non farà comunque ricorso. Protestano però anche l`Italia dei valori, unico partito in Parlamento fuori dall`accordo e i radicali, che con Emma Bonino hanno denunciato «il colpo finale allo strumento referendario così come concepito dai nostri padri costituenti». «Meglio il risparmio modesto» garantito dall`accorpamento il 21 giugno che «nessun risparmio» dice il presidente dei deputati Pd Antonello Soro. Anche se, aggiunge Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato, «è inquietante che di fronte a una richiesta che viene da 500 mila elettori si giochino partite, private ali` interno della coalizione di centrodestra, con una ostilità della Lega a facilitare un` affluenza libera al referendum, per evitare il raggiungimento del quorum». Se nel centrodestra ognuno andrà in ordine sparso, il coordinatore del Pdl Denis Verdini annuncia subito che voterà mentre la Lega invita all`astensione, nell`opposizione si affilano le armi, anche in vi sta della sfida per la visibilità per le amministrative e le Europee. «Dio acceca chi vuoi perdere. È il caso del Partito democratico» attacca Fabio Mussi, di Sinistra e Libertà. Mentre Di Pietro parla di «inciucio grave e criminogeno» tra Pdl e Pd e denuncia che «con questa decisione c`è uno spreco di soldi pazzesco e un furto di democrazia perché si impedisce agli italiani di andare a votare in un solo giorno».

il Gengis
23-04-09, 11:50
Anche Roma può far testamento

• da Terra del 23 aprile 2009, pag. 4

di Andrea Boraschi

Se qualcuno, quest’oggi, si trovasse a passare a piazza Venezia, a Roma, dalle 10:30 in avanti, vi troverebbe una pattuglia laica e radicale lì convenuta per sostenere il diritto alla libertà di cura. Vi troverebbe Mina Welby, moglie di quel Piergiorgio che ha combattuto una vertenza lunga e dolorosa, testimoniata attraverso la malattia, per il diritto a una morte dignitosa; vi troverebbe Beppino Englaro, padre di una donna vissuta per 17 anni in stato di coma vegetativo, che in nome di quella figlia dolente ha vinto una battaglia legale difficilissima, affermando il diritto a veder rispettate le proprie volontà in materia di cure e contro ogni forma di accanimento terapeutico. Sono lì, e altri con loro, perché in un mese hanno raccolto 8.000 firme per promuovere una delibera di iniziativa popolare, che istituisca nella capitale un registro dei testamenti biologici. Qualcuno potrebbe pensare all’ennesima iniziativa di carattere simbolico (ancor più, a partire dalla consapevolezza che la giunta capitolina non appoggerà l’iniziativa): sbaglierebbe. Già per altre forme di garanzia delle libertà individuali si è tentato di procedere su base locale, supplendo ai ritardi e alle pastoie della politica nazionale: l’istituzione di garanti locali dei detenuti è, in tal senso, un buon esempio. E, come in quel caso, questa iniziativa, oltre a rivendicare esplicitamente una valenza emblematica e di contrasto alla pessima legge che il Parlamento si accinge a varare, ambisce a non essere velleitaria. Un esperimento di grande interesse è stato promosso dal X municipio della Capitale: un registro delle volontà anticipate in materia di trattamenti sanitari, disponibile a tutti i cittadini residenti a Roma e che funziona sulla base del meccanismo dell’atto notorio sostitutivo (26 centesimi è il costo per la pratica).

Sandro Medici, presidente di quel municipio, appare sempre più convinto dell’iniziativa: “Abbiamo previsto un servizio disponibile al pubblico tutti i mercoledì, dalle 15:00 alle 17:00; e abbiamo prenotazioni fino a metà giugno. Riceviamo centinaia di telefonate e incontriamo persone, spesso anziane, profondamente motivate e informate. Affrontano un percorso complesso, che prevede scelte radicali e indirizzi impegnativi, come quello che riguarda il fiduciario. Ma non abbiamo a che fare con un gruppuscolo radicale, tanto meno con cittadini animati da dispetto politico nei confronti della Chiesa o del governo; percepiamo una certa fierezza, in chi si rivolge a noi, e gratitudine per la possibilità che l’istituzione che presiedo offre loro”. Mina Welby ci informa altresì che registri analoghi sono in via di costituzione anche in Campania (nella provincia di Napoli, a Benevento, Salerno e Caserta), e che anche il comune di Pisa si sta attivando, raccogliendo informazioni riguardo alle prassi relative al rispetto della privacy. “In Germania, in assenza di una legge specifica, ci sono 8 milioni di testamenti biologici depositati; e, quando ve ne fosse bisogno, scrupolosamente rispettati in virtù di una sentenza del 2001 che sanciva la validità di questo strumento testamentario. Perché, in Italia, un testamento biologico regolarmente formulato non può avere valore in virtù della sentenza su Eluana en del dettato costituzionale, anche in assenza di una legge?” Domanda pertinente, quella della Welby. Intanto, 8.000 firme, nella sola città di Roma, chiedono oggi di essere accolte: chiedono il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, contro una legge che si annuncia liberticida. Chiedono diritti e libertà elementari, insopprimibili.

Burton Morris
24-04-09, 20:02
Campidoglio - Fine vita, il sindaco "boccia" il registro chiesto dai Radicali

• da Avvenire del 24 aprile 2009, pag. 11

«Personalmente ritengo che aprire in maniera eccessiva al testamento biologico, e non trovare un giusto equilibrio, possa essere pericoloso». Così il sindaco di Roma Alemanno ha commentato l`iniziativa dell`associazione «Luca Coscioni», i cui rappresentanti,guidati da Beppino Englaro e Mina Welby,si sono recati ieri in Campidoglio per consegnare 8.200 firme raccolte in favore dell`istituzione di un registro comunale per il testamento biologico. «Non è nostra competenza - ha osservato Alemanno, a margine della intitolazione di una targa al defunto consigliere comunale Tony Augello -. C`è una proposta di legge ora in discussione alla Camera e credo che rappresenti un giusto equilibrio».

Burton Morris
24-04-09, 20:03
Le firme in Campidoglio

• da Corriere della Sera - ed. Roma del 24 aprile 2009, pag. 2

Sono 8.200 le firme di cittadini romani raccolte in due mesi dall`associazione Luca Coscioni per chiedere al Comune di Roma di deliberare in consiglio l`istituzione di un registro per il testamento biologico nella capitale. Gli otto pacchi con le firme sono stati portati in Campidoglio per essere depositati. «Adesso entro sei mesi il Comune dovrà pronunciarsi», ha detto il promotore dell`associazione Luca Coscioni - Disabili Roma, Mario Staderini. Immediato è arrivato il parere negativo di Alemanno: «Il Comune farà quello che il Parlamento decide, perché l`argomento non è di nostra competenza». E però con l`istituzione del registro sarà possibile, per ogni romano, depositare un testamento biologico con le proprie volontà di fine vita, ma ogni due anni verrà chiesta ai testamentari la conferma della volontà espressa.

Burton Morris
24-04-09, 20:03
Anche Roma può far testamento

• da Terra del 23 aprile 2009, pag. 4

di Andrea Boraschi

Se qualcuno, quest’oggi, si trovasse a passare a piazza Venezia, a Roma, dalle 10:30 in avanti, vi troverebbe una pattuglia laica e radicale lì convenuta per sostenere il diritto alla libertà di cura. Vi troverebbe Mina Welby, moglie di quel Piergiorgio che ha combattuto una vertenza lunga e dolorosa, testimoniata attraverso la malattia, per il diritto a una morte dignitosa; vi troverebbe Beppino Englaro, padre di una donna vissuta per 17 anni in stato di coma vegetativo, che in nome di quella figlia dolente ha vinto una battaglia legale difficilissima, affermando il diritto a veder rispettate le proprie volontà in materia di cure e contro ogni forma di accanimento terapeutico. Sono lì, e altri con loro, perché in un mese hanno raccolto 8.000 firme per promuovere una delibera di iniziativa popolare, che istituisca nella capitale un registro dei testamenti biologici. Qualcuno potrebbe pensare all’ennesima iniziativa di carattere simbolico (ancor più, a partire dalla consapevolezza che la giunta capitolina non appoggerà l’iniziativa): sbaglierebbe. Già per altre forme di garanzia delle libertà individuali si è tentato di procedere su base locale, supplendo ai ritardi e alle pastoie della politica nazionale: l’istituzione di garanti locali dei detenuti è, in tal senso, un buon esempio. E, come in quel caso, questa iniziativa, oltre a rivendicare esplicitamente una valenza emblematica e di contrasto alla pessima legge che il Parlamento si accinge a varare, ambisce a non essere velleitaria. Un esperimento di grande interesse è stato promosso dal X municipio della Capitale: un registro delle volontà anticipate in materia di trattamenti sanitari, disponibile a tutti i cittadini residenti a Roma e che funziona sulla base del meccanismo dell’atto notorio sostitutivo (26 centesimi è il costo per la pratica).

Sandro Medici, presidente di quel municipio, appare sempre più convinto dell’iniziativa: “Abbiamo previsto un servizio disponibile al pubblico tutti i mercoledì, dalle 15:00 alle 17:00; e abbiamo prenotazioni fino a metà giugno. Riceviamo centinaia di telefonate e incontriamo persone, spesso anziane, profondamente motivate e informate. Affrontano un percorso complesso, che prevede scelte radicali e indirizzi impegnativi, come quello che riguarda il fiduciario. Ma non abbiamo a che fare con un gruppuscolo radicale, tanto meno con cittadini animati da dispetto politico nei confronti della Chiesa o del governo; percepiamo una certa fierezza, in chi si rivolge a noi, e gratitudine per la possibilità che l’istituzione che presiedo offre loro”. Mina Welby ci informa altresì che registri analoghi sono in via di costituzione anche in Campania (nella provincia di Napoli, a Benevento, Salerno e Caserta), e che anche il comune di Pisa si sta attivando, raccogliendo informazioni riguardo alle prassi relative al rispetto della privacy. “In Germania, in assenza di una legge specifica, ci sono 8 milioni di testamenti biologici depositati; e, quando ve ne fosse bisogno, scrupolosamente rispettati in virtù di una sentenza del 2001 che sanciva la validità di questo strumento testamentario. Perché, in Italia, un testamento biologico regolarmente formulato non può avere valore in virtù della sentenza su Eluana en del dettato costituzionale, anche in assenza di una legge?” Domanda pertinente, quella della Welby. Intanto, 8.000 firme, nella sola città di Roma, chiedono oggi di essere accolte: chiedono il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, contro una legge che si annuncia liberticida. Chiedono diritti e libertà elementari, insopprimibili.

Burton Morris
27-04-09, 21:46
Il momento d'oro delle "rinnovabili"

• da La Repubblica - Affari e Finanza del 27 aprile 2009, pag. 41

di Antonio Cianciullo

Alternative o rinnovabili? Pulite o a basso impatto ambientale? O forse sostenibili? Per le fonti chiamate a sostituire i combustibili fossili gli aggettivi si accavallano in maniera alle volte confusa. E, visto che ormai il conto alla rovescia per mandare in pensione la famiglia del petrolio è scattato, vale la pena provare a chiarire i termini della questione. Cominciamo dalla sostenibilità, un concetto non sempre chiaro perché non sempre chiaro è ciò che si vuole sostenere e a che prezzo. La traduzione francese, durable, dà forse meglio l`idea centrale: qualcosa che deve resistere nel tempo, che va pensata e organizzata per non esaurirsi nell`attimo breve di una fase industriale, ma che al contrario sia capace di garantire all`intera società sicurezza, affidabilità e comfort. E ancora: pulite o a basso impatto ambientale? In realtà nessuna attività umana organizzata è a impatto zero. Ad esempio si dice che il nucleare non comporta emissione di gas serra, ma non è così. In effetti nessuna fonte energetica ha zero emissioni in senso assoluto in quanto la costruzione delle infrastrutture, il funzionamento, la produzione del combustibile (che nel caso delle rinnovabili non c`è) e lo smantellamento prevedono l`uso di combustibili fossili e dunque le emissioni di CO2. In particolare l`estrazione del minerale e la fabbricazione del combustibile sono le voci che maggiormente incidono nelle emissioni di CO2. «Si tratta di un elemento importante perché le riserve di uranio utilizzate saranno sempre più energivore man mano che si useranno minerali a minore percentuale di uranio spiega Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia - Se produrre un chilowattora a gas naturale nel caso migliore comporta l`emissione di circa 350 grammi di anidride carbonica e una centrale a carbone di nuovo tipo circa 760 grammi, i vecchi impianti tipo il Sulcis 1000 grammi, il nucleare comporta una media di circa66grammi diC02. Meno ma non proprio zero. Per il fotovoltaico una recente indagine dà un valore medio di 40 g CO2 per chilowattora, mentre con l`eolico si scende a 5-9 grammi per chilowattora prodotto». Dunque l`impatto zero non esiste ma le differenze restano molto alte. Così come evidente è la differenza tra le fonti alternative ai combustibili fossili e quelle rinnovabili. Tra le alternative va incluso il nucleare che ha un ciclo di vita legato a un elemento, l`uranio, che ha scorte limitate (solo nel caso dei reattori autofertilizzanti, al plutonio, si supererebbe questo vincolo, ma quasi ovunque i rischi legati a questa tecnologia vengono considerati eccessivi). Mentre le rinnovabili sono in grado di rigenerare costantemente il loro potenziale energetico. L`Europa ha scelto di provare a lanciare l`intero pacchetto delle fonti alternative, ma finora i costi economici e ambientali (l`irrisolto problema delle scorie, la minaccia terroristica, il rischio di incidenti di portata potenzialmente catastrofica) legati alla scelta nucleare hanno fatto sì che un trend di crescita velocissimo abbia premiato le rinnovabili. «Prendiamo due paesi, la Spagna e la Germania: negli ultimi anni le rinnovabili hanno dato un contributo pari a 25 centrali nucleari e la crescita continua a un ritmo alto, l`equivalente di alcune centrali nucleari all`anno», ha osservato Pietro Perlo, direttore e senior scientist del Centro ricerche Fiat, al Solar Revolution Summit che si è tenuto a Roma nei giorni scorsi. A fine 2008, ha aggiunto Wolfgang Palz, presidente del World Council for Renewable Energy, l`eolico era arrivato a 120 gigawattora, di cui 25 installati nel 2008: una potenza 40 volte superiore della nuova potenza nucleare installata a partire dal 2005. La corsa delle rinnovabili è trainata da alcuni paesi leader ma tende a diffondersi. Ed è sorprendente misurare la capacità di crescita anche in presenza di scelte governative poco favorevoli: negli Usa, nell`ultimo anno della presidenza Bush, il 2008, sono stati installati 8,3 gigawatt di eolico. Rilevante anche l`espansione del fotovoltaico: confrontando i diagrammi di crescita si nota come stime considerate da molti osservatori eccessivamente ottimiste sono state regolarmente battute dal mercato aumentato a un tasso più veloce delle stime. Nel 2008 il fotovoltaico è arrivato globalmente a quota 15 gigawatt, di cui oltre un terzo installati nel corso dell`anno. Come nota Assolterm, l`associazione italiana del solare termico, anche l`altra faccia del solare, i pannelli per fornire acqua calda agli edifici, ha di fronte un`enorme crescita potenziale. Nel mondo oggi ci sono 300 milioni di persone che dispongono di questi pannelli solari, che assicurano una resa economica certa ormai da anni: se si diffondessero diventando comuni come un qualsiasi elettrodomestico si potrebbe creare un mercato molto più ampio di quello esistente sia nei paesi industrializzati che in quelli poveri dove ampie aree non sono servite dalla rete elettrica. Complessivamente, secondo i calcoli di Palz, il business delle rinnovabili ha raggiunto nel 2008 il valore di 214 miliardi di dollari: 45 di colico, 35 di solare fotovoltaico, 10 di solare termico, 30 di idroelettrico di piccola taglia, 3 di geotermico, 91 di biomasse (dal biogas ai combustibili per trasporto). In Italia, nonostante le incertezze che riguardano le politiche di incentivo, alla fine del 2008 si è arrivati a 3,7 gigawatt di eolico (terzo posto in Europa), pari a 63 chilowattora per mille abitanti (undicesimo posto in Europa), con una crescita nel 2008 pari a 1 gigawatt (terzo posto in Europa, sesto nel mondo). Ma oltre all`Europa ormai i paesi in prima fila nel campo delle rinnovabili sono molti. Agli Stati Uniti di Obama e al Giappone, tradizionale leader nel campo del solare, si è aggiunta la Cina che conta la maggiore industria mondiale nel campo del fotovoltaico, ha il record di solare termico e il più alto tasso di crescita dell`eolico.

zulux
28-04-09, 21:46
Proposta di legge, il voto ai malati intrasportabili

• da Avvenire del 28 aprile 2009, pag. 11

Parlamentari e militanti Radicali hanno avviato uno sciopero della fame perché il governo si faccia carico, come promesso da molto tempo, di garantire il voto a domicilio dei malati intrasportabili in vista dei prossimi appuntamenti elettorali e referendari. La proposta di legge Bernardini (n. 907) è stata presentata l`8 maggio dello scorso anno con le firme di deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari ed è stata licenziata il 23 aprile scorso, all`unanimità. L`approvazione in tempo utile della proposta di legge consentirebbe anche in Italia, proprio per queste elezioni europee, l`esercizio del diritto di voto a migliaia di cittadini italiani che ne sono privi solo perché impossibilitati a recarsi al seggio elettorale a causa di gravi infermità e invalidità.

Burton Morris
30-04-09, 11:50
Arriva l'anagrafe degli eletti, sarà pubblicata e consultabile sul web

• da Il Messaggero del 30 aprile 2009, pag. 34

di Fa.Ro.

Amministratori capitolini ai raggi X, nel segno della trasparenza. Approda oggi in consiglio comunale la delibera di iniziativa popolare – fortemente sostenuta dai Radicali, ma con il sindaco Gianni Alemanno tra i primi firmatari - per l`istituzione dell`anagrafe degli eletti. Qualora approvata, la delibera disporrà che sul sito del Comune di Roma siano pubblicati, per sindaco, assessori e consiglieri comunali: dichiarazione dei redditi e degli interessi finanziari, dichiarazione dei doni o finanziamenti ricevuti; stipendi, rimborsi e gettoni di presenza percepiti; atti presentati con tanto di iter, fino alla conclusione: spese per lo staff, gli uffici e i viaggi. «Mi sono battuto in conferenza dei capigruppo, che ringrazio perla condivisione unanime - dice Marco Pomarici, presidente del consiglio comunale - affinché questa proposta di iniziativa popolare, l`unica presentata nell`attuale consiliatura, fosse discussa nel rispetto dei tempi, anche per dare un segnale di discontinuità con il passato». La delibera prevede anche di pubblicare sul web, tra l`altro, le deliberazioni approvate, i bandi di gara con gli esiti, l`elenco delle proprietà immobiliari del Comune, gli incarichi esterni dell`amministrazione.

Burton Morris
30-04-09, 11:50
Lettera - Zitte zitte, quasi nascoste le tribune elettorali per le europee

• da Europa del 30 aprile 2009, pag. 8

di Federico Orlando

Cara Europa, sono un "patito" delle trasmissioni politiche in tv (Rai, Mediaset, La7) e sono sorpreso che, a 39 giorni dalla chiamata alle urne per le elezioni europee, non abbia ancora visto una sola tribuna politica o elettorale dedicata a questo appuntamento. Me ne dispiace in particolare per due motivi: il primo è che gli italiani, e forse non solo gli italiani, di Europa sanno poco; il secondo è che, senza una spinta adeguata, si rischia una partecipazione bassa, nonostante il traino dei primo turno delle amministrative che, se non erro, si svolge nello stesso giorno delle europee, domenica 6 aprile. Ma perché i media sono così refrattari a fare il proprio dovere?

Leo Massarelli, Foggia

Perché si chiamano "servizio pubblico" ma fanno servizi privati, caro Massarelli. Però forse lei, e mi compiaccio con lei, non segue proprio tutta la parte "politica" della tu altrimenti, dotato della lanterna magica o di un poderoso microscopio, avrebbe scoperto che qualche tribunetta per le europee è già in corso, naturalmente in orari proibitivi. Io, per esempio, ne ho scoperto ben due, una martedì e l`altra mercoledì, su Rai 3, nientepopodimeno che dalle 15,20 alle 16,05, con annuncio del conduttore che altra tribuna sarebbe stata trasmessa da Rai 2 alle 17,30. Ma mi assicurano che via via gli orari miglioreranno. La mia scoperta da rabdomante è avvenuta non per mio zelo ma perché, facendo orari infami per "pranzo", mi condisco il piatto con la tv, e così vedo cose che le persone normali come lei giustamente non vedono. E non perdono niente. Perché c`è pochissima Europa e il profilo dei dibattiti è basso. Come scrive sul Secolo XIX di ieri il mio amico Giulio Ercolessi, al cui libro L`Europa verso il suicidio (ed. Dedalo) ho scritto la prefazione, «I governi statali non vogliono mollare l`osso a un’Europa federale, né lo faranno finché i loro paesi non si accorgeranno che 27 governanti di stati nanerottoli contano orinai nel mondo globale quanto il presidente di Anguillara o il principe del Liechtenstein. Il miglior presidente della Commissione è, per i governi, quello che, come l`attuale (Barroso, ndr) rinuncia preventivamente a ogni ruolo politico». Ciò nonostante, ho guardato quelle due trasmissioni. specie la seconda perché, incredibile a dirsi, c`era il mio vecchio amico Pannella, il grande escluso - come lui dice e dimostra coi numeri - dalla Rai, dalla tv in genere e dalle tribune in particolare. Pannella, che a Strasburgo ci sta da anni e dunque ne capisce, deve faticare per tornarci. Intanto scrive nel libro dei radicali La peste italiana (storia dell`illegalità nella prima e nella seconda repubblica) che la metodica esclusione del suo partito è «un unicum nel panorama italiano: non esiste infatti altro soggetto politico che gli si possa avvicinare per numero, gravità, varietà e durata di squilibri editoriali e violazioni di obblighi d`informazione... Nei marzo scorso, di fronte all`evidenza di questa strutturale e sistemica mancanza, l`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per la prima volta, contesta alla Rai, ai sensi dell`articolo 48 del Testo unico della radiotelevisione, l`inadempimento degli obblighi di servizio pubblico». Come le dicevo, caro amico, la Rai corre ai ripari con queste tribunette, non potendo escludere una lista presente alle elezioni europee (la lista Bonino-Pannella;, ma lo fa marginalmente, come non si trattasse di un partito che attualmente ha eurodeputati, senatori e deputati nazionali. Lo fa in orari (almeno per ora) che sfuggono anche a un "patito" di trasmissioni politiche come le. Mi chiedo: quando si faranno le somme, i 5-10 minuti concessi alle 15,30 varranno come i 5-10 concessi alle 20 o alle 22? E quanti italiani avranno imparato qualcosa di più sull`Europa in quei minuti pomeridiani, sacri al riposo o al lavoro, secondo le età?

Federico Orlando

Burton Morris
05-05-09, 11:34
Se la memoria ha un futuro

• da Europa del 5 maggio 2009, pag. 9

di Pier Paolo Segneri

Tutti, tranne Marco Pannella. Tutti, tranne i Radicali. Tutti sono i ben accetti dentro gli studi televisivi di Rai-set: soprattutto Antonio Di Pietro. Vanno tutti bene, l`importante è non andare a proporre in tv un serio progetto riformatore di alternativa laica, liberale, socialista e democratica perché non è cosa. Non vi azzardate a parlare del progetto politico della Rosa nel Pugno e non vi permettete di puntare, attraverso la nascita di un partito riformatore, ad un partito democratico sul modello americano. Presso la sede del Partito Radicale è stata presentata la prima versione del documento dal titolo La peste italiana. Il lavoro, che ha impegnato i compagni radicali, coordinati da Antonella Casu e Marco Cappato è stato un vero e proprio satyagraha, una ricerca nonviolenta di almeno qualche briciola di verità. Il libro, infatti, «documenta come il "male" del ventennio fascista si sia in realtà trasformato e sia sopravvissuto in altra forma nel sessantennio partitocratico». Perché di voltare pagina, qui in Italia, non se ne parla. Di cambiare metodi, sistemi, costumi sembra proprio che non sia possibile e perciò è assai probabile che, dopo trent’anni, Marco Pannella e i radicali resteranno fuori dal parlamento europeo. Ritornano allora alla mente le parole scritte da Indro Montanelli circa vent`anni fa e che sembrano pensate per l`oggi: «Questa era la prima volta che Pannella aspirava ad una poltrona, che fra l`altro non gli sarebbe andata affatto larga, perché, morto Altiero Spinelli, Pannella è probabilmente il parlamentare italiano che meglio conosce i meccanismi comunitari. Non so se in quegli ambienti riscuota più successi o antipatie. Ma so che inosservato non passa mai. Anche perché quando affronta un problema, levarglielo di bocca è più difficile che levare rosso dai denti di un mastino». Eppure Marco nord aspira ad alcuna poltrona, semmai rilancia un progetto politico e apre all`idea di un movimento di liberazione nazionale dall`attuale "monopartitismo imperfetto". Pannella denuncia e descrive tecnicamente la storia di oltre cinquant’anni di regime partitocratico, i Radicali avvertono dell’ulteriore e precipitoso deformarsi della democrazia italiana dovuto alla metamorfosi del Potere, analizzata nella prima versione di un libro dove si mostrano i segni e gli episodi concreti dell`aggravarsi della non-democrazia. insomma, secondo lo studio storiografico dei Radicali, la violazione sistematica della legalità e della Costituzione hanno portato al formarsi di un Regime, ancora non definibile, ma il cui nome verrà dato dagli storici quando, in un domani forse prossimo, studieranno gli eventi di questi anni e si ritroveranno ad approfondire situazioni, menzogne, imposture, malcostumi e degenerazioni. Qui non si tratta di dare un posto in lista a Marco Pannella. Qui si tratta di porre un argine alle ingiustizie, alle miserie, alle pregiudiziali, all`illegalità, alla paura. Qui si tratta di far crollare un potere fine a se stesso che è incapace di qualsiasi riforma, né grande né piccola. Qui si tratta di avviare in tutto il paese la rivoluzione liberale, riformatrice e democratica di cui l`Italia ha estremo bisogno. Ma per far questo è necessario radunare ciò che è sparso e, quindi, spartire tra i cittadini ciò che è stato radunato. E’ quello che Pannella vuole fare attraverso la stesura di questo documento scritto a futura memoria.

Burton Morris
05-05-09, 11:34
Quelli che a Strasburgo vanno a scaldar la sedia: cinque anni in silenzio

• da Il Giornale del 5 maggio 2009, pag. 2/3

di Paola Setti

Mourinho lo descriverebbe così, il parlamento europeo: tanti campioni, zero titoli. Prendete Gianni Rivera: l’ex golden boy qui a Strasburgo non ha segnato mai, zero interventi e zero interrogazioni, appunto. Pare che il Pd non si sia strappato le vesti a vederselo strappare dall’Udc, che lo candida capolista. Ha fatto peggio persino di Iva Zanicchi, che sul palco europeo si è esibita una sola volta in un anno, in affollata compagnia di Elisabetta Gardini e Maddalena Calia nel suo partito, il Pdl, e di Catiuscia Marini del Pd. Chi ha fatto meglio non ha dovuto faticare granché, ché qui per piazzarsi a metà classifica basta far sentire la propria voce due, tre, quattro volte in cinque anni. Senza venire retrocessi, visto che la maggior parte si ricandida.
Così, l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini sembra uno ligio, con i suoi 11 interventi su altrettante interrogazioni, e Vittorio Prodi del Pd pare quasi un secchione, con 38 discorsi e 16 documenti firmati. Poi però dai un’occhiata a quelli che l’impegno ce lo hanno messo davvero, i numeri sulla legislatura che si sta concludendo li ha pubblicati ieri La Stampa, e scopri che sono pochini: dieci su 78, non di più. Il recordman Mario Mauro, per esempio, che al Pdl ha portato la palma di 368 interventi e 96 interrogazioni, seguito dal socialista Alessandro Battilocchio, 270 interventi, anche se poi di interrogazioni ne ha firmate solo 37. Frenetico il leghista Mario Borghezio, che la sua crociata anti-islam l’ha combattuta a suon di 116 sfuriate e 190 documenti. Segue Marco Cappato, 110 su 254, fortuna che c’è lui perché se fosse per Marco Pannella i radicali si sarebbero fatti sentire solo 36 volte in un quinquennio. In generale, sopra alle due cifre si piazzano i comunisti e il Pdl. Non pervenuto il Pd: il più impegnato è il fratello dell’ex premier Romano, figurarsi gli altri.
Se parli con chi le liste le compila, destra o sinistra non importa, scopri che l’arcano è tutto lì, nella compilazione delle liste. Pare che i parlamentari europei si dividano in due categorie. Quelli che credono nell’arte di far politica, indipendentemente dall’Assemblea in cui siedono. E quelli che si imboscano per ripicca, perché vivono l’elezione oltreconfine come un confino. Per capire basta dare un’occhiata al Nord Ovest, casa Pd. Lì, per una Marta Vincenzi che, da eurodeputata, due anni fa combatté una lotta all’ultimo artiglio per tornare a Genova a fare il sindaco vincendo le resistenze di un partito che avendola spedita a Strasburgo pensava di averla finalmente «sistemata», c’è un Sergio Cofferati che ha fatto la battaglia inversa, da sindaco di Bologna a capolista per le Europee perché, ha detto: la mia famiglia vive a Genova e io voglio fare il papà. Le scommesse su quanti interventi farà in Aula sono già incominciate.

Burton Morris
05-05-09, 11:34
E la maggioranza litiga anche sul referendum

• da Il Riformista del 5 maggio 2009, pag. 9

di ADR

La risposta di Umberto Bossi alle intenzioni di voto di Silvio Berlusconi sul referendum del 21 giugno provocano due reazioni distinte nella politica italiana: se da un lato dividono il Partito Democratico sull`apertura alla proposta del Senatur, dall`altra accentuano ulteriormente la spaccatura tra Carroccio e Popolo della Libertà, aprendo a un`intesa tra i lumbard, una parte del centrosinistra e l`Udc. L`uscita del leader del Carroccio («Stiamo lavorando a una legge elettorale con chi ci sta») è stata registrata come una "bomba" da alcuni esponenti del Pdl che rispondono compatti alle cortesie tra Lega e Pd, non sminuendo la questione: il rischio di una crisi di governo è molto alto. Italo Bocchino, vice capogruppo del Pdl alla Camera dei Deputati ammette: «Se dovesse prevalere il sì al referendum non ci sarà poi bisogno di fare alcuna legge elettorale». Nicchia il ministro dell`Istruzione Mariastella Gelmini: «Stiamo lavorando a altre tematiche». Eppure, c`è la sensazione che le manovre di avvicinamento tra via Bellerio e il Nazareno siano sempre più avviate: obiettivo comune è quello di respingere le mire presidenzialiste dì un Berlusconi pigliatutto. In disparte, ma particolarmente attenti alla vicenda, ci sono Massimo D`Alema e Luca Cordero di Montezemolo. Per il momento, le posizioni ufficiali restano distanti. Dario Franceschini leader del Pd, che ha confermato «di votare sì» al referendum («Per abrogare la legge porcellum»), rimanda per il momento al mittente la proposta di Bossi: «Poteva pensarci prima». Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione, a cui proprio il leader di Gemonio ha affidato la partita sulla legge elettorale dopo il fallimento del referendum e la modifica della Costituzione nell`ottica del federalismo fiscale appena approvato, spiega: «Si passerà alla riforma della legge elettorale, in modo che la legge sia conseguente e coerente con le riforme realizzate». Ma entrambe le parti iniziano a comprendere che con il sì al referendum da una parte e con Berlusconi dall`altra non si va molto lontano. Linda Lanzillotta, rutelliana, ex ministro degli Affari regionali, lancia un ponte: «Sulla legge elettorale il Pd apra subito un tavolo di confronto con la Lega, prima del referendum». Il modello su cui potrebbero convergere la parti è una via di mezzo tra il tedesco e lo spagnolo, anche se differente in alcuni punti: una legge elettorale apprezzata anche dal Carroccio per il suo impianto federalista. Il punto di partenza potrebbe essere quello presentato alla fine del 2007 da Walter Veltroni e Salvatore Vassallo: un proporzionale corretto, con sbarramento al 5 per cento, senza premio di maggioranza e il primo ministro eletto dalla Camera dei deputati. Ribadisce lo stesso Vassallo: «Un sistema che si ispiri al modello spagnolo, che preveda quindi l`assegnazione dei seggi distintamente circoscrizione per circoscrizione e non sulla base del totale dei voti ottenuti a livello nazionale, che rappresenti in maniera perfettamente proporzionale i partiti con un largo consenso in specifiche aree del territorio, senza penalizzare troppo gli altri, purché superino almeno in alcune circoscrizioni il 5-6 per cento». Stessa legge elettorale di cui è stato sostenitore proprio Montezemolo. Infine, Rocco Buttiglione, presidente Udc, a Radio Radicale: «Se da parte di Berlusconi passasse l`idea di avere con il 40 per cento dei voti la maggioranza assoluta in Parlamento ed il governo del Paese senza nessuna alleanza, si potrebbe creare una grande alleanza Pd-Udc-Lega per fare una legge elettorale democratica e questa grande alleanza potrebbe andare alle urne per battere Berlusconi».

Burton Morris
06-05-09, 19:34
"Angelo è innocente". Recluso a Nahal, l'appello del papà
Con l'India non esiste alcun trattato di estradizione. La denuncia di Elisabetta Zamparutti

• da Terra del 6 maggio 2009, pag. 4

di Liliana Chiaramello

Due anni in carcere in India,una battaglia giudiziaria in corso, una condanna a dieci anni per droga, un appello non ancora fissato. Angelo Falcone, lucano di origine,fu arrestato insieme all’amico Simone Nobili il 10 marzo 2007 nello Stato dell'Himachal Pradesh, con l' accusa di detenzione di 18 chili di hascisc. Richiuso nella prigione di Nahal- paesone alle pendici dell’Himalaya- Angelo Falcone non vedeva il padre Giovanni, ex carabiniere, da un anno e mezzo. Ma una visita a sorpresa del 25 aprile ha permesso al giovane di festeggiare quest’anno il suo ventinovesimo compleanno insieme al padre. Ad accompagnarlo, l’On. Elisabetta Zamparutti, radicale nel Pd e leader del movimento Nessuno Tocchi Caino, che ha voluto verificare le condizioni di detenzione a Nahal di Angelo, del suo compagno di sventure Simone Nobili, di un terzo italiano, Vincenzo Minuno, e di un quarto, Franco Terzi, detenuto ad Ambala. Tra le alte mura di cemento del carcere di Nahan, la speranza di Angelo è appesa all'appello presentato dalla difesa (ma anche dall'accusa che chiede una maggiorazione della pena). I contatti con l'esterno sono proibiti: Angelo può solo comunicare via lettera o via fax.
Secondo il padre Giovanni, che si batte per provare l’innocenza del figlio e che sta portando avanti con un blog una campagna a favore dei detenuti italiani all’estero, la mancanza di contatti con l’esterno è una grave violazione dei diritti umani.
E di violazione parla anche l’On. Elisabetta Zamparutti “in caso di condanna definitiva” dichiara “i nostri connazionali dovrebbero scontare la pena in Italia. Con l'India non esiste alcun trattato di estradizione o rientro: è una lacuna che va urgentemente colmata. Inoltre- continua- i detenuti stranieri sono penalizzati rispetto a quelli locali: i primi non sono autorizzati neppure a una semplice telefonata gli altri, invece, hanno diritto a visite periodiche”.
Questi i motivi che hanno spinto l’On. Zamparutti, subito dopo il rientro, a presentare due interrogazioni parlamentari; una al Ministro della Giustizia al fine di sollecitare un tempestivo parere favorevole sull’ accordo bilaterale con l’ India, Paese che non e' parte della Convenzione di Strasburgo sul trasferimento dei connazionali condannati; l’altra al Ministro degli Esteri perché si impegni a ottenere dalle autorità indiane almeno il diritto, per i detenuti che non hanno rapporto stabile con il territorio indiano, di fare e ricevere telefonate da parte dei familiari. “I nostri connazionali stanno fisicamente bene” continua Zamparutti “ ma psicologicamente sono molto provati”. Soprattutto alla luce del fatto che la dura battaglia intrapresa da papà Giovanni è “nei confronti di una giustizia che ha trovato 12 testimoni contro mio figlio quando un rapporto della polizia, di cui ho il testo, dice che non ce n'era nessuno”.
“Ho in atto una seconda battaglia – conclude Falcone - contro il silenzio che su questa vicenda continuano a mantenere i media nazionali italiani. Ho scritto a Vespa, Santoro chiedendo una puntata tematica su Angelo e sui 3.000 italiani dimenticati nelle carceri del mondo. Ma non ho ricevuto alcuna risposta”.E’ proprio per evitare spiacevoli episodi di questo genere che l’On. Zamparutti insiste perché la Rai istituisca un format sui Diritti Umani, come già da due anni i Radicali e Pannella chiedono insistentemente promuovendo numerose azioni nonviolente: dagli scioperi della fame, all’occupazione della sede Rai.
Non rimane che a papà Giovanni quindi il compito di raccontare sul suo blog minuziosamente, quasi cinematograficamente, l’ incontro con il figlio Angelo “… e' stata una corsa per me appena varcato il primo cancello per raggiungere l'altro. E poi l'abbraccio e il pianto. Le guardie ci guardavano stravolte ed emozionate: non so, forse non avevano mai visto nulla di simile…”.

Burton Morris
06-05-09, 19:35
Lettera - di Angiolo Bandinelli

• da Il Foglio del 6 maggio 2009, pag. 4

di Angiolo Bandinelli

Al direttore - Visto che lei sollecita segnalazioni di testi utili per capire la storia politica italiana del dopoguerra, come richiesti dal lettore Mattia Serra, mi permetto di indicarle un testo che racconta la vera storia di questo paese. Il titolo è un po` lungo, tipicamente pannelliano ma assolutamente veritiero: "La peste italiana. Dopo la rovina del ventennio fascista, il sessantennio partitocratico di metamorfosi del male. Una storia di distruzione dello stato di diritto e della democrazia e di (re)instaurazione di un regime (neo)totalitario". Autore: Gruppo di iniziativa Satyagraha, coordinato da Antonella Casu e Marco Cappato. 2009. Richiedere a Radicali Italiani, via di Torre Argentina 76, 06-68979375.

Angiolo Bandinelli

Urca! E doppio urca!

Burton Morris
06-05-09, 19:35
Bonino: il Cavaliere disprezza le donne

• da Corriere della Sera del 6 maggio 2009, pag. 5

«Sono arrivata alla considerazione che Berlusconi è uno che le donne le disprezza»: lo ha detto a Radio Radicale la vicepresidente del Senato, Emma Bonino, interpellata sul divorzio del premier. “Ritengo che sia un fatto di rilevanza politica la mancanza di comportamento di caratura istituzionale del premier, in particolare quando tratta questioni al femminile».

Burton Morris
06-05-09, 19:36
Svegliati Europa!*

di Emma Bonino

Il messaggio centrale dell'Audit politico sulle relazione Unione europea e Cina, vale a dire l'analisi dettagliata di come ciascun Stato membro affronta le questioni più sostanziali nelle proprie relazioni con la Cina e dei loro rapporti di forza, condotto dall'European Council on Foreign Relations (ECFR), è che la politica europea nei confronti della Cina non è coordinata né condivisa e, di conseguenza, presentandoci in ordine sparso e con agende diverse - anzi, spesso facendoci del male da soli in concorrenza l'uno contro l'altro - l'influenza Europea (leverage) sulla Cina è quasi inesistente. Risultato: la Cina, che pure per via della sua storia e tradizione, conosce l'Europa attraverso i suoi secolari rapporti con singoli paesi europei, ha difficoltà a percepire l'Ue come entità unica o comunque come attore rilevante sulla scena mondiale. E, spesso, queste divisioni le accentua ad ulteriore danno dei paesi europei, non avendo incentivi a comportarsi diversamente.



Il rapporto identifica la posizione dei 27 stati membri riunendole, approssimativamente, in 4 gruppi: liberisti ideologici (Danimarca, Olanda, Svezia, capeggiati dalla Gran Bretagna) contrari a qualsiasi iniziativa protezionista anche di fronte all'attuale crisi mondiale, pronti a criticare la Cina sui diritti umani e disponibili ad incontrare il Dalai Lama seppur non ufficialmente; mercantilisti apolitici (Bulgaria, Cipro, Finlandia, Grecia, Ungheria, Malta, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Italia, e la Francia chiracchiana perché con l'arrivo di Sakozy la posizione francese è cambiata, con meno realpolitik per esempio su Olimpiadi e Tibet) che ritengono che una politica acritica sia la più adatta per far maturare benefici economici e quindi stanno storicamente alla larga da qualsiasi rilievo sui diritti umani (paradossalmente sono i paesi che più soffrono dalla crescita della Cina); industrialisti intransigenti (Repubblica Ceca, Polonia e Germania) pronti a minacciare la Cina di reciprocità in caso di protezionismi (la Germania se lo può permettere essendo il primo partner commerciale in Europa); i discepoli (Austria, Belgio,Irlanda, Paesi baltici, Lussemburgo), quelli che, passivamente, seguono la posizione europea, quando questa si manifesti.



Una fotografia non proprio lusinghiera per l'Europa: la cacofonia delle posizioni fa sì che la Cina non ci sente; la frammentarietà delle politiche fa si che non ci vede. E' fondamentale che l'Europa trovi la volontà politica e i meccanismi per superare questo stato di cose se non vuole condannarsi alla irrilevanza.



In fondo l'Europa e la Cina non hanno contrasti strategici o interessi conflittuali a livello regionale (basti pensare all'Afghanistan: ha la Cina interesse ad avere ai suoi confini uno stato musulmano integralista di matrice al qaedista? No, ma c'è da domandarsi quanto sia stata finora coinvolta, o si sia lasciata coinvolgere, in un approccio regionale alla questione) ma la strategia realista della Cina, che la rende indifferente per non dire "glaciale" su molte delle questioni internazionali, fa sì che alla fine gli obiettivi di ciascuno rimangano distanti. Ma quando l'Europa si presenta unita - è il caso dell'approccio E3 in Iran - la Cina non rimane insensibile; dove si presenta sparpagliata - è il caso della Birmania - la Cina la ignora.



Per questo, il rapporto propone un nuovo approccio che ha chiamato "reciprocal engagement", accantonando la "unconditional engagement" portata avanti finora. Per i paesi Ue ciò significa "europeizzare" le proprie politiche (perciò l'adozione del Trattato di Lisbona è importante) e il rapporto vede in Gran Bretagna, Francia e Germania gli unici paesi capaci di prendere la leadership in questa direzione. I quattro gruppi identificati dovrebbe fare più compromessi, i primi cominciando ad essere meno dogmatici e meno critici di qualsiasi posizione europea che finisce per indebolirla, i secondi a mollare le mire di un rapporto esclusivo e a sostenere posizioni comuni su Tibet e Taiwan, i terzi ad essere più selettivi nella loro critica e mettere in comune alcuni dei mercati che hanno monopolizzato (in particolare la Germania), i quarti ad essere più proattivi nel sostenere posizioni comuni. Questo darebbe all'Europa più peso sul rispetto dei diritti umani e assicurerebbe un miglior accesso ai mercati cinesi; si troverebbe in una posizione rafforzata per negoziare contenziosi su pratiche sleali e sul rispetto della proprietà intellettuale, e per incitare maggiori riforme economiche. La moneta di scambio potrebbe essere la Market Economy Status per la Cina ed un miglior accesso per gli investimenti cinesi in società europee. L'Europa deve muoversi rapidamente, in maniera coesa, concentrandosi su di un dialogo costruttivo anziché vagheggiare di volta in volta di G8, G14, G20 o G quant'altro. Il rischio è che per semplificarsi la vita si finirà per avere un G2 secco, come già qualcuno propugna, con la Cina unicamente concentrata sugli Usa e viceversa, visti i rapporti così interconnessi: mercati Usa in cambio di liquidità cinese. E' un dossier difficile e complesso, certo. Ma di fondamentale rilevanza: la Cina è oggi un attore imprescindibile sullo scacchiere mondiale dal punto di vista politico, economico, finanziario, ambientale/energetico ed altri ancora. Un' Europa coesa, magari in sintonia con l'Amministrazione Usa, avrebbe più possibilità di ottenere dalla Cina comportamenti coerenti a quello status di "responsible stakeholder" di cui parlava Robert Zoellick.

NOTE

*da Formiche - aprile 2009

il Gengis
07-05-09, 11:09
Sessant'anni per essere come gli altri
Via libera al ddl che consente al malato intrasportabile grave di votare dal proprio domicilio

• da Terra del 7 maggio 2009, pag. 2

di Liliana Chiaramello

Un diritto civile costituzionalmente codificato dall'articolo 48 e negato per sessant'anni a migliaia di cittadini italiani. Dopo anni di battaglie extraparlamentari avviate da Rita Bernardini, deputato radicale eletta nelle liste del Pd, e di militanza politica di persone come Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, ieri, finalmente, il via libera definitivo di palazzo Madama al disegno di legge che consente al malato intrasportabile grave di votare presso il proprio domicilio. "Possiamo affermare che in Italia viene finalmente introdotto il suffragio universale - ha dichiarato Rita Bernardini - che permette ai tanti elettori disabili di partecipare alla vita democratica del Paese.

C'è ancora un passo fondamentale, però, da fare affinchè il voto domiciliare diventi effettivo anche per i disabili intrasportabili non dipendenti da apparecchiature elettromedicali - continua Bernardini - ed è informare di questa possibilità coloro che ne hanno diritto.

Il testimone, dunque, ora passa dal Parlamento ai mezzi di informazione, chiamati a svolgere un compito cui fino a oggi hanno abdicato per distrazione, negligenza o per esigenze di un'agenda che troppo spesso non tiene conto dei reali bisogni dei cittadini".

Difatti, come ricorda il senatore Marco Perduca della delegazione radicale nel gruppo del Pd, l'ordine del giorno adottato al Senato all'unanimità prevede che siano le istituzioni a informare, quanto più massicciamente possibile, il malato intrasportabile grave sul diritto di voto. Sono pochi i giorni che restano a disposizione per fare domanda e godere di questo diritto già in occasione delle elezioni europee e amministrative del 6 e 7 giugno.

il Gengis
07-05-09, 11:10
In breve - Sì alla legge: anche i disabili gravi potranno votare

• da L’Unità del 7 maggio 2009, pag. 6

Il Senato ha approvato all`unanimità il disegno di legge sull`ammissione al voto domiciliare di elettori affetti da infermità. Il testo, promosso dalla radicale Bernardini, è legge e permetterà anche ai disabili intrasportabili di votare alle prossime elezioni.

il Gengis
07-05-09, 11:10
"Le accuse di Veronica? serve la verità"

• da La Repubblica del 7 maggio 2009, pag. 8

di Orazio La Rocca

«No, Berlusconi non offende le donne. Lui è fatto così, è un grande leader, un grande comunicatore in sintonia con il suo pubblico, anche se a volte lo fa con elementi di anomalia. Ma l´invito alla sobrietà fatto da Avvenire lo condivido, non solo per il premier, per tutti, stampa compresa». «Le accuse che gli ha fatto la moglie? Sono molto insinuanti, se vere sarebbero choccanti per il paese, per questo necessitano di un supplemento di verità, che non può che arrivare solo dalla moglie e dal premier, il cui intervento a Porta a Porta è stato una manifestazione di forza e di debolezza che deve far riflettere».

Berlusconi a «giudizio» di Eugenia Roccella, Sottosegretaria al Welfare, e di Domenico Delle Foglie, editorialista del quotidiano cattolico Avvenire, tra gli organizzatori del Family Day del 12 maggio 2007, il grande meeting cattolico sulle politiche familiari al quale intervenne anche l´attuale premier, a quel tempo capo dell´opposizione del governo Prodi. Per Roccella - portavoce ufficiale al Family insieme a Savino Pezzotta - «prima di dare giudizi sommari su questa vicenda sarebbe bene ricordarsi che il Vangelo non a caso invita a scagliare la prima pietra solo chi è senza peccato e critica quanti vedono la pagliuzza nell´occhio dell´altro senza tener conto della trave che si ha nel proprio occhio». Ecco perché, puntualizza, «apprezzo l´invito alla sobrietà del giornale dei vescovi». Ma come donna non le offendono le battute maschiliste del premier? «Lui è fatto così, è fuori dai canoni tradizionali della comunicazione, ma ama scherzare su tante cose e chiedergli di cambiare significherebbe snaturarlo: sarebbe come imporre a Marco Pannella di parlare solo per 5 minuti». «Un politico - aggiunge ancora Roccella - si giudica dalla politica che fa, anche se è evidente che i suoi fatti personali hanno un riverbero pubblico. E il premier dovrebbe tenerne conto. Ma non sarei entrata così pesantemente sulle sue questioni familiari, perché quando una famiglia si rompe è un fatto privato dolorosissimo che andrebbe rispettato».

Berlusconi, però, ama esternare la sua fede cattolica e presentarsi come l´alfiere del dialogo con la Chiesa e il Vaticano. Come va giudicato? «Il premier - ragiona Domenico Delle Foglie - è un cattolico molto complesso, tradizionale, nel senso che è un uomo del secolo scorso che ama il rapporto con le gerarchie cattoliche. E´ talmente sicuro di sè che non ama ascoltare la base cattolica. Una prova? Quando venne al Family Day del 2007 lo invitai ad ascoltare gli interventi della Roccella, di Pezzotta e degli altri relatori e lui sa cosa mi rispose? ‘Ma allora io cosa sono venuto a fare? Io sono venuto a parlare!´. Ed in effetti parlò a lungo, da solo con le tv, le radio e i giornali, e il giorno dopo i media parlarono in prevalenza solo di lui». Per niente entusiastica, inoltre, l´analisi che Delle Foglie fa dell´intervento del premier a Porta a Porta: «Se ha sentito la necessità di parlare direttamente al popolo per le sue vicende personali e, quel che è peggio, per respingere le accuse della moglie Veronica, è un insospettabile segno di debolezza che non può non fare riflettere. E´ bene che ora su quelle accuse così infamanti il premier faccia completamente chiarezza, perché per cose così gravi non si potrebbe fare finta di nulla. E questo lo pensano tutti i cattolici, senza distinzioni politiche».

santiago
08-05-09, 12:09
Che cosa vuol dire la nostra stella gialla

• da Il Riformista del 8 maggio 2009, pag. 4

di Marco Cappato

Caro Polito,

la stella gialla al petto dei Radicali non rappresenta la vittimistica presunzione di essere «i nuovi ebrei». Vuole invece essere un segnale d`allarme sullo Stato della democrazia cancellata nel nostro Paese. Da Berlusconi novello Fúhrer? No, ovviamente. Berlusconi è il prodotto di un Regime (partitocratico, corporativista, oligarchico) che ha operato per distruggere la Costituzione fin dal `48, smantellando ogni elemento di discontinuità con il Regime Fascista (Referendum, Bicameralismo, Regioni) del quale sino intatti i codici, oltre alle sedi fisiche (sotto nuove sigle) del potere. Nei fatti, ciò ha significato negare e tradire la volontà popolare su tutto, dal sistema "americano" all`eutanasia, dall`abolizione dei finanziamenti pubblici dei partiti alla giustizia giusta di Tortora. E ha significato negare ogni possibilità di dibattito e confronto su questi temi, rispetto alla quale l`eliminazione dei Radicali è "solo" una componente necessaria. L`evocazione della stella degli ebrei del `41 - con la brutale semplificazione e con i rischi che ogni "simbolo" porta con sé, soprattutto per chi lo trasforma in feticcio o tabù serve a ricordare che quando la legalità e la democrazia sono cancellate è un`illusione pensare che questo possa riguardare solo delle vittime isolate, magari i malati ai quali viene imposta la "morte all`italiana",oppure le vittime di quel dissesto idrogeologico che accompagna il dissesto ideologico e politico, oppure i migranti trucidati sulle coste libiche. Riguarda tutti, prima o poi, anche se in forme diverse da un passato che non si ripete. E se nel `41 avessero tutti fatto come il Re della Danimarca sotto dominio nazista, il quale annunciò che avrebbe indossatola stella gialla e ne rese così impossibile ogni imposizione nel suo regno, la noncurante accettazione di ciò che oggi (ma non allora) definiamo "indicibile" si sarebbe trasformata in rifiuto civile e di massa? A strage di legalità segue strage di popoli, è il ragionamento che Marco Pannella ossessivamente e sgradevolmente ripete. Esagerazione? Non lo è stata quando 20 anni fa riguardava profeticamente la Yugoslavia, da includere o da scacciare dall`Europa. E se non lo fosse nemmeno oggi? In ogni caso, la questione non riguarda solo i Radicali. Anzi, forse ci riguarda meno di altri, avendo noi almeno quella consapevolezza evidentemente mancante nella strumentalità delle grida dipietresche e franceschiniane, che di quel Regime sono parte integrante e volentieri integrata.

santiago
08-05-09, 12:10
Int. a Sergio D'Elia: E' proprio vera semplificazione?

• da La Voce Repubblicana del 8 maggio 2009, pag. 2

di Lanfranco Palazzolo

Il sistema che uscirebbe fuori da questi referendum elettorali sarebbe ben peggiore di quello esistente. Lo ha detto alla "Voce Repubblicana" Sergio D`Elia, membro del Comitato per il "No" ai referendum elettorali di Mario Segni. Ecco perché questi quesiti sono da bocciare.

Sergio D`Elia, perché avete fondato il Comitato per il "No" al referendum?

"Durante la campagna di raccolta delle firme sui referendum non abbiamo aiutato il Comitato promotore. Ma, in termini metodologici, abbiamo detto che era giusto che le firme venissero raccolte. Noi siamo sempre stati referendari e quindi abbiamo sempre sostenuto la necessità di mettere chiunque nella condizione di raccogliere le firme sui referendum. Nel merito riteniamo che l`obiettivo di questo referendum è esattamente l`opposto di quello che si sono proposti gli animatori e promotori dei quesiti sui quali gli elettori si esprimeranno. Se vincessero i sostenitori del"sì", l`esito legislativo che i referendum avrebbero non sarebbe quello del bipartitismo. Siamo convinti che questo voto rafforzerebbe il regime dei partiti, dando più forza a queste forze politiche. L`esito referendario non porterebbe ad una semplificazione politica".

Quali sono gli equivoci di questi referendum?

"Gli elettori non hanno ancora capito se con questi referendum ci sarà il ritorno dei collegi uninominali. La realtà è ben diversa. Il referendum produrrebbe un proporzionale con il premio di maggioranza al partito che prende più voti. Nessuno avrebbe la scelta di scegliere i propri candidati visto che le liste bloccate rimarrebbero. Un altro aspetto molto negativo è che alle elezioni politiche verrebbero presentati due listoni con le vecchie coalizioni che diventano un`unica lista. E in Parlamento si formerebbero nuovamente i vecchi partiti. Il sistema che uscirebbe fuori da questo voto sarebbe ben peggiore di quello esistente".

Pensate che il Comitato per il "sì" abbia le idee confuse? Proprio mercoledì scorso il senatore Stefano Ceccanti ha ripresentato il mattarellum...

"E` un sistema nel quale la quota proporzionale era il premio dei collegi uninominali. Proprio questa quota proporzionale era oggetto di contrattazione politica per stabilire quanti eletti spettavano ad ogni partito. Si deve mettere in discussione il sistema politico con il presidenzialismo e il federalismo. Questa è la riforma che gli italiani vogliono".

Farete campagna per far disertare le urne o manderete gli italiani a votare "no"?

"Non abbiamo mai fatto campagne astensioniste. Vogliamo aprire un grande dibattito in Italia sul regime dei partiti".

Se il suo voto fosse necessario per raggiungere il quorum ai referendum e far vincere il "sì", andrebbe a votare?

"Sì, ci andrei senza esitare e voterei “no". Nel merito noi riteniamo che l`esito di questo referendum porterà esattamente all`opposto di quello che hanno in mente gli stessi promotori".


IN PRIMO PIANO


Che cosa vuol dire la nostra stella gialla

Rai 2: ore 21, Emma Bonino ospite di Anno Zero

Radicali: costituito il Comitato per il No al referendum elettorale

APE. Casu, De Lucia e Mellano: primo passo della Provincia di Roma, ora si faccia quanto prima la delibera di Consiglio

santiago
08-05-09, 12:10
Europee alla radicale. E Pannella sciopera

• da Il Manifesto del 8 maggio 2009, pag. 4

Non sarà facile, per i Radicali scavalcare la soglia del 4% e accaparrarsi un seggio a Strasburgo. Per riuscirci, il partito ha messo in campo, o meglio in lista, tutti i leader storici: Emma Bonino e Marco Pannella, Marco Cappato e Aldo Loris Rossi, Mina Welby e Silvio Viale ad aprire le liste nelle varie circoscrizioni; Angiolo Bandinelli, Sergio Stanzani, Gianfranco Spadaccia, Giuseppe Rippa e Roberto Cicciomessere, ex segretari del partito, a chiuderle. Le liste sono state presentate ufficialmente questa mattina. Tutti presenti, con la stella gialla appuntata al petto, «simbolo di altre tragedie e di altri tempi, quando la democrazia - ha detto Emma Bonino - dovette soccombere davanti ai totalitarismi nazifascista e comunista. Questo è il nostro monito: dove vi è strage di legalità, vi è sempre strage di persone». Con la stella sulla blusa anche lui, il leader Pannella annuncia uno sciopero delle interviste in tv e ai giornali per protestare contro la «totale mancanza di democrazia nel nostro Paese». «Tutt`al più ha aggiunto valuterò se mandare qualche scritto ai quotidiani come partigiano europeo di giustizia e libertà». Nel suo intervento trasmesso da Radio Radicale si è poi rivolto al presidente della Repubblica invitandolo ad intervenire a favore della nostra democrazia: «Se vuoi chiamami», ha detto rivolgendosi a Giorgio Napolitano. E poi ha aggiunto che chiederà di essere ricevuto da Silvio Berlusconi e da Gianfranco Fini. Parlando ancora del Capo dello stato, Pannella lo ha invitato a rivedere la decisione di non concedere la grazia ad Adriano Sofri, cosa che ha invece concesso a Ovidio Bompressi. Il leader radicale ha espresso un giudizio positivo sulla decisione di Napolitano di ricevere anche la vedova Pinelli insieme alle altre vittime della strage di Piazza Fontana, ma ha fatto notare che questa idea potrebbe essergli stata data proprio dall`ultimo libro di Adriano Sofri, «La notte che Pinelli».

il Gengis
11-05-09, 20:56
Blitz dei radicali italiani ieri mattina a Revere.

• da La Voce di Mantova del 11 maggio 2009, pag. 7

di Nicola Antonietti

Blitz dei Radicali Italiani ieri mattina a Revere: un gruppo di esponenti della Lista “Bonino-Pannella”, tra cui i deputati Maria Antonietta Farina Coscioni e Maurizio Turco, si è recato presso la struttura reverese per protestare sia contro lo spreco di denaro pubblico, ma anche contro la situazione carceraria in Italia dove – per citare uno dei cartelli che gli esponenti radicali hanno portato con sé – “le carceri vecchie scoppiano e quelle nuove marciscono”.



Nella loro visita reverese i due deputati radicali sono stati accompagnati dai candidati alle elezioni europee Sergio Ravelli e Michele Rana e da un gruppo di altri esponenti radicali tra cui il referente mantovano Tommaso Tonelli: una visita che, partendo dal carcere di Revere andrà a toccare tutte le altre strutture carcerarie del nord Italia che versano in stato di mancato utilizzo se non, come nel caso reverese, di abbandono più totale: “È il classico paradosso all’italiana” ha affermato Maria Antonietta Farina Coscioni “abbiamo strutture carcerarie ormai vecchie e sovraffollate, con gravi ripercussioni sulla dignità degli individui ed un aumento dei casi di suicidio; contemporaneamente abbiamo diverse strutture, come quella di Revere, che potrebbero funzionare egregiamente ed invece si trovano in uno stato che lascia sconcertati.” “Il nostro appello va al ministro della Giustizia Alfano” ha poi aggiunto Maurizio Turco “affinché lo stato ceda queste strutture ai comuni i quali, in accordo con le rispettive province e regioni, potranno pensare ad un riutilizzo. Qualsiasi tipo di riutilizzo, purchè tali strutture, con grave spreco di denaro pubblico, non restino abbandonate”. Il carcere di Revere, la cui costruzione è iniziata nel 1989 per poi interrompersi definitivamente nel 2000, è stato oggetto di numerose attenzioni, senza che però si arrivasse ad una soluzione: vanno ricordati l’interrogazione presentata da diversi parlamentari tra cui Gianni Fava, l’interessamento del Dipartimento Giustizia Minorile, dello stesso Ministero della Giustizia, che nel 2007 ne valutò la destinazione a struttura sanitaria per carcerati: “La visita degli esponenti radicali è importante per tenere desta l’attenzione sul carcere di Revere” ci ha detto l’assessore ai lavori pubblici di Revere Piero Zanella, giunto ieri mattina con il vicesindaco Stefano Facchini “Ci auguriamo che il ministro Alfano possa trovare, in tempi brevi, una soluzione a questa vicenda che si trascina da moltissimo tempo”.

il Gengis
11-05-09, 20:57
I Radicali: “Per Reggi disastro annunciato. La procura piacentina non ha indagato ?”

• da La Cronaca di Piacenza del 11 maggio 2009, pag. 5

La magistratura piacentina apra subito un’inchiesta in base alle dichiarazioni del sindaco dopo il crollo – “un disastro annunciato” – e sull’esposto del 2006 presentato dall’architetto Enzo Tra sciatti”. Lo chiedono i deputati Radicali che ieri sono venuti in città sia per l’interrogazione parlamentare al ministro Matteoli sul ponte (presentata il 6 maggio) sia per sostenere alcuni candidati alle europee e il loro pamphlet di denuncia “La peste italiana”, sulla distruzione della democrazia.



I deputati Maurizio Turco e Maria Antonietta Farina Coscioni si sono detti pronti a portare loro un esposto, con allegata la loro interrogazione firmata da altri 5 parlamentari, alla procura piacentina se le toghe non apriranno un fascicolo.



La vicenda del ponte ha un’accelerazione. Diversi i punti su cui i Radicali chiedono di fare luce: le dichiarazioni di Reggi, i soldi pagati da Auchan (circa 200 milioni di euro) per i lavori notturni così da accelerare la ristrutturazione della struttura, l’esposto dell’architetto Tra sciatti nel 2006 (“segnalò già nel 2006 la presenza di una fessura, proprio nell’arcata crollata, così grande che una coppia di piccioni vi aveva nidificato” si legge nell’interrogazione.



C’è poi un punto del documento parlamentare riguardante i lavori 2008, affidati alla ditta Else s.p.a. per circa 2 milioni di euro: “sul portale del Compartimento Anas della Lombardia i citati lavori risultano sospesi in una fase di completamento appena pari al 37, 7 per cento mentre il dirigente del medesimo Compartimento ha dichiarato che l’avanzamento era giunto al 60 per cento.”



Riguardo all’Auchan, nell’interrogazione si chiede se sia vero “che un importante centro commerciale di San Rocco (l’Auchan ndr)… abbia parzialmente contribuito alla realizzazione dei citati lavori di verifica e ripristino ottenendo che si svolgessero non nelle ore diurne, ma in quelle notturne, così evitando di chiudere il ponte durante l’orario di apertura al pubblico, ma creando evidenti difficoltà nonché lungaggini e difficoltà operative e realizzative.”

Inoltre, i deputati chiedono anche se Matteoli intenda accertare “responsabilità interne nella fase di predisposizione e affidamento dell’appalto e dei relativi capitolati tecnici nonché di vigilanza sulla sua esecuzione”.



“Una cosa è certa: il caso del ponte – secondo Turco – è un caso emblematico della situazione italiana, la peste. Era prevedibile e non è stata evitata. Chi ha responsabilità paghi e chi ha responsabilità di governo dia risposte”.



E ancora: “Il sindaco ha detto ‘disastro annunciato’: mi meraviglia che la procura, di fronte a queste dichiarazioni, non abbia aperto un fascicolo”.



Quando la procura di Lodi ha autorizzato l’Anas a fare rilievi, per Turco, nasce una contraddizione “Il controllato è autorizzato a fare il controllore. Viene il sospetto che l’Anas possa manomettere la prova che va contro Anas stessa.” E di contraddizione politica ha parlato Concioni: “I cittadini devono finanziare l’Anas per la ricostruzione. Il ddl del centrodestra è demagogico.



Oltre a Giuliano Guidi erano presenti i candidati alle Radicali alle europee Monica Mischiatti e Piero Capone.

il Gengis
11-05-09, 20:57
Blitz dei radicali al carcere. I lavori alla struttura di Revere fermi da 10 anni. “Il piano Alfano non risolve nulla”

• da La Gazzetta di Mantova del 11 maggio 2009, pag. 7

Revere. Un sopralluogo per mettere l’accento sullo stato di degrado del carcere di Revere. C’erano una decina di simpatizzanti e iscritti ai Radicali, ieri, ad accompagnarli i due parlamentatri Maria Antonietta Farina Concioni e Maurizio Turco, con i candidati Michele Rana e Sergio Ravelli, alla visita della struttura carceraria incompiuta da 19 anni. Un’ispezione di protesta contro il Piano Alfano che secondo i Radicali non risolve il problema del sovraffollamento.



“E’ una truffa ai danni degli italiani – dice Michele Rana, candidato per il Nord Ovest alle Europee – tante strutture non sono nemmeno state attivate. Questo è il sintomo di un regime che dice di voler perseguire obiettivi di miglioramento delle carceri e invece non fa nulla”.

Rana ricorda che in Italia ci sono 21mila detenuti in più rispetto alla capienza delle strutture. “oltre a violare i diritti sanciti dalla Costituzione italiana crea una situazione di disagio anche tra la polizia penitenziaria. Gli stessi agenti sono in pericolo: l’anno scorso ci sono stati 650 feriti in colluttazioni”.



Per accelerare la costruzione di nuove carceri si dovrebbe fare ricorso, secondo il ministro Alfano, ai privati e i tempi delle autorizzazioni saranno dimezzati. Per il carcere di Revere i lavori erano iniziati nel 1988 e mai finiti. Sospesi dal 2000 e mai più ricominciati. Il penitenziario doveva costituire prima una casa di detenzione circondariale, poi un istituto per la custodia attenuata dei tossicodipendenti. In realtà è da anni un ammasso di erbacce, muri scrostati, controsoffittature cadenti. Nell’intenzione dell’allora governo avrebbe dovuto avere 60 posti.

Burton Morris
13-05-09, 23:50
Legge 40: se la destra ci riprova

• da L'Unità del 13 maggio 2009, pag. 35

di Maria Antonietta Coscioni

Un mese fa, quando la Corte Costituzionale bocciò parzialmente la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, eliminando alcune delle sue parti più controverse, la maggioranza di centro-destra, si affannò a spiegare che la sentenza non ne intaccava comunque l`impianto. Ora disponiamo delle motivazioni della sentenza, ed emerge chiaramente la pretestuosità di quelle affermazioni: si tratta di una bocciatura senza appello della legge. Non poteva che essere così. La Corte Costituzionale ha detto "no" ad una legge irragionevole e iniqua, che in ossequio a finalità ideologiche non ha alcun rispetto per la salute della donna e la libertà della scienza: diritti che, giova ricordarlo, sono espressamente tutelati e garantiti dalla Costituzione. Viene sancito che non spetta al legislatore individuare di volta in volta il numero di embrioni idoneo «per assicurare un serio tentativo di procreazione assistita, riducendo al minimo ipotizzabile il rischio per la salute della donna e del feto». E viene dettoi che il limite dei tre embrioni per volta da impiantare contemporaneamente in utero, viola l`articolo 3 della Costituzione, «sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza». Esattamente quello che come associazione Luca Coscioni avevamo sostenuto fin dal primo momento. Si tratta di una sentenza importante: consente una maggiore tutela della salute della donna; e restituisce quella necessaria flessibilità di scelta sulla quantità di ovuli da impiantare che spetta alla professionalità del medico valutare, caso per caso. Una sentenza che potrà contribuire a ridurre l`avvilente fenomeno del turismo procreativo. La Società italiana di studi di medicina della riproduzione ricorda che sono circa 10mila ogni anno le coppie costrette a rivolgersi a centri esteri di procreazione assistita. Ora occorrerà vigilare. La sottosegretaria al Welfare Eugenia Roccella, all`indomani della sentenza, ha promesso nuove linee guida per i centri specializzati che giustamente lamentano la mancanza di indicazioni concrete. Da questa maggioranza ci si può benissimo aspettare il tentativo di inserire disposizioni che ripristino il divieto di analisi pre-impianto e cerchino di annullare la sentenza della Corte Costituzionale. Per questo propongo un tavolo condiviso fra società scientifiche, istituzioni e associazioni di pazienti, con naturalmente - se vorrà partecipare - il vice-ministro alla Sanità Ferruccio Fazio; un tavolo che consenta di identificare un percorso nuovo, nell`interesse della salute delle donne.

Burton Morris
13-05-09, 23:50
"Sono per il 'No' ma niente astensione"

• da L'Unità del 13 maggio 2009, pag. 10

di Emma Bonino

Perché noi radicali abbiamo, per primi, costituito il Comitato per il no? Semplice: perché se dovessero passare i quesiti sul premio di maggioranza alla lista che ottiene più voti si aggraverebbe l`attuale legge elettorale, elegantemente definita come «porcata» dal suo estensore, e si determinerebbe un bipartitismo caricaturale dove «sotto il vestito niente»: niente strumenti di garanzia, niente contrappesi, niente collegi uninominali, niente primarie all`americana, niente Parlamento di eletti ma solo di cooptati. Altro che restituire il potere di scelta ai cittadini! Sia chiaro: noi siamo referendari ma per il tipo di referendum previsto dalla Costituzione non da un regime oligarchico. Non a caso il Comitato nasce anche per rafforzare la legalità referendaria: nel corso degli anni i referendum sono stati snaturati e sviliti dalle sentenze eversive della Consulta e dal tradimento dei partiti e del Parlamento. Se si fosse attuato l`esito dei referendum di inizio anni 90, la riforma americana l`avremmo già fatta da un pezzo. E non ci illudiamo che il referendum del 21 giugno sia un passaggio democratico, anzi sappiamo che non lo sarà: basta guardare. E per il dopo? «C`è chi parla di modello francese, chi di tedesco e del Mattarellum» alla leggina bipartisan varata per spostare la data del voto oltre i limiti temporali previsti dalla legge sul referendum e al regolamento della Commissione di Vigilanza per le tribune elettorali. Chi, come il Pd, invita a votare sì per poi illudersi di fare la riforma elettorale «tutti insieme appassionatamente» fornisce la motivazione meno sostenibile perché il referendum non è un sondaggio: i padri costituenti vollero il suo esito «vincolante» mentre i massimi esponenti del Pd lo considerano solo uno stimolo, una specie di Euchessina in dosi massicce. E per stimolare quale legge poi? C`è chi parla di riforma alla tedesca, chi alla spagnola e chi alla francese e di un ritorno addirittura al Mattarellum... E dico al partito trasversale degli astensionisti: attenzione alle scorciatoie ruiniane. E non vorremmo rimanere i soli a coltivare convinzioni e legalità. L`astensione non è e non sarà mai un fronte credibile di «resistenza» democratica. «Non andate a votare, andate al mare»: l`hanno detto in tanti nel passato e per ultimo il Cardinal Ruini. Sapete che c`è? Io al mare non andrò. Il Comitato è aperto al sostegno di tutti (si può mandare la propria adesione all`indirizzo noalreferendum@radicali.it). Perderemo? Forse, ma nei momenti difficili bisogna rimanere punto di riferimento per il futuro, continuando a lavorare per un cambio di cultura politica. E bisogna insistere: la legalità non è mai un optional.

Burton Morris
13-05-09, 23:51
Sos dall’India. Non dimenticatevi di noi
Rari contatti con l’esterno. Una stuoia per letto. Da mangiare, solo lenticchie e riso. Abbiamo incontrato i nostri connazionali in carcere a Nahan e Ambala.Reportage in visita ai detenuti italiani nel subcontinente.

• da Oggi del 13 maggio 2009, pag. 86

di Elisabetta Zamparutti

Nahan(India) - Un padre e un figlio si trovano faccia a faccia, finalmente, a un anno e mezzo dall’ultimo incontro. A tenerli lontani, molte migliaia di chilometri ma soprattutto la pesantissima condanna a 10 anni di carcere che il più giovane sta scontando in un carcere dell’India per un’improbabile traffico di droga. Angelo è un po’ più in carne rispetto all’ultima volta che papà Giovanni l’ha potuto incontrare. E per tutto il tempo del colloquio chiede della mamma e della sorella. Si commuove quando il padre gli consegna alcune lettere di amici e cinque fogli di firme di solidarietà raccolte nei bar del paese, Rotondella (Matera). Con le lacrime agli occhi, chiede al padre di ringraziare anche quelli che da tutta Italia gli scrivono lettere. «Per me è importante, mi danno coraggio, mi aiutano ad andare avanti, mi fanno sentire ancora vivo». Chiede anche di scusarsi per lui, se non riesce a rispondere a tutti per la mancanza in carcere di fogli e buste sufficienti. Poi, da un cellulare messo in viva voce, arriva la voce della mamma. Solo pochi secondi. E l’emozione è palpabile. È anche il giorno del suo compleanno, così il padre fa comperare due bottiglie di coca e due scatole di pasticcini. «Abbiamo festeggiato con i detenuti e le guardie presenti, accomunati in un unico abbraccio che ha cancellato diversità di ruolo e condizione: solo esseri umani uniti nella gioia di una festa», racconta Giovanni Falcone. «È stato il più bel regalo che potessi farmi nel giorno del mio compleanno», gli ha detto il figlio. Poi, al momento del distacco, baci, abbracci e tanta tristezza. Mentre va via, il padre continua a guardare Angelo dietro il cancellone, mentre piange. Ha le braccia protese tra le sbarre, quasi a tentare di tirarlo a sé. «Ho ancora negli occhi il suo sguardo, mi sono sentito e mi sento ancora un vigliacco ad averlo lasciato lì, era come se lui mi invocasse e chiedesse “papà non andare, portami con te o rimani qui”».

Mille contraddizioni

La strada per Nahan è lo specchio delle contraddizioni dell’India: un Paese che nonostante la crisi «cresce» del 5 per cento l’anno, e che a due su tre del miliardo di abitanti dà per vivere neanche due euro al giorno. La città è a 300 chilometri da Delhi, ma per arrivarci ci vogliono più di 6 ore e mezza, e tutta la perizia di un autista capace di scansare camion, carretti, biciclette, persone e animali di ogni genere. La chiamano superstrada, ma è lo spaccato di una società del benessere e della povertà. Incroci carretti carichi di sacchi di fieno trainati da un mulo e, ai lati, centri commerciali moderni e baracche in lamiera. Quando lasciamo la «superstrada » per salire verso l’Himalaya, la corsia è una sola. Donne, uomini e bambini sul ciglio della strada spaccano pietre in maniera più o meno minuta vicino a tende e brandine, giacigli su cui coricarsi nei momenti di stanchezza. Una povertà che però non si traduce in alti tassi di criminalità.

In attesa di giudizio

L’organizzazione non governativa Commonwealth Human Rights Initiative, che incontro a Delhi il giorno dell’arrivo, mi conferma che i detenuti in India sono 300 mila, di cui 400 condannati a morte. Se penso che in Italia sono più di 60 mila, su 60 milioni di abilitanti, il divario salta agli occhi. Ci accomuna invece la lentezza della macchina della giustizia: i detenuti in attesa di giudizio, in India come in Italia, superano il 50 per cento. Gli italiani che pur residenti nel nostro Paese sono in prigione all’estero, sono poche centinaia, per lo più turisti. Come Angelo Falcone e Simone Nobili che il 9 marzo 2007, al loro primo viaggio all’estero, sono incappati nelle maglie della giustizia indiana per un improbabile «traffico internazionale di droga». La polizia di Mandi sostiene di averli sorpresi a notte fonda con 18 chili di hashish mentre, insieme con due indiani, erano diretti in taxi all’aeroporto di Delhi. In realtà, l’arresto sarebbe avvenuto proprio a Mandi, nella misera casa di quei due indiani, dove Angelo e Simone alloggiavano. Portati al commissariato, hanno firmato una dichiarazione scritta in hindi, lingua a loro ignota, che confermava la versione della polizia. E così hanno sottoscritto la loro condanna a 10 anni di carcere da scontare a Nahan, nello Stato dell’Himachal Pradesh. Proprio lì siamo stati con Giovanna Mirelli, dell’ambasciata italiana, e il papà di Angelo, Giovanni Falcone, carabiniere in pensione che si è visto crollare il mondo addosso dopo una vita spesa al servizio di «legge e ordine». Ora si batte non solo per provare l’innocenza del figlio ma anche per i diritti umani di tutti gli italiani detenuti all’estero, perché possano almeno telefonare alle famiglie quando le visite sono rese impossibili dalla distanza, e perché possano, se condannati in via definitiva, scontare la pena nel proprio Paese.

Un po’ di porchetta

Angelo ci aspetta. Non vede il padre da un anno e mezzo e gli si avventa addosso in un abbraccio che li scioglie in lacrime. È molto pulito, fisicamente sta bene e i suoi occhi neri sprizzano gioia per questa visita giunta come un regalo il 26 aprile, giorno del suo compleanno: festeggia i 29 anni anche con un po’ di porchetta portata dall’Italia. I colloqui si svolgono normalmente in uno spazio di transito, seduti su coperte stese sul pavimento, sotto lo sguardo benevolo del Mahatma Gandhi appeso al muro. Noi, invece, siamo invitati a salire nell’ufficio del direttore Sharma Brijesh. Angelo e Giovanni parlano fitto su un divano, mentre il direttore mi racconta la situazione del carcere e dei nostri connazionali. In totale vi sono 329 detenuti, tra cui 7 donne e un solo malato di Aids, sistemato in una cella a parte. Gli stranieri sono cinque: tre italiani e un inglese detenuti per droga e un messicano incarcerato perché trovato con il visto scaduto, reato molto grave da queste parti. Angelo è costretto in una cella quadrata di due metri e mezzo di lato. E la divide con il compagno di sventura Simone Nobili, un ragazzo magro dagli occhi scuri e vivaci e una leggera barba, nera come i capelli. Le loro speranze di tornare presto in Italia sono legate al processo d’Appello. Prima stavano in un camerone con altri 30 detenuti e il «privilegio» di una cella tutta loro è il premio del direttore per la buona condotta. Dormono per terra, su un paio di coperte piegate e che sarebbero sempre le stesse se l’Ambasciata ogni tanto non ne portasse di nuove. Il bagno consiste in una turca e una doccia messe in un angolo. Fa molto caldo, è facile prendersi pulci e zecche, il vitto è ogni giorno riso e lenticchie. Vincenzo Minunno è l’unico dei tre italiani detenuti a Nahan con una condanna definitiva: 10 anni, di cui già sette scontati. È un «orso» sulla quarantina di Cusano Milanino che da tempo non ha contatti con familiari o amici, né li cerca. Non ha rapporti con i detenuti italiani, né con gli indiani con cui divide una cella da venti posti. Dice che sta bene da solo e, anche se la giornata è noiosa, non legge perché non riesce ad andare oltre le poche righe iniziali di qualsiasi testo. Psichicamente segnato. Per lui, la funzionaria italiana quasi litiga col dottore del carcere che non la tiene informata sui trattamenti sanitari che lo psicologo mandato dall’ambasciata richiede. verso ambala Andiamo a fare visita anche a Franco Terzi, detenuto ad Ambala. Il carcere è grande, con un muro di cinta rosso. Su un tabellone nero sono segnati i dati della giornata: 1.519 detenuti, tra cui 4 condannati a morte, tre uomini e una donna. Franco dimostra almeno 55 anni, i capelli brizzolati raccolti in una coda e la barba corta e curata. La sua vicenda è simile a quella degli altri: detenzione di droga a fini di spaccio e condanna a 10 anni, in attesa di Appello. A differenza degli altri, ha la fortuna di essere sposato con una neozelandese che vive a Goa e che ogni tanto lo va a trovare. Dorme in una stanza con altri 40 detenuti, ma su una branda, anche qui premio per la buona condotta. Ad Ambala, non solo lenticchie: la dieta prevede anche mezzo litro di latte al giorno e un minestrone la sera. Come sarà anche il futuro di questi italiani? So solo che non abbandonarli, colpevoli o innocenti che siano, sarebbe il segno della nostra civiltà, della nostra umanità.

Elisabetta Zamparutti deputata radicale e tesoriera di Nessuno tocchi Caino (per devolvere il «5 X mille» www.nessunotocchicaino.it)

il Gengis
18-05-09, 10:29
La vedova Welby "per i diritti dei singoli"

• da Secolo XIX del 14 maggio 2009, pag. 3

Democrazia, diritti e Stati uniti d`Europa: sono i temi della campagna elettorale per le europee della lista Bonino-Pannella, che per la circoscrizione Nord-Ovest schierano tra i candidati la moglie di Piergiorgio Welby, Mina, Bruno Mellano, Deborah Cianfanelli e Michele De Lucia, presentati ieri a Genova. «Al Parlamento europeo i radicali vogliono portare i diritti dei singoli all`autodeterminazione» ha detto Mina Welby, della direzione dell`associazione Luca Coscioni. Il presidente di Radicali italiani, Bruno Mellano ha detto che si tratta di «candidati militanti» ed ha sostenuto che «in Italia ègià in corso un regime diverso da quello voluto dai costituenti». Cianfanelli, radicale ligure e avvocato, ha invitato a«non sprecate il voto nell`accozzaglia della maggioranza o far avere il 4 per cento a qualche partito e a votare i radicali».

il Gengis
18-05-09, 10:30
La scelta di Maria per la libertà della coscienza

• da Terra del 14 maggio 2009, pag. 10

di Simonetta Dazi* e Marco Cappato**

‘’Io ho la sclerosi multipla per ora va ancora benino, ma sento che ogni giorno perdo qualcosa del mio corpo e della mia autonomia . Ho 40 anni, sono sola e penso proprio che lo rimarrò. Arrivata al momento in cui la solitudine e la malattia avranno mangiato quello che ancora c'è, farò anche io la stessa scelta: per non pesare sul mio unico fratello, per non pesare su nessuno, non per vigliaccheria, ma per mantenere integra la mia dignità di persona, di essere umano’’.

Ecco la scelta di Maria, in uno stralcio di lettera pubblicata su Agenda Coscioni. Una voce che potrebbe essere quella delle circa tremila persone che hanno risposto all’invito – rivolto dalle associazioni Luca Coscioni e A buon diritto - di redigere un testamento biologico compilando un modulo prestampato per poter testimoniare le volontà individuali sui trattamenti di fine vita: migliaia di fogli sono arrivati via fax, via mail, per posta, a sottolineare la determinazione di tante persone di scegliere per se stesse, di decidere riguardo valori fondamentali della persona come il significato del diritto alla vita, la dignità dell’uomo, il diritto all’autodeterminazione. Forse una piccola testimonianza, è vero, se la si misura su scala nazionale, ma utile a mettere in evidenza quello scollamento dei cittadini da una politica che ormai, su molti temi, non incontra l’orientamento generale del Paese. Come ricostruito nella recente pubblicazione del partito radicale ‘’La peste italiana’’, esiste un Paese che sembra essere l’esatto contrario di quello che quotidianamente televisioni, giornali, media ci raccontano: ma le risposte dei cittadini spesso ci portano a fotografare l’altra Italia, molto lontana da quella morale cattolica che si pretende dominante.’’L’andamento di queste risposte, costante nel tempo, - si legge nella pubblicazione dei radicali - dimostra che la società italiana è, nei suoi valori e nei suoi orientamenti di fondo, niente affatto in sintonia con la Chiesa per quanto riguarda i diritti civili e le questioni cosiddette etiche e con i partiti sulle grandi scelte istituzionali e politiche. Al contrario, se una sintonia c’è e si mantiene intatta con il trascorrere del tempo, è proprio con coloro come i radicali che si oppongono a questa immagine artefatta della società italiana e sono per questo oscurati e messi a tacere’’.

Il caso più significativo è quello dei sondaggi sull’eutanasia:per la Chiesa un omicidio, per l’intera classe politica senza eccezioni, tema da non includere nell’agenda politica. Ma le risposte dei cittadini, sollecitati dai sondaggi in un ragguardevole lasso di tempo, portano alla luce, maggioranze favorevoli a un legge su questo tema.

Nonostante questa mistificazione mediatica nei confronti delle posizioni laiche, sulle scelte di fine vita non sono pochi gli italiani che non rinunciano a dare battaglia e a mettere in atto una resistenza attiva per vedere riconosciuti i propri diritti. Solo il mese scorso,infatti, a Roma l’Associazione Coscioni in poche settimane è riuscita a raccogliere le firme necessarie per una delibera comunale per istituire un registro dei testamenti biologici. E la raccolta firme promossa dall’associazione continua in tutta Italia per dare la possibilità a ciascuno e ovunque di redigere il testamento biologico, secondo principi di responsabilità e di libertà, come previsto dalla Carta Costituzionale, dal codice deontologico dei medici, dalla migliore giurisprudenza e dalle convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese (Convenzione di Oviedo, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea). Inoltre l’Associazione sta raccogliendo firme per una petizione al Parlamento affinché sia fatta un’inchiesta sul fenomeno dell’eutanasia clandestina e il fine vita venga regolamentato attraverso norme rispettose della libera responsabile scelta individuale.

Si tratta di tentativi per colmare quel vuoto legislativo emerso con i casi Welby, Nuvoli, Englaro, Ravasin, e che il Parlamento non ha, a tutt’oggi, saputo affrontare adeguatamente con una legge condivisa e rispettosa delle diverse posizioni etiche esistenti. Il disegno di legge Calabrò, rimasto fermo alla Camera, rischia di peggiorare la situazione prevedendo paletti e divieti che oltre a non far rispettare il principio dell’autodeterminazione del paziente, non avrebbero potuto contrastare il fenomeno, costantemente in aumento, dell'eutanasia clandestina.

Simonetta Dezi, Associazione Coscioni e Marco Cappato, deputato europeo radicale



BOX SONDAGGI

Sondaggio SWG del 26 aprile 2002: favorevoli alla legalizzazione dell’eutanasia 46%, contrari 35%, interlocutori (in attesa di conoscere la soluzione legislativa) il 13% , incerti il 6%.

Sondaggio Eurispes del 31 gennaio 2003 (Rapporto Italia): favorevoli il 60%, contrari il 27. Nel rapporto Italia del 1987 i contrari erano invece il 40%, il 24,5% favorevole e il 20% solo in presenza di casi disperati

Sondaggio Vanity Fair del 23 febbraio 2005: il 50% favorevole per i malati terminali, il 37% contrario.

Sondaggio DOXA del 24 marzo 2005. Il 60% degli intervistati è favorevole alla legalizzazione: il 78% di essi l’ammette solo se richiesta dal paziente, il 73%.

Sondaggio SWG del 14 dicembre 2006 condotto fra gli elettori del centro sinistra: il 61% degli intervistati favorevole all’eutanasia, l’87% si dicono contrari alle pratiche mediche che tengono in vita i malati ad ogni costo, l’85% favorevole a una legge sul testamento biologico.

Sondaggio ISPO- Corriere della Sera del settembre 2006: il 58% ritiene opportuno legalizzare l’eutanasia, il 37% è contrario.

Sondaggio IPSOS, pubblicato da Vanity Fair nel dicembre 2008: il 57% non è d’accordo con la Chiesa che ha ribadito il suo NO a ogni ipotesi di interruzione della vita”

NOTE

* Associazione Coscioni
**Segretario Associazione Coscioni, europarlamentare radicale

il Gengis
18-05-09, 10:30
Affissioni abusive, partiti condonati

• da Economy del 14 maggio 2009, pag. 13

di Dimitri Buffa

Per ogni elezione amministrativa, politica, referendaria o europea i Comuni spendono qualcosa come 100 milioni di euro per rimuovere una mole impressionante di manifesti affissi abusivamente. Il solo Comune di Roma nelle tornate elettorali del 2006 e del 2008 ha speso ogni volta circa 10 milioni di euro per ripulire la città. I Radicali, capitanati dall`ex consigliere comunale Mario Staderini e dalla deputata Rita Bernardini, hanno consegnato alla procura della Repubblica capitolina un dossier sui misfatti dei partiti e di quei Comuni che usano ben poco zelo per contrastare questo fenomeno. E che da tempo avevano preso anche l`abitudine di multare per svariati milioni di euro quelle forze politiche che violavano le leggi di riferimento, mettendo anche a bilancio i presunti introiti derivanti da queste multe. Solo per fare un esempio, a Roma nel 2008 sono state fatte 5.472 multe, che al costo di 400 euro l`una, determinano un totale di 2 milioni e 188 mila euro. Nella capitale sono stati affissi manifesti abusivi persino a pochi metri dal palazzo del Quirinale e della Corte costituzionale oltre che su muri di caserme di polizia e dei carabinieri. Ora però è emerso un problema che rischia di creare rilevanti buchi di bilancio alla voce «multe in pagamento e in riscossione» ai maggiori Comuni italiani: il Parlamento, con la Milleproroghe dello scorso marzo, cioè la legge 14 del 2009, ha approvato un condono tombale per i partiti e i candidati che imbrattano con manifesti abusivi le città durante la campagna elettorale. Il tutto grazie a un emendamento, rigorosamente bipartisan, che è stato presentato dal senatore del Pdl Domenico Benedetti Valentini e controfirmato dal suo collega del Pd, Mauro Maria Marino, già funzionario della Regione Piemonte. Il condono prevede che i partiti non saranno più tenuti a pagare le sanzioni per i manifesti elettorali abusivamente affissi lungo la pubblica via, come i normali cittadini, ma dovranno oblare solo la sanzione di mille euro per ogni Provincia «tappezzata» e per ogni anno dal 2005 sino a oggi. In pratica, ogni partito sanerà la propria posizione con 4 mila euro a Provincia. Un vero e proprio regalo, denunciano i pannelliani. Le nuove disposizioni - che creeranno enormi disagi economici ai Comuni, che avevano già messo nell`attivo dei rispettivi bilanci svariati milioni di euro relativi alla futura riscossione di queste multe - sono passate in commissione Affari costituzionali alla chetichella nella notte tra il 4 e il 5 febbraio scorso, sebbene il governo avesse espresso parere contrario.

il Gengis
18-05-09, 10:31
Dai Didore alla convenzione radicale, sei progetti in attesa di approvazione

• da Corriere della Sera del 15 maggio 2009, pag. 11

di M.A.C.

Dai Dico ai Didore. La battaglia dei ministri Bindi e Pollastrini (governo Prodi) sulle unioni di fatto (anche omosessuali) si era infranta sul muro del Family Day. Cambiata la maggioranza parlamentare con il centrodestra, prosegue per iniziativa di altri due ministri (anche se non impegna il governo), quello della Funzione pubblica Renato Brunetta e dell`attuazione del programma Gianfranco Rotondi. Sottoscritta da sessanta deputati del Pdl l`iniziativa legislativa intende disciplinare «i Diritti e i DOveri di REciprocità dei conviventi», (Didore, appunto) in materia di salute e per il caso di morte, il diritto di abitazione, la successione nel contratto di locazione e l`obbligo alimentare. Per il momento, il progetto giace in commissione Affari sociali alla Camera, ma sarà «scongelato» dopo le elezioni amministrative ed europee, anche perché quello delle coppie di fatto, insieme a quello dell`immigrazione e del testamento biologico, sarà uno dei temi su cui una fetta del partito di maggioranza, che ha il suo padre nobile nel presidente della Camera, Gianfranco Fini, intende dare battaglia, già prima dell`estate. Di iniziativa parlamentare dell`opposizione invece sono stati presentati tre gruppi di disegni di legge. Quello dei Radicali (prima firmataria Rita Bernardini) che prevede una completa «copertura», a norma del codice civile, di coloro che, anche dello stesso sesso, stipulano davanti all`ufficiale di stato civile «una convenzione» che stabilisce la loro unione (si va dalla previdenza all`esenzione dal servizio militare, dall`adozione dei figli a un "rapido" scioglimento dell`unione stessa). C`è poi quello del Pd (primo firmatario Mimmo Lucà, dei cristiano sociali e di Livia Turco) in cui viene fatta la distinzione tra le unioni di fatto e la famiglia ex articolo 29 della Costituzione. «Stabilisce - spiega Lucà - i diritti delle persone e non dell`unione, in alcune sfere molto delimitate, quali i contratti di locazione, l`assistenza sanitaria e penitenziaria, il diritto di successione». Esclusa invece la materia pensionistica. «E la certificazione a livello comunale non la celebrazione di un simil matrimonio», precisa. Ben tre proposte della deputata del Pd, Anna Paola Concia, ricevuta l`altro ieri da Fini, esponente del movimento per i diritti civili dì lesbiche, gay, bisessuali e transgender. La prima è l`estensione del matrimonio, con un articolo unico, anche alle persone dello stesso sesso. La seconda è la partnership (l`istituto giuridico in uso in Germania ed Inghilterra, solo per omosessuali) e, la terza sono i Pacs (predecessori dei Dico). Concia: «Vorrei che si arrivasse ad una proposta davvero efficace e bipartisan ed è per questo che con Benedetto Dalla Vedova, Alessandra Mussolini e Roberto Giachetti alla fine dell`anno scorso abbiamo mandato una lettera a tutti i deputati perché si avvii un confronto davvero bipartisan su questo tema». «Nel trimestre giugno-settembre crediamo di poter licenziare il testo per l`Aula ed entro l`anno approvarlo sia alla Camera sia al Senato», ha spiegato Lucio Barani, pdl, primo firmatario dei Didore. «Penso che sarà facile anche la mediazione con la minoranza».

il Gengis
18-05-09, 10:31
Sì, un filo rosso lega tanti episodi degli anni '70-'80

• da Europa del 15 maggio 2009, pag. 11

di Valter Vecellio

Federico Orlando su Europa ha pubblicato un interessante articolo, "Lo Stato parallelo c’era", una riflessione che merita di essere sviluppata e proseguita. Per riassumere a colpi d`accetta: Orlando osserva come sia «un po` patetico leggere sproloqui sul "doppio stato che fu una favola dei comunisti» (una polemica con un articolo di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera), e aggiunge che la P2, Gladio, il rapimento e il delitto di Aldo Moro, il delitto di Georgiana Masi, la morte del comandante dei carabinieri Enrico Mino - per fare qualche nome - non si spiegano se non si ammette che la storia ufficiale e quella non scritta si sono quantomeno intersecate...». Articolo, si diceva, lungo, complesso e pieno di spunti di riflessione. Proviamo a svilupparne qualcuno. Indubbiamente c`è un filo rosso che lega episodi apparentemente tra loro slegati, e che hanno segnato l’intero arco degli anni 70 e 80. Vicende che prendono il nome dei loro protagonisti: caso Moro, caso D`Urso, caso Sindona, caso Calvi... Il "contesto: siamo negli anni dell’"unità nazionale", e del "compromesso storico: quella politica dell’"ammucchiata" che vede, all’opposizione, i radicali e i pochi altri. In quell’arco di tempo (1975-1980) si cementa e si costruisce anche visivamente un’alleanza fatta di spartizione e di occupazione di potere che vede uniti Dc, Pd, e solo episodicamente il Psi e i partiti laici "fuori". Sono gli anni in cui sono varati provvedimenti in materia di giustizia e di ordine pubblico che Imprimono allo stato e alle istituzioni un ulteriore imbarbarimento, svolte autoritarie che si accompagnano a provvedimenti in campo sociale il cui fine è consolidare le strutture di un regime sempre più corporativo e illiberale. Oggi appare chiaro quello che allora osavano sostenere in pochi: che accanto a una esibita e muscolare politica di intransigente repressione, si accompagnava una sostanziale connivenza (quando non proprio complicità) con il terrorismo di apparati dei servizi segreti, di apparati più o meno deviati dello stato, e - soprattutto - di buona parte della classe politica del paese di allora. Il nucleo "duro" di questo "partito era costituito dal Pci: cui era utile alimentare e accreditare un clima di destabilizzazione permanente, per così meglio consolidare l’intreccio di compromesso e di potere con la Dc e le forze moderate. Il terrorismo e gli attentati, in quegli anni non hanno tanto uno scopo destabilizzante, come tanta pubblicistica sostiene, quanto una funzione opposta, "stabilizzante": sono il cemento su cui poggia r "unità nazionale, che altrimenti non avrebbe trovato e avuto giustificazione. I radicali in quegli anni, per esempio, denunciano solitari le trame della gelliana P2 e altre simili consorterie: che sono utilizzate e manovrate non tanto per impadronirsi dello stato (alla P2, per esempio, aderiscono i vertici di tutte le istituzioni, non hanno bisogno di conquistare il potere, già lo detengono), quanto per proseguire e consolidare la gestione di affari più marcatamente illegali e clandestini. In questa ottica si può leggere lo scontro nella primavera del 1978 sul caso Moro, tra le esigue forze che non tralasciarono nulla per salvare il presidente della Dc attraverso pubbliche iniziative di "dialogo" e il richiamo del rispetto delle competenze istituzionali (dibattito parlamentare, ecc.); e il più numeroso schieramento che invece fin dal primo momento accetta la situazione, e invece di operare perla salvezza di Moro lavora soprattutto per contrastare l’azione politica di quanti invece cercavano di salvarlo. In questo senso è ancor oggi preziosa e illuminante la lettura dell’Affaire Moro di Leonardo Sciascia, e la sua relazione di minoranza alla commissione parlamentare d`inchiesta sulla vicenda. Della stessa natura, anni dopo, il conflitto sul caso del giudice Giovanni D`Urso, rapito dalle Brigate Rosse nel dicembre del 1980, e che si riesce a salvare nel gennaio dell’anno successivo. In quei giorni i radicali riescono a dare corpo a una straordinaria iniziativa di dialogo con le Br, che non comporta alcuna trattativa, e che si realizza grazie a Radio Radicale. Se i radicali, con la collaborazione del Psi, non avessero determinato il vero e proprio "miracolo” della salvezza di D`Urso, probabilmente il cadavere del magistrato sarebbe stato utilizzato come grimaldello per una effettiva, e anche "visiva" svolta di regime; svolta per la quale erano già pronte e disponibili le componenti più marcatamente autoritarie dei vari partiti, assieme a cosiddette "forze esterne" al parlamento, mascherate dietro la proposta del "governo dei tecnici”, e la P2, in quei mesi nel momento di massimo splendore, potere e dominio sugli affari, i servizi segreti e sulla stessa politica. Molto probabilmente a queste vicende non è estranea neanche la vicenda della morte del generale dei carabinieri Enrico Mino, che si schianta misteriosamente con il suo elicottero sull’Aspromonte. «Un delitto», ha più volte denunciato Pannella senza mai essere smentito; una lettura dei fatti originale, ma non per questo fantasiosa, che Pannella ha avuto modo di esporre compiutamente solo in un’occasione: quando la commissione parlamentare d`inchiesta sulle stragi presieduta da Giovanni Pellegrino, ornai avviata a conclusione, decide di ascoltarlo. Un viluppo di potere e malaffare, intrecci e vicende che emergono chiaramente solo a darsi la pena di leggere, per esempio, le relazioni radicali di minoranza sull`"affare Sindona" (che tra l’altro mette in luce il bubbone costituito dalla P2 di Gelli; o sui fondi neri dell’lri; o, ancora, sul caso del rapimento dell`assessore napoletano Ciro Cirillo da parte delle Br di Giovanni Senzani: vicende paradigmatiche: quella dei fondi neri dell`Iri è una delle più grosse rapine di tutta la storia repubblicana compiuta dalle forze del regime ai danni dello stato e della collettività; il caso Cirillo "racconta" un vergognoso intreccio tra camorra, servizi segreti, Br e Dc. Sullo sfondo, il terremoto che ha devastato l`Irpinia, la colossale rapina che all`ombra del terremoto si è consumata, e si può arrivare fino ai giorni del maxi-blitz contro la camorra che porta in carcere, tra gli altri, Enzo Tortora.

il Gengis
18-05-09, 10:31
Perché si sdogana "l'amico" Gheddafi

• da L'Opinione del 15 maggio 2009, pag. 11

di Dimitri Buffa

Va bene che la politica estera italiana la fa l`Eni dai tempi di Enrico Mattei. Va bene che ci servono il gas e il petrolio. Va bene essere stati i primi a firmare un accordo bilaterale di amicizia in cui oltre a pagargli per l`ennesima volta i danni della colonizzazione dell`italietta fascista ci impegniamo anche a non dare il suolo patrio come base di un possibile attacco Nato contro la Libia (in flagrante violazione dell`articolo 5 del Patto Atlantico, per cui noi italiani, se l`America ci ripensasse e ri-dichiarasse guerra alla Libia, stavolta staremmo con il colonnello). Va bene invitarlo al G8 di luglio alla Maddalena e in visita di Stato a giugno a Roma. Ma c`era bisogno anche di dargli la laurea "honoris causa" in Giurisprudenza da parte dell`Università di Sassari? Non si rischia di cadere un po` nel ridicolo con questa retorica del "mio amico Muhammar", che assomiglia tanto a quella del "mio amico Vladimir"? A chiederselo i soliti Radicali italiani che ieri in una conferenza stampa hanno denunciato questa riabilitazione, con annesso sdoganamento diplomatico, del dittatore libico. A questo punto il lettore si aspetta la "ciccia" pannelliana. Eccola in sintesi: Gheddafi non è stato riabilitato perché in qualche maniera garante di un nuovo corso politico a proposito di lotta al terrorismo islamico e dintorni, d`intesa e d`accordo con il mondo occidentale, ma semplicemente per avere fatto da agente guastatore nel lontano i marzo 2003 durante una riunione straordinaria della Lega Araba a Sharm el Sheik, convocata d`urgenza per esaminare le concrete possibilità di evitare la guerra in Iraq, che poi sarebbe scoppiata di lì a pochissimi giorni. Vale a dire? Ad esempio che la stessa Lega Araba chiedesse formalmente a Saddam di dimettersi e di andare in esilio, come un Bokassa qualsiasi, in un paese dell`universo arabo-islamico che quasi sicuramente si sarebbe prestato all`uopo. Gheddafi infatti, come ha rivelato "El Pais" nel 2007 attingendo ai documenti desecretati dalla Spagna di Zapatero sui colloqui che si tennero al famoso ranch di Bush alla presenza fisica del suo predecessore Aznar (e telefonica sia di Berlusconi sia di Blair) il 22 febbraio di quello stesso anno, era stato indicato proprio da Bush come un mediatore possibile per convincere Saddam a capitolare senza l`uso della forza. E, secondo Bush, Saddam pretendeva però di uscire a testa alta e cioè che a chiedergli di andarsene non fosse "il nemico", ma gli amici arabi. Poi l`1 marzo seguente, però, che succede di fatto alla riunione della Lega Araba? Che "il grande mediatore", "l`amico Muhammar", che adesso a giugno verrà persino ricevuto dal Cav in persona a villa Pamphili in quella che passerà alla storia come la sua prima visita di stato in Italia (a 40 anni dal colpo di stato che lo portò al potere al posto del vecchio re Idris) fa un colpo di teatro dei suoi e dà fuori di matto insultando il sovrano dell`Arabia Saudita e mandando tutti gli Emiri dei Qatar, del Dhubai e di Abu Dhabi letteralmente a farsi benedire, se non peggio. Il tutto mentre sapeva bene che c`era la diretta tv in tutto il Medio Oriente di quella riunione su Al Jazeera e Al Arabyya, aggiungendo lo scorno alla beffa. Risultato? Dopo un`ora la diretta tv salta, ma anche l`incontro della Lega Araba. E quindi via libera alla guerra di Bush figlio per vendicare l`incompiuta di Bush padre. Guarda caso da quel momento Gheddafi riceve un premio dietro l`altro. Il più scandaloso dei quali, come ha ricordato Marco Pannella a esordio di conferenza stampa, fu quello di vedere la Libia messa a capo del Consiglio per i diritti umani, che aveva appena sostituito la analoga Commissione che già non aveva in passato dato grande prova di sè. Poi tutta una serie di sdoganamenti culminati nell`invito per il G8 alla Maddalena, poi spostato in Abruzzo, e in questa visita di stato in Italia. E lui come ringrazierà non molto tempo dopo, cioè quest`anno, quando la Corte penale dell`Ala decide di incriminare a di chiedere l`arresto del dittatore del Sudan Omar al Bashir, per avere diretto le stragi di civili in Darfur? Dicendo che la Corte penale per i crimini contro l`umanità era "terrorismo". Fin qui la ricostruzione operata dai radicali italiani sull`irresistibile ascesa di Gheddafi" nella scena politica internazionale. II resto è storia recente, come la firma dei trattato di amicizia bilaterale che l`Italia, primo Paese occidentale, ha stilato con la Libia. Ma siccome noi italiani quando si tratta di "real politik" dimostriamo anche sprezzo del ridicolo ecco anche la ciliegina sulla torta: venerdì scorso il consiglio di facoltà dell`Università di Sassari avanza formalmente la raccomandazione al senato accademico dello stesso ateneo affinché sia conferita una laurea in giurisprudenza, "honoris causa", al dittatore libico. I radicali hanno anche fatto una interrogazione parlamentare su ciò al ministro della pubblica istruzione Gelmini e a quello degli esteri Frattini. Il preside della facoltà di legge Giovanni Lobrano e il rettore Alessandro Maida fanno capire tra le righe che l`ordine è venuto dall`alto. Ora sarebbe bello che Berlusconi, come ha fatto Zapatero, desecretasse tutto ciò di cui si è discusso prima dello scoppio della guerra in Iraq, per capirci qualcosa. Per l`intanto la parabola irresistibile di Gheddafi è giunta veramente al culmine: da rivendicatore dei torti del colonialismo italiano in Libia è diventato lui adesso il nostro nuovo colonizzatore. Salam aleikum ya Muhammar al Khatafy.

il Gengis
18-05-09, 10:32
Chi la fa la morale? Le Nazioni Unite dell'ipocrisia

• da Il Giornale del 18 maggio 2009, pag. 1

di Maria Giovanna Maglie

La polemica internazionale ancora una volta si gonfia di livori nazionali, di mezzucci per una campagna elettorale della quale poco sappiamo, tantomeno che cosa l’opposizione proponga, quale agenda ricca non solo di valori conclamati ma anche di progetti realistici ci possa e voglia prospettare. Così, di una frase un po’ intemperante del ministro della Difesa, Ignazio la Russa, contro un rappresentante italiano dell'Onu, Laura Boldrini, si fa materia di scandalo, di ritorno al fascismo, di intenzione folle di muovere guerra alle Nazioni Unite da Palazzo Chigi e dintorni. Sarà bene ricordare che la signora Boldrini sta facendo la testimonial di se stessa in tv, e che la cosa più gentile che ha detto è che «i militari italiani adottano un comportamento inumano». Insomma, ognuno si assume le responsabilità delle enormità che pronuncia. Sarà anche bene ricordare che di questi clandestini respinti in tutta legalità e in regime di accordi internazionali, veniamo accusati solo noi e non la Libia, non la Spagna, eccetera.

Non si tratta solo di questo, che pure è perlomeno una stravaganza nei pesi e nelle misure del giudizio. Chi ha detto che l'Onu sia un organismo imparziale e onnisciente, che non si può criticare, contestare, al quale non si può rispondere? Da quale ideologia onusiana, se non quella dei settori più antiamericani della sinistra, oggi scimmiottati dal leader del Pd, Dario Franceschini, che l’hanno sempre usata per mettere in difficoltà gli Usa, e ora lo fanno per mettere in difficoltà il governo italiano, può sortire una visione tanto fortemente ideologica, quasi caricaturale, che disegna le Nazioni Unite come il possibile ideale buon governo del mondo?

Per fortuna non è così, vista la quantità, almeno il quaranta per cento, di Stati non democratici che ne fanno parte, e che vengono cordialmente invitati a presiedere le Commissioni per i Diritti Umani, o che la fanno da protagonisti nelle due presunte conferenze contro il razzismo, Durban 1 e 2, e speriamo che il 3 non ci sia, dove si fa invece professione di razzismo, terrorismo, antisemitismo. È stato un famoso avvocato liberal americano, Alan Dershowitz, nel libro «The Case for Israel» ad accusare l'Onu di aver perfino dato legittimità e copertura internazionale alla lotta armata, dando il riconoscimento ufficiale di popolo occupato non ai tibetani, ai curdi, agli armeni, ma solo ai palestinesi, che «hanno inventato e perfezionato il moderno terrorismo». Noi ricordiamo con vergogna il massacro di Srebrenica, nella ex Jugoslavia, quando i caschi blu olandesi dell’Onu non impedirono ai cetnici serbi di macellare settemila inermi bosniaci musulmani.

Ma l’elenco potrebbe essere lunghissimo, uno per tutti lo scandalo del cosiddetto «Oil for food», il petrolio in cambio di cibo e medicinali al popolo iracheno, che finì per metà nelle tasche di Saddam e compagni, per l'altra metà in quelle di funzionari delle Nazioni Unite, su fino all'ufficio dell'allora Segretario generale. Non uno di questi potenti signori è stato in grado di risolvere una crisi internazionale, e di qualcuno si potrebbe parlare di curriculum imbarazzante. Penso a Boutros Ghali, detto il Faraone, allo stesso Kofi Annan dello scandalo iracheno, all'austriaco Kurt Waldheim, ricattato dai sovietici per il suo passato nazista che tramò contro il mondo libero e a favore del comunismo dal suo trono al Palazzo di Vetro.

L'impotenza dell’Onu è continuata per mezzo secolo nell’Europa Orientale, dove dominava l’Urss che occupava uno dei seggi del suo ristrettissimo Consiglio di Sicurezza; in Asia, dove la faceva e la fa da padrona la Cina rossa che occupa un altro di quei seggi; negli spaventosi genocidi dell'Africa, ricordate il Rwanda. Ma storie sepolte e dimenticate fioccano anche sull’Alto Commissariato per i rifugiati, che in questi giorni si straccia le vesti sulla disumanità dei militari italiani verso i profughi. Una per tutte. Nel 1997 ci fu una manifestazione di protesta contro l’amministrazione del campo profughi di Kakuma, nel Nord-Ovest del Kenya, e un gruppo di rifugiati distrusse un capannone che era stato costruito dall’Acnur, trafugando razioni alimentari dai depositi.

L’Acnur decise di sospendere la distribuzione di cibo a tutti e di licenziare i rifugiati suoi dipendenti. L’applicazione di queste pesantissime misure non fu risparmiata a nessuno degli oltre venticinquemila del campo, neanche alle donne incinte o ai bambini. Ma la cosa più terribile, secondo quanto scrive Francesco Verdirame, docente a Cambridge, è che «l'evento passò inosservato, così come altri casi di punizioni collettive in campi profughi in Africa orientale e occidentale».

In attesa di riforme profonde, perciò, sarà bene che il nostro governo, soprattutto dopo le ultime accuse e calunnie, eserciti critica e pressione forti contro le disfunzioni e i disfunzionari delle Nazioni Unite.

il Gengis
18-05-09, 10:32
Berlusconi chiama Gheddafi via ai pattugliamenti congiunti

• da Corriere della Sera del 18 maggio 2009, pag. 10

di Fiorenza Sarzanini

I rapporti tra i due Paesi non sono mai apparsi così idilliaci come in queste ultime settimane. E quasi a voler confermare il clima di intesa, è l`agenzia ufficiale Jana a rendere note due telefonate in meno di 24 ore tra il premier Silvio Berlusconi e il colonnello Muhammar Gheddafi. I colloqui, si sottolinea, sono avvenuti venerdì sera e sabato sera, a chiamare è stato il presidente del Consiglio italiano «nell`ambito delle continue e costanti consultazioni tra i due leader sui temi internazionali di comune interesse». Linguaggio burocratico dietro il quale si cela l`interesse di entrambi per quei pattugliamenti congiunti del mare che saranno avviati questa settimana e rappresentano una scommessa per il governo di Roma. Più volte il ministro dell`Interno Roberto Maroni e lo stesso Berlusconi hanno definito questa operazione di sorveglianza

il Gengis
18-05-09, 10:32
Pubblicità, l'invasione dei partiti

• da La Repubblica - ed. Roma del 18 maggio 2009, pag. 1

di Laura Serloni

Sono 2700 gli spazi pubblicitari gestiti direttamente dal Comune di Roma. "E il 95 percento è occupato abusivamente",accusa Mario Staderini, membro della direzione nazionale dei Radicali Italiani. Manca ormai meno di un mese alle elezioni europee, così ha avviato un`inchiesta dove risulta ad esempio che nel municipio I su 100 spazi targati "Spqr", solo quattro hanno la regolare autorizzazione del Campidoglio. Abusivismo che comporta una perdita di soldi nelle casse capitoline. L`affissione è infatti a cura dei servizi del Comune, cui vanno depositati i manifesti e pagati i diritti che equivalgono 4,35 euro a spazio per 10 giorni. Poi il Campidoglio assegna le superfici disponibili e affigge i manifesti, che risultano "timbrati" dal Comune. La mancata repressione dell`abusivismo determina un mancato introito di 35 mila euro al mese. E la perdita di incasso può arrivare quindi a 420 mila euro l`anno. "Quella del Comune è una colpevole inerzia, che arreca un danno alle entrate comunali e falsa il gioco democratico –incalza Staderini – A Roma accade, in particolare da quando c`è Alemanno, che gli spazi comunali siano coperti dai partiti, che se li mettono da soli e non pagano i diritti di affissione". Staderini ha avviato un`azione legale. "Ho presentato un atto di diffida nei confronti del sindaco Alemanno, dell`assessore al Commercio Bordoni, del capo dei vigili Giuliani e del Prefetto Giuseppe Pecoraro per compiere gli atti che la legge gli impone come sanzioni e rimozioni". Il Comune è tenuto, infatti, a fare multe che vanno da 250 a 1.550 euro.

il Gengis
19-05-09, 11:55
Int. a Emma Bonino: "anni di lotte buttati se si va in Parlamento per le belle gambe"

• da L'Unità del 19 maggio 2009, pag. 10

di Federica Fantozzi

Poche donne in lista, cordate per spartirsi le preferenze. Lei dice: «Non saranno elezioni democratiche». Per le donne ancora meno?



«Per una volta c`è parità di genere: la mancanza di regole democratiche è per uomini e donne. Ogni giorno arrivano ulteriori conferme sull`erosione delle prerogative democratiche. In Italia esiste un sistema oligarchico fondato sulla disinformazione e sulla sistematica violazione della legalità che negli anni ha tradito la volontà popolare e stravolto la Costituzione. Solo nei regimi non democratici si va al voto senza poter far sapere che la Lista Bonino-Pannella c`è. Nei sondaggi ci conosce solo il 3% della popolazione».



La Lista Bonino-Pannella c`è. Obiettivi?



«Chiamiamo a raccolta gli italiani per fare la Grande Riforma, quella "americana", liberale e federalista, laica e nonviolenta; per una nuova classe dirigente; per la società aperta immaginata dai nostri referendum. I candidati - dai capilista Pannella, Cappato, Aldo Loris Rossi e Mina Welby - sono il nostro programma e la nostra storia. Darci il voto può impedire che, dopo 30 anni, la nostra voce sia espulsa dal Parlamento Europeo».



Negli altri Paesi candidano poche donne o i nostri parlamentari sono specchio dell`anomalia italiana?



«A parte i paesi scandinavi e qualcuno di nuova adesione non è che la situazione brilli. Parlare di anomalia italiana si può, ma consapevoli di essere in buona compagnia. Le donne sono sotto-rappresentate quasi ovunque. E molte candidate non sono in condizione di essere elette».



Esiste - e quanto è alto - in politica il soffitto di cristallo?



«Esiste eccome, preceduto da un labirinto di cristallo dove le donne devono destreggiarsi per evitare trabocchetti. Ora però vedo ascensori, sempre di cristallo, la cui forza propulsiva sembra la notorietà tv e non la passione politica. A cosa sono serviti tutti gli annidi lotta per l`emancipazione femminile se poi si va in Parlamento grazie a belle gambe?».



Quando La Russa attacca la Boldrini, c`è anche un elemento maschilista?



«Fateci caso: è molto raro che un attacco di un uomo ad una donna non contenga sotto sotto una vena di disprezzo maschilista. In una certa destra - e non solo - il machismo, quello un po` da caserma, è duro a morire. Non riesco a capire come le mie colleghe nel Pdl, e di tante conosco le posizioni critiche verso atteggiamenti anti-femminili, non abbiano mai nulle da ridire».

il Gengis
19-05-09, 11:56
Pannella (ri)fa lo sciopero

• da L'Opinione del 19 maggio 2009, pag. 3

di Dimitri Buffa

A male estremo, signor Presidente, rimedio estremo (se esiste). Da questa sera inizierò lo sciopero assoluto della fame e della sete, nel quadro del Satyagraha radicale per la Libertà, la Giustizia, la Pace, con la forza e l`amore della verità." Così finiva la lettera scritta il 15 maggio appena passato da Pannella a Napolitano. Da allora Pannella non beve più. Oltre a non mangiare. Uno si chiede come mai Marco Pannella, uomo politico di lungo corso, persona fisica che ha materialmente superato gli 80 anni, si sottoponga ancora, "alla sua età", all`incredibile stress fisico di stare senza mangiare, e, da qualche giorno, senza bere, solo per lottare contro i mulini a vento della politica italiana. Poi, però, basta andare sul sito dei Radicali italiani o su quello di Radio radicale, leggere i risultati del sondaggio reso pubblico e commissionato dallo stesso soggetto politico Radicali italiani, leggere che solo 3 italiani su 100 sono consapevoli del fatto che la Lista Pannella Bonino sarà presente alle prossime, ormai imminenti, elezioni per il Parlamento europeo per rendersi conto che il gesto di Pannella non è affatto eccessivo. Ma rappresenta anzi il minimo indispensabile per difendere non solo i radicali (ma tutti coloro che pur non votandoli condividono non poche delle loro battaglie politiche e delle idee che professano) del diritto di "conoscere per deliberare". In un Italia tutta presa dalle "risse da cortile" tra politici di maggioranza e opposizione, nonché all`interno degli stessi schieramenti dell`una e dell`altra parte, le idee radicali, ancora prima che il partito che le rappresenta, sembrano non avere diritto di cittadinanza. Tanto che proprio Marco Pannella, in contemporanea con l`inizio dell`ennesimo gesto estremo di lotta, ha anche scritto una lettera aperta al Capo dello stato Giorgio Napolitano. E ora aspetta una risposta, possibilmente non di puro protocollo. Di questa lettera ci permettiamo di citare qualche passo molto significativo. Il primo: "Nella presente legislatura, come Lei ben sa, la partitocrazia ha operato in modo tale da impedire` all`attuale Parlamento dei nominati l`esercizio delle sue proprie funzioni costituzionalmente rilevanti di indirizzo e di controllo; e poter così del tutto sopprimere perfino il diritto tradizionale alle Tribune politiche e agli "accessi" dei soggetti politici e sociali. Finora questo era diritto democratico di tutti i cittadini italiani e non mero privilegio corporativo di settori e organismi di Regime, volto al compimento di quanto previsto, tra l`altro, dall`art. 49 della Costituzione." il secondo: "Allo stesso scopo va iscritto ancheil risultato ormai acquisito di assicurarsi l`ignoranza, da parte dell`opinione pubblica e delle autorità "garanti", dell`intera produzione e dell`informazione audiovisiva, con il soffocamento e l`eliminazione del Centro di Ascolto radicale, unico vero "servizio pubblico" dei settore. Inoltre, da ora al momento del voto, il programma che dovrebbe garantire in condizioni di "par condicio" le Tribune e i servizi elettorali, è invece architettato in modo tale da assicurare il predominio assoluto di talk-show e telegiornali: vero e proprio monopolio politico incontrollabile e incontrollato di Raiset e dei regime partitocratico dominante." li terzo: "E questa, e non altra, la realtà politica italiana quale ci appare: antidemocratica e opposta a un qualsiasi Stato di Diritto. Non meno, anche se diversamente, che a Tripoli, a Mosca, a Pechino, sempre più capitali di riferimento di questo nostro Paese." Poi la drammatica chiusa succitata in cui si annunciano "estremi rimedi", se esistono, ai "mali estremi" della democrazia all`italiana. Insomma se è vero che "nessun paese ha bisogno di martiri ed eroi", come ribadiva ancora domenica sera Pannella nella conversazione con Bordin, per l`occasione allargata a tre al senatore del Pd Furio Colombo, è anche vero che "non ci si può sedere al tavolo di poker con chi bara", come ha efficacemente .ribadito ieri mattina Emma Bonino nell`intervista del lunedì mattina sempre alla stessa emittente. E proprio in queste elezioni europee con i prevedibili voti in fuga di massa dal Pd, da cui radicali potrebbero intercettare quelli, non pochi, che non se la sentono di turarsi il naso e votare Italia dei Valori, guarda caso si trovano ancora tana volta "scoperti" dal lato dell`informazione nel settore radio televisivo pubblico e privato. Allora è proprio vero che è Di Pietro l`oppositore ufficiale scelto dall`attuale maggioranza?

il Gengis
19-05-09, 11:56
L'articolo 10 della Costituzione e i fatti di oggi

• da L’Unità del 19 maggio 2009, pag. 17

di Laura Balbo, Rita Bernardini ed altri

Partiamo dalla Costituzione. Che non risolve tutto (non può: come potrebbe?), ma dice limpidamente qual è il punto di riferimento irrinunciabile. E consideriamo anche come alcuni dei padri costituenti affrontarono la questione. All`articolo 10 c.3 si legge: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l`effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d`asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Basandosi sulla sacralità dell`ospite, "anche quando non sollecitato dalla nostra ospitalità" (V. Tieri), i costituenti votarono una formulazione quanto più ampia possibile: "Oggi vi è la Costituente. V`è un`aria di libertà, ma non sappiamo quali Governi e quali maggioranze si avranno domani, e quali uomini politici interpreteranno le limitazioni che includiamo nella nostra Costituzione" (T. Tonello). Una formulazione ampia per evitare che (come affermò U. Tupini) qualunque specificazione rigida delle libertà garantite potesse portare a escluderne altre. Il diritto di asilo va dunque riconosciuto non solo ai perseguitati politici ma a quanti si vedono negati nel proprio paese le libertà garantite agli italiani dalla Costituzione: solo questo deve essere il parametro di riferimento nella valutazione delle domande di asilo. Le speranze che nutrivano quanti scrissero quell`art. 10 si stanno scontrando con ciò che avviene in questi giorni. Ai migranti raccolti dalle imbarcazioni italiane, "a tutti gli effetti territorio nazionale fluttuante" (P. A. Capotasti) è negata nei fatti la possibilità di chiedere il diritto d`asilo.

Nagano
20-05-09, 19:58
Sciopero della fame e della sete al quarto giorno

• da La Repubblica del 20 maggio 2009, pag. 7

Pannella è arrivato al quarto giorno di sciopero totale della fame e della sete per protestare contro "il silenzio dei media" sulla partecipazione della Lista Pannella-Bonino alle elezioni europee. «Senza la residua democraticità delle elezioni - afferma Pannella - s´annuncia ora il peggio contro i diritti umani e civili, per tentare di salvarli, nel quadro del Satyagraha per la libertà, la giustizia, la pace, con la forza e l´amore della verità». Pannella ha iniziato lo sciopero della sete la notte di venerdì 15 maggio. In una lettera aperta al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Pannella sottolineava che, secondo un sondaggio, «l´82% degli italiani ignora la presenza della Lista Bonino-Pannella alle europee».

Nagano
20-05-09, 19:58
Quarto giorno di digiuno per Pannella

• da Corriere della Sera del 20 maggio 2009, pag. 14

Marco Pannella è arrivato ieri al quarto giorno di sciopero totale della fame e della sete per lottare contro « l silenzio dei media» sulla partecipazione della Lista Pannella-Bonino alle elezioni europee. «Senza la residua democraticità delle elezioni - ha detto Pannella - s`annuncia ora il peggio contro i diritti umani e civili». In una lettera aperta rivolta al presidente della Repubblica Napolitano, Pannella sottolineava che, secondo, un sondaggio, «l`82% degli italiani ignora la presenza della Lista Bonino-Pannella»

Nagano
20-05-09, 19:59
Int. a Marco Pannella: "rischio la pelle per le tribune tv"

• da Il Giornale del 20 maggio 2009, pag. 15

di Luca Telese

Arriva al quarto giorno di sciopero della fame e della sete già provato. La lingua è secca, le labbra screpolate. Le pupille dilatate in mezzo alle orbite degli occhi. Il corpo è smagrito, il passo incerto. Eppure, Marco Pannella, non rinuncia a nessuno dei suoi appuntamenti: il pomeriggio lo passa nella sua fortezza di via di Torre Argentina, sul tavolo spartano con un portacenere pieno di cicche, mentre batte sui tasti della Olivetti il testo di un volantone elettorale. Poi un paio di riunioni organizzative per la campagna delle Europee, infine una corsa a Radio Radicale per un filo diretto di un’ora con il programma per i detenuti, Radio Carcere. Uscendo dallo studio, indica con un sorriso diagonale il sottoscritto, al direttore della radio, Massimo Bordin: «Lo vedi? C’ho questa piattola che non mi molla finché non gli faccio l’intervista». Piattola? «Sì, non ti lamentare, si vede che quando faccio questi digiuni divento troppo buono».
Pannella, ancora una volta, impegnato in un digiuno al confine fra la vita e la morte?
«No! Io metto in gioco la vita, la morte è un’altra cosa, quello che viene dopo».
Però è nel conto, ogni minuto che passa...
«È un rischio d’impresa, i liberali lo conoscono: è quello che si corre per combattere le proprie battaglie».
Ma ogni digiuno e ogni sciopero della sete è sempre più pericoloso del precedente.
«E chi l’ha detto? Sono qui a 80 anni suonati consapevole che più l’impresa cresce, più il rischio cresce, più le possibilità di successo aumentano».
Mettiamo che il rischio diventi realtà. Cosa dirà la gente? Pannella è morto per le tribune elettorali?
«Cosa diranno, sono cazzi loro... Io non faccio la battaglia per ottenere qualcosa in caso di morte, faccio una battaglia per ottenere spazi di democrazia, restando vivo».
I radicali, che in quelle tribune elettorali della Prima Repubblica ci andavano imbavagliati...
«C’era un motivo ben preciso. Avevamo otto referendum, ci diedero un solo spazio, e il resto tutto quanto ai partiti».
E poi quella volta, dopo l’assassinio di Giorgiana Masi...
«L’annunciatrice lesse un comunicato di Cossiga che smentiva e confutava quello che noi avremmo detto. Però, adesso, se ci ripenso, c’era più democrazia in quell’atto, che non ci oscurava, che nel silenzio di oggi, che ci cancella».
Quando è scattata la decisione finale dello sciopero?
«Dovremmo farlo sempre. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato leggere un sondaggio secondo cui solo tre italiani su cento sanno che esiste la nostra lista. Quelli erano spazi ristretti, adesso non ci sono più spazi».
Aridatece Jader Jacobelli?
«Magari, la cosa che più mi colpisce, è che queste tribune soppresse non sono richieste nemmeno da coloro che le dovrebbero fare. Non è curioso?».
E così Pannella ogni nuovo sciopero deve sfidare un record che ha messo lui stesso.
«Ma questa è una fesseria».
È la verità.
«Conosco il mio corpo sempre meglio, faccio le analisi due volte al giorno».
E le analisi sono in grado di dirle fin dove può arrivare?
«Oggi è un po’ più alto il sodio, la creatinina, invece non si è ancora mossa. So il percorso che sto facendo».
Ma il rischio d’impresa c’è sempre.

«Ricordo quella volta che all’inizio del quinto giorno era già scritto che sarei dovuto andare in dialisi?».
Lo sciopero contro la condanna a morte di Saddam...
«Sì, quello. Io sapevo che il mio corpo oltre il quinto giorno non poteva andare, ma proprio nel quinto giorno arrivarono migliaia di messaggi, 180 testate arabe che scrivevano di questa protesta...».
E che cosa è successo?
«Il corpo ha fatto il passo che la mente apparentemente credeva impossibile. Ho retto tutto il sesto, all’inizio del settimo mi hanno portato in ospedale per la dialisi. E poi miracolosamente non ho avuto bisogno nemmeno di quella».
Non vorrei dire una frase fessa sul fatto che tirando la corda si può rompere.
«Ecco, bravo, non dirla».
Mi accorgo solo adesso che su questo tavolo, c’è una bottiglietta piena d’acqua.
«Nemmeno io me n’ero accorto, non conta nulla. Solo Vespa pensa che dopo quattro giorni di digiuno si soffre».
Non le verrebbe voglia di stapparla e di bere?
«Se ti informassi sulle anoressiche, sapresti che non soffrono affatto. C’è persino una piccola componente di piacere e di esaltazione, in un digiuno».
Ma quale dovrebbe essere il segnale che fa tornare Pannella a bere?
«Segnali anche piccoli, ma immediati».
E se non arrivano, il salto nel vuoto?
«Ho ricevuto la telefonata di un collaboratore di Napolitano, il presidente si è già attivato».
Ha chiamato il presidente della commissione di Vigilanza...
«Ah, già, pare che esista ancora. Come si chiama, non è il mio amico Zavoli?».
Napolitano scrive e il suo amico Zavoli non si è ancora mosso. Strano no?
«Per nulla, io sono sempre stato amico di Napolitano, lui è un grande comunista, io in fondo un piccolo liberale».
Berlusconi la chiamerà?
«Lo conosco bene, in questo momento credo di no».
E Franceschini?
«Assolutamente no, che mi dovrebbe dire, poverino?».
Ce l’ha con il Pd perché non l’ha voluto in lista per le europee?
«Ma chi se ne frega. È andata così, ed è andata peggio a loro».
Resta il fatto che lei sta rischiando la pelle per delle tribune che nessun altro partito vuole.
«Benissimo. Vivere la democrazia, sul proprio corpo, è una cosa diversa dall’essere ideologicamente democratici e non fare nulla per affermarlo».
Ripeto, lei rischia la pelle.
«Scusami, questa è una curiosità da pipparolo. Divento sempre più esperto delle regole della lotta, e ricordati che non ho mai perso».

Nagano
26-05-09, 00:30
Pannella, il corpo del contropotere

• da La Repubblica del 21 maggio 2009, pag. 1

di Francesco Merlo

Bianco, diafano, smunto, tutto pelle, ossa e occhioni stralunati, Marco Pannella sta di nuovo mettendo a rischio la sua vita perché le nomine alla Rai sono state bulgare e professionalmente prive di credibilità e perché i radicali sono di nuovo ridotti alla clandestinità e all´extra italianità, fuori dai confini, fuori dalla partita, cancellati dalla politica dei camerieri e delle veline, dai cani che temono di perdere l´osso. Vecchio, intrappolato nel suo ruolo di digiunatore, Marco Pannella ha mille volte ragione, e tanta più ne ha oggi che il potere si gioca tutto sulla presentabilità fisica, sulla prestanza sessuale, sui capelli tinti... Pannella è di nuovo l´esatto contrario del potere italiano. Quelli usano la politica per palestrare i corpi e lui usa il corpo per nobilitare la politica. Quelli consumano la politica per drogare il fisico e Pannella consuma il fisico per salvare la politica,

Apparentemente Pannella è perdente. L´Italia infatti non fa più caso ai suoi digiuni. Come se il potere, con la sua protervia, avesse dissipato il patrimonio Pannella. I nemici di sempre gioiscono perché in quel vecchio scarnificato vedono la prossimità della loro impunita vittoria: Pannella che pensava di logorare l´ottusità del potere con le oltranze e con gli eccessi è stato invece logorato dalla faccia tosta del potere.

Ma non è così. Ieri il suo corpo in tv mostrava tutta la giusta vulnerabilità di una grande vecchiaia che nel paese dei vecchi giovanilisti torna a fare scandalo. Pannella non è un "papi", ma è un rimprovero ai "papi" d´Italia. È una messa in ridicolo dei "papi" questa sua vecchiaia maestosa e regale, argentea, senza parrucche posticce e senza lifting. Pannella è vecchio perché è vivo, quegli altri sono mummificati dal narcisismo di plastica.

In realtà Pannella sta vincendo di nuovo. E infatti i potenti contro cui digiuna si informano dei suoi crampi, prendono nota degli etti, controllano la sofferenza diffusa, valutano il numero di pillole, e già gli propongono almeno un bicchiere, magari un sorso, o soltanto una goccia. Da cinquant´anni la politica italiana coccola Pannella tutte le volte che rischia di perderlo. Torna insomma la strana complicità tra Pannella e il mondo che a ogni digiuno vuole curarlo a forza, il mondo che non sopporta la sua fame e la sua sete ma in cinquant´anni non è riuscito a inventarsi qualcosa per proteggere ed esaltare Pannella, per usarlo, e dunque ascoltarlo prima che cominci a scioperare anziché salvarlo un attimo prima di morire. Proprio nel Paese dove, sulla nozione della vita, si mobilitano papi, vescovi, leader di partito, embrionologi, professori dell´aborto, scienziati, si è costretto un grande italiano a passare la vita mettendo a rischio la vita.

Ebbene, ieri a vederlo cosi ieratico abbiamo avuto il timore che Pannella stia rischiando davvero, e rischiando consapevolmente. Pannella sa bene che in Italia bisogna morire per diventare vivi. Tra i paradossi italiani c´è infatti pure questo: tutti coloro che, nel furore quotidiano della battaglia politica, vorrebbero ammazzare l´avversario, se lo ritrovano bello e vivo solo quando è morto.

E non pensate che sia solo Berlusconi a non sopportare più Pannella. I radicali credono che in Italia c´è la peste, che tutti fanno strage di legalità. La faccia decrepita di Pannella è la faccia decrepita dei sentimenti e dei valori, della lealtà e dell´amicizia, dell´onorabilità e della bella vecchiaia. Non era Pannella che si estenuava e quasi sembrava morire ieri sera in tv, ma era l´anima dell´Italia civile.

Nagano
26-05-09, 00:30
Le ragioni di Pannella

• da Corriere della Sera del 21 maggio 2009, pag. 1

di Antonio Macaluso

Marco Pannella è in sciopero della fame e della sete dalla sera del 15 maggio. Solo tre italiani su cento, sostiene, sanno dell`esistenza della sua lista. La Rai, accusa, non gli concede gli spazi a cui avrebbe diritto. E, ancora una volta, il vecchio leone radicale mette in gioco la sua vita in una sfida che va ben oltre l`ambito recinto del palazzo di viale Mazzini. Dove proprio ieri, al settimo piano, il consiglio di amministrazione ha proceduto ad una prima sventagliata di nomine dell`era terza berlusconiana. C`è voluto un anno per arrivarci, dopo le elezioni che hanno riportato il centrodestra a palazzo Chigi con una maggioranza ben più ampia di quella con la quale il governo Prodi non si era comunque risparmiato dal metter mano alla struttura di vertice della televisione pubblica. Uno spoils system in salsa partitocratica che ripropone ogni volta il copione di una spartizione del potere secondo schemi a geometria più o meno fissa. E ogni volta si dice, si scrive, si ripete, che sarà l`ultima, che il sistema va cambiato. Eppoi, però, si cambia nei criteri e successo con l`approvazione della legge Gasparri - ma non nella sostanza. Va detto con chiarezza che le critiche non riguardano lo spessore dei singoli (che come in qualsiasi contesto di nomine varia di caso in caso) ma un metodo che rischia di lasciare anche sull`operato del miglior professionista l`ombra della partigianeria. Le circostanze che il presidente del Consiglio sia anche il proprietario di Mediaset, che più di una volta di nomine Rai si sia parlato in riunioni tenute nella sua residenza romana, a Palazzo Grazioli e che, infine, si sia ad un passo da un`importan- te tornata elettorale, sollevano dubbi legittimi e fanno gridare l`opposizione. La quale, però deve avere, nella migliore delle ipotesi, una memoria ben corta visto che sembra dimenticare quanta parte ha avuto - sempre - nelle logiche spartitorie. Talchè, tuttora, mentre con il megafono attacca la maggioranza e ordina ai suoi consiglieri di amministrazione di abbandonare la riunione che sta per procedere alle nomine, sottovoce litiga al suo interno per le scelte che riguardano la terza rete, quella che la lottizzazione storicamente gli assegna. Né si può dimenticare lo spettacolo, che si è trascinato per mesi, di un`opposizione che non è stata in grado di compattarsi in maniera credibile dietro un autorevole candidato perla presidenza della Commissione di Vigilanza sulla Rai e di una maggioranza che ha avuto buon gioco nel bocciare uno dietro l`altro i tanti nomi proposti più o meno ufficialmente. Fino a quello di Sergio Zavoli, un grande della storia del giornalismo, ora senatore Pd, classe 1923. Così alla fine, mentre la figura incombente di Pannella torna, con i suoi consueti eccessi, a far da bandiera alla lotta contro la partitocrazia, vien da riflettere se per caso non sia arrivato il momento di ammettere che ha ragione. Estirpando alla radice questo male che mina e discredita la nostra democrazia.

Nagano
26-05-09, 00:31
Il Colle scrive alla Rai: spazio al leader radicale

• da Corriere della Sera del 21 maggio 2009, pag. 15

di Giovanna Cavalli

Al quinto giorno del Satyagraha, digiuno totale, niente cibo, niente acqua, Giorgio Napolitano ha chiamato Marco Pannella per esprimergli «piena comprensione per la battaglia che sta conducendo». Una lunga telefonata. E il presidente della Repubblica, cui il leader radicale aveva scritto una lettera aperta lamentando la scomparsa del suo partito dalla campagna elettorale in tv, in un successivo comunicato ufficiale del Quirinale ha invitato la Rai a risolvere in fretta il problema. Ha auspicato che l`ottantenne Pannella «possa partecipare già in questi giorni ad una trasmissione politico-elettorale del servizio pubblico radiotelevisivo in rappresentanza della lista radicale presentata per la prossima competizione europea». Una campagna in cui i radicali italiani temono di essere dimenticati: da un loro sondaggio risulta che l`82 per cento degli elettori ignora che ci sia in corsa la lista Bonino-Pannella. Per ovviare a ciò, sempre ieri, l`ottantenne combattente di tante battaglie, si è ufficialmente autoinvitato ad Annozero da Michele Santoro. Dentro o fuori lo studio. «Non intendo addentrarmi nella folla dei motivi giuridici, politici, etico-professionali che legittimano questa mia richiesta, ma una ragione è certo prevalente su tutte le altre: non intendo più tollerare una lunga storia di ostracismo di regime», ha detto il leader radicale che tante volte si imbavagliò alle Tribune Politiche. Con una promessa-minaccia per il conduttore: «Sarò comunque davanti al tuo portone». Non gli basta che tra gli ospiti ufficiali della puntata ritorni Emma Bonino. Se le condizioni fisiche glielo consentiranno (non bere è dannosissimo per la sua salute), farà il suo sit-in contro la Rai. A meno che non sia davvero troppo rischioso: «Marco è persona ragionevole, nonostante le apparenze», osserva Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale. I suoi sono preoccupati. E anche Gianfranco Fini, ieri ha chiamato il presidente della Vigilanza Rai, Sergio Zavoli, per esprimergli la propria preoccupazione per Pannella. Con l`auspicio che «l`impegno delle istituzioni a tutela del pluralismo possa contribuire a farlo desistere da questo pericoloso digiuno». Oggi sarebbe il sesto giorno, non si resiste oltre il settimo.

Nagano
26-05-09, 00:31
Salviamo quest'uomo

• da Corriere della Sera del 22 maggio 2009, pag. 1

di Antonio Macaluso

Questa volta è diverso. E` come se in molti, molti ma forse non ancora abbastanza, fosse davvero scattata l`idea, la paura, che Marco Pannella si sia spinto su un campo di battaglia che potrebbe essergli fatale. Come se le sabbie mobili dell`indifferenza o del già visto possano inghiottire questo pur astuto e navigato leader politico, illudendolo che alla fine qualcuno troverà il modo di fargli sospendere l`ennesimo sciopero della fame e, soprattutto, della sete. Di salvargli la pelle. E allora, proprio questo bisogna fare, salvargli la vita. Una Paese che si dice civile, democratico, non può lasciare che un vecchio combattente, un pezzo pregiato della sua storia repubblicana, venga lasciato solo proprio nel momento in cui l`età e gli acciacchi lo rendono più vulnerabile. Non ci vuole poi una gran quantità di coscienza individuale e collettiva per ammettere che la sua battaglia, quella per un`adeguata visibilità televisiva del suo movimento, poggia su delle verità. Alcuni diranno, come sempre quando Pannella smette di mangiare e di bere, che il governo, le istituzioni non possono «cedere al ricatto» perché «lui non è diverso dagli altri». A questi sacerdoti del rigore ci permettiamo di ricordare quante tante - volte le battaglie di Pannella sono state battaglie di molti, per molti, in qualche caso per tutti. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quello della Camera Gianfranco Fini e molti altri, si sono spesi ieri per dare un segnale inequivocabile al leader radicale. Nell`altalenante e mai formale rapporto che con Pannella ha sempre avuto, ci piacerebbe ora che il presidente del Consiglio ci spiazzasse con un gesto d`affetto. Bello ma, questa volta sì, formale.

Nagano
26-05-09, 00:32
Il vecchio leader commuove la platea

• da Corriere della Sera del 22 maggio 2009, pag. 13

di Fabrizio Roncone

Sigla, titoli di coda, un`altra graffiante puntata di Annozero finisce, ma tutti restiamo seduti e ancora come sorpresi e immalinconiti, perché la voce di Marco Pannella - il timbro tremante, le parole trascinate fuori, il fiato che quasi gli veniva meno - era una voce più che stanca, esausta. Il grande uomo dai capelli bianchi e lunghi, l`anziano re della politica italiana è apparso sugli schermi come mai, prima, l`avevamo visto. Ora può alzarsi e farsi togliere il microfono che gli era stato infilato dietro alle spalle curve, più curve di sempre, e pure lo sguardo - con quell`an tico, familiare fondo di fierezza e di bontà - è però sembrato notevolmente meno penetrante e assai segnato, con le rughe profonde che nemmeno la cipria delle truccatrici di RaiDue è riuscita a celare, rughe che centimetro dopo centimetro quasi raccontano questi ultimi cinque giorni di ennesimo generoso e scellerato sciopero della fame e della sete: per riuscire, appunto, ad essere lì, sugli schermi, «perché, come sempre, avevano oscurato la nostra campagna elettorale... perché il 97% degli italiani, finora, non sapeva che alle elezioni europee si candida pure una lista Pannella-Bonino...». Aveva minacciato di organizzare un sit-in, davanti agli studi di registrazione; allora Michele Santoro l`ha invitato, aveva già invitato Emma Bonino, «e figuriamoci se non invitiamo Marco...». Santoro è gentilissimo, dolcissimo con l`anziano sovrano di mille battaglie politiche. E tutti gli ospiti in studio, gli portano rispetto. Il Dario Franceschini che quando parla lo cerca con occhiate veloci, e Maurizio Lupi che gli si rivolge come ad un maestro, e persino Francesco Storace, grande e ruvido di solito pure nei modi, mai ossequioso, mai incline alla riverenza, per Pannella fa un`eccezione. Marco Pannella indossa una camicia bianca, e la tiene fuori dai pantaloni (lui che da una vita si è sempre presentato nei suoi chicchissimi blazer blu, generalmente stazzonati e ingrigiti dalla cenere delle cento sigarette giornaliere). Sulla camicia ha applicato una stella di David. I medici gli avevano sconsigliato di partecipare alla trasmissione. Troppo debole, uno sforzo enorme, pazzesco e pericoloso per un uomo di 79 anni, il cui fisico è ormai minato dai tanti, troppi, preziosi giorni di Satyagraha (sciopero totale, niente cibo e niente acqua). Alle 14, quaranta gradi all`ombra, la sofferenza della sete viene interrotta: bevendo un bicchiere di succo di frutta al pompelmo. Accade in un bar di via di Torre Argentina, sotto la sede del Partito Radicale. Lui, ironico: «Tranquilli, stavolta non è pipì... anche se la pipì, nel bel mezzo di un altro sciopero, mi ha salvato la vita...». Gli occhi lucidi, lui che non ha mai ceduto facilmente alla commozione. Le labbra più sottili, come asciugate dall`arsura. E poi le mani: deboli nella presa, con il bicchiere che temiamo possa scivolargli via. Invece lo tiene, e ci brinda. «Bevo alla salute della rockstar Vasco Rossi, che ha rinnovato la nostra tessera per la ventitreesima volta, e al regista Marco Bellocchio, che da Cannes ha annunciato che voterà per noi». Gli dicono che lo aspettano a Red-Tv, la televisione di Massimo D`Alema. È a trecento metri, negli scantinati di Palazzo Grazioli, la residenza di Silvio Berlusconi. E lui va, non rinuncia certo a venti minuti in diretta, non ci avrebbe rinunciato prima e non ci rinuncia adesso, anche se adesso cammina storto, ciondolante, da uomo che fatica. Ripeterà, spiegherà la sua riconoscenza al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha scritto alla Rai, chiedendo «spazio per il leader radicale». Ringrazierà Gianfranco Fini e i 15 senatori che, per lui, hanno firmato un appello. Dirà che «i nuovi direttori designati di Rai, Mauro Mazza, e del Tg1, Augusto Minzolini, diventeranno anche loro, presto, partito Rai...». Ora si alza, e vacilla, incerto sulle gambe. Michele Santoro gli va incontro, lo sorregge, lo abbraccia.

Nagano
26-05-09, 00:32
Marco Pannella come Amleto

• da L'Opinione del 22 maggio 2009, pag. 4

di Valerio Fioravanti

Uno legge l`articolo di Francesco Merlo dedicato a Marco Pannella, e capisce la differenza tra il giornalista che sa scrivere e quello che copia le agenzie. Merlo contrappone l`immagine "normale" di Pannella, ottantenne dai capelli bianchi, camicia aperta e rughe scavate, a quella dei quasi coetaneo Berlusconi, che invece di mostrare segni di invecchiamento non ne vuole sapere. "Pannella non è un "papi", ma un rimprovero ai "papi" d`Italia", dice Merlo. Sembra una cosa da niente, il solito pezzo di colore, l`ennesima presa in giro di Berlusconi, ma non è così. Merlo elenca tutti i meriti di Pannella e tutti i demeriti degli altri, e ci spiega un sacco di cose giuste e vere, e ci convince, e ci fa solidali. Ma non è la parte politica di noi che ascolta quelle parole. È la parte più antica, ancestrale, emotiva. Alla fin fine non ci interessa più di tanto che ancora una volta nessuno lo chiami in Parlamento, che nessuno abbia previsto per lui un seggio, una nomina, una carica nemmeno piccola. Non ci interessa che nessuno lo voglia, e che venga continuamente offeso, svilito. Non ci interessa perché ci accorgiamo che la sua figura controversa e contraddittoria è dentro di noi, appartiene a noi, è noi. Marco è l`uomo che ama la politica, e che però ne è sempre respinto. Marco è l`uomo che nessuno cerca, e che però non si lascia ignorare. Marco è il ribelle educato, e gentile, ma implacabile che si nasconde in tutti quelli di noi che sono vivi. Marco è quello che prima di noi ha sopportato tutto quello che sembra insopportabile, Marco è Amleto, principe pallido di Danimarca. Marco insieme a noi si chiede da sempre "se sia più degno per uno spirito nobile patir della fortuna ingiuriosa ferite e battiture, o prender l`armi contro un mare di guai, ed affrontarli, e porre fine ad essi". Marco, con i suoi scioperi che lo riducono ciclicamente a spettro, non parla davanti al teschio del giullare Yorik, ma si fa teschio parlante lui stesso, e si chiede con noi quanto a lungo si debbano "sopportar le frustate e gli insulti dei tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell`uomo borioso, le angosce dell`amore respinto, gli indugi della legge, la prepotenza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri...". Pannella, meglio di Amleto che era molto giovane, sa che dovremo sopportarli per sempre. Amleto, sopraffatto da tutto, concludeva dicendo che è la coscienza stessa a farci vigliacchi. Non è il caso di tutti, non sempre. Non di Marco Pannella, almeno.

Nagano
26-05-09, 00:32
Zavoli: Pannella in tv se no mi dimetto

• da La Repubblica del 22 maggio 2009, pag. 15

di Silvio Buzzanca

Marco Pannella ha sospeso lo sciopero della sete che aveva iniziato quasi sette giorni contro «la censura che l´informazione opera nei confronti delle lista Bonino Pannella». Il leader radicale ha infatti bevuto un succo di frutta ieri pomeriggio in un bar vicino alla sede del partito. Una decisione arrivata dopo che ieri i radicali hanno registrato alcune novità positive. In primo luogo ieri mattina Annozero, preso atto degli appelli di Giorgio Napolitano e Gianfranco Fini a favore di Pannella, lo aveva invitato a partecipare alla puntata di ieri sera al posto di Emma Bonino. Puntata dove il leader radicale è apparso combattivo, ma nonostante il succo di frutta, provato, fisicamente assai debilitato. Sull´intervento di Napolitano, Pannella ha voluto precisare che «il presidente della Repubblica ha difeso tutti i cittadini, non solo me».

Ma la notizia che più di altre ha convinto Pannella a bere è stata la secca presa di posizione di Sergio Zavoli. Il presidente della Commissione di Vigilanza ha infatti scritto ai vertici Rai: «Non rimarrò al mio posto se non sarà tempestivamente risolta la questione con cui Marco Pannella, leader storico dei radicali, attraverso la cosa pubblica interpella lo spirito democratico del Paese». Zavoli parte dal caso Pannella, ma invita i dirigenti di Viale Mazzini a tenere conto delle proteste di tutti gli altri partiti che, «penalizzati dal mancato rispetto del regolamento riguardante le prossime elezioni Europee, sollecitano misure riparatrici».

Mauro Masi e Paolo Garimberti hanno fatto subito sapere che, dopo Annozero, «sono state date indicazioni alle strutture editoriali per definire con il leader storico dei radicali la sua presenza in altri programmi». Quanto basta a Pannella per brindare con il succo di frutta e ringraziare «gli amici compagni» Vasco Rossi - ha rinnovato la tessera radicale per il ventitreesimo anno - e Marco Bellocchio pronto a votare la lista Bonino-Pannella.

L´invito di Zavoli non si limita però alle battaglie radicali. Rilancia anche il problema del pluralismo dell´informazione radiotelevisiva. «La spaccatura del Cda Rai, non solo da me fortemente temuta e nei limiti delle mie responsabilità quasi annunciata - scrive infatti Zavoli - rischia di ridurre l´efficacia e il vincolo dell´indirizzo espresso dalla commissione parlamentare di Vigilanza. Occorre ristabilire subito gli equilibri nel vertice Rai, specie ora che si affacciano adempimenti non meno delicati e gravosi». Parole che riaccendono il dibattito su nomine e pluralismo dell´informazione. Quelle nomine, dice Massimo D´Alema, «sono la dimostrazione di una vasta concentrazione di potere nelle mani di un uomo solo: Berlusconi». «Al banchetto delle nomine Rai noi dell´Idv non partecipiamo», attacca Antonio Di Pietro. E Fnsi e Usigrai vedono inascoltato l´appello di Zavoli. Quelle scelte, dicono i sindacati, rendono «ancora più scuro il quadro dell´autonomia dell´informazione in Italia». Per questo manifesteranno il 28 maggio.

Nagano
26-05-09, 00:33
Pannella ad Annozero dopo il pressing di Zavoli

• da Corriere della Sera del 22 maggio 2009, pag. 12

di Alessandro Trocino

«Lasciamolo lavorare?». Si parla di Silvio Berlusconi, ovviamente, e della sentenza Mills. Michele Santoro apre «Annozero» con il film «Vincere», appena proiettato a Cannes. Esorta il pubblico ad affollare le sale, cita evocativamente «la donna e l`uomo di potere» e ricorda che il regista Marco Bellocchio ha dichiarato che voterà lista Bonino. Santoro introduce Marco Pannella e coglie l`occasione per attaccare i dirigenti dell`azienda pubblica: «Sia ben chiaro, Pannella non è qui grazie ai vertici della Rai: -ma grazie al presidente della Repubblica». Su questo tema insiste, con Pannella che ringrazia «Michele». Oltre che, naturalmente, il capo dello Stato: «Napolitano non lo ha fatto per sensibilità umana, non lo ha fatto perché quello sta` a morì. Ma perché è il garante di tutti gli italiani e io lo applaudo». Lo applaude davvero, solitario, con Santoro che incoraggia il pubblico a seguirlo. Tra le persone da ringraziare ci sarebbe anche Sergio Zavoli, presidente della Commissione di Vigilanza Rai. Nel pomeriggio aveva minacciato le dimissioni: «C`è un obiettivo da raggiungere prima che una vertenza, nata da un diritto, si trasformi in tragedia. Non rimarrò al mio posto se non sarà risolta la questione con cui Pannella interpella lo spirito democratico del Paese». La minaccia sortisce effetto, grazie anche all`intervento del capo dello Stato e all`ospitalità di Santoro. Che aggiunge, rivolgendosi ancora una volta ai vertici Rai: «Ci aspettiamo che da domani per Pannella ci sia qualcosa in più, oltre a noi». In studio c`è il leader del Pd Dario Franceschini ed è inevitabile lo scontro con Maurizio Lupi. Ma a contrastare il segretario ci sono, per l`occasione in sintonia, Marco Travaglio e Francesco Storace. Domandano entrambi se Franceschini abbia intenzione di chiedere le dimissioni di Berlusconi. Franceschini - che in giornata aveva paragonato Berlusconi a Napoleone e ora spiega che il premier «si ritiene sopra la legge e la morale» - parla al passato: «La logica e il buon senso dicono che si sarebbe dovuto dimettere già da tempo». A Storace non basta: «Dica se chiede le dimissioni». A questo punto Franceschini esplicita: «Chiedere le dimissioni non produrrebbe nessun risultato, perché sarebbe bocciato dal Parlamento. Io ho chiesto un`altra cosa: che il premier, con atto unilaterale, rinunci al lodo Alfano e si faccia processare». Travaglio alza le sopracciglia, perplesso. Ma Franceschini continua: «lo Berlusconi lo voglio battere politicamente. Non è sul terreno giudiziario che vinceremo. Più parliamo di queste cose, e dobbiamo farlo perché la coscienza ce lo impone, più rischiamo di creare compattezza dall`altra parte». Non solo: «Se il divario tra Pdl e Pd non sarà di 4, ma di 15 punti - dice, dando quasi per scontata la sconfitta -, se Berlusconi stravince, ci sarà un problema per la democrazia». Lupi in studio difende Berlusconi: «È perseguitato come nessuno al mondo». E sostiene una riforma della giustizia: «Non mi va di andare a votare perché i politici vengono mandati via dai magistrati». Prosegue il dibattito e Pannella si sfoga: «Sembra di essere su Tele Berlusconi». Siparietto finale con Vauro. E Santoro attacca ancora: «Siccome è stato il nostro vertice, sono stati i nostri capoccioni a volere qui Pannella, anche se è tardi non lo possono sfumare...».

Nagano
26-05-09, 00:33
Pannella stremato in tv: "grazie Napolitano"

• da QN del 22 maggio 2009, pag. 10

di Elena G. Polidori

Prima era stato il Presidente della Repubblica, poi quello della Camera. Infine una voce definitiva si è alzata da San Macuto. Sergio Zavoli, presidente della Vigilanza sulla Rai è stato netto: «Non esito a dire che non rimarrò al mio posto se non sarà tempestivamente risolta la questione con cui Marco Pannella, leader storico dei radicali, attraverso la cosa pubblica interpella lo spirito democratico del Paese». Ovvero: si dimetterà se la Rai continuerà a negare spazio a Pannella. E così, come per incanto, Marco Pannella (Ansa), al sesto giorno di «sciopero della fame e della sete per la democrazia e il pluralismo dell`informazione in vista delle europee», ha bevuto un succo di frutta ed è arrivato dritto come un treno in prima serata su Raidue ad Annozero. Non solo; per i radicali si aprono anche altre porte: oggi Emma Bonino sarà all`Era glaciale, il programma di Daria Bignardi. E Viale Mazzini ha fatto sapere che «sono state date indicazioni alle strutture editoriali per definire con il leader storico dei radicali la sua presenza in altri programmi». Ma non si sa se la vista (ad Annozero) di un Pannella emaciato, ombra di se stesso con le labbra secche, affannato anche se mai domo nella difesa dei principi e dei diritti civili e politici dei cittadini, abbia davvero giovato alla lista Radicale; al vecchio leone delle grandi battaglie sulla legalità, Santoro ha regalato i primi cinque minuti di trasmissione, consentendogli di «ringraziare» il presidente della Repubblica per essersi «occupato di far conoscere a 97 italiani su cento, che la ignorano, l`esistenza della lista Pannella». Toccanti le parole del leader radicale che si è rivolto, idealmente, ai giovani del pubblico ricordando che «io ho lottato sempre per tutti voi, perché in un Paese dove l`illegalità è diventata fisiologica, ci sia ancora qualcuno che per passione politica è disposto a sacrificare se stesso e la propria vita». «Il presidente della Repubblica - ha detto il leader radicale è intervenuto non perchè è un mediatore, ma perchè è il garante della Costituzione... Ed è intervenuto non per me, ma perchè è il garante dell`ultimo degli italiani».

Nagano
26-05-09, 00:33
Pannella da Santoro, giornalisti in piazza

• da Il Manifesto del 22 maggio 2009, pag. 3

di Micaela Bongi

Almeno questa volta il presidente della commissione di vigilanza Rai Sergio Zavoli, che sulle nomine aveva invano richiamato i vertici aziendali al rispetto del pluralismo - viene ascoltato. In mattinata arriva a minacciare le dimissioni dal suo incarico se Marco Pannella, al sesto giorno di sciopero della fame e della sete contro l`oscuramento della lista che porta il suo nome e quello di Emma Bonino, non otterrà una risposta. «C`è un obiettivo da raggiungere prima che una vertenza, nata da un diritto, si trasformi in tragedia. A questo proposito non esito a dire che non rimarrò al mio posto se non sarà tempestivamente risolta la questione con cui il leader storico dei radicali, interpella lo spirito democratico del paese», avverte un allarmato Zavoli ricordando di aver già scritto una lettera, tre giorni fa, al direttore generale della Rai Mauro Masi e al presidente Paolo Garimberti. Una lettera con cui sollecitava quelle «misure riparatrici» chieste dagli «schieramenti politici più penalizzati dal mancato rispetto del regolamento riguardante le prossime elezioni europee». Ora il presidente della vigilanza coglie anche l`occasione per segnalare che la spaccatura del vertice Rai sulle nomine di mercoledì, contro le quali l`Usigrai la Frisi lanciano una mobilitazione, «rischia di ridurre l`efficacia e il vincolo dell`indirizzo espresso dalla commissione parlamentare di vigilanza». Da viale Mazzini - sorvolando sulle nuove direzioni - arriva subito la risposta: il via libera alla partecipazione di Marco Pannella alla puntata di ieri sera di Annozero (era stato del resto Santoro a invitare il leader radicale, che a sera è in studio, visibilmente provato, per dar seguito all`appello di Giorgio Napolitano), e rassicurazioni sulla sua presenza in altri programmi del servizio pubblico (mentre stasera Emma Bonino sarà all`Era glaciale, sempre su Rai due). Dal canto suo Pannella, che all`ora di pranzo beve un succo di frutta «alla salute di Vasco Rossi che ha rinnovato per la ventitreesima volta la tessera del partito radicale, e a Marco Bellocchio che da Cannes ha annunciato che ci voterà», ringrazia il capo dello stato, «intervenuto in difesa della Costituzione». E Sergio Zavoli, «che ha preso una posizione coraggiosa». Mentre Sinistra e libertà, ricordando che lo squilibrio non riguarda tutte le forze politiche che non sono rappresentate nel parlamento italiano, approva Zavoli ma gli chiede che scriva ora un`altra lettera «per imporre alla Rai il rispetto. delle deliberazioni varate dalla commissione parlamentare da lui presieduta», ovvero il rispetto della parità di trattamento. Un problema che in periodo di campagna elettorale si esaspera, ma che non riguarda soltanto il rispetto dei tempi della par conditio. Come dimostrano le nomine dei nuovi direttori del Tg1 e di Rai uno e dei quattro vicedirettori generali e le anticipazioni sulla prossima infornata, in arrivo subito dopo il voto di giugno. «Il metodo è quello - commenta Massimo D`Alema - le nomine le hanno decise a casa di Berlusconi. Questo purtroppo è il paese che abbiamo e questa è appunto la concentrazione di potere di cui Berlusconi dispone». Per Vincenzo Vita, senatore del Pd, e Beppe Giulietti, deputato e portavoce di Articolo 21, «in ogni storia c`è un punto di rottura. Le nomine di ieri sono verosimilmente la svolta della storia recente della Rai, che rischia ormai di non essere più la Rai». E Vita dà anche voce al malumore nel Pd - condiviso dallo stesso segretario Dario Franceschini - sull`atteggiamento del presidente Garimberti, che ha votato si ai nuovi dirigenti mentre i consiglieri dell`opposizione abbandonavano la seduta di cda: «Il presidente ricordi di essere il presidente di garanzia. Dovrebbe tutelare tutti e non solo una parte. Questo primo capitolo delle nomine restituisce un segno di un clima degenerato». Sia Vita che Articolo 21 aderiscono alla manifestazione lanciata dalla Federazione nazionale della stampa e dall`Usigrai. I sindacati dei giornalisti lanciano, per giovedì 28 maggio, un`iniziativa «a difesa dell`autonomia del servizio pubblico e dell`informazione in Italia, alla quale chiameranno i vertici della Rai, i dipendenti, le istituzioni di garanzia, esponenti politici di governo e di opposizione, le forze del mondo del lavoro e le voci della società interessate al rilancio dell`azienda». Perché «la tradizionale e pesante subordinazione della Rai ai voleri della politica» è aggravata, ricordano, dal conflitto di interessi del presidente del consiglio.

Nagano
26-05-09, 00:33
Pannella plaude a Napolitano: "così ha difeso la Costituzione"

• da Il Mattino del 22 maggio 2009, pag. 9

«Tranquilli, non è pipi: anche se l`altra volta mi ha salvato la vita. È un semplice succo di frutta. Bevo alla salute di Vasco Rossi che ha rinnovato la ventitreesima volta la tessera del Partito radicale e a Marco Bellocchio che da Cannes ha annunciato che voterà radicale». Un Marco Pannella commosso ha interrotto ieri in un bar davanti alla sede del Partito radicale lo sciopero della sete che durava dal 9 maggio. Visibilmente provato il leader Radicale ha annunciato che in serata avrebbe partecipato ad "Annozero". E così è stato. Ospite di Michele Santoro, che gli ha rivolto l`invito dopo l`appello di Giorgio Napolitano, Pannella innanzitutto ha ringraziato il capo dello Stato per la sua sollecitudine e parlando con difficoltà ha spiegato: «Napolitano è intervenuto a difesa della Costituzione. Il presidente è intervenuto non per difendere me, ma perché è il garante dell`ultimo degli italiani; e io lo applaudo. Il presidente della Repubblica è intervenuto non perché è un mediatore, ma perché è il garante della Costituzione. Il presidente ha preso atto che da alcuni sondaggi non smentiti il 9715 degli elettori non conosceva nemmeno la presenza della lista radicale alle prossime elezioni». E ha aggiunto: «Il problema è che il presidente ha constatato questo e ha detto: come? Il 97% degli elettori non conosce questa cosa? Ed è intervenuto non per me, ma perché è il garante dell`ultimo degli italiani. Napolitano non si è preoccupato per me, ma si è occupato del suo ruolo di garante della Costituzione». Concetti che Pannella aveva anticipato nel pomeriggio ricordando i precedenti scioperi della sete e della fame che in passato l`hanno portato ad un passo dalla dialisi o da danni irreversibili al fisico. «Quando ho scioperato per salvare la vita a Saddam Hussein, il nemico per antonomasia, per la fame nel mondo, per la Jugoslavia, a quali elettori radicali mi rivolgevo», ha spiegato respingendo al mittente le critiche di chi ha parlato di iniziativa mirante a garantire la lista Pannella-Bonino e i suoi spazi informativi e non di una iniziativa «che invece riguarda i diritti di tutti». Peraltro il leader radicale oltre a quello autorevole del Colle (e a quello del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che aveva rimarcato come «il contributo alla vita civile e democratica del Paese» da parte di Pannella fosse «unanimemente riconosciuto») ha incassato anche il sostegno dei presidente della commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli, che ha minacciato le dimissioni se i vertici Rai non avessero risolto il problema. L`azienda ha immediatamente assicurato che Pannella avrebbe partecipato dopo «Annozero» anche ad altri pro- grammi. Per i radicali si sono pertanto aperte le porte del piccolo schermo: ieri quelle di Red Tv e di Michele Santoro su Raidue per Pannella, stasera quelle dell`«Era glaciale», il programma condotto da Daria Bignardi in seconda serata sempre su Raidue. E Viale Mazzini ha fatto sapere che «sono state date indicazioni alle strutture editoriali per definire con il leader storico dei radicali la sua presenza in altri programmi». Zavoli ha lanciato però anche l`invito a «ristabilire subito gli equilibri nel vertice», dopo la spaccatura consumatasi mercoledì nel cda Rai con l`abbandono dei lavori da parte dei consiglieri di opposizione prima del voto sui nuovi vicedirettori generali e sui direttori di Raiuno (Mauro Mazza) e Tg1 (Augusto Minzolini). Intanto i quattro vice del dg - Gianfranco Comanducci, Lorenza Lei, Giancarlo Leone e Antonio Marano hanno avuto un primo incontro con Mauro Masi, per definire le priorità di intervento. In primo piano la trattativa con Sky, per la quale Masi ha avuto mandato unanime dal cda: il primo incontro è in calendario la prossima settimana. Quanto a Mediaset, deciderà se restare su Sky «dopo l`estate», dice il presidente Fedele Confalonieri. Altro dossier urgente, il varo dei palinsesti autunnali, che dovrebbero approdare la prossima settimana in cda per essere poi presentati il 16 giugno alla Sipra a Roma e a Milano.

Nagano
26-05-09, 00:34
Finito l'"embargo" tv: Pannella va da Santoro

• da Il Messaggero del 22 maggio 2009, pag. 9

Al sesto giorno di sciopero della fame e della sete perla democrazia e il pluralismo dell’informazione in vista delle Europee, Marco Pennella ha sfondato il muro della Rai. Ieri sera è stato ospite di "Armo zero" e presto lo sarà di altri programmi. Dopo i richiami del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del presidente della Camera Gianfranco Fini, ieri è intervenuto per il leader storico radicale il presidente della Vigilanza Sergio Zavoli che ha messo in campo le proprie dimissioni «se non sarà tempestivamente risolta la questione Pannella».

Nagano
26-05-09, 00:34
Miracolo in Rai, Pannella ad Annozero

• da L'Opinione del 22 maggio 2009, pag. 2

di Dimitri Buffa

“Tranquilli non è pipi". Pannella va ad "Anno zero". E ieri, dopo essere giunto alle estreme conseguenze di uno sciopero della sete che durava da quasi sette giorni, ha festeggiato con il consueto sarcasmo rivolto ai giornalisti, e con un paio di bicchieri di succo di frutta presi al bar sotto la sede del partito in via di Torre Argentina, il sostegno ricevuto. Nell`ordine: dal presidente della Camera Gianfranco Fini (che aveva fatto pressione sul presidente della Vigilanza Sergio Zavoli proprio perché si facesse interprete delle esigenze di presenza del leader radicale proprio in trasmissioni di solito ostili, come "Ballarò" ed "Anno zero", più la prima che la seconda), dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che già da giorni aveva preso a cuore la cosa, e dal cantante rock Vasco Rossi che "per la ventitreesima volta ha fatto sapere a tutti i suoi fan che lui vota radicale". Insomma un trionfo mediatico con la possibile incoronazione proprio da Santoro. Anche se la Emma Bonino, che era stata invitata in origine già da mercoledì, ha dovuto rinunciare lei ad andare in video. "Perché non sia mai che i due leader radicali vadano in un sola volta alla tv di stato all`ora di massimo ascolto... sarebbe toppa grazia...", come ironizzano i militanti su Facebook. Fatto sta che ieri . anche Zavoli, redivivo, minacciava di andarsene se non fosse stata risolta per tempo la "vertenza Pannella". Magari voleva dire "la grana", ma tant`è. A chi glielo ha chiesto, Pannella ha detto di brindare con il succo di frutta "tanto alla salute di Vasco Rossi che ha rinnovato la tessera dei Partito radicale, quanto a Marco Bellocchio che da Cannes ha annunciato che voterà il Partito radicale". La partecipazione ad Anno zero era stata annunciata poco prima con una nota della stessa redazione. Dal contenuto agrodolce: "Dopo una recente e assai seguita partecipazione, Annozero aveva invitato nuovamente l`onorevole Emma Bonino in trasmissione. Non c`era evidentemente da parte nostra nessuna volontà di oscuramento della lista Bonino - Pannella. All`invito aveva infatti fatto seguito una conferma più volte ribadita. Noi non siamo però abituati a subire autoinviti - continua la nota della redazione del programma che potrebbero creare un precedente al quale altri leader avrebbero la possibilità di fare ricorso in futuro. La nostra autonomia editoriale è un principio altrettanto serio rispetto a quelli ai quali si richiama l`onorevole Marco Pannella". Già, ma quanto a auto inviti di altri esponenti politici difficilmente verrebbero sostenuti da azioni di lotta non violenta di questo tipo. Conoscendo "i polli politici" italiani, casomai, sarebbe stata assai più verosimile una minaccia di mettersi a tavola a mangiare, anche metaforicamente, e di non alzarsi fino al momento del raggiungimento del loro obiettivo. Sia come sia, nella nota di "Anno zero" è contenuto anche un elemento piuttosto irritante che fa capire che Pannella è stato invitato non perché ne potesse avere diritto in nome del par diritto di accesso delle forze politiche specie sotto elezioni alle tribune della politica (visto che quelle politiche non esistono più) dell`informazione della tv pubblica, ma solo come atto di buona volontà e per paura dell`aggravamento delle sue condizioni di salute. Ecco infatti la poco elegante chiosa del comunicato di "Anno zero": "...ma oggi il Capo dello Stato Giorgio Napolitano lancia un allarme sulle condizioni di Marco Pannella, al sesto giorno di sciopero della fame e della sete, preoccupato che esse siano talmente serie da far temere per la sua vita. E noi consideriamo la difesa della vita un principio al di sopra di qualunque altro". E` come dire: "noi non siamo poi così preoccupati, ma se lo dice il Presidente della Repubblica ci crediamo". O facciamo finta di crederci per quieto vivere. "Pertanto - conclude la redazione del programma - siamo felici di ospitare Marco Pannella, che abbiamo comunque sempre rispettato come un grande protagonista della scena politica italiana". Messa così, non sembra l`ammenda per una riparazione dovuta dopo anni di boicottaggio dei radicali in video, e oltretutto sollecitata anche da svariati interventi dell`Authority per le telecomunicazioni così come della Commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai. Ma una gentile concessione di uno dei tanti sovrani televisivi che credono di gestire lo spazio della tv pubblica come se si trattasse di un giornale di loro proprietà. Comunque meglio che niente. Si aspetta di vedere adesso se la "moral suasion" di Fini, Napolitano - e, perché no?, anche di Vasco Rossi avrà effetto anche sul "reprobo" Giovanni Floris e su Ballarò.

Nagano
26-05-09, 00:34
Pannella beve alla salute di Vasco Rossi e Bellocchio

• da Secolo d'Italia del 22 maggio 2009, pag. 3

di Franco Bianchini

Un Marco Pannella commosso ha interrotto in un bar lo sciopero della sete che durava dal 9 maggio: «Tranquilli, non è pipì anche se l`altra voltami ha salvato la vita. È un semplice succo di frutta. Bevo alla salute di Vasco Rossi che ha rinnovato la tessera del Partito radicale. e a Marco Bellocchio che da Cannes ha annunciato che voterà iI Partito radicale,». Pannella, che portava sulla camicia la stella di Davide gialla, ha ricordato i precedenti scioperi della sete e della fame che l`anno portato a un passo dalla dialisi o da danni irreversibili al fisico. Ieri sera la partecipazione ad Annozero. E nel pomeriggio i ringraziamenti: Al presidente della Repubblica, assicurando di condividere i motivi della mia iniziativa, lo ha fatto con generosità ma ritengo anche con proprietà istituzionale. Se il presidente della Repubblica ha voluto fare questo, è per dare un aiuto non alle pur giustissime esistenze ed esigenze dei radicai, piuttosto per difendere il diritto del suo popolo, che lui deve garantire costituzionalmente, dimostrando così di essere non l`arbitro "saggio" dei due partiti di regime, bensì il garante dei diritti di tutti. anche dell`ultimo». E ancora «Grazie, presidente Napolitano; grazie, presidente Fini. per essere intervenuti a difesa dei diritti costituzionali del popolo italiano. In questo si riassume la ragione stessa di esistere del Partito radicale».

Nagano
26-05-09, 00:36
Berlusconi, l'eversore conservatore

• da Europa del 23 maggio 2009, pag. 1

di Marco Cappato

Il bilancio di Silvio Berlusconi in politica è sorprendente. Un uomo del fare, presidente operaio, imprenditore prestato alla politica? Oppure un nuovo Peròn, Mussolini, Masaniello? Da qualunque parte la si voglia prendere, dal lato della "rivoluzione liberale" o del pericolo fascista, la vera sorpresa di Berlusconi è (opposto delle due immagini speculari che lo accompagnano con comodità. La sua vera dimensione è quella della conservazione. Proprio nei giorni in cui Silvio ha rispolverato il repertorio pseudoeversivo, andrebbero ricordati i nodi politici veri che in sedici anni si è guardato dall`affrontare. Aveva promesso la riforma americana, uninominale anglosassone che mettesse al centro le persone invece che i partiti. Abbiamo i partiti che nominano il parlamento tutto. Il finanziamento pubblico ai partiti è triplicato (e anche quello alle Chiese ha fatto passi da gigante). Aveva alzato la bandiera della rivoluzione liberale in economia. Ci troviamo con la stessa pressione fiscale, debito pubblico, concertazione corporativistica, sindacati parastatali e imprenditori assistiti, welfare dei privilegiati (tutto pensioni e nulla ammortizzatori sociali), cassa integrazioni e assistenzialismo, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (da Alitalia a Fiat), articolo 18 e lavoro nero, occupazione femminile più bassa d`Europa. La Rai è rimasta la Rai, cosicché il duopolio è rimasto duopolio. Aveva gridato all`urgenza di riforma della giustizia. Continuiamo ad essere il paese senza responsabilità civile dei magistrati, senza separazione delle carriere e con l`obbligatorietà dell`azione penale. Le uniche "riforme" sono state quelle di protezione degli interessi personali di Berlusconi medesimo, ma questa storia è molto più nota. In politica internazionale si annunciava una linea non soltanto "atlantica", ma anche sensibile alla collaborazione tra democrazie e al rafforzamento del diritto internazionale. Più volte annunciata la volontà di far aderire Israele all`Unione europea. Risultato: siamo i migliori alleati della Russia di Putin e della Libia di Gheddafi. Sui diritti civili, le contraddizioni sono da cercarsi, più che tra annunci e realizzazioni, tra privato e pubblico. Ed è il pubblico a perderci. Per rendersi conto dell`immobilismo berlusconiano, basta ricordare le decine di referendum radicali che Silvio, sia dal governo che dall`opposizione, ha sempre sabotato, in particolare quelli con i quali diceva di essere (a parole) d`accordo (su istituzioni, economia, giustizia). In sintesi, il Regime italiano è rimasto il Regime italiano: partitocratico, illiberale, statalista, corporativo, clericale. Tutta colpa del Berlusca? Certo che no. Basta andare a vedere come il lavoro di distruzione della Costituzione sia in atto da decenni, da ben prima che lui scendesse in campo. Ma, come dice Pannella, Berlusconi di quel regime è erede e continuatore, non certo il picconatore o l`alternativa. Le sparate - quelle contro il parlamento in particolare, ma anche l`accanimento nel considerarsi al di sopra della legge - hanno effettivamente sapore eversivo e minacciano un ulteriore sfascio della non-democrazia italiana. Ma prima ancora delle minacce future, è bene rendersi conto di un passato che non passa mai. l`uomo del fare è il miglior custode e conservatore del regime sessantennale.

Nagano
26-05-09, 00:37
Napolitano, omaggio a Sciascia

• da Il Mattino del 25 maggio 2009, pag. 6

L`ultima tappa della tre-giorni di Giorgio Napolitano in Sicilia è stata breve, ma di grande significato: il presidente della Repubblica è andato a Racalmuto a rendere omaggio alla memoria di Leonardo Sciascia, scomparso venti anni fa all`età di 68 ami e da allora oggetto di una sorta di oscuramento. Napolitano, che lo ha conosciuto e lo ha stimato, non trova giusto questo oblio e l`ha detto con il gesto simbolico della visita a questa cittadina molto nota e molto fuori mano, e con parole inequivocabili, Il presidente ha deposto un cuscino di fiori sulla tomba laica dello scrittore volterriano, una lapide bianca senza croce sulla quale sono incisi il nome e il celebre epitaffio dettato dallo stesso Sciascia: «Ce ne ricorderemo di questo pianeta». Poi ha visitato la Fondazione creata per ricevere l`eredità della sua cultura e per trasmettere il suo messaggio civile di disincanto, di impegno civile e di elogio della ragione come urica bussola a cui l`uomo deve affidarsi. Ad accompagnare Napolitano alla Fondazione, oltre agli amministratori locali, c`erano il presidente della Regione Raffaele Lombardo e il ministro della Giustizia Angelino Alfano, la figlia di Sciascia, vecchi amici dello scrittore. Spirito illuminista e anti-dogmatico, Sciascia aveva avuto sempre rapporti difficili con il Pci. Fin dai primi racconti non aveva risparmiato strali al culto nostrano dello stalinismo. Ma poi, negli Anni Settanta, con Enrico Berlinguer segretario, aveva fatto un`apertura di credito e accettato una candidatura al consiglio comunale di Palermo, come indipendente. Però i rapporti si erano presto guastati ed erano finiti con uno strappo irreparabile, anche per i rapporti personali con il segretario del Pci, e con il passaggio nelle liste del Partito Radicale. Uno strappo che in qualche modo Napolitano - il quale aveva conosciuto Sciascia a Montecitorio negli Anni Ottanta quando entrambi erano parlamentari - ha voluto archiviare rivalutando a tutto tondo il valore non solo letterario, ma anche civile dell`autore del «Giorno della civetta»: «Mi ha portato qui - ha detto Napolitano - il ricordo personale di Leonardo, che ho grandemente amato come scrittore europeo non meno che italiano. L`ho sempre ascoltato con attenzione e grande rispetto, come grande coscienza e voce civile dell`Italia», Il capo dello Stato ha elogiato la Fondazione e ha incoraggiato i dirigenti a diffondere da questa cattedra «una testimonianza viva di quella Sicilia della ragione e della cultura che noi possiamo ben identificare con il nome di Sciascia».

Nagano
26-05-09, 00:37
Int. a Gaetano Quagliariello: "L'opposizione? non esiste pure Pannella fa il moralista"

• da Il Giornale del 25 maggio 2009, pag. 12

«Sono stanco», mormora Gaetano Quagliariello accogliendomi nel suo ufficio di presidente vicario dei senatori del Pdl.

«Per forza», verrebbe da dirgli guardando il suo viso smunto con un che di adolescente nonostante i 49 anni. Ti sei scaraventato dal letto e hai fatto scaraventare me per vederci presto di mattina e cominciare con una lunga intervista una giornata che per te si annuncia campale. In Aula si discuteranno gli aiuti ai terremotati, l’opposizione non farà sconti e finirai per litigarci, ti dovrai poi spremere le meningi per ripetere con formule diverse - tre volte al giorno e su sei Tg - la tua campana: il centrodestra lavora, il centrosinistra chiacchiera. È più che certo che da Magna Carta, la fondazione che presiedi, ti chiedano un’intervista per l’Occidentale il giornale telematico. Tutt’altro che escluso l’arrivo all’ora pranzo - che perciò salterai - di un collaboratore con le bozze di uno dei libretti che la Fondazione sforna a ripetizione su legge elettorale, immigrazione, federalismo fiscale, ecc. Neanche potrai impedire a te stesso - nonostante ti sia sospeso dall’attività di docente alla Luiss di Storia contemporanea finché dura il mandato - di pensare alla tua gloria di studioso. Quindi ti attaccherai al telefono con l'editrice «il Mulino» per sapere come stanno andando la tua biografia su De Gaulle e quella più recente su Gaetano Salvemini. Vero è - come si desume dal tuo cognome - che i tuoi avi erano vigorosi bracconieri (quagliara è una tecnica di uccellagione della prelibata quaglia), ma tu già da generazioni appartieni a una famiglia di intellettuali (sfibrati per definizione) originari di Napoli e trapiantati a Bari. Dovresti perciò soppesare le tue forze e non menare il torrone della stanchezza con un intervistatore che ora esige il meglio da te.

«Da docente a politico. Cambio di vocazione?», dico adesso a voce alta.

«Ho la politica nel sangue. Da bambino, invece che al dottore, giocavo alle elezioni. Da prof insegnavo Storia della politica. Siamo lì».

«Differenze tra i due mestieri?».

«I tempi dello studioso sono lunghi. Il politico coglie l’attimo fuggente. È stato l'adattamento più difficile».

«Eri radicale, oggi berlusconiano. Tendi alla metamorfosi?».

«Sono stato radicale dai 15 ai 22 anni. Significava non sprangare né essere sprangato. Ero liberale, garantista, anticomunista».

«Da radicale ti sei battuto per l’aborto».

«C’era la piaga dell’aborto clandestino. La legge 194 era un freno. Oggi, sono contro l’aborto. Non sono però per l’abrogazione della legge, ma per la sua esatta applicazione. La politica è il regno del possibile, non dei principi astratti».

«Sei passato da laico a laico devoto».

«Non mi sento ateo e neanche devoto. Ho avuto un’evoluzione personale per problemi privati».

«Cioè?».

«Ho sperimentato la sofferenza. Ti senti impotente e ti poni delle domande. Se la libertà non ha una dimensione oltre la terra diventa totalitaria e si trasforma in oppressione».

«Sei credente e praticante?».

«Odio fare il neofita (è imbarazzato). Ma se devo proprio definirmi, sono un credente con una pratica riluttante», e si appoggia esausto allo schienale come un Amleto in giacca nera e cravatta rosa.

«I tuoi erano dc. Tornato all'ovile?».

«Papà era nella Fuci (universitari cattolici, ndr), cattolico di sinistra, amico di Aldo Moro. Mi ha però lasciato libero di cercarmi la strada. Anche se soffriva vedendo che si allontanava dalla sua».

«Per Eluana Englaro hai urlato in Aula: “L’hanno ammazzata!”».

«Volevo fosse il Parlamento ad assumersi la responsabilità, non lasciare tutto a una sentenza. Il fatto che mentre ci stavamo riuscendo, arrivasse la notizia della morte, mi ha fatto scattare. Mi è sembrata una combinazione diabolica. Non casuale».

«Sul testamento biologico ti sei battuto contro l’autodeterminazione».

«No. Libero l’individuo di rifiutare le cure anche se questo ne determina la morte. Sono però contrario che si decida ora per allora».

«Il testamento è sempre a futura memoria».

«Quando lo fai non puoi prevedere i progressi della scienza. La malattia di mio padre è durata dieci anni. Una cosa sono state le cure iniziali. Completamente diverse alla fine. Se avesse preso decisioni all’inizio, avrebbe perso anni di vita. Il futuro deve restare aperto».

«Avrebbe sofferto meno».

«I giovani che hanno incidenti e sono intubati, al 99 per cento tornano a vita normale. Ma - vedi nei blog - sono migliaia i testamenti biologici di ragazzi che chiedono di non essere intubati e lasciati morire. Sono decisioni a priori basate su inconsapevolezza».

«C’è altro da dire?».

«Su queste cose sarebbe meglio non legiferare. Ci sono i medici e le famiglie per decidere. Ma nel caso Englaro si sono voluti i bollini, la magistratura si è intromessa e ci ha costretti a intervenire».

«Da radicale ti sei opposto al nucleare».

«Me ne pento amaramente».

«Che resta delle tue convinzioni passate?».

«Ero liberale e lo sono. Anticomunista e lo sono. Garantista e lo sono. Non è poco», dice e si rianima. L’adrenalina scorre copiosa e l’intervista prosegue al galoppo.

Voterai il referendum elettorale del 21 giugno?

«L’ho sottoscritto e andrò per coerenza. La situazione è però cambiata. Allora non c’erano Pd e Pdl, ma una grande frantumazione di partiti che faceva pensare a una vera competizione. Oggi è scontato che vinca il Pdl».

Meglio per te.

«In politica è bene vincere, mai stravincere».

Capitolo immigrati. O migranti, tu come li chiami?

«Immigrati. Migranti è come colf: politicamente corretto».

Per il riaccompagnamento Onu e Chiesa ci danno addosso.

«Dobbiamo proseguire su questa strada e riaffermare la legalità. Mancando di una sua politica, l’Ue ha scaricato su di noi il fenomeno».

L’Onu ci accusa di razzismo e la sinistra tifa per una società multietnica.

«Se multietnico significa molte culture che si ibridano è ciò che accade in una società moderna. Se invece ogni cultura si chiude in sé è quello che succede in Olanda. Da un lato droga e prostituzione, dieci metri più in là donne col burka e chiese che diventano moschee. Invivibile. Il solo appiglio è la legalità».

Critico e non solo sugli immigrati è anche Fini.

«Ha un approccio spensierato ai problemi. Pensa che la libertà non corra pericoli lasciando che le cose vadano per il loro verso. Su questo ci sono differenze essenziali tra destra e sinistra. Poiché non voglio che il centrodestra annacqui le proprie convinzioni, cerco di ribattere colpo su colpo le posizioni di Fini».

La piazza si riscatena. Che succede?

«Si fa sentire la mancanza di un’opposizione con posizioni vere e forti. I toni della sinistra sono alti, ma vuoti. Solo antiberlusconismo. I militanti sono delusi e rischiano la libera uscita».

Franceschini?

«È fuori dal tempo. A parte la simpatia umana per il numero 13 che d’incanto diventa il numero uno e si gioca la partita della vita, è l'icona giovane di una cosa vecchia: l’alleanza tra post comunisti e cattolicesimo sociale. Una formula morta».

Di Pietro, il noto immobiliarista?

«A preoccupare non sono tanto le sue contraddizioni, quanto l’infinita ignoranza».

Dà voce a un certo elettorato.

«Penso non sappia quel che dice. Il fatto però che tutti dobbiamo farci i conti imbarbarisce la lotta politica. Rispondergli è tempo perso e impedisce alla sinistra di andare oltre l’antiberlusconismo».

D’Alema?

«Fa un’analisi vecchia. Pensa che ci debba essere un sistema frammentato con più partiti in cui la sinistra si accorda col centro e metta Berlusconi in un angolo».

È una tecnica.

«Non capisce che Berlusconi è il centro. Comunque, è un’analisi. Altre a sinistra non ne vedo salvo quella di Veltroni, verso il quale ho nutrito speranze, ma che alla prova dei fatti si è squagliato. D’Alema invece non si squaglia».

Pannella digiuna per le cose più futili.

«Ormai è intriso di conformismo, moralismo e perfino di giustizialismo. I radicali sono sempre in tribunale per denunciare questo e quello».

Sei il vice di Gasparri. Lui esuberante. Tu gelido. Come ve la passate?

«Abbiamo in comune buon senso meridionale, attaccamento al lavoro, un tipo di lealtà simile. Di lui sono amico, un termine che non uso con facilità. Confermo però che siamo antropologicamente diversi».

Tu intellettuale come giudichi il «cuménda» Berlusconi?

«Ha una straordinaria capacità di impossessarsi di analisi raffinate e trasformarle in senso comune. È stata l’essenza del suo rapporto con Baget Bozzo».

Se ti comportassi come il Cav, galante, allusivo, «papi» e compagnia, tua moglie come reagirebbe?

«Mia moglie è sarda».

Capisci quindi le ire di donna Veronica?

«Sono conservatore: non capisco come si possano portare in pubblico certi aspetti della vita matrimoniale. Già la lotta politica in Italia si fa dal buco della serratura. Se anche le vittime incoraggiano, è la fine».

Invidi però la vita esagerata del Casanova di Arcore?

«Non ho lo stesso temperamento».

Dai, è l'ultima domanda, sii spiritoso.

«Sarò invece serissimo. Comprendo le difficoltà di trovare un equilibrio esistenziale per una persona che è sulla breccia da 15 anni, sempre sotto attacco».

Nagano
26-05-09, 00:37
Il liberale principio di Luigi Einaudi, “conoscere per deliberare”, è completamente disatteso

• da Articolo 21 del 25 maggio 2009

di Valter Vecellio

Ora tutti, leader politici e grandi giornali, riconoscono la fondatezza della denuncia di Marco Pannella: il liberale principio di Luigi Einaudi, “conoscere per deliberare”, è completamente disatteso; in Italia c’è un regime fondato sulla disinformazione e sulla sistematica violazione della legalità che tradisce la volontà popolare e stravolge la Costituzione.

Un sondaggio condotto dall’istituto Crespi dimostra e documenta che, fino a qualche giorno fa (e cioè prima della dirompente iniziativa dello sciopero della fame e della sete di Marco Pannella), solo 3 (tre!) elettori su 100 sapevano che alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo sarà presente sulla scheda elettorale anche il simbolo della “Lista Bonino-Pannella”. Attenzione: non 3 elettori su 100 che dichiarano che avrebbero votato la lista radicale. No, 3 su 100 che dichiarano di conoscere la sua esistenza. Vale per i radicali, ma è da credere che la stessa situazione valga per la lista che vede questa volta uniti socialisti, verdi, gruppi attorno a Niki Vendola e Claudio Fava; o, sulla destra, il cartello elettorale che vede “correre” insieme la Destra di Francesco Storace, il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo, il Partito dei pensionati di Carlo Fatuzzo, il gruppo che si è stretto attorno a Francesco Pionati.
In una parola: il regime italiano è riuscito a cancellare quasi completamente dalla competizione elettorale la nozione stessa dell’esistenza della lista Bonino-Pannella e di altre “minori”.
E’ storia antica; il regime che oggi si sta manifestando con tutta la sua virulenza non è stato creato da Silvio Berlusconi; “papi” è l’anello ultimo di una catena, come è documento in un dossier, “La peste italiana” che chiunque può leggere e “scaricare” (:: Radicali.it :: (http://www.radicali.it)). E siamo all’oggi: la “partita” elettorale è truccata, dove ad alcuni giocatori è materialmente, letteralmente impedito di “scendere in campo”.



Contro questo sequestro di informazione, contro questa confisca di conoscenza, perché sia assicurato – ai radicali, certo; ma a tutti, in definitiva – il diritto di “conoscere per deliberare”, Marco Pannella ha condotto uno sciopero della fame e della sete di ben sei giorni; e, nel momento in cui si scrive, prosegue quello della fame. Non una “protesta”, come sempre ha cura di spiegare, ma un’iniziativa di lotta e di “proposta”, per il rispetto della “Legge”, per la difesa del Diritto. La parola d’ordine è quella del Mahatma Gandhi: “Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo”. L’esortazione, cioé, a non essere e restare inerti



Qui arriviamo al cuore dello scandalo. Il problema non è tanto – o solo – che Pannella abbia fatto, ancora una volta, un drammatico sciopero della fame e della sete; il problema è che ancora una volta sia stato costretto a farlo dalla situazione che si è andata determinando; una situazione gravissima, che il presidente della Repubblica ha ritenuto di condividere: e lo ha fatto con generosità e pubblicamente, e – al tempo stesso – con la proprietà istituzionale che contraddistingue il suo settennato.



Il presidente Napolitano non ha voluto tanto o solo dare un concreto aiuto alle pur giuste esigenze di Pannella e dei radicali; piuttosto ha difeso il diritto di tutti i cittadini, che in virtù del suo incarico è tenuto a garantire costituzionalmente; ha dimostrato, in una parola, di essere non “l’arbitro” tra due o più contendenti, quanto il garante dei diritti di tutti, anche dell’ultimo e più “umile” dei cittadini e degli elettori di questo paese. Una posizione, una situazione, condivisa e denunciata anche dalla terza carica dello Stato, il presidente della Camera Gianfranco Fini.



Un dato significativo: all’azione di Pannella si sono uniti 1.621 cittadini; di questi, ben 1.296 detenuti.

Lo so, vi sto sciroppando l’equivalente di un “volantone” di propaganda, contando (e abusando) dell’ospitalità e della benevolenza degli amici di “Articolo 21”, il cui sito è una delle poche oasi di libertà esistenti. Ma i radicali – quelli di Elio Vittorini e di Pierpaolo Pasolini, di Leonardo Sciascia e di Enzo Tortora, di Luca Coscioni e di Piergiorgio Welby, di Vasco Rossi e di Marco Bellocchio – sono stati costretti, per poter comunicare e farsi in minima parte conoscere far ricorso ad azioni e iniziative drammatiche come quella intrapresa da Pannella, il problema non è tanto o solo di Pannella, ma di tutti noi: di noi giornalisti che non accettiamo di essere gazzettieri come ci vorrebbero ridurre; di noi cittadini, che non accettiamo di essere sudditi come i tanti “papi” al potere vorrebbero farci diventare.



E’ la dimostrazione che la tanto sbandierata legge sulla par condicio non garantisce i diritti costituzionalmente garantiti. La grande informazione, quella pubblica come quella privata, nega e confisca il diritto alla comunicazione, alla conoscenza, al “sapere”, che viene minacciato giorno dopo giorno, ora dopo ora, da un regime arrogante e protervo. Temi, le grandi questioni come le libertà civili, i diritti umani violati nel mondo, dal Medio Oriente al Tibet, in Africa, in Cina, nella Russia di Putin, nella Libia di Gheddafi; la questione delle grandi migrazioni; della giustizia, le carceri che scoppiano, i processi che non si riescono a celebrare, le migliaia di inchieste che vanno al macero per prescrizione…e poi: le questioni legate alla vita e alla morte, il testamento biologico, le cure palliative, la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, la più generale questione della laicità dello Stato e i diversamente credenti, che non coincidono con la gerarchia vaticana…Tutti temi, questioni, “argomenti” che non vengono trattati sono sistematicamente elusi.



La faccio breve, e pongo a me stesso e a tutti una domanda: non è incredibile, inaccettabile, perfino immorale, che per garantire il diritto alla conoscenza, al sapere, si debba essere costretti – e Dio non voglia debba rifare – scioperi della fame e della sete come ha fatto fino a poco fa Marco Panella? Eppure è quello che è accaduto, è quello che accade…Grazie amici; facciamo quello che si deve, e accada quello che può.

Nagano
27-05-09, 20:01
Emma Bonino al Pd: "Volete il divorzio? Ditelo pure..."

• da Secolo d'Italia del 26 maggio 2009, pag. 3

Pd e radicali ai ferri corti? «Più che con il gruppo, i problemi sono con il partito perché il Pd ha una seria difficoltà a dialogare con noi tanto è vero che non lo ha voluto fare». Parola di Emma Bonino, senatrice radicale eletta nel Pd, che, ospite a Panorama del giorno su Canale5, ha criticato duramente il partito di Dario Franceschini. «Ho sentito recentemente dice rivolgendosi al segretario del Pd - che avrebbe parlato di un divorzio consensuale. Divorzio può darsi, ma che ha deciso lui, perché a noi non ce lo ha mai detto. E davvero strabiliante un partito che non si capisce come, dove, in che sede, in quale funzione, per quale motivazione prenda una decisione di quel tipo - ha proseguito la Bonino - senza averne parlato con nessuno. Insomma la dice lunga sullo stato della democrazia nel Pd, credo». Quanto al referendum elettorale del 21 giugno, ha ribadito le ragioni del no dei radicali, animatori del Comitato per il no, perché i quesiti non modificano l`attuale meccanismo di parlamentari «nominati» dalle segreterie e non eletti dai cittadini. «So - ha concluso - che altri cercheranno la scorciatoia dell`astensione ma non mi pare, non perché votare sia un obbligo, ma non mi pare molto simpatico dire alla gente di andare al mare, chi l`ha fatto non ha fatto un gran risultato». Sulla proposta di legge di iniziativa popolare targata Berlusconi, invece, chiede altri criteri. «Va bene la riduzione dei parlamentare, ma devono essere nomine sganciate dalle segreterie. Questo è molto importante perché porta appunto al sistema o alla riforma all`americana come noi la vogliamo, cioè con rappresentanti del popolo che hanno fortissime radici territoriali».

Nagano
27-05-09, 20:02
Pannella, polemica con "Ballarò"

• da Corriere della Sera del 26 maggio 2009, pag. 14

Marco Pannella annuncia altre «48 ore di sciopero anche della sete», da ieri notte a mercoledì, «in difesa dell`intera Comunità penitenziaria». Ieri il leader radicale, che da giorni prosegue la sua battaglia per il pluralismo, è stato al centro di una miniquerelle sulla sua presenza a «Ballarò» al posto di Emma Sonino. I Radicali hanno denunciato i dubbi di Giovanni Floris,che ha replicato: «Gli inviti non si girano». In serata, dopo l`esternazione di Pannella pronto a «proseguire oltre mercoledì» con lo sciopero, la conferma dell`invito e della presenza a «Ballarò».

Nagano
27-05-09, 20:02
Pannella protesta e "Ballarò"lo invita. Bastano poche parole a Marco

• da Il Giornale del 26 maggio 2009, pag. 12

Bastano poche parole a Marco Pannella per trovare una nuova ospitata. Sarà colpa della presa emotiva dopo la sua recente partecipazione ad Annozero di Santoro la scorsa settimana. Sarà forse la lamentela che trova sempre orecchie pronte all’ascolto. Stavolta Marco ha detto che su di lui vige sempre il veto di Ballarò e Giovanni Floris che conduce la trasmissione di Raitre fa subito retromarcia. Insomma piangere fa bene al comizio. E infatti è finita che Pannella sarà oggi ospite del programma di Floris che in un primo momento aveva invitato a partecipare Emma Bonino. Ma Pannella non c’è stato e ha fatto partire l’ennesima protesta. Molto provato, dimagrito, sofferente e perfino in difficoltà nel parlare ha destato molto stupore giovedì scorso tra i telespettatori, pur a conoscenza della sua ennesima protesta. E anche stavolta Pannella è tornato a battere sugli stessi tasti attaccando Ballarò.

Nagano
27-05-09, 20:02
Brevi - Pannella protesta, "Ballarò" lo invita

• da Il Sole 24 Ore del 26 maggio 2009, pag. 22

Ieri nuova protesta dei Radicali contro Ballarò per il mancato invito a Marco Pannella. Il conduttore Giovanni Floris si difende: abbiamo invitato Emma Bonino, gli inviti non si girano come assegni. Ma Pannella non molla: «Ho già investito ufficialmente le autorità del comportamento della Rai. Tv e Ballarò, provocatoriamente insultante contro la legalità e la democrazia, con l`arroganza propria di un partito di partitocrati impuniti. Torno da questa notte allo sciopero assoluto della sete». Nuovo comunicato del programma Rai: «Nessun problema Marco Pannella sarà ospite di Ballarò domani sera. Ma lo ripeto: aver invitato Emma Sonino non era una preclusione verso Marco Pannella» commenta Floris.

Nagano
27-05-09, 20:02
Lite Radicali-Floris, Pannella a Ballarò

• da La Repubblica del 26 maggio 2009, pag. 10

Marco Pannella sarà ospite stasera di Ballarò. La conferma è arrivata da Giovanni Floris, dopo che Pannella aveva annunciato di voler investire le autorità competenti denunciando «ostracismo» nei suoi confronti per l´invito alla trasmissione rivolto a Emma Bonino e non a lui. «Aver invitato la Bonino - ha detto Floris - non era una preclusione verso Pannella». Il leader radicale ha comunque indetto uno sciopero della sete di 48 ore a favore della condizione dei detenuti e degli agenti penitenziari.

Nagano
27-05-09, 20:03
Pannella stasera a Ballarò ma conferma lo sciopero

• da La Stampa del 26 maggio 2009, pag. 14

Marco Pannella sarà a Ballarò. Ad annunciarlo è il conduttore stesso del programma, Giovanni Floris: «Nessun problema. Ma lo ripeto: aver invitato Emma Bonino non era nè poteva essere una preclusione verso Pannella o verso la lista Bonino - Pannella». Pannella, dal canto suo ringrazia e replica: «Apprendo che la Rai e Ballarò hanno accettato l’iniziativa di Emma Bonino a favore del superamento dell’ostracismo che dal 2003 Ballarò ha praticato nei miei confronti. Ne sono molto lieto specie per i pur piccoli ma comunque nuovi spazi o momenti di democrazia per i nostri cittadini che così si ottengono».
Il leader radicale conferma, però, e comunque, le 48 ore di sciopero anche della sete, da ieri notte alla notte di mercoledì, «in difesa dell’intera Comunità Penitenziaria che in tutte le sue componenti, dai vertici all’intera amministrazione fino all’ultimo dei detenuti, stanno ormai per essere precipitati, dalla già ufficialmente riconosciuta condizione di oggetti e vittime di negazione dei diritti costituzionali, a uno stato letteralmente disumano di detenzione, di lavoro, di responsabilità morali e civili».

Nagano
27-05-09, 20:03
La casta Bonino adesso chiede l'inchiesta sessuale

• da Libero del 26 maggio 2009, pag. 1

di Vittorio Feltri

Il fatto che Dario Franceschini si travesta da suora e chiami Berlusconi in Parlamento, perché confessi davanti ai deputati le sue debolezze della carne e pubblicamente invochi il perdono celeste, non deve stupire. Povero segretario democratico, cos`altro potrebbe fare se non confidare negli altrui peccati di gnocca, onde recuperare voti al proprio partito in avanzato stato di decomposizione? Quando si è disperati come lui è facile perdere la sinderesi e illudersi sia vantaggioso sostituire le virtù politiche con quelle di tutt`altro genere nascoste sotto le gonnelle. Né sorprende che Carlo De Benedetti accetti la trasformazione de la Repubblica, della quale è editore, da quotidiano politico in portineria d`alto bordo capace di mobilitare le migliori firme allo scopo di intervistare l`ex moroso di Noemi sulle prodezze seduttive del premier. Anche in questo caso è solo questione di risorse culturali: in mancanza di meglio, ci si butta sotto le lenzuola del prossimo e si racconta quello che forse vi è accaduto. L`argomento - senza allusioni - tira sempre. Mi ha invece lasciato senza parole, letteralmente basito, la proposta lanciata da Emma Bonino. La storica leader radicale, spiazzando tutti, probabilmente anche il vecchio Pannella, ha pensato sia necessario, in questa delicata congiuntura sessuale, istituire una commissione d`inchiesta per fare luce sulle attività ludiche del Cavaliere. Non avrei mai immaginato che una donna quale Emma, con un passato eroico sul fronte dei diritti civili, paladina della libertà, nemica dei conformismi, laica spinta e convinta, all`improvviso desse segni di cedimento ai più vieti pregiudizi del bigottismo, mettendosi a ragionare come una novizia in pieno furore mistico. Dall`aborto alla cintura di castità, dal fumo delle canne a quello del rogo per lussuriosi: è un salto da cui la Bonino non uscirà indenne. Il moralismo è l`arma dei miserabili. Mi auguro Pannella, pur avendo consumato tante energie nel vano tentativo di cambiare il costume nazionale, trovi la forza di soccorrere l`annaspante collega e la persuada: una commissione d`inchiesta sulle scopate di Silvio sarebbe la tomba non di Berlusconi ma dei radicali.

Nagano
27-05-09, 20:04
E' stato giusto salvare Marco Pannella?

• da Oggi del 27 maggio 2009, pag. 15

di Sergio Zavoli

C’era un dovere da compiere, preciso e inderogabile: tutelare, con un intervento tale da non lasciare spazio a tergiversazioni e rinvii, il diritto dei cittadini a essere adeguatamente informati specie nel corso di una campagna elettorale. Una incongrua visibilità nei programmi tv della lista Bonino-Pannella (e quella di altre formazioni minori) violava quel diritto, fondamentale in una competizione democratica. Il leader radicale, ancora una volta, metteva a rischio la propria vita in nome di un principio generale, il rispetto della legalità comprendente, e sovrastante, pur legittimi interessi di parte. Ecco perché il presidente della Repubblica, esercitando la funzione di massimo garante affidatagli dalla Costituzione, ha espresso il suo giudizio sulla legittimità della protesta di Pannella, chiedendo nello stesso tempo alla Rai decisioni che, salvaguardando il principio di equità, contribuissero a interrompere lo sciopero del leader radicale. È anche il motivo per cui il presidente della Camera mi ha chiesto «un impegno delle istituzioni (la Commissione parlamentare di Vigilanza) a tutela del pluralismo», partecipandomi anche la preoccupazione per il pericolo a cui Pannella esponeva la sua salute. Convergenti pressioni hanno ottenuto il pronto risultato di fermare la contestazione della lista radicale con l`intervento di Pannella ad Anno Zero, seguito da altre sollecite iniziative risarcitorie. In passato troppe volte la protesta per porre rimedio a carenze, squilibri e lacunose letture dei regolamenti elettorali aveva raccolto solo qualche rada, stentata riparazione.

Nagano
27-05-09, 20:04
Pannella in tv mi fa amare la politica

• da Il Messaggero del 27 maggio 2009, pag. 25

di Maurizio Costanzo

Conosco Marco Pannella da quando ha cominciato a far politica. Gli devo comunque alcune tra le più sincere e imprevedibili interviste televisive ma gli metto in conto anche di avermi fatto preoccupare molte volte per i suoi scioperi della fame e della sete che spesso l’hanno portato al limite della vita. Mi occupavo di televisione, di Buona Domenica su Canale5, quando Pannella cominciò un altro dei suoi scioperi devastanti e non c’era modo di farlo desistere sino a quando capii che se in diretta, com’era la trasmissione, avesse telefonato dal Quirinale Carlo Azeglio Ciampi Presidente della Repubblica, qualche speranza di farlo recedere ci sarebbe stata. Marco Pannella era ospite del programma, insieme a un giovane deputato Giachetti, anche lui impegnato nello stesso sciopero. Il Presidente Ciampi telefonò ed era la prima volta che un Capo dello Stato entrava, ancorchè al telefono e per un tema del genere, in un programma di varietà. Si parlarono Pannella Giachetti e il Presidente della Repubblica, e davanti alle telecamere, fui felice di versare acqua nei bicchieri di Pannella e di Giachetti. Loro bevvero, la gente applaudì, lo sciopero si concluse e Marco ottenne in parte un interessamento.

Ho rivisto Marco Pannella nella puntata di “Annozero” andata in onda su Raidue in prima serata giovedì 21 maggio. Era vestito di bianco, magrissimo, col volto smunto e gli occhi febbrili. Naturalmente stava facendo uno dei suoi scioperi della fame e della sete per protestare contro la non visibilità sua e di Emma Bonino e di quanti fanno parte della lista radicale che compete alle elezioni europee. Da sempre Pannella ha combattuto sulla esclusione e sulla non visibilità. Sembrava un dramma di Beckett: un uomo ultraottantenne che malgrado lo sciopero in corso (avrebbe interrotto di lì a poco quello della sete) parlava e testimoniava grande memoria e voglia di sfruttare ogni secondo in mezzo a gente normale, come Dario Franceschini, Francesco Storace, Maurizio Lupi e Michele Santoro e Vauro e Travaglio. Una rappresentazione della politica che mi ha portato a provare ancora una volta grande simpatia, affetto e solidarietà per Marco Pannella. Sarà difficile per lui come per altre piccole formazioni politiche superare lo sbarramento del 4% per ottenere accesso nel Parlamento Europeo, ma ancora una volta potrà dire di averci provato fino alla fine, senza esitazioni.

Nagano
27-05-09, 20:04
La Bonino risponde a Libero mai chiesta una commissione

• da Libero del 27 maggio 2009, pag. 9

«Mai proposta una commissione d`inchiesta, sia Berlusconi a mettere la parola fine». In risposta all`editoriale pubblicato oggi su Libero, a firma del suo direttore Vittorio Feltri, il vicepresidente del Senato, Emma Bonino, smentisce di aver mai proposto una commissione d`inchiesta sul caso Noemi e ribadisce che le sue sono state sempre critiche politiche a comportamenti pubblici, e pertanto "politici", del Premier. «Caro direttore, in relazione al caso Noemi, Lei mi attribuisce la proposta di istituire una commissione "d`inchiesta sessuale", come la chiama lei». Ripeto - scrive Bonino - allora per lei e i suoi lettori quello che ho detto dalla Annunziata. Non m`interessa entrare nel merito delle attività private del nostro Premier e le mie sono state critiche politiche a suoi comportamenti pubblici e pertanto politici.

Nagano
27-05-09, 20:05
Lettere - una precisazione da Emma Bonino

• da Il Riformista del 27 maggio 2009, pag. 14

di Emma Bonino

Caro direttore, nel suo editoriale di ieri mi attribuisce l`ipotesi di costituire una commissione parlamentare d`inchiesta sul caso Noemi. Basta andarsi a sentire la registrazione della puntata di In Mezzora, trasmessa domenica scorsa e durante la quale avrei avanzato tale proposta: potrà agevolmente verificare la sua infondatezza (CdA | Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva (http://www.centrodiascolto.it)). Colgo l`occasione per ripetere a lei e ai suoi lettori in estrema sintesi ciò che ho detto dalla Annunziata. Non m`interessa entrare nel merito delle attività private del Presidente del Consiglio. Ognuno,nel rispetto della legge, è libero di fare ciò che vuole. Ho sì, invece, espresso critiche politiche su comportamenti pubblici e pertanto politici del Premier, comprese le sue numerose esternazioni, dichiarazioni, contraddizioni e smentite varie cui solo lui può mettere fine. Lo faccia presto e una volta per tutte, nell`interesse della credibilità delle istituzioni.

il Gengis
29-05-09, 11:01
La stella gialla non è una bandiera

• da La Stampa del 28 maggio 2009, pag. 1

di Elena Loewenthal
La stella gialla non era come quella che Marco Pannella ha deciso di usare per dare voce alla sua campagna elettorale. Non era ritagliata nel cartoncino ma stava cucita al vestito, là dove meglio e prima si vedeva: non potevi attaccarla e toglierla a piacimento. Non era una bandiera, bensì un marchio. Lo imposero i nazisti agli ebrei dell’Europa occupata, mentre li rinchiudevano nei ghetti: invivibili anticamere dei treni merci, degli smistamenti all’ingresso del campo di sterminio, delle camere a gas, dei forni crematori. I nazisti hanno inventato la soluzione finale, ma non la stella gialla, che si sono limitati a riesumare dalle ceneri ancora calde di una storia millenaria: la nostra, quella dell’Europa, che per secoli ha imposto ai figli d’Israele un segno di riconoscimento - banda, stella, cappello a punta - sì da poterli individuare, segregare, evitare, e non di rado cacciar via.
La stella gialla non era come quella adottata da Pannella per denunciare una pratica politica, un’inazione generale, un silenzio colpevole. Quella cucita sul vestito non c’entra nulla con la politica intesa come «scienza» (o trasandata pratica) che regola i rapporti fra gli uomini.
Non indica, nemmeno vagamente allude, non lascia spazio ad alcuna istanza di libertà: abita in un universo in cui la libertà non è concepita, non c’è modo di articolarla neppure come remota aspirazione. Chi portava addosso la stella gialla riusciva a pensare solo a sopravvivere, e sapeva bene che l’emarginazione era il muto preludio dello sterminio. Se quella di cartoncino che usa Pannella vorrebbe richiamare l’idea di una battaglia - pacifica e silenziosa, ma eloquente -, l’altra, quella vera, parlava solo di una sconfitta tremenda, inimmaginabile eppure vera. La stella gialla è, insomma, il simbolo di una resa atroce. Non esprimeva alcunché, non provava a sollecitare coscienze, denunciare ingiustizie. Era l’apice e l’abisso di una storia in cui il mettere da parte l’altro, tenersene a distanza, riconoscerlo per evitarlo, significava ribadire l’inguaribile disprezzo che per quel diverso si provava. Al limite da orchestrarne lo sterminio. La stella gialla era la fredda incubatrice della soluzione finale.
Per questo è impropria in qualsivoglia battaglia politica, morale, mediatica. Perché non sveglia le coscienze: le tramortisce. Non è uno stimolo, ma uno schiaffo alla giustizia e all’umanità. La stella gialla che i nazisti imposero agli ebrei, ripescando quel vecchio principio del segno distintivo infamante, concepito per emarginare e riconoscere il diverso per eccellenza, il «perfido giudeo», era un marchio indelebile. Ti stava cucito addosso sinché i kapò non ti facevano spogliare e ti spingevano dentro i locali doccia da cui usciva il gas letale Zyklon B, invece dell’acqua.
Da allora, la stella gialla non regge alcun paragone storico, rifiuta di farsi strumento di lotta, perché non dice altro che quella storia inaudita. Indossarla, farne un’allusione, non è atto che indigna. Men che meno scandalizza: non è oscena né offensiva. Però è inevitabilmente inadeguata a ogni linguaggio che non sia quello dell’abisso nero.
Fa parte di quell’universo, che non risponde alle leggi di questo (o almeno non dovrebbe essere così). Basti pensare a come e dove l’abbiamo vista, cucita sul vestito, indelebile. Nei ghetti, nei campi di raccolta, nelle retate, dentro i treni merci. Addosso a occhi sgomenti, bocche spalancate ma mute, braccia alzate in una resa impari: come quelle del bambino nel ghetto di Varsavia. È addosso ai bambini, che quel marchio grida più forte. Quelle braccine levate, tremule, sembrano sole di fronte agli aguzzini. Ma dietro c’è una folla di vittime. Con la stella gialla addosso: non era un marchio esclusivo. Lì dentro ce l’avevano tutti: vecchi (quei pochi che non erano già stati eliminati dagli stenti e dalle angherie), donne, bambini. Paradossalmente la stella gialla non distingueva nessuno. Anzi, assimilava tutti dentro un unico, terribile destino.

il Gengis
29-05-09, 11:02
Non ho chiesto la commissione d'inchiesta

• da Libero del 28 maggio 2009, pag. 1

di Emma Bonino

Caro direttore,

in relazione al caso Noemi, Lei mi attribuisce la proposta di istituire una commissione «d`inchiesta sessuale», come la chiama lei. Su questo punto la faccio breve:si vada a sentire la registrazione della puntata di In Mezzora", in onda domenica scorsa e durante la quale avrei formulato tale proposta: potrà agevolmente verificare la sua totale infondatezza (CdA | Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva (http://www.centrodiascolto.it)). Se lo avesse fatto prima di prendere in mano la penna avrebbe evitato di ricamarci su con il suo editoriale dell`altro ieri traendo conclusioni che non appartengono né alla mia storia politica né alla mia identità personale. Ripeto allora per Lei e i suoi lettori quello che ho detto dalla Annunziata. Non m`interessa entrare nel merito delle attività private del nostro premier e le mie sono state critiche politiche a suoi comportamenti pubblici e pertanto politici. Ognuno, nel rispetto della legge, è libero di fare ciò che vuole, e sarebbe bene che questo valesse per tutti, in qualunque occasione. Ma segnalo che è stato Berlusconi a cacciarsi nei guai da solo, di volta in volta peggiorandola situazione tra esternazioni, dichiarazioni, contraddizioni e smentite e penso che finirà per dover, giocoforza,fornire una versione finale e definitiva. Perché? Perché come capo del governo ricopre la quarta carica dello Stato e la credibilità istituzionale necessita di situazioni chiare o almeno chiarite in modo univoco. Sostenere con forza questo principio non ha nulla a che vedere con bigottismi,parrucche e parrucconi, torquemada e quant`altro. E a proposito di offrire il fianco ai ricatti, non è stato proprio Lei a scrivere nel Suo editoriale del 9 maggio scorso che «un premier non si reca a Casoria nemmeno in caso di strage. Ai fortini della camorra non ci si avvicina, punto e chiuso»? Infine: in quale sede dovrebbe rispondere? Dove vuole. Basta che sia una volta per tutte e che dal giorno dopo non si cominci col solito ritornello che è stato travisato, strumentalizzato ecc... Metta lui la parola fine a questa storia.

il Gengis
29-05-09, 11:03
In breve - Radicali: la sindone è dello Stato

• da Secolo d'Italia del 28 maggio 2009, pag. 12

Come annunciato, i senatori radicali eletti nel Pd Marco Perduca e Donatella Poretti, hanno presentato un`interrogazione al ministro per i Beni culturali, Sandro Bondi, per sapere, si legge in una nota, «quali passi intenda compiere per riaffermare e ribadire la proprietà dello Stato italiano sulla Sindone, senza per questo negare in alcun modo sia a credenti e fedeli la possibilità di accesso e di venerazione, sia all`Episcopato torinese la possibilità di conservazione e di ostensione della reliquia».

il Gengis
29-05-09, 11:03
Ma i Radicali non ci stanno e chiedono l'amnistia

• da L'Opinione del 28 maggio 2009, pag. 3

di Dim.Buf.

Il piano carceri del Governo di sicuro non piace ai Radicali italiani. Non a caso dalla mezzanotte del 25 maggio Pannella ha ripreso "anche lo sciopero della sete, in relazione alla drammatica situazione della giustizia in particolare quella carceraria, che come lo stesso Ministro ha riconosciuto, nega e offende i diritti costituzionali dei detenuti". Il leader dei radicali aveva interrotto lo sciopero della sete ma non quello della fame; alla sua iniziativa non violenta hanno aderito, con un giorno o più di sciopero della fame, più di 1500 persone, delle quali più di 1000 detenuti di tutte le nazionalità. Fra l`altro di queste cose se ne è parlato anche martedì sera a Ballarò. E Pannella aveva ben sottolineato quale fosse stato il primo motore immobile dell`attuale situazione quasi peggiore a quella del pre indulto: non avere varato un`amnistia che deflazionasse i processi e aiutasse i magistrati a disfarsi dell`arretrato. E il tutto a causa di campagne demagogiche fatte da un po` tutti i partiti all`epoca, ma in cui a distinguersi furono i dipietristi e i leghisti. Tanto per cambiare. L`amnistia infatti non avrebbe tirato fuori altre persone come si volle far credere. Ma solo evitato che si celebrassero migliaia e migliaia di processi che poi dovevano finire, per legge, con la dichiarazione dell`indulto. E il paradosso è che presto potrebbe essere necessario fare un altro indulto proprio perché all`epoca non si volle fare (per ragioni demagogiche portate avanti con le menzogne) la suddetta amnistia. E a proposito di"menzogne", cui ormai si è ridottala. propaganda politica pre-elettorale in Italia, di centro destra o di centro sinistra che siano, martedì Pannella è riuscito a comunicare un`altra determinante notizia: la recidiva tra chi ha usufruito dell`indulto non è mai stata così bassa. Solo uno su dieci è tornato in carcere. E allora perché siamo già di nuovo a quota 63 mila? Semplice, ci sono leggi criminogene come la Fini-Giovanardi sulle droghe e la Bossi-Fini sull`immigrazione che hanno trasformato le carceri in discariche sociali. Poi le continue emergenze e la proliferazione da tumore maligno di leggi che aggravano pene e istituiscono nuovi reati a pioggia. E lo smaltimento dei rifiuti umani ancora non è previsto grazie a Dio. Così si ammassano. E fa un po` ridere, dicono i Radicali italiani, questo piano carceri varato dal Dap di Franco lonta il 27 aprile scorso e che prevede 17 mila posti nuovi, sempre se si troverà il miliardo di euro che manca alla realizzazione dei lavori, entro tre anni, quando ne servirebbero 23mila subito. Oggi, non domani. In questi giorni poi si è aggiunto l`allarme del Segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) su più di 40 istituti già costruiti e abbandonati, e sul fatto che, nell`annunciare il piano carceri, il Ministro e il Dap non abbiano parlato di assumere nuovo personale di Polizia penitenziaria (corpo già oggi sotto organico di ben 5.500 unità). Intanto nei 206 istituti di pena funzionanti distribuiti nel territorio italiano ogni mese si registrano ulteriori 1000 nuovi ingressi mentre il 14 maggio scorso la trasmissione televisiva "Striscia la notizia" di Mediaset denunciava il caso di un carcere nella provincia di Lecce che non ha detenuti ma solo il personale. Analoga situazione era stata denunciata, dalla medesima trasmissione, due anni fa per un carcere nuovo in Basilicata, quello di Irsina, costato 3,5 miliardi di lire e non operativo. Ma, se è per questo,già il 12 Ottobre 2007 proprio "Il Giornale", con il titolo "Le carceri ci sono ma ospitano abusivi e mucche", riportava una mappa dettagliata degli sprechi e dei disservizi nella gestione del patrimonio carcerario. Evidenziando ad esempio che: a Udine i sindacati denunciavano la chiusura della sezione femminile del penitenziario; a Gorizia era inagibile un intero piano della galera. C`erano poi chiusure parziali anche in Veneto, dove la capacità ricettiva era stata ridotta 50 unità sia a Venezia che a Vicenza mentre in Piemonte, a Pinerolo, il carcere era chiuso da dieci anni e di quello nuovo c`era solo il terreno, non il cantiere. Poi nella provincia mantovana, a Revere, dopo 17 anni il carcere da 90 detenuti (costo 5 miliardi) era ancora incompleto, con i lavori fermi dal 2000, ma con i locali, costati più di 2,5 milioni di euro, già saccheggiati da vandali. Anche in provincia di Ferrara, a Codigoro, c`era un carcere che nel 2001, dopo lunghi lavori, sembrava pronto all`uso e invece era ancora chiuso. E si potrebbe continuare all`infinito perché a due anni dal pezzo sul "Giornale" le cose sono anche peggiorate. Pertanto, questa situazione spiega da sola la ripresa temporanea dello sciopero della sete per 48 ore da parte di Marco Pannella proprio a favore dei detenuti. Super Marco ormai sembra essere l`unico in tutta Italia che abbia a cuore anche i diritti dei reclusi, compreso quello di votare che nel nostro paese non è mai stato garantito,anche se oltre la metà di chi sta nelle patrie galere avrebbe la possibilità di esercitarlo.

zulux
30-05-09, 13:06
Attacchini violenti, aggredito giornalista. I Radicali: milioni i manifesti abusivi
La denuncia: nella Capitale Far West senza controlli
I poster con Sassoli e Buontempo i più diffusi

• da Corriere della Sera on line del 29 maggio 2009

di Simona De Santis

I professionisti delle affissioni abusive si fanno violenti. Giovedì 27 maggio, un giornalista, Gaetano Dentamaro, è stato aggredito mentre stava filmando alcuni attacchini privi di permessi che apponevano manifesti elettorali. L'aggressione è stata in parte ripresa: Corriere.it vi propone il video. Un esposto è stato presentato alla Procura della Repubblica di Roma, contemporaneamente alla nuova campagna anti affissioni abusive dei Radicali, che denunciano il degrado prodotto da manifesti elettorali attaccati ovunque, nella Capitale, in vista delle prossime votazioni europee.

SI DIMETTA L'ASSESSORE - «Chiediamo al sindaco e al prefetto di intervenire - ha detto il candidato europeo per la lista Bonino Mario Staderini, insieme al direttore del sito Fainotizia.it, Diego Galli - e vogliamo le dimissioni dell’assessore alla devastazione Antoniozzi». Secondo la rilevazione dei Radicali, i manifesti che invitano a votare l’assessore capitolino al Patrimonio, sono al primo posto per «affissione selvaggia». E l’indagine è stata fatta raccogliendo le 1.056 fotografie di manifesti abusivi inviate dai cittadini e dai visitatori del sito Fainotizia.it. La mappa del «cartellone selvaggio» tocca le principali strade del centro capitolino: da corso Vittorio Emanuele II, a largo Argentina, viale del Muro Torto, lungotevere Ripa, piazza del Campidoglio, via Nazionale, via Ozanam, via di Donna Olimpia. E poi cabine telefoniche, saracinesche, vetrine dei negozi. Sul campione fotografico raccolto dai Radicali emerge come siano attribuibili al Pd 441 manifesti selvaggi, 402 per il Pdl, La Destra 107, Sinistra e Libertà 70, Udc 29, Italia dei valori 4 e Rifondazione con 4. Per quanto riguarda i candidati invece, i volti che più spuntano sui cartelloni non autorizzati sono: Alfredo Antoniozzi con 156, David Sassoli con 145 e Teodoro Buontempo con 104».

10 MILIONI DI POSTER - «Abbiamo calcolato in 8-10 milioni i manifesti affissi a Roma durante i 40 giorni della campagna elettorale - ha aggiunto Staderini. - Sono disponibili 600 posti sulle plance per i 21 partiti che si presentano, quindi 12mila posti per l'affissione. Per la defissione il Comune spende 10milioni, ma non fa multe e quando vengono rimossi quelli abusivi non presenta la fattura ai partiti». Nell’esposto che i Radicali presentano venerdì 28 maggio, si chiede «il sequestro cautelativo delle plance e si denuncia per omissione di atti d'ufficio e violazione dei diritti civili e politici dei cittadini, il Comune e il Prefetto di Roma».

zulux
30-05-09, 13:07
La battaglia della stella gialla

• da La Stampa del 29 maggio 2009, pag. 1

di Marco Pannella
Grazie di questo dialogo vitale, di questa critica ristoratrice («La stella gialla non è una bandiera» su La Stampa di ieri). Sono felice, felice, felice (nel deserto di questo nostro tempo, che noi vogliamo fare fiorire e non lasciare desertificare del tutto e di nuovo) di questa attenzione, cui non siamo usi nemmeno nel mondo israeliano e in tanta parte della diaspora.
D’accordo: «La stella gialla è il simbolo di una resa atroce (...). La stella gialla era la fredda incubatrice della soluzione finale».
D’accordo: «Addosso a occhi sgomenti, bocche spalancate ma mute, braccia alzate in una resa impaurita come quelle del bambino nel ghetto di Varsavia (...) la stella gialla non distingueva nessuno. Anzi, assimilava tutti dentro un unico, terribile destino».
Dove invece non concordo è: «(La stella gialla) è impropria in qualsivoglia battaglia politica, morale, mediatica. Perché non sveglia le coscienze, le tramortisce». Dunque la civiltà, la cultura, la politica possono essere capaci di andare oltre, di portare tutto il Male della storia, costruirlo, assassinare l’umanità, suicidarla in massa, spingere l’immaginato oltre il precedente e il più atroce antropologicamente possibile, in direzione del Male. Ma non l’inverso, dunque? Il Male non solamente indicibile ma evento imperscrutabile, perfezione assoluta, icona diabolica della storia planetaria, tabù...? Hannah Arendt, la sua «banalità del Male», la sua «metamorfosi del Male» per possibili rivincite, che se e quando viene compresa può venire battuta, è dunque tutto un errore?
Certo, la stella gialla non è una bandiera: e per chi mai potrebbe esserlo? Nemmeno per Hitler, che ne muore lui stesso con altri dieci milioni di tedeschi, lui stesso contenitore e autore della Shoah; ne muore come un verme, un topo, un escremento finalmente inerte (in apparenza), se dimentichiamo che la nostra condizione umana è sempre e comunque comunione e comunità di morti e di viventi.
Propaganda elettorale radicale, allora? Se è così, cretini assoluti, masochisti, blasfemi del nulla. No, amica. Non propaganda, bensì «monito». Noi reputiamo che tutto il male, e anche peggio, della seconda metà degli Anni 30, e il suo prodotto degli Anni 40, sia ragionevolmente probabile, più che possibile. Potenziato, globalizzato, anzi universalizzato.
La stella gialla «in tutta l’Europa occupata dai nazisti»? Beh no, non proprio. Almeno, non in assoluto. Nella Danimarca occupata, il re ammonì: sarò il primo a indossarla. Hitler lo comprese e raccolse: l’ordine non fu dato. Gli oltre settemila ebrei di Danimarca, per 80% profughi tedeschi, furono salvati da questo. Ma non è questo che importa, ora. Importa che nel settembre 1938, a Monaco, vi fu un «G4» fra i rappresentanti del mondo democratico e quelli del nazifascismo: Daladier e Chamberlain, Hitler e Mussolini. A questi due ultimi venne dato il credito di uomini di pace. Perfino alcuni vertici della Comunità ebraica tedesca speravano ancora di poter raggiungere una convivenza con il regime nazista. Coloro che erano convinti - come noi oggi - che la strage di democrazia e legalità comporti necessariamente stragi di popoli, a cominciare dai loro stessi criminali autori, erano trattati come apocalittici. Nel 1945, a Westminster, Churchill ammonì di nuovo sull’urgenza degli Stati Uniti d’Europa, perché la futura Onu non corresse verso la tragica fine della Società delle Nazioni. Disse: «Per anni, qui e ovunque, ho urlato come un lupo disperato. Nessuno allora mi intese e l’inevitabile sciagura giunse puntuale».
Sharon Nizza, nostra seria compagna e amica, un mese fa durante un dibattito lodevolmente organizzato dall’Unione dei giovani ebrei, mi interruppe: «Ma stiamo parlando qui, con i microfoni, collegati a Radio Radicale... Ma ti pare che ci possa essere davvero qualcosa in comune con il ’38?». Direttore, Elena, vogliamo proseguire e ampliare questo dibattito?

zulux
30-05-09, 13:07
Pannella: «L’Europa unita siamo noi»
Un saluto a Ravasin. A Gentilini dice: basta odio, questa città non è tua

• da La Tribuna di Treviso del 29 maggio 2009, pag. 17

«Con 55 anni di vita, siamo noi il più antico partito italiano. E ogni nostra conquista è stata una conquista di civiltà e di umanità per gli italiani e non solo. Eppure fino a qualche giorno fa questo monopartitismo travestito da bipartitismo cercava di oscurarci. Forse in questi giorni di sciopero della fame e della sete non sono aumentati i nostri voti, ma è cresciuta la gente che andrà a votare».

Lo sciopero della fame e della sete è il suo, di Marco Giacinto Pannella, ottant’anni che (parole da lui rubate a un poeta) non sono camminmo di cenere ma di brace. «Non sarò breve e parlerò in modo difficile», dice aprendo il suo comizio - un bel comizio, di quelli d’una volta, prima che tutto diventasse fiction tivù - in Piazza dei Signori. E la gente si lascia comunque sedurre, incantare, da questo «guru della libertà», rimanendo ad ascoltarlo nell’orario che solitamente è deputato allo spritz. «Noi, solo noi vogliamo una patria europea; tutti gli altri vogliono l’Europa delle patrie - aggiunge Pannella presentando il candidato della lista dei radicali (Pannella Bonino) alle Europee, Raffaele Ferraro.

Il terribile Pannella, provocatore e assolutamente libertario, spiega anche che, a scanso di equivoci, il suo sciopero della fame e della sete è sempre sotto controllo medico, perchè lui “si serve vivo”. Intanto fa, però risuonare le note del Requiem di Mozart: ma sono per la defunta democrazia. «Porto la stella di david per aiutare gli italiani a capire cosa rischiano. Vanno a votare? Anche nelle dittature la gente va a votare all’ammasso». Ce n’è anche per le intolleranze di Gentili, che «odia e scaccia tutti quelli chye sono diversi da lui». Pannella, dopo avergli ricordato che certe idiosincrasie sessuali vengono interpretate, dagli psicologi, come «paure figlie di traumi magari giovanili o di complessi inconfessabili, gli dice di «amare, perchè anche se fosse, e io non credo, noi ti ameremmo comunque». Aggiunge: «Gentilini, smettila di dire “fuori dalla mia città”. Tua un cacchio». C’è tutta l’arguzia di cinauant’anni di politica attiva, nelle parole di Marco, che si duole di non avere il tempo, in giornata («Ma lo farò presto», dice), di andare a trovare Paolo Ravasin a Monastier. «La sua battaglia per il diritto di decidere sulla propria vita - aggiunge - è la nostra battaglia, come è una nostra battaglia quella sulla ricerca sulle cellule staminali. Paolo lo sa che sono con lui». La lezione di pannella spazia per le vie della poesia, della scienza e della filosofia. Altro che tivù, altro che «papi» e Noemi.

Burton Morris
31-05-09, 14:52
Gli immigrati e il mistero del trattato

• da L'Unità del 29 maggio 2009, pag. 37

di Matteo Mecacci

La recente presa di posizione di Giuliano Amato e Massimo D`Alema sul tema dell`immigrazione ha sicuramente un merito: fornire informazioni su come sia stato possibile gestire in passato - e dunque anche oggi - la questione dei rimpatri degli immigrati clandestini nei loro Paesi d`origine nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali e nel rispetto della dignità umana delle persone che arrivano nel nostro Paese o che cercano di farlo. Tuttavia, quando Amato e D`Alema si soffermano sul contenuto del Trattato Italia-Libia firmato da Berlusconi e Gheddafi lo scorso 30 agosto, o peccano di ingenuità, cosa che tenderei ad escludere, oppure evidenziano un errore di valutazione. politica. Mi riferisco alla decisione di appoggiare un trattato con Gheddafi che contiene un vizio di fondo fondamentale: non prevede alcun impegno da parte della Libia di rispettare la Convenzione Onu sui rifugiati, una delle Convenzioni internazionali più importanti in tema di garanzia dei diritti umani e la stessa che, insieme all`Agenzia dell`Onu per i rifugiati che ne monitora l`applicazione, è stata dileggiata di recente dal ministro della Difesa La Russa. Quali fossero le intenzioni del Governo, e in particolare del ministro dell`Interno Maroni, per dare concreta attuazione al Trattato "di amicizia" con Gheddafi, era noto fin da subito, prima ancora della ratifica del Trattato. Il ministro Maroni, già il 23 settembre del 2008, dichiarò a Repubblica che «L`accordo prevede due misure per arginare l`immigrazione clandestina: il controllo delle frontiere meridionali della Libia per evitare l`arrivo di profughi da Eritrea, Etiopia, Somalia e Ciad e l`invio di sei motovedette italiane con equipaggio misto italo-libico che pattuglino le coste settentrionali della Libia per rimandare indietro le barche sfuggite ai controlli. Io stesso sarò a bordo di una motovedetta per il viaggio inaugurale». Affermare quindi, come fanno Amato e D`Alema, che «il Governo ha strumentalmente usato quegli accordi per rifiutare il proprio aiuto a donne, uomini e minori , e avrebbe potuto respingere-dopo aver verificato la presenza tra loro di vittime di tratta odi richiedenti asilo», corrisponde certo a verità, ma sarebbe stato forse lecito attendersi da due ex Presidenti del Consiglio, una valutazione politica più lungimirante di quella che ha portato il Partito Democratico, non solo a non sostenere l`ostruzionismo parlamentare messo in atto dai Parlamentari Radicali contro la sua ratifica, ma addirittura a votare in Parlamento a favore di un trattato ingiusto e sbagliato.

Burton Morris
31-05-09, 14:52
Lettera - di Marco Perduca

• da Il Foglio del 29 maggio 2009, pag. 4

di Marco Perduca

Al direttore - I paladini della democrazia di centro-destra e centro-sinistra che vogliono ridurre il numero dei parlamentari omettono sempre di ricordare che l`attuale legge elettorale, o quella che risulterebbe modificata dal referendum Guzzetta, non dà altro potere ai cittadini che la possibilità di ratificare le nomine partitiche alla Camera o al Senato, e che, se esiste un costo uggioso della politica, questo è il finanziamento pubblico dei partiti (percepito anche da quelli che non hanno rappresentanza parlamentare), La riforma liberale, democratica e federalista necessaria, è quella del recupero del rapporto elettore eletto attraverso il collegio uninominale con legge elettorale maggioritaria a un turno unico in cui si scontrino le persone con programmi legati anche al territorio e non rappresentanti di correnti politiche piazzati in zone strategiche delle liste bloccate del porcel-guzzettellum. Il necessario corollario liberista sarebbe far sì che il rimborso elettorale fosse tale e dunque corrisposto a fronte di reali documentazioni delle spese sostenute in occasione delle votazioni, Marco Perduca, senatore radicale nel Pd

Burton Morris
31-05-09, 14:52
L'indulto funziona

• da Left del 29 maggio 2009, pag. 27

di Marco Cappato e Mario Staderini

La più impopolare delle decisioni del governo Prodi, approvata in realtà anche coni voti di Forza Italia? L`indulto. C`è chi attribuisce all`indulto l`inizio della fine di Prodi. Ed è vero. Anche perché il centrosinistra mandava in televisione a parlare di indulto non chi lo aveva proposto (anzi, avevano proposto l`amnistia, i Radicali), ma Antonio Di Pietro. E giù insulti contro i criminali, il buonismo e il perdonismo. Ebbene, che ne è stato di quella vergogna nazionale, di quello scandalo indicibile, di quella decisione di un Parlamento di mafiosi e criminali? Ecco qua: il tasso di recidiva dei detenuti che sono ricaduti nei reati è sceso al 27 per cento contro il 68 per cento dell`epoca precedente. Parola di Giovanni Torrente, sociologo del diritto. Il suo gruppo di studio ha lavorato sui dati forniti dal Dipartimento dell`amministrazione penitenziaria (Dap), che costituiscono il maggior campionamento attualmente disponibile della sorte dei 44.944 detenuti che hanno beneficiato della misura voluta da Prodi. Dunque, stando allo studio, la rivolta contro l`indulto è il risultato di una massiccia propaganda di disinformazione del regime italiano. Lo avevamo sospettato. Basti pensare che nessuno parla dei 130mila reati che vanno in prescrizione ogni anno, cioè di un numero di colpevoli che rimangono a piede libero certamente molto maggiore rispetto al numero degli "indultati".

Burton Morris
31-05-09, 14:52
La scommessa di Pannella sulla democrazia

• da Europa del 29 maggio 2009, pag. 9

di Antonio Stango

Sembra che ormai anche molti avversari tendano a considerarlo un icona, cui si deve rispetto come a qualcosa di immateriale. Peccato che Marco Pannella sia una persona dalla piena fisicità, interiormente e esteriormente tesa fra una visione ideale e il confronto continuo con il corpo e i suoi limiti. Questo lo rende molto diverso da un asceta e molto più vicino a ciascuno di noi - almeno quando ci è consentito vederlo. Quando le sue capacità di proposta sono unite, durante l’azione nonviolenta, all`icasticità della sua figura, dei suoi occhi percorsi da forza vitale mentre il corpo affralito sembra sul punto di cedere, possono avere un impatto straordinario sull’opinione pubblica. Il problema è quanto di opinione pubblica permanga, in un paese dove la questione del controllo sui media è drammaticamente centrale e dove anche gli spazi di informazione politica equa garantiti in teoria dalla legge sono abusati e distorti. Del resto, ormai le Tribune politiche non sono seguite che da poche centinaia di migliaia di spettatori: frazione assai modesta rispetto alle decine di milioni degli anni Settanta, all`epoca di Jader Jacobelli e del monopolio Rai. Un’audience maggiore è riservata a telegiornali e talk-show del nuovo, sostanziale monopolio Raiset, l`imparzialità dei quali non é indiscussa. È in quelle sedi che la presenza di Pannella risulta spesso intollerabile, non per il pubblico, che anzi tocca picchi di ascolto, ma per i responsabili dei programmi. Nei momenti di tensione, lo sciopero della fame acutizza la concentrazione sull`obiettivo; quello della sete, che oggi Marco Pannella è probabilmente l`unica persona al mondo in grado di gestire fino a sei giorni continuando nell’azione politica, annulla tutto ciò che non è essenziale, rende lui stesso essenza di pensiero, significante capace di imprimersi. Chi lo ami non solo come altro da sé del quale cogliere e condividere alcune istanze, ma come parte delle proprie stesse idealità, può in questi giorni sostenerne l`iniziativa anche unendosi al suo sciopero della fame. Un’esperienza che molti fra noi considerano un fattore di liberazione, che non nega il nostro corpo ma ci consente di viverlo più intensamente. E che ci lascia se non altro sperare che la messa in causa di noi stessi richiami altri a chiedersi se non sia il caso di cambiare qualcosa, di sottrarsi al ritmo consueto sentendo, con Martin Luther King, che sia time to break silence, tempo di rompere il silenzio; o di scommettere, direbbe Pannella, sul possibile contro il probabile. Anche se è solo una scommessa sulla democrazia.

Burton Morris
31-05-09, 14:53
Piccola posta

• da Il Foglio del 29 maggio 2009, pag. 2

di Adriano Sofri

E`circolata la (piccola) notizia secondo cui io inviterei a votare Sinistra e libertà. Non era vero. Io ho augurato a Sinistra e libertà di raggiungere il quorum, così come lo auguro di cuore alla lista Bonino-Pannella, così come mi auguro un buon risultato per il Pd. Questo per precisare. Quanto ad argomentare inclusioni ed esclusioni, c`è bisogno di qualche riga in più.

Nagano
02-06-09, 16:05
Europee, Zavoli alla Rai "spazio alle liste penalizzate"

• da Corriere della Sera del 2 giugno 2009, pag. 10

Recuperare il tempo perduto nei confronti delle liste penalizzate. Il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Sergio Zavoli, ieri ha inviato un telegramma ai vertici della televisione di Stato affinché nei prossimi giorni non soltanto sia rispettata la par condicio, ma venga anche recuperata la sperequazione fin qui esistita ai danni di Sergio Zavoli quattro liste: i radicali di Emma Bonino e Marco Pannella, la sinistra di Rifondazione e Comunisti italiani di Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero e Cesare Salvi, il raggruppamento tra la Sinistra democratica di Claudio Fava, i Verdi di Grazia Francescato e i socialisti di Riccardo Nencini (Sinistra e libertà), la Destra di Francesco Storace. Le personalità citate avevano firmato giusto ieri mattina una lettera di protesta indirizzata alla Vigilanza e ai vertici Rai. E, appunto, Zavoli ha raccolto l`appello, precisando anche che «i regolamenti attuali andrebbero rivisti perché non sono più all`altezza di rispecchiare la situazione politica, che non viene più adeguatamente rappresentata in tv come dovrebbe essere per un servizio pubblico». Secondo Zavoli, inoltre, «bisogna riscrivere le norme che danno alla bicamerale solo poteri di indirizzo ma nessun potere sanzionatorio». Intanto, la Corte costituzionale ha ammesso il ricorso dei referendari contro il recente regolamento sugli spazi televisivi varato in Vigilanza. La consulta si pronuncerà nel merito il prossimo 9 giugno.

Nagano
02-06-09, 16:08
Int. a Marco Pannella: "Noi da soli e senza il Pd per non subire umiliazioni"

• da La Stampa del 2 giugno 2009, pag. 12

di Marco Castelnuovo
Riuscire a raggiungere il 4%, per la lista Bonino-Pannella, è un’impresa disperata. Non era più semplice fare una trattativa con il Pd come alle politiche?
(Loredana)
«Se è per quello, potevamo fare anche il mercato delle vacche allora! Alle politiche dello scorso anno abbiamo accettato umiliazioni, ora non più, nel modo più assoluto. Posso assicurare che, 4 per cento o no, continueremo per la nostra strada. Siamo decisi a voler chiudere questo sessantennio e ad aprire una stagione di democrazia liberale».
È possibile che in questo Paese occorra rischiare la vita per far conoscere il proprio simbolo e le proprie idee?
(Manuel)
«Intanto annuncio che da ieri ho ripreso a mangiare e ho già ripreso sei chili. E comunque no, non ha senso rischiare la morte. Ma noi vogliamo correggere in tutti i modi la stortura per la quale il cittadino non viene informato a sufficienza. Dobbiamo per questo ringraziare il presidente Napolitano perché ha deciso in questa occasione di non restare arbitro com’è tradizione, ma di farsi garante, spendendosi per mandarmi in tv».
Non ho condiviso la sua scelta di privilegiare il governo precedente. Mi stupisce vederla a fianco di Di Pietro, Travaglio e Santoro
(Carlo Carli da Sanremo)
«Noi facemmo con la Rosa nel Pugno una operazione in cui dicevamo: “Al governo c’è uno capace davvero ma davvero di tutto. Dall’altro ci sono dei buoni a nulla. Riteniamo salutare cercare di portare al governo i buoni a nulla”. Berlusconi prese più voti dell’Unione, ma il nostro apporto fu decisivo. Purtroppo l’Unione è riuscita a dissipare la vittoria».
Sono stato suo elettore quando propose il caso Tortora contro l'ignominia dei magistrati. Ora è peggio ma le sue campagne di allora non sembrano interessarla più.
(Gioba)
«Non è vero che non me ne occupo. È vero che non lo sapete. In dieci anni Bertinotti - prima di diventare presidente della Camera - è andato 71 volte a “Porta a Porta”, cinque il sottoscritto, tre delle quali per obbligo del garante. Non ero mai andato a Anno Zero, mai a Ballarò. C’è ignoranza provocata e voluta da parte della partitocrazia. È da trent’anni la partitocrazia costituisce sul piano tecnico una associazione per delinquere impedendoci di arrivare al popolo».
Cosa ne pensa della battaglia che fanno i grandi partiti attorno al voto utile?
(Marco)
«Sono poveri cretini. Noi siamo all’opposizione della maggioranza e dell’opposizione. Ma non perché siano tutti uguali, quanto perché è evidente che siano soci. Non deve passare l’idea che “contro Berlusca si vota democratico e contro i democratici si vota Berlusca”, perché alla fine i grandi partiti fanno le cose insieme. Sa perché ci auguriamo di raggiungere il 4%? Prenda il nostro presidente del Consiglio. Se ha divorziato è grazie a noi, se ha potuto risolvere problemi dolorosi anche mediante all’aborto, è grazie a noi. Questo piccolo partito ha determinato il vissuto del popolo da quattro generazioni. Oggi ci sono almeno 5 o 6 milioni di persone che vivono in Italia che sono figli del divorzio. E allora? Chi si occupa di famiglie? Noi o gli altri?
Da troppi anni il referendum non raggiunge il quorum. La gente è stanca di votare per cose di cui non capisce i quesiti e che non servono a nulla. Non è un istituto che va cambiato?
(Vito A.)
«Tutti dicono che la gente sia stanca di votare, ma non è vero. La gente è stanca perché il 90% ha detto sì all’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, e dopo tre mesi i partiti hanno quintuplicato il finanziamento stesso. La gente è stanca di andare a riformare la giustizia a colpi di referendum e poi il Parlamento fa finta di nulla. La gente si è stancata di essere presa in giro».

il Gengis
04-06-09, 10:37
Int. a Marco Pannella: Radicali? "Siamo solo noi"

• da Il Manifesto del 3 giugno 2009, pag. 6

di Andrea Fabozzi

Si incazza Marco Pannella perché il palco copre la statua di Giordano Bruno, si incazza e poi si avvolge in un lungo discorso sull`attualità del gran nolano. Ieri pomeriggio a Campo de` Fiori. Pannella fa una scena delle sue, dice che è costretto a interrompere il comizio perché deve correre da Emma Bonino che tutta sola sta occupando la Rai a Saxa Rubra. Parlava già da quasi un`ora. Spiegava a un paio di centinaia di persone l`azione di Emma che ieri mattina, dopo aver registrato il messaggio elettorale dei radicali, aveva deciso di non andarsene più dallo studio tv. E non se ne vuole andare «fino a che non sarà riparato l`attentato ai diritti civili dei cittadini». I radicali attendono che la tv pubblica obbedisca al garante delle telecomunicazioni che ha ordinato un «riequilibrio» in favore della lista «con specifiche interviste di riepilogo informativo». E per questo ottanta militanti del partito stanno facendo lo sciopero della sete e della fame. Pannella no, Pannella ha appena finito. Da tre giorni ha ripreso a mangiare e bere, è stato in tv, si è messo a girare per comizi puntando a un difficilissimo 4%. Stella gialla sul taschino della giacca, 79 anni, tira tardi nella sede al terzo piano di via Torre Argentina dove la sera di lunedì abbiamo tentato di intervistarlo. «Prima della prima domanda vorrei dire io una cosa eccessiva. E cioè: ci troviamo in condizioni storiche nelle quali noi con la nostra esperienza e la nostra resistenza di questi decenni abbiamo il diritto e il dovere di chiudere il sessantennio partitocratico. Proprio noi, senza radicamento, con percentuali molto basse, ci candidiamo a succedere e per questo chiediamo il voto».

Cominciamo?

«Cominciamo. E però vorrei avvertire che questa volta non è come la volta scorsa quando abbiamo accettato - e io con grande tormento - di andare col Pd dovendo subire il veto di Veltroni che ha permesso a Di Pietro di fare la lista e a noi no. Questa volta magari il 4% non lo prendiamo però abbiamo già fissato una Chianciano 2 a fine giugno dove abbiamo invitato tutti i partiti. Non crepiamo manco stavolta. Magari non riusciamo a mantenere questa unica sede che abbiamo, la paghiamo dal 1985. Noi non abbiamo mica i problemi di Rifondazione che quando si è spaccata si è dovuta dividere migliaia di sedi».

Non sarà che fare tutta la campagna elettorale battendo solo sullo squilibrio dell`Informazione tv non paga?

«Ma quando mai, sfido a trovare anche fuori dall`Italia discorsi di qualità europea come quelli che fa il nostro Aldo Loris Rossi. Lui è l`unico euromeridionalista. E noi siamo gli unici a parlare dei corridoi europei dei trasporti. In Normandia stanno costruendo una ferrovia che in 22 giorni arriva a Pechino. E ti saluto Italia, non ci vogliono più i 43 giorni navali. Dicono che in aereo le merci si trasportano prima? Ma il treno non inquina. Certo non ci fanno andare in televisione a spiegarle queste cose».

Ma quando in pochi giorni lei è stato prima da Santoro e poi da Floris ha parlato dl nuovo di informazione negata.

«Io sono stato felice che il presidente della Repubblica non abbia fatto il mediatore e l`arbitro com`è nella mia visione liberale, ma il garante perché ha riconosciuto che se a 20 giorni dal voto solo il 3% degli italiani era a conoscenza della lista Bonino-Pannella non era più un problema nostro, del partito. Ma della democrazia italiana che si stava andando a fare fottere. Poi io da partigiano colgo le occasioni che ho. E sono andato a denunciare alcuni fatti oggettivi, incontestabili. E cioè che la prima repubblica ha distrutto la democrazia e la costituzione in termini reali. È tutto scritto nel documento la Peste italiana che abbiamo fatto noi. E abbiamo potuto farlo perché non siamo masi stati soci partitocratici, ma solo e sempre l`opposizione della maggioranza e l`opposizione dell`opposizione».

Siete stati anche maggioranza con la maggioranza, e con Berlusconi.

«Abbiamo vissuto anche dall`interno e con grande coerenza. Noi lì abbiamo fatto un tentativo per tre anni, dal`93 al `96, così come abbiamo tentato sempre con il Pci quando c`era il Pci: Non è che ci siamo alleati con Berlusconi, abbiamo avuto un`iniziativa verso di lui così come l`abbiamo avuta anche con la Lega se è per questo e verso tutti i fenomeni sociali. Ma siamo sempre stati autonomi, era lui che firmava i nostri referendum. Io gli ho scritto cinque lettere, con questa Olivetti qui, e lui si lamentava che non riusciva a leggere ma io continuavo sadicamente, per ricordargli guarda che non hai ancora firmato...».

Alla fine è stato un errore?

«Siete voi che non avete capito niente di Mediaset. Bisogna leggerlo il libro Il baratto. I socialisti erano solo gli stronzi che coprivano il vero accordo Pci-Mediaset. E Veltroni era il garante di tutto questo. Berlusconi è un prodotto della continuità partitocratica, è l`ultimo del sessantennio».

Cioè non è così pericoloso?

«Altro che se è pericoloso. Altrimenti me ne andrei in giro con la stella gialla? Stiamo dicendo che questa è la classica situazione in cui può succedere di tutto, anche quello che è già successo ma in forme nuove. Siamo alla metamorfosi del male fascista. Berlusconi è straordinario ma non è il genio del male. Si muove nel vuoto della democrazia, ha l`improvvisazione populista e ignorante ma non ha originalità. Insegue gli istanti e in questo momento è in difficoltà. La stella gialla significa sei milioni di morti ebrei ma anche undici milioni di morti tedeschi tra i quali il capo, Hitler, che ha fatto la fine del topo».

Se la situazione è questa com`è che non fate fronte con nessuno? Litigate con tutti invece di cercare alleanze?

«E con chi mi dovrei alleare, con le frattaglie? Con i compagni socialisti che nelle ultime sette elezioni hanno cambiato sette alleanze. Con Nichi Vendola che è stato lui a dire che siamo `incompatibili`? Il regime si scegli l`opposizione di comodo. L`altra volta avevano scelto Bertinotti, per dieci anni, e infatti è andato 71 volte a Porta a Porta e io 5. Stavolta si sono scelti Di Pietro. Tonino non fa paura».

il Gengis
04-06-09, 10:37
La stella gialla della buona politica

• da La Stampa del 3 giugno 2009, pag. 33

di Elena Loewenthal
La politica non è generosa, quasi per definizione. Le righe che Marco Pannella ha affidato a queste pagine, qualche giorno fa, mettono invece in gioco quel potenziale di dialogo che rende la politica qualcosa di diverso. Di raro, in un certo senso. Nel difendere l’apposizione della stella gialla, Pannella dialoga con la storia, prima ancora che con il suo interlocutore. Di solito, invece, la politica ha la memoria corta: calcata com’è nell’attualità, considera il passato - vicino o lontano che sia - un bagaglio inutile. Sfrondata del suo sovraccarico di presente, la stella gialla che Pannella evoca con le sue parole scritte torna a essere quello che era e che è condannata a restare: un monito, certo. Non uno strumento di propaganda elettorale, bensì l’incursione della storia nel nostro presente.
Ma, come diceva Primo Levi, il «male già fatto» non redime da quello ancora da fare. Non siamo più immuni dal male, adesso. Anzi. Per questo la stella non può che restare un monito muto. Incapace di comunicare null’altro che lo sgomento e la paura e il silenzio della morte che portava con sé. Il 1938 che Pannella richiama è lontano, irraggiungibile, se non per chi l’ha attraversato e se lo ricorda. Questo presente globalizzato può portare in sé tutte le apocalissi del mondo, ma non sarà mai la stella gialla a gridarlo, perché è rimasta laggiù, nel ’38. Le armi della politica possono, e debbono, rinunciare a quel simbolo.
Soprattutto nel caso di un’identità politica come quella radicale, che a differenza di tutte le altre è sempre stata e continua ad essere generosa. Perché nel Dna dei radicali c’è il saper dichiarare e agire per gli altri, senza diventare «altri»: la vocazione a intraprendere campagne e battaglie per conto di chi non lo fa, e non può farlo. Dalla bioetica ai diritti civili, alle battaglie internazionali che agli altri non interessano perché non ci sono interessi in gioco, i radicali hanno sempre fatto della politica qualcosa di transitivo. Senza mai diventare qualcosa di diverso da ciò che sono, senza immedesimarsi nell’altro da sé per cui si combatte, hanno reso la politica non una conquista - di voti o dell’altro che sia - ma una militanza altruistica, virtuosamente «per conto terzi».
I radicali, insomma, continuano a fare politica generosa da decenni, come dimostrano quasi tutti i traguardi di civiltà che il nostro Paese è in grado di declinare a testa alta. Per questo l’«assunzione» della stella gialla incollata al petto fa un torto prima di tutto a quell’identità politica radicale ben viva e così capace di combattere per gli altri senza camaleontismi, senza comode immedesimazioni, senza ipocrisie.

il Gengis
04-06-09, 10:38
Caro Pannella, la stella gialla resta un errore

• da Il Riformista del 3 giugno 2009, pag. 8

di Fernando Liuzzi

A margine di una campagna elettorale poco esaltante, come quella in corso per il Parlamento europeo, si è consumata una frattura inattesa: quella tra i Radicali e il piccolo mondo ebraico italiano. Frattura non drammatica e forse recuperabile, ma comunque meritevole di essere analizzata. Tutto nasce con l`infelice decisione dei Radicali italiani di mostrarsi, in questa campagna elettorale, con una stella gialla di carta appiccicata al bavero della giacca. Una scelta che, nelle intenzioni dell`ideatore, il sempre fertile Marco Pannella, doveva servire a un triplice scopo: segnalare la perdurante discriminazione subita dai Radicali nell`informazione politica, specie nell`ambito del servizio pubblico radiotelevisivo, che ieri ha spinto Emma Bonino a occupare per protesta la sede Rai di Saxa Rubra; denunciare lo stato di illegalità permanente che affliggerebbe il nostro Paese e che sarebbe generata dal cosiddetto "regime partitocratrico"; e, infine, comunicare un senso di allarme per i sinistri rumori prebellici provenienti da uno scenario internazionale sempre più incerto. Perché ho parlato di frattura inattesa? Perché il padre dei Radicali, Marco Pannella, ha sempre esibito la propria simpatia per il mondo ebraico. Una simpatia, peraltro, dovuta forse più al carattere di minoranza ripetutamente oppressa degli stessi ebrei, che non a una sintonia con i contenuti profondi della tradizione ebraica. Sia come sia, anche molti ebrei hanno corrisposto a tale atteggiamento con una prolungata attenzione per i Radicali e, anche, con una condivisione di molte delle loro battaglie, a partire da quelle per la laicità dello Stato. Ma questa volta qualcosa si è rotto. A molti, se non a tutti, questa idea di riesumare la stella gialla non è andata giù. E così, dai mugugni privati e dalle telefonate amical-familiari, si è inevitabilmente passati alla polemica, certo garbata, ma pubblica. Il primo a dar voce a questo stato d`animo è stato Tobia Zevi, militante del Partito democratico, nonché nipote di quel Bruno Zevi che del Partito radicale fu stimato Presidente. Su L`Unità del 27 maggio, il giovane Zevi ha sottolineato il rischio che un uso elettorale del più classico simbolo della discriminazione antiebraica possa "inflazionarlo". Elena Loewenthal, nota traduttrice dall`ebraico della letteratura israeliana, ha approfondito il discorso su La Stampa del giorno successivo. Dopo aver ricordato che la stella gialla «non era una bandiera, bensì un marchio», e anzi «da fredda incubatrice della soluzione finale», ha affermato che «e impropria in qualsivoglia battaglia politica, morale, mediatica». E ciò, appunto, perché «non sveglia le coscienze: le tramortisce». Ma, a urtare la sensibilità ebraica, non c`è solo l`evidente sproporzione - segnalata sia da Zevi che da Loewenthal - tra un segno troppo forte e troppo carico di significati negativi e lo scopo politico contingente per cui viene utilizzato. C`è anche l`insopportabile - e peraltro diffusa e reiterata - associazione tra ebreo e vittima. Peggio: l`utilizzo dell`associazione tra ebreo e vittima nell`ambito di un`operazione politica improntata al vittimismo. «Vedete», pareva voler dire Pannella ai telespettatori, nonostante un`espressione del volto a tratti ilare, nell`ultima puntata di Ballarò. «Vedete, porto una stella gialla come quella imposta agli ebrei dai nazisti (e prima ancora dalla Chiesa), per farvi capire che oggi siamo noi radicali gli ebrei della situazione. Siamo noi quelli discriminati, quelli i cui diritti vengono negati», eccetera. Ora il fatto è che la stella gialla, a un occhio ebraico, rappresenta qualcosa di veramente terribile: la continuità tra l`antigiudaismo cristiano e l`antisemitismo politico. Alle ricorrenti persecuzioni cristiane, medioevali e protomoderne, gli ebrei non potevano opporsi. Si limitavano a fuggire per sottrarsi ai propri persecutori. Ma nei confronti dell`antisemitismo politico di fine Ottocento - inizi Novecento, gli ebrei hanno invece mutato atteggiamento. Dalla pubblicazione del saggio sulla Autoemancipazione di Leib Yehudah Pinscher, fino all`insurrezione del Ghetto di Varsavia, gli ebrei europei hanno ripetutamente chiarito che non erano più disposti ad accettare il ruolo di vittime. A ciò si aggiunga che la tradizione ebraica è nemica sia dell`autolesionismo che del vittimismo. Mai fare del male a sé stessi. E quanto alle sventure subite, vanno ricordate per avere consapevolezza del proprio passato, non per bearsi nella contemplazione delle proprie disgrazie o della malvagità altrui. Insomma, Pannella ha concepito un gesto con cui voleva richiamare l`attenzione su questioni per lui decisive, ma ha sbagliato misura (e nessuno, nel gruppo dirigente dei Radicali italiani, è riuscito a farglielo notare). Così, alla fine, l`oggetto del dibattito non sono più state quelle questioni, ma il gesto in sé e il suo carattere eccessivo. Andrà meglio la prossima volta?

il Gengis
04-06-09, 10:38
Bonino in sciopero della sete: "informazione negata"

• da Corriere della Sera del 3 giugno 2009, pag. 12

Una settantina tra parlamentari e dirigenti radicali da ieri seguono l`esempio di Emma Bonino, che dalla mezzanotte di lunedì ha incominciato uno sciopero totale della fame e della sete «in difesa dei diritti di informazione e di conoscenza di tutti gli elettori, perché ci sia almeno un`oncia di democrazia per tutti». La leader radicale, dopo aver partecipato ieri alle 13 a una trasmissione elettorale su Rai3, ha avviato un`occupazione dello studio di Saxa Rubra in cui si trovava: «Da nonviolenti gandhiani, non intendiamo restare inerti, né tollerare che sia perfezionato il sequestro di conoscenza e di legalità in atto». Bonino ha anche diffidato dal parlare di «protesta radicale per la visibilità in tv», visto che «di tutta evidenza si tratta di qualcosa di più grave e serio».

il Gengis
04-06-09, 10:38
Bonino occupa gli studi Rai: "esclusi dall'informazione"

• da Il Gazzettino del 3 giugno 2009, pag. 6

Occupazione simbolica e pacifica degli studi Rai da parte di Emma Bonino e di un gruppo di militanti radicali. Al termine della registrazione dello spazio di comunicazione politica effettuata ieri a Saxa Rubra, la capolista della Lista Bonino-Pannella alle elezioni europee in sciopero totale della fame e della sete dalla mezzanotte - ha comunicato al personale Rai presente la sua decisione di iniziare un`occupazione nonviolenta dello studio. Insieme a Bonino anche Marco Beltrandi, deputato radicale eletto nel Pd, membro della Commissione di Vigilanza Rai. «Insieme a ormai 50 tra parlamentari, dirigenti e militanti radicali abbiamo iniziato uno sciopero della sete per chiedere conto alla Rai del mancato rispetto delle deliberà dell`autorità garante per le comunicazioni - ha detto Bonino-. Nonostante l`intervento del Presidente Zavoli, i vertici della Rai sembrano voler continuare nella vera e propria truffa compiuta ai danni dei cittadini italiani, del loro diritto a essere informati. Non intendiamo restare inerti, né tollerare che sia perfezionato il sequestro di conoscenza e di legalità in atto. Mentre ci prepariamo in queste ore a nuove azioni legali, anche sul versante della giustizia penale, ho deciso di non abbandonare gli studi della Rai, di non lasciare la sede di questa azienda fino a quando non saranno realizzate - ripeto, «realizzate», non genericamente garantite, magari «a babbo morto» per dopo le elezioni - azioni di immediata riparazione e interruzione dell`attentato ai diritti civili e politici dei cittadini». Replica da Viale Mazzini: la Rai ha rispettato tutte le indicazioni ricevute in merito al rispetto della par condicio e al riequilibrio per la lista Bonino-Pannella, indicate sia dalla Commissione di Vigilanza che dall`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Ma la Bonino non è d`accordo: «Nessuna ottemperanza è stata data dalla Rai all`ordine dell`Autorità, che impone ai telegiornali specifiche interviste di riepilogo informativo per restituire agli italiani la conoscenza negata da 50 giorni di ostracismo nei confronti della Lista Bonino-Pannella».

il Gengis
04-06-09, 10:38
Non ancora insediato, già denunciato

• da Il Giornale del 4 giugno 2009, pag. 14

Dura la vita da direttore di un Tg Rai. Nemmeno ti siedi alla scrivania, arriva una denuncia. Chiedetelo al povero Augusto Minzolini direttore in pectore del telegiornale della rete ammiraglia a viale Mazzini. I radicali Marco Pannella ed Emma Bonino vanno all’attacco: un esposto alla procura di Roma in cui si ipotizzano i reati di abuso d’ufficio e omissione in atti d’ufficio per presunte irregolarità nella gestione degli spazi elettorali nei tg Rai, diretta proprio ai tre direttori e al direttore generale Mauro Masi. Il problema è che il «Minzo» non ha ancora assunto alcun incarico. Resisi conto dello strafalcione, Pannella&Bonino provano a correre ai ripari: «La denuncia riguarda la persona che esercita la funzione di direttore del Tg1 e non Augusto Minzolini». Ce l’hanno con una sedia vuota?

il Gengis
04-06-09, 10:39
Sulla Rai piovono denunce

• da Avvenire del 4 giugno 2009, pag. 9

Piovono denunce sulla Rai. Il leader del Partito radicale, Marco Pannella e Emma Bonino (quest`ultima per protesta ha passato la notte nello studio Rai di Saxa Rubra, occupato martedì), hanno denunciato ieri alla magistratura il direttore generale della Rai, Mauro Masi, e i direttori dei tre telegiornali per abuso d`ufficio e omissione atti d`ufficio, precisando successivamente che «la denuncia riguarda la persona che esercita la funzione di direttore del Tg1 e dunque non Augusto Minzolini, che, quantunque erroneamente indicato in tale veste», non ha ancora assunto l`incarico. Analoghe iniziative sono annunciate dal leader della Destra, Francesco Storace e da Forza Nuova. Hanno sporto denuncia anche i Liberal Democratici contro le principali emittenti pubbliche e private, per la mancata ottemperanza delle delibere dell`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla par condicio. Intanto proprio l`Autorità ha riscontrato negli ultimi dati un parziale riequilibrio nei confronti delle presenze in tv della lista Bonino e delle altre formazioni minori. Ma, si è appreso in ambienti dell`Agcom, il riequilibrio non ha avuto piena attuazione, quindi è da completare entro la fine della campagna elettorale. La lista Bonino di conseguenza ha chiesto un incontro urgente, al presidente e al direttore generale di viale Mazzini. La Rai ha replicato però, che l`offerta informativa in campagna elettorale è sostanzialmente equilibrata, come confermano i dati dell`Osservatorio di Pavia dal 30 aprile al 1° giugno

il Gengis
04-06-09, 10:39
In breve - Sciopero della fame per 150 radicali

• da Secolo d'Italia del 4 giugno 2009, pag. 12

Sono arrivati a oltre 150 i parlamentari, dirigenti e militanti radicali che, con Emma Bonino, stanno facendo lo sciopero della fame e della sete «in difesa dei diritti di informazione e conoscenza degli elettori». Lo rende noto un comunicato in cui si legge anche che «è la prima volta che un numero così rilevante di persone realizza una forma di lotta tanto difficile e dura». L`iniziativa è promossa per chiedere «alla Rai il rispetto delle delibere dell`Agcom, che ha ordinato di riparare al danno fatto alla lista Bonino-Pannella restituendo l`informazione negata da 45 giorni di ostracismo».

il Gengis
04-06-09, 10:39
Rai, la Bonino non si arrende: denunciati Masi e diettori dei tg

• da Roma del 4 giugno 2009, pag. 9

Emma Bonino ha passato la notte scorsa nello studio Rai di Saxa Rubra, occupato martedì nel primissimo pomeriggio. La protesta della lista Bonino-Pannella, che sta anche attuando uno sciopero della fame e della sete, è per rivendicare l`applicazione delle delibere dell`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in tema di par condicio a pochi giorni dal voto per le elezioni europee, che a loro avviso sarebbero state eluse. Nel frattempo il partito ha presentato una denuncia per abuso d`ufficio e omissione d`atti d`ufficio nei confronti dei tre direttori dei telegiornali della Rai e del direttore generale dell`azienda di Viale Mazzini, Mauro Masi. Secondo i radicali, i diversi direttori di rete e di testata e il direttore generale non avrebbero adempiuto alle direttive dell`Agcom, in cui si raccomandava un riequilibrio in favore della Lista Bonino e delle altre liste minori. La notte tra martedì e mercoledì è passata senza particolari problemi, a parte un po` di freddo, ma c`è stato un cambio della guardia al suo fianco. Fino a ieri sera è rimasto con l`ex ministro Marco Beltrandi, deputato radicale eletto nelle file del Pd e componente della Commissione di vigilanza Rai, poi a dargli il cambio è arrivato il deputato Matteo Mecacci. «L`occupazione comunque continua», ha spiegato ieri Beltrandi.

il Gengis
04-06-09, 10:40
I Radicali occupano la Rai

• da L'Opinione del 4 giugno 2009, pag. 12

di Dimitri Buffa

Denunce in procura e occupazione degli studi Rai delle tribune elettorali. Anche ieri è stata una giornata di lotta campale per i candidati della Lista Bonino-Pannella che da quasi 48 ore sono in sciopero della fame e della sete affinchè venga garantita "al 100% degli italiani" la possibilità di conoscere le loro idee e il loro programma elettorale. E soprattutto perché, la Rai si degni di applicare le delibere di parziale riparazione decise dall`Agcom già da almeno due settimane. Emma Bonino, vicepresidente del Senato, da martedì alle 13 si è rifiutata di lasciare lo studio nel quale era stata ospitata per una tribuna elettorale di quelle deliberate dal garante. "L`intervista" su Raitre è andata in onda alle 23 di martedì sera ma era stata registrata intorno alle 13 a Saxa Rubra, momento in cui sia la Sonino sia il membro della Commisssione vigilanza Marco Beltrandi si sono rifiutati dì andarsene e hanno simbolicamente occupato lo studio. Poi, dalle 23 di mertedì sera, a dare il cambio a Beltrandi è venuto Matteo Mecacci, altro militante storico. Nel frattempo oltre 130, tra dirigenti, parlamentari italiani ed europei e militanti vari dello stesso movimento politico si aggiungevano alla lista di chi supportava con il proprio sciopero della fame e della sete il Satyagraha di Pannella e compagni. E ieri mattina, per completare il quadro di questa "guerra totale alla disinformazione di regime Rai-Set" è partita anche l`ennesima denuncia penale ai danni degli attuali responsabili dì Tg1, Tg2 e Tg3 e contro il direttore generale Mauro Masi. Si è salvato Minzolini perché non ancora formalmente in carica. L`esposto denuncia è stato presentato dall`avvocato Giuseppe Rossodivita. Si ipotizzano i reati di abuso d`ufficio e omissione d`atti d`ufficio in relazione, tra l`altro, alla non attuazione dell`ordine impartito dall`Agcom di trasmettere, nei notiziari Tg1, Tg2, Tg3, "servizi di informazione con partecipazione del soggetto politico segnalante Lista Marco Pannella in misura adeguata al riequilibrio informativo" nonchè "di rispettare, nel prosieguo della campagna elettorale, all`interno dei propri notiziari, nei confronti della Lista Pannella i criteri di tutela del pluralismo, dell`imparzialità, della completezza, dell`obiettività, e di parità di trattamento tra le diverse forze politiche". Purtroppo il tempo stringe e le urne si aprono sabato alle 15.

il Gengis
04-06-09, 10:40
"Violata la par condicio" Bonino denuncia i vertici Rai

• da Il Sole 24 Ore del 4 giugno 2009, pag. 17

Sciopero della fame e della sete per 150 tra parlamentari, dirigenti e militanti; prosecuzione dell`occupazione da parte di Emma Bonino di uno studio Rai e, ieri, denuncia dei direttori dei tre tg della rete pubblica e del direttore generale di Viale Mazzini, Mauro Masi. A pochi giorni dal voto europeo i Radicali intensificano la loro azione: mentre cresce di ora in ora il numero di persone che «mette in atto una forma di lotta così difficile e dura come lo sciopero totale della fame e della sete» l`ex ministro del governo Prodi ha trascorso la notte a Saxa Rubra, nello studio occupato dal pomeriggio di martedì. «Nei tg si promuovono sono alcuni personaggi politici e alcune liste, ovvero Pd e Pdl» protestano ì Radicali che, per questo, hanno presentato una denuncia in cui si ipotizzano i reati di abuso d`ufficio e omissione in atti d`ufficio per presunte irregolarità nella gestione degli spazi elettorali nei telegiornali della Rai. Intanto nel pomeriggio si è appreso che l`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha riscontrato, analizzando gli ultimi dati, un parziale riequilibrio nei confronti delle presenze in tv della lista Bonino-Pannella e delle altre formazioni minori. Nonostante questo l`ordine di riequilibrio dell`Agcom non ha avuto piena attuazione. Quindi Rai e emittenti private, secondo l`Autorità, devono portare a termine e completare l`opera di riequilibrio entro la fine della campagna elettorale. Per questo i Radicali chiedono un incontro urgente al presidente e al direttore generale della Rai: «La necessità di completare l`opera di riequilibrio entro la fine della campagna elettorale evidenziata dall`Agcom non può che essere realizzata nelle prossime ore, attraverso modifiche immediate dei palinsesti e creazione di adeguati spazi informativi, che devono riguardare non solo i telegiornali, ma anche le trasmissioni di approfondimento».

il Gengis
04-06-09, 10:41
Bonino denuncia i direttori dei tg Rai "per loro ci sono solo Pd e Pdl"

• da Il Messaggero del 4 giugno 2009, pag. 5

Emma Bonino prosegue lo sciopero della fame e della sete con altri 150 radicali e l`occupazione di uno studio di Saxa Rubra. Ma soprattutto con Marco Pannella denuncia i direttori del telegiornali Rai alla procura di Roma sostenendo che «nei tg si promuovono sono alcuni personaggi politici e alcune liste, ovvero Pd e Pdl». Viale Mazzini, dati dell`Osservatorio di Pavia alla mano, si difende, rivendicando un`informazione «sostanzialmente equilibrata». Ma l`Authority Tlc fa sapere di aver riscontrato negli ultimi dati un parziale, non pieno, riequilibrio.

il Gengis
04-06-09, 10:41
Rai: Bonino prosegue l'occupazione, denunciati i direttori dei tg

• da Il Mattino del 4 giugno 2009, pag. 3

Emma Bonino prosegue non solo lo sciopero della fame e della sete, insieme ad altri 150 esponenti radicali, ma anche l`occupazione di uno studio Rai di Saxa Rubra e chiede un incontro a presidente e direttore generale. Marco Pannella, da parte sua, ha depositato alla procura della Repubblica di Roma una denuncia contro la Rai. E si associano Forza nuova, Francesco Storace e i Liberaldemocratici, i quali annunciano altre denunce. La causa della protesta infatti è la stessa: la scarsa presenza delle formazioni politiche minori nei tg e nelle trasmissioni informative nella campagna elettorale per le elezioni. Nella denuncia si sostiene che «nei tg si promuovono solo alcuni personaggi politici e alcune liste, ovvero Pd e Pdl». Nel testo consegnato alla procura di Roma si evidenzia che «ciascun direttore o vicedirettore dei tg ha un`area politica di riferimento», cosa che «si traduce in milioni di euro dei contribuenti» ria anche in «spazi televisivi garantiti con una informazione compiacente per qualità ed illegale per quantità». L`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), da parte sua, ha riscontrato negli ultimi dati un parziale riequilibrio nelle presenze in tv della lista Bonino-Pannella e delle altre formazioni minori. Ma nonostante questo, l`Agcom sostiene che il suo ordine di riequilibrio non ha avuto piena attuazione. Quindi la Rai e le emittenti private dovrebbero subito completare il riequilibrio.

il Gengis
04-06-09, 10:41
Emma Bonino prosegue l'occupazione della Rai e denuncia i telegiornali

• da Il Gazzettino del 4 giugno 2009, pag. 4

Emma Bonino prosegue lo sciopero della fame e della sete insieme ad altri 150 esponenti radicali ma anche l`occupazione di uno studio di Saxa Rubra e chiede un incontro a presidente e direttore generale: nel frattempo con Marco Pannella ha depositato alla procura di Roma una denuncia contro la Rai. Si associano Forza Nuova, Francesco Storace e i Liberal democratici che annunciano altre denunce. Il tema della protesta infatti è lo stesso: quello della scarsa presenza delle formazioni politiche minori nei tg e nelle trasmissioni informative nella campagna elettorale europea. L`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, da parte sua, fa sapere di aver riscontrato negli ultimi dati un parziale riequilibrio nei confronti delle presenze in tv della lista Bonino-Pannella e delle altre formazioni minori. Ma Bonino e Pannella vanno avanti, e con loro gli oltre 150 tra parlamentari, dirigenti e militanti radicali che in queste ore stanno conducendo uno sciopero totale della fame e della sete in difesa dei diritti di informazione, ed è la prima volta che un numero così rilevante di persone mette in atto una forma di lotta simile. Intanto parte anche la denuncia nella quale i radicali sostengono che «nei tg si promuovono sono alcuni personaggi politici e alcune liste, ovvero Pd e Pdl». Nel testo consegnato alla procura di Roma si evidenzia che «ciascun direttore o vicedirettore dei tg ha un`area politica di riferimento», cosa che «si traduce in milioni di euro dei contribuenti» ma anche in «spazi televisivi garantiti con una informazione compia- cente per qualità ed illegale per quantità».

il Gengis
04-06-09, 10:41
Emma Bonino e Pannella querelano i direttori Rai

• da QN del 4 giugno 2009, pag. 9

Sono oltre 150 i parlamentari, dirigenti e militanti radicali che, con Emma Bonino, stanno conducendo uno sciopero totale della fame e della sete in difesa dei «diritti di informazione e di conoscenza di tutti gli elettori. E` la prima volta nella storia della nonviolenza - spiega una nota dei radicali - che un numero così rilevante di persone, mette in atto una forma di lotta così difficile e dura come lo sciopero totale della fame e della sete». Ieri la Bonino, Pannella, la Casu e Cappato hanno denunciato il direttore generale della Rai e i tre direttori dei tg, chiedendo un incontro al presidente e al dg per sollecitare l`applicazione delle delibere sul riequilibrio da parte del Garante.

il Gengis
04-06-09, 10:41
Bonino e Pannella denunciano i vertici Rai "nei telegiornali privilegiati il Pd e il Pdl"

• da Corriere della Sera del 4 giugno 2009, pag. 11

L`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni afferma che c`è stato riequilibrio negli spazi dati dalle tv alle forze politiche in vista delle elezioni europee. Si tratta però di un riequilibrio ancora parziale. La Rai e tutte le emittenti private, compresa Mediaset, devono completare l`opera nelle poche ore che mancano alla fine della campagna elettorale. Emma Bonino, per ora, prosegue lo sciopero della fame e della sete assieme ad altri 150 esponenti radicali e continua a occupare uno studio di Saxa Rubra. I radicali chiedono un incontro ai vertici Rai, e ieri mattina hanno depositato alla procura di Roma una denuncia contro il direttore generale della Rai, Masi, e i direttori in carica dei tre tg Rai. Il tema della protesta è la scarsa presenza delle formazioni politiche minori nei tg e nelle trasmissioni informative nella campagna elettorale per le europee. L`Autorità per le garanzie nelle comunicazioni aveva ordinato il 23 maggio ai telegiornali Rai, La 7 e Sky di mandare in onda interviste di «riepilogo informativo» sulla lista Bonino Pannella per riparare all`ostracismo delle settimane precedenti. Lunedì anche il presidente della commissione di vigilanza Zavoli aveva inviato un telegramma ai vertici di viale Mazzini per chiedere il rispetto della par condicio. Nella denuncia presentata ieri mattina Bonino e Pannella sostengono che «nei tg si promuovono solo alcuni personaggi politici e alcune liste, ovvero Pd e Pdl», che «ciascun direttore o vicedirettore dei tg ha un`area politica di riferimento».

il Gengis
06-06-09, 14:42
Bonino: noi il passato? I Radicali a Strasburgo saranno sentinelle laiche

• da Corriere della Sera del 5 giugno 2009, pag. 6

Arrivata al terzo giorno di sciopero della fame e della sete, consumato assieme a molti compagni radicali, e reduce dall`occupazione di un ufficio Rai per far valere le ragioni di un partito che anche secondo l`Agcom è stato sottorappresentato in campagna elettorale, Emma Bonino ha ancora la forza di gridarlo: «Questa campagna non è stata democratica». Lo fa in una chat sul Corriere.it, dove spiega che sì, «qualche piccolo spiraglio» grazie alla durissima lotta dei radicali si è aperta, ma ancora c`è da combattere per «garantire un diritto liberale, che è quello di conoscere per scegliere. In più siamo in mezzo a un circo Barnum mediatico. E dalla prossima settimana comincerà la tiritera dell`Europa non solo lontana, ma anche cattiva». Soprattutto, i radicali contestano l`appello di Pdl e Pd per il voto utile: «Per loro un eletto in più o in meno non cambia nulla. Un radicale nell`Europarlamento invece significa avere una sentinella perfettamente laica» su temi come l`utilizzo delle cellule staminali. Insomma, il voto radicale non è «vecchio», al contrario: «Noi non siamo gente di altri tempi, ma di tempi futuri».

il Gengis
06-06-09, 14:43
Le mail moleste della vedova Welby

• da Il Giornale del 5 giugno 2009, pag. 14

La campagna elettorale può far perdere coerenza e nobiltà d’animo all’uomo. Pardon alle donne, in questo caso. Perché la scivolata è capitata a Wilhelmine Schett, più nota come Mina Welby, la moglie dell’uomo affetto da Sla e morto per sua volontà. Ebbene, Mina Welby, candidata nelle liste radicali, è impegnata in un’operazione di spamming a tappeto inviando per posta elettronica sollecitazioni al voto. Proprio lei, sempre attenta a non violare i diritti individuali! Ora caso vuole che ad indagare dovrebbe essere Mauro Paissan, componente del Garante per la protezione dei dati personali, relatore di una legge sullo spamming ed ex radicale...

il Gengis
06-06-09, 14:43
Rita Bernardini e la doppia morale del Pd

• da L'Opinione del 5 giugno 2009, pag. 3

di Dim.Buf.

Che il Pd, da buon erede delle tradizioni di doppiezza dell`ex Pci fosse un partito dalla morale double-face ne eravamo già più che convinti. Ad esempio strepitano contro l`informazione televisiva pro Cav ma poi occupano la Rai come se fosse casa loro da decenni. Ma che le donne "democratiche" si facessero prendere da foie veltronian-mondane da "veline" rosse in gran spolvero solo perché Gheddafi le ha tutte invitate al "gran ballo della tenda beduina" non ce io saremmo mai aspettato. Specie dopo averne dette di cotte e di crude in Parlamento sull`accordo tra la Libia e l`Italia sui respingimenti dei clandestini. Invece ieri alla deputata dei Radicali italiani Rita Bernardini è arrivata una lettera di questo tono: "Carissima, c`è stata richiesta dall`ambasciata della Libia in Italia, per una partecipazione nostra, di donne del Pd, a un incontro con Gheddafi durante la sua visita in Italia. Ti chiedo se tu sei disposta a partecipare venerdì 12 giugno, alle ore 11.30, presso l`Auditorium di Roma. Conto in una tua risposta sollecita. Un caro saluto Vittoria Franco". La Bemardini è stata più che sollecita, e ha risposto così: "Le donne dei Pd incontrano il dittatore libico che lascia stuprare le donne nei centri di identificazione?" Per citare Pannella nell`ormai scontro cult con Franceschini a "Ballarò" uno potrebbe anche dire: "ma hanno veramente la faccia come il c...l.

il Gengis
06-06-09, 14:43
Il triplice fronte radicale

• da L'Opinione del 5 giugno 2009, pag. 3

Triplice fronte di lotta ieri per il "Davide radicale" che si identifica a queste elezioni con la lista Pannella Bonino. Di buon mattino alle 11 Rita Bernardini e Maurizio Turco erano insieme agli agenti penitenziari davanti alla sede dei Dap per manifestare contro la carenza degli organici e la sostanziale situazione di incostituzionalità delle carceri italiane. Poi alle 12 tutti davanti alla Rai per sostenere l`azione di lotta non violenta del vicepresidente del Senato Emma Bonino giunta al secondo giorno di sciopero della sete (insieme a circa 150 altri militanti ed esponenti di partito) per la "assurda pretesa" di volere vedere rispettate dai vertici Rai le direttive dell`Agcom in merito all`accesso alla comunicazione elettorale. Infine nel primo pomeriggio Marco Pannella e Marco Cappato hanno improvvisato un`altra azione di "disobbedienza civile" diffondendo un sondaggio che li riguarda e che li darebbe a circa il 3% dopo le ultime apparizioni in . video. Quest`ultima decisione era chiaramente legata ad analoga diffusione fatta, pro domo sua, dal Cava "Porta a porta" mercoledì sera. Nel comunicato di Cappato e Pannella in particolare si legge che "essendo sicuramente a conoscenza del sondaggio Euromedia-Ghisleri che vede la lista Bonino-Pannella, in costante crescita, avvicinarsi "pericolosamente" alla soglia del 4% - anche grazie a molti elettori del Pdl delusi dalle mancate riforme liberali - Berlusconi ha esortato nei giorni scorsi gli elettori a non votare i partiti piccoli". "Egli giustamente teme i Radicali - continua il documento - assai più dei suoi antagonisti - compromissori del Pd, pronti a qualsiasi baratto, e dell`avversario di comodo Antonio Di Pietro". In mattinata, come si diceva, i deputati radicali Rita Bernardini (membro della commissione Giustizia) e Maurizio Turco (membro della commissione Affari Costituzionali) avevano preso parte al sit-in organizzato dai sindacati Sappe, Osapp, Uil, Cgil e Uspp, dalle 11 alle 13 davanti alla. sede del Dap in Largo Luigi Daga. La manifestazione era stata indetta "per rappresentare la drammatica situazione in cui versa tutta la comunità penitenziaria con lo spaventoso record di presenze dì detenuti raggiunto in questi giorni: 63.500". Per la cronaca, ii sit-in ha avuto risvolti positivi: gli agenti sono stati infatti ricevuti dal capo del Dap, Franco lonta, e dai vertici dell`amministrazione penitenziaria. Peraltro ieri in tutta Italia i poliziotti penitenziari hanno scioperato in mensa, dopo mesi di denunce sul sovraffollamento arrivato a cifre record. E il loro digiuno si unisce idealmente a quello dei detenuti delle carceri di tutta Italia che da giorni rifiutano il vitto un po` per segnalare la loro tragedia e un po` per solidarietà con Pannella e la Bonino che non riescono ad avere il giusto accesso in tv nonostante le sentenze dell`autorità garante per le comunicazioni. In fondo quel partito è l`unico ad occuparsi anche di loro, non da ultimo con la campagna per il diritto di voto per quei detenuti che non lo abbiano perso per sentenza accessoria.

il Gengis
06-06-09, 14:45
Lettera - I miei auguri per il quorum

• da Il Riformista del 5 giugno 2009, pag. 8

di Adriano Sofri
Caro direttore, mi lasci precisare due cose. La prima, che io sono privato del diritto di voto. La seconda, che non ho affatto invitato a votare per Sinistra e Libertà, alla quale ho solo augurato di raggiungere il quorum. Augurio che rivolgo ancora più cordialmente alla lista Bonino-Pannella. Quanto al Pd, lungi dal voltargli le spalle—, auguro a lui, a
Sinistra e Libertà, ai radicali e a me stesso che abbia il migliore dei risultati. Questa e la mia ininfluente ma affezionata posizione. La ringrazio e saluto.
Adriano Sofri

il Gengis
06-06-09, 14:45
La protesta della Bonino: "Questa campagna elettorale non è democratica"

• da Il Gazzettino del 5 giugno 2009, pag. 2

La senatrice Emma Bonino e il deputato Matteo Mecacci, che hanno portato avanti l`occupazione degli studi Rai, hanno raggiunto ieri mattina gli altri dirigenti e militanti radicali davanti alla sede Rai di Viale Mazzini per partecipare alla manifestazione organizzata dai radicali. La campagna elettorale per le europee «non è democratica», e i Radicali si sentono penalizzati più di altri dall`assenza di informazione «anche se qualche spiraglio in più» lo stanno ottenendo ha affermato Emma Bonino. «Stiamo lottando dice - per garantire un diritto liberale, che è quello di conoscere per scegliere. In più siamo in mezzo a un circo Barnum mediatico. Dalla prossima settimana comincerà la tiritera dell`Europa non solo lontana ma anche cattiva». A giudizio della senatrice radicale, a svilire il significato della votazione di sabato e domenica sono «gli stessi politici, perché frequentano il Parlamento europeo un pò come un parcheggio in attesa di rientrare prima o poi nella politica italiana». Bonino ha manifestato scetticismo sulla possibilità che nei prossimi due giorni i radicali possano godere di spazi informativi maggiori. Rivolta agli elettori, ha spiegato che una buona ragione per votare radicali è di mettere nel Parlamento europeo «una sentinella perfettamente laica» come garanzia sulla ripresa della discussione sulle cellule staminali. Nessun rischio, ha spiegato, di confondere i radicali come una forza vecchia. «Credo ha aggiunto Bonino - che siamo gente dei tempi futuri. Le riforme liberali nel nostro Paese sono necessarie. Non parlo solo della giustizia, questo moloch che impiega 10 anni per dare un risultato. Noi abbiamo 500 mila immigrati illegali che lavorano nelle nostre case. Con loro, quindi, abbiamo 500 mila italiani illegali». Un`altra frecciata al governo è venuta in materia di ammortizzatori sociali. «Su 1.200.000 lavoratori che hanno perso il posto, 600 mila - ha spiegato Bonino hanno qualche ammortizzatore ma gli altri non hanno nulla. Il governo ha la delega per fare la riforma degli ammortizzatori sociali entro luglio».

il Gengis
06-06-09, 14:46
I Radicali sono tornati di moda e con Emma sognano il bis del '99

• da Il Riformista del 5 giugno 2009, pag. 8

di Peppino Caldarola

Proclamano Marco Pannella e Emma Bonino: «Ci oscurano, nascondono la nostra presenza. Sia il servizio pubblico della Rai sia i cinque minuti di Mediaset sono del tutto insufficienti». E poi ancora: «E i programmi politici sono quelli che sono: una volta esistevano le veline, oggi abbiamo Bertinotti e Marini». Dite la verità, se non fosse che le veline sono tornate e Bertinotti e Marini sono spariti, anche voi avreste creduto che vi stavamo riferendo una conferenza stampa di ieri di Bonino e Pannella. Invece stiamo parlando di dieci anni fa, esattamente del 22 maggio del 1999, quando all`Umanitaria di Milano i due leader radicali protestavano, allora come oggi, contro il sistema dei media che li oscurava. La protesta portò bene. A metà giugno si votò e la lista Bonino, allora Pannella fece un insolito passo indietro, raggiunse l`8%, un boom elettorale che sconvolse il mondo politico e azzittì per qualche attimo gli stessi radicali. Emma aveva affascinato la sinistra e la destra. Questa donna spigolosa e concreta, gran lavoratrice, ebbe il suo battesimo di massa dopo anni e anni di fatiche radicali, e dio sa quanto faticano i radicali! Per Emma cominciò un cursus honorum che la portò tempo dopo, nominata da Berlusconi, a ricoprire il ruolo di commissario europeo. Per i radicali fu un exploit incredibile, ma soprattutto irripetibile. Oggi ci riprovano Marco e Emma, in una lista che porta il nome di entrambi, a scalare la montagna elettorale convinti che lo schema di battaglia sia lo stesso: la lotta alla partitocrazia criminale e l`assalto al mondo delle tv. Emma sta facendo lo scio- pero della fame e della sete, Marco si stava quasi ammazzando una decina di giorni fa dopo settimane di stenti. Si avvicina un nuovo insperato e clamoroso successo? Il clima c`è. Attorno ai radicali si sta radunando una parte di opinione pubblica nuovamente incuriosita. Loro sono più vecchi, strada facendo si sono persi Taradash, Della Vedova, Calderisi e, dopo un duro scontro, anche il promettente Capezzone, ma i due sono freschi e combattivi e lanciano segnali a destra e a sinistra. Ho sentito con le mie orecchie più di un elettore del Pd dire che questa volta si vota per Emma. Molti intellettuali delusi sono tornati ad ammirare la combattività di questi indomabili guerrieri. Indubbiamente è nell`area dei democrats che i radicali pensano di pescare i maggiori suffragi. Il matrimonio con il Pd non è andato bene. Anche la lista europea è figlia di questa relazione fallita. Avevano promesso a Pannella di candidarlo per Bruxelles e poi Franceschini si è rimangiato la parola data da Goffredo Bettini. Così loro, i radicali tutto d`un pezzo, non ci hanno pensato due volte a presentarsi da soli. Il Pd di Veltroni li aveva accolti di mala grazia scegliendo, questo-sì-questo-no, chi candidare nelle proprie liste. I cattolici avevano storto il muso, i laici li avevano salutati come l`antidoto alla presenza della Binetti. Mesi e mesi di convivenza difficile, di voti parlamentari talvolta difformi, poi la rottura finale. Emma in verità non è rimasta insensibile ad alcune battaglie di Franceschini. Ha condiviso soprattutto l`ultima, quella innescata dal compleanno di Noemi, sorprendendoci con il suo moralismo bacchettone che contrastava con l`immagine della donna che aveva liberalizzato tutti i costumi degli italiani. Sia Emma sia Marco devono aver pensato che non si possono sottrarre voti al Pd senza vestire i panni dell`antiberlusconismo ratzingeriano, come ha scritto l`ex ateo devoto Giuliano Ferrara. E a sinistra è suonata la campana della raccolta dei consensi a vantaggio dei radicali. Non si offenderà Marco se scrivo che è soprattutto Emma ad affascinare molti delusi della sinistra. «E` una che lavora, dovunque la metti, tira la carretta». E la chiara fama della Bonino tira la volata alla pattuglia radicale. Ma la lista attrae anche voti di destra. Nessuno dimentica le battaglie per le liberalizzazioni dei radicali. C`è un elettorato, piccolo ma significativo, di elettorali liberali di centrodestra che accusa Berlusconi di aver tradito le promesse. Troppo cattolico con il Family Day, troppo esagerato nella sua vita privata, poco incline alle liberalizzazioni in favore di una politica nero-statalista. Così, pescando un po` di qua e un po` di là, torna il sogno del `99. Forse questa volta è più dura. Non c`è l`effetto sorpresa di dieci anni fa, i partiti hanno preso le contromisure, ma il mondo degli apolidi di destra e di sinistra si è affollato di delusi che guardano ora a Vendola ora a Pannella e Bonino per lanciare un segnale di rivolta. Alcuni dicono che i radicali fanno le stesse cose di sempre, che anche il loro gioco è ormai scoperto. Altri non hanno apprezzato questo ondeggiare fra sinistra e destra. Loro sono sempre lì, pronti a cavalcare l`insoddisfazione di tutti i "cavalli scossi" della politica italiana. Vuoi vedere che rivinceranno il Palio di Bruxelles?

santiago
08-06-09, 11:16
Pannella: "un risultato straordinario la Rosa nel Pugno è pronta a risorgere"

• da La Repubblica del 8 giugno 2009, pag. 9

di Carmelo Lopapa
Scavalcare il muro insormontabile del 4 per cento era un sogno e nulla più. Ne erano consapevoli. Ma a notte fonda, quando le proiezioni diventano dati consolidati, nel fortino storico dei radicale di Largo Argentina a Roma, è quasi festa. «Straordinario, compagni, il risultato della campagna di lotta è stato straordinario». Marco Pannella siede nella saletta di Radio Radicale e confessa: «Sono felice». Veri o verosimili che siano le proiezioni che si succedono, comunque è rinato. Rinvigorito. Resuscitato. Gongola, quando alle 23,30 Vespa spara da Porta a porta una prima proiezione che li darebbe a un insperato 3,1. Poi, via via i dati "veri" dalle sezioni li attesteranno attorno al 2,5-2,6.
Il pendolo continua a oscillare nella notte, ma Emma Bonino tira le somme: «Comunque vada c´è una nostra tenuta politica, soprattutto se si considera che non ci siamo presentati in una coalizione allargata e che veniamo da una competizione antidemocratica. Ora siamo pronti a rilanciare la Rosa nel pugno a fine giugno. Ci sentiamo rafforzati: se pensavano di liberarsi di noi, hanno fallito». Quel che conta è aver cacciato via lo spettro del tonfo, dello zero virgola, «con una campagna fatta con 350 mila euro che neanche un consigliere comunale...».
La sala grande della sede radicale è presto annebbiata dalla consueta nuvola gonfiata dalle troppe sigarette. Pannella saluta sereno l´Europarlamento, non ne fa un problema di cifre e guarda già avanti. «Il nostro bilancio di questa campagna è straordinario. Delle cifre faremo tesoro, non sarà sconfitta o trionfo. Contano soprattutto le 1.400 dichiarazioni di voto di compagni di sinistra che hanno deciso di votare radicale. I nostri sono voti di democrazia. Strappati alla partitocrazia». Marco sta meglio ma porta i segni della battaglia. Lo sciopero della fame e della sete per rivendicare lo spazio dovuto ai radicali su tv e radio lo ha provato. Ma non abbattuto. Ora si dice pronto alla nuova sfida. «Dal 26 giugno, con l´assemblea di Chianciano, torneremo alla Rosa nel pugno e al Sole che ride». A mezzanotte Marco Cappato si prende lo sfizio di attaccare in diretta Bruno Vespa: «Fosse stato per lei, saremmo stati sotto lo zero». E il conduttore: «Ma avete avuto il 7 per cento degli spazi tv, più di Di Pietro e Udc?» Poi lo scontro si accende e Vespa saluta: «Arrivederci Cappato». Il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin fa un´analisi a freddo. Più che positiva. «Dobbiamo tenere conto delle condizioni di difficoltà estrema con cui il partito si è misurato, lo sbarramento al 4 per cento avrebbe significato 1,5 milioni di elettori. La Rosa nel pugno, giusto per capire, nel 2006 aveva preso 900 mila voti e sembrava un discreto risultato». E poi, «questa volta siamo andati da soli». Rita Bernardini, reduce dal voto al carcere di Rebibbia, sorride. «Sappiamo in che condizione non democratica viviamo in Italia, siamo partiti col 3 per cento degli italiani che sapeva appena dell´esistenza della lista e abbiamo quasi raggiunto il 3. Ora non ci fermeremo qui». In Parlamento stanno ancora in gruppo col Pd. Ma quella sembra già acqua passata. L´appuntamento è a fine mese a Chianciano, con l´assemblea per rilanciare l´alleanza con socialisti, verdi «e chiunque ci stia». E per ricominciare una nuova avventura.

santiago
08-06-09, 11:25
Pannella pensa già al futuro "ricominciamo con i Verdi"

• da Corriere della Sera del 8 giugno 2009, pag. 15

di Fabrizio Roncone

Mezzanotte. Il voto del Partito Radicale continua a galleggiare: parte dall`1,8% e arriva al 3,0%. Una forbice larga, ma - in qualche modo - credibile. L`anziano capo dai capelli bianchi e lunghi, il volto solcato da rughe profonde, le labbra carnose annerite dall`ultimo mozzicone dì sigaro toscano, si alza con calma il bello è che Marco Pannella appare di nuovo alto nel suo chicchissimo blazer blu, appare possente, otto chili recuperati dall`ultimo tremendo sciopero della sete deciso per riuscire ad apparire in tv: è chiaro che se qualcuno pensava di essersi sbarazzato di questo leone della politica italiana, sbagliava i suoi miseri calcoli - insomma il vecchio leone si alza, e sorride, e il suo sorriso è, da sempre, un ghigno di sfida e di arroganza, di scherno e di speranza «Beh... dovevamo morire... e invece, come dicono i numeri, siamo vivi. Abbastanza vivi. E dico di più: in fondo, beh, siamo gli stessi della Rosa nel Pugno: cento per cento liberali, laici, socialisti.... Con, da questa notte, uno sguardo interessato al "Sole che ride", che è un nostro antico e prezioso simbolo». Uno sguardo ai verdi, che nel voto del resto d`Europa paiono andare piuttosto bene? «Ai verdi, sì. Sono, si sa, nel nostro Dna. A patto, s`intende, che siano anti-staminali, anti-Ogm...». Ci guarda tutti negli occhi, uno ad uno. Ha questo, di strepitoso, Pannella: se non stai attento, ti ipnotizza Diventi radicale, gli dai ragione su tutto. Anche adesso, per dire: sull`analisi, a caldo, di questo voto europeo (il trucco è tenere lo sguardo basso, e prendere appunti). «Ci avevano fatto sparire dalle televisioni. Un campagna elettorale al buio. Nera Nessuno sapeva che io ed Emma Bonino ci candidavamo con una lista». Finché non è ricorso al solito, collaudato stratagemma. «Lo sciopero della sete». Appunto. «Lei ne parla come se fosse una protesta di routine: ma io, a 79 anni, ci rischio la pelle». Il suo volto, da Michele Santoro, ad Annozero. «Pelle e ossa. Lo so. Però ora sto meglio. Misuro la pressione corporea quattro volte al giorno, e mi pare stia nei limiti. L`unica cosa che non va, è il rimpianto». Per cosa? «Hanno fatto passare la mia protesta come se, in fondo, protestassi per me, o per i radicali. Invece protestavo per voi, per tutti. Per la democrazia di questo Paese». È bello, dopo tanti volontari stenti di protesta, vederlo divorare una doppia porzione di tiramísù, due ciambelline. E poi vuotare una bottiglia di chinotto. Ma non mangia, né beve, nervosamente. E poi fuma pure poco (rispetto alla venti sigarette che si accende, di solito, in un`ora). Attesa dei risultati rilassata, in una trattoria di piazza Sant`Eustachio, centro storico, cielo azzurro, basso, delizioso. Con i turisti che passano, e lo salutano. Quello che vuol farsi la foto. Quell`altra che gli passa la madre al telefonino. Arriva una signora: «L`ho vista l`altra sera, onorevole, al Tg2 beh, mi ha convinta e un`ora fa sono andata, e l`ho votata». Poi un mucchio di dichiarazioni di voto: un ristoratore che coltiva lenticchie in Umbria, a Colfiorito, una ragazza, uno studente, due tipe sui tacchi a spillo; poi, ancora, il lungo elenco di appelli che mentre Pannella parla al telefono con il suo storico medico, il professor Claudio Santini - «no, credimi, Claudio, mi sento bene...» da Radio Radicale, il direttore Massimo Bordin manda in diretta; ci sono Marco Bellocchio e Raffaele La Capria, Piero Melograni e i fratelli Bennato (Edoardo ed Eugenio), Franco Battiato e Alberto Bevilacqua, Sergio Castellitto e Piero Chiambretti. «Li scriverai tutti? Guarda che è un elenco lungo...». Non tutti. «Va bene, allora dico cosa provo». Ecco, cosa? «Siamo l`unica entità politica che, comunque sia andato questo voto, è destinata ad esistere. Non so il Pd di Franceschini. E, a questo punto, non oso immaginare il Pdl di Berlusconi...». Già, Berlusconi. «Temo che, dipendesse dagli italiani, sarebbe finita come in un qualsiasi dittatura sudamericana. Ma poi c`è la pressione internazionale, ci sono i giornali stranieri ...».

santiago
08-06-09, 11:29
Ora Pannella guarda a Verdi e Socialisti

• da Il Sole 24 Ore del 8 giugno 2009, pag. 2

Salvo sorprese dell`ultimora a Strasburgo non siederà alcun radicale italiano. Lo confermano gli istant poll sul voto di ieri: Ipr marketing dà la lista Pannella-Bonino tra l`1 e il 3% mentre le prime proiezioni Rai parlano di 3,1 per cento. Molto vicina, dunque, al 2,2% ottenuto cinque anni fa. E, al tempo stesso, lontana dalla soglia di sbarramento del 4 per cento. E ancora di più dai fasti del`99 quando, sulla spinta della candidatura di Emma Bonino al Quirinale, i consensi avevano superato l`8,4 per cento. Mala sconfitta che si profila all`orizzonte non scoraggia lo storico leader Marco Pannella. Che, a urne appena chiuse, sceglie i microfoni di Radio radicale per ringraziare tutti i militanti egli intellettuali che si sono schierati al suo fianco. Definendo, al di là delle cifre, comunque «straordinario» il bilancio di quella che chiama «campagna di lotta». Nel rinnovare le critiche alla partitocrazia, che già avevano caratterizzato le ultime settimane di campagna elettorale, Pannella sottolinea: «Il bilancio per noi è che eravamo in carcere, in due, in cinque o in sette e che siamo qui oggi e dobbiamo avere un momento di grande serenità». E prova a guardare al futuro. Non solo per dire che «c`è da lottare» e «c`è da sperare», ma anche per rilanciare il progetto della Rosa nel pugno con i socialisti. Magari arricchita dal contributo dei Verdi.

santiago
08-06-09, 11:33
Pannella sorride ma ha perso l'ultimo seggio

• da Il Giornale del 8 giugno 2009, pag. 9

di Luca Telese
Marco Pannella come un eroe omerico, come un mito greco, come Anteo, che ogni volta che tocca terra sembra ritrovare forza. Marco Pannella euroforico e profetico, alle prime ore della mattina a Radio Radicale: «Abbiamo già vinto. Abbiamo vinto comunque». Marco Pannella pessimistico, scaramantico nel pomeriggio, mentre mangia un gelato e la gente gli grida: «Marcooo! Marcooo!». Marco Pannella ieratico, nella sede di via di Torre Argentina, nel cuore rovente della notte: «Marco, da Vespa siamo al 3.3!», «Marco, da Piroso c’è una forchetta in cui ci danno dal 2% al 3%!»...; «Marco su Sky ci danno all’1.9%»...; «Marco, dai seggi ci sono dei risultati incredibili, siamo ancora in corsa!».
Allora ci dovete entrare, nella storica sede dei radicali, in fondo al corridoio, dove batte il cuore del vecchio leone e piovono numeri come rebus. Dovete vederlo, Pannella, seduto al tavolone ovale del suo ufficio, con la radio ed il televisore accesi insieme, con i ragazzi dell’associazione Luca Coscioni che entrano ed escono per dare risultati e percentuali, con tre pacchetti di sigarette e due di toscani squadernati davanti, con in mano l’accendino-tagliasigari Pierre Cardin che gli ha regalato il tabaccaio di fianco al portone del partito («Credo di essere il principale cliente...»), con due cellulari che squillano insieme - mentre parla ad uno in francese, e a all’altro in italiano -, dovete vederla, la faccia di Marco Pannella che si illumina di luce interiore, teatrale, drammatica, mentre il guru del Partito radicale squaderna in un sorriso dei suoi: «Ma quale sconfitta! Il quattro per cento era impossibile, impossibile! Il nostro è in ogni caso un risultato straordinario. Per una settimana abbiamo toccato i cuori, le emozioni, abbiamo bucato il video, messo in gioco i nostri corpi, le nostre lingue, la nostra sete... I sondaggi lo avevano anche registrato, eravamo arrivati al 3%, lo certificavano tutti... Poi tutto si è richiuso, nel buco nero dell’ultima settimana quando la partitocrazia ha ripreso il monopolio assoluto, brutale e violento del video, con i soldi pagati dal nostro canone, per propinarci il Pd e il Pdl».
Il fiume in piena per un attimo si interrompe. Provi a chiedere. Quindi la partita è persa? «Nooòòòòòh! Ma che dici, sei matto? Al contrario... In condizioni di regime abbiamo raggiunto un risultato stra-or-di-na-rio, uni-co!». Provi a obiettare: ma i radicali restano fuori dal Parlamento, per la prima volta dal 1979 a oggi. Lui, il signor Hood cantato da Francesco De Gregori, lui, l’uomo con il maglione a girocollo e il ciondolo pacifista che al congresso del Pci ribattezzarono Nosferatu, lui, l’uomo dei cento digiuni (due in questa campagna elettorale) continua a tenersi stretto il suo canestro di parole: «Persa? Persa? Questa è una constatazione che rasenta l’imbecillità. È un modo sbagliato di vedere le cose. Noi siamo, oggi più che mai, l’unica alternativa possibile al regime partitocratico. Siamo e lo restiamo, a prescindere da ogni dato, cifra o percentuale». Non puoi nemmeno azzardare un perché, che Pannella ti sommerge, come se quando parla non avesse più bisogno di respirare: «In queste elezioni abbiamo costruito un esercito di resistenti partigiani... Sono almeno duecento in tutta Italia, gente che non si arrende di fronte alla beffa di uno zero virgola in più o in meno, che non gliene frega nulla di un punticino in più o in meno... Abbiamo aggregato vecchi liberali e liceali entusiasti che hanno sentito vibrare nel loro dna l’eco delle nostre battaglie. Abbiamo fatto risuonare nel presente le parole dei nostri padri e compagni di battaglie... Abbiamo fatto riscoprire ai giovani Spinelli, de Tocqueville, i fratelli Rosselli, la memoria radicale di Pannunzio, portiamo in noi e con noi lotte di liberazione combattute senza risparmio: gli uiuguri e i montagnard del Vietnam, della Cambogia e del Laos...». E così, mentre mi bombarda di parole, Pannella ripete ancora una volta il suo prodigio mitologico. Se perde ritrova la forza, se perde si fa coraggio, per lui perdere è una parola che non esiste: «Siamo gli unici davvero vivi. E ricominciamo dal dialogo con i Verdi, ricominciamo soprattutto da noi. Siamo l’unica forza che può rompere la dittatura del sessantennio partitocratico». È sempre una sfida mortale, è sempre una sfida difficile, senza soldi, senza rimborsi elettorali: «Ma questo non mi preoccupa affatto. Una forza politica degna di questo nome gioca sempre il possibile contro il probabile». Che cosa vuol dire? «Che gli altri sono mediocri politicanti, e sono senza benzina». E i rapporti con il Pd? Adesso tornerete all’ovile dell’alleanza con Franceschini e compagni? Mi rendo conto che questo non glielo dovevo dire. Il sorriso diventa corrucciato, le sopracciglia si inarcano minacciose: «Ma che dici? Franceschini chi? Quello con la faccia da culo?». Oddìo, siamo al turpiloquio: «In bocca a me non è mai turpiloquio... In bocca a me sono parole amene». Resta il nodo che con il Pd ci dovrete fare i conti: «Ahhh... Abbiamo accettato di subire il ricatto ignobile, abbiamo dovuto subire un’alleanza con il loffio... O con il loft... E in cambio, abbiamo assistito ai loro mediocri giochi di mediocri politicanti».
Quanto tocca il fondo Pannella risorge, ma risorge anche con rabbia: «Il Pd ha cercato di portare il nostro scalpo in Vaticano, e non ci è riuscito... Ha provato a metterci fuori gioco, candidandoci in posti impossibili, nascondendoci al mondo... Ecco, noi siamo ancora qui, ancora una volta qui».
Ecco, arriva la Bonino. Ecco, Marco Cappato duella con Bruno Vespa sui dati di presenza in televisione: «Vespa, lei ha detto menzogne! Ci avete cancellato! Noi oggi siamo l’unico riferimento per le persone che si vogliono liberare di questo regime di cui le televisioni fanno parte». Pannella isola il dialogo nel frastuono della stanza, agguanta i telecomandi, abbassa la radio e alza il volume di Cappato: «Bravo Marco!». Poi si gira verso di me: «Hai visto? Hai visto? Che ti dicevo?». Oggi il maglione bretone del congresso di Nosferatu non ce l’ha più (le tarme si sono mangiate i gomiti), i capelli non se li taglia («Perché non ho tempo»), i doppiopetti non se li fa fare più («Ho tutte le misure della mia vita chiuse in un armadio, si allargano si restringono, e io ne ho di tutte le taglie»). Nel cuore della notte quando sembra che i radicali si stiano assestando al 2,8 per cento, il vecchio leone torna a ruggire: «I conti li facciamo solo domani mattina (stamattina, ndr), all’ora di pranzo, ma dei numeri non mi frega nulla. Sinistra e libertà è una forza infeconda, i comunisti sono rispettabili ma morti, ci siamo solo noi, che abbiamo un futuro».

santiago
08-06-09, 11:34
Pannella out: non supera il 3%

• da Il Manifesto del 8 giugno 2009, pag. 4

Per tutta la notte il dato delle proiezioni dinamiche oscilla tra il 2,6 e il 3% per i radicali, un buon risultato per loro. La prima proiezione, 1,8%, lanciata da Sky intorno alle 23, aveva abbattuto gli animi. A quell`ora Giacinto detto Marco Pannella stava chiuso nella sua stanza, il suo intervento però lo aveva diffuso nell`etere almeno un`ora prima ai microfoni di Radio radicale con i seggi ancora aperti, spirito d`avanguardia in assenza di sondaggi. Nella sede romana di via di Torre Argentina l`incognita tv non lasciava spazio a previsioni, Pannella aveva speso le sue energie da Annozero a Ballaro, una battaglia a zero calorie per un piccolo spazio sul piccolo schermo, «Ma che cazzo c`entro io?» aveva risposto a Michele Santoro che con compiacenza tendeva a trattarlo da vecchio rincoglionito. L`epifania però non è considerata risarcitoria, ciononostante Emma Bonino parla di «tenuta politica» della lista soprattutto perché, spiega, per tutti i candidati nel complesso sono stati spesi 350mila euro, briciole. Porta a porta nel primo collegamento spara in alto i radicali: 3%, ma l`intervista per il primo commento con Marco Cappato non è per niente conciliante. L`enfant prodige con la stella gialla appuntata sulla giacca si incazza manco fosse Pannella - si litiga sulla presenza in tv, troppo poca per Cappato, non ti lamentare strilla Vespa. Il collegamento si chiude a male parole, Vespa ha la meglio ovviamente.

santiago
08-06-09, 11:35
Il rush finale non basta Radicali sotto il 4%

• da Libero del 8 giugno 2009, pag. 11

di Chiara Buoncristiani

Secondo i primi, parziali, instant poll, i radicali avrebbero ottenuto tra l’1 e il 2,5 per cento dei voti. Dato confermato dalle prime proiezioni, secondo cui i voti raccolti dalla Lista Bonino Pannella sarebbero intorno al 3,1 per cento, rimanendo comunque sotto la soglia del 4 per cento, soglia indispensabile per eleggere almeno un euro-deputato. D`altra parte, ancora ieri pomeriggio, a via di Torre Argentina si puntava a superare la soglia psicologica dei 990mila voti ottenuti alla Camera alle politiche del 2006 con la poco fortunata Rosa nel Pugno (formazione che vedeva i radicali in tandem coni socialisti di Enrico Boselli). Alle 22 in punto di ieri sera, Pannella è stato il primo tra i leader politici a rompere il silenzio e ad annunciare: «Sono particolarmente soddisfatto delle 1300-1400 dichiarazioni di voto di compagni comunisti di Rifondazione e Pd che hanno deciso di approdare al voto radicale». Poi ha continuato, quasi messianico: «E’ un momento di gioia. Dal 26 giugno torneremo alla Rosa nel Pugno e al Sole che ride. Ricominceremo a usare la vanga, la falce...». Per la prima volta negli ultimi quattro anni, i radicali sono tornati a correre con il loro simbolo. Lo scorso anno, alle politiche 2008, la decisione di entrare nella formazione del Partito democratico ha visto gli esponenti del partito di Pannella inseriti all`interno delle liste del Pd. Un cartello elettorale che ha ottenuto il 33,1 % dei voti e non ha superato la somma matematica dei consensi raccolti alle politiche 2006 dall`Ulivo (31,27% delle preferenze, con 11 milioni e 930mila voti) e dalla Rosa nel Pugno (2,6% delle preferenze, con 990mila voti). Sciopero della fame e della sete, occupazione della sede Rai, stella gialla sulle giacche e lo slogan «fermiamo la strage di legalità»: a queste elezioni europee, come e più che nel passato, la strategia comunicativa dei radicali ha puntato tutto sulla denuncia dei silenziatori messi alla lista Bonino-Pannella. «Ci hanno negato qualsiasi spazio nei telegiornali e negli approfondimenti», è stata l`accusa che mercoledì scorso Marco Pannella e Emma Bonino hanno trasformato in una vera e propria denuncia, depositato alla Procura di Roma.

santiago
08-06-09, 11:35
Non c'è stata la cancellazione politica dei Radicali

• da L'Unità del 8 giugno 2009, pag. 11

di Jolanda Bufalini

Un applauso a via di Torre Argentina quando arriva la proiezione che da i radicali fra l`1,8 e il 3,1 %. «C`è serenità - dice Emma Bonino - per un risultato raggiunto con 350mila euro e l`assoluta mancanza di regole della democrazia» Un risultato, aggiunge, «che resterà per il dopo». «Non c`è stata la cancellazione politica», conferma Marco Cappato. Il segretario radicale è a via di Torre Argentina a Roma, per lo spoglio dei risultati, è lì che alle 22 arrivano Emma Bonino e Marco Pannella che, dai microfoni di radio radicale ringrazia i 1400 intellettuali, artisti, scienziati e gente comune che hanno fatto dichiarazione di voto comportandosi «come i vecchi partigiani nel ventennio fascista». Era iniziata con solo tre persone su cento a conoscenza dell`esistenza delle liste radicali. Poi la protesta eclatante dello sciopero della fame e della sete di Marco Pannella, l`appello del capo dello Stato e, finalmente, la protesta del vecchio leader radicale è riuscita a bucare gli schermi: la voce impastata, la lingua secca che rendevano l`eloquio per una volta asciutto. Il volto emaciato che creava ansia negli spettatori.

BATTAGLIA DI LEGALITÀ

«Abbiamo fatto una campagna sulla legalità e sulla democrazia». Cappato non si fa la minima illusione sulla possibilità di saltare l`asticella troppo alta del 4%: «Siamo partiti dallo 0.8, dunque è più che improbabile». Quanto al quadro nel resto del continente, affluenza al minimo e l`affermarsi di forze nazionaliste e xenofobe, «quando le opportunità storiche non vengono colte, allora prevale la chiusura, la demagogia, la destra reazionaria». L`opportunità non colta è quella dell`Europa federale «per governare i problemi, dall`immigrazione alla crisi globale». L`Italia non fa eccezione, «sul solco della tendenza europea, ma anche per i contenuti della una campagna elettorale». «La rissa partitocratica - sostiene Cappato c`è sempre stata in Italia per il voto europeo ma questa volta si è andati oltre». «Intendiamoci - dice - è importante parlare di Noemi». Ma il Casoria-gate non avrebbe dovuto sostituire tutto il resto.

santiago
08-06-09, 11:36
"Soddisfatti al di là dei consensi, la lotta prosegue"

• da La Stampa del 8 giugno 2009, pag. 7

«Il bilancio di questa campagna di lotta è straordinario. Lasciamo dare le cifre, poi ne faremo tesoro qualunque esse siano». Lo ha detto il leader radicale, Marco Pannella, intervenendo poco prima della chiusura delle urne a «Radio Radicale». Pannella ha quindi salutato «tutto il mondo radicale» e quanti per la prima volta hanno deciso di scegliere questo partito e i 1.150 che hanno fatto appelli per i Radicali sul sito Internet. Una mobilitazione che stando ai primi dati non avrebbe consentito di superare il quorum del 4 per cento. Ora, ha aggiunto Pannella, «scoccheranno i voti e le interpretazioni», i commenti nei salotti tv, ma «il bilancio per noi è che eravamo in carcere, in due in cinque o in sette e che siamo qui oggi e dobbiamo avere un momento di grande serenità. È un momento di gioia, ora vediamo i numeri del gioco dei bari che abbiamo accettato di fare e vedremo come e quanto hanno rubato democrazia, ne moriranno, ma il nostro compito è fare sì che non facciano dilagare la morte e salvare anche loro». «C’è da lottare - ha concluso - c’è da sperare».

santiago
08-06-09, 11:37
"Lotta stupenda, il risultato non conta"

• da QN del 8 giugno 2009, pag. 8

di Alessandro Farruggia

Sono fuori e, in fondo, al miracolo del milione di voti necessario per andarw in Europa non hanno mai davvero Europa creduto. Eppure nel quartier generale di Torre Argentina i radicali quando arrivano il sondaggio Digis-Sky che indica un risultato intorno il 2% già non storcono la bocca, ma quando alle 23.30 la prima proiezione Dinamiche-Rai parla di 3,1% si sfiora l`entusiasmo. «E` un risultato comunque straordinario - spiega l`europarlamentare Marco Cappato perché proprio per la forza delle nostre idee siamo stati completamente tagliati fuori dai canali informativi. Non avevamo le risorse economiche per acquistarci spazi pubblicitari e rischiavamo la cancellazione. Ma ora è possibile un nuovo inizio». A riprova del «risultato comunque straordinario» ricordano il sondaggio dell`istituto di Crespi che indicava come «appena 3 elettori su 100 sapevano che alle europee si presentavano anche i radicali». Grazie allo sciopero della fame e della sete «abbiamo strappato centinaia di migliaia di voti al regime: il bilancio di questa campagna elettorale di lotta è straordinario. E quindi io sono felice, questo è un momento di grande gioia: faremo tesoro delle cifre qualunque siano», esulta Pannella a Radio Radicale ad urne appena chiuse. «Sarà un nuovo inizio - promette Emma Bonino -: ci piacerebbe ricostituire il progetto della Rosa nel Pugno». Se ne parlerà alla `Conferenza dei mille` convocata a Chianciano il 26 giugno. Se il progetto ha un senso politico preciso, i tentativi fatti sinora mostrano infatti quanto sia complicato da realizzare.

il Gengis
10-06-09, 20:13
I Radicali sono fuori e i vescovi esultano

• da Il Riformista del 9 giugno 2009, pag. 8

di Paolo Rodari

La Chiesa italiana, tanto più il Vaticano, ha tenuto rispetto alle elezioni europee un profilo bassissimo. Nessun commento, nessuna indicazione, non soltanto di voto ma pure d`indirizzo generale. Lo stesso presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, ha fatto la propria parte, durante l`assemblea generale dell`episcopato chiusasi pochi giorni fa, per smorzare ogni polemica attorno alle politiche sulla sicurezza portate avanti dal governo e, insieme, circa la questione morale e il caso Noemi: niente battute fuori luogo, niente spinte per questo o quel partito. Un profilo, quello della Chiesa italiana, tenuto basso anche ieri, immediatamente dopo il voto, nonostante, dietro le quinte, vi sia chi esulti. Per cosa? Per l`uscita di scena dallo scenario europeo dei radicali. Questi, per colpa dello sbarramento al quattro per cento, non ce l`hanno fatta. E viste le campagne che da Bruxelles il pur piccolo contingente radicale promuoveva - con cascate italiane - in favore d`una rivoluzione antropologica non certo apprezzata da vescovi e prelati, la loro "scomparsa" non dispiace. La questione morale ha spinto una parte dell`elettorato cattolico dal Pdl verso la Lega e l`Udc? Difficile rispondere. Certo è che il low profile dell`istituzione Chiesa può aver giovato in questo senso. L`elettore cattolico, sensibile alle parole dei vescovi, si è senz`altro sentito in questa tornata elettorale più libero. E, quindi, può aver scelto in coscienza di non votare per Berlusconi e di indirizzarsi sulla Lega e sull`Udc. Ma, a conti fatti, sembra poca roba. Probabilmente, se vi fosse stata una campagna massiccia della Cei, promossa attraverso le varie associazioni cattoliche, attorno alla questione sicurezza, all`immigrazione, la Lega avrebbe preso meno voti. Quanto all`Udc, è probabile che alcuni voti gli siano arrivati da alcuni degli elettori cattolici che alle scorse politiche avevano votato per il Pd: dirimente la vicenda Eluana Englaro. Ma anche qui è molto difficile azzardare ipotesi. I movimenti e le associazioni cattoliche avevano in diversi partiti dei propri rappresentanti. Il ciellino Mario Mauro (Pdl) ha fatto la sua parte in Lombardia. Bene è andato anche Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita e a Magdi Allam. Meno bene ad altri cattolici doc i quali, di per sé, avrebbero dovuto portare parecchi voti: Gianluigi Gigli, presidente della Federazione internazionale delle associazioni dei medici cattolici (scalzato da Tiziano Motti) e Luca Marconi di area Rinnovamento nello Spirito. Se la Chiesa, in generale, mantiene un basso profilo nel commentare i risvolti politici della tornata elettorale, qualche giudizio è stato espresso comunque, in particolare sul bollettino dei vescovi italiani, il Sir e sulla Radio Vaticana. Sono due le preoccupazioni sentite: una per il forte astensionismo, l`altra per l`affermazione di forze xenofobe in molti paesi dell`Ue: «Serve una seria ri flessio- ne sull`aumento dell`astensionismo e dell`euroscetticismo», ha scritto il Sir. E ancora: «Il primo compito che avranno i neodeputati sarà quello di un`analisi serrata del problema, per non arrivare ancora tra cinque anni a domandarsi i motivi del peso del "deficit democratico" sulla costruzione comunitaria». A esprimere preoccupazione per «l`avanzata della destra xenofoba in Olanda, Ungheria, Austria e Gran Bretagna» è sulla Radio Vaticana l`Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d`Europa: monsignor Aldo Giordano. Ma anche da lui non mancano allarmismi per l`astensionismo record: «Questo denuncia la mancata coscienza del ruolo che l`Europa dovrebbe avere e potrebbe avere perle sfide mondiali - ha detto Solo un`Europa più unita e più stabile può affrontare le grandi domande del mondo e del ruolo che l`Europa ha per la vita concreta locale dei singoli cittadini». Sull`astensionismo, fa il titolo in prima pagine anche l`Osservatore Romano: "Vince l`Europa dell`astensionismo" scrive il giornale diretto da Gian Maria Vian.

il Gengis
10-06-09, 20:14
I Radicali senza quorum ma salgono nelle grandi città

• da La Stampa del 9 giugno 2009, pag. 10

Oltre il 5 per cento a Milano, quasi il 5 per cento a Firenze, oltre il 4 per cento a Torino e a Roma. Nelle grandi città i radicali hanno raggiunto risultati significativi pur non riuscendo ad ottenere il quorum su scala nazionale. Nessun europarlamentare della pattuglia di Pannella approderà, dunque, all’Europarlamento di Strasburgo, ma, con un consenso che dovrebbe stanziarsi tra il 2,5 e il 3% Emma Bonino ha più di qualche ragione a parlare di una «tenuta politica dell’area radicale». Il tutto in una campagna elettorale che, per dirla con Marco Cappato, se fosse stato per Porta a Porta li avrebbe fatti ottenere lo 0% e, come dice la Bonino, è stata fatta al risparmio, «con 350 mila euro, che neanche l’ultimo consigliere di Rocca Cannuccia di sotto...». Ora, forti anche del drappello di radicali che siedono in Parlamento, sono determinati ad andare avanti, a partire dall’Assemblea dei Mille di Chianciano Terme convocata per il 26 giugno e aperta a tutte le forze socialiste, laiche, della sinistra riformista e liberale.

il Gengis
10-06-09, 20:14
I Radicali fanno il pieno nelle grandi città se non li avessero esclusi dalle tv...

• da L'Opinione del 9 giugno 2009, pag. 3

di Dimitri Buffa

Parlare come ha fatto Emma Bonino di "buona tenuta del voto radicale" quando la soglia del 4% non è stata oltrepassata potrà anche avere il sapore un po` velleitario di quelle dichiarazioni dei politici italiani che hanno sempre vinto anche quando hanno perso. Un rito stantio che abbiamo conosciuto nella prima repubblica e che si è travasato anche nella seconda. Però, basta analizzare con un minimo di buona fede il dato disaggregato dei voti alla Lista Bonino-Pannella nei maggiori capoluoghi di provincia del Centro Nord, Roma oltre il 4,5%, Milano, 5,18%, Bologna oltre il 5%, Trieste oltre il 4 %, Firenze, quarto partito cittadino, Udine, oltre il 4%, Cagliari, quasi il 5%, Torino e Genova, abbondantemente sopra il 3%, per capire che ha proprio e inequivocabilmente ragione Marco Pannella a lamentare la mancata informazione sulle tematiche radicali per oltre nove decimi della campagna elettorale. infatti, se il dato finale dei voti ottenuti per le europee si è attestato intorno al 2,4-2,5%, tutto è dovuto alla mancata penetrazione della comunicazione pannelliana nel sud e nelle piccole province italiane. Luoghi dove non è pensabile radicare una propria presenza se non si gioca ad armi televisive pari con le altre forze politiche. E questo si sa che in Italia è ormai fantascienza. I Radicali italiani, quindi, restano con l`amaro in bocca per un risultato che non a caso molti sondaggisti, a cominciare da Crespi, davano per possibile. Sia pure con una campagna elettorale durata una sola settimana, quella contrassegnata dalla presenza in video da Santoro e da Floris ordinata peraltro dall`AgCom su precisa e reiterata istanza dei Radicali italiani. insomma, in Italia esistono partiti che riescono a fare campagna elettorale in tv solo se un`autorità garante o un magistrato lo ordina ai tanti feudatari dello spazio televisivo. E Pannella ieri, con una lettera pubblicata su facebook ha ribadito che "in queste condizioni il 4% era da considerarsi un miracolo; e che ciò nonostante il risultato ottenuto può essere un significativo punto di partenza per riportare la Lista Sonino a traguardi oggi impensabili. in particolare potrebbe essere ripreso il dialogo con i socialisti della ex "Rosa nel pugno" e con quei verdi del "Sole che ride" che sempre male hanno masticato il fatto di doversi mischiare con i vari Alfonso Pecoraro Scanio e Grazia Francescato. In pratica, dove la gente è culturalmente più evoluta, cioè nei centri cittadini delle grandi e piccole metropoli italiane, e dove pertanto ci si informa anche autonomamente dalla tv pubblica e da Mediaset, i radicali hanno letteralmente sfondato: nel centro di Milano, il cuore della classe dirigente italiana, i radicali hanno superato il 10%. E nel centro di Roma pure sono state toccate punte di oltre il 6%. Peccato che sia al contrario un po` difficile comunicare con le casalinghe di Voghera o di Canicattì quando la tv non ti manda in video per un anno. E peccato che da quelle parti neanche i talk show siano le cose più viste in tv. Magari una presenza a "Domenica in", possibilmente in periodo elettorale, sarebbe stata più consigliata. Ma quella che è la casa dei vari Franceschini, Berlusconi, Casini, Di Pietro e tanti altri, per i radicali rimane un luogo inaccessibile. Peggio dell`Himalaya. E non da questa campagna elettorale solamente, ma almeno da 40 anni. E la sera dei risultati, per Marco Cappato, al danno si è aggiunta anche la beffa di sentirsi dare sulla voce (durante un breve collegamento televisivo) con accuse di propalare menzogne, da parte di Bruno Vespa. Che quanto a mistificazioni sulla realtà (vedi caso Eluana e dintorni) somiglia tanto per il povero eurodeputato uscente della Lista Sonino all`essersi trovato nella situazione` dell`asino rimproverato di essere cornuto da parte di un bue. Potrà consolarsi con il fatto che il suo botta e risposta con Vespa è ormai "cult" su "yotube" e "facebook" esattamente come quello tra Pannella e Franceschini da “Ballarò", quando Super Marco replicò così al leader del Pd che gli diceva di vederlo sempre in tv: "Ma allora hai proprio la faccia come il c..." E fateci caso che in sottofondo si sente anche la voce del ministro Bondi che furbescamente approva dicendo: "questo è vero".

il Gengis
10-06-09, 20:15
Sinistre e Radicali, la politica riparte anche senza Europa

• da Secolo d'Italia del 9 giugno 2009, pag. 10

di Stefano Petroselli

Mettiamola così: "vista da lontano" e con la fredda logica della matematica, non si capisce proprio perché mai la sinistra radicale abbia dovuto presentarsi separata a questo appuntamento elettorale. Giusto per intenderci, le ragioni politiche si conoscono benissimo (la sopravvivenza o meno del simbolo della falce e martello; la strategia aperturista dell`area vendoliana...) però a veder snocciolare i numeri dalle agenzie stampa ci si rende ben conto del tasso di masochismo di un`area politica che comunque, senza scissione, avrebbe cavalcato allegramente oltre il sei per cento - "Comunisti Italiani" con il 3,38% e 1.035.189 voti, "Sinistra e Libertà" con il 3,11 % e 952.507 voti - tallonando da vicino il fenomeno "Di Pietro". Tutto questo, ovviamente, "visti da lontano". Da vicino, invece, è tutta un`altra storia: perché le ragioni della "separazione in casa" c`erano e ci sono ancora tutte. E allora, l`analisi di quel che succede sul lato sinistro dell`universo politico deve per forza prescindere dal superamento o meno dello sbarramento del quattro per cento. Deve piuttosto soffermarsi sulla tendenza di lungo periodo. Sulla sfida, insomma. Perché una strategia può ben valere una manciata di deputati europei in meno. Se si va ad ascoltare la voce della sinistra del Pd, già ci si rende conto che qualche effetto c`è già stato. Quel sei per cento abbondante comincia a pesare: «Per il Partito democratico è ora necessario aprire un dialogo con le forze della sinistra radicale che, pur non avendo superato la soglia del 4%,hanno ottenuto dagli elettori un risultato "rilevante"», lo hanno detto i parlamentari Vincenzo Vita, Paolo Nerozzi e Sergio Gentili dell`associazione "A sinistra". Ed è evidente che, al di là del masochismo di cui sopra, la novità da quelle parti sia proprio il tentativo neo-fondativo di Nichi Vendola «Si è aperto un cantiere. Questo risultato incoraggia tutti coloro che hanno voglia di mettere in campo il progetto della sinistra», così il leader di Sinistra e libertà, Nichi Vendola, ha commentato il risultato delle elezioni europee per il suo partito. «Tutte le forze che sono alla sinistra del Pd e chi, dentro il Pd, ha voglia di ricostruire la sinistra - è l`invito di Vendola - sono ora chiamati a questo importante e necessario lavoro». Il presidente della regione Puglia sostiene che «c`è una sinistra larga che non ha saputo esprimere un simbolo unitario». E sottolinea il risultato di "Sinistra e libertà", un «soggetto politico che è nato in poche settimane e nonostante sia stato oscurato dai mass media è riuscito a superare il 3%, diventando un soggetto importante al Sud. Oggi è importante una meditazione per tutti - conclude Vendola - per noi il cantiere è cominciato: non si è esaurita la possibilità di una forza larga. La sinistra del futuro dovrà avere molto coraggio intellettuale. Non può essere una mummia di ciò che è stata. Chi porta sulle spalle il peso delle ideologie farà fatica». Sulla stessa lunghezza d`onda Claudio Fava: «Per Sinistra e libertà è una ragione in più per rilanciare il progetto di una grande sinistra popolare, aperta, utile all`Italia, determinata a guardare avanti. Sinistra e Libertà onorerà il milione di voti ricevuto lanciando nelle prossime settimane la fase costituente per un grande partito della sinistra italiana, radicato nel Paese, aperto a chi non si accontenta di testimoniare o di celebrare il passato...». Quasi un`apertura, quella di Fava, a possibili ammiccamenti col Pd. Ammiccamenti che non risultano affatto sgraditi nel partito guidato da Franceschini: «Le forze che si raccolgono intorno a Nichi Vendola non devono sottrarsi a un confronto a cui neppure noi ci sottrarremo per verificare la possibile condivisione di un progetto di governo: è un per corso che mi auguro ci impegni nei prossimi mesi», così il presidente del Pd alla Camera Antonello Soro che invece ci tiene a chiudere la porta in faccia al partito comunista di Ferrero e Diliberto: «Mi sembra improbabile che ci ritroveremo». È così che la scissione sembra acquistare ragioni anche in funzioni di alleanze future. Per dirla in breve: la politica continua anche senza eletti a Strasburgo. E se vale per la sinistra "alla sinistra" del Pd, ancor di più vale per i radicali di Marco Pannella ed Emma Bonino. Con il loro 2,42% e i loro 740.260 voti, hanno più di qualche ragione a parlare di una «tenuta politica dell`area radicale». Il tutto in una campagna elettorale che, per dirla con Marco Cappato, se fosse stato per Porta a Porta li avrebbe fatti ottenere lo 0% e, come dice la Bonino, è stata fatta al risparmio, «con 350mila euro, che neanche l`ultimo consigliere di Rocca Cannuccia di sotto...». «Amateci di meno, votateci di più», è l`appello lanciato più volte dal partito di Largo di Torre Argentina verso il quale intellettuali ed esponenti del mondo della scienza e della cultura hanno spesso manifestato simpatia. E in effetti, sul sito campeggiano diversi appelli, da Marco Bellocchio a Franco Battiato fino ad arrivare a Vasco Rossi, iscrittosi per il 23/o anno al partito. Una discesa in campo che inorgoglisce i radicali. «È un momento di gioia» e «il bilancio di questa campagna di lotta è straordinario», dice Pannella. «Nell`assoluta mancanza delle regole minime di democrazia - aggiunge Bonino - la tenuta politica dell`area radicale ci dà forza e ci sarà utile nell`andare avanti». Ora, forti anche del drappello di radicali che siedono alla Camera e al Senato, sono determinati ad andare avanti, a partire dall`Assemblea dei Mille di Chianciano Terme convocata per il 26 giugno e aperta a tutte le forze socialiste, laiche, della sinistra riformista e liberale.

il Gengis
10-06-09, 20:15
Comunisti, Verdi e Radicali fuori dai giochi

• da Avvenire del 9 giugno 2009, pag. 6

Tutti giù per terra: comunisti, verdi e radicali. Che poi vuol dire fuori dall`europarlamento. E per i nostalgici della falce e martello siamo anche alla seconda, e consecutiva, botta (dopo non essere riusciti a entrare neanche nel Parlamento di casa nostra l`anno scorso). Il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero prova a consolarsi (e a prendersela col suo ex compagno di partito) osservando che «siamo arrivati molto vicini al quorum», ma non averlo centrato «è il prezzo pagato alla scissione voluta da Nichi Vendola». Proprio il governatore della Puglia teorizza invece la spiegazione del «cantiere aperto», quindi «il cammino continua, è necessario, in Europa, costruire una sinistra del ventunesimo secolo». Tuttavia è proprio Ferrero a tirare pragmaticamente -le fila del secondo pragmaticamente elettorale: bisogna «riunificare, a partire da coloro che hanno dato vita alla lista anticapitalista e comunista, tutte le forze disponibili a costruire un polo di sinistra, autonomo dal centrosinistra e impegnato da subito a costruire la più vasta opposizione alle politiche del governo Berlusconi e di Confindustria». I Verdi, a scrutinio ancora in corso, hanno intanto già seppellito l`ultima alleanza, parola di Angelo Bonelli: «Il progetto di Sinistra e liberta è fallito e nemmeno i 7 punti percentuali persi dal Pd sono stati intercettati. Un segnale chiaro che l`obiettivo dei Verdi non può essere quello di proseguire nel progetto di Sinistra e libertà». E amen. Perché secondo Bonelli, scottato forse per l`avanzata dei "cugini" europei, «dobbiamo costruire la forza ecologista del terzo millennio che parli non solo agli elettori di sinistra». Nel frattempo appelli e inviti a «costruire l`alternativa» già si moltiplicano. I Radicali hanno convocato a Chianciano “l’assemblea dei Mille" aperta a tutti. Sinistra e Libertà è «attenta a quanto accade nel Pd», fa sapere subito l`ex-capogruppo alla Camera del Prc, Gennaro Migliore. Ed anche a lui piace tanto la definizione cantieristica: «Andremo avanti nel sociale aprendo da subito un "cantiere" per costruire un`alternativa al Governo Berlusconi: questo era ed è il nostro progetto, siamo pronti a parlare con tutti». Ma vediamo i numeri. Se alle politiche 2008 a pagare di più erano state le due "ali" estreme (la sinistra radicale con 1.124.428 voti e La Destra con 885.226), stavolta tocca soprattutto a sinistra e Radicali: sta a significare che risultano "inutili" i 1.038.247 voti dati a Prc e Pdci, i 958.458 arrivati a Sinistra e Libertà e i 743.273 per la Lista Pannella. A proposito dei candidati tra le film di quest’ultima, dopo una campagna elettorale segnata dallo sciopero della fame di Pannella ed Emma Bonino (contro il «mancato rispetto delle regole» della par condicio) i Radicali non raggiungono il 4%. Niente europarlamentari, ma la Bonino è soddisfatta lo stesso per la «tenuta politica dell`area radicale», che è «un fatto importante» perché «se qualcuno pensava di ridurci allo "zero virgola" non c`è riuscito».

il Gengis
10-06-09, 20:16
La Bonino? Più preferenze di Bossi

• da Corriere della Sera -ed. Milano del 9 giugno 2009, pag. 5

Tra i non eletti al parlamento europeo c`è chi, a Milano, può vantare più voti di Umberto Bossi e di Antonio Di Pietro. Parliamo della radicale Emma Bonino. L`ex commissario europeo sotto la Madonnina ha collezionato 13.577 preferenze. Duemila più del senatur, cinquemila più del leader dell`Italia dei Valori. Nonostante il 5,45 per cento dei voti ottenuti dai Radicali a Milano - che poi, in valori assoluti, significa 34 mila sostenitori rastrellati nella città del Duomo - il partito non ha superato la soglia di sbarramento del 4 per cento. E così ad Emma Bonino resta solo la soddisfazione del consenso. A Milano, infatti, la lista guidata insieme con Marco Pannella si è dimostrata il quinto partito. I Radicali si sono fermati dietro all`Italia dei Valori ma hanno superato l`Unione di Centro e le due liste della sinistra radicale (Rifondazione e Sinistra e Libertà). In più il partito è cresciuto di oltre un punto percentuale rispetto alle consultazione europee del 2004. Tra i non eletti a cui va reso l`onore delle armi anche due nomi della sinistra. Vittorio Agnoletto per Rifondazione Comunista ha conquistato 4.134 preferenze mentre il leader di Sinistra e Libertà, Nicky Vendola, è arrivato a 4.692 voti. Sempre in lista con Rifondazione anche l`astronoma Margherita Hack che ha ottenuto 2.815 voti.

il Gengis
10-06-09, 20:17
Radicali e docenti contro il Colonnello

• da La Stampa del 10 giugno 2009, pag. 12

I senatori radicali nel gruppo del Pd, Donatella Poretti e Marco Perduca, hanno ribadito la loro contrarietà alla presenza del colonnello libico Muammar Gheddafi nell’Aula del Senato. «Abbiamo chiesto assieme a molti colleghi e al senatore Divina della Lega Nord che se ne discuta in aula e si voti se sospendere i lavori per far parlare un dittatore, seppur presidente di turno dell’Unione africana, oppure acconsentire che al Senato si ascolti un comizio di chi manda a morte i dissidenti ed è complice della tratta di migliaia di esseri umani». Sulla stessa linea anche 200 tra docenti, ricercatori e studenti universitari che ritengono «inopportuna la visita di Gheddafi all’università La Sapienza di domani».

il Gengis
10-06-09, 20:17
Nel derby radicale Bonino batte Pannella

• da La Repubblica del 10 giugno 2009, pag. 9

Si fa presto a dire Pannella. Radicali sempre più trascinati dall´ex ministro, oggi vice presidente del Senato: Emma Bonino ha sfondato.

Sfondato il muro dei 234 mila voti, raccogliendo da sola un terzo del pacchetto di consensi dell´intero partito radicale, comunque insufficiente a strappare un seggio a Strasburgo. Il fatto è che stavolta Emma ha fatto boom anche nel senso che ha surclassato, suo malgrado, Marco Pannella. Il guru di sempre si è fermato a quota 80 mila. Lei, più di tre volte tanto. Alla riunione a porte chiuse di due giorni fa, quando il responso delle urne è stato passato ai raggi x nella sede di Largo Argentina, nessuno si è sognato di far notare la cosa. Massima riconoscenza al leader di sempre, che stavolta ha pure rischiato la vita con un interminabile sciopero fame-sete, trascinandosi in tv in condizioni preoccupanti pur di rivendicare gli spazi dovuti. Però «il risultato dice una sola cosa - fa notare un dirigente - che la linea movimentista forse non paga fino in fondo, i nostri elettori apprezzano molto anche quella più istituzionale». Anche se poi la Bonino ha pure occupato la sede Rai.

Marco, neanche a dirlo, si dice felicissimo per i voti di entrambi (Emma è subito volata in Congo con Nessuno tocchi Caino). Alcuni risultati nel dettaglio però raccontano che nel Nord Ovest la Bonino è a 71 mila voti, Pannella a 17 mila, che nel Nord Est, lei a 48 mila, lui a 11 mila. Nel Centro, Emma 61 mila, Marco 22 mila. «Solo» il doppio a Sud e Isole. «Hanno convissuto bene, continueranno a farlo, diversi ma complementari - taglia corto una pontiera come Rita Bernardini - Lei raccoglie nel ceto medio, lui tra i giovani. Non cambierà nulla».

il Gengis
10-06-09, 20:18
Referendum elettorale e scorciatoie alla Ruini - Lettera

• da La Repubblica del 10 giugno 2009, pag. 28

di Emma Bonino

Ho letto l`articolo di Mario Pirani sul referendum (di lunedì) e mi permetto di replicare alle sue analisi dicendo subito che le "scorciatoie alla Ruini" mi sembrano furbesche, diseducative, tattiche basate sulla convenienza del momento. A mio parere il solo motivo per eventualmente "disertare" le urne può derivare dalla constatazione che non c` è neppure l`ombra di democrazia e dibattito democratico nel nostro paese, e quindi scegliere di non giocare con i bari, ma "far saltare il tavolo". Insomma non per furberie e scorciatoie, ma per denunciare un gioco truccato antidemocratico, senza margine reale per discutere di si o di no (con la complicità più o meno consapevole del Pd).

il Gengis
12-06-09, 19:07
Int. a Marco Cappato: prima demoliamo la partitocrazia

• da L'Altro del 12 giugno 2009, pag. 4

di Alan

Obiettivo numero uno: la riforma istituzionale e quella dei partiti. Poi si vedrà. Marco Cappato, dirigente radicale e segretario dell`associazione Luca Coscioni, vuole vederci chiaro prima di dire sì ad un "nuovo" centrosinistra.

Cappato, Bertinotti parla di un soggetto politico dal Prc ai radicali...

Quando abbiamo creato la Rosa nel pugno, quel progetto era esplicitamente aperto a una, sintesi delle istanze liberali, socialiste e radicali. Il nostro punto di riferimento però è un partito aperto di tipo anglosassone. Prima le riforme e gli obiettivi, poi tutto il resto. No a operazioni di pulizia, rimescolamento o fusione, sarebbe una scelta sbagliata e perdente.

L`apertura delle forze di sinistra ai radicali è prematura?

No, semmai è tardiva. Già nello scorso congresso di Chianciano avevamo avviato un percorso cercando di coinvolgere molti, Vendola compreso. Avevamo da subito individuato la necessità di ripartire dalle riforme istituzionali e dei partiti. L`errore da non commettere è quello di mettere il carro dei partiti davanti ai buoi della lotta politica. La sinistra oggi è organizzata per modelli esclusivi, espulsioni, probiviri, scissioni. E’ un modo di fare politica che non ci interessa.

Giuliano Ferrara, sul Foglio, si spinge oltre: tutti dentro il Pd.

Ferrara fa completamente economia sia del modello istituzionale che della forma-partito. Senza queste riforme si produrrebbe un`operazione tutta interna alla partitocrazia che ci vedrebbe non solo disinteressati ma apertamente antagonisti. Oggi i partiti hanno compensato la perdita di iscritti e di consenso nella società con la concessione di sempre maggiori privilegi di tipo corporativo.

A quali condizioni?

A patto che si avvii una riforma sia del sistema elettorale - in senso uninominale - che dei partiti. Un partito unico del centrosinistra sarebbe possibile solo se fosse trasparente e aperto, con un rigoroso rispetto della democrazia interna, che ammetta la doppia o tripla tessera, e l`adesione multipla a soggetti politici e associativi. In questo caso saremmo interessati.

I radicali vogliono avere le mani libere?

Non possiamo considerare spacciata per sempre la possibilità di coinvolgere la maggioranza dei votanti. Lavorando sui progetti, come ad esempio la riforma della giustizia, si può coinvolgere anche qualcuno dall`altra parte, in termini di base e di elettorato. L`importante è organizzarsi in modo aperto e non settario. Il nostro obiettivo è disfarci di questo regime.

il Gengis
12-06-09, 19:07
Insieme in un nuovo parito

• da L'Altro del 12 giugno 2009, pag. 1

di Fausto Bertinotti

Un partito nuovo, unitario e plurale, della sinistra, di tutta la sinistra. Un partito capace di rappresentare il mondo del lavoro e le "grandi mete" (eguaglianza e libertà, laicità, nonviolenza) che danno senso alla sinistra. Una forza da ricostruire processualmente entro un tempo politico "medio" - tre anni - entro, cioè, le prossime elezioni politiche. Questa a me pare la sola prospettiva percorribile, dopo il (disastroso) risultato del 6-7 giugno, che ha sancito la fine, o la sconfitta storica, dei partiti eredi del `900. Conosco le obiezioni. Come si fa a mettere in moto un processo costituente efficace, che non sia velleitario o non si riduca alla somma delle debolezze attuali? Come si fa a superare quello spirito "scissionista" (e\o identitario) che sembra gravare su di noi come una maledizione? Quale demiurgo, individuale o collettivo potrebbe mai incaricarsi di far scattare il big bang al momento giusto? Conosco queste obiezioni e so che, se si guarda allo "stato delle cose" presenti, sono tutte fondate. Ma la risposta forte e dura viene, prima di tutto, dai fatti: tutti gli spazi finora percorsi si sono esauriti. Continuare sulla strada (sulle, strade) fin qui seguite non ha più nulla di "realistico", diventa, anzi la più folle delle utopie. Se non ci si vuole rassegnare ad un`Italia (ad un`Europa) senza sinistra (o con sinistre ridotte ad una condizione permanente di marginalità e ininfluenza), bisogna dunque tentare una radicale inversione di rotta. E assumere con forze e determinazione l`obiettivo di una Grande Sinistra. Con chi? Con tutti coloro che ci stanno, dai comunisti ai radicali, dal Pd agli alternativi - dai soggetti politici ai movimenti, dai gruppi più o meno organizzati alle persone singole. Noi di sinistra siamo tutti sconfitti, dobbiamo lutti metterci, davvero, in discussione. Come? Non possiamo pensare a una somma dell`esistente, o a processi puramente fusionistici: questa è un`altra utopia, per di più banalizzata. Se è vero che esiste una sinistra all`interno di tutte le forze che compongono il panorama dell`opposizione, se è vero che questa soggettività, è oggi "imprigionata." in involucri diversamente inadeguati, bisogna intanto promuovere la liberazione di queste forze - la loro disponibilità a un nuovo progetto. Penso, insomma, a un processo di scomposizione e ricomposizione generale, nel quale nessuno confluisca in qualcosa che già c`è, ma tutti concorrano, possano effettivamente concorrere, alla rifondazione di qualcosa che non c`è ancora. Naturalmente, perché questo possa avvenire, non basta la disponibilità e nemmeno la buona, volontà: bisogna prendere atto che, davvero, una storia è finita, si è, conclusa. Da questo punto di vista, l`analisi proposta ieri da Giuliano Ferrara sul Foglio ha una fondatezza: la risposta che la sinistra radicale ha tentato di incarnare per qualche decennio, ri-, spetto alla crisi dei partiti storici del movimento operaio, è fallita. Ma non è altrettanto fondata la conclusione che egli ne trae: con fluire tutti nel Partito Democratico, se si vuole continuare ad esercitare un ruolo. Tutti nel Pd, per dare piena compiutezza all`americanizzazione della politica. Questa idea non funziona perché non tiene conto di un fatto fondamentale: anche il progetto del Partito Democratico è fallito. Anche, se non soprattutto, un progetto che è nato da un`istanza analoga - sia pure politicamente e strategicamente diversa - a, quella che ha mosso la sinistra radicale: offrire una risposta riformista al declino della, sinistra storica. Non è un giudizio personale, è il giudizio impietoso che hanno dato gli elettori:`un anno fa, bocciando il partito a "vocazione maggioritaria", quello che doveva battere Berlusconi e sfondare al centro; pochi giorni fa, con l`ulteriore secco ridimensionamento alle europee e la débacle alle amministrative. Quattro milioni di voti perduti in dodici mesi, la perdita, massiccia di comuni e province, la penetrazione leghista nelle regioni rosse, con il quaranta per cento degli operai (secondo un`inchiesta di Mario Agostinelli pubblicata ieri su Terra) che hanno votato per il partito di Bossi: mi pare un bilancio grave e, soprattutto, mi pare che, purtroppo, la tendenza che si delinea, sia ancora più grave. Prima di ogni altra considerazione, il Pd ha fallito nel suo compito di base: contrastare davvero, fermare, arginare, l`avanzata della, destra, la sua egemonia "valoriale", la sua conquista di un consenso largamente popolare. Dunque, come diceva Giorgio Amendola quando nel 1964 propose un partito unico della sinistra, i fallimenti sono due: ieri, quello del Pci e quello della socialdemocrazia, oggi a partire da questa necessaria presa d`atto, si può ricominciare a pensare al futuro - e far tesoro anche di altre lezioni del passato. Penso, ancora a Luigi Longo, che nel `15, propose l`unità organica di comunisti e socialisti o, in una stagione un po’ più recente, all`unità, sindacale organica realizzata negli anni `70 dai consigli di fabbrica: idee e pratiche che sono state sconfitte o non hanno avuto corso, certo, ma che hanno rappresentato qualcosa che andava oltre la potenzialità. Penso all`Epinay di Francois Mitterrand: non è oggi un`esperienza riproponibile, ma ha, pur consentito ai socialisti francesi un lungo -ciclo politico. Penso, insomma, ad un cimento difficile, difficilissimo, ma non impossibile. Un percorso al termine del quale può nascere un Partito fondato su un obiettivo e una discriminante chiare: la, rappresentanza del mondo del lavoro. Dentro un partito di tale natura, che abbia archiviato l`impianto interclassista e la, subalternità ai potentati economici, quella che fu la sinistra radicale potrebbe continuare a svolgere il suo ruolo "naturale": l`anticapitalismo. Si può Rare? Abbiamo forse un po` più di trenta mesi, per provarci. Per scuotere gli alberi che compongono la sempre più`ridotta. foresta della sinistra. A chi ci rivolgiamo? Come disse Vladimir Illich Lenin: A tutti! A tutti!

il Gengis
12-06-09, 19:08
Intervista a Marco Pannella: "E ora Chianciano"

• da Left del 12 giugno 2009, pag. 22

Che futuro si scelgono i Radicali da soli e senza quorum?

Ce ne sono diversi plausibili. Consapevoli del detto che "si vive insieme e si muore soli". Anche se non è sempre vero. La nostra è una famiglia storica di ormai 60 anni che abbraccia 4 generazioni anagrafiche, senza interruzioni. Abbiamo la grande fortuna di avere ricevuto lasciti ideali eccezionali. Abbiamo ereditato chiavi di lettura del nostro tempo che funzionano, abbiamo scelto il precariato come condizione politica di vita, le doppie tessere, la libertà assoluta di associazione, dimostriamo che è possibile essere precari indefinitamente ed esistere.

Avete chiamato le sinistre a Chianciano. Ma i Radicali sono di sinistra?

Sarebbe interessante capire piuttosto se la destra e la sinistra sono radicali, laiche, o no. Tutti gli altri aggettivi appartengono al vecchio, non al nuovo possibile. La sinistra radicale ci ha anche fregato il nome. Astuzie banali per cancellarci. Noi invece siamo quelli che denunciavano la metamorfosi del fascismo in partitocrazia e antifascismo fascista.

li crinale destra/sinistra non esiste?

II nome proprio "radicale" ha un senso. Parla degli ultimi 50 anni della storia italiana. Destra/sinistra non hanno più significante. Anni fa noi occupammo l`estrema sinistra dei Parlamento dicendo che rappresentavamo l`alternativa liberale e riformatrice, quella della destra storica. Sai che vuoi dire? È liberale, comunista? Ho sentito in tv quel poeta, dolce, gay (e quindi radicale) di Nichi proporre di tassare i ricchi per i poveri. «Fino a che reddito?» gli hanno chiesto. «Prima bisogna far passare il principio, poi vedrà la politica». È una roba da politicante di 150 anni fa. Prodi nel 2006 rispose «centomila euro» e perse voti. Ma quello era uno serio.

Il socialismo però vi piace ancora?

Si, ma con una scelta interpretativa. La Rosa nel pugno è al cento per cento liberale, socialista, laica, radicale, non violenta e federalista.

Ma a quali famiglie politiche è rivolto l'appello di Chianciano, allora?

A nessuna. È per gli individui politici che hanno interesse a coltivare le individualità e non le appartenenze storiche. Per chi vuole nutrire di libertà la propria famiglia. Per chi crede nella ricerca di Prometeo e di Ulisse. Confronteremo proposte e obiettivi. Se su quelli si formalizza un accordo, sei un compagno.

D'accordo, parliamo di obiettivi allora.

Certo. La riforma della giustizia, la più grande emergenza del Paese che affligge milioni di persone e blocca gli investimenti esteri. La creazione di un vero welfare universalistico, non la cig per i ceti operai che lascia per strada contadini e artigiani. Da finanziare con l'innalzamento dell'età pensionabile. E poi la riforma americana delle istituzioni con i collegi uninominali. Devo continuare?

il Gengis
12-06-09, 20:19
Teodori a Pannella: Caro Marco, fai un passo indietro e lascia spazio a Emma

• da Corriere della Sera del 12 giugno 2009, pag. 15

di Massimo Teodori

Caro Marco,

i voti ottenuti dalla tua lista alle europee (2,6%) con le 234 mila preferenze alla Bonino e 80 mila a te, sollecitano una riflessione da parte di chi ha a cuore la politica radicale. Non c`è persona che non ti riconosca il merito di essere stato in passato il paladino dei diritti civili. Ma, oggi, il crollo delle tue preferenze, malgrado la tua esposizione mediatica, indica una lezione chiara: non riesci più a comunicare e, quando comunichi, non sei gradito agli italiani. Non resta inascoltato il messaggio radicale che è ben accetto ai segmenti liberali della società, ma è la tua parola, il tuo stile, e la tua persona come bandiera ad essere divenuti indigesti. E`giunto il momento di fare un passo indietro se vuoi onorare il passato, il presente e il futuro radicale, e non vuoi che tutto finisca con te. Le mie parole non sono mosse da pregiudizio, ma, al contrario, da una lunga e sincera vicinanza politica. L`amicizia ha bisogno di verità e non di compiacenza - "il re è nudo" -, anche se si presenta ruvida. Se continui ad avvoltolarti su te stesso, se continui a gestire i pannelliani come una setta, se continui a pretendere il culto della personalità, se continui a logorare la tua intelligenza in un vittimismo stucchevole, se continui a ritenere di essere l`uomo che, da solo, può cambiare le cose, allora sei tu stesso, e non il complotto dei media, a decretare la tua condanna e, con te, anche quella del radicalismo. L`Italia ha estremo bisogno di una forza liberale, radicale, laica, socialista, democratica. Il dramma della nostra democrazia è la scomparsa delle forze portatrici dei valori e degli obiettivi che i radicali, soprattutto in passato, hanno rappresentato, Ma oggi, paradossalmente, sei tu l`ostacolo allo sviluppo dell`ipotesi radicale: la tua azione è divenuta, nei fatti, un ostacolo a tutte le iniziative che non coincidano con la tua persona. E` probabile che cercherai di polverizzare anche l`ultimo successo di Emma come hai già fatto, per esempio alle elezione del 1999 quando la lista Bonino superò l`8%. Fino a un certo punto sei stato il grande aggregatore laico, liberale e radicale: oggi sei il sommo disgregatore che impedisce le ragioni del consenso verso i radicali, come emerge da una seria analisi delle preferenze. Sei l`unico leader mondiale, insieme a Fidel Castro, che a ottant`anni mantiene da oltre mezzo secolo il potere politico assoluto. Poiché sei un vecchio saggio oltre che uomo di grande forza fisica e morale, non dispero che queste parole, che a prima vista ti sembreranno dure, possano fare breccia nella tua coscienza individuale e responsabilità politica. Occorre che tu compia un atto di nobiltà per separarti dal lato oscuro della tua leadership nonviolenta e capricciosa. Quel che è in gioco non è la tua persona, che appartiene alla storia, quanto la possibilità di sviluppare una politica radicale di cui il Paese ha più che mai bisogno. Devi accettare il fatto di non potere più guidare con piglio totalitario la grande storia radicale che, sotto la tua direzione assoluta, non andrebbe avanti, ma scivolerebbe inevitabilmente in un buco nero che finirebbe per oscurare anche il passato. Nessuno dubita che il tuo carisma, la tua esperienza, la tua intelligenza politica sono incommensurabili con le doti di chi ti è vicino. Ma in politica, come sai, non esiste nulla di obiettivo, e occorre cogliere i segni della realtà. Caro Marco, fai un passo indietro se vuoi che i valori e gli obiettivi radicali rimangano vivi. Altrimenti ci sarebbe un tramonto sempre più malinconico.

il Gengis
13-06-09, 20:46
A elezioni fatte, il PD rifletta sui radicali

• da Europa del 13 giugno 2009, pag. 7

di Valter Vecellio

A volersela cavare con una battuta si potrebbe dire che Silvio Berlusconi ha un po’ perso perché non ha stravinto, e il Partito Democratico ha un po’ vinto perché non ha straperso. Ma è, appunto, una battuta; le cose sono, evidentemente, più complesse. La PdL non ha avuto il plebiscito annunciato, auspicato e desiderato. Sarà stato per il fine settimana che ha favorito l’“andare al mare”; sarà stato perché parte dell’elettorato non ha digerito la corte di “nani e ballerine” che fa da contorno a all’“imperatore”; sarà perché le ultime uscite di “papi” hanno, da una parte, disgustato un elettorato moderato, ma non sguaiato; dall’altra, l’elettorato sguaiato ma non moderato ha scelto il modello “originale”, cioè la Lega; sarà che al tanto fumo non corrisponde se non qualche brandello di carne bruciacchiato; sarà per questo o altro ancora, fatto è che qualcosa si è incrinato. Non è l’inizio della fine, ma forse è la fine dell’inizio. Cominceranno ora a scannarsi: i “colonnelli” di quel che era Forza Italia; i maldipancia di Alleanza Nazionale; gli ingordi appetiti già annunciati dalla Lega…



Ma la domanda che personalmente più preme, e ritengo sia più urgente e importante riguarda il Partito Democratico: comincerà, e come, a fare i conti con se stesso? Annoto, perché è bene non smarrirne la memoria che in occasione delle elezioni politiche il PD ha siglato un accordo con i radicali, imponendo un umiliante condizione: che non venisse candidato il suo maggior leader, Marco Pannella; mentre si accettava che l’Italia dei Valori potesse presentare una sua autonoma lista, ai radicali veniva offerta solo la possibilità di candidare suoi esponenti nella lista del PD, salvo vergognarsi subito quell’accordo, trattando i radicali come fornitori con le scarpe sporche, da far entrate dalla porta di servizio. Successivamente un esponente romano del PD che non può vantare brillanti successi elettorali, ha posto il veto – attraverso un’intervista – a un nuovo accordo elettorale; si è poi parlato di “divorzio consensuale”, che per essere tale deve essere voluto dai due contraenti del matrimonio, mentre in questo caso almeno uno non ha mai manifestato tale intenzione; e ora esponenti di primo piano del PD per “rosicchiare” qualche ulteriore punto di percentuale, ora sostengano che per la corretta analisi della situazione occorre tener presente che nelle passate elezione PD e radicali si sono presentati insieme; e dunque per “leggere” i dati di queste elezioni bisogna sommare i risultati raggiunti da entrambe le organizzazioni politiche.



E’ evidente che proseguendo in questo modo si fa la marcia del gambero.



Fa perfino tenerezza chi mostra sorpresa e preoccupazione per l’affermazione della Lega, chi è stato preso in contropiede dall’affermazione del partito di Umberto Bossi non solo nelle tradizionali regioni del Nord Italia, ma anche in zone tradizionalmente “rosse” come l’Emilia; chi è incredulo per i risultati elettorali si legga i preziosi campanelli d’allarme costituiti da “Un’anima per il PD”, di Luigi Manconi; si vada a recuperare il prezioso “L’altra casta, l’inchiesta sul sindacato”, di Stefano Liviadiotti; soprattutto faccia tesoro di quello che scrivono Adalberto Signore e Alessandro Trocino, in “Razza padana”. Era tutto scritto, tutto era stato detto e annunciato.



Si può auspicare che tutti coloro che sono davvero interessati alla costruzione di un vero Partito Democratico ragionino anche sul risultato raggiunto dai radicali nelle grandi città, cioè là dove hanno avuto maggiore possibilità di farsi conoscere, di poter comunicare? Si rifletterà sul fatto che nonostante l’oscuramento subita e patita dalla lista Bonino-Pannella, consistenti fasce di elettorato PD hanno votato questa volta radicale: un voto laico, autenticamente socialista e liberale, riformatore? Sarà finalmente avviata una seria, approfondita, onesta riflessione su quello che è accaduto e accade; sulla quantità di errori commessi, e sul perché non si sono voluti e potuti evitare? Soprattutto si comincerà finalmente a mettere in atto una politica dei “fatti” e delle “idee”, finalizzata in primo luogo a restituire al cittadino quei poteri e quelle facoltà che gli sono state espropriate, e a liberarlo da una partitocrazia asfissiante e oppressiva?



E’ quello che si cercherà di fare a fine mese all’appuntamento fissato a Chianciano. Nessuno chiede a nessuno di venirsi a prostrare col capo di cenere. Ma di non sprecare la preziosa occasione, questo non è lecito e legittimo chiederlo e, anche, sperarlo?

il Gengis
13-06-09, 20:47
Spero che dai gruppi del Senato…

• da Il Foglio del 13 giugno 2009, pag. 4

di Marco Perduca

Al direttore- Spero che dai gruppi al Senato di Pdl e Lega arrivino i ringraziamenti alla delegazione radicale nel Pd e a coloro che successivamente si sono uniti nell’opporsi a che fosse concessa l’Aula della Camera alta al dittatore Gheddafi Non solo nel suo interminabile intervento il Colonnello non ha detto una parola a nome dell’Unità africana o intorno a problemi continentali, motivo per cui, era stato spiegato, il dittatore non era più dittatore ma presidente eletto di un’organizzazione regio, ma per quasi un’ora ha inflitto all’uditorio un concentrato di tarda terzornandismo, anti-capitalismo, anti-americanismo conditi di anti-fascismo, filo-sovietismo da socialismo reale, relativismo culturale fino ad arrivare a giustifiare oltre che il suo regno quarantennale, il terrorismo di bin Laden e dei Talebani. Suggerisco al “Foglio”, non appena sarà disponibile in forma scritta, un’attenta lettura dell’intervento che i leader del centrodestra e l’onorevole D’Alema avrebbero voluto che restasse agli atti del Senato. Solo grazie al fatto che il rais non è entrato in Senato si è potuto evitare l’incidente diplomatico cogli Usa. Spero che l’onestà, e generosità, intellettuale di chi non si è addormentato in sala Zuccari dopo 70 minuti di attesa produca ringraziamenti - anche informali - per aver evitato lo sfregio al Senato e un’offesa alle verità storiche che son state al centro del discorso del
Colonnello. Basta un caffé al giorno anche per la Senatrice Poretti fino alla fine della legislatura.


La risposta di Giuliano Ferrara, direttore de “Il Foglio”:

Stimatevi e ringraziatevi tra di voi, ce n’è ben donde, ma levatemi una curiosità, don Perduca: ce l’avete con il relativismo culturale? Non sapevo.

il Gengis
13-06-09, 20:47
“Nel suo Libro Verde siamo esseri inferiori” intervista a Emma Bonino

• da Corriere della Sera del 13 giugno 2009, pag. 6

di Cecilia Zecchinelli

«Il problema di questa visita non è della Libia ma dell’Italia, dove le stravaganze di protocollo e di contenuti sono state bilaterali e a Gheddafi è stato concesso tutto: la foto sulla divisa, le auto da far invidia a Madonna. Le amazzoni in tenuta da città e da deserto e quelle megadelegazioni di donne italiane entusiaste. Se sono andata anch’io all’Auditorium? Ma per carità». È un’Emma Bonino decisamente indignata quella che finalmente commenta l’inedita (in tutti i sensi) visita di Gheddafi a Roma. Finalmente, perché la vicepresidente del Senato è appena tornata da una missione in Congo: proprio la sua assenza, martedì, era stata vista come concausa della decisione (poi annullata) di concedere al Colonnello l’emiciclo di Palazzo Madama. Alla politica radicale, da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani (e femminili), chiediamo cosa pensi di quell’incontro tra centinaia di donne e il Colonnello, che ieri ha invocato una «rivoluzione al femminile».


«Penso che tra quelle signore, le stesse che applaudono Berlusconi, non ce n’è stata una che gli abbia chiesto di strappare le pagine dedicate alle donne nel suo Libro Verde. Da quelle in cui dice che gli asili nido sono contronatura perché la madre deve stare con i figli, a quelle che imputano alle mestruazioni la differenza tra uomo e donna, dichiarando quest’ultima inferiore.
Nessuna gli ha poi ricordato che i diritti delle donne comprendono quelli delle "clandestine", magari incinte, detenute nei centri in Libia. Quella riunione è stata una delle tante stravaganze concesse a Gheddafi fin dall’inizio. Meno male che poi ci ha pensato Fini».

Intende dire con l’annullamento dell’incontro a Montecitorio?
«Certo, c’è voluto Fini per dire che il troppo è troppo e che la decenza e la dignità delle istituzioni non sono quisquilie da sacrificare ai capricci di chicchessia. E nei giorni precedenti meno male che i colleghi radicali, e non, hanno evitato lo scenario peggiore: concedere a un dittatore di prendere solennemente la parola nell’emiciclo del Senato. Mi aspetto i ringraziamenti della maggioranza».

Ma l’accoglienza generale è stata trionfale: come spiega questa clamorosa svolta? Con il cambio di politica di Gheddafi, con gli affari, o con l’intesa sui migranti?
”In realtà Gheddafi ha sempre trovato solide sponde politiche in Italia, che fosse o meno capo dell’asse del male" o che lanciasse missili su Lampedusa. Ma l’apoteosi è stata l’intesa Italia-Libia contro cui abbiamo combattuto in Parlamento. Che non è un normale accordo bilaterale, ma qualcosa di ben più grave: a partire dal respingimento dei clandestini e dei richiedenti asilo politico in modo sommario e collettivo. Interessi economici e geopolitici esistono per ogni Paese ma la realpolitik non deve portare a scambiare l’ospitalità con la piaggeria e la collaborazione con una subalternità al limite del servile».

Ma il potere economico della Libia non è da poco: l’Italia si aspetta che entri con più forza nella nostre aziende, che apra la Jamahiriya ai nostri gruppi. Che paletti mettere?
«Intanto noto che ai tanto vituperati fondi sovrani stranieri si riserva ora il più caldo benvenuto, con buona pace di molti politici di rilievo che li consideravano. strumenti del diavolo. Non criminalizzo gli investimenti libici in Italia o viceversa: che siano le aziende a valutare i costi-benefici. I paletti vanno messi altrove, a partire dall’intesa bilaterale. Sono stata Ministro e so bene che la ragion di Stato a volte impegna il governo in relazioni con interlocutori poco appetibili. Ma c’è modo e modo. E poi qual è il contributo di analisi o di cooperazione che otterremo da questa fiesta del deserto?»

Lunedì Berlusconi vedrà Obama, poi ci sarà il G8: a livello internazionali che conseguenze avrà la visita di Gheddafi?
«Lo sdoganamento di Gheddafi agli occhi del mondo viene da lontano, l’Italia si è assunta questa pesante responsabilità da tempo. Nella nota riunione della Lega Araba del 3 marzo 2003 Gheddafi fu strumento chiave per far fallire l’iniziativa dell’esilio forzato per Saddam Hussein, proprio su pressione di Bush e Berlusconi. Ora però c’è Obama, che immagino vorrà cautelarsi direttamente con il nostro premier, lunedì, sul fatto che a L’Aquila non subirà sorprese. In fondo quella di Gheddafi, dopo i tentativi dell’Italia di ottenere un ruolo di mediazione nei rapporti di Washington con Mosca e Teheran, è solo un’ulteriore botta alla nostra credibilità sulla scena internazionale».

il Gengis
13-06-09, 20:48
Spadaccia: evviva i «capricci» Senza Pannella addio Radicali

• da Corriere della Sera del 13 giugno 2009, pag. 10

di Gianfranco Spadaccia

Caro direttore,


sentimenti e risentimenti di Massimo Teodori non mi interessano. Ciascuno ha il suo «lato oscuro» e quello di Teodori è peraltro abbastanza trasparente. Non mi interessa neppure replicare all'accusa rivolta a Pannella di gestire il Partito Radicale come una setta (difetto non da poco che Pr e Pannella evidentemente non avevano quando lui venne eletto per ben quattro volte deputato radicale). Rimproverare a Pannella di essere il disgregatore e il dissipatore della forza politica dei radicali, dei liberali e dei laici è come rimproverare a Saragat e a Nenni di essere stati i responsabili del fallimento dell'unità socialista e a Craxi di essere stato l'affossatore dei Partito socialista, come se non fossero esistite le bande del buco socialdemocratiche e i condizionamenti dei
massimalisti del Psi e come se non fosse esistita Tangentopoli. Fenomeni che non nascevano dal caso ma che erano il prodotto, il sottoprodotto, delle degenerazioni che la democrazia italiana ha
conosciuto in questo mezzo secolo, di quello che noi (e una volta anche lui) chiamiamo Regime.


La storia delle difficoltà e delle debolezze dei laici, dei liberali e dei socialisti, del ruolo che hanno avuto, con i loro insuccessi e le loro sconfitte ma anche con le loro (nostre) vittorie culturali e civili, è cosa troppo complessa e seria per essere letta con le lenti della nostalgia del passato (liberali, radicali e laici sono buoni solo da morti) o con quelle davvero grossolane delle proprie frustrazioni e dei propri risentimenti.


Per quanto mi riguarda so che da destra e da sinistra ci viene assegnato un unico destino, quello di essere cancellati o assorbiti, in ogni caso ininfluenti. Vittimismo? Senza la «capricciosa» lotta nonviolenta di Marco e quella di Emma e nostra, saremmo scomparsi (con Teodori a dare una mano, ieri con la sua annunciata astensione e oggi con questo suo articolo). E comprensibile il suo rammarico che questo non sia accaduto.


Gianfranco Spadaccia

il Gengis
15-06-09, 11:59
La farnesina: stop alle violenze

• da Il Messaggero del 15 giugno 2009, pag. 6

Sono necessari «passi» per accertare che La Farnesina, in una nota, sottolinea che il capo della diplomazia italiana segue con «attenzione e preoccupazione» la situazione in Iran dopo la consultazione elettorale di venerdì scorso, auspicando che non ci siano «ulteriori degenerazioni violente». Una preoccupazione condivisa dall’opposizione che, però, va oltre. Per il vicecapogruppo del Pd alla Camera, Marina Sereni, «la Farnesina dovrebbe agire presso le sedi internazionali e promuovere azioni adeguate a verificare la correttezza delle procedure elettorali e il rispetto delle regole democratiche». Piero Fassino, responsabile esteri del Pd, esprime «allarme» per le notizie che giungono da Teheran. Secondo il radicale Matteo Mecacci, l’Italia dovrebbe promuovere un’iniziativa all’interno dell’Unione europea per un’ «inchiesta indipendente» sulle violenze e sui risultati elettorali. Una situazione, quella dell’Iran, a cui l’Italia guarda con preoccupazione anche in vista del G8 dei ministri degli Esteri di fine giugno a Trieste. Teheran è un «partner importante» per la stabilizzazione dell’Afghanistan e del Pakistan e Frattini ha ribadito volontà di avere al vertice l’Iran, invitato ufficialmente ai primi di giugno. D’altra parte, nelle scorse settimane, non sono mancati segnati che il dialogo con Ahmadinejad non sia facilissimo. I120 maggio Frattini aveva annullato in extremis una visita in Iran dopo che il presidente iraniano aveva preteso di incontrarlo a Semnan, la cittadina a 200 chilometri da Teheran dove poche ore prima era stato sperimentato il Sajjiì-2, nuovo missile a media-lunga gittata pericolosamente in grado di colpire Israele. Ma la missione che, aveva annunciato la Farnesina, sarebbe stata riprogrammata, ora diventa ancora più complicata.

il Gengis
15-06-09, 11:59
La Casa bianca "il disgelo deve proseguire"

• da Il Mattino del 15 giugno 2009, pag. 3

Gli Stati Uniti hanno deciso di mantenere per ora una linea prudente nei confronti della rielezione di Mahmud Ahmadinejad, nell’attesa che la situazione si chiarisca. La Casa Bianca è stata zitta ieri, anche se il vice presidente Usa, Joe Biden, parlando durante il talk show «Meet the Press» della Nbc ha espresso dubbi sulla correttezza dello scrutinio, senza però mai sostenere, almeno apertamente, che a vincere potrebbe essere stato l’avversario del presidente uscente, Mir Hossein Moussavi. Va d’altra parte «Ho dubbi - ha detto Biden - ma ci asterremo dal fare commenti finché non avremo una visione chiara del processo complessivo e poi reagiremo». Poco dopo Biden ha aggiunto, parlando della vittoria, almeno secondo le fonti ufficiali, di Ahmadinejad: «È quello che hanno annunciato e dobbiamo accettarlo per il momento. Ma ci sono un sacco di domande su come queste elezioni si sono svolte e non abbiamo abbastanza elementi per esprimere un parere definitivo». Di irregolarità ha parlato apertamente l’inviato a Teheran del New York Times, che non è altro che il suo direttore Bill Keller, secondo il quale i voti non sarebbero neppure stati scrutinati, in base alle dichiarazioni (anonime) da lui raccolte di un funzionario del ministero dell’Interno. Ma come sostengono alcuni tra i principali commentatori della stampa americana, gli Usa sono come obbligati a tenere un profilo basso, insistendo sulla necessità di proseguire il dialogo avviato. Anche se, non c’è dubbio, una sconfitta di Ahmadinejad avrebbe rappresentato una vittoria per Obama dopo il suo discorso di apertura al Cairo, la scorsa settimana, e dopo la debacle degli Hezbollah in Libano. La diplomazia internazionale guarda dunque alle vicende iraniane di queste ore. La Farnesina, in una nota, sottolinea che il ministro degli Esteri Frattini sta seguendo con «attenzione e preoccupazione» la situazione in Iran dopo la consultazione elettorale di venerdì scorso, auspicando che non ci siano «ulteriori degenerazioni violente». Ma per il vicecapogruppo del Pd alla Camera, Marina Sereni, «la Farnesina dovrebbe agire presso le sedi internazionali e promuovere azioni adeguate a verificare la correttezza delle procedure elettorali e il rispetto delle regole democratiche». Piero Fassino, responsabile Esteri del Pd, esprime «allarme» perle notizie che giungono da Teheran. Secondo il radicale Matteo Mecacci, l’Italia dovrebbe promuovere un’iniziativa all’interno dell’Unione europea per un’«inchiesta indipendente» sulle violenze e sui risultati elettorali. Una situazione, quella dell’Iran, a cui l’Italia guarda con preoccupazione anche in vista del G8 dei ministri degli Esteri di fine giugno a Trieste. Teheran è un «partner importante» perla stabilizzazione dell’Afghanistan e del Pakistan, dossier centrale dell’appuntarnento di Trieste, e Frattini ha ribadito anche l’altra sera la «volontà» di avere al vertice l’Iran, invitato ufficialmente ai primi di giugno.

il Gengis
15-06-09, 12:00
La fatica di resuscitare il nucleare italiano

• da La Repubblica - Affari e Finanza del 15 giugno 2009, pag. 56

di Eugenio Occorsio

Della "ripartenza" del programma nucleare in Italia, ad oltre vent’anni dal referendum che bloccò qualsiasi iniziativa, si parla ormai da più di un anno, praticamente dal giorno dopo l’insediamento dei governo Berlusconi. Un passo avanti e l’altro indietro, in tutti questi mesi non si è ancora compiuto nessun passo formale né tantomeno appaltata alcuna centrale, e neanche ha avuto seguito l’accordo siglato con i francesi quest’inverno, ma si è arrivati almeno a capire le intenzioni del ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, responsabile dell’operazione. Allora: dovrebbe essere, nelle intenzioni del governo e per arrivare al 2025% di fabbisogno risolto con questa fonte, ripristinata l’originaria vocazione nucleare di Montalto di Castro nell’alto Lazio, di Caorso vicino Piacenza e probabilmente di Trino Vercellese. In pratica delle antiche centrali nucleari italiane poi dismesse sarebbero escluse Latina e Garigliano perché intorno ad essi sono nate case, fabbriche, coltivazioni. Ci sono poi altri 34 comuni di cui il ministro Scajola giura di avere in tasca l’adesione, di cui uno in Sicilia e uno in Sardegna. Anche per lo stoccaggio delle scorie il posto ci sarebbe, fra i calanchi della provincia di Matera. Insomma, faticosamente il governo va avanti con le sue intenzioni, e inevitabilmente salgono di tono anche le polemiche. «Avete pensato al problema delle forniture di uranio?», attacca Carlo Rubbia, che spiega: «Ce n’ è pochissimo in tutto il mondo, e il prezzo è soggetto a speculazioni come e peggio del petrolio». Se la dinamica sarà la stessa che l’uranio ha seguito dal 2000 ad oggi, aumentando di venti volte da 7 a 130 dollari per libbra, ha spiegato il fisico premio Nobel, potrebbe arrivare a 500, e il costo dell’elettricità nucleare schizzerebbe da 40 a 65 euro per Megawatt, un livello insostenibile. Si aggiunge il problema della disponibilità: «Le riserve conosciute valgono non più di una trentina d’anni, per due terzi il mercato dipende dalle forniture militari, e il più grande impianto di estrazione, quello di CigarLake in Canada, tarda ad entrare in esercizio». Riprende fiato anche la storica opposizione dei radicali sul tema della sicurezza: «E’vero che la tecnologia si è evoluta, ma non vogliamo che all’ideologia dell’antinucleare si sostituisca l’entusiasmo fanatico del nucleare che porta ad uguali delusioni», dice Emma Bonino. «In tutti questi anni la politica si è disinteressata all’energia. I recenti incidenti in Svezia e Francia, dove hanno dovuto chiudere per diversi mesi la centrale di Tricastin per la fuoriuscita di acqua radioattiva, ci dicono che i problemi di sicurezza sono tutt’altro che risolti». Non ci sono solo i problemi di sicurezza. Manca anche un quadro preciso dei costi e della loro copertura. In Finlandia, dove è in costruzione una centrale nucleare, un’indefinitezza del genere la stanno pagando cara: «Sono in ritardo di due anni sui tempi previsti e del 50% sul budget», dice la Bonino. «Da noi, il governo ha deciso prima di indicare i siti e poi di fare la conferenza programmatica: non sarebbe più logico invertire i tempi?» La partita dei costi è controversa. L’Enel sostiene che servono cinque centrali al costo di 3,54 miliardi di euro l’una, quindi una ventina di miliardi, e si dice in grado di autofinanziare l’investimento. Per i tempi, si parla di 718 anni (forse qualcosa di meno stando ad alcune dichiarazioni dell’Ansaldo che costruisce centrali in tutto il mondo) dopodichè è l’unica nota positiva - grazie ai miglioramenti tecnologici la durata di vita di una centrale si sta allungando oltre i 30 anni. Ma come si vede il cammino è lungo e incerto.

il Gengis
15-06-09, 19:45
La Casa bianca "il disgelo deve proseguire"

• da Il Mattino del 15 giugno 2009, pag. 3

Gli Stati Uniti hanno deciso di mantenere per ora una linea prudente nei confronti della rielezione di Mahmud Ahmadinejad, nell’attesa che la situazione si chiarisca. La Casa Bianca è stata zitta ieri, anche se il vice presidente Usa, Joe Biden, parlando durante il talk show «Meet the Press» della Nbc ha espresso dubbi sulla correttezza dello scrutinio, senza però mai sostenere, almeno apertamente, che a vincere potrebbe essere stato l’avversario del presidente uscente, Mir Hossein Moussavi. Va d’altra parte «Ho dubbi - ha detto Biden - ma ci asterremo dal fare commenti finché non avremo una visione chiara del processo complessivo e poi reagiremo». Poco dopo Biden ha aggiunto, parlando della vittoria, almeno secondo le fonti ufficiali, di Ahmadinejad: «È quello che hanno annunciato e dobbiamo accettarlo per il momento. Ma ci sono un sacco di domande su come queste elezioni si sono svolte e non abbiamo abbastanza elementi per esprimere un parere definitivo». Di irregolarità ha parlato apertamente l’inviato a Teheran del New York Times, che non è altro che il suo direttore Bill Keller, secondo il quale i voti non sarebbero neppure stati scrutinati, in base alle dichiarazioni (anonime) da lui raccolte di un funzionario del ministero dell’Interno. Ma come sostengono alcuni tra i principali commentatori della stampa americana, gli Usa sono come obbligati a tenere un profilo basso, insistendo sulla necessità di proseguire il dialogo avviato. Anche se, non c’è dubbio, una sconfitta di Ahmadinejad avrebbe rappresentato una vittoria per Obama dopo il suo discorso di apertura al Cairo, la scorsa settimana, e dopo la debacle degli Hezbollah in Libano. La diplomazia internazionale guarda dunque alle vicende iraniane di queste ore. La Farnesina, in una nota, sottolinea che il ministro degli Esteri Frattini sta seguendo con «attenzione e preoccupazione» la situazione in Iran dopo la consultazione elettorale di venerdì scorso, auspicando che non ci siano «ulteriori degenerazioni violente». Ma per il vicecapogruppo del Pd alla Camera, Marina Sereni, «la Farnesina dovrebbe agire presso le sedi internazionali e promuovere azioni adeguate a verificare la correttezza delle procedure elettorali e il rispetto delle regole democratiche». Piero Fassino, responsabile Esteri del Pd, esprime «allarme» perle notizie che giungono da Teheran. Secondo il radicale Matteo Mecacci, l’Italia dovrebbe promuovere un’iniziativa all’interno dell’Unione europea per un’«inchiesta indipendente» sulle violenze e sui risultati elettorali. Una situazione, quella dell’Iran, a cui l’Italia guarda con preoccupazione anche in vista del G8 dei ministri degli Esteri di fine giugno a Trieste. Teheran è un «partner importante» perla stabilizzazione dell’Afghanistan e del Pakistan, dossier centrale dell’appuntarnento di Trieste, e Frattini ha ribadito anche l’altra sera la «volontà» di avere al vertice l’Iran, invitato ufficialmente ai primi di giugno.

il Gengis
15-06-09, 19:45
Abusi in parrocchia, il Comune di Roma in aula contro l'imputato sacerdote
Il radicale Staderini si è costituito parte civile a nome del Campidoglio nel processo per pedofilia contro don Conti.

• da Corriere della Sera on line del 15 giugno 2009

di Claudia Voltattorni

Parte civile per la prima volta in un processo di pedofilia che vede coinvolto un sacerdote. Il Comune di Roma contro don Ruggero Conti, accusato di violenza sessuale su minori e prostituzione minorile. Martedì 16 giugno, presso la VI sezione del Tribunale penale di Roma, si terrà l'udienza di giudizio immediato (come chiesto dal difensore del sacerdote, l'avvocato Patrizio Spinelli) che vede imputato don Conti, ex parroco della chiesa Natività di Maria Santissima, in via di Selva Candida. L'uomo, 56 anni, è accusato dal pm Francesco Scavo di abusi sessuali avvenuti tra il 1998 e il 2008 su almeno 7 minorenni, alcuni dei quali di età inferiore ai 14 anni.

PARTE CIVILE - Nell'aula del tribunale ci sarà anche il Comune di Roma che si è costituito parte civile. Farà le sue veci il radicale Mario Staderini: «Assistito dall'avv. Elisabetta Valeri, ho esercitato l'azione popolare prevista dall'art. 9 dello Statuto comunale, costituendomi parte civile nel processo a nome del Comune di Roma». Il Campidoglio è sempre parte civile in tutti i casi di violenza sessuale contro le donne. Una decisione presa da Walter Veltroni durante il suo mandato e ripresa e portata avanti dal sindaco di oggi Gianni Alemanno. Ma, spiega Staderini, «il Comune non fa lo stesso nei casi di violenza contro i bambini, forse ha paura di dare fastidio a qualcuno?».

L'EX GARANTE - La mossa del radicale è una novità nel panorama italiano. Nel caso di processi di pedofilia in cui sono coinvolti religiosi, finora nessun Comune si era mai costituito parte civile. «È un vero peccato che ciò avvenga senza l'adesione dell'amministrazione capitolina», aggiunge Staderini. Infatti formalmente il Comune di Roma non ha fatto la prima mossa. Anzi, al momento «subisce» la decisione di Staderini che dice: «Alemanno non ha ancora mai risposto alla mia richiesta di fare sua (del Comune di Roma, ndr) la mia decisione». Forse, ipotizza ancora Staderini, c'entra il fatto che don Conti aveva partecipato alla campagna elettorale a sindaco di Alemanno in qualità di «garante delle politiche della famiglia: «Il sindaco ha purtroppo scelto di non stare dalla parte delle vittime».

L'ARRESTO NEL 2008 - È pur vero che, il 30 giugno 2008, giorno dell'arresto di don Conti, lo stesso Alemanno disse: «È stato un grande dolore. Chiedo ai magistrati e agli inquirenti di fare tutta la chiarezza possibile e non fare sconti a nessuno: quando si parla di pedofilia bisogna essere estremamente rigorosi e netti, perché questo è un male che va combattuto in tutti i modi».

il Gengis
16-06-09, 09:21
Pd, dal web la risposta a Radio Radicale

• da Europa del 16 giugno 2009, pag. 7

di Mario Adinolfi

Lo statuto Pd non prevede congresso

Nelle ultime settimane Massimo Bordin, ultrastimato conduttore della rassegna Stampa e Regime nonché direttore di Radio Radicale, ha infilato un nuovo tormentone anti-Pd. Prendo il testuale dal programma mandato in onda ieri: «Diffidate sempre di quel che scrivono i giornali e a volte dichiarano anche i politici. Vi ricordiamo che nello statuto del Pd il congresso non è previsto. Bisognerà vedere come se la caveranno (risatina sommessa). È una delle cose a cui la politica italiana ci abitua: cioè che si parli di un fatto, una parola che rappresenta qualcosa e poi si scopre che non abbia nulla a che vedere con fatti e persone realmente esistenti. Questo è il caso del congresso del Partito democratico. Come lo faranno, con quali regole? È un argomento che educatamente viene tenuto da parte, ma prima o poi dovranno parlarne». E allora parliamone subito. Spieghiamo qualcosa al polemico Bordin.

Si chiama Convenzione

Avendo partecipato da candidato alle primarie precedenti, essendo stato chiamato a far parte della commissione di cento persone che ha materialmente scritto lo statuto del Pd, essendo peraltro coinvolto come candidato anche nelle prossime primarie, credo di avere una qualche conoscenza delle regole congressuali del partito. L’equivoco con Bordin nasce attorno alla parola utilizzata: il segretario precedente all’attuale era affetto da americanismo e fu deciso di chiamare il congresso, all’americana, convention. Poiché, anzi, siamo sempre un po’ all’amatriciana: Convenzione.

Articolo 9, comma 2

L’articolo 9 dello statuto del Pd si occupa dell’elezione diretta del segretario nazionale. Al comma 2 si spiega: «Il procedimento elettorale è articolato in due fasi. Nella prima fase, che si conclude con lo svolgimento della Convenzione nazionale, le candidature a Segretario nazionale e le relative piattaforme politico programmati che sono sottoposte al vaglio degli iscritti. La seconda fase consiste nello svolgimento delle elezioni».

Bordin, basta andare sul sito

Tutti coloro che si saranno iscritti al Pd entro il 21 luglio prossimo potranno votare per i candidati alla segreteria che, per presentarsi, dovranno aver raccolto millecinquecento firme di iscritti provenienti da almeno cinque regioni. Collegate alle candidature alla segreteria, ci saranno le liste dei candidati alla Convenzione. Si confronteranno uomini e i donne, su mozioni contrapposte, chiamando gli iscritti a scegliere. Si eleggerà una Convenzione. Cos’è questo se non un congresso? I tre candidati segretari più votati poi si confronteranno con le primarie vere e proprie dove potranno votare tutti gli elettori. Caro Bordin, lo statuto è sul sito del Pd. Bastava avere voglia di leggerlo e frenare l’istinto polemico contro il partito che ha eletto nelle sue liste nove parlamentari radicali.

il Gengis
16-06-09, 09:21
"Scosse" sul Premier il Pdl accusa D'Alema gelo del leader Pd

• da Corriere della Sera del 16 giugno 2009, pag. 15

di Lorenzo Fuccaro

Il centrodestra continua a fare quadrato attorno al suo leader Silvio Berlusconi. I commenti, il giorno dopo le dichiarazioni di Massimo D’Alema sul premier dimezzato e su possibili «scosse», riecheggiano i timori evocati dal Cavaliere a Santa Margherita: «La questione del complotto contro Berlusconi è vera, ma siamo uniti e non faremo la fine della Prima Repubblica» (Gianfranco Rotondi),«Berlusconi non pensa affatto ad elezioni anticipate, la maggioranza è salda e nessuno appoggerebbe un premier diverso da lui che è stato eletto dagli italiani» (Niccolò Ghedini),«Imprevedibili scosse o prevedibili trame?» (Raffaele Fitto),«D’Alema evoca scenari torbidi e fantomatiche spallate e il bello è che si sente uno statista»(Denis Verdini), «Si tratta di parole ben poco eleganti e soprattutto preoccupanti perché D’Alema è uno che dice le cose non perché di solito gli passano per la testa, ma perché di solito hanno dei fondamenti» (Roberto Maroni). Il ministro dell’Interno si richiama poi all’operazione contro la colonna romana delle br. «Non vorrei - paventa- che le cose siano collegate o collegabili». Reazioni, come si può notare,che prendono sul serio le argomentazioni di D’Alema. Diversamente da quanto si registra nel campo delle opposizioni,dove la tesi sostenuta dall’ex ministro degli Esteri stenta a guadagnare consensi, con la solitaria eccezione di Luciano Violante che ne fornisce un’interpretazione estensiva. «Il Pdl analizza- sta cercando di avere un’identità distinta da quella del proprio leader, cosa di per sè non sbagliata» e quindi le scosse proverrebbero dall’interno,dato che «il premier ha ricevuto un consenso inferiore a quanto si aspettava».Gli altri esponenti del centrosinistra prendono le distanze dall’analisi di D’Alema. Basta soffermarsi su quanto dice il leader del Pd, Dario Franceschini.«Sinceramente - nota – non sono un esperto di complotti e scosse e penso, invece, che sia più utile parlare di un governo che c’è ma non è in grado di governare. Il nostro ruolo quindi è di incalzarlo affinché metta in campo risposte utili».La radicale Emma Bonino è ancora più netta: «Io nelle dietrologie complottarde con relative scosse e scossone non sono bravissima, non sono brava a leggere dietro le quinte. Mi limito a quello che vedo davanti alle quinte. E ciò che vedo è tutta una agitazione in cui ci sono evidenti ragioni di Stato e ragion di partito. Ma ciò che non vedo, neanche da parte di chi parla di scosse e scossoni, è il senso dello Stato».Ruvido al limite del sarcasmo,Antonio Di Pietro (ldv).«D’Alema - obietta- è una vita che si tiene pronto». L’ex pm non condivide lo sbocco di un esecutivo di una grande coalizione,che alcuni hanno attribuito allo stesso D’Alema: «Stiamo lavorando per costruire un’alternativa di governo, il Pd se ci sta batta un colpo. Governare assieme a Berlusconi è come consegnare il pronto soccorso a Dracula: diciamo no al tutti assieme appassionatamente».Riassume Filippo Penati:«Non so quali notizie abbia D’Alema. Leggo sui giornali che sarebbero in arrivo altri scandali. Posso solo dire che, sulla base del consenso popolare, Berlusconi è andato meno bene di quanto aveva annunciato. Ma mi sembra un po’ affrettato parlare di un leader dimezzato».

il Gengis
16-06-09, 09:22
Super-Pd, ma con queste regole

• da Europa del 16 giugno 2009, pag. 1

di Marco Cappato
La crisi ha messo a nudo l’incapacità dei socialisti europei di riformare due strumenti fondamentali: il welfare e l’integrazione europea. La loro rendita di posizione come difensori dello stato sociale e della Ue si è consumata nella difesa conservatrice di un welfare iniquo. Nella difesa di una Europa dove una fragile burocrazia accompagna l’involuzione del sogno di Patria europea nella realizzazione di un’Europa delle Patrie. Per rispondere alla crisi fuori da tentazioni neostataliste e neo-nazionaliste è necessario creare un welfare davvero "universale", contro la povertà e per il lavoro: reddito di cittadinanza, sussidio di disoccupazione, aumento delle pensioni minime e di vecchiaia, potenziamento dell’assistenza a malati e disabili anche in forme autogestite. Le risorse necessarie non si trovano soltanto con la pur doverosa lotta all’evasione, né vanno cercate in controproducenti inasprimenti fiscali nei confronti di chi le tasse le paga già. L’innalzamento dell’ètà pensionabile (e in prospettiva l’eliminazione della soglia fissa accelerando il passaggio al sistema contributivo) nonché l’equiparazione dell’età donne-uomini sono passaggi ineludibili. Altrettanto lo è l’abbandono di meccanismi assistenzialistici come la cassa integrazione straordinaria e i finanziamenti a pioggia, in modo da liberare risorse per investimenti sulla formazione professionale e riqualificazione al lavoro. Sul lato del sistema produttivo, urge una conversione al servizio della qualità - ambientale, sociale, di appagamento individuale - di un sistema economico-produttivo troppo basato sull’accaparramento di beni comuni e sull’imperativo della crescita produttivista e consumista. In Italia servono investimenti per recuperare i ritardi del nostro paese sul versante delle fonti energetiche rinnovabili, invece di fare l’ultima ruota del carro nucleare, per una transizione accelerata verso il trasporto pubblico con investimenti in particolare sulle tratte brevi, sulla rotaia e sul mezzi di trasporto condivisi, per un sistema che incentivi i consumi di prossimità. Un grande "piano-casa" sarebbe funzionale a questo progetto se fosse centrato non sull’aggrava- mento della cementificazione selvaggia in atto, ma, come propone Aldo Loris Rossi, sulla rottamazione dell’edilizia post-bellica non di qualità e non antisismica, per la creazione di eco-città sviluppate con nuove tecnologie e nuovi materiali, autonome sul piano energetico e dello smaltimento rifiuti. Il volano europeo delle riforme economiche avrebbe bisogno di un coordinamento della fiscalità, come proposto da Monti, almeno tanto quanto basta per evitare l’erosione fiscale e il dumping sociale, senza compromettere le conquiste del mercato interno e rafforzando il rigoroso rispetto della concorrenza contro monopoli e aiuti di stato. Una Patria europea non burocratica, capace di dare risposte di governo sull’economia, la politica estera e di difesa, può nascere se si supera l’illusione della sovranità assoluta degli stati nazionali. Ciò significa anche uri Europa proiettata sul Mediterraneo, che apre le porte alla Turchia, a Israele, al Marocco, e che sostiene i processi di democratizzazione, in particolare in Africa; uri Europa pronta a portare lì investimenti e aiuti allo sviluppo, rendendo finalmente governabile la questione immigrazione in altro modo rispetto alla alleanza, da D’Alema definita "strategica", con dittatori alla Gheddafi. Ragionare degli obiettivi della politica italiana ed europea nel lungo periodo non esime dal confrontarsi con le manovre nella partitocrazia italiana. Noi della "galassia radicale" siamo attenti a quello che accade, ma con due punti fermi: il primo, è l’obiettivo di creare l’alternativa a un regime nondemocratico, del quale l’opposizione ha finora fatto parte a pieno titolo; il secondo, è la necessità di muoverci attraverso soggetti politici davvero "aperti" e democratici. In particolare, se anche il risultato elettorale europeo della Lista Bonino-Pannella esprime un dato di "resistenza" rispetto a un gioco elettorale che abbiamo da subito denunciato come truccato, rimane l’urgenza di aggregare altri sull’obiettivo dì una riforma "americana" delle istituzioni come passaggio fondamentale per la liberazione dal sessantennio di questo regime. Proprio per questo, abbiamo impiegato i primi quindici giorni di campagna elettorale per documentare la cancellazione della Costituzione e dello stato di diritto in Italia, ad opera dei protagonisti della Prima repubblica, dei quali Berlusconi è erede e continuatore. Per quanto riguarda i rapporti con altri partiti, l’obiettivo di dare vita a forze politiche "a vocazione maggioritaria" era nostro già ai tempi della Lista Pannella "per il Partito democratico" (inizio anni ‘90) e della Rosa nel Pugno, laica, socialista, liberale e radicale. Il progetto non è cambiato. Ma la questione delle regole è dirimente. Non solo quelle esterne (sistema maggioritario, uninominale a turno unico, sul modello anglosassone), ma anche interne: negli statuti radicali non esistono espulsioni e probiviri. Per questo non abbiamo prodotto scissioni, ma lotte politiche e riforme. Abbiamo pubblicato i bilanci e ogni momento della nostra vita interna e democratica. Per questo non abbiamo prodotto corruzione e finanziamenti illeciti. A Chianciano, dal 26 al 28 giugno, ripartiamo da qui. Dalla proposta che avevamo fatto a tutti i partecipanti di un anno fa: abolire dai loro statuti il divieto alla "libertà di associazione", alla doppia tessera. Solo così il confronto politico può lasciarsi alle spalle la stagione delle scissioni e delle annessioni e aprire la stagione degli obiettivi e degli strumenti necessari per raggiungerli.

il Gengis
16-06-09, 09:26
Torna la Rosa nel Pugno? Pannella sonda il terreno

• da L'Opinione del 16 giugno 2009, pag. 2

di Dimitri Buffa
“Per nostra storia le vicende dei verdi e quelle dei socialisti si sono sempre intrecciate con quella dei Partito radicale". La consueta conversazione settimanale di Marco Pannella con Massimo Bordin, con ospiti in studio l’economista socialista Biagio Marzo e l’ex parlamentare verde Paolo Cento, si apre così. Con la consueta rivendicazione di lotta e di programma con cui Super Marco dà idealmente appuntamento per l’ultimo week end di giugno a Chianciano. A Chianciano, per sua stessa natura, come sottolineato dal direttore di Radio radicale Bordin, ci sarà l’assemblea dei "mille", cioè degli individui che si riconoscono nel programma radicale, più che delle "associazioni", cioè dei partiti o delle galassie, che vorrebbero federarsi. E non a caso entrambi gli ospiti in studio di domenica, Marzo e Cento, sono stati per anni nello stuolo dei "doppia tessera", cioè di coloro che pur militando in un partito sceglievano di "essere radicali". La possibilità che, per ora a sinistra, nasca, anzi rinasca, la "Rosa nel pugno" è molto concreta. Depurata dai socialisti che con Nencini hanno scelto Vendola e "Sinistra e libertà" e dai verdi della Francescato che, da quanto si capisce tra le righe, starebbero stretti persino a Paolo Cento, per l’occasione in versione liberale. Con Pannella d’altronde non è mai stato un problema di uomini ma di programmi. E lui, che aborrisce l’aggettivo "riformista" cui preferisce quello di "riformatore", il programma ce l’ha bello e pronto, avendolo ribadito tante volte, persino nella tv pubblica italiana in quei rari minuti annui cui ha avuto accesso. In un’intervista fattagli recentemente dal settimanale "Left", a chi gli chiedeva a quali famiglie politiche fosse rivolto l’appello di Chianciano, Pannella ha risposto così: "A nessuna. E’ per gli individui politici che hanno interesse a coltivare le individualità e non le appartenenze storiche. Per chi vuole nutrire di libertà la propria famiglia". E poi ha precisato questi programmi: "La riforma della giustizia, la più grande emergenza dei Paese che affligge milioni di persone e blocca gli investimenti esteri. La creazione di un vero welfare universalistico, non la cig per i ceti operai che lascia per strada contadini e artigiani. Da finanziare con l’innalzamento dell’età pensionabile. E poi la riforma americana delle istituzioni con i collegi uninominali". Insomma Pannella non è Mastella. Con lui non ci sono compromessi sul territorio, voti di scambio, ammucchiate, coalizioni per superare un quorum. Ma solo programmi, programmi, programmi. La gente di sinistra a Pannella non ha mai perdonato questa larghezza di vedute così come quella di destra gli rimprovera la presunta mancata coerenza con la militanza liberale. Ma a ben vedere sono gli altri che si sono mossi intorno al proprio asse, rinunciando alle lotte sociali e al garantismo nel caso dei Pd e della sinistra, e rinnegando l’economia liberale e il liberismo libertario, nel caso dell’attuale centro destra. Lui, Pannella, ha sempre atteso tutti al varco, così come farà a Chianciano. Destra e sinistra sono due categorie ormai obsolete dello spirito politico italiano. Non sono gli altri che possono imporgli una rinuncia, è lui che chiede ai partiti e agli esponenti politici di rinunciare alla partitocrazia. E alle Chiese identitarie.

angelo
16-06-09, 10:56
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Welfare, Europa, Ambiente: la stagione degli obiettivi, da Chianciano per un partito aperto e democratico
16 Giugno, 2009 - 08:26
La crisi economica ha messo a nudo l’incapacità dei socialisti europei di riformare due strumenti fondamentali: il welfare e l’integrazione europea. La rendita di posizione dei socialisti come difensori dello Stato sociale e della UE si è consumata nella difesa conservatrice di un modello di welfare iniquo e inadeguato e di una Europa dove una fragile burocrazia accompagna l’involuzione del sogno di Patria europea nella realizzazione di un’Europa delle Patrie.

Per rispondere alla crisi fuori da tentazioni neo-stataliste e neo-nazionaliste è necessario creare un welfare davvero “universale”, contro la povertà e per il lavoro: reddito di cittadinanza, sussidio di disoccupazione, aumento delle pensioni minime e di vecchiaia, potenziamento dell’assistenza a malati e disabili anche in forme autogestite. Le risorse necessarie non si trovano soltanto con la pur doverosa lotta all’evasione, né vanno cercate in controproducenti inasprimenti fiscali nei confronti di chi le tasse le paga già. L’innalzamento dell’età pensionabile nonché l’equiparazione dell’età donne-uomini sono passaggi ineludibili. Altrettanto lo è l’abbandono di meccanismi assistenzialistici come la cassa integrazione straordinaria e i finanziamenti a pioggia, in modo da liberare risorse per investimenti sulla formazione professionale e riqualificazione al lavoro.
Sul lato del sistema produttivo, urge una conversione al servizio della qualità –ambientale, sociale, di appagamento individuale- di un sistema economico-produttivo troppo basato sull’accaparramento di beni comuni e sull’imperativo della crescita produttivista e consumista. In Italia servono investimenti per recuperare i ritardi del nostro Paese sul versante delle fonti energetiche rinnovabili, invece di fare l’ultima ruota del carro nucleare, per una transizione accelerata verso il trasporto pubblico con investimenti in particolare sulle tratte brevi, sulla rotaia e sul mezzi di trasporto condivisi, per un sistema che incentivi i consumi di prossimità. Un grande “piano –casa” sarebbe funzionale a questo progetto se fosse centrato non sull’aggravamento della cementificazione selvaggia in atto, ma, come propone Aldo Loris Rossi, sulla rottamazione dell’edilizia post-bellica non di qualità e non antisismica, per la creazione di eco-città sviluppate con nuove tecnologie e nuovi materiali, autonome sul piano energetico e dello smaltimento rifiuti.

Il volano europeo delle riforme economiche avrebbe bisogno di un coordinamento della fiscalità, come proposto da Monti, almeno tanto quanto basta per evitare l’erosione fiscale e il dumping sociale, senza compromettere le conquiste del mercato interno e rafforzando il rigoroso rispetto della concorrenza contro monopoli e aiuti di Stato. Una Patria europea non burocratica, capace di dare risposte di governo sull’economia, la politica estera e di difesa, può nascere se si supera l’illusione della sovranità assoluta degli Stati nazionali. Ciò significa anche un’Europa proiettata sul Mediterraneo, che apre le porte alla Turchia, a Israele, al Marocco, e che sostiene i processi di democratizzazione, in particolare in Africa; un’Europa pronta a portare lì investimenti e aiuti allo sviluppo, rendendo finalmente governabile la questione immigrazione in altro modo rispetto alla alleanza, da D’Alema definita “strategica”, con dittatori alla Gheddafi.

Ragionare degli obiettivi della politica italiana ed europea nel lungo periodo non esime dal confrontarsi con le manovre nella partitocrazia italiana. Noi della “galassia Radicale” siamo attenti a quello che accade, ma con due punti fermi: il primo, è l’obiettivo di creare l’alternativa a un regime non-democratico, del quale l’opposizione ha finora fatto parte a pieno titolo; il secondo, è la necessità di muoverci attraverso soggetti politici davvero “aperti” e democratici.
In particolare, se anche il risultato elettorale europeo della Lista Bonino-Pannella esprime un dato di “resistenza” rispetto a un gioco elettorale che abbiamo da subito denunciato come truccato, rimane l’urgenza di aggregare altri sull’obiettivo di una riforma “americana” delle istituzioni come passaggio fondamentale per la liberazione dal Sessantennio di questo regime. Proprio per questo, abbiamo impiegato i primi quindici giorni di campagna elettorale per documentare la cancellazione della Costituzione e dello Stato di diritto in Italia, ad opera dei protagonisti della Prima repubblica, dei quali Berlusconi è erede e continuatore.
Per quanto riguarda i rapporti con altri partiti, l’obiettivo di dare vita a forze politiche “a vocazione maggioritaria” era nostro già ai tempi della Lista Pannella “per il Partito democratico” (inizio anni ’90) e della Rosa nel Pugno, laica, socialista, liberale e radicale. Il progetto non è cambiato. Ma la questione delle regole è dirimente. Non solo quelle esterne (sistema maggioritario, uninominale a turno unico, sul modello anglosassone), ma anche interne: negli Statuti radicali non esistono espulsioni e probiviri. Per questo non abbiamo prodotto scissioni, ma lotte politiche e riforme. Abbiamo pubblicato i bilanci e ogni momento della nostra vita interna e democratica. Per questo non abbiamo prodotto corruzione e finanziamenti illeciti. A Chianciano, dal 26 al 28 giugno, ripartiamo da qui. Dalla proposta che avevamo fatto a tutti i partecipanti di un anno fa: abolire dai loro statuti il divieto alla “libertà di associazione”, alla doppia tessera. Solo così il confronto politico può lasciarsi alle spalle la stagione delle scissioni e delle annessioni e aprire la stagione degli obiettivi e degli strumenti necessari per raggiungerli.

(pubblicato dal quotidiano Europa)

Burton Morris
18-06-09, 01:01
Grande Angelo, dacci una mano a tenere aggiornata la rassegna. Trovi gli articoli sui blog dei nostri compagni e sul sito del partito.

Burton Morris
18-06-09, 10:04
Parlando di congresso Pd e Radicali

• da L'Unità del 17 giugno 2009, pag. 19

Una candidatura «radicale» per il congresso dei Pd? Marco Pannella, protagonista della battaglia per partecipare alle primarie 2007, potrebbe riprovarci «a patto che le regole congressuali siano regole aperte di un partito aperto e non quelle di un partito chiuso, specchio di una società chiusa». Anche Emma Bonino non lo esclude a priori.

Burton Morris
18-06-09, 10:04
Intervista a Donatella Poretti: "Occorre puntare su qualità"

• da La Discussione del 17 giugno 2009, pag. 4

di Fabiana Cusimano

«Sono molto soddisfatta, perché è la prima volta che vinco qualcosa e risulto prima in una classifica. E poi c’è il dato confortante che vede le donne battere gli uomini in stakanovismo: prime sia alla Camera che al Senato». Donatella Poretti (Pd), in pole position nella classifica dei senatori più attivi, non nasconde il proprio compiacimento.

Come giudica la graduatoria deludente dei leader di partito?

In questo caso bisogna capire come è stato redatto il rapporto e come sono stati assegnati i vari punteggi. Perché se si dà un punteggio molto alto ai disegni di legge è molto difficile che i capigruppo li presentino. E questo non riguarda solo loro, ma anche chi svolge ruoli istituzionali. Faccio l’esempio di Emma Bonino, che non è apparentemente posizionata in alto nella classifica, perché come vicepresidente del Senato evita di essere prima firmataria sia di emendamenti che di disegni di legge e di interrogazioni. Spesso è lei a redigerli, ma li passa a me o a Perduca, perché la qualità del ruolo istituzionale che riveste la fa desistere dall’essere prima firmataria di atti. Qui davvero si vede la differenza fra la quantità e la qualità.

I parlamentari dunque non sono tutti uguali?

Non sono assolutamente tutti uguali. Credo che seguendo i lavori parlamentari la differenza si vede. Basta un intervento, uno solo, nel corso del dibattito di una legge, da parte di una persona autorevole, che riesca a scatenare un dibattito durante la seduta e la votazione, a modificare lo svolgimento di quell’iter parlamentare. Quindi, anche questo è importante, altrimenti si può intervenire in maniera ossessiva, 8mila volte, senza però spostare di una virgola l’iter: un lavoro inutile. Si chiama "ginnastica parlamentare", serve anche quella, però è più utile un intervento pesante da parte di un leader di partito, che spesso deve conciliare tutto questo. Si tratta, sia chiaro, di pochissimi casi. Il resto, purtroppo, è un po’ la fotografia che è stata fatta dal Rapporto.

Perché non puntare sulla qualità del lavoro?

Sarebbe certamente utile, ma il lavoro è, in questo senso, molto più complicato. Bisogna puntare sulla conoscenza, sul famoso motto einaudiano del conoscere per deliberare. E necessario seguire i lavori parlamentari, i dibattiti in aula e in commissione, conoscere come si esprimono, e non solo come votano ma anche Come la pensano. E dunque un lavoro molto più complicato da portare avanti. Certo sapere che uno c’è, produce e vota è già un passettino in avanti.

Burton Morris
18-06-09, 10:05
Se passa il sì legge elettorale peggiora

• da La Padania del 17 giugno 2009, pag. 5

«Questo referendum partitocratico, se approvato, porterebbe se possibile a un sistema peggiore dell’attuale». Lo ha dichiarato Marco Pannella nel corso della trasmissione televisiva Uno Mattina. «A Berlusconi - ha spiegato il leader radicale basterebbe il 30% dei voti per ottenere il 55% dei seggi e resterebbe un Parlamento di nominati, confermando una realtà dipartiti costituzionalmente fuori legge». «Eliminare la possibilità di candidature multiple, poi, significherebbe ridurre definitivamente a zero il rapporto fra eletti ed elettori. Questo referendum – ha concluso Pannella - è la quintessenza del tentativo partitocratico di continuare ad ammorbare l’aria per altri decenni»

Burton Morris
18-06-09, 10:06
La stella gialla dei Radicali non identifica "nuovi ebrei" - Lettera

• da Secolo XIX del 18 giugno 2009, pag. 18

di Marco Cappato e Alessandro Rosasco

A seguito dell’opinione pubblicata ieri sul Secolo XIX a pagina del 17 dallo scrittore Alessandro Schwed, desideriamo replicare che la stella gialla al petto dei Radicali non rappresenta la vittimistica presunzione di essere «i nuovi ebrei». Vuole invece essere un segnale d’allarme sullo Stato della democrazia cancellata nel nostro Paese. Da Berlusconi novello Fuhrer? No, ovviamente. Berlusconi è il prodotto di un Regime (partitocratico, corporativista, oligarchico) che ha operato per distruggere la Costituzione fin dal ‘48, smantellando ogni elemento di discontinuità con il Regime Fascista (Referendum, Bicameralismo, Regioni) del quale sino intatti i codici, oltre alle sedi fisiche (sotto nuove sigle) del potere. Nei fatti, ciò ha significato negare e tradire la volontà popolare su tutto, dal sistema "americano" all’eutanasia, dall’abolizione dei finanziamenti pubblici dei partiti alla giustizia giusta di Tortora. E ha significato negare ogni possibilità di dibattito e confronto su questi temi, rispetto alla quale l’eliminazione dei Radicali è "solo" una componente necessaria. L’evocazione della stella degli ebrei del ‘41 con la brutale semplificazione e con i rischi che ogni "simbolo" porta con sé, soprattutto per chi lo trasforma in feticcio o tabù serve a ricordare che quando la legalità e la democrazia sono cancellate è un’illusione pensare che questo possa riguardare solo delle vittime isolate, magari i malati ai quali viene imposta la "morte all’italiana",oppure le vittime di quel dissesto idrogeologico che accompagna il dissesto ideologico e politico, oppure i migranti trucidati sulle coste libiche. Riguarda tutti, prima o poi, anche se in forme diverse da un passato che non si ripete. E se nel’41 avessero tutti fatto come il re della Danimarca sotto dominio nazista, il quale annunciò che avrebbe indossatola stella gialla e ne rese così impossibile ogni imposizione nel suo regno, la noncurante accettazione di ciò che oggi (ma non allora) definiamo "indicibile" si sarebbe trasformata in rifiuto civile e di massa? A strage di legalità segue strage di popoli, è il ragionamento che Marco Pannella ossessivamente e sgradevolmente ripete. Esagerazione? Non lo è stata quando 20 anni fa riguardava profeticamente la Yugoslavia, da includere o da scacciare dall’Europa. E se non lo fosse nemmeno oggi? In ogni caso, la questione non riguarda solo i Radicali. Anzi, forse ci riguarda meno di altri, avendo noi almeno quella consapevolezza evidentemente mancante nella strumentalità delle grida dipietresche e franceschiniane, che di quel regime sono parte integrante e volentieri integrata.

Burton Morris
18-06-09, 10:06
Franceschini venga a Chianciano

• da Europa del 18 giugno 2009, pag. 9

di Francesco Pullia

Parteciperà Dario Franceschini all’assise convocata dai radicali a Chianciano dal 26 al 28 giugno? Chi scrive ritiene che il segretario del Pd non possa ignorare un’occasione importante per decidere l’attuazione del passaggio da una fase antagonistica ad una, invece, protagonista di alternativa al e di governo. Franceschini dovrà venire e parlare con schiettezza sui rapporti con i radicali, a nostro avviso tutt’altro che chiusi e anzi, proprio alla luce degli esiti elettorali, quanto mai aperti, problematicamente in discussione. C’è bisogno di un partito che non nasca da una generica e superficiale sommatoria di forze eterogenee, come teorizzato da qualcuno in questi giorni, ma che tesaurizzi la diversità, trovando nella molteplicità e nelle differenziazioni la forza, l’intelligenza, la capacità di giungere in tempi brevi alla definizione di un programma che, ben oltre la contingenza, disegni, a partire dall’immediato, la strada per condurre il paese fuori dal baratro antidemocratico e incostituzionale in cui versa. I temi su cui confrontarsi non mancano. Senza alcuna presunzione, al contrario, con l’umiltà e la fermezza che da sempre caratterizzano le nostra scelte gandhiane, nonviolente, pensiamo che il Pd non possa permettersi il lusso (ma forse sarebbe meglio dire "la debolezza") di privarsi dell’apporto radicale, a meno che abbia già deciso di accettare supinamente il gioco di rimessa imposto dall’attuale maggioranza e (in)seguire e perseguire prassi politiche suicidali. È vero, ce ne rendiamo conto, non è facile. Tuttavia è doveroso tentare di rendere fecondo un dialogo che, nonostante abbia avuto e abbia accenti parossistici, non può essere pregiudizialmente reciso. Con o senza i radicali, il Pd sarà, infatti, chiamato a riflettere innanzitutto sul proprio statuto, se vorrà continuare ad essere un partito di apparati oppure abbracciare davvero la via di un rinnovamento sostanziale e non di mera facciata, se vorrà limitarsi a cavalcare (inutili e controproducenti) ondate emotive, magari dettate da gossip giornalistici, oppure optare per una consapevole, motivata, matura, resistenza che sia preludio di liberazione e, quindi, di assunzione di responsabilità governativa. È innegabile che il Pd sia di fronte a un guado. Deve, cioè, pronunciarsi, decidere se intende proseguire a cavalcare l’effimero e lasciarsi, quindi, trascinare e pesantemente condizionare da un lato da pericolosissime derive populiste e dall altro da venefici rigurgiti passatisti, conservatori oppure se incamminarsi verso la creazione di una società aperta, nel solco tracciato da europeisti come Altiero Spinelli e da portatori di visioni e speranze innovative come Aldo Capitivi e Danilo Dolci. - Con o senza i radicali, il Pd dovrà dire a se stesso e al paese se continuare a praticare o no il cerchiobottismo sui diritti civili, sull’immigrazione, sulla questione energetica, sull’adeguamento dello statuto dei lavoratori e del trattamento pensionistico alle mutate condizioni e alla diversa composizione anagrafica del paese, su modelli e comportamenti di vita ecocompatibili, sui cambiamenti geopolitici che si stanno vèrificando con vertiginosa, impressionante, accelerazione. Con o senza i radicali, certo. Franceschini, ci mancherebbe pure, è libero di fare le valutazioni che riterrà più opportune ma rifletta un attimo, non sprechi istintivamente, per tatticismo o mera irragionevole idiosincrasia nei confronti del nostro modo di concepire la politica, dì esserci, la possibilità che offriamo a lui e a chiunque si senta coinvolto nell’elaborazione di un progetto riformatore. Venga a Chianciano e si apra senza preconcetti, senza remore, senza infingimenti. Noi lo aspettiamo per lavorare insieme.

Burton Morris
18-06-09, 10:06
Il "che fare" di Verdi e Radicali

• da La Rinascita della sinistra del 18 giugno 2009, pag. 9

di Raffaella Angelino

Sono passati pochi giorni dal voto delle europee che ha sancito l’uscita della sinistra italiana e dei radicali dal parlamento di Strasburgo che già ci si arrovella su come riorganizzare tutte le forze a sinistra del Pd, rimaste senza quorum in quest’ultima tornata elettorale. Ma al di là del progetto della lista comunista, tuttora in campo e su cui lavorano senza sosta Pdci e Prc in primo luogo, nel resto dell’area le ipotesi di lavoro sono molteplici emettono a dura prova le analisi dei retroscenisti della politica italiana. Su una questione, però sembrano essere tutti d’accordo: bisogna parlare di contenuti prima che di tattiche. Respingendo sostanzialmente al mittente proposte come quella di Fausto Bertinotti di creare il partito di quelli che sono all’opposizione e si sentono più o meno di sinistra, o le illuminazioni di Giuliano Ferrara che sul Foglio della scorsa settimana scriveva «Tutti nel Pd, non c’è altra soluzione», tanto per "perfezionare" il sistema, completare quel gran capolavoro del bipartitismo che è stato, quello sì, il vero sconfitto dell’ultima tornata elettorale. A dire il vero, a complicare la situazione ci si sono messe le dichiarazioni di esponenti dei Verdi, come Bonelli («che ha parlato a titolo personale, non avendo incarichi all’interno del partito», fa subito notare Grazia Francescato): all’indomani del voto aveva dichiarato morto il progetto di Sinistra e libertà. O Pannella, che a spoglio non ancora terminato aveva praticamente lanciato un’opa su verdi e socialisti. Ora i due partiti - Verdi e Radicali- vanno incontro ad appuntamenti importanti. Grazia Francescato ha annunciato a rinascita che il suo partito andrà a breve a un congresso che nelle intenzioni della leader dovrebbe confermare l’approdo rosso-verde: questa sarà la sua proposta. «Il congresso sancirà o meno questa scelta. Può anche essere che una parte dei verdi voglia mantenere l’identità a tutti i costi: scelta legittima, comprensibile, fisiologica», dice. Ma aggiunge: «Bisogna capire che è finita un’epoca, che è finito un ciclo dell’ambientalismo, non si può più essere autoreferenziali. E’ necessario dunque andare oltre il proprio orticello perché l’identità non deve essere catacombale». Alle avance dei Radicali, risponde che il dialogo va bene, ma è impensabile costruire dei contenitori in cui ci sia tutto e il suo contrario. «Bisogna definire una personalità politica chiara, capace di dialogo e di aperture con tutti, ma non tutti si equivalgono». A questo punto Grazia Francescato elenca i limiti di una proposta del genere: «I Radicali hanno una visione liberista del mercato. Noi pensiamo che il mercato debba essere governato da regole forti a difesa dell’ambiente, dei diritti umani, civili e dei lavoratori. I Verdi hanno fatto una battaglia contro gli Ogm, ad esempio, e su questo non siamo certo in sintonia». Dal canto suo, Marco Cappato, ex parlamentare europeo radicale, durante la nostra chiacchierata, rivendica il "liberismo" dei Radicali italiani «in nome di Ernesto Rossi» e in vista dell’appuntamento di Chianciano di fine giugno mette sul piatto una serie di temi che potrebbero essere di un certo interesse nel dibattito a sinistra. «Non a caso, l’appuntamento lo abbiamo definito assemblea dei 1000 e non congresso radicale, perché in una fase come questa vogliamo che si discuta come persone innanzitutto». E dunque non ci sono ospiti più o meno graditi. «Chianciano non è la sede per chiamare organizzazioni,è un’assemblea aperta a chi ritiene urgente confrontarsi con gli obiettivi e le proposte. Dalle contraddizioni può nascere l’alternativa». Insomma, «non è un problema di compatibilità tra partiti» (in questo caso l’allusione è alle parole di Nichi Vendola sul partito radicale pronunciate prima delle europee) ma di campagne da sostenere, a partire dall’amnistia per la riforma della giustizia. «Una lotta di classe», così la definisce Marco Cappato che in questo caso ritiene più vicine le organizzazioni comuniste e post «rispetto alla nostra impostazione liberale». A complicare il quadro ci sono le mosse del Pd, dilaniato dalle correnti e sempre più piccolo rispetto alle ambizioni iniziali, che ovviamente non resterà a guardare. Grazia Francescato è chiara:«Non accogliamo l’ipotesi di scioglimento, ma vogliamo dialogare con il Pd nell’ottica di ricostruire il tessuto sociale lacerato del centrosinistra con rispetto, sui contenuti e con pari dignità. Ad esempio,da quando la sinistra non è più rappresentata in parlamento, il Pd ha ceduto su tutta una serie di temi su cui ci siamo sempre battuti: la laicità, l’acqua bene comune e così via. Sulla privatizzazione dell’acqua, sui diritti, sul testamento biologico, che mi dici, caro Pd? Io faccio alleanze su un progetto per il paese, sui programmi, dunque la tattica non deve venire prima dei contenuti. E lo dico mentre tutti commemorano Berlinguer: ecco, quella è la politica "alta" che bisogna riscoprire». Per i Radicali italiani la faccenda è diversa: loro con il Pd hanno fatto un accordo prima delle elezioni politiche che ha consentito l’ospitalità di candidati radicali nelle liste dei democratici. Ora Franceschini ha parlato di «divorzio consensuale» con il partito di Pannella e Bonino che hanno presentato il loro simbolo alle europee (con un risultato incoraggiante del 2,4%). «In realtà è stato comunicato unilateralmente», sottolinea Marco Cappato. Non è comunque la prima volta che il Pd non rispetta gli accordi: il dirigente radicale ricorda la violazione dell’accordo all’indomani delle politiche, «saremmo dovuti entrare in un gruppo unico con gli eletti del Pd e dell’Italia dei valori, a cui peraltro era già stato concesso il simbolo. Ci era stata data la garanzia che l’Idv si sarebbe sciolta non solo nel gruppo ma addirittura nel partito». E’ andata diversamente. In questa fase, per i radicali che avevano persino rivendicato una primogenitura del progetto democratico,con la proposta (respinta)di candidatura di Pannella alla segreteria del partito, l’orizzonte è «un partito democratico - come spiega Cappato - non il Partito democratico. Allora, o c’è la possibilità, ma non avviene per gentile concessione, di trasformare il Pd in un partito democratico, il che riguardi la politica e le regole, altrimenti non stiamo lì ad aspettare. Allora possiamo dire che il nostro progetto è la Rosa nel pugno: oggi i tempi sono maturi perché i termini socialista, liberale, laico, ambientalista siano sinonimi e non delle etichette di correnti. Noi crediamo in un partito democratico, in una Rosa nel pugno: il problema non è il nome, ma le priorità che si danno. La candidatura di Pannella alla segreteria del Pd doveva servire a porre questo problema, ma deve essere chiaro che noi non aspettiamo che gentilmente ci si faccia entrare. Noi proseguiamo la lotta, e se il Pd continua ad accontentarsi di essere l’altra gamba del duopolio, ovviamente noi non potremmo essere né complici né silenti. In questo senso, la vicenda della commissione parlamentare di Vigilanza è stata emblematica». Per questa ragione Cappato e gli altri radicali hanno condotto tutta la campagna elettorale con la stella gialla, ad indicare la cancellazione della democrazia, la cancellazione della volontà popolare sui grandi temi di opinione pubblica (riforme istituzionali, laicità). «Cancellazione effettuata attraverso la violazione sistematica della carta costituzionale da parte del regime partitocratico e attraverso la negazione di quel diritto a conoscere per deliberare che è fondamentale nel processo democratico». Concorda Grazia Francescato:«La politica è quasi un gioco di élite e ai cittadini è concesso essere spettatori e fare il tifo sugli spalti. C ‘e un restringimento degli spazi democratici autentici, e Licio Gelli, che è uno che se ne intende, non ha tutti i torti quando dice la democrazia in Italia è una sigaretta che si sta spegnendo. Ne è una prova l’inserimento della soglia del 4% pochi mesi prima delle europee con annesso mancato finanziamento che uccide i partiti cosiddetti "minori", che invece storicamente sono sempre stati protagonisti di grandi battaglie (le sinistre per il lavoro, i verdi per l’ambiente, i radicali per i diritti civili, i socialisti per la laicità). Aver fatto precipitare questi partiti in un buco nero, priva di rappresentanza il 13% dell’elettorato italiano, milioni di persone, con un vulnus tremendo alla democrazia. Potremmo essere alle ultime boccate della sigaretta di cui parlava Gelli. E noi Verdi, anche se non fumiamo, questa è l’unica sigaretta che non vorremmo vedere spenta».

Burton Morris
20-06-09, 19:15
Per la sinistra d'alternativa

• da Liberazione del 19 giugno 2009, pag. 18

di Salvatore Bonadonna

S`infittisce il dibattito sulle prospettive e sull`unità della sinistra: chi rivendica le occasioni mancate alcuni anni fa, chi attribuisce ad altri progetti inesistenti, chi rivendica definizioni nette di identità e, infine, chi mette veti e steccati verso le forze comuniste. In una situazione di crisi di sistema servirebbe una "Prima Internazionale" del terzo millennio e non la riproposizione di schemi che non colgono la realtà di oggi. Sinistra e libertà, dopo avere prodotto il danno a Rifondazione e a sé stessa, per bocca di Nencini pare sospinta a fare un partito, rilanciare la Rosa nel Pugno, predisporsi a possibili alleanze con il Pd, alzando lo steccato nei confronti di Rifondazione e della lista comunista. A questa arroganza, peraltro sterile, non si può rispondere alzando il vessillo di una sinistra anticapitalista e comunista capace di accogliere altre forze: occorre passare dalla difesa dei simboli alla costruzione concreta di politiche se non si vuole restare attaccati alle bandiere guardando il mondo del lavoro dirigersi verso la Lega o il Popolo delle Libertà. C`è un mondo pacifista, internazionalista, ambientalista, antirazzista e libertario che non appartiene alla tradizione comunista ma che mette in discussione il modello di sviluppo attuale; c`è il filone di pensiero liberale, che suscitava tanto interesse nei dirigenti comunisti italiani storici, i cui rappresentanti - Marco Pannella, in primo luogo - avanzano una critica al sistema politico attuale di certo condivisibile; la socialdemocrazia che fa i conti con la crisi che, di fatto, l`ha condotta al capolinea, si interroga sulle prospettive. Possiamo pensare di rispondere con l`affermazione della esistenza del Prc e della lista comunista? Ci accontentiamo di esistere e orgogliosamente vivacchiare o coltiviamo l`ambizione di essere parte, e possibilmente protagonisti, della costruzione del nuovo movimento operaio del terzo millennio? Se il tema principale che ha guidato le diverse e sciagurate scelte dei diversi e litigiosi spezzoni delle sinistre smette di essere la collocazione ed il ruolo dei suoi singoli dirigenti, politici o intellettuali che siano, forse può aprirsi la strada della costruzione del soggetto politico dell`alternativa al capitalismo in crisi di sistema; diversamente, il capitalismo continuerà ad avere, come ricorda Giorgio Ruffolo, "i secoli contati" e alla sinistra resterà solo da contare i mesi della propria sopravvivenza. E’evidente che questo ragionamento investe anche Rifondazione non solo per respingere l`accusa di chiusura ma, concretamente, per aprire una fase di verifica dell`insediamento sociale, capace di dare alimentazione nuova ad una identità storica. Per questo non mi ha convinto la posizione della maggioranza ribadita nella riunione del Comitato politico nazionale. Sono sicuro di non perdere nulla della mia personalità di militante del movimento operaio e comunista se mi apro ad un confronto con altri al fine di cambiare lo stato delle cose esistenti; potrò verificare aree di convergenza di analisi e di divergenza sulle proposte. Con questo spirito sarò all`assemblea che i Radicali hanno promosso per fine mese a Chianciano. Non mi convince la linea di un assemblaggio indistinto di tutte le forze di opposizione al governo Berlusconi e neppure quella di selezionare in astratto chi ammettere all`unità. Avverto l`esigenza di una nuova analisi di classe: banalmente, capire perché gli operai hanno votato Lega e vedere come esplode il conflitto inevitabile tra padrone leghista e l`operaio che ha votato Lega. Trovo decisivo, per la sinistra d`alternativa, capire come opera concretamente oggi quel rapporto sociale di produzione che Marx definiva "il capitale" e che oggi si declina in liberismo e anticapitalismo. Non basta lo schierarsi contro l`ideologia libèrista se non si costruisce la forza per contrastarla e penso che l`autonomia di una sinistra di alternativa, dal Pd e dalle opzioni moderate, risieda nella capacità di costruire questa forza che è sociale, culturale e politica. O non è!

Burton Morris
20-06-09, 19:16
Intervista a Emma Bonino: sono solo incapaci di governare

• da Liberal del 19 giugno 2009, pag. 4/5

di Errico Novi

Fermo. Immobile. Ispirato da una sorta di atarassia ideologica. Così appare il governo davanti al pressing di Confindustria. E così appare anche agli occhi di Emma Bonino, tra i leader di opposizione meno inclini a parlare di veline e più ansiosi di interventi strutturali. Sulle pensioni per esempio. Un`attesa vana. Verrebbe da credere che a frenare l`iniziativa dell`esecutivo sia anche il poderoso dispendio di energie sul fronte scandalistico. È un`ipotesi, ma rischia di diventare un inaccettabile alibi, secondo la vicepresidente del Senato.

Perché, presidente Bonino, non c`è il rischio, secondo lei, che le polemiche suscitate dall`inchiesta di Bari allontanino ancora di più il governo dai problemi reali?

Non sono tanto convinta da questa teoria della distrazione. Sa perché?

Dica.

In campagna elettorale Berlusconi è stato presente in maniera ossessiva. Su qualsiasi cosa ci si sintonizzava, appariva lui, anche se accendevi il boiler, se rispondevi al citofono... a parte gli scherzi, io credo che a fronte di una consolidata abilità nelle campagne elettorali, questa maggioranza e il suo leader accusino una sostanziale incapacità di governare.

Eppure le riforme che ieri Confindustria è tornata a invocare non sembrano cose rivoluzionarie.

All`inizio la crisi è stata sottovalutata: è passato giusto un anno dal varo di una manovra triennale espansiva. Poi la crisi è diventata finanziaria, economica, quindi sociale. Adesso, come giustamente teme Confindustria, rischiamo di trovarci con una massa enorme di disoccupati. Lo studio diffuso ieri parla di un milione in due anni, noi Radicali abbiamo diffuso l`allarme a fine 2008 e siamo stati anche più pessimisti. Ma avete per caso visto un passo avanti sulla riforma degli ammortizzatori sociali?

La risposta è sempre la stessa: le riforme non si fanno in tempo di crisi.

Un po’contraddittoria, direi: il governo si è attribuito una delega sul welfare, che avrebbe dovuto essere assolta entro luglio ma che è destinata a restare sul tavolo.

Perché va così?

Non si considerano prioritari questi temi, manca la necessaria attenzione.

Lei dice che la distrazione non dipende dagli scandali.

E infatti: di cose il governo trova pure il tempo di proporne, basta guardare al massiccio uso che si fa dei decreti legge. Ma il più delle volte si tratta di provvedimenti sulla sicurezza, che poi in realtà generano insicurezza, ma non di riforme essenziali.

Forse il punto è che la Lega ha iniziativa politica, il Pdl no.

Che la Lega faccia bene il proprio mestiere è vero. Sul Pdl va detto che alcuni ministri, e penso proprio a Sacconi, sono stati molto attivi su vicende come quella di Eluana Englaro, mentre se si tratta di pensioni, dicono che non vanno toccate. C`è una vera e propria teoria dell`immobilismo. È questo il problema. Solo che così andrà a finire come teme Confindustria: terminata la crisi, risalire sarà più faticoso.

E’ sorprendente scoprire che il partito della rivoluzione liberale si dimostra più conservatore dei governo Prodi. Almeno nella scorsa legislatura c`era la giustificazione di una maggioranza conflittuale.

Io non sono sorpresa. Anche nel quinquennio 2001-2006 la maggioranza aveva numeri forti, cento seggi in più alla Camera e cinquanta al Senato. All`inizio si fecero in effetti grandi proclami, si esibiva una forte determinazione per il cambiamento. Poi si è visto che di riforme ce ne sono state pochine, nel campo economico come in quello della giustizia, soprattutto della giustizia civile che incide di più sull`economia. Al massimo si è privatizzato l`ente tabacchi. Ho l`impressione che si ripeta lo stesso schema. E che si limiteranno a fare `cucù, la crisi non c`è più’senza aiutare davvero il Paese.

il Gengis
23-06-09, 11:29
"Io, pagata in nero dai dipietristi e poi licenziata causa estate"

• da Il Giornale del 22 giugno 2009, pag. 12

di Marco Zucchetti

«Eeeh, mo’ non mi servi, non tengo molto da fare, è estate...». Clic. Fine della chiamata. Fine di un rapporto professionale, seppure coi contorni in chiaroscuro del lavoro nero. Il «principale» in questione, che scarica così il suo dipendente, è il deputato dell’Italia dei Valori Francesco Barbato, un tempo tra i più vicini ad Antonio Di Pietro, sempre tra i più attivi nel condannare la Casta e nel «rappresentare veramente le esigenze dei cittadini», come rivendica spesso in Aula; la «defenestrata», invece, è la sua collaboratrice Liliana. Che dopo quattro mesi da «fantasma» ha ricevuto il benservito. Alla faccia dei Valori e delle esigenze dei cittadini.

Liliana, anche i dipietristi hanno il pessimo vizio di sfruttare i collaboratori?

«Io posso parlare di uno solo, Barbato. E lui questo vizio ce l’ha. Eppure io non sono nata nella bambagia. Ho lavorato tre anni all'ufficio stampa dei Radicali, so cosa vuol dire farmi un mazzo così. Ma almeno avevo un contratto regolare».

Però ha dovuto cambiare...

«Purtroppo sì. Un altro suo collaboratore esterno mi ha detto che l’onorevole Barbato cercava una persona, quindi ci hanno presentati. Un colloquio senza nemmeno parlare di lavoro e un “cominci mercoledì”. Così a febbraio è iniziato il bailamme».

Qualche promessa?

«Semplicemente un contratto dopo un periodo di prova. Ma alla Camera non ci sono regole e quelle che valgono per tutti i lavoratori italiani lì sono ignorate perché con l’autodichiarazione c’è sempre la scusa per mettere all’angolo i principi costituzionali. Quindi passavano i mesi e il contratto non si vedeva. Come del resto Barbato».

Desaparecido?

«In aula c’era, ma è sempre molto difficile parlare. Quando lo vedevo e gli chiedevo notizie sul contratto mi diceva: “Vabbé, mo’ vediamo”».

Intanto lei lavorava...

«Dalle 9.30 alle 19.30, dal lunedì al venerdì. Toh, a volte arrivavo alle 10, ché non abito vicino a Montecitorio, io... Solitamente l’attività di un’assistente è strettamente legata a quella del parlamentare in questione: interrogazioni, appuntamenti, proposte di legge, rassegne stampa. E devo riconoscere che il lavoro svolto per Barbato non era esattamente frenetico».

Nella classifica di produttività dei deputati di Open Polis è 207° su 630. Comunque, dice il saggio: lavoro è se principale paga. Sennò è volontariato. Lei almeno era pagata?

«Puntualmente. Ma rigorosamente in nero. Andava a prelevare i contanti e li metteva in una bella busta con la scritta “Camera dei Deputati”. Io trattenevo la mia parte e poi lasciavo il resto dei soldi al mio collega».

Prassi comune tra i politici...

«Zero assicurazione, zero buoni pasto. Ho speso un capitale in panini nei bar, dato che io non pranzavo alla buvette con 4 euro come i parlamentari».

Epperò questo incanto si è spezzato...

«E in modo davvero antipatico. Alla vigilia della settimana bianca della Camera, giorni in cui è sospesa l’attività parlamentare, mi ha telefonato il mio collega dicendo di aver “intuito” che non sarei stata confermata. Ho chiamato Barbato che ha fatto il pilatesco: “Devi parlarne con lui, è stato lui che inizialmente ti ha contattata... in estate, sai, non servono persone...”. Eppure il “capo” era lui, era lui che mi pagava, però a decidere era il collega. Mah...». E tanti saluti.

«Esatto. Mai più sentito. Il 6 giugno mi ha fatto chiamare dal suo collaboratore dicendo che mi lasciava a casa perché non ero all’altezza del compito. Ah, giusto perché d’estate non serviva una figura come la mia, so che il mio posto è già stato assegnato a un’altra. Magari senza contratto. Ma tanto la giustificazione è la stessa: il periodo di prova...».

Cosa chiederebbe a Di Pietro?

«In quest’esperienza gli unici “valori” che ho incontrato sono stati quelli in nero e in busta chiusa. L’Idv parla di ripristino della legalità, trasparenza, aiuto alle fasce deboli e alternativa di diritto: ecco però in concreto come sono stata tutelata. Di Pietro non può tenere sotto controllo tutti i parlamentari, ma deve sapere che ci sono cellule cancerogene nel suo partito».

La stessa cosa che gli rimproverava Barbato a proposito dei membri campani di Idv...

«Appunto. Tralascio commenti».

Francesco Comellini, presidente dell’associazione collaboratori parlamentari, si augura che tutti seguano il suo esempio. Ma lei non teme di non lavorare più al Parlamento?

«Non guardo al rischio ma al coraggio di denunciare ciò che non va. Se uno sta zitto, come spesso i miei colleghi, subisce. Io nei Radicali ho imparato ad agire piuttosto di lamentarmi».

il Gengis
23-06-09, 11:30
Vita e morte della lunga stagione dei sì e dei no

• da L'Unità del 22 giugno 2009, pag. 9

di Marco Bucciantini

La canzone s’intitolava "Sì". E Gigliola Cinquetti la interpretò con convinzione, «sì...la mia mente disse sì... dolcemente dissi sì... all’amore ho detto ...siiì». Ma nella primavera del 1974 dire "Sì" significava stare dalla parte della Chiesa, di Fanfani, della Dc, del Movimento sociale, dei 13.157.558 italiani che votarono per abolire la legge sul divorzio, entrata in vigore quattro anni prima. Reclamizzare in qualsiasi modo i due termini basilari della nostra capacità di pensiero e scelta, Sì e No, era vietato. Questa era l’Italia che si confrontava con il primo referendum della sua storia repubblicana, eccetto, appunto, quello per scegliere da che parte stare, il Re o la Repubblica, il 2 giugno del 1946. Un tempo la par conditio non si chiamava così, e si connotava di cascami anche ridicoli, come il divieto di trasmettere una canzone d’amore. Però era applicata. Così la zelante censura intervenne e il 6 aprile la Rai non trasmise l’atteso Eurofestival da Brighton. La Cinquetti arrivò seconda, alla chetichella, tanto che quel disco divenne molto più popolare all’estero che in Italia, dove fu ascoltato a spoglio concluso, quando fu evidente, e nelle proporzioni sorprendente, che «...e no...alla Chiesa gli italiani dissero...No...». Votarono l’88,1% degli aventi diritto, afflusso enorme, per un tema d’altra parte così addentro alla vita delle persone. E vinsero la sinistra e i movimenti progressisti. Ma in quella partecipazione c’era anche l’entusiasmo di "usare" di uno strumento nuovo, diretto, democratico, referendario. Sicuri che si potesse modificare lo stato delle cose attraverso la libera espressione del voto, e che questa fosse una scelta "sana", di "sistema", in un periodo dove si stava affermando anche la lotta contro il sistema-Stato. La consultazione sul divorzio avviò la stagione dei referendum. Come sia stato possibile erodere quella partecipazione è una storia racchiusa in questi 35 anni durante i quali gli elettori sono stati chiamati alle urne 14 volte, per pronunciarsi su 59 quesiti abrogativi, e alte 2 volte per convalidare le riforme della Costituzione (dove il quorum non è discriminante). L’abuso dell’istituto, la scarsa chiarezza dei temi, la ripetitività degli stessi, l’impossibile leggibilità di molti quesiti, stesi in modo criptico, il disinteresse dei mezzi di comunicazione, la frantumazione dei partiti di massa (capaci di portare comunque gli iscritti alle urne) e la colpevole disattenzione del Parlamento verso la volontà elettorale, ignorata e contraddetta dalle Camere: così da un pezzo è già un miracolo arrivare al 30% dei votanti. Dunque, dopo il divorzio furono i Radicali a farsi protagonisti, e infine "professionisti", dei referendum. «Abbiamo avvicinato i cittadini al potere, portando alla Corte milioni di firme di cittadini che volevano scegliere». Marco Pannella non accetta critiche. Sono gli anni del No, i referendum servono a "proteggere" le leggi che il Parlamento (spesso ricostituendosi dopo i "tattici" scioglimenti anticipati) riesce comunque a votare. I radicali cominciarono con l’aborto, e hanno continuato con i finanziamenti dei partiti e le responsabilità dei giudici, e poi con l’attenuazione del regime carcerario e l’abolizione degli ordini professionali. E millanta sono i quesiti respinti dalla Consulta. Negli anni ottanta anche il Pci fu promotore, dopo tante campagne "timide" sui temi etici. Lo fece allorquando il governo Craxi tagliò la scala mobile. Votarono quasi l’80% degli italiani: vinsero Craxi e la Confindustria, e persero Pci e sindacato. E quindi toccò all’ambientalismo, che trovò rappresentanza in Parlamento, e trainò il referendum sul nucleare, diciotto mesi dopo la tragedia di Chernobyl. E forzò la mano sulla caccia e sui pesticidi, nel 1990 e perla prima volta nel Paese il quorum mancò. Fra i promotori fu l’ora di Mariotto Segni - altro professionista dei referendum, giunto alla quinta sfida personale. Nelle urne i quesiti si complicano, perché si comincia a parlare di legge elettorale, argomento che spesso scivola nel tecnicismo. Però il messaggio contro l’ingovernabilità testimoniata dai 50 e passa esecutivi nel primo mezzo secolo di storia repubblicana è potente e Tangentopoli serve da detonatore. Craxi invita gli italiani ad andare al mare, motto che farà storia, la gente invece cambia strada e in due tornate successive (‘91-’93) abbatte il sistema proporzionale basato sulle preferenze. Due anni dopo - 1995 - c’è già Berlusconi in campo, e l’agenda delle priorità e la sensibilità del Paese sta cambiando: gli italiani blindano la legge Mammì, che permette al Biscione di trasmettere in lungo e largo, e si tengono gli spot all’interno dei film. E l’ultima volta che il quorum verrà raggiunto. La Corte seleziona i quesiti (nel 1997 ne respingerà 23, ammettendone 7). I referendari tornano sui temi della vita (la fecondazione, nel 2005) e del lavoro (l’articolo 18, sui licenziamenti). Si riprova anche con la legge elettorale (nel 1999, e oggi). Tutto inutile. Di questi tempi, c’è un argomento demagogico che subito salta fuori, quando c’è un referendum all’orizzonte: ma quanto costa? Circa 200 milioni allo Stato, e altrettanti di costi "indiretti" peri cittadini. La democrazia è bella, scontata è meglio

il Gengis
23-06-09, 11:30
Affluenza ai minimi, referendum "spacciato"

• da Il Giornale del 22 giugno 2009, pag. 11

di Giacomo Susca

Stavolta c’è poco da dare la colpa al caldo se gli italiani sono un po’ «freddini» con il referendum. Niente gite al mare, certo, ma nemmeno traffico ai seggi. Pioggia e nuvoloni, nella domenica del voto che ha messo assieme i tre quesiti sulla legge elettorale e gli «spareggi» per incoronare 22 presidenti di Provincia e 98 sindaci. Il primo verdetto riguarda l’affluenza alle urne (ore 22): poco oltre il 16% per il referendum abrogativo, 32,2% alle provinciali e 44,9% alle comunali. Percentuali in netto calo rispetto a due settimane fa. Mentre bisognerà attendere fino a stasera per i risultati delle sfide dirette (si parte con lo spoglio del referendum, dopo le 15), i suoi promotori cominciano a sentire il gusto amaro della sconfitta. Come accaduto dal 1990 per ben 20 consultazioni popolari diverse, la spada di Damocle del quorum mancato sta per abbattersi inesorabile.

Pesa l’indicazione della Lega di non esprimersi sulla legge elettorale, fattore che trova di fatto riscontro nei dati sull’affluenza (provvisoria). Dove il Carroccio è più forte o è cresciuto al primo turno, lo scarto tra quanti hanno votato per il ballottaggio e quanti hanno votato per i tre quesiti è significativo, mentre nelle città del Centro-Sud lo scarto si assottiglia. Succede, per esempio, a Cremona e Padova, dove al primo turno la Lega ha preso oltre l’11% e per ora lo scarto amministrative-referendum è attorno a 4 punti. A Ferrara, feudo di Dario Franceschini, la Lega oggi è più forte e la distanza tra referendum e ballottaggi è già del 2%.

Un fallimento annunciato? Giovanni Guzzetta, presidente del comitato referendario, almeno un responsabile l’ha individuato. La complessità della materia? Macché, il ministro Roberto Maroni. «Le intimidazioni del ministro dell’Interno hanno proprio funzionato. In molti seggi non volevano neppure distribuire le schede per far votare i referendum». Il titolare del Viminale non interviene, ci pensa il senatore leghista Alberto Filippi a replicare. Guzzetta sbaglia bersaglio, «se il referendum sta naufragando non è certo per questo. Semmai è la gente a non voler tra le mani le schede del referendum. Sarà il Parlamento ad occuparsi della legge elettorale». Per Ignazio La Russa «andrebbe riformato il discorso del quorum, abbassandolo al 35%». Intanto qualcuno passa alla conta dei «danni». Storace: «Ora Guzzetta, Fini e compagnia dovrebbero pagare per le spese fatte sostenere allo Stato».

I big, tuttavia, non hanno dato buca. Il presidente Giorgio Napolitano, accompagnato dalla moglie Clio, s’è recato ieri pomeriggio al seggio romano di via Panisperna. Il premier Berlusconi e la Moratti hanno già votato a Milano per amministrative e referendum, Fini e Alemanno a Roma sono convinti sostenitori del «sì». Schifani, a Palermo, è entrato in cabina con tutte e tre le schede. Tra i leader di partito, Bossi appoggia Podestà ma «ignora» gli altri fogli colorati. Franceschini, in via Lavatore 38 a due passi da fontana di Trevi, dice «sì» quasi di nascosto, perché tra i suoi Rutelli (ma non solo) è contrario. E Di Pietro, in quel di Curno (Bg) ha messo tre crocette sul «no». Come farà oggi la radicale Emma Bonino.

Al club dei disertori «interessati» sono iscritti invece Casini (Udc), Ferrero (Prc), Diliberto (Pdci), Vendola (S&L) e Lombardo (Mpa). Tanti «gufi» per un referendum già abbondantemente sotto la linea di galleggiamento

il Gengis
23-06-09, 11:31
L'ultimo quorum nel '95 Bonino: i fallimenti? è sparito il fronte del "No"

• da Corriere della Sera del 22 giugno 2009, pag. 2/3

di Angela Fronda

Quel giugno del 1995, erano ben dodici i referendum su cui esprimersi. Quesiti che andavano dall’abolizione del potere del premier di stabilire i sindacati più rappresentativi, alla privatizzazione della Rai. Ma gli italiani non andarono al mare: si raggiunse un quorum tra il 57,2 e il 58,1 per cento. Fu l’ultima volta. Da allora, in Italia, il referendum non è più riuscito a superare la soglia di votanti stabilita dalla legge. E le percentuali sono scese progressivamente, lanciando anche sulla scena politica referendaria un nuovo protagonista: l’astensione. Che ha sostituito, di fatto, il fronte del «no». Della serie: meglio andare al mare che votare. Fino ad arrivare alle cifre, per ora bassissime, di quest’ultima consultazione popolare. Inevitabile, quindi, interrogare i protagonisti di quell’ultimo successo referendario del ‘95. Una «pattuglia» trasversale. Che andava dal leader storico dei radicali Marco Pannella all’azzurro Alfredo Biondi; dal radicale Peppino Calderisi al deputato leghista Pierluigi Petrini; da Valerio Zanone ad Emma Bonino. E proprio quest’ultima, rispetto al fallimento di oggi, non mostra grande stupore: «I referendum non sono mai piaciuti ai partiti. Dal ‘95 è in atto una campagna sistematica di delegittimazione di questo strumento popolare, usando l’astensione per far saltare il quorum. Più facile disertare che votare. Nel ‘99 Berlusconi invitò ad andare al mare, ricordate? E nel 2005 ci ha pensato Ruini». Non c’è una responsabilità dei cittadini, dunque, in quanto accade? «Ma la sensibilità si crea, non la si trova al supermercato. E se la gente non sa manco di cosa parliamo, se le tribune elettorali vanno in onda alle tre di notte, come si può pretendere che voti? Tra l’altro questo è un referendum molto tecnico, che inevitabilmente appassiona poco». Tante, negli anni, le iniziative dei radicali per tener alta l’attenzione. Ricorda Bonino: «Ci inventammo i fantasmi nel ‘99. Il bavaglio, oramai famoso, per il referendum sul finanziamento ai partiti nel’78. I fantasmi, poi, prima nel ‘97 e poi nel 2005 sulla procreazione assistita, come strumento anti Ruini. E nel ‘95, l’anno di cui stiamo parlando, ricordo l’iniziativa al teatro Flaiano, con i nudi di sette compagni radicali al 38esimo giorno di digiuno in una scenografia che richiamava Aspettando Godot di Beckett. Oggi? Oggi abbiamo appena smesso un digiuno e ci battiamo quotidianamente contro l’ostruzionismo in tv. Dieci anni fa non era così. C’era anche un maggior trasversalismo tra i partiti sui temi della laicità. Adesso, è sparito tutto». Uno dei sette corpi nudi ed emaciati che nel novembre’95 si esposero, non senza imbarazzo, sul palco del Teatro Flaiano, era quello di Rita Bernardini. Oggi, l’esponente radicale riflette con una punta di amarezza su quanto sta accadendo: «Una delle cause di questa situazione risiede nell’assenza di informazione unita alle sentenze della Corte costituzionale che hanno snaturato il significato storico del referendum». E l’astensione? «Non credo che sia quello, il problema. Se ci fosse un sistema di informazione serio, sarebbe tutto più semplice. Avremmo un dibattito serio. Però è vero che sarebbe utile anche l’eliminazione del quorum, diventata un’arma a doppio taglio. Su questo noi radicali abbiamo presentato anche in passato proposte di legge». Ma quale fu il segreto del successo del ‘95? «La lotta trasversale di molti di noi: contavano molto di più le personalità dei partiti, allora. Del comitato promotore di questo referendum, invece, a me ha colpito che pur sapendo che con questo andazzo la loro iniziativa sarebbe fallita non hanno fatto nulla, dico nulla, per contrastare la disinformazione in atto». Del gruppo promotore dei quesiti del’95 faceva parte anche Giuseppe Ayala. L’ex magistrato del pool antimafia di Caponnetto, nel ‘92 entrò in politica prima col Pri, poi con Alleanza democratica e, infine, con i Ds. Attualmente è rientrato in magistratura, ma di quell’esperienza referendaria del ‘95 ha un ricordo nitido: «E il clima, che è cambiato. Quella fu una stagione eccezionale. Io stesso in quei mesi giravo come un pazzo tra la gente per spiegare, convincere... Si respirava un’atmosfera molto diversa nel Paese. Il crollo della Prima Repubblica era ancora fresco. Moltissime persone confidavano nella nascita di una nuova politica, della Seconda Repubblica. Adesso, invece, è evidente il distacco delle persone dalle istituzioni. Per dire, io stesso stavolta non ho votato, ma per polemica. Mentre la maggior parte della gente, credo che usi il non voto come forma di rassegnazione. E poi, diciamolo, anche i radicali sono invecchiati e hanno perso smalto. Per non parlare del quorum: è diventato un ostacolo sempre più insormontabile. E uno strumento di contrasto del referendum». Nella «pattuglia» del ‘95 figurava anche Marco Taradash, oggi vicino al Pdl, ma che nel2oo5 ha fondato, assieme ad altri ex radicali come Calderisi, Della Vedova e Palma il movimento Riformatori liberali. E concorda, Taradash, con quanto detto da Ayala: «In quegli anni c’era una partecipazione politica molto diversa. C’era un’attitudine ad andare a votare e schierarsi. Nella Seconda Repubblica i partiti sono scomparsi, e la distanza tra cittadini e politica è aumentata. Il momento elettorale è vissuto in modo straordinario. Ma la ragione principale è che gli antireferendari hanno capito, nel ‘99, che è molto semplice battere un referendum: basta astenersi. E così è nata la campagna per l’astensione. Da allora, il referendum è morto e sepolto. L’unico modo per resuscitarlo? Abolire il quorum».

il Gengis
23-06-09, 11:32
Intervista a Emma Bonino: "bene, a volte meglio essere imprudenti"

• da Il Riformista del 23 giugno 2009, pag. 12

di M.I.F.

Leader radicale, da sempre in prima fila nella difesa e promozione dei diritti civili politici e umani, Emma Bonino negli ultimi anni si è occupata intensamente dei problemi dell’area mediorientale, per cui auspica una progressiva democratizzazione.

Emma Bonino, il ministro degli Esteri Frattini ha detto che se l’Iran non risponde entro oggi (ieri per chi legge,ndr) all’invito per il G8 di Trieste, l’invito decade. E gli iraniani si sono fatti sentire?

No. Finora... Evidentemente questo invito non deve interessargli molto. E se non interessa molto a loro, perché dovrebbe interessare a noi?

Quindi lei è contraria alla presenza dell’Iran al vertice G8 che da giovedì si occuperà della stabilizzazione di Afghanistan e Pakistan?

Lo dico da martedì scorso. E adesso la situazione è peggiorata. Dopo le scene di sangue e violenza che abbiamo visto, dopo quello che sta succedendo nelle strade di Teheran, ritirare l’invito sarebbe stato un gesto importante.

Lei è vicepresidente del Senato. Non le sfuggono certamente quindi, le implicazioni diplomatiche negative che deriverebbero dal ritirare un invito avanzato alcune settimane fa...

Guardi, cerchiamo di intenderci. Io non sto domandando la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Iran. Né di non dialogare in nessun modo col regime. Niente di più lontano dame che la politica delle gradassate. E l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Ma davanti ai morti per le strade di Teheran, davanti alla repressione brutale delle opposizioni, un gesto è doveroso compierlo.

Il ministro degli Esteri Frattini è stato troppo arrendevole secondo lei?

La situazione è complessa, lo so bene. Non mi sfugge l’importanza regionale dell’Iran, e non mi sfugge nemmeno l’influenza di un paese sciita nella vicina area afghana, a maggioranza sciita, di Herat, dove si trovano i militari italiani. Non sono Alice nel paese delle meraviglie. Tuttavia...

Tuttavia?

Alle volte la determinazione è utile.

Questa determinazione, a giudicare dalle dichiarazioni ufficiali, sembra mancare più all’Italia che al resto dell’Europa. Per caso c’entrano le nostre ottime relazioni commerciali col paese degli Ayatollah?

Non so, può darsi. Ma direi piuttosto che la prudenza italiana deriva dall’essere l’Italia presidente di turno del G8. E del resto, finora, prudenti lo sono stati in tanti. Anche gli Usa. Se non altro perché, rispetto ai temi che ci interessano da vicino come Occidente, penso all’atomica, fra Ahmadinejad e Mousavi le differenze non sono poi enormi. Anzi, abbiamo fatto bene a non sposare bandiere. A non schierarci apertamente per uno dei candidati. Ormai credo abbiano compreso tutti che la democrazia non si esporta, ma, si supporta.

A proposito di supporto. Si può fare qualcosa di concreto in favore della gente che rischia la vita per le strade?

Ritirare l’invito al governo di Ahmadinejd era un passo. E non lo si è voluto fare. In generale quello che si può e si deve fare è intensificare i rapporti con tutte quelle organizzazioni che difendono e si battono per la promozione dei diritti umani. Proprio in Iran esiste un dinamico movimento femminile, quasi ignorato dai media occidentali. Al massimo si da un po’ di spazio a Shirin Ebadi, quando viene a presentare un libro.

Dopo l’iniziativa de Il Riformista, il coordinatore del Pdl, Sandro Sondi ha lanciato una manifestazione in favore della libertà e della democrazia in Iran che sta ricevendo diverse adesioni.

Ottimo. Un’iniziativa a cui dò il benvenuto. Sarebbe bello vedere un po’ di gente in piazza non solo quando c’è da mostrare il proprio atavico antiamericanismo. Una buona idea. Che però, spiace dirlo, contrasta con il deserto che vedo nel resto d’Europa.

il Gengis
23-06-09, 11:34
Se Martelli venisse a Chianciano

• da Europa del 23 giugno 2009, pag. 9

di Pier Paolo Segneri

Se Claudio Martelli venisse a Chianciano ritroverebbe, finalmente, un luogo politico a lui familiare. Se il delfino del vecchio partito socialista si immergesse nelle acque rigeneranti di Chianciano scoprirebbe che oggi, in Italia, l’unico gruppo liberale rimasto, almeno con una certa consistenza politica ed organizzativa, è quello dei Radicali di via di Torre Argentina. La forza dei liberali, dei liberalsocialisti e dei libertari è li, nella sede romana del Partito Radicale e di Radicali Italiani. È nella militanza quotidiana presente nelle periferie, nelle città, nei territori, nelle realtà locali. È nell’impegno delle associazioni territoriali, dei radicali ignoti e dei mille iscritti. È negazione politica dei partigiani della Libertà e della Democrazia. Se Claudio Martelli da venerdì a domenica venisse all’assemblea convocata da Marco Pannella, si renderebbe subito conto che gli ultimi liberali rimasti lo stavano già aspettando. Vedrebbe che i ragazzi di Torre Argentina sono cresciuti. Sono divenuti una concreta possibilità di ricambio dell’attuale classe dirigente. Sono diventati "il nuovo possibile" della politica italiana ed hanno lo stampo riformatore dei liberali di una volta: Luigi Einaudi, Piero Cobetti, Mario Pannunzio, Ernesto Rossi, Piero Calamandrei, Bruno Villabruna, Niccolò Carandini, Francesco "Chinchino” Compagna e tanti altri ancora. Nomi che rimandano al presente. Se Claudio Martelli venisse a Chianciano avrebbe l’occasione di capire che, stavolta, davvero la memoria ha trovato un futuro. Lo ha trovato in quei ragazzi di Torre Argentina ornai cresciuti. Hanno quel tipico sguardo antico che non invecchia mai. Anzi, resta sempre aperto a scrutare il futuro, a dare speranza, ad essere speranza. Come Antonella Casu, segretaria di Radicali Italiani, unica donna in Italia a guidare un movimento politico nazionale. Come il tesoriere Michele De Lucia, il presidente Bruno Mellano, Mario Staderini, Diego Galli, Alessandro Massari, Demetrio Bacaro, Massimiliano Iervolino, Diego Sabatinelli, Michele Lembo, Simone Sapienza. Impossibile citarli tutti. E i parlamentari: Donatella Poretti, Rita Bernardini, Elisabetta Zamparutti, Marco Beltrandi, Marco Perduca, Maurizio Turco, Maria Antonietta Farina Coscioni e, tra loro, Mina Welby e Sergio D’Elia. Ci sono anche Gianfranco Spadaccia, Angiolo Bandinelli e Sergino Stanzani, i grandi vecchi della galassia radicale, che continuano ad elaborare pensieri innovativi. Ci sono Marco Cappato, classe 1971, e il deputato Matteo Mecacci, 34 anni. Insomma… la rosa è nel pugno. Se Claudio Martelli venisse a Chianciano si renderebbe conto che la Rosa nel Pugno ha uno spirito collettivo, una impostazione e un pensiero liberale, un’azione socialista e libertaria. La Rosa nel Pugno è, quindi, un disegno politico laico per un partito democratico sul modello americano, alla Obama, opposto e contrapposto all’attuale Pd o del vecchio Ulivo. L’Ulivo e Rosa nel Pugno, insomma, sono due progetti che lavorano sullo stesso cantiere.

il Gengis
23-06-09, 11:35
Bonino: una morte annunciata. D'Alema: eliminare il quorum

• da L'Unità del 23 giugno 2009, pag. 13

di Jolanda Bufalini

L’Euchessina non va giù, cioè l’idea - spiega Emma Bonino - che il referendum possa essere usato come stimolo dell’attività del Parlamento. Del resto «non era questa l’idea dei Costituenti». «Io sono molto addolorata, - dice - non so se il referendum potrà resuscitare certo è che l’attentato è drammatico e mi pare che l’hanno ammazzato. Però è un po’ come tagliarsi i c., perché prima o poi questo strumento di democrazia potrebbe servire». Ne ha per tutti l’esponente radicale che ricorda, fra le sue battaglie referendarie vinte, quella sul finanziamento pubblico, quella, nata in difesa di Enzo Tortora, sulla responsabilità civile dei Pm, sul sistema uninominale, «traditi in Parlamento».

Ruini e la Lega.

Ce l’ha con i promotori del referendum che andavano battuti nel merito perché «dietro il vestito dei quesiti non c’era niente. Nella legge elettorale sarebbero rimaste le liste bloccate, per esempio. E infatti noi, nel nostro piccolo ci siamo battuti per il no». «Si sono avvitati per le convenienze tattiche delle forze politiche». «Ridicola la campagna in Tv, non solo per gli orari». «E il Pd ha dato indicazione per il sì ma poi non trovavi nessuno che si impegnasse». Alla fine c’è stata una buona dose di ipocrisia perché «tutti hanno contato sulla capacità di interdizione della Lega nei confronti di Berlusconi che, effettivamente, si è dimostrata efficace». Alla Lega «faccio Chapeau. Ma hanno un illustre predecessore in Ruini». L’ammazzamento, sostiene Bonino, era iniziato già negli anni Ottanta, quando la Corte costituzionale si esercitò in una «giurisprudenza bizzarra, se pensi che il referendum sul nucleare non fu ammesso nel 1979 e poi ammesso nel 1981».

Banalizzazione.

Nella progressiva banalizzazione dei referendum, dice Nicola Zingaretti, «stavolta si è giunti al paradosso dei promotori astensionisti». Il riferimento all’Idv non è affatto casuale. Però c’è da riflettere perché «è evidente che c’è stato un abuso dello strumento referendario nel corso degli anni e c’è un’aspettativa che la politica legiferi su temi così complessi. Non si può non vedere che questo strumento ormai da anni non coinvolge, nelle forme attuali, più nessuno».

È dal 1995 che i referendum non raggiungono il quorum però la terza opzione, l’astensione politica, ha preso piede solo negli ultimi anni. Ci provò Craxi con il celebre «andate al mare» del 1991. C’è riuscito il cardinale Ruini nel 2005, facendo fallire il referendum abrogativo sulla procreazione assistita. «Bisognerebbe trovare il modo ha detto Gustavo Zagrebelsky a l’Unità - di impedire l’uso strumentale del quorum per far fallire i referendum». E i politici dei due schieramenti fanno proposte per modificare la legge. L’opzione uno è più firme e abbassamento del quorum (La Russa), l’opzione due è più firme e abolizione del quorum (D’Alema: «il quorum è uno strumento per annullare la volontà popolare, un numero maggiore di firme deve rendere eccezionale il ricorso alla consultazione). Il ministro Maroni annuncia un suo disegno per modificare l’articolo 75 della Costituzione e la legge attuativa. Emma Bonino sarebbe d’accordo nell’adeguare le firme all’incremento demografico, per l’abolizione del quorum e perché la Corte si pronunci sull’ammissibilità a metà della raccolta firme. «Ma ho paura - dice - non vorrei che riaprendo la discussione ci ritroviamo con il referendum abrogato».

il Gengis
23-06-09, 11:35
Pannella: "mi sono 'dimenticato' di votare"

• da Avvenire del 23 giugno 2009, pag. 12

Fa un certo scalpore Marco Pannella, referendario per eccellenza, che racconta di essersi «"scordato" di andare a votare» e che plaude alla saggezza del popolo italiano che, con l’astensione, ha bocciato una proposta «oltraggiosamente partitocratica». Sotto accusa, però, non è tanto l’uso (o l’abuso) dello strumento referendario, ma lo «scandaloso, antidemocratico, anti-Stato di diritto, tradimento delle grandi, plebiscitarie, vittorie referendarie contro il regime, la sua corruzione, il suo degrado e non dal preteso abuso di richieste referendarie». Comunque sia, per Pannella, una riforma dell’istituto referendum si rende ormai necessaria. Abbassando il quorum, che «non ha riscontri in nessuna democrazia avanzata». Pannella si è anche giustificato per aver scelto l’astensione rispetto alla linea ufficiale del partito radicale che si era pronunciata per il no: «Per quanto riguarda il nostro comportamento di nettissima denuncia del carattere sostanzialmente aberrante di questa proposta referendaria, se il nostro indirizzo è stato quello di privilegiare la partecipazione piena raccomandandola sotto la forma del no, essenziale è stato il nostro rifiuto più che la forma prescelta. A tal punto - ha fatto sapere - che io stesso ho...dimenticato di recarmi a votare!»

il Gengis
24-06-09, 19:56
Ma chi sceglie i nuovi talenti della politica?

• da La Stampa del 24 giugno 2009, pag. 36

di Pier Paolo Segneri

Il talento, il merito, le attitudini personali, le qualità individuali, le capacità di ciascuno. Sono mesi che, nel dibattito interno a Radicali Italiani, con la guida della segretaria nazionale Antonella Casu, si discute di questi argomenti partendo proprio dall’organizzazione del nostro movimento laico, liberale e libertario. Per poi estendersi all’intera situazione politica italiana dominata, come afferma Marco Pannella, dal «monopartitismo imperfetto». Insomma, la denuncia dei Radicali è chiara: da anni si è imposta una selezione alla rovescia della casse dirigente del Paese. In altre parole, siamo di fronte all’ennesima prova, qualora ve ne fosse stato ancora il bisogno, che in Italia vige un sistema esclusivamente partitocratico. Un sistema che non sa o, peggio, non vuole scegliere il merito. Anzi, di più, che non è in grado o non ha alcuna intenzione di scoprire il talento politico di ciascuno dei suoi giovani, ignoti o emergenti che siano. La partitocrazia non vuole o non è capace di comprendere le qualità individuali delle persone, quindi non riesce o non ha interesse a premiare le singole attitudini valorizzandole e mettendole in condizioni di esprimersi, di fiorire, di far crescere il livello del dibattito politico. Quello che manca sono i selezionatori. I ragazzi, i giovani, le nuove generazioni hanno qualità spendibili e riconoscibili, ma non ci sono tra i selezionatori persone capaci di avere quella sensibilità necessaria per cogliere i frutti di questi elementi, di formarli politicamente, di metterli in circolo insieme alle loro idee e capacità.

Ecco il punto: quello che manca non sono le persone o i giovani in grado di assumersi responsabilità di governo, di ricambio culturale e di alternativa politica; mancano coloro che dovrebbero saper individuare, riconoscere e valorizzare le attitudini individuali, le specifiche virtù o i singoli meriti. Insomma, chi sarebbe deputato a selezionare la nuova classe dirigente svolge questo compito in maniera arbitraria e, quasi sempre, alla rovescia. Se ne parlerà in maniera più approfondita dal 26 al 28 giugno all'assemblea degli autoconvocati di Chianciano.

il Gengis
24-06-09, 19:57
Alternativi al regime - Lettera

• da Terra del 24 giugno 2009, pag. 15

di Massimiliano Iervolino

In questi giorni assistiamo all’ennesimo spettacolo desolante della partitocrazia. Mi riferisco al dibattito surreale che, subito dopo l’europee, si è aperto in Regione Lazio. Una vera e propria guerra tra bande che, nella speranza di continuare ad acquisire potere, riempie le pagine dei giornali di argomenti e dibattiti che non toccano minimamente il vissuto della gente. Si passa dal rimpasto del Governo Marrazzo, all’apertura delle due colazioni all’Udc, per finire ai problemi della sinistra massimalista. Tutto questo avviene mentre la nostra Regione vive problemi drammatici. Una sanità sempre falcidiata dai conti in rosso e controllata costantemente dai partiti, una possibile emergenza rifiuti che vede come unica soluzione partitocratica la diffusione della “cultura” della discarica, una cementificazione selvaggia che, con un accordo bipartisan, continua ad attanagliare il nostro territorio e, per finire, un’assoluta mancanza di laicità dove, per esempio, le donne per trovare un medico del pronto soccorso disposto a prescrivere la “pillola del giorno dopo” sono costrette a girovagare la notte per gli ospedali romani. Tutti questi problemi dovrebbero portare le formazioni politiche ad aprire un dibattito ampio e serio, trascinando i cittadini della nostra regione alla riflessione, magari anche allo scontro democratico che, come ormai diciamo da decenni, è il sale delle migliori culture anglosassoni. Non vogliamo dei cittadini succubi delle lotte interne ai partiti e non vogliamo che la prossima campagna elettorale in regione Lazio si traduca in due mesi di promesse, senza che prima ci sia un confronto democratico utile agli elettori per decidere secondo il principio enaudiano del “conoscere per deliberare”. Da parte nostra, nei mesi precedenti al voto dell’europee, abbiamo molto riflettuto sul come far circolare le nostre proposte e sul come sconfiggere l’immobilismo dei due schieramenti laziali. Partendo dalla lettura dello Statuto della Regione Lazio ci siamo convinti che lo strumento referendario regionale fosse il migliore per perseguire questi obiettivi. Proprio per questo da due mesi, e fino al trenta settembre, siamo impegnati nella raccolta di 50.000 firme su ognuno dei referendum dai noi presentati. I quesiti sono otto (quattro propositivi e quattro abrogativi) e sono un vero e proprio programma di Governo per il Lazio, infatti riguardano: i rifiuti, le coppie di fatto, i costi della politica, i vincoli paesistici e i finanziamenti nel turismo agli enti religiosi. L’allontanamento dei cittadini dalla politica si supera solo attraverso lo scontro su argomenti forti che toccano il vissuto di ognuno di noi. Proprio per questo abbiamo incardinato questa iniziativa referendaria regionale, come al solito vicini alla gente e alla legalità.

il Gengis
24-06-09, 19:57
Intervista a Emma Bonino: a Chianciano per la rivoluzione liberale

• da Terra del 24 giugno 2009, pag. 4

di Andrea Boraschi

Emma Bonino, vicepresidente del Senato, parla dei temi dell’assemblea di fine mese e del futuro dei Radicali. E della politica italiana.

Che differenza c’è tra questa Chianciano e i due appuntamenti che l’hanno preceduta?

Ci troviamo in una situazione nuova, all’indomani delle europee dove le altre tre liste che hanno mancato come noi il 4% erano tutte di coalizioni nate con l’obiettivo di superarlo e nulla più. Mentre la nostra costituiva il tentativo, certo arduo, di cogliere l’occasione "elettorale" non solo e non tanto per ottenere degli eletti quanto per irrobustire e incardinare la lotta, che Pannella chiama "partigiana", volta ad aiutare gli italiani a liberarsi dall’ormai letale sessantennio partitocratico, promuovendo una vera alternativa democratica in Italia. Il nostro è un tentativo estremo, armati di non violenza, condotto facendo appello a tutta la nostra capacità politica di dare corpo, voce, speranza, attualità a quella "rivoluzione liberale" che ancora manca al nostro Paese.

Può dirmi quali sono le altre questioni che affronterete?

Tre questioni saranno centrali: riforma della giustizia, riforme economiche e la laicità come elemento cardine delle nostre istituzioni repubblicane, in un contesto in cui lo "Stato di diritto;’ è sempre più, per molti, un elemento marginale del convivere civile.

Nelle scorse settimane avete rivolto diversi inviti ad altre forze, affinché trovino in questo appuntamento un momento di raccordo con la vostra iniziativa politica. Cosa vi aspettate e da chi lo aspettate?

Noi ci aspettiamo che tutti coloro che condividono con noi almeno alcune delle battaglie per una grande riforma all’americana delle istituzioni, perla libertà di scelta e di ricerca, per la giustizia giusta, per l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e la creazione di un’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, per le riforme economiche e un nuovo welfare, si uniscano a noi, a cominciare dalle quasi 750mila persone - per noi letteralmente fonte di nuova vita - che ci hanno votato alle ultime europee sulla base di precise proposte per mettere fine al regime partitocratico.

L’idea di coagulare un fronte laico, riformista, liberale, libertario e socialista era già all’origine della Rosa nel Pugno. Cosa ha fatto fallire quel progetto? E perché credete che oggi la stessa prospettiva e le stesse istanze possano trovare maggiore fortuna?

Il progetto è fallito per la scarsa determinazione della componente socialista, che poi si è fatta attrarre da altre sirene. Abbiamo visto com’è andata a finire. Noi Radicali alle europee abbiamo ottenuto il 2,4%, un risultato insufficiente per tornare a Strasburgo ma che, politicamente, dimostra che continuiamo a esistere. Noi non vogliamo fare di Chianciano 3 una riunione di reduci ma piuttosto rilanciare un progetto che rimane valido in un sistema che stenta a diventare genuinamente bipartitico, e nel quale l’idea stessa - per non parlare della pratica - dello Stato di diritto diventa ogni giorno più evanescente.

Parliamo del Pd. C’è chi dice che avete fatto di tutto per essere "trascurati"; insomma, che alle elezioni volevate andare da soli e siete stati ben felici del mancato incontro con Franceschini. È così? Al di là di questo, cosa resta di un rapporto che, poco più di anno fa, vi ha visti correre nelle loro liste? E quali sono le prospettive?

Nessuno ama essere "trascurato", soprattutto se dimostra costantemente di essere portatore d’idee e di proposte. Noi abbiamo avuto un rapporto leale e proficuo con i gruppi parlamentari del Pd, anche se su molti temi abbiamo avuto posizioni diverse. E con il partito che il rapporto è stato inesistente sin dall’inizio e lo è diventato in maniera esplicita con Franceschini, che ha chiuso la porta in faccia alle europee facendo marcia indietro rispetto a un accordo sulla candidatura Pannella, sconfessando se stesso visto che all’epoca era vice di Veltroni e anzi annunciandoci di aver operato - da solo - un divorzio "consensuale". Il fatto è che il Pd non si è ancora capito cosa sia e non lo sapremo ancora per un pezzo. È difficile parlare di prospettive in un contesto di tale opacità e incertezza.

Il berlusconismo è al tramonto?

Più che di tramonto del berlusconismo parlerei di erosione dell’immagine pubblica di Silvio Berlusconi e della sua capacità di "governo", della famosa cultura del fare...

Quali sono le altre forze da battere? Non parlo di sigle e partiti, quanto di culture, aree, tendenze, percezioni e credenze diffuse...

Complessivamente penso che siamo passati, quasi inavvertitamente per i più, dallo status di cittadini, con i relativi diritti e doveri, a quello più informe di popolo; poi da popolo a pubblico o audience che dir si voglia. Da qui a "plebe" il passo è breve anche perché, come alcuni cominciano a far notare, l’audience altro non è che la versione moderna e mediatizzata della plebe. Poi vedo dosi massicce di opportunismo, dove le convenienze tattiche del momento hanno il sopravvento sulle convinzioni di sempre. Lo abbiamo visto al referendum dove ha stravinto l’astensionismo, che non può essere un fronte credibile di "resistenza" democratica né uno strumento educativo dal punto di vista del "conoscere per deliberare". Ho visto che molti cosiddetti liberali si sono rifugiati nell’astensionismo, anche al costo di sacrificare sull’altare il quesito sull’abolizione della candidature multiple da loro stessi definito come sacrosanto. Insomma, a coltivare convinzioni e legalità si è sempre più sparuti in questo Paese. Questo lascia grande spazio a coloro che, dopo quasi 150 anni, ritengono che nel nostro Paese sia ancora prematura una rigorosa divisione tra Stato e Chiesa. Di tutta evidenza, quello della difesa della laicità è un altro fronte dove continuare a stare in trincea. Anzi dobbiamo chiamare a raccolta tutte le forze e le energie disponibili per rilanciare queste battaglie in campo aperto. Per non parlare di un populismo sempre più evidente, con colorazioni razziste preoccupanti in particolare nell’adozione dell’assioma immigrati = criminalità = insicurezza, buono forse per vincere qualche punto alle elezioni, ma pessimo punto di partenza per una necessaria e rigorosa politica di integrazione.

Pensa che ì Radicali continueranno nella loro battaglia così come la conosciamo - nonostante la loro forza elettorale sia esigua e rischino di veder compromessa la loro capacità di influenzare il dibattito pubblico - o, presto o tardi, si fonderanno con altre forze e altre tradizioni?

La nostra forza elettorale sarà esigua ma è anche vero che non è una novità. Siamo abituati a fare i conti con poche truppe e ristrettezze economiche. Dall’altra parte non scommetterei troppo sulla nostra dipartita, in fondo siamo il partito più longevo sulla scena politica italiana. Facciamo ormai parte del vissuto italiano, da almeno tre generazioni, come nessuna altra forza politica e sociale. E da sempre siamo per un sistema bipartitico, quello vero, "americano" per intenderci, quindi siamo più che attrezzati, non è questo il problema. Il problema è come giocare una partita dove le regole non vengono rispettate e dove il n loco - in particolare quello dell’informazione è spesso truccato.

Il vostro prossimo immediato obiettivo/traguardo?

L’obiettivo è oggi quello di portare finalmente alla luce la democrazia da promuovere e affermare come nuovo ordine e forma del nostro tempo. Ampio programma? E probabile, ma è nei momenti difficili che occorre rimanere punto di riferimento per il presente e il futuro, continuando a lavorare per un cambio di cultura politica. Amiamo dire che noi siamo gente d’altri tempi, quelli futuri.

Burton Morris
25-06-09, 19:18
La cura radicale

• da Tempi del 25 giugno 2009, pag. 10/11

di Benedetta Frigerio

«Questo qui non so come sia venuto fuori così», sono le parole di Valerio Brucoli, presidente della commissione di Bioetica dell’ordine di Milano, a commento dell’ultimo consiglio della Federazione nazionale dei medici (Fnomceo). Riunito il 12 e 13 giugno scorsi, per dibattere circa i contenuti da inserire nel Dat (dichiarazioni anticipata di trattamento di fine vita), si è concluso, per la prima volta, con una spaccatura interna all’ordine circa i contenuti da inserire nel codice deontologico. Non è questa l’unica anomalia di un convegno che ha partorito un testo contrario al ddl Calabrò (ostile a considerare alimentazione e idratazione come oggetto di contrattazione anticipata tra medico e paziente). «Il testo - racconta Brucoli a Tempi - è lungo sette pagine e ci è stato consegnato solo qualche momento prima della votazione. Per scegliere si è dovuto perciò fare affidamento sulle parole di Antonio Bianco (presidente Fnomceo, ndr) dalle quali sembrava che alimentazione e idratazione non fossero contemplate quali oggetti del Dat». La votazione, che ha visto schierarsi per il no 5 ordini (Milano, Lodi, Pavia, Bologna e Potenza), con 7 astensioni e 85 voti favorevoli, «è avvenuta per differenza a fine convegno. Il che significa che chi se ne era già andato è stato conteggiato tra i favorevoli al testo. Ho anche notato uno squilibrio maggiore verso le posizioni radicali, in dibattiti che dovrebbero essere per loro natura bipartisan». Basta scorrere i nomi dei relatori dei congressi organizzati dopo il referendum 2005 sulla legge 40 per capire cosa intenda Brucoli: Livia Turco, prima ministro della Salute del Prodi, oggi senatore Pd; Ignazio Marino, senatore Pd; Sergio Fucci, consigliere della Corte d’appello di Milano, celebre frequentatore di panel a sostegno dell’autodeterminazione del paziente. Le prime comparse le hanno fatte nel luglio 2007 a Udine, durante il convegno sulle "Scelte di fine vita". E i loro nomi appaiono anche sulle locandine di un incontro di ottobre, a Ferrara, dal titolo: "Etica e deontologia d’inizio vita".

Simpatie molte progressiste

Il fronte progressista è andato formandosi successivamente all’elezione nel 2006 del presidente Fnomceo, Amedeo Bianco. «Tutti conoscono il passato politico e le amicizie di Bianco, cresciuto insieme alla Turco nella militanza della sinistra torinese», spiega a Tempi il presidente dell’ordine siciliano, Salvatore Amato. Lo stesso che lo scorso febbraio, in corsa perla presidenza della federazione, ne uscì sconfitto, «vista la difficoltà a tener testa a un candidato sostenuto da un sindacato potente come quello dei medici dirigenti (Anaao) ai cui vertici stanno, come noto, uomini che simpatizzano con gli ambienti progressisti». Nel programma elettorale di Amato, ancora oggi consultabile sul sito della federazione, si legge: «Riteniamo che la professione medica sia isolata ed accerchiata, in una situazione di enorme difficoltà per cause esterne ad essa. A fronte dell’eccessiva invadenza della politica, delle invadenze di campo di altri profili professionali». Il presidente siciliano, nella federazione da anni, conferma che la svolta verso la politica e il mondo della giurisprudenza e dei consumatori è «roba nuova. Prima della battaglia sulla legge 40, ai convegni intervenivano medici, scienziati e studiosi di bioetica». Mimmo Delle Foglie, ex vicedirettore di Avvenire, oggi portavoce di Scienza&Vita, conferma la non casualità dei fatti, certo che «l’invasione di campo viene dal cambio di strategia dei radicali: prima del lutto causato dal fallimento del referendum non capivano di usare uno strumento inadatto a imporre una prassi culturale e sociale». Se ne accorse fra i primi Emma Bonino che, dopo la sconfitta, invitò i suoi «a percorrere una nuova strada». La strada oggi è chiara ed «è diventata - prosegue Delle Foglie - quella di fare pressione sulla Corte costituzionale, entrando dai canali aperti dal dibattito medico». Il motivo di una tale scelta viene ancora dalle dichiarazioni di Brucoli, convinto che «la medicina oggi è il fronte più semplice da cui entrare per far passare il principio di autodeterminazione, usando la metafora medico-paziente al centro dei dibattiti. Se questa relazione di fiducia viene trasformato in un contratto freddo e sterile di indipendenza reciproca, sarà in grado di fare giurisprudenza e di essere trasposto in altri campi, ad esempio a quello che riguarda il rapporto fra coniugi per mezzo dei cosiddetti contratti prematrimoniali. Con la conseguenza di ridurre la società a un insieme di individui soli e incapaci di fidarsi l’uno dell’altro».

Gli alleati del Partito democratico

«Ma se hanno potuto farlo - chiosa il portavoce di Scienza&Vita - è perché i radicali, come dimostra la presenza dei relatori ai convegni, hanno trovato alleati fortissimi nel Pd, che infatti sta diventando un grande partito radicale». Il connubio politico si evince anche dalla logica con cui i due partiti paiono muoversi. I radicali hanno imparato la teoria gramsciana delle casematte e, uscendo dal loro splendido isolamento ideologico si sono sempre di più impegnati ad occupare cariche e poltrone importanti, soprattutto negli ambiti professionali, tanto è vero, nota Delle Foglie che «oggi è praticamente impossibile entrare alla Consulta se non sei anticattolico o cattolico adulto». La sinistra, invece, priva di un progetto ideale, ripete le parole d’ordine dei pannelliani, mandando così a benedire «tanti anni di lotte sociali».

Anche il fronte pro life deve fare ammenda

Sul fronte pro life, invece, nota Brucoli «c’è meno interesse da parte della classe politica a posizionare ì propri uomini». Si spendono molte energie e giustamente - per «spiegare che è ragionevole ritenere la vita un bene indisponibile» e si evita accuratamente lo scontro, preferendo la paziente costruzione di alleanze bipartisan allo scontro in campo aperto. D’altronde ognuno deve fare il proprio mestiere e non deve invadere i campi altrui». Questo rispetto dei ruoli spiega, secondo Brucoli, perché il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, l’udc Rocco Buttiglione, invitati al convegno di Terni non si sono presentati. Conferma Delle Foglie, ma aggiunge una preoccupazione: «Se ognuno fa bene a occuparsi di quanto gli compete, c’è bisogno di una presenza maggiore e instancabile nel dimostrare l’universalità delle posizioni cattoliche. Parlo soprattutto ai medici che non devono mai mancare a questi eventi, ai cattedratici e ai giuristi che spesso hanno paura di giocarsi nei loro ambiti». Non servono nuove o egemoniche strategie, è sufficiente chiedere a tutti di continuare a svolgere in coscienza il proprio mestiere, continuando a difendere «la vera natura della propria professione».

Burton Morris
25-06-09, 19:19
Il tema delle riforme ai lavori di Chianciano - Lettera

• da Secolo d'Italia del 25 giugno 2009, pag. 14

di Pier Paolo Segneri

Il dibattito sulle riforme è aperto. Del resto, sono mesi che il presidente della Camera, Gian Franco Fini, ribadisce l’urgenza di affrontare subito le riforme necessarie al Paese: della giustizia e delle carceri, delle istituzioni e della legge elettorale, dell’economia e del welfare. A lui si sono uniti, negli ultimi tempi, anche il governatore Mario Draghi e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Su tutte, però, spicca la voce autorevole del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Anche i radicali. A Chianciano, infatti, dal 26 al 28 giugno, le singole persone, con la loro storia politica e con la loro tessere di partito in tasca, si sono autoconvocate in assemblea. Liberali, socialisti, laici, libertari e democratici italiani, si vedranno da venerdì a domenica, per raccogliere e rilanciare quello che era il progetto della Rosa nel Pugno, il suo programma politico e le sue proposte. L’appuntamento è per tutti coloro che, personalmente, hanno interesse a coltivare le individualità e non le appartenenze. Per coloro che voglio nutrire di libertà la propria famiglia. Ecco perché il tuo contributo di presenza e partecipazione sarà essenziale. Insomma, gli autoconvocati di Chianciano si vedranno, nella città termale della Toscana, per discutere di riforme, per proporre soluzioni, per dare forza al rinnovato appello istituzionale del presidente Fini. E per agganciarsi a quanto il Secolo va ripetendo, ormai da tempo, sul cambiamento in corso e sulla necessità di affrontare, per esempio, il nodo della Giustizia in Italia. Nostra prima urgenza. Ma non basta: si parlerà molto di Europa. E il contraddittorio sull’Unione Europea forse aprirà addirittura i lavori dell’assemblea. Anche perché quello di Chianciano è un appuntamento liberale e l’idea degli Stati Uniti d’Europa rimanda proprio a Luigi Einaudi e, ancor di più, al celebre Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni. I liberali sono ancora per la stessa Europa sognata negli anni Cinquanta dall’allora ministro degli Esteri Gaetano Martino? L’assemblea dei mille di Chianciano proverà a rispondere a questa domanda e, auspicabilmente, rilancerà la costruzione di una patria europea al posto dei vecchi nazionalismi. Ricominciamo dal federalismo europeo.

Burton Morris
25-06-09, 19:19
A Chianciano per un'Italia nuova

• da L'Opinione del 25 giugno 2009, pag. 1

di Biagio Marzo

A Chianciano! Per riprendere le armi della "lotta partigiana". Armi della critica per intenderci. Sembra la parola d’ordine pannelliana un controsenso, per un movimento non violento di ispirazione gandhiana, ma, in effetti, è la sola via "volta ad aiutare il popolo italiano a liberarsi dell’ormai letale sessantennio partitocratico, promuovendo e organizzando la candidatura politica di forze e di progetto, per una Riforma di Alternativa Democratica nella Repubblica Italiana; e in Europa". A Chianciano! I Radicali riprendono la loro riflessione, dopo la lunga campagna elettorale in cui si sono presentati con la propria lista alle Europee, non avendo riportato alcun eletto, per via dell’esiziale sbarramento dei 4%. "Con buona pace di coloro che si battono per lo status quo e per l’oscurantismo. "I Radicali famosi perciò clandestini", per ripetere la massima a loro molto cara. Coraggiosamente in piena autonomia è stata presentato il tradizionale logo radicale Pannella & Bonino, mentre le altre omologhe liste sventurate erano di coalizione. Tra queste spicca la lista di Sinistra e Libertà che, per bocca di Nichi Vendola, fece scattare la "conventio ad excludendum" nei confronti dei Radicali. La cui presenza sarebbe stata significativa, perché avrebbe reso potabile la lista di Sinistra e libertà agli elettori dei mondo riformista, laico, libertario, liberale e garantista. Insomma, i Radicali avrebbero fortemente diluito il forte tasso di cultura politica di origine comunista. E, guarda caso, l’ex rifondarolo comunista Vendola ha menato le danze in campagna elettorale. Inutile dire che la presenza del Partito socialista non l’ha notata alcun elettore, nella lista di "Sinistra e libertà". Il peggio che potesse capitare ai Radicali fu quando i dirigenti socialisti, da cui avrebbero dovuto avere l’appoggio, per molte affinità elettive, non si opposero alla loro esclusione. Del resto, non potevano aspettarsi nulla di buono da parte socialista, visto che nel corso delle elezioni non hanno curato i propri interessi politici, lasciando campo libero agli alleati. E, comunque, non hanno proferito verbo allorché Vendola si è impossessato dei bastone di comando e da buon affabulatore ha rubato la scena politica. Chapeau! Soprattutto per la scelta deleteria anti-Radicale, "Sinistra e Libertà non ha avuto alcun eletto al Parlamento di Strasburgo. Con il senno del poi, si potrebbe dire mal comune mezzo gaudio. Un miracolo il risultato acquisito da Pannella e Bonino, oltre il 2%; se si pensa che le elezioni l’hanno fatta non avendo occhi per piangere, ossia senza mezzi e, per di più, sono stati oscurati dai mass media pubblici e privati. A Chianciano! Ma subito dopo, il 29 giugno, sarebbe meglio dire da Chianciano. Laddove inizierà l’attraversata nel deserto per arrivare all’obiettivo realistico di portare finalmente alla luce la democrazia, con le sue leggi e i suoi diritti umani da promuovere e affermare, come nuovo ordine e forma del nostro tempo, frutto ormai maturo della Religione della Libertà e dell’opera di generazioni di suoi chierici, ingegneri e operai, umanisti e umanitari". Mentre il Pd discute del prossimo congresso e si divide sulle candidature alla segreteria, "Sinistra e libertà" ha aperto il suo cantiere, anche se che non sappiamo cosa veramente vorrà costruire, e le altre formazioni hanno lavori in corso per opere di restauro; i Radicali hanno aperto, viceversa, un confronto con gli apolidi della sinistra, con dirigenti e militanti di diversi partiti e con i rappresentanti di associazioni culturali, per discutere dei Caso Italia. A Chianciano! I Radicali porteranno una ventata di idee fresche e originali in un clima intossicato dal gossip berlusconiano e dagli sterili dibattiti sulle nomenclature post comuniste e post democristiane. Pertanto, sarà lotta dura senza paura nei confronti del "monopartitismo imperfetto" - il copyright è di Pannella che sta distruggendo la politica e che vive sulla leva della cooptazione, un metodo scellerato di selezionare la classe dirigente. Paradossalmente, non viene scelta in base al merito, bensì in base al legame che ha con il potere relazionale. Una selezione alla rovescia da cui scaturisce una classe dirigente senza qualità. Proprio per le loro denunzie, i Radicali sono scomodi a tutti coloro che preferiscono le scorciatoie, invece di seguire la via dei talento, dei diritti, dei rispetto delle leggi vigenti e della conoscenza.

il Gengis
01-07-09, 20:43
Pd Radicali e senza quorum

• da L'Unità del 1 luglio 2009, pag. 37

di Luigi Manconi

L’assemblea di Chianciano, dello scorso fine settimana promossa dai Radicali italiani, ha offerto spunti di grande interesse. Il primo: la gran parte dei «senza quorum» ovvero militanti e dirigenti delle formazioni che non hanno superato la soglia del 4% (socialisti, verdi, vendoliani...) - hanno mostrato di voler tessere una tela comune con i Radicali, di voler tentare forme più avanzate di aggregazione, di voler elaborare una prospettiva dove l’opzione unitaria prevalga sull’immarcescibile spirito di scissione. Sarà il tempo a dire se tali intenzioni si tradurranno in opere conseguenti. Personalmente fatico ad accreditare quella prospettiva: in primo luogo perché affidata essenzialmente alle sole forze dei Radicali italiani, gli unici che ne sembrano incondizionatamente convinti, e che più hanno insistito su questioni di merito e di programma. E tuttavia, quanto succede in quell’area e in quello spazio politico va osservato con la massima attenzione e il massimo rispetto: perché quell’area non solo è consistente sotto il profilo elettorale (3/5%), ma è anche ricca di idee e di esperienze, di militanza e di intuizioni di notevole significato. Ancor più, pertanto, stupisce che - rispetto all’assemblea di Chianciano e a quanto visi è discusso - il silenzio del Pd sia stato così assordante. Così come quello degli attuali candidati alla segreteria del partito. Eppure, quell’assemblea chiama in causa due questioni di grande rilievo: la capacità di aprire il Pd a esperienze, culture e militanti provenienti da altri percorsi, e di garantire loro, attraverso regole democratiche, spazio adeguato e pari dignità; e la necessità di elaborare una indispensabile e accorta politica delle alleanze. Problema, quest’ultimo che interpella in ogni caso il Pd, se aspira a vincere e a governare. Temo che si possa ripetere quanto è accaduto in occasione delle ultime elezioni: la preziosa esperienza della delegazione radicale all’interno dei gruppi parlamentari democratici è stata ignorata e si è scelto, per responsabilità primaria della leadership del Pd, di non riprodurla nella formazione delle liste per le Europee. La cosa appare, in ultima analisi, autolesionista. Giova ripeterlo: all’interno del Labour party, hanno convissuto per decenni Tony Blair e i sindacalisti massimalisti, Gordon Brown e i trotskisti. E fin troppo banale notarlo: la situazione italiana è ampiamente diversa, ma possibile che l’esperienza inglese non abbia alcunché da insegnarci? Pertanto, insisto a chiedere con ingenuità consapevole: perché mai Dario Franceschini e Pierluigi Bersani dovrebbero aver paura della tenera Emma Bonino?

il Gengis
01-07-09, 20:43
Nessuno in Italia s'indigna per i diritti calpestati?

• da Oggi del 1 luglio 2009, pag. 13

di Emma Bonino

Certo, anche contro la repressione degli ayattolah c’è chi è sceso in piazza. Ma dove sono le «armate» dei pacifisti?

Risponde Emma Bonino

Non appena ci sono giunte le prime notizie, e soprattutto le prime immagini, dalle strade di Teheran, all’indomani di elezioni evidentemente fraudolente, Radio Radicale e Il Riformista hanno organizzato a Piazza Farnese a Roma una manifestazione pubblica coinvolgendo tutte le forze politiche, i sindacati, le associazioni. Ci sono poi state tante altre manifestazioni in giro per l’Italia, ad esempio a Trieste durante il G8 dei ministri degli Esteri, come pure in giro per il mondo.

Il ruolo sempre crescente di Facebook, Youtube o Twitter aiuta a canalizzare sostegno e solidarietà: per questo ritengo che la Rete sia uno strumento potente di comunicazione per una mobilitazione che richiede sforzo e organizzazione, come i cortei, i sit-in o i concerti come quello promosso da Joan Baez. Ma tutto questo non basta. Non ho per esempio visto alcuna mobilitazione dei pacifisti, di solito così solerti a scendere in piazza: forse perché non c’era alcuna bandiera americana o israeliana da bruciare?

Di fronte all’oppressione che non accenna a diminuire, le voci di gruppi o di singole persone, anche autorevoli, che continuano ad alzarsi in Occidente – punto di riferimento per una moltitudine di iraniani – non devono rimanere isolate ma aumentare fino a creare quella massa critica che è finora mancata. E’ presto per dire se in Iran la violenza del regime soffocherà l’Onda Verde di protesta ma noi dobbiamo fare di tutto affinchè questo processo innescato da una forte richiesta di cambiamento non si spenga e, anzi, diventi irreversibile.

Un modo per farlo è di non distogliere lo sguardo neppure quando il regime oscura la Rete o quando cesserà il fermento nelle piazze.

il Gengis
01-07-09, 20:44
E Pannella riapre il gioco a tutto campo

• da Secolo d'Italia del 1 luglio 2009, pag. 1

di Luca Maurelli

Le notizie sono due. La prima è preoccupante: i Radicali rischiano di chiudere bottega. La seconda invita all’attenzione: nel futuro, ammesso che ci sia un futuro, Pannella vuol coltivare idee e persone di un’area politica considerata interessante, quella della destra moderna e laica che governa con una propria idea di società e dei diritti civili. E le protagoniste del "dialogo possibile" sono due donne, Renata Polverini e Giulia Bongiorno. A dispetto di quanto scritto nei giorni scorsi, la chiave di lettura dell’assemblea dei Mille di Chianciano e del Comitato conclusosi ieri, non è l’apertura di credito alla sinistra radicale, o comunque non solo. Anche ieri, nel corso della riunione dell’organismo dirigente chiamato ad approvare la mozione politica generale, s’è discusso a lungo della strategia dell’attenzione di Marco Pannella verso Gianfranco Fini, degli spunti politici che arrivano dalla destra politica e sindacale e di possibili sinergie sul fronte delle riforme, dal welfare alla giustizia. Ma prima di fare progetti c’è da risolvere la crisi finanziaria. Le parole, per i Radicali, hanno sempre un peso specifico, dunque c’è da essere davvero preoccupati se nel documento c’è scritto "drammatica crisi organizzativa e finanziaria, e dunque politica", come è messo nero su bianco nella mozione approvata ieri. Una crisi che "mette in discussione la stessa esistenza" del partito radicale, al punto che qualcuno si spinge a ipotizzare una possibile chiusura della storica sede di Torre Argentina. «La crisi politico-economica di Radicali italiani è giunta a un punto tale che il movimento non ha nemmeno le disponibilità necessarie a rinnovare i contratti di collaborazione, la cui scadenza era stata già preventivamente fissata per il 30 giugno, e a proseguire le iniziative, con il rischio che entro pochi giorni tutte le attività debbano essere completamente interrotte», afferma il testo. Sul piano politico, invece, le certezze sono maggiori. L’obiettivo è quello di spingere su un grande progetto riformista che coinvolga trasversalmente le forze politiche, l’idea di un welfare universale, la battaglia sulle pensioni, il modello presidenziale americano, la giustizia, le carceri. Proprio sulla questione delle condizioni di vita dei detenuti, Rita Bernardini prosegue una battaglia importante che in Commissione Giustizia della Camera passa attraverso una forte collaborazione con Giulia Bongiorno, una delle più significative rappresentanti di quell’area politica che nasce intorno a Gianfranco Fini. In cantiere c’è una mobilitazione a sostegno della comunità penitenziaria che si traduca, nel mese di agosto, in due giornate di presenza straordinaria nelle duecentocinque carceri italiane di parlamentari, consiglieri regionali, garanti dei diritti dei detenuti. Nonostante il recente scambio di lettere, in questi giorni di lavori dei Radicali Marco Pannella non ha mai citato esplicitamente il presidente della Camera, che per correttezza istituzionale non può essere considerato un interlocutore politico in senso stretto, ma di quel dialogo s’è parlato a lungo, e con toni di grande interesse, nel corso del Comitato, come nel caso dell’intervento di Michele Capano che ha aperto un approfondito dibattito sul tema. Marco Pannella, lunedì, nel corso di un breve intervento mattutino e di uno più lungo nel pomeriggio, aveva sviluppato alcuni ragionamenti interessanti sul dialogo con la destra, spingendo in modo particolare sul tasto del riformismo possibile grazie alla lungimiranza di sindacati nuovi e rappresentativi come l’Ugl di Renata Polverini. In un lungo passaggio del suo intervento, Pannella aveva fatto riferimento all’idea di una riforma del welfare universale, secondo un’impronta salveminiana, partendo da quella preoccupazione del grande storico meridionalista sul rischio di creare attorno alla classe operaia un cerchio di privilegio assoluto che facesse passare in secondo piano la necessità di coinvolgere in un circuito virtuoso anche chi di tutele, in realtà, non ne ha assolutamente. Oggi - ha spiegato Pannella - anche Pietro Ichino converge sulla necessità di una riforma delle pensioni, del lavoro femminile, dell’innalzamento dell’età pensionabile. E qui il ragionamento si sposta sull’Ugl, «che ricorda Pannella - anche a Mirafiori ha ottenuto una grande affermazione, in un contesto storicamente operaio». In questo senso - spiega il leader radicale - «la presenza qui di Renata Polverini ha avuto un significato straordinario, anche per le cose che ha detto, credo per la prima volta». Pannella fa riferimento all’apertura dell’Ugl sul tema dell’equiparazione dell’età pensionabile tra donne e uomini, forse forzando un po’ il concetto visto che l’Ugl si dichiara comunque contraria di principio, ma senza rinunciare all’idea di poter fare riforme col consenso delle forze politiche e sociali. Centrale è stata, secondo Pannella, «la frase di Renata, quando dice che il sindacalismo deve negoziare e contrattare, quindi il problema è che queste misure si possono anche fare, ma con la garanzia che i benefici effetti siano spalmati per riempire i deficit e i buchi di assistenza su questioni come la maternità e la famiglia». E qui il leader si concede un’altra piccola esegesi del pensiero polveriniano, sul concetto di famiglia, passaggio delicato: «Lei ha parlato di famiglia nel momento in cui si costituisce come riferimento economico, quindi anche di di fatto o giuridica...». E giù lodi all’Ugl che sa comprendere e parlare a una nuova realtà operaia, a differenza di altre sigle che invece «continuano a creare spessore tra la condizione esistenziale e quella del proprio lavoro, tra la loro sensibilità e i comportamenti politici...». Pannella sembra fare riferimento all’incapacità della triplice di emanciparsi dalla rappresentanza politica, sindacale e quasi antropologica dell’operaio, per provare invece a interpretarne le aspettative in una società profondamente diversa dal passato. Poi il messaggio finale, di apertura a chiunque abbia voglia di trarre «conseguenze dal proprio vissuto politico», come per le grandi battaglie civili del passato, fatte anche con i cattolici, l’Msi, con la Dc, come sul divorzio, «quando quel 25 maggio 1975 una possibile vittoria stentata si trasformò in un grande trionfo civile per tutti».

il Gengis
01-07-09, 20:44
E i Radicali strizzano l'occhio al "peer to peer"

• da Corriere della Sera del 1 luglio 2009, pag. 29

di Emanuele Buzzi

I radicali strizzano l’occhio ai pirati. Almeno sul web. Perché quando si tratta di libertà da difendere, ci sono battaglie da combattere, anche online. Tutto è cominciato su Radio Radicale, con i dibattiti sul ruolo di internet. Ora la nascita dell’associazione radicale «Agorà digitale». Un’iniziativa varata con la benedizione del comitato nazionale riunito a Chianciano. «Sono anni che ci battiamo per la legalizzazione del peer to peer, per l’abolizione del monopolio Siae, per i diritti della privacy sul web - spiega l’ex eurodeputato Marco Cappato, che ha aderito al progetto -. Il problema è aggregare forze fuori dal partito, nell’opinione pubblica. Manca la consapevolezza politica, che nasce solo con degli obiettivi». Obiettivi impegnativi sulla carta: creazione di un percorso per legittimare il file sharing nel rispetto del diritto degli autori e apertura del mercato dell’intermediazione sul copyright. Molti i punti d’incontro con il Partito Pirata svedese, che - forte delle vicissitudini giudiziarie di The Pirate Bay - ha strappato il 7,1 % dei voti alle Europee e un seggio a Strasburgo. E soprattutto, ha visto aumentare in modo esponenziale gli iscritti (ora oltre quarantacinquemila). «Siamo pronti a lavorare insieme a chiunque si batta con noi per raggiungere le mete che ci siamo posti, senza alcuna preclusione» sostiene Cappato. Un messaggio che non ha solo una vocazione transnazionale (i pirati in Germania hanno sfiorato l’1%), ma che guarda anche all’Italia. Il partito Pirata Italiano si è già mosso: ha presentato un candidato, Alessandro Bottoni, come indipendente nelle fila di Sinistra e Libertà alle elezioni di giugno e ha incrementato il numero di soci. Per ora, però, la battaglia radicale sulle libertà digitali è ancora da definire: «Le nostre posizioni - dice Cappato - sono ancora una questione aperta, che non si è trasformata in un’iniziativa militante. Ci sarà da discutere». Però, promette, «ci impegneremo per quelle proposte di legge in difesa del web che sono già al vaglio del Parlamento».

il Gengis
04-07-09, 13:21
GrNet.it - portale di libera informazione per le forze armate e di polizia - Intervista a Maurizio Turco

• da GrNet.it del 2 luglio 2009

di Luca Marco Comellini

Proponiamo oggi ai nostri lettori un'intervista realizzata da Luca Marco Comellini a Maurizio Turco, parlamentare radicale del Partito Democratico, che in questi ultimi giorni ha presentato una serie di interessantissime interrogazioni al Ministero della Difesa (4/03389 - 4-03377 - 4-03374 - 4-03267 - 5-01550 )



Nato a Taranto il 18 aprile 1960 ha iniziato la sua militanza politica nel 1979 con il partito Radicale.



COMELLINI : Maurizio Turco, lei è membro della Iª Commissione permanente della Camera eppure, negli ultimi giorni di giugno, ha presentato alcune interessanti interrogazioni al ministro della difesa mettendo in luce alcuni aspetti del sistema di rappresentanza che la legge impone ai militari a dir poco sconcertanti. Perché questo interesse che non ha nulla a che vedere con i suoi passati impegni di parlamentare europeo, da sempre militante radicale?





TURCO: In realtà essendo la prima Commissione quella degli Affari Costituzionali, nel momento in cui si negano ai militari i diritti civili elementari c’è una forte attinenza alla Costituzione, o meglio alla sua violazione. Perché dev’essere chiaro che non si vogliono stravolgere le regole del gioco, ma semplicemente che le regole siano applicate, rispettate e fatte rispettare. Da tutti. E’ chiaro che questo discorso interessa poco i vertici militari che ben sanno come tutelare i propri interessi.



C: I suoi colleghi del PD si sono dimostrati molto attenti alle richieste che gli sono pervenute dai vertici militari e dai COCER, tanto da presentare una ennesima proposta di legge per la modifica dell’istituto rappresentativo dei militari. Tuttavia le differenti realtà associative che negli ultimi anni si sono spontaneamente sviluppate per sopperire alla cronica deficienza di autorevolezza e rappresentatività dei COCER, hanno giudicato quell’iniziativa una inutile tarantella, idonea solo a mantenere immutati gli attuali schemi dove la rappresentanza è di fatto espressione diretta dei vertici militari. Perché non c’è il coraggio di parlare apertamente di sindacalizzazione, cosa li frena?





T: Io so solo che le gerarchie militari - generalizzo ben sapendo che non tutti i suoi componenti la pensano e si comportano allo stesso modo, ma la maggioranza sì - confondono e spesso sovrappongono il dovere all’obbedienza da parte dei sottoposti con l’esercizio del proprio potere, che spesso più che atto dovuto di potenza rischia e spesso è un atto di prepotenza. E’ chiaro che parlare di sindacalizzazione dei militari può apparire una contraddizione ma solo se si pensa di voler mettere in discussione ordini militari e sono d’accordo che in questo caso sarebbe una follia. Ma di fronte all’esercizio della prepotenza, esercizio che si manifesta quando si danno ordini in virtù dell’essere militari ma che nulla hanno a che fare con quest’ambito, la “truppa” è costretta a chinare il capo e obbedire: questi ordini possono e devono essere contestati.



C: Quale potrebbe essere una valida iniziativa idonea a raccogliere, in modo assolutamente ampio e democratico le istanze dei militari, affinché siano realmente coinvolti nell’evoluzione sociale e democratica del Paese, senza lasciare ad altri che non conoscono il loro mondo la possibilità di continuare a produrre aborti normativi il cui peso ricade, ogni volta, sull’intera collettività?





T: Credo che se i militari non possono reclamare i propri diritti elementari in base all’articolo 39 della Costituzione (... l'organizzazione sindacale è libera ...), alle condizioni date possono non solo rivendicare diritti ma anche contribuire dal punto di vista legislativo in ragione dell’articolo 49 (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”).



C: In questi giorni il problema della sicurezza rappresenta uno dei nodi da sciogliere per il bene del Paese, ritieni che, alla fine, La Russa sarà costretto a tagliarsi una gamba oppure c’è il concreto rischio che il maggiore coordinamento tra le Forze di polizia, da più parti ipotizzato, sia solo una maschera alla creazione/spartizione di poteri e poltrone diversamente inesistenti?



T: Non so fino a che punto il Ministro e parlo proprio della persona, di Ignazio La Russa, sia consapevole dei risvolti di alcune operazioni che si appresta a fare e di cui comunque sarà lui a dover rispondere. La sicurezza è un bene primario e pertanto lo si agita spesso a sproposito e per fini non proprio costituzionali ben sapendo che i cittadini sono, giustamente!, molto sensibili. Il tutto accade com’è logico a spese dei cittadini stessi, a cominciare dai militari. Anche la frustrazione che si causa negli operativi dovrebbe essere oggetto di valutazione, ma mi pare che questa evenienza non impensierisca i vertici.



C : Prima delle scorse elezioni politiche 2008 si vociferava che, in caso di vittoria del PD il ministero della Difesa sarebbe stato retto da Emma Bonino. Il PD, invece, per le questioni militari si affida all’esperienza che la senatrice Pinotti sembra mutuare dai vertici gallonati, dimostrandosi piuttosto conservatore e decisamente spostato sulle posizioni della PDL, tanto da far apparire più democratici e innovatori i deputati Ascierto e Gasparri che pubblicamente si dichiararono favorevoli alla sindacalizzazione delle Forze armate, prima di essere fatti rientrare nei ranghi dallo stesso Fini. Come sarebbe cambiato il ministero della difesa con Emma Bonino nel ruolo di ministro?



T: Credo che un antimilitarista sia il miglior Ministro della Difesa possibile non perché dopo due mesi ha distrutto l’apparato difensivo ma per creare quelle condizioni di vivibilità per tutti e quindi per ciascuno che sono alla base dell’impegno dei radicali e di Emma Bonino in particolare. D’altronde Emma Bonino da Commissaria europea agli aiuti umanitari i militari li ha incrociati spesso e li conosce bene. Ho fatto questo richiamo anche per sottolineare e rendere evidente che fino a poco tempo fa pensare a dei militari impegnati in azioni umanitarie era considerata una contraddizione. Tutto cambia e quindi tutto cambierà nonostante i vertici militari siano portati, e come non capirli!, a lasciare che tutto resti com’è.



C: Programmi futuri?



T: Dare una mano a veder nascere, crescere e imporsi un movimento di militari democratici, cioè avvinghiati alla Costituzione, consapevoli del proprio ruolo nella vita democratica del paese. E quindi un movimento che veda nella “sindacalizzazione” cioè nel “diritto al diritto” ad essere rispettati come cittadini, di godere di diritti esigibili che vengono tolti in nome di alti valori ma che in realtà sono veri e propri abusi. Questo movimento dovrà lottare per ricorrere contro l’ordine ingiusto sapendo che quello militare non è sindacabile. Ma la lotta più dura sarà quella di far capire ai “generali” che non tutti i loro ordini, per il solo fatto di essere impartiti da dei “generali”, sono ordini militari. Con una battuta direi che questo è il minimo sindacale. Dopodiché, fuor di scherzo, se non si può agire attraverso un sindacato lo si farà attraverso un partito a cui, naturalmente, potranno aderire anche i generali, in questo caso senza le virgolette!

il Gengis
04-07-09, 13:21
"Il Secolo" apre a Pannella "tra lui e Fini c'è sintonia"

• da Corriere della Sera del 2 luglio 2009, pag. 19

Il «Secolo d’Italia» la chiama «la strategia dell’attenzione di Marco Pannella verso Gianfranco Fini». Sintonia cominciata a Chianciano, una settimana fa, al convegno dei radicali, dove lo storico leader ha elogiato il presidente della Camera, «che sta dimostrando un forte e reale senso dello Stato». Il «Secolo», «quotidiano nel Pdl», spiega che «Pannella vuol coltivare idee e persone di un’area politica considerata interessante, quella della destra moderna e laica che governa con una propria idea di società e dei diritti civili». Protagoniste del dialogo possibile sono Renata Polverini e Giulia Bongiorno. Sulla questione delle condizioni di vita dei detenuti, la radicale Rita Bernardini, segnala il quotidiano, «ha una forte collaborazione con Giulia Bongiorno». E Pannella, spiega sempre il «Secolo», ha sviluppato alcuni ragionamenti interessanti sul welfare, «spingendo sul tasto del riformismo possibile grazie alla lungimiranza di sindacati nuovi e rappresentativi come l’Ugl di Renata Polverini».

il Gengis
04-07-09, 13:22
Pannella parla e non si ferma più

• da Italia Oggi del 2 luglio 2009, pag. 2

di Emilio Gioventù

Marco Pannella è così: quando attacca non lo fermi più. Roba da fare invidia al coniglietto della pubblicità di una nota marca di batterie. Pannella dell’arte della retorica è un maestro. Togliergli la parola è un’impresa. Zittirlo è praticamente impossibile. L’ultimo exploit ha il sapore del record: 5 ore 48 minuti 49 secondi. Tanto è la durata complessiva degli interventi di Marco Pannella a Chianciano Terme all’assemblea dei Mille organizzata dai Radicali Italiani. Quasi sei ore in quattro giorni. Ha cominciato il 26 giugno parlando all’assemblea per 46 minuti e 10 secondi. Ai quali devono aggiungersi i 54 minuti e 44 secondi concessi il giorno successivo. Pannella il 28 giugno si è risparmiato regalando ai «Mille» un intervento di appena 17 minuti e 10 secondi. Mossa strategica per arrivare in forma alla performance del giorno dopo: 1 ora 56 minuti e 26 secondi di intervista con Massimo Bordin. Un’enormità visti i 34 minuti e 50 secondi di intervento nello stesso giorno al comitato nazionale Radicali Italiani, salvo poi rifarsi il 29 giugno con 1 ora 19 minuti e 29 secondi. E pensare che Pannella non ha incarichi fra i Radicali se non il celebrativo ruolo di «presidente del senato del partito radicale nonviolento transnazionale transpartito».

il Gengis
04-07-09, 13:22
Lettera a un partito mai nato. Firmata: i Radicali

• da Europa del 2 luglio 2009, pag. 9

di Pier Paolo Segneri

Caro Partito democratico, si è aperto il tuo dibattito pre-congressuale. E si è alzato il sipario sulle candidature alla segreteria. Ebbene, tra le riflessioni politiche di questi ultimi giorni, merita davvero un’attenzione specifica l’intervista rilasciata dal professor Giuliano Amato al Corriere della Sera dello scorso 24 giugno. Le parole intelligenti e costruttive del presidente Amato andrebbero fotocopiate e distribuite tra tutti i tuoi dirigenti. Perché il professore colpisce nel segno quando ti definisce come «un partito mai nato» che poggia «sui filamenti organizzati dei vecchi partiti»: gli ex-Dc della Margherita e i post-Pci dei Ds. Sembrerebbero parole dure, quelle utilizzate da Amato, ed invece invitano alla coesione, sollecitano al superamento della vetusta socialdemocrazia europea, spronano il gruppo dirigente ad essere, almeno, all’altezza del proprio pessimismo. Cioè, di ammettere che, in giro, non c’è un Frank Sinatra. Insomma, bisognerebbe ascoltare la saggezza di chi, come Amato, ha memoria e non inseguire vecchie o nuove identità prive di vita presente. La memoria è la madre delle arti e, dunque, è anche la madre della politica, intesa come l’arte del "nuovo possibile". Ed è proprio qui che si inserisce il progetto politico della Rosa nel Pugno. Un’idea che nasce dalla memoria ed è quindi viva nell’oggi e proiettata nell’avvenire. Esattamente quello che manca a questo Pd, che non ha memoria. Ed è, perciò, senza futuro. L’attuale Partito democratico, bisognerà pur scriverlo fuori da qualunque metafora, è l’evoluzione o l’involuzione del vecchio Ulivo. Non stupisce, allora, che addirittura si arrivi ad esaltare tutti coloro che non hanno una memoria politica precedente. Come se fossimo all’anno zero. Come se il Pd rifiutasse qualsiasi memoria, negasse il passato scomodo e cancellasse la propria origine storica e catto-comunista. Riprodotta nella sfida tra Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Come se questo vuoto di memoria fosse il segno di riconoscimento del Pd. Come se tale vuoto definisse l’identità stessa di questo Pd. Ma senza memoria non c’è futuro. Il progetto politico della Rosa nel Pugno nasce, invece, dalla memoria: laica, liberale, libertaria, liberalsocialista, radicale. E rappresenta, al contrario del Pd, il nuovo che scaturisce dall’antico e che si oppone al vecchio. In altre parole, la Rosa nel Pugno è la strategia politica di sempre: quella per un partito riformatore-democratico-liberale come alternativa ad un partito conservatore-repubblicano-federalista. Eppure oggi, in Italia, bisogna prenderne atto, non ci sono ancora né l’uno né l’altro. Per tale ragione, appare lungimirante la disponibilità espressa da Francesco Rutelli in una lettera inviata ai Radicali in occasione dell’assemblea degli autoconvocati di Chianciano. La mano tesa di Rutelli verso Marco Pannella ed Emma Bonino è un gesto assai significativo. Non perché fa dei Radicali degli interlocutori indispensabili per il Pd e nemmeno perché i Radicali diventano ineludibili quando si tratta di affrontare temi che investono l’umanesimo laico, la bioetica e i diritti civili. Questo è, semmai, il presupposto. È la premessa necessaria, ma non certo sufficiente, per avviare un dibattito costruttivo sulla riforma americana ed anglosassone delle istituzioni e della giustizia. Il dialogo tra Rutelli e i Radicali, quindi, è auspicabile che non si riduca soltanto ad una interlocuzione sui soli diritti civili. Seppur importantissimi. C’è da estendere il contraddittorio sulle riforme dell’economia, del welfare, delle pensioni. Bisogna elaborare un progetto complessivo di riforma americana delle istituzioni europee, nazionali e dell’ordinamento regionale italiano. Una Riforma, con la maiuscola, che preveda l’introduzione del sistema elettorale uninominale maggioritario, di una anagrafe pubblica degli eletti è dei nominati, di una piena libertà di associazione e di partecipazione dei cittadini. A cominciare dalle primarie, ma davvero sul modello americano non con la parodia scimmiottesca fatta fin qui in Italia. E’ su queste basi che può costruirsi un’intesa politica tra i liberali del Pd e i Radicali, tra Rutelli e Pannella, tra i Democratici e noi riformatori. Per il paese. Per una giustizia giusta. Per un bipartitismo davvero democratico.

il Gengis
04-07-09, 13:25
Ora l'Italia è più cattiva

• da La Repubblica del 3 luglio 2009, pag. 1

di Adriano Sofri

Variando Pietro Nenni ("Da oggi siamo tutti più liberi") il governo ieri ci ha dichiarati tutti più sicuri. Da ieri, siamo tutti più insicuri, più ipocriti e più cattivi. Più insicuri e ipocriti, perché viviamo di rendita sulla fatica umile e spesso umiliata degli altri. infermieri e domestiche e badanti di vecchi e bambini, quello che abbiamo di più prezioso (e di prostitute, addette ad altre cure corporali), e lavoratori primatisti di morti bianche, e li chiamiamo delinquenti e li additiamo alla paura. Ci sono centinaia di migliaia di persone che aspettano la regolarizzazione secondo il capriccio dei decreti flussi, e intanto sul loro lavoro si regge la nostra vita quotidiana, e basta consultare le loro pratiche di questura per saperne tutto, nome cognome luogo di impiego e residenza, nome e indirizzo di chi li impiega. La legge, vi obietterà qualcuno, vuole colpire gli ingressi, non chi c’è già: non è vero. La legge vuole e può colpire nel mucchio. È una legge incostituzionale, non solo contro la Costituzione italiana, ma contro ogni concezione dei diritti umani, e punisce una condizione di nascita – l’essere straniero – invece che la commissione di un reato. Dichiara reato quella condizione anagrafica. Ci si può sentire più sicuri quando si condanna a spaventarsi e nascondersi una parte così ingente e innocente di nostri coabitanti? Quando persone di nascita straniera temano a presentarsi a un ospedale, a far registrare una nascita, a frequentare un servizio sociale, o anche a rivolgersi, le vittime della tratta, ad associazioni volontarie e istituzionali (forze di polizia comprese) impegnate a offrir loro un sostegno. Quando gli stranieri temano, come avviene già, mi racconta una benemerita visitatrice di carceri, Rita Bernardini, di andare al colloquio con un famigliare detenuto, per paura di essere denunciato? Lo strappo che gli obblighi della legge e i suoi compiaciuti effetti psicologici e propagandistici provoca nella trama della vita quotidiana non farà che accrescere la clandestinità, questa sì lucrosa e criminale, di tutti i rapporti sociali delle persone straniere. È anche una legge razzista? Si gioca troppo con le parole, mentre i fatti corrono. Le razze non esistono, i razzisti sì. Questa legge prende a pretesto i matrimoni di convenienza per ostacolare fino alla persecuzione i matrimoni misti, ostacola maniacalmente l’unità delle famiglie, fissa per gli stranieri senza permesso di soggiorno una pena pecuniaria grottesca per la sua irrealtà – da 5 a 10 mila euro, e giù risate – e in capo al paradosso si affaccia, come sempre, il carcere. Carcere fino a tre anni per chi affitti una stanza a un irregolare: be’, dovremo vedere grandiose retate. Galera ripristinata – bazzecole, tre anni – a chi oltraggi un pubblico ufficiale: la più tipicamente fascista e arbitraria delle imputazioni. Quanto alle galere per chi non abbia commesso alcun reato, salvo metter piede sul suolo italiano, ora che si chiamano deliziosamente Centri di identificazione e di espulsione, ci si può restare sei mesi! Sei mesi, per aver messo piede. Delle ronde, si è detto fin troppo: e dopo aver detto tanto, sono tornate tali e quali come nella primitiva ambizione, squadre aperte a ogni futuro, salvo il provvisorio pudore di negar loro non la gagliarda partecipazione di ammiratori del nazismo, ma la divisa e i distintivi.

Tutto questo è successo. Ogni dettaglio di questo furore repressivo è stato sconfessato e accantonato nei mesi scorsi, spesso per impulso di gruppi e personalità della stessa maggioranza, e gli articoli di legge sono stati ripetutamente battuti nello stesso attuale Parlamento introvabile. È bastato aspettare, rimettere insieme tutto, e nelle versioni più oltranziste, imporre il voto di fiducia – una sequela frenetica di voti di fiducia – e trionfare. Un tripudio di cravatte verdi, ministeriali e no, con l’aggiunta di qualche ex fascista berlusconizzato. (Perché non è vero che il berlusconismo si sia andato fascistizzando: è vero che il fascismo si è andato berlusconizzando). La morale politica è chiara. Il governo Berlusconi era già messo sotto dalla Lega ("doganato": si può dire così? Doganato dalla Lega). Ora un presidente del Consiglio provato da notti bianche e cene domestiche è un mero ratificatore del programma leghista. Ma la Chiesa cattolica, si obietterà, ha ripetuto ancora ieri il suo ripudio scandalizzato del reato di clandestinità e la sua diffidenza per le ronde e in genere lo spirito brutale che anima una tal idea della sicurezza. Appunto. Berlusconi è politicamente ricattabile, ma non da tutti allo stesso modo. Dalla Lega sì, dalle commissioni pontificie no, perlomeno non da quelle che si ricordano che il cristiano è uno straniero.

Un ultimo dettaglio: le carceri. Mai nella storia del nostro Stato si era sfiorato il numero attuale di detenuti: 64 mila. Dormono per terra, da svegli stanno ammucchiati. La legge riempirà a dismisura i loro cubicoli. Gli esperti hanno levato invano la loro voce: "Le carceri scoppiano, c’è da temere il ritorno della violenza, un’estate di rivolte". Può darsi. Ma non dovrebbe essere lo spauracchio delle rivolte, che non vengono, perché nemmeno di rivolte l’umanità schiacciata delle galere è oggi capace, a far allarmare e vergognare: bensì la domanda su quel loro giacere gli uni sugli altri, stranieri gli uni agli altri. La domanda se questi siano uomini.

il Gengis
04-07-09, 13:26
Il mondo dopo Chianciano

• da Left del 3 luglio 2009, pag. 36/37

di Luca Inglese

Pannella la sua parte l’ha fatta. Con la generosità disordinata e travolgente che lo contraddistingue, il passo l’ha compiuto. L’assemblea di Chianciano del weekend passato, scandalosamente cancellata dai palinsesti dei media principali, ha aperto la prospettiva di una aggregazione dì sinistra, laica ed ecologista. Adesso, come si dice in gergo tennistico, la palla è nel campo di Sinistra e libertà. Nel weekend toscano gli interventi delle forze che la costituiscono, da quello di Nencini che ha invocato una "società di mutuo soccorso”; a quelli dei molti Verdi presenti (Frassoni, Cento, Bonelli, Boato e persino Pecoraro Scanio), a quello di Gennaro Migliore di Mps, hanno espresso tutti l’augurio di una prosecuzione del dialogo. Una risposta più "concreta”; auspicabilmente, verrà venerdì 3 luglio, dall’assemblea di Roma. La strada dell’alleanza è, in verità, lastricata di difficoltà, di merito e di metodo. I problemi sono almeno di due ordini: uno strategico e uno tattico. Dal punto di vista strategico la questione riguarda quello che viene banalmente definito il "contenitore" e quello della collocazione nella geografia politica nazionale. Ovvero, la domanda è: le forze a sinistra del Pd concordano nell’obiettivo, anche ravvicinato, di costituire se non un partito, un’alleanza organica nel prossimo futuro? E, in secondo ordine, questa alleanza si rapporterà al Pd come possibile partner nella ricomposizione di un centrosinistra nuovo in grado di sottrarre il Paese alla destra berlusconiana? L’urgenza temporale è chiara a tutti, visto che le elezioni amministrative della primavera prossima sono vicinissime, e il rischio quorum potrebbe riprodurre il flop delle Europee. Per non parlare di un eventuale rischio elezioni politiche, nel caso di una accelerazione della crisi del governo Berlusconi. Sinistra e libertà, dal canto suo, è attraversata da due opposte pulsioni. Quella che vuole chiudere subito il recinto costituendo un partito (in particolare Sinistra democratica e i comunisti di Guidoni), e quella che preferisce mantenere ancora una forma più "liquida" (Verdi e vendoliani). Ma anche in casa radicale il problema non è stato risolto. Le spinte, divergenti, sono almeno due: una predilige l’interlocuzione diretta con il Pd, l’altra il tentativo di aggregazione con ciò che è fuori da esso (anche se a Pannella Sel fa proprio schifo, e non ne fa mistero). I Radicali sono divisi fra una grande forza e una grande debolezza. La forza deriva dalla buona performance elettorale che conferisce loro, fuori dal Pd, un grosso potere contrattuale nel costruire il nuovo soggetto politico. A questa si aggiunge la forza di alcune loro idee (la laicità, il rapporto con la scienza, la lotta alla burocrazia partitocratica e all’informazione lottizzata e altre ancora) di assoluta e stringente attualità. La debolezza invece è organizzativa. Nonostante l’elogio della precarietà, la relazione del tesoriere ha illustrato bene la materialità dei problemi organizzativi e finanziari. Insomma, ai Radicali eleggere qualcuno alle regionali farebbe comodo, eccome. La questione tattica invece risponde alla domanda: avvicinarsi sì ma come? Il metodo da seguire sarebbe, ovviamente, quello di discutere di contenuti. Le differenze su molti temi sono ancora profonde. Dato per assodato, con una modesta forzatura, che il terreno della laicità, dei diritti della persona e della non violenza sono il campo comune praticabile, e che la cultura ambientalista è unanimemente riconosciuta come centrale e strategica, restano aperti i temi economici e quello della riforma istituzionale. Citiamo solo tre esempi.

Il tema del lavoro e del welfare. Tra le righe del discorso radicale, almeno tra quelli più di sinistra, prevale una idea simil danese: massima liberalizzazione del mercato del lavoro, insieme alla massima copertura welfarisitca: il migliore dei mondi possibile. Il mito danese però è stato già sventolato in Italia a più riprese. Oggi, a sinistra del Pd tutto ciò desta grandissimi sospetti. E a ragione. Appartiene agli anni Novanta l’elogio della famosa flex security, la riforma del mercato del lavoro e del welfare che dovevano dare, al tempo stesso, maggiore flessibilità alle aziende e maggiore sicurezza a lavoratori e cittadini. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la precarietà. Il mondo del lavoro, indebolito dall’introduzione delle tipologie contrattuali atipiche (la legge Biagi tanto cara ai Radicali), ha visto gli stipendi e il potere contrattuale dei lavoratori crollare. E nessun welfare ad accoglierli. Così è nata e cresciuta una generazione di persone intrappolate in una vita fatta di contratti miserabili, di durata semestrale o annuale. E la precarietà, da fatto economico è divenuto esistenziale. Sui temi del lavoro e del welfare sarebbe vitale che Radicali, Verdi, socialisti, comunisti e quant’altro si confrontassero in convegni tecnico-scientifici e che, con il supporto dell’analisi economica, fossero in grado di superare i residui ideologici di entrambe le culture per precipitarle in un programma preciso. Il debito pubblico, citato ossessivamente dai Radicali. Sul tema esiste una letteratura accademica vastissima. Premesso che tutti sono d’accordo sul fatto che avere pochi debiti è meglio che averne tanti (a causa degli oneri generati), gli economisti sanno che i debiti si fanno per i motivi più diversi. I governi fanno debiti per sostenere l’economia, per fare le infrastrutture, per costruire scuole e ospedali. Ovvero per sopperire ai molti fallimenti del mercato. Ma fanno debiti anche per nutrire la vorace classe burocratica, la corruzione e gli sprechi. È evidente che i primi sono un investimento nella civiltà e nel futuro di un Paese. Gli ultimi, l’opera di parassiti che indeboliscono il sistema. Il debito pubblico, insomma, non è un male tout court: dipende da cosa si fa con i soldi presi in prestito. L’osannato Obama produrrà nei prossimi anni più debito pubblico di Craxi e Cirino Pomicino messi insieme. Ma potete scommetterci che solo qualche arcigno liberista continuerà a criticarlo per questo. Nel caso italiano invece, una proposta politica seria dovrebbe almeno indicare dove reperire le risorse per ridurlo. Anche in questo caso, decisamente un tema per un dibattito tecnico-teorico meno improvvisato.

Il terzo esempio riguarda l’agognata riforma istituzionale all’americana. Anche qui, è difficile comprenderne la digeribilità, a sinistra. Per motivi oggettivi, più che ideologici. I sistemi bipolari (peggio quelli bipartitici) tendono a schiacciare la proposta politica al centro, su contenuti moderati. Che nell’Italia clerico-fascista di oggi vuol dire, essenzialmente, l’alternanza tra una destra clericale e un centrosinistra ipermoderato e non laico. Il ruolo politico dei cattolici, da Casini a Rutelli, si è rivelato di cerniera, in grado di tenere in scacco ogni potenziale avanzamento delle battaglie laiche. Sembrerebbe più ragionevole combattere per un obiettivo di medio periodo: quello di costruire un’alleanza di sinistra liberale che puntasse, per esempio, al 10 per cento dei consensi nel Paese. E che questa divenisse così determinante da condizionare le scelte politiche e culturali nazionali. Ma perché ciò accada è il sistema proporzionale (magari con sbarramenti alti) il disegno istituzionale più funzionale. Anche questo tema è da approfondire.

Lavoro, welfare, politica fiscale, riforme istituzionali. Oltre all’ambiente e ai diritti, sono i temi concreti sui quali le forze riformiste, laiche, radicali e ambientaliste dovrebbero confrontarsi subito per costruire una piattaforma di contenuti condivisi. Una piattaforma di proposte concrete, dettagliate. Una piattaforma di battaglie da condurre insieme negli anni, pochi speriamo, che separano l’oggi dal ritorno di forze civili al governo.

il Gengis
04-07-09, 13:26
Pannella all'Altro: Volete l'unità? D'accordo ma solo per un obiettivo alto

• da L'Altro del 3 luglio 2009, pag. 1

di Andrea Colombo

I radicali ci sono ancora. Per quanto riguarda la rosa, l’esito delle europee non lascia spazio a dubbi. Presentatosi all’ultimo secondo, quasi senza fare campagna elettorale, il partito di Marco Pannella ha incassato comunque un più che dignitoso 2%. Ma a Pannella non è questo che interessa, all’Assemblea convocata nei giorni scorsi a Chianciano ha chiarito bene che non è la lotta per la sopravvivenza il suo obiettivo, tanto più che è convinto che il paese non sia affatto distante dai temi radicali: i diritti civili ma anche quella profonda riforma dello Stato e delle istituzioni in direzione "anglosassone" che sarà il cavallo di battaglia dei radicali di qui alle prossime elezioni regionali e forse oltre. E tuttavia, in una fase storica segnata dalla necessità, soprattutto a sinistra, di non limitarsi a operazioni cosmetiche o ad alleanze elettorali di comodo ma di ridisegnare per intero la geografia politica, programmatica e persino organizzativa delle forze di sinistra, anche per i radicali si pone giocoforza all’ordine del giorno il problema di intavolare con la sinistra tutta, ma, in particolare con le forze più vicine alla sensibilità radicale, alcune aree del Pd e SeL una ricerca di tipo inedito, e più ambizioso di quanto non sia mai stato in questi 35 anni di battaglie radicali. Per questo, Piero Sansonetti, su questo stesso giornale, ha chiesto a Pannella di mettere anche lui, come è d’obbligo per tutti, la propria robusta identità radicale per contaminarla con quella delle altre culture che, contaminate e intrecciate, potrebbero dar vita a un nuova forza non solo politica ma anche sociale e culturale della sinistra in Italia. Il leader radicale ha risposto al direttore dell’ Altro dal palco di Chianciano, ma torna ora più diffusamente sulla questione in un colloquio diretto con l’Altro.

Cosa rispondi alle proposte che ti ha fatto direttamente, su questo giornale, Piero Sansonetti?

Ho già ringraziato Piero e le ho accolte subito, nel mio intervento a Chianciano. Concordo, infatti, con la direzione di marcia che auspica e propone. Ma occorre ben intendersi: L’obiettivo delle unità deve essere alto, ambizioso. Non un estremo e povero espediente tattico di sopravvivenza. Troppo spesso è invece apparso come tentativo tattico diversivo fra soggetti politici in difficoltà, in crisi, troppo deboli per presentarsi da soli. Così le "biciclette", "tricicli", non riescono neanche a sommare i voti dei due o tre soggetti, senza una pur minima crescita qualitativa e numerica. Doveva esser l’insegnamento da trarre dal disastro a sinistra, lo scorso anno. Lo si è invece replicato per le europee. Infatti, se l’obiettivo del 4%, fosse stato raggiunto, i 3 parlamentari europei eletti, un socialista, un vendoliano e un altro, si sarebbero perfino iscritti in 3 gruppi europei diversi. Questo risultato avrebbe davvero potuto costituire evento di un qualche valore sociale, civile, politico? E’ interessare, coinvolgere il vissuto, meriti e bisogni, speranze, necessità, giustizia, libertà, "pace" dei militanti? Posso ora passare a mostrare e dimostrare perché concordo, profondamente, con l’auspicio, con le proposte di Piero Sansonetti?

Certo! In effetti non sembra superfluo o adeguatamente.. impegnativo. Vai!

Noi abbiamo ragionato in modo diverso. Da due anni il vero e proprio ricatto politico operato dal PD di Veltroni, contro di noi e a favore di Di Pietro, aveva impedito di presentarci direttamente al giudizio del paese, con la conseguente ulteriore eliminazione dell’immagine radicale nell’informazione e nel dibattito politico ufficiale; rendendo una volta di più difficile fino all’eroismo, la condizione dei nostri militanti, amici e compagni. Le nostre analisi e obiettivi politici si erano irrobustiti, radicalizzati, molto ma molto distanti, diversi da ogni altro. Partecipare alle elezioni, quindi, per noi costituiva una doverosa occasione di lotta politica partigiana, di resistenza, finalizzata esplicitamente alla promozione e alla costituzione di una piattaforma programmatica e di classe dirigente assolutamente alternativa in grado e con l’ambizione di sostituire il regime partitocratico, il sessantennio partitocratico, come accadde col ventennio fascista. Piuttosto che tentare di aggiungerci alle altre due liste: "per il 4%" (con Vendola che affermava precisamente l’incompatibilità" di alleanza con i radicali), temendo inoltre che aggiungere una ruota o un trasportato al "triciclo" non avrebbe mutato la sorte mini-arcobalenica della piccola ammucchiata, abbiamo deciso di presentarci "da soli". Abbiamo, insomma, voluto verificare se tuttora, nel paese antidemocratico nel quale viviamo e lottiamo, in condizioni sempre più violente di negazione dell’esercizio dei diritti politici e civili di chi lotta per Stato di Diritto e democrazia (a partire dal rispetto dei diritti etici e sociali), per la RIFORMA dello Stato e della società, abbiamo voluto verificare - dunque - se il Partito, la galassia Radicale avessero serbato (e quindi solidificato, o indebolito) la loro forza partigiana, popolare, di minoranza organizzata a vocazione maggioritaria; verifica necessaria, urgente, per decidere se chiudere bottega o rilanciare col massimo vigore la nostra resistenza e lotta partigiana. Abbiamo giocato - per molti versi il tutto e per tutto. Riteniamo ora di poter portare a UNITA’ forza, contributo politico ideale, pur in condizioni di oggettive difficoltà e il gravare di ostacoli, senza confronti con altri, dei quali siamo fieri. Sono quelli - d’altra parte - propri di ogni vera Resistenza giunta alla sua fase conclusiva perché il popolo non ha ceduto alla violenza e alla corruzione dell’occupazione e gli occupanti sono esausti; il territorio è quindi ormai pronto alla libertà e all’autonomia, e la forza partigiana è pronta a divenire forza di Stato e di Governo democratici.

E’ vero, quel tipo di alleanze sarebbe stato puramente difensivo. Ma quale altra via vedi, nella realtà data?

Partire - appunto - da questa realtà: da decenni, ormai, l’Italia non è più una democrazia, uno Stato di Diritto ma un Regime partitocratico, Berlusconi ne è oggi il prodotto, non l’autore. E può costituirne la fase terminale, catastrofica, per tutti, anche per se stesso. La situazione può precipitare da un momento all’altro. Ha con lui un popolo costituito in gran parte dai delusi, dal cimitero di speranze che è divenuta l’Italia da quattro generazioni. A cominciare e sopratutto ad opera della Prima Repubblica... Dovremmo insistere nel proclamare che ormai occorre farla finita con il sessantennio partitocratico, proprio come si dovette farla finita con il ventennio fascista. Conquistando all’Italia attuale una storica Riforma democratica e costituzionale, sociale e federalista, antinazionalista, europea, euromediterranea (unica espressione attuale del vecchio meridionalismo). Naturalmente occorre apparire e essere credibili. Alla lettera, come organizzazione partigiana, di radicalità legalitaria e nonviolenta, per uno Stato di Diritto e democratico, privato di Sovranità assoluta, parte degli Stati Uniti d’Europa..

Non è un’ambizione poco realistica in un paese egemonizzato dal berlusconismo?

Non è "egemonia" sul piano teorico, culturale: c’è Silvio Berlusconi, non il "berlusconismo". Tutt’al più, sul piano antropologico, in Italia, siamo ad una estrema fase della Metamorfosi "antifascista" del male fascista, totalitario, di quello del comunismo reale, della statolatria, nazional-nazionalista, con le loro "sovranità" assolute, contraddittorie, quando non incompatibili, con quello che possiamo tutti definire come un nuovo "diritto naturale storicamente acquisito", quello, appunto, dei "diritti umani", che fatica a venire e divenire effettivo diritto positivo (assolutamente egemone - ormai - nel mondo e per il popolo umano di oggi). Abbiamo a che fare con un popolo in cui resistono in modo stupendo, proprio sul piano dei "valori etici laici", "Egemoni". E sono degli archetipi "americani”, europei, sul piano civile, politico, sociale, istituzionale, come hanno mostrato i nostri grandi referendum, come quelli contro lo statalismo dei finanziamenti pubblici di partiti, sindacati, chiesa, "opere buone" di tutti i colori, di industrie e grandi imprese decotte, da mezzo secolo, coperture spesso di realtà transnazionale di potere finanziario di rapina, di profitti selvaggi, di stampo criminale; senza dimenticare quelli sulla giustizia (come il Referendum “Tortora"). Non dobbiamo dimenticare analisi e lotte profetiche di Salvemini, Ernesto Rossi e Einaudi, degli azionisti e delle sinistre liberali: contro realtà che hanno crocefisso l’Italia e il suo popolo a forme di subordinazione strutturali, organiche di parti importanti dei ceti operai, per cui gli ammortizzatori sociali sono stati forma di un welfare partitocratico, antidemocratico, oligarchico...

In concreto, come pensate di arrivare alle prossime elezioni regionali?

Prima della fine dell’estate avremo compiuto un’approfondita analisi delle diverse caratteristiche statutarie delle 15 Regioni, prendendo anche in considerazione varie ipotesi relative alla possibile ed auspicabile abolizione delle province. Contemporaneamente andremo elaborando una piattaforma di loro riforme in senso federalista "americano" e svizzero. Credo di poter dare per acquisita la proposta di una riforma elettorale di stampo strettamente anglosassone, americano a tutti i livelli istituzionali coinvolti, dai Governatori ai Membri degli attuali "Consigli", estendendo il carattere elettivo di altre funzioni pubbliche regionali. Penso che dovremo riflettere molto anche sull’organizzazione sanitaria e su misure avanzate di trasparenza a cominciare da rigorose "anagrafi degli eletti". Comunque la ricerca di assetti rigorosamente antipartitocratici e dell’organizzazione scolastica dagli asili alle università. Arrivati, ripeto, entro la fine, dell’estate, proporremo una campagna d’informazione e di riflessione, di dialogo con le altre forze politiche. Con le forze culturali, sociali, politiche, civili con le quali potremo raggiungere l’accordo sulla piattaforma riformatrice dell’istituto del federalismo regionale, a partire dalle conclusioni della nostra ricerca estiva, con spirito aperto. Naturalmente le nostre proposte di partenza saranno aperte a eventuali, consistenti modifiche se queste risultassero tali da, irrobustire la forza istituzionale, sociale e civile nelle varie Regioni e nel relativo dibattito anche nazionale per le presumibili connessioni delle proposte di riforme regionali con quelle di riforma dello Stato e dell’Unione Europea che andremo nello stesso periodo elaborando, con l’augurio che in tal modo si possa giungere a intese politiche e politico-elettorali alle quali portare non situazioni di crisi, di debolezza, ma un apporto, una confluenza di autentica Riforma, di positiva reazione alle condizioni antidemocratiche e da troppo tempo connotanti la realtà del nostro Paese.

il Gengis
06-07-09, 11:19
E' nato il partito dell'eutanasia

• da Il Giornale del 6 luglio 2009, pag. 1

di Luigi Amicone
Gode delle simpatie di Repubblica e punta ad essere il simbolo di quel cattolico di sinistra modificato che non teme di rovesciare il paradigma di papa Benedetto XVI: carità, nient’altro che carità, a prescindere da ogni verità. Sono con lui l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ma anche parecchi camici bianchi dell’Associazione medici cattolici. È dalla sua parte l’onorevole Paola Concia, pasionaria dell’agenda gay-lesbo-bi-transessuale, ma anche il fedele della teologia di Vito Mancuso. Dunque, Ignazio Marino è il terzo uomo. E come nel famoso noir di Graham Greene, ambientato nella maestosa e decadente Vienna degli anni Cinquanta, il senatore-chirurgo correrà per salvare l’amico Pd e dare una svolta laica-giovanilista a un partito che porta sulle spalle i suoi primi due anni di vita come un cappotto austriaco cucito ai tempi della cortina di ferro. È indubbiamente interessante l’entrata in scena di un medico sois disant cattolico, quando sulla stanca nave del Pd si preparava l’ennesima ammuina di primarie da vecchi professionisti della politica, la poco singolar tenzone tra l’ex democristiano di sinistra e l’ex comunista di destra, tra il piccolo avvocato dossettiano e il grande garante del socialismo cooperativo. Interessante e altamente simbolico è, inoltre, il fatto che insieme alla sua discesa in campo Marino annunci l’ingaggio di papà Beppino Englaro, il maestro di bontà che negli ultimi mesi ha battuto le scuole italiane per comunicare ai giovani il gusto della buona morte, l’uomo che visse per dare l’eutanasia a una figlia gravemente disabile e, finalmente, dopo che promise di tacersi e uscire di scena compiendosi il destino di Eluana, tessera numero uno del candidato chirurgo che ha fatto della buona morte (il famoso Testamento Biologico) il suo bigliettino da visita della legislatura precedente e di quella corrente. Una candidatura nuova e una nuova tessera, Marino e Englaro, due facce di una stessa banconota nella cui filigrana sembra leggersi il duetto di qualche giorno fa su Repubblica tra Eugenio Scalfari e il cardinale Carlo Maria Martini. L’inchino reciproco e infine l’abbraccio amoroso tra l’uomo che non deve chiedere mai e il sacerdote rivolto all’Eterno. Eugenio e Beppino, due monadi dell’ateismo perfetto. Ignazio e Carlo Maria, il cattolicesimo adulto che già in tempi non sospetti, epoca di Romano Prodi al governo, si esibirono in un dialogo sulla vita (o meglio, sul fine vita) dalle colonne dell’Espresso. Chissà se Marino sarà così coraggioso da proporsi in ticket con il papà a cui la sinistra fiorentina ha regalato le chiavi della città e, con il rimarchevole dissenso dell’attuale sindaco Renzi, stabilito cittadino onorario. Certo, è probabile che il candidato medico alla medicalizzazione della politica non ce la farà a vincere le primarie. Però, con la sua candidatura, qualcosa di nuovo finalmente emerge in un partito che, ad oggi, oltre alla creatività dei riti e delle formule vuote, non ha saputo esprimere altro che la continuità di un partito-stato da prima Repubblica, sensibile più alle trame corporative e istituzionali che alla rappresentanza dei bisogni e delle aspettative del popolo. In effetti il virtuale ticket Marino-Englaro fa irrompere sulla scena politica italiana una farfallina mitemente zapateriana. Che è la giusta metamorfosi di un cattolicesimo adulto giunto all’estrema sua estenuazione e di una tradizione socialista che non ha ormai altro faro che il laicismo ciudadano. Non c’è che dire, posizione culturale di Marco Pannella ne ha fatta di strada.

il Gengis
06-07-09, 11:20
Il laicismo contro i cattolici, addio alla lezione di Berlinguer

• da Corriere della Sera del 6 luglio 2009, pag. 8

di Gianni Gennari

Qui di recente Giovanni Berardelli scriveva che «dimenticare Berlinguer è ancora una missione impossibile». A me pare invece vero proprio l’opposto. La realtà dice che da anni si sono segnalati, proprio nel Pci-Pds-Ds ora Pd, solo quelli che Berardelli chiama «i limiti politici insormontabili della visione berlingueriana», portando al rovesciamento sia della sua politica di alleanze e coinvolgimento delle masse, che del perseguimento delle sue scelte ideali. Basterà constatare che nelle tre settimane di tantissime commemorazioni del 25° anniversario della scomparsa di Berlinguer nessuno - dico: nessuno! - ha ricordato quello che per me è stato e resta «il» segreto principale del successo di Berlinguer vivo, e cioè il passo decisivo verso l’incontro politico e ideale con i valori del mondo cattolico, prima con la cancellazione dallo Statuto del Pci dell’obbligo dell’adesione alla filosofia atea e materialista, poi con il tentativo di compromesso, cioè «impegno comune», con la realtà politicamente organizzata dei cattolici italiani, stroncato non a caso dall’assassinio di Aldo Moro, ma soprattutto con la «Lettera al vescovo Bettazzi» del 1977, che aveva al centro la scelta di un partito e di uno Stato «non teista, non ateista, non antiteista». «Dimenticato» questo Berlinguer? Certamente, e prestissimo smentito da Occhetto in poi e fino ad oggi con scelte ripetute di contrasto netto e voluto non solo «laiche», ma «laiciste», cioè non neutrali e laicamente rispettose della libertà di coscienza di ciascuno e di tutti, ma direttamente opposte alla visione cattolica, indicata come integralista e oscurantista. Ora per completare l’opera si pensa a Ignazio Marino come leader del nuovo Pd. Vero che si professa di continuo cattolico «adulto», ma le sue scelte ideali e legislative pubbliche e gli applausi clamorosi raccolti di continuo ai convegni pro eutanasia dei radicali e da piazze e platee in cui Chiesa, Papa, vescovi e cattolici sono indicati come «gli» avversari, dicono a me - ma credo a tanti - che con questo capolavoro finale non solo Berlinguer è sepolto e dimenticatissimo, ma che questa è la strada per seppellire qualsiasi autentica simpatia cattolica per questa sinistra. Auguri!

il Gengis
06-07-09, 11:21
Noi ci saremo sempre senza "se" e senza "ma"

• da L'Opinione del 6 luglio 2009, pag. 5

di Dimitri Buffa

E’ sempre difficile fare l’esegesi dei ragionamenti profetico - evocativi di Marco Pannella. Ma una cosa forse ieri a Chianciano alla fine del suo intervento da 50 minuti del primo pomeriggio si è capita: i radicali, che si parli di "Lista Bonino - Pannella", di "Rosa nel Pugno," o persino di "altro", alle elezioni regionali del 2010 ci saranno. Con le loro forze, con i candidati radicali, più che con l’apparato di partito, che come hanno ricordato in molti, a cominciare dallo stesso Pannella, sta ormai economicamente quasi al grado zero della propria ontologia (in pratica non c’è una lira e non ci sono prospettive a breve di tirarsi su perché loro, i radicali, da ormai 55 anni non appartengono a quella partitocrazia aiutata dalle banche, dalle Coop o da chissà chi e non hanno da spartirsi 3500 immobili come capitò alle due Rifondazioni quando si separarono), ma ci saranno. Una cosa infatti sia Pannella sia la Bonino, sia tutti gli altri hanno ben capito dall’inatteso, anche se non come desiderato, risultato delle europee: non si dica mai più che questo è un partito non radicato nel territorio. Oggi è vero tutto il contrario: benché non ci sia neanche una sede nazionale posseduta da proprietari "radicali" in maniera esclusiva, e benché a livello territoriale si disponga solo di 8 sedi, in affitto, in tutta Italia, il patrimonio di questo partito si rivelano i militanti. Cioè i "militonti", gente che fa volontariato vero, crede nelle proprie idee e non becca una lira, mobilita il consenso solo con due tavolini in croce per strada (al freddo d’inverno e alla canicola d’estate) e la sera se ne va a dormire a casa, magari pure senza cena, qualora sia in atto uno dei tanti Satyagraha pianificati dallo stesso Pannella. Un partito che opera in queste condizioni, cui è stato chiuso il famoso "Centro d’ascolto" radio televisivo perché davano fastidio le continue rilevazioni sulla overdose di presenza in video dei prepotenti dei Pdl e del Pd, e cui si minaccia di chiudere la radio per gli stessi motivi o quasi, semplicemente non rinnovando la convenzione per un servizio pubblico che Radio parlamento della Rai fa comunque molto, ma molto, peggio, (senza seguire i processi o il Csm, senza intervistare gli esponenti politici proprio su tutto il territorio italiano, come fa invece l’emittente diretta da Massimo Bordin), e che nonostante questi handicap raccoglie il 2,4% con tre o quattro giorni di campagna elettorale alla pari con gli altri, raggiungendo punte di consenso fino al 10% dei votanti nelle zone più evolute del paese, Milano centro e Roma centro, compie un "miracolo a Milano" di zavattiniana memoria pressoché a ogni elezione. Quindi Pannella tenterà di ripeterlo anche alle prossime regionali. E durante questa tre giorni di Chianciano, cui è seguita una due giorni di comitato nazionale dei radicali italiani e cui seguirà ancora la direzione nazionale della galassia radicale allargata, ha già detto a tutti gli interessati reduci della sinistra, a sinistra dei Pd, quali saranno le sue condizioni per fare insieme un pezzo di strada: niente poltrone su cui discutere prima, niente giochini di corridoio, niente veti o paraculate varie ma solo politica di stampo radicale allo stato puro. Verità e non ipocrisie, buona fede e non mistificazioni come scorciatoia per il consenso. Se si deve essere impopolari per non essere anti popolari, come con la storia dell’equiparazione dell’età pensionabile per le donne, lo si deve essere anche se sembra non di sinistra. Se si deve auspicare l’indulto o l’amnistia, quest’ultima richiesta a gran voce domenica dalla parlamentare Rita Bernardini, per sanare l’ignobile arretrato della "giustizia all’italiana", bisogna dirlo senza avere paura di perdere il consenso e senza usare le scorciatoie securitarie e la paura come metodi per ottenere i facili consensi a breve termine. Non è importante che tipo di tessera si abbia, ma che politica si farà all’interno della galassia radicale. Questo ormai lo hanno capito anche persone come Paolo Cento e Cesare Salvi, che per tutta la vita sono stati interni alle orrende dinamiche dei rispettivi partiti. Hanno avuto una storia personale farcita di demagogie ma ora anche loro hanno detto basta. Forse perché sono stati "feriti" dalla stessa spada con cui ferirono? Chissà. Sia come sia, ora gli eretici della sinistra, ma anche qualcuno del Pdl (e tra questi ultimi l’eretico massimo che svolge pro tempore le funzioni di presidente della Camera) insieme ad altri cani sciolti e senza collare, provenienti dalle aree politiche laiche, liberali, libertarie e socialiste, trovano in Pannella l’unico rifugio sicuro. Ospitati da un partito che non ha neanche una casa. Cioè una sede. Ma se si ha voglia di pedalare, la bicicletta radicale dopo quasi sessanta anni è ancora nuova e fiammante e corre non poco, ed è capace di vincere anche nelle gare truccate della politica italiana. A patto di non sentirsi già dirigenti di un nuovo soggetto in fieri, che sia o meno la "Rosa nel pugno". Nell’esercito pannelliano sono i fantaccini quelli che contano. Di generali ne basta uno solo o due. E non è detto neanche che sia lui uno di questi. Pannella quando c’è da lottare digiuna con il proprio corpo non usa conto terzisti dell’impegno politico o ghost writer. Per questo la gente se lo ricorda, con stima e con amore, anche quando manca dalle tv pubbliche o private per anni. Letteralmente.

il Gengis
07-07-09, 19:24
Bonino un provvedimento non solo per colf e badanti

• da L'Unità del 7 luglio 2009, pag. 7

«Stiamo preparando una modifica legislativa per evitare che scatti il reato di clandestinità e non si può prevedere solo per colf e badanti mentre per i lavoratori dell’edilizia o dell’agricoltura no». Lo dice Emma Bonino.

il Gengis
07-07-09, 19:25
Pannella e Parlato, happening tra reduci

• da Italia Oggi del 7 luglio 2009, pag. 5

di Pierre de Nolac

Due anziani signori hanno parlato a radio Radicale: erano Marco Pannella e Valentino Parlato, due reduci impegnati a ricordare il passato, cercando di capire il presente e ipotizzando scenari funesti per il futuro. Una trasmissione, quella che è stata condotta dal direttore Massimo Bordin, che ha regalato parole di fuoco, da parte di entrambi, nei confronti di Gianni Riotta: «Dal sol dell’avvenire al Sole 24 Ore», è stato uno dei commenti di Parlato, sottolineando che l’arrivo del giornalista alla guida di un quotidiano economico «non è un successo del Manifesto». In mezzo, tante dimenticanze, alcune davvero strane. Come quella di Parlato rispetto alla «legge Mosca», con Pannella che cercava in tutti i modi di ricordare al giornalista comunista che tanti funzionari del Pci hanno ottenuto una pensione «per grazia ricevuta». Parlato faceva finta di niente, e cadeva dalle nuvole. Come sui trattamenti di favore riservati a chi ha vissuto solo una legislatura tra i banchi parlamentari: ma quello riguarda una sua cara amica, Rossana Rossanda.

il Gengis
09-07-09, 20:01
Oltre la paura c'è il coraggio per superarla

• da Secolo d'Italia del 8 luglio 2009, pag. 8/9

di Pier Paolo Segneri

«Penso che il coraggio consista nel superare la paura, non nel non provarla». Basterebbe questa sola frase di Adelaide Aglietta, la prima donna - da che va ricordato - in Italia ad aver ricoperto la carica di segretario nazionale di un partito politico, a spiegare la differenza tra il coraggio e la temerarietà, tra il coraggio e l’incoscienza, tra la paura del forte e la codardia del debole. «Mi sia consentito di rivolgere a tutti un appello contro la paura, contro la violenza, contro la rassegnazione a vivere la violenza sia essa quella del potere o di chiunque altro». A quel che scriveva, senza fronzoli, la stessa Aglietta sul suo Diario di una giurata popolare al processo delle Brigate Rosse, un pamphlet apparso per la prima volta nel febbraio 1979 su iniziativa della Milano Libri Edizioni e ora meritoriamente ripubblicato dalla casa editrice Lindau (pp. 288, euro 18,00). Una ristampa impreziosita da una introduzione di Adriano Sofri. Un libro da non perdere, insomma, perché racconta la storia vera di una donna che il 1° marzo 1978 viene sorteggiata, ironia della sorte, per far parte della giuria popolare che dovrà giudicare il nucleo storico della Br. Pochi giorni prima del sequestro di Aldo Moro. Il Diario di Adelaide Aglietta, allora segretaria del Partito radicale, è un libro sul coraggio, vissuto al centro di una storia vera. Un libro sul conflitto perenne tra il manifestarsi dell’angoscia, con il serio rischio di esserne sopraffatti, e il manifestarsi del coraggio nei momenti in cui si cerca di trovare in se stessi e negli altri la forza per superare la paura. In coscienza, con la forza della propria coscienza. Leonardo Sciascia, autore di una lucida e quasi autobiografica prefazione, sottolineava come il libro fosse scritto in modo «discreto, senza declamazioni». Soprattutto «per quel che riguarda i suoi stati d’animo, le sue apprensioni: che diventano quasi marginali rispetto al resoconto del processo - un resoconto tra i più oggettivi, forse il più oggettivo, che se ne abbia. Perché, bisogna dirlo, non molto oggettivi sono stati i resoconti che ogni giorno ne davano i giornali: approssimativi e divagante». È lo stesso Leonardo Sciascia a sottolineare il conflitto interiore di Adelaide facendolo proprio e individuando anche il punto di fragilità umana intorno a cui ciascun lettore può o, almeno, vorrebbe riconoscersi: «Il dovere di non aver paura proprio quando la si ha». La penna dell’autrice scava infatti un solco in ogni riga lasciando sulla pagina il segno del suo passaggio e, contemporaneamente, avvicina il lettore al proprio modo di vedere le cose e al proprio mondo, fatto di riferimenti familiari e civili, fino al punto di arrivare ad offrire uno spaccato del clima politico e sociale di quegli anni Settanta. Il libro di Adelaide ci mostra le crepe del sistema di potere italiano, la follia omicida del terrorismo, le violenze psicologiche e quelle fisiche, la ragion di Stato contrapposta al senso dello Stato. E mostra la coscienza di fronte alla scelta. La scelta di una donna che si ritrova «come divisa - afferma Sciascia nella prefazione - tra la disobbedienza civile professata in quanto radicale e l’obbedienza alla dignità personale». E lei sceglie quest’ultima. Perché «la legge è un’occasione di confronto in ogni caso». E perché, ribadisce l’autrice, noi Radicali «siamo imputati in centinaia di processi e chiediamo che essi si celebrino». A questo, d’altronde, il senso dello Stato di diritto. E anche il contesto sembrava favorire l’alibi giusto. Per Adelaide Aglietta, infatti, il coraggio - come spiega nel suo libro - deve farsi strada lungo il percorso impervio delle urgenze e delle responsabilità, ma senza voltare le spalle alle urgenze e alle responsabilità già prese nei confronti della famiglia, del partito e dei compagni. Ecco, quindi, che la coscienza civile, ironia della sorte, trova l’alibi proprio in quel contesto difficile in cui si è ritrovata ad agire, cioè nel fatto che «fin dal 17 gennaio le attività degli organi nazionali del partito, segreteria e tesoreria, sono cessate, e io sono dunque libera da vincoli e impegni». La Torino di quel lontano 1978 è una città in stato d’assedio e in preda alla paura: su 122 cittadini estratti, hanno accettato soltanto in 7. E così diventa necessario, come diranno i radicali di Marco Pannella, «combattere la paura, riportare la politica nelle strade e nelle piazze, confermare la nostra volontà di esistere e di lottare in maniera nonviolenta, esporci collettivamente con le nostre idee per contrastare il terrore delle Br e l’autoritarismo del regime». Perché, continuava Adelaide Aglietta, «paradossalmente questo processo non era tanto importante per il suo farsi, quanto per il pericolo che non si riuscisse a fare». Parole chiare che ci indicano, ancora oggi, qual è la forza di tutti quelli che, anche nel vivere quotidiano, dimostrano «il coraggio della paura» e possono così vincerla. C’è storia più attuale di questa?

il Gengis
09-07-09, 20:02
Uiguri, ancora proteste per le strade di Urumqi

• da Terra del 8 luglio 2009, pag. 6

di Paolo Tosatti

Un altro giorno di proteste ha scosso le strade e le piazze di Urumqi, la capitale della regione cinese dello Xinjiang. Nella mattina di ieri centinaia di cinesi di etnia han hanno marciato armati di bastoni, vanghe e machete verso il centro della città. Cantando l’inno nazionale si sono diretti verso i quartieri musulmani uiguri, distruggendo le vetrine dei negozi, costringendo le autorità a intervenire per disperderli con gas lacrimogeni e a decretare il coprifuoco. Sempre nella mattina circa 200 persone di etnia uigura, in prevalenza donne, sono scese in strada per chiedere notizie dei propri congiunti, arrestati o scomparsi dopo i moti di due giorni fa. La polizia le ha tenute sotto controllo, evitando qualsiasi scontro tra le due fazioni. Secondo quanto riferito dall’agenzia Nuova Cina, le forze di sicurezza hanno arrestato 15 persone implicate nei violenti incidenti che nei giorni scorsi hanno causato 156 morti e 1.434 arresti. Pechino ha accusato la dissidente uigura in esilio Rebiya Kadeer di aver organizzato la manifestazione di domenica con l’obiettivo di separare il Xinjiang dalla Cina. La donna ha smentito le accuse e, in un comunicato diffuso sul web, ha affermato di «non aver mai chiesto a nessuno di dimostrare in piazza». La protesta si è estesa anche fuori del Paese: in Olanda e in Germania le sedi diplomatiche cinesi sono state attaccate con lanci di pietre e molotov da parte di attivisti filo uiguri. La Casa Bianca, per bocca del portavoce Robert Gibbs, in visita a Mosca, ha espresso «profonda preoccupazione» per quanto sta accadendo nella regione, sollecitando la massima moderazione. Quello in atto in questi giorni nello Xinjiang è uno schema già visto, e che torna a ripetersi con la precisa efficienza che solo una macchina repressiva a lungo rodata può assicurare. La scorsa estate a cadere tra i suoi ingranaggi sono stati i tibetani, adesso è la volta degli uiguri. «Le pressioni e le violenze dirette nei loro confronti sono una risposta non politica ma militare alla crescita delle richieste che questa popolazione, sulla scia del popolo del Tibet appunto, ha iniziato ad avanzare a Pechino», spiega il senatore radicale Marco Perduca. «Se prima le loro rivendicazioni avevano una portata li- mitata, adesso il loro obiettivo è diventato un’ampia autonomia, cui si accompagna il riconoscimento di maggiori diritti». Rispetto ai tibetani esistono però alcune differenze: «Quello dei cinesi turcofoni non è un movimento che si è sviluppato nel corso di oltre mezzo secolo. Inoltre gli uiguri non hanno una guida carismatica come il Dalai Lama, capace di portare le loro istanze all’attenzione della comunità internazionale». In questa situazione Pechino intende lanciare un messaggio forte alla leadership dissidente, bloccando sul nascere qualsiasi velleità di autonomia. «La Cina teme che le rivendicazioni avanzate da gruppi minoritari possano diventare la base per richieste da parte dell’intera popolazione: oggi nel Paese non esiste un contadino o un lavoratore che non desideri più diritti e più democrazia».

il Gengis
09-07-09, 20:02
Badanti da regolarizzare: sì bipartisan, Lega isolata

• da Secolo d'Italia del 8 luglio 2009, pag. 11

di Antonio Marras

Il fronte politico favorevole a una regolarizzazione delle badanti e delle colf si allarga sempre più e coinvolge sia esponenti del Pdl che dell’opposizione, dal Pd, all’Udc ai Radicali di Emma Bonino. La proposta del sottosegretario alla Famiglia, Carlo Giovanardi, favorevole a una correzione del decreto sicurezza per evitare che centinaia di migliaia di donne straniere che già lavorano nelle famiglie italiane possano essere denunciate o - siano espulse, ormai trova la ferma opposizione della sola Lega. Il problema delle badanti da regolarizzare esiste ed è forse dalle dimensione ancora più rilevanti rispetto alle stime che parlano di 4-500mila donne che lavorano a nero. Secondo la Domina, associazione sindacale che rappresenta i datori di lavoro domestico, rispetto a 650.000 contratti regolari che risultano presso l’Inps, è possibile che «siano addirittura verso il milione le famiglie che necessitano di aiuto in casa e che non avendo potuto regolarizzarlo si troverebbero esposte a denunce penali ed esproprio dell’abitazione». «Fare qualcosa per colf e badanti è indispensabile, si tratta di vedere tecnicamente come. Ma il governo ci sta lavorando», ha spiegato ieri Giovanardi, secondo cui «i colleghi della Lega tuonano contro la sanatoria generalizzata ma io non ho mai parlato di una cosa del genere, anche se i giornali hanno riferito così. Io ho parlato di una cosa specifica, di un intervento per colf e badanti che lavorano nelle famiglie italiane». Sul fronte del Pdl, il coordinatore Ignazio La Russa cerca di tirare le conclusioni al dibattito apertosi all’interno della maggioranza:«Per uscire da questa questione, io propongo di restringere il campo delle regolarizzazioni alle sole badanti, che si occupano di anziani ultrasettantenni e portatori di handicap. Poi, in un secondo momento, vedremo la questione delle colf che pure lavorano nelle famiglie e contro le quali certo nessuno si metterà a fare una caccia». «Per le badanti e le colf si potrebbero utilizzare i decreti sui flussi, previsti dalla legge Fini-Bossi», suggerisce invece il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri. «Sono i decreti con i quali ogni anno il governo stabilisce quanti extracomunitari possono entrare nel nostro Paese in base a previsioni sul mercato del lavoro», aggiunge Gasparri, secondo il quale «prima di farne entrare altri potremmo vedere se il meccanismo dei flussi può essere applicato a persone che già vivono in Italia, svolgendo un’attività, con una famiglia disposta a pagare un giusto salario e a versare i contributi permanentemente». «Molte di queste - ha proseguito Gasparri - hanno già fatto le domande e non sono state accolte perché erano stati superati i limiti. Si potrebbe utilizzare questo strumento non per far entrare altri dall’estero ma per verificare queste domande giacenti, la loro regolarità, la effettiva esistenza di persone che si dedicano all’attività di colf e badanti, e che non ci sia un uso strumentale». Sul fronte dell’opposizione il Pd cerca di sfruttare la proposta di Giovanardi per incalzare il governo con un’interrogazione che sarà svolta oggi in aula alla Camera, durante il question time: «Qual è la linea che il governo intende adottare, se quella del sottosegretario alla famiglia Giovanardi o quella del ministro per la semplificazione normativa Calderoli, in merito ai drammatici problemi che centinaia di migliaia di famiglie italiane stanno per affrontare con la entrata in vigore del ddl sicurezza?», chiede il Pd. Tra Udc e Radicali, invece, c’è un’inconsueta sintonia su una stessa proposta: «Serve una sanatoria dei lavoratori stranieri irregolari, che non può riguardare solo le badanti ma che deve riguardare tutta l’area produttiva. Ne ha fatto cenno anche l’onorevole Bonino. Stiamo parlando di almeno 2-2,4 milioni di lavoratori extracomunitari», ha detto ieri a Radio Radicale il parlamentare centrista Bruno Tabacci. Ieri, intanto, la Lega si è mostrata intransigente verso qualsiasi ipotesi di regolarizzazione: «La sanatoria la escludo. Facendo passare le sanatorie aumenta il numero dei clandestini che arriva», ha detto Umberto Bossi, leader della Lega Nord e ministro per le riforme. «Cinquecentomila regolarizzazioni non sono mica una barzelletta», ha aggiunto riferendosi alle stime di colf e badanti che potrebbero essere interessate al provvedimento. In merito all’ipotesi del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, di regolarizzare soltanto le badanti, «non ci ho ancora pensato»: «Qualsiasi cosa si fa il numero deve essere basso. La sanatoria vuol dire che tutti quelli che sono qui sono a posto». Il ministro Maroni, in serata, entra in rotta di collisione con La Russa e ribadisce: «Non ci sarà nessuna sanatoria per le badanti, quella di questi giorni è una polemica basata sul nulla, visto che già da ora, prima dell’entrata in vigore del ddl sicurezza, i lavoratori in nero sono puniti».

il Gengis
09-07-09, 20:03
Intervista a Emma Bonino: un affronto alla Costituzione sanare solo badanti e colf

• da L'Unità del 8 luglio 2009, pag. 11

di Susanna Turco

«Che cosa ha detto La Russa?». Ha avanzato, onorevole Bonino, una mediazione per affrontare gli effetti del reato di clandestinità. Visto che Giovanardi vuole regolarizzare colf e badanti che già lavorano in Italia, e la Lega no, propone di "restringere il campo alle sole badanti che si occupano di anziani ultrasettantenni". «In pratica occuparsi del suocero mai, magari del figlio sì?». In pratica. «Siamo già alle sottospecie di discriminazione, eh? Ma bene». Emma Bonino, radicale, vicepresidente del Senato, è persona seria che non difetta d’ironia. Così, pur avendo già pronta una serissima proposta di legge per regolarizzare quanti hanno già fatto domanda per un permesso di soggiorno - in modo non incorrano nel reato di clandestinità contenuto nel ddl sicurezza non le sfugge il lato irresistibilmente comico del governativo dibattito su chi regolarizzare e chi no tra tutti gli immigrati clandestini che pure da noi vivono e lavorano.



Allora, Bonino, riassumo. C’è Giovanardi che si batte per colf e badanti. C’è Calderoli che di sanatoria non vuoi sentir parlare. Poi Maroni...



Al problema è che la legalità da noi è un optional. Il senso de "la legge è uguale per tutti" sembra aver perso l’orientamento. Io credo invece che l’elemento di fondo di qualunque politica sia la legalità, lo stato di diritto, la Costituzione...»



In pratica?



«In pratica, c’è la Bossi-Fini che regola gli ingressi degli extracomunitari - e, ricordo, i rumeni sono cittadini europei. In base a quella legge, nel 2007 740mila persone hanno fatto la fila e depositato la loro richiesta di permesso di soggiorno, peraltro in violazione alla legge medesima visto che in teoria la fila avrebbero dovuto farla i loro datori di lavoro, e loro stare invece a Manila, Lima eccetera».



Bene.



«Di questi 740 mila presunti fantasmi, presenze che tutti abbiamo fatto finta di non vedere, 170 mila hanno ottenuto il nulla osta - dopo una trafila in totale violazione della legge - 80 mila no. Gli altri sono rimasti nel limbo».



Quanti?



«Considerando il decreto flussi del 2008, 360 mila persone».



Nel limbo. Né dentro, né fuori.



«Beh, con l’entrata in vigore del ddl sicurezza, questa grida manzoniana che tra le altre delizie contiene il reato di clandestinità, passeranno in fretta all’inferno».



Dice Maroni che non c’è problema: la legge non è retroattiva.



«E ci mancherebbe altro! Il problema però è che il reato, secondo questo ddl, si applica non solo a chi entra ma anche a chi ha già i piedi sul territorio italiano».



Dunque?



«Quei 360 mila diventano criminali, e con loro anche i 360 mila italiani che gli danno lavoro».



Bel risultato.



«Per nostra maggior sicurezza, si crea una massa di fuorilegge».



Calderoli dice che si tratta in gran parte di prostitute.



«Ma, scusi, lui che ne sa?».



Giovanardi...



«Dice che la nostra utilità sociale riguarda colf e badanti. Perché edili e pizzaioli sono meno utili».



Ironizza?



«Dico che non si può discriminare qualcuno per il mestiere che si fa, lo dice pure Onida. È incostituzionale, oltreché ingiusto».



Beh, certo, siamo alla scoperta dell’acqua calda...



«No, scusi, siamo alla frutta. Ci sono una valanga di clandestine che, pur di non rischiare l’espulsione, non escono più di casa, lo sa?».



La Russa dice che nessuno «si metterà a dare la caccia alle colf».



«Dire che la legge non si applicherà non è una consolazione».



Soluzione?



«Ragionarci insieme. Chiamiamola regolarizzazione, se non sanatoria, ma troviamo una soluzione. Un decreto flussi, un emendamento al decretone omnibus, una legge».



Preferenze?



«Che non si faccia un rimedio peggiore del male, una ulteriore discriminazione. Anche perché la impugnerà la Consulta».

il Gengis
09-07-09, 20:03
Ma in Italia niente finanziamenti pubblici scende in campo l'associazione Coscioni

• da Il Mattino del 9 luglio 2009, pag. 13

Un fondo per contribuire alle spese legali delle tre ricercatrici italiane, Elisabetta Cerbai, Elena Cattaneo e Silvia Garagna, che hanno fatto ricorso al Tar contro l’esclusione dai finanziamenti pubblici della ricerca sulle cellule embrionali. L’Associazione Luca Coscioni ha lanciato una sottoscrizione pubblica per sostenere il ricorso. Un bando del ministero della Salute ha stanziato infatti 8 milioni di euro per studiare le staminali escludendo i progetti che utilizzano embrionali umane.

il Gengis
09-07-09, 20:04
Legge 40 ancora in tribunale: stavolta tocca alla ricerca

• da E' Vita (Avvenire) del 9 luglio 2009, pag. 2

di Viviana Daloiso
In tempi di battaglie e forzature giudiziarie sui temi bioetici, e in particolare di attacchi concentrici alla legge 40, non poteva mancare un altro tassello che tanto sta a cuore a chi vede il nostro Paese come il fanalino di coda nella corsa internazionale della cosiddetta libertà della scienza: la ricerca sulle staminali embrionali. E così, la settimana scorsa, ecco arrivare al Tar del Lazio (già protagonista nel gennaio 2008 nella vicenda del rinvio alla Corte Costituzionale della legge 40) un ricorso dalle ricercatrici Elena Cattaneo, Silvia Garagna ed Elisabetta Cerbai, rispettivamente direttore del Centro interdipartimentale di ricerca sulle cellule staminali dell’Università statale di Milano, biologa all’Università di Pavia e farmacologa a quella di Firenze. Sul tavolo del tribunale il bando del ministero del Welfare che destina 8 milioni di euro a progetti di ricerca sulle staminali e che esclude gli studi su quelle embrionali. La questione è annosa, visto che la legge 40 vieta esplicitamente la produzione (e la manipolazione) di embrioni per la ricerca, ma non proibisce che linee cellulari embrionali vengano acquistate dall’estero a tal fine: un “escamotage" grazie al quale il team della Cattaneo, per esempio, conduce studi sulle embrionali già da anni. E che, a ben vedere, ha consentito - a Milano come altrove - piena libertà di ricerca a chi intendesse seguire questa via: la professoressa Cattaneo non a caso è stata più volte annoverata tra i pionieri nel campo delle staminali embrionali, e i suoi interventi sono stati spesso ospitati su riviste scientifiche internazionali di prestigio (tra cui Nature, che ha dato ampia rilevanza al ricorso presentato al Tar nel suo ultimo numero e più di una volta si è espressa criticamente sulle «eccessive restrizioni» italiane nel campo della ricerca). Eppure le ricercatrici che si sono rivolte al tribunale si sentono limitate: al Tar del Lazio viene chiesto che questi studi possano entrare a far parte di quelli considerati meritori di un finanziamento pubblico, pena «la pesante interferenza alla libertà di ricerca». «E questo - spiega Augusto Pessina, professore proprio alla Statale di Milano e presidente dell’Associazione italiana colture cellulari - come se non si stesse parlando di un bando ma di una legge. Cose molto differenti, visto che da sempre il ministero decide liberamente come destinare i propri fondi, escludendo necessariamente alcune categorie dai suoi bandi: una pratica ben nota a chi opera nel campo della ricerca scientifica, e a tutti i livelli». D’altra parte, come spiegato dallo stesso viceministro della Salute Fazio e poi sottolineato dagli esponenti di alcuni governi regionali (che hanno approvato il bando di ricerca nella Conferenza Stato-Regioni), la decisione di escludere gli studi con le embrionali sarebbe avvenuta non sulla base di convinzioni morali o ideologiche ma per il semplice motivo che le ricerche con le staminali adulte offrono a oggi possibilità ben più concrete: ricerche all’interno delle quali figurano anche quelle sulle Ips (le cellule riprogrammate fino a uno stadio simile a quello embrionale, scoperte dal giapponese Yamanaka), sulla cui portata epocale la stessa Cattaneo si è espressa più volte negli ultimi mesi. Ma questa ricerca sembra non bastare, proprio come non basta la possibilità di studiare cellule embrionali importate da altri Paesi. L’obiettivo sembra piuttosto quello di creare un nuovo caso legale, e possibilmente una nuova sentenza, capace di mettere gradualmente in dubbio le scelte fatte finora in materia di ricerca e di pratica scientifica: «Perché se ottengo la possibilità di usufruire di finanziamenti pubblici per il mio lavoro sugli embrioni - spiega ancora Pessina - allora presto o tardi potrò anche reclamare la possibilità di acquistare embrioni dall’estero con soldi pubblici e - perché no? - allora di utilizzare gli embrioni che vengono prodotti qui in Italia, magari sulla scorta della possibilità oggi prevista dalla legge 40 di produrne in numero superiore a 3 e di congelarli». Non a caso le sorti del ricorso sono state affidate a un nome noto nel campo delle battaglie legali sui temi della bioetica: Vittorio Angiolini, già legale della famiglia Englaro durante la controversa vicenda di Eluana. Altro indizio significativo: il fatto che a difendere a spada tratta il ricorso delle ricercatrici si sono affrettati immediatamente anche i radicali, che con Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni hanno già dichiarato di voler coprire le spese legali per la causa. Anche questo un copione già visto, che poco sembra avere a che fare con le motivazioni che le ricercatrici reclamano.

il Gengis
09-07-09, 20:05
Cellule staminali senza libertà - Lettera

• da La Stampa del 9 luglio 2009, pag. 36

di Valter Vecellio
Le cellule staminali embrionali umane sono state escluse dal bando di finanziamento nel campo della biologia delle cellule staminali. Come si spiega che una commissione ministeriale abbia inizialmente stilato un bando per i finanziamenti alla ricerca sulle staminali, e nella stesura finale del testo questi finanziamenti risultano esclusi? Non si tratta di questioni peregrine o astratte. Purtroppo è l'ennesimo episodio che dimostra come l'Italia sia governata da una "filosofia" retrograda e medioevale, che in nome di un'ideologia mortifica e punisce la libertà di ricerca.

il Gengis
09-07-09, 20:05
Un click per la ricerca

• da Terra del 9 luglio 2009, pag. 10

di F.T.

«Una sottoscrizione per sostenere un’azione il cui significato morale e civile riguarda l’intera comunità scientifica italiana». È stata lanciata da Gilberto Corbellini e Marco Cappato, rispettivamente copresidente e segretario dall’associazione Luca Coscioni, con l’obiettivo di costituire un fondo da destinare alla copertura delle spese legali del ricorso al Tar del Lazio che tre ricercatrici italiane hanno presentato a fine giugno contro il bando del ministero della Salute che stanzia 8 milioni di euro per studiare la biologia delle cellule staminali, «con l’esclusione arbitraria di progetti che utilizzino staminali embrionali umane». Con questa iniziativa spiegano Corbellini e Cappato, l’associazione Coscioni, che ha subito denunciato la natura illegale della clausola inserita nel bando contro cui è stato presentato ricorso, «intende sostenere concretamente l’azione intrapresa da Elena Cattaneo, direttrice del Centro interdipartimentale di ricerca sulle cellule staminali dell’università Statale di Milano, Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’università di Firenze, e Silvia Garagna, biologa all’università di Pavia, anche alla luce degli accenti intimidatori contenuti nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 6 luglio dal vice ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, Ferruccio Fazio». Nel caso in cui la somma raccolta superasse quella necessaria alla copertura delle spese legali, l’Associazione si impegna «a investire la somma rimanente per acquistare spazi di pubblicità sui mezzi di informazione, coinvolgendo alcuni scienziati italiani che si sono già detti disponibili a informare i cittadini sulle ragioni per cui la clausola inserita nel bando non è applicabile e offende la legalità costituzionale». Per aderire alla sottoscrizione basta digitare sul link www.lucacoscioni.it/contributo.

il Gengis
10-07-09, 22:19
Il raccomandato - Giacinto Pannella detto Marco

• da Il Timone del 10 luglio 2009, pag. 5

Chi è cattolico, sull'esempio di Gesù Cristo, deve amare ogni uomo, anche se non professa la vera fede. Ma non c'è amore più grande per il non credente che pregare il buon Dio perchè gli conceda la luce della fede. E' dunque per "amore cristiano" che crediamo sia doveroso "raccomandare" alla vostra preghiera i personaggi di questa rubrica, che fa il suo esordio in questo numero.

E' a tutti nota l'infaticabile ostinazione con la quale conduce le sue battaglie per quelli che lui chiama "diritti civili". Una definizione impropria e, come è facile osservare, oggettivamente non condivisibile da chi si pone in un'ottica cristiana. Nel corso della sua lunga militanza politica - ha fondato il Partito radicale dei democratici e dei liberali nel lontano 1955, trasformandolo poi in partito transnazionale sul finire degli anni Ottanta - ha perseguito ogni possibile traguardo avverso alla verità del Vangelo e alla dottrina della Chiesa: ha combattuto per la legalizzazione del divorzio, per la libertà di abortire, per la depenalizzazione dell'uso delle droghe leggere (nel 1995, partecipando ad una trasmissione televisiva in diretta, regalò alla conduttrice un panetto di hashish da 200 grammi), per il riconoscimento delle unioni di fatto, per l'equiparazione delle unioni tra omosessuali alla famiglia naturale e per la legalizzazione dell'eutanasia, per citare solo alcuni esempi.

Ma si è battuto anche per la moratoria contro la pena di morte, per la libertà del Tibet, per quella dei cattolici vietnamiti oppressi dal regime comunista, sempre con tenacia ed impegno.

Un uomo dotato di innegabile talento, il cui pensiero - e l'azione che concretamente realizza - sono molto lontani dalla verità del Vangelo. Poichè, come ciascuno di noi, dovrà rispondere del suo operato dinanzi al tribunale divino, va dunque "raccomandato" al buon Dio. E perchè questa raccomandazione si concretizzi, la proposta del mese è di pregare ogni giorno una "decina del Rosario" per la sua conversione.

il Gengis
10-07-09, 22:20
Pd, cucire relazioni con doppia tessera?

• da L'Altro del 10 luglio 2009, pag. 1

di Paolozzi e Chiaromonte

Dunque, quello che dovrebbe venire dopo, si svolgerà prima. Cioè il Congresso del Pd nella forma di "convention", ovvero di convenzione. Per quanto appaia bizzarro, le primarie saranno delle secondarie. E questo è già un problema per chi volesse evitare di invilupparsi nella finta contraddizione tra vecchio e nuovo; ritorno al passato e futuro alle spalle: apertura e chiusura e altre amenità. Tuttavia, anche a scivolare su questa e altre bizzarrie, il Pd è veramente in pena. Non riesce a mettersi in sintonia con l’elettorato. Non trova dei temi capaci di federare, di cucire insieme. La storia di un soggetto del Nord, del Centro, del Sud (un "leghismo meridionale" proponeva l’altro giorno, sulle colonne del Sole 24 Ore Adriana Poli Bortone) la si può capire se la si considera il segnale di una ricerca volta alla varietà territoriale e dunque ai bisogni del Paese, ma anche il rifiuto a farsi ingabbiare negli equilibri delle segreterie di partito. Servirebbero quattro o cinque punti dirimenti. Come si diceva? Dirimenti per l’Italia, prima che per il partito. Dal momento però che il metodo è sostanza e una piattaforma, progetto, programma deve trovare le gambe e prima ancora il sostegno di uomini e donne in carne e ossa (che sarebbero gli elettori) per evitare di trasformarsi nell’ultracitato "caciocavallo appeso", vorremmo tornare a ripetere ciò che abbiamo detto nell’assemblea di Chianciano promossa dai Radicali italiani. Noi pensiamo che la politica sia prodotta dalle e delle relazioni tra uomini e donne. Che queste relazioni vadano nominate e difese. Che le relazioni devono, anch’esse essere improntate da una moralità che non è solo appannaggio della Chiesa ma di chi vuole una politica diversa dall’attuale. Con alcune Radicali (da Emma Bonino a Donatella Poretti) abbiamo antiche relazioni. Anche con alcuni uomini Radicali ovviamente. Sono rapporti non strumentali tessuti dentro e fuori il Pd. Potremmo fare una serie di altri nomi; quello del direttore di questo giornale. O di Gennaro Migliore, di Marco Boato. Soprattutto citare nomi femminili giacché in quel mondo è radicata la nostra pratica politica. Secondo noi l’esperienza dei Radicali eletti nelle liste del Pd non è conclusa. Non c’è stato un divorzio consensuale (parola di Dario Franceschini. Anzi. A questo tipo di relazioni non vogliamo rinunciare. Possibile che dopo aver invocato la società civile, i gruppi, le associazioni, il contributo dei singoli e collettivo, ci si trinceri dentro i confini, peraltro così labili, del "partito"? Che non ci sia curiosità, ad esempio, a costruire dei luoghi di incrocio per contaminare, incrociare, scambiare idee, culture, esperienze? Non per un ingresso - armi e bagagli - nelle file democratiche ma per costruire un mix virtuoso in grado, innanzitutto, di ripensare il modello socialdemocratico del welfare, di operare un mutamento di rotta sull’ambiente, di contrastare la recessione con quelle che papa Ratzinger definisce "misure etiche. E però, in che modo è possibile? Certo, occorrono regole, ma anche accoglienza, rispetto reciproco. Tornando dal cielo alla terra, la strada ci sembra quella della doppia tessera. Luigi Manconi ha parlato di "opzione unitaria" che potrebbe tradursi in una forma di collaborazione meno povera e opportunista di quella avuta con l’Idv e con le idee della giustizia coltivate da Di Pietro. Sarebbe, questa sì, una novità. Rispetto alle coalizioni, ai rassemblement, all’ipotesi che viene spesso rilanciata, del farsi partito di pezzi di partiti. Sarebbe anche un modo per non tenere "alla larga gli elettori delle primarie" (accusa rivolta da ???? Tonini a D’Alema). I Radicali già praticano una simile strada. Ignazio Marino sembra d’accordo. E Bersani e Franceschini? Naturalmente, importante è il "come" della doppia tessera. E qui viene il discorso sul partito a vocazione maggioritaria che non significa partito plebiscitario contro partito socialdemocratico. L’astensione attiva è stata la risposta a un referendum che avrebbe peggiorato ??? Un partito che si chiude, e esclude, non ha la capacità di guardare il Paese, nella sua faccia buona e in quella cattiva. E se non ha questa capacità significa che manca di laicità, che non ha sensibilità morale (questione diversa dal bacchettonismo), che sul punto del rapporto tra privato e pubblico dice la sua. I candidati, finora, hanno taciuto. Con l’eccezione di Bersani che ha parlato di dignità delle donne offesa dai comportamenti sessuali del premier. Ma é ancora poco. Per un partito che vuole trovare nel rapporto con la realtà e con gli individui e con i loro desideri oltre che bisogni, la sua ragione d’essere.

il Gengis
10-07-09, 22:20
Mina Welby si tessera al Pd per il "terzo uomo"

• da L'Unità del 10 luglio 2009, pag. 21

Sulla scia della candidatura di Marino, anche Mina Welby si è iscritta al Pd, nel circolo di Subaugusta, a Roma. Una iscrizione che sa di «disobbedienza civile», visto che Mina ha già la tessera radicale. «Spero che tanti nuovi iscritti sosterranno la sua candidatura e che questo possa scuotere il Pd», spiega a l’Unità, invitando altri a fare lo stesso. «È incredibile che qualcuno scambi Marino per un estremista: la sua caratteristica è l’equilibrio,ma il suo partito l’ha lasciato solo», dice Mina, che ricorda quando Marino volle far visita a suo marito, Piergiorgio, poco prima che si facesse staccare la spina. Era il 17 dicembre 2006, una settimana dopo, ai funerali, negati dalla Chiesa, Marino fu l’unico parlamentare de l’Ulivo a prendere la parola.

il Gengis
13-07-09, 11:52
Grillo spiazza i democratici: "mi candido alle primarie"

• da Corriere della Sera del 13 luglio 2009, pag. 15

di Dino Martirano

Carico di «idee e non di ideologie», Beppe Grillo ora bussa alla porta del Pd con un annuncio che per ora ha il sapore della provocazione: «Mi iscrivo al partito e raccolgo 2000 firme per partecipare al congresso del Pd, poi vedremo...». Obiettivo: le primarie del 25 ottobre alle quali, però, saranno ammessi i primi tre candidati più votati (dagli iscritti) durante la fase congressuale in programma per i primi di ottobre. Il comico genovese chiede asilo al partito di Franceschini ma continua ad, usare toni molto forti contro l’attuale classe dirigente: «Dalla morte di Enrico Berlinguer nella sinistra c’è il vuoto, un vuoto di proposte, di coraggio, di idee, di uomini». Non sarà facile la marcia di avvicinamento di Grillo che giudica il suo tentativo «una cosa se- rissima» tanto da proporre una scissione: «Facciamo il bad Pd e il good Pd, come la bad company per l’Alitalia». Il comico genovese, tuttavia, dovrà fare i, conti con il regolamento del partito: dovrà iscriversi a un qualsiasi circolo territoriale entro il 21 luglio facendosi presentare da 1.5oo iscritti in 5 regioni e contestualmente dichiarare di accettare statuto, codice etico e fondamenti del Pd. In altre parole, Grillo dovrebbe dichiarare conclusa l’esperienza politica del suo movimento che in alcune città è stato concorrente alle liste del Pd. Interviene Piero Fassino: «Grillo non è iscritto al Pd e lo ha attaccato di continuo. Non c’è alcuna ragione per considerare la candidatura una cosa seria». E del resto, «non basta l’iscrizione, perché, qualsiasi associazione al mondo non accetta chi aderisce in modo strumentale». Invece, per Antonio Di Pietro, «la candidatura di Grillo è una gran bella notizia». Però i colpi di scena in questa fase precongressuale non finiscono qui. La teodem Paola Binetti - intervistata da Klauscondicio - ha detto che il professor Ignazio Marino non dovrebbe avere grandi possibilità di successo alle primarie altrimenti «ne uscirebbe un partito snaturato» sui temi della bioetica: «La sua vittoria è un’ipotetica dell’irrealtà, ma se dovesse accadere e lui mantenesse le sue attuali posizioni i tedoem uscirebbero dal Pd». Insiste la Binetti: «Quale sarà il Pd di Marino se la sua linea ha come sponsor principali i radicali e Paola Concia, che ogni giorno si esprime a favore del riconoscimento delle coppie omosessuali? Ecco, se vincesse questa linea, io e molti elettori del Pd non ci riconosceremmo più nel partito». Enzo Carra condivide ma ammette che le proposte sulla bioetica targate Marino «sono maggioritarie nel Pd»: «Bisognerà vedere se una eventuale leadership’ di Marino lascerà spazio a chi non la pensa come lui. Certo, se non ci sarà libertà di parola per quelli come me potrebbero esserci problemi a rimanere». Binetti e Carra - che appoggiano la candidatura di Dario Franceschini - ritengono dal loro punto divista che la linea Bersani-D’Alema provocherebbe meno danni. Spiega la Binetti: Franceschini e Bersani governeranno insieme il Pd. Con loro prevarrà una politica dell’inclusione». Carra: «Bersani la pensa diversamente da me su certi temi ma posso arguire che in caso di una sua vittoria non trasformerà il Pd. in un partito confessionale alla rovescia».

il Gengis
13-07-09, 11:53
Il purgatorio dei Democratici

• da La Repubblica del 13 luglio 2009, pag. 1

di Adriano Sofri

Scommetto che molti di voi avranno reagito alla notizia che Grillo vuole candidarsi (o dice di volere) a guidare il Pd sbuffando ed esclamando: "Ma siamo seri!" Be’, sbagliato. Intanto perché essere seri, è un vasto programma, e forse ormai tramontato. E poi perché un partito che si sia dato delle regole, fossero anche le più insulse (non dico una porcata di regole, ma una scemenza magari sì), non può che rispettarle. Dunque se di qui al 23 luglio Beppe Grillo si iscrivesse davvero al più vicino circolo del Pd e raccogliesse le 2 mila firme di iscritti in almeno 5 regioni e tre circoscrizioni prescritte dallo Statuto, nessuna obiezione formale potrebbe venire alla sua candidatura. Obiezioni sostanziali sì, ma è un altro paio di maniche. Io per esempio penso che Grillo dilapidi le cose buone che gli succede di dire col modo in cui le dice: e il modo vale, nel suo caso, almeno il 51 per cento. Così, ammesso che non sia lui stesso a dire fra cinque minuti che la sua era solo "una provocazione" –del resto le provocazioni pesano- si troverà paradossale che uno si candidi a dirigere un partito di cui ha fatto il proprio bersaglio grosso. Debole argomento anche questo, perché rinfacciare a Grillo il paradosso è come sequestrare l’idrante a un pompiere. Proprio perché parla sprezzantemente del Pd come del nulla, Grillo se ne offre come un’alternativa. L’alternativa al nulla, non è difficile da rivendicare. "Sono serissimo", ha tenuto a precisare Grillo, che detto da un comico di professione è a sua volta come il paradosso del cretese, che disse che tutti i cretesi sono bugiardi.

Dunque rinunciamo a esclamare: "Siamo seri!" Troppo tardi. Le primarie del Pd (le prime, quelle per tesserati, le seconde, quelle aperte, aspetteranno il 25 ottobre) sono al riparo dalle scorrerie e dalle goliardie di chiunque solo grazie alla prossimità della data di scadenza, il 23 luglio. Senza di che, nessuno potrebbe frenare una valanga di candidature concorrenti, rispettabili o provocatorie, dal momento che non c’è più, e da tempo, quella intima serietà responsabile che sola, altro che gli Statuti, trattiene dal trattare il partito cui tanti affidano le proprie speranze come il bar della stazione di notte. D’altra parte, se si miri davvero a costruire un Partito democratico, perno di un’alleanza elettorale che contenda il governo del paese all’alleanza di destra, iscrizioni e candidature non possono che essere benvenute. Ci sono oggi quattro candidati, maschi. Non si potrebbe certo trovare strana o importuna una candidatura femminile. E se i radicali, che nelle liste del Pd furono eletti in Parlamento e stanno nello stesso gruppo, sia pur chiamandosi "delegazione", avessero voluto iscriversi e candidare, per esempio, Emma Bonino, che obiezione si sarebbe mossa loro? Certo non quella della doppia tessera, salvo che la doppia tessera pretenda di autorizzare una partecipazione elettorale con il centrodestra, come hanno ragionevolmente obiettato esponenti insospettabili del Pd, da Marini a Rutelli. Quanto a me, troverei normale che un’adesione al Pd coinvolgesse anche le persone che si sono appena riconosciute nel cartello di "Sinistra e libertà": solo che è troppo normale, dunque non avverrà, anzi sì, ma molto più tardi, a partita giocata. E se fra i "giovani", nome già sparpagliatissimo, qualcuno volesse fare la propria corsa, senza subordinarsi a ticket mutilanti, e sia pure senza immaginare di vincere, che argomento potrebbe trattenerlo? E anche, per fare tutta la gamma delle ipotesi, se dei concorrenti già scesi in campo pensassero che dopotutto la cosa migliore è puntare a una leadership la più autorevole possibile, e a tagliare le unghie alle vanità personali, senza affatto sacrificare la battaglia delle idee, non ci sarebbe da rallegrarsi? Naturalmente, perché le idee si diano lealmente battaglia, bisogna averne, almeno un paio.

Le cose sono a questo punto. Il Pd paga uno scotto altissimo e interminabile al divario plateale fra una buona intenzione e gli inciampi della pratica. Oltretutto, non si può ignorare come il lungo congresso promuova comportamenti di apparato incresciosamente contrari all’investimento originario sulle primarie, tesseramenti democristiani o napoletani: per non dire dei guai già consumati in una quantità di situazioni locali. E con le elezioni regionali che incombono. Del resto qualcosa incombe sempre. Incombe oggi, ieri, il rischio di rinviare l’azione politica a cielo aperto perché si è troppo concentrati a farsi la fototessera nella cabina con le tendine tirate. E incombe la liquefazione del Pd. Anche la sua rianimazione: purché si veda come stanno le cose. Dunque si attraversi il più dignitosamente possibile questo purgatorio. Senza indugiare a prendersela con i passanti che si divertano a occupare il Pd come un’allegra e sguarnita palestra di scorribande. Ma questa è l’altra faccia del desiderio di avere un partito "di tutti", e non di qualche apparato. La nottata deve passare: qualcuno ne verrà fuori sobrio, e proverà a prendersi cura della baracca. Come nella Prova d’orchestra, sarà tentato di agitare troppo la bacchetta, e gli sbronzi di poco fa saranno mogi e con la coda fra le gambe. Purché arrivi, questa mattina dopo, e l’impressione di una cosa che ricomincia e si fa seria. Non è pessimismo il mio: è che ho appena sentito uno di quelli che fanno la propria parte da tanto tempo e senza alcun interesse personale, e provava a esprimere il suo stato d’animo dopo le discussioni sul presunto stupratore romano e la sortita di Grillo e non so che altra ultima notizia. Mi ha detto: «Noi che abbiamo a cuore... – non so nemmeno più che cosa abbiamo a cuore». È stato zitto un momento, poi ha sospirato: «Però a cuore».

il Gengis
13-07-09, 11:54
Arriva il testamento biologico

• da La Stampa del 13 luglio 2009, pag. 10

di Ugo Magri

La testa del Cavaliere è ancora al G8, dev’essere stato per lui uno sballo perché non riesce ad appassionarsi d’altro. I suoi consiglieri tentano invano di riportarlo sulla terra, mille sono le grane politiche di mezza estate. Ma se potesse, Berlusconi si occuperebbe solo di vertici mondiali e di terremoto in Abruzzo. L’ultima (viene da autorevole fonte parlamentare) è che porterà a L’Aquila mezzo Parlamento italiano per ammirare il lavoro svolto, lodarlo a gran voce e condividere i passi futuri. Tutto è in grembo di Giove, ancora non si capisce se l’invito del premier sarebbe indirizzato alla sola maggioranza oppure esteso all’opposizione nello spirito nobile della «dottrina Napolitano». Alla fine, il premier potrebbe accontentarsi di organizzare una visita guidata delle commissioni parlamentari, dunque molto istituzionale, sui luoghi-simbolo del G8 e sui cantieri del dopo terremoto.
Di certo il Cavaliere vuole riguadagnare in Abruzzo l’intero credito dissipato tra Casoria e Bari. Non ha dubbi Bonaiuti, il portavoce: «La ricostruzione sarà un ulteriore esempio concreto di politica del fare, proprio come lo fu la guerra ai rifiuti in Campania». Testoni, ultralealista, scommette che «il Berlusconi politico vorrà sfruttare a L’Aquila il talento del Berlusconi imprenditore». Tutto il resto scivola in secondo piano, comprese certe idee che prima del G8 seducevano il premier. Quella del grande conclave governativo, ad esempio, nella quiete di Santa Margherita Ligure per mettere nero su bianco la campagna d’autunno. I ministri hanno confezionato pagine e pagine di loro proposte (con l’eccezione di Tremonti). A questo punto, però, manca la certezza che il conclave si farà davvero. Potrebbe addirittura saltare per mancanza di tempo. Collaboratori strettissimi del premier «sinceramente» non sanno dare una risposta. Si capirà meglio mercoledì quando, come risulta, il Consiglio dei ministri verrà riunito.
Notevole sarà lo sforzo dei gerarchi berlusconiani per attirare l’attenzione del Capo. I «Triumviri» del Pdl gli chiederanno di stroncare nel sangue la «rivolta siciliana» che, segnala in privato il capogruppo in Senato Gasparri, «implicitamente è contro Berlusconi, in quanto a nessuno verrebbe mai in mente di dare vita a un Partito del Sud se fosse ben soddisfatto dell’attuale politica governativa...». Il fermento che Silvio sottovaluta rischia di contagiare i «nanetti» del centrodestra. Emblematico quanto dichiara il democristiano Rotondi: «Piuttosto che un attacco preventivo al Partito del Sud e a Micciché, il Pdl faccia autocritica sulla sua gestione interna. Dire che noi forze minori siamo entusiasti, sarebbe pura propaganda».
Ma la grana più grossa di questo scorcio dell’estate, quella che già fa tremare i polsi dei protagonisti in vista dell’autunno, si chiama testamento biologico. La proposta approvata al Senato giaceva da mesi alla Camera. Nessuno aveva il coraggio di riesumarla, specie dopo che Fini l’aveva bocciata come legge da «Stato etico» (fascista) poiché impone idratazione e nutrizione per chi si ritrovasse nelle condizioni di Eluana Englaro. D’improvviso, l’8 luglio, oplà: ecco la proposta all’ordine dei lavori in commissione e marcia a tappe forzate. Maria Antonietta Coscioni, radicale, denuncia la «volontà di compiacere le gerarchie vaticane». In effetti, a quanto risulta presso ambienti bene informati, si è trattato di un «do ut des»: subito la legge, in cambio dell’indulgenza vaticana per i politici peccatori, nel momento in cui molto se ne parlava. A costo di sfidare Fini, di considerare il presidente della Camera come uno che passa di lì per caso. E di creare maldipancia tra i pochi laici sopravvissuti nel Pdl. C’è chi spera nella mediazione Bondi (si eviti perlomeno l’accanimento terapeutico). Ma Oltretevere non ne vuole sapere. E se modifiche vi saranno, il ministro ex-socialista Sacconi fa intendere che faranno felice Sua Santità.

Al comune di Torino le firme dei Radicali

Mentre la Camera sta per approvare il ddl sul testamento biologico, Beppino Englaro e Mina Welby saranno a Torino oggi per consegnare in Comune le 2.700 firme raccolte dall’Associazione Radicale Adelaide Aglietta e dalla Associazione Coscioni per chiedere l’istituzione di un Registro Comunale dei testamenti Biologici. E, scrivono i radicali «per sostenere la battaglia a favore di un vero testamento biologico, che permetta ai medici di rispettare la volontà di ognuno».

il Gengis
14-07-09, 19:38
ntervista a Stefano Ceccanti: la regola è il comico no Radicali e Vendola sì

• da Il Manifesto del 14 luglio 2009, pag. 5

di Daniela Preziosi

Articolo 2 comma 8: «Sono esclusi dalla registrazione nell’anagrafe degli iscritti e nell’albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici o aderiscano a gruppi di altri partiti politici all’interno di organi istituzionali elettivi». Per il senatore Stefano Ceccanti, uno degli ‘Stranamore’ - la definizione poco affettuosa è di Franco Marini - estensori dello statuto Pd, il caso Grillo si chiude al secondo articolo dello statuto, C’è poco da fare, secondo il costituzionalista: «Grillo fa parte di un movimento, sia pure sotto forma di network, assimilabile a un partito che al voto si contrappone al Pd. Né ha cambiato idea. Alle scorse primarie abbiamo rifiutato Di Pietro e Pannella che erano persino nostri alleati. E questa volta dovremmo accettare uno che si presenta contro il Pd? Non sta in piedi». Anzi, si emenda, il vero precedente è «Sgarbi, quando annunciò che voleva correre alle primarie dell’Unione. Lo fece prima che noi presentassimo il regolamento, e dopo sembrò che scrivessimo una regola ad personam. Ma è una questione di serietà: non si può fare una campagna contro e poi candidarsi a leader del Pd».

Non state esagerando In risposte burocratiche, magari tradendo un riflesso di chiusura e paura?

Quella di Grillo è una provocazione, e ciascuno reagisce come gli viene. Magari male. Del resto è quello che vuole Grillo: come ha fatto al senato, dov’è venuto a dire che le parlamentari sono tutte zoccole. Voleva fare chiasso, l’ha fatto.

Torniamo alle regole: a Grillo c’è chi oppone l’articolo 9 comma 2 dello statuto, si può candidare solo chi è Iscritto al momento dell’indizione della convenzione.

Invece quest’argomento non mi convince. In teoria si tratterebbe del 26 giugno. Ma non va bene per due ragioni: intanto abbiamo fissato una data per chiudere le iscrizioni, il 21 luglio, e non possiamo averne un’altra per dire che chi sì iscrive per ultimo ha meno diritti. E poi l’indizione si fa in due date: la prima direzione che fa il regolamento, e la seconda che chiude la fase. No, la ragione per cui Grillo non può candidarsi è che non si può avere una doppia tessera. Chi sta nel Pd non può far parte di un movimento o un partito che va contro il Pd.

La questione, delta doppia tessera non si pone solo per Grillo. Alcuni radicali hanno annunciato che disobbediranno alle vostre regole per partecipare al congresso. Mina Welby si è già iscritta.

Per i radicali la questione è diversa. Alle politiche non solo non si sono presentati contro il Pd, ma addirittura nelle liste Pd. Siamo in una situazione borderline. Tanto più che loro spesso non si presentano alle amministrative.

Alle europee si, però.

E va bene. Resta un caso borderline, va interpretato.

Così dà l’idea che I busillis siano tirati alle preferenze politiche.

No, la vicenda Grillo va a sbattere contro lo statuto, che serve a dire chi sta dentro e chi no. Non si possono fare due parti in commedia.

E i radicali? Stanno conducendo una campagna per la ‘doppia tessera’. Marini, Rutelli e Follini si sono dichiarati possibilisti.

Io dico di più. In prospettiva radicali, socialisti e anche Vendola potrebbero tranquillamente stare dentro il Pd. Non vedo ostacoli per chi, come me, ha l’idea di un partito a vocazione maggioritaria.

Nonostante le tessere dell’associazione Sinistra e libertà e di Radicati Italiani?

Purché non si presentino alle elezioni in maniera concorrenziale con il Pd, si può immaginare un percorso in cui si possano ritrovare dentro il partito.

Ne è sicuro?

Non vedo il problema. Meno partiti ci sono meglio funziona la democrazia parlamentare. Per questo non posso pretendere partiti rigidamente omogenei. In sostanza, i partiti sono i soggetti che si presentano alle elezioni. C’è quindi una gamma di posizioni politiche che possono essere ricomprese nel Pd, da Vendola a Tabacci. Al congresso ce ne accorgeremo bene.

In che senso?

La piattaforma di Bersani insiste sulla coalizione, e in quello schema radicali, vendoliani e socialisti sono fuori dal Pd, e magari dentro una nuova Unione, con l’Udc al posto del Prc. In quella di Franceschini invece il perno è un altro: appunto, l’idea di un partito a vocazione maggioritaria. Ed è quella coerente con il mio approccio: tutti dentro, tutti in lista, anche se con posizioni molto differenziate all’interno.

il Gengis
14-07-09, 19:38
No a Grillo, sì alla doppia tessera

• da Il Riformista del 14 luglio 2009, pag. 1

di Tommaso Labate

«Evitare che questo congresso si trasformi in una farsa». Anche perché «la spettacolarizzazione delle assise delegittimerebbe il prossimo segretario, chiunque esso sia». Ieri mattina Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani si sono sentiti per telefono, hanno convenuto quanto sopra e deciso di sospendere le ostilità per un’ora. Il tempo di disinnescare, di comune accordo, la «mina Grillo». Prima il coinvolgimento della «ditta» in un caso di cronaca come la sfilza di stupri che hanno tenuto in ansia la Capitale, innescato dalla dichiarazione di Ignazio Marino sull’arresto di Luca Bianchini. Poi il colpo di teatro studiato a tavolino da Beppe Grillo, che ha annunciato la sua candidatura alla segreteria del partito. Due fendenti all’immagine pubblica del partito. Due "ferite" che richiedevano la sospensione momentanea delle ostilità per evitare al congresso una deriva «da Circo Barnum». E’ bastato che il comico genovese annunciasse all’ora di pranzo (ai microfoni di SkyTg24) la sua iscrizione al circolo del Pd di Arzachena, in Sardegna, e che Ignazio Marino mettesse a verbale la sua non ostilità alla discesa in campo del «quarto uomo», perché si attivasse immediatamente uno dei pochi canali di diplomazia interna ancora aperti tra Franceschini e Bersani: quello rappresentato da Maurizio Migliavacca, il responsabile organizzazione del Nazareno che è schierato con Bersani ma ha anche i galloni di "coordinatore" della Commissione nazionale per il congresso. E così «Dario» e «Pier Luigi», protagonisti di un’inizio partita tutt’altro che improntato al fair play, hanno deciso di comune accordo di respingere l’opa ostile di Grillo «sulla serietà del congresso» e a concordare la dichiarazione che Migliavacca avrebbe inviato alla agenzie dopo pranzo. «Le regole per iscriversi al Partito democratico sono chiare e precise. Mi sembra molto difficile - spiega il responsabile organizzazione - che la richiesta di iscrizione al partito di Beppe Grillo contenga i presupposti e abbia i requisiti necessari per il rilascio della tessera del Pd». Nel pomeriggio la notizia dell’avvenuta iscrizione del comico genovese al partito, condizione necessaria (ma non sufficiente) per la sua discesa in campo, si sgonfia come un soufflè mal riuscito. Dalla Sardegna, dove Grillo è in vacanza, il coordinatore del circolo di Arzachena - con il via libera del commissario del Pd regionale Achille Passoni - fa sapere di non aver accettato l’iscrizione perché il comico ha la residenza altrove. Nel frattempo, uno dei "padri" dello statuto democrat, Stefano Ceccanti, mette in fila le ragioni che porteranno la commissione di Garanzia del partito a respingere al mittente la candidatura del «quarto uomo». Una su tutte: «Grillo è stato promotore di liste in concorrenza col Pd. Quindi, statuto alla mano, se ne ricava che l’iscrizione dovrebbe essere rifiutata». C’è il condizionale obbligato, anche per rispetto alla commissione che sarà chiamata a pronunciarsi. Ma il finale della storia sembra già scritto: almeno per questo giro, il comico benedetto da Di Pietro non potrà essere della partita. Difficile però liquidare il caso Grillo come una boutade. Perché gli strascichi dell’incursione del comico nella madre di tutte le partite aiutano a capire quale potrebbe essere uno dei punti cruciali della sfida tra Franceschini e Bersani: la doppia tessera. Il fronte dell’ex ministro dello Sviluppo economico, che vede nel Pd il partito-traino di una coalizione modello Ulivo ‘96 (il termine Unione, da quelle parti, è ormai bandito), usa il caso Grillo come la prova ulteriore di come «regole confuse portano a candidature fai da te» (copyright Filippo Penati). «Io sono per un partito che si faccia rispettare», ha scandito ieri Bersani a Carrara. Dalle parti di Franceschini, invece, il ritornello è ben diverso. «La provocazione di Grillo è il segnale "positivo" che oltre il Pdl c’è soltanto il Pd», spiega Stefano Ceccanti. Che aggiunge: «Nel Pd possono starci tutti coloro che, al contrario di quanto ha fatto il comico genovese, non si presentino alle elezioni in competizione con noi». L’idea di «aprire il Pd a chi sta fuori», lanciata giorni fa da Sergio Chiamparino sul Foglio, ha talmente fatto breccia tra i Franceschini’s che «Dario» è pronto a dedicarci una parte della sua mozione. E d’accordo Franco Marini, che ai microfoni di Radio radicale ha parlato dell’idea di «un partito aperto, in cui vedo dentro anche i Radicali, a pieno titolo». E’ d’accordo Rutelli, che alla stessa emittente ha chiarito di essere favorevole «alla doppia tessera purché gli obiettivi siano gli stessi». Sono d’accordo i veltroniani e anche i teodem (Paola Binetti, tra l’altro, ha anche difeso la candidatura di Grillo). Dal partito liquido al partito omnibus: sarà questo, alla fine, il vero spettro con cui Bersani e compagnia dovranno misurarsi.

il Gengis
14-07-09, 19:39
Doppia tessera perchè sì

• da Europa del 14 luglio 2009, pag. 1

di Luigi Manconi

Caro Luigi Berlinguer, leggo che non sarebbe possibile, secondo l’attuale statuto del Pd, la doppia tessera: ovvero l’iscrizione al Pd e, per esempio, ai Radicali italiani. La cosa non mi era nota, ma seppure l’avessi conosciuta, non credo che avrei modificato le mie scelte. Infatti, mi trovo a essere membro eletto dell’Assemblea nazionale costituente del Partito democratico e, al tempo stesso, iscritto e membro della direzione di Radicali italiani. Dunque, non solo una doppia tessera, ma addirittura, si fa per dire, un doppio dirigente. E questo costituirebbe una duplice violazione dello statuto del Pd. L a cosa mi lascia assai perplesso: da quando mi trovo in una condizione di "doppia identità" politica, non ho mai avvertito una contraddizione inconciliabile tra le due militanze, i due programmi e i valori ai quali i due partiti fanno riferimento. Ricordo inoltre, e non è dettaglio di poco conto che all’interno dei gruppi parlamentari di camera e senato operano da un anno, e assai proficuamente, gli eletti radicali. Aggiungo che, da tempo, ritengo indispensabile che il Partito democratico si apra a militanti ed esperienze provenienti da tradizioni, culture e movimenti che sono parte integrante della storia politica del nostro paese. Non solo ai Radicali, dunque, ma anche a buona parte di coloro che hanno dato vita a Sinistra e libertà e a un numero significativo di persone oggi attive in comitati, associazioni, organizzazioni e, infine, a quanti cercano proprio nel Pd una sede in cui investire politicamente le proprie energie e le proprie passioni. Così la penso ed è questa una delle ragioni del mio impegno nel Partito democratico. Ora ti chiedo se il fatto di essere iscritto ai Radicali italiani e membro della direzione di quel partito mi debba impedire di recarmi nel circolo democratico del mio quartiere e chiedere di rinnovare la tessera del Pd.

il Gengis
14-07-09, 19:39
Intervista a Marco Pannella: "io non lo voterei ma perchè escluderlo"

• da La Stampa del 14 luglio 2009, pag. 6

Sarebbe positivo se trovassero le condizioni per consentire questa candidatura». Due anni fa, alle primarie che incoronarono Veltroni, il leader storico dei Radicali, Marco Pannella, provò a candidarsi ma non venne accettato.
Stavolta ci riprova Grillo...
«La cosa non mi sorprende affatto. Il problema è che lo fa secondo progettualità e contenuti monologanti».
Cosa intende dire?
«Tutte le sue iniziative sono frutto di suoi riflessi, com’è accaduto per le firme per il referendum: iniziative finite in niente. Speriamo che col tempo faccia tesoro di esperienze come le nostre: che nel fare polemiche facciamo anche proposte alternative».
Questa candidatura come finirà?
«Vedremo, comunque sia muove qualcosa. Io l’ho già fatto, in un contesto diverso, perché da 30 anni proponevo la formazione di un partito democratico. Le sue sono iniziative popolari ma anche populiste. In una parte di ceto dirigente del Pd, spesso scorato e preoccupato, rischia di esaltare il loro mero complesso di autodifesa».
Le sembra giusto accettare la richiesta?
«Più che giusto direi cosa è opportuno: sarebbe positivo se trovassero le condizioni per consentirla».
Si parla di radicali iscritti al Pd per sostenere Marino...
«Sono iscritti della galassia radicale. Bisogna vedere se accetteranno la doppia tessera, che finora secondo Luigi Berlinguer è vietata».
Lei voterebbe Marino?
«Con lui ho il rapporto più amichevole, ma ora si tratta di vedere i programmi. Non pregiudico nulla, ma Grillo tendenzialmente no: non mi entusiasmano parecchie cose che dice».

motorino radicale
16-07-09, 13:43
Lo statuto parla chiaro - Lettera

• da Europa del 15 luglio 2009, pag. 1

di Luigi Berlinguer

Caro Luigi Manconi, rispondo alla tua lettera nella mia veste di presidente vicario della commissione di garanzia del Partito democratico. Ma proprio in questo ruolo, per mio costume istituzionale, preferisco non esporti una mia personale opinione (che poco conterebbe). È più opportuno che ti parli delle linee interpretative maturate in questi anni all’interno della commissione di garanzia, che è stata in passato sollecitata a risolvere alcuni aspetti del problema della doppia tessera da te affacciato, a seguito di alcuni casi che si sono già concretamente presentati. Il compito della commissione, certamente delicato, non è di valutare se le regole adottate dal Partito democratico con l’approvazione dello statuto siano giuste o sbagliate, ma è quello di applicare quelle regole. La commissione di garanzia, infatti, non è un organo di indirizzo politico né di modifica degli assetti esistenti, ma una sede preposta al rispetto delle regole. Ebbene, si dà proprio il caso che in materia lo statuto sia chiarissimo. Nel suo articolo 2, all’ottavo comma, si legge che «sono escluse dall’anagrafe degli iscritti... le persone che siano iscritte ad altri partiti politici o aderiscano a gruppi di altri partiti politici». E poi, con precisione assoluta, si fa carico alla «commissione di garanzia - qualora essa abbia cognizione di tale causa ostativa - di decretare la cancellazione». In tal senso, pertanto, la commissione si è già dovuta pronunciare nella sostanza. Va anche detto che in altri articoli si richiede che l’iscritto al Pd deve «dichiarare di riconoscersi nelle proposte politiche del partito, di sostenere alle elezioni politiche il partito stesso, i suoi candidati, di aderire ai gruppi democratici nelle assemblee elettive», e via discorrendo. Alla commissione non è occorso di esaminare, invece, il caso relativamente recente del partito radicale, che ha partecipato alle elezioni politiche nazionali nelle liste del Partito democratico, con la presenza dei suoi eletti all’interno dei gruppi parlamentari Pd È palese in questa circostanza che i radicali non sono entrati in conflitto con la lista del Pd, nel corso delle elezioni, come accade ad altri movimenti politici. Su questo aspetto non sono quindi in grado di esprimermi personalmente, nel caso di presenza di doppia tessera la commissione di garanzia valuterà. Vorrei concludere sottolineando che il Pd, a differenza di altre formazioni politiche, tra cui primeggia la destra, fa del rispetto delle regole un pilastro costitutivo della sua ragion d’essere, e non può quindi darsi uno statuto e poi - per ragion politica - non applicarlo. Se la soluzione ivi adottata non è considerata congrua, la si cambi, ma finché essa esiste va applicata.

motorino radicale
16-07-09, 13:44
Adesso negano lo scambio indecente

• da L'Unità del 15 luglio 2009, pag. 17

di Maria Antonietta Coscioni

Il centro destra in queste ore, nega il tentato blitz. Il sottosegretario Roccella parla di atteggiamenti strumentali; il capogruppo alla Camera del PdL Cicchitto, minimizza sostenendo che «il dibattito è semplicemente aperto». Anche il presidente della Camera Fini fa sapere che sul testamento biologico non c’è alcuna accelerazione, si tratta semplicemente di una boutade. Poiché sono stata io a lanciare l’allarme il 1 luglio, sostenendo che il governo tentava l’ennesimo colpo di mano, cosa devo pensare, d’essere una visionaria? Credo di aver visto, là dove molti si limitano a guardare. Per esempio, ho visto e valutato la lunga intervista che il ministro Sacconi ha rilasciato al quotidiano dei vescovi L’Avvenire il 24 giugno, annunciando la volontà di procedere a tappe forzate per quel che riguarda il testamento biologico; in dispregio alle obiezioni che da tanta parte dello stesso centro-destra si sono levate, Sacconi ha spiegato che il Governo non è disposto a negoziare questioni come idratazione e alimentazione, considerati sostegni vitali e non terapie; in parole povere: quello che viene considerato un caposaldo della nuova legge, resterà immutato, con buona pace di quanti considerano quel testo di legge licenziato dal Senato degno di uno "Stato etico". Contemporaneamente il Presidente della commissione Affari Sociali ha annunciato l’avvio della discussione della legge; e questo senza che prima fosse stato approvato alcunché in materia di terapie del dolore; l’accordo raggiunto tra Camera e Senato era di avviare il dibattito sul testamento biologico solo dopo aver discusso il testo sulle cure palliative. Ancora una volta, di nascosto, si è cercato di consumare l’ennesimo colpo di mano da parte della maggioranza; e ancora una volta si è venuti meno alla parola data. La manovra è evidente. E il nervosismo di certe reazioni si spiega solo con la volontà di compiacere le gerarchie vaticane e riguadagnare la loro fiducia, dopo le ripetute critiche ai comportamenti "privati" del Presidente del Consiglio e a leggi come quella sull’immigrazione clandestina. Con una legge che non tiene in alcun conto la volontà del paziente, e contraddice il principio di libertà di cura chiaramente espresso nell’articolo 32 della Costituzione. È dunque questo il "dono" che Berlusconi intende portare a Papa Ratzinger, nella speranza di riguadagnare il credito perduto? Come radicali confermiamo la nostra ferma opposizione, e mi auguro che dal centro-sinistra come dal centro-destra quanti hanno annunciato la loro contrarietà a questa legge diano voce a quelle politiche laiche e liberali che il Paese invoca. Questa legge sarà anche il banco di prova per il Pd: dovrà dire una parola chiara e assumere una posizione coerente.

motorino radicale
16-07-09, 13:45
Intervista a Emma Bonino: "sì all'equiparazione, ma i risparmi vadano alle donne"

• da Il Messaggero del 15 luglio 2009, pag. 7

di Umberto Mancini

«Visto che, piaccia o no, c’è un obbligo europeo da rispettare, sarebbe almeno opportuno che i soldi risparmiati dall’aumento dell’età pensionabile delle donne, finissero in un Fondo per dare sostegni concreti alle donne». Emma Bonino ribatte un concetto che ha sempre difeso. E come vice presidente del Senato invita a non fare polemiche sterili sull’equiparazione ormai in dirittura d’arrivo. Piuttosto è meglio pensare al dopo, a come sfruttare - in maniera bipartisan - quella che può essere una opportunità.

Onorevole Bonino, visto che alla fine l’equiparazione partirà come gestire al meglio il passaggio?

«Bisogna fare di necessità virtù. Lo ripeto da tempo: vista la situazione di estrema difficoltà di accesso nel mercato del lavoro per le donne, la necessità di avere asili nidi, di sostenere la maternità, di aiuti mirati, sarebbe utile mettere da parte le polemiche e pensare ad avviare una riforma del welfare, dando per scontato l’innalzamento graduale dell’età pensionabile per le donne. Da questi risparmi potrebbero scaturire risorse importanti, fondamentali, in una fase economica difficile».

Ma fino ad ora il Pd e l’opposizione non hanno avuto una linea definita, anzi....

«A forza di dire che "non si toccano le pensioni" si è evitato un confronto costruttivo. Non si è elaborato un progetto a sostegno delle donne. Il Pd, sbagliando, non ha affrontato la questione».

Adesso è troppo tardi?

«Temo che ci dovremo fidare del buon cuore del ministro Brunetta che ha parlato di risparmi non piccoli derivanti dall’innalzamento dell’età pensionabile e di un emendamento per destinarli ad un Fondo per le politiche a sostegno delle donne lavoratrici. Bisogna vedere se l’idea piacerà anche al ministro dell’economia Tremonti».

Farete un intervento in extremis?

«Servono misure ‘di sostegno concreto, di certo lo status quo e indifendibile. Di certo abbiamo perso una occasione per proporre una riforma complessiva del welfare. Adesso dovremo sostenere Brunetta».

motorino radicale
16-07-09, 13:46
Referendum propositivi - Lettera

• da Il Riformista del 16 luglio 2009, pag. 15

di Massimiliano Iervolino

La riforma del titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, ha riconosciuto alle Regioni la possibilità di dotarsi di referendum non solo abrogativi, come accade a livello nazionale, ma anche di propositivi. Ciò lascerebbe pensare ad una vera "rivoluzione" democratica, ma purtroppo così non è. Infatti l’unica Regione a Statuto ordinario che ad oggi prevede l’uso della "seconda scheda propositiva" è il Lazio. Gli articoli 61, 62 e 63 del nuovo Statuto del 2004 prevedono la possibilità di entrambe le consultazioni referendarie, attraverso la raccolta e il deposito di 50.000 firme di cittadini residenti nella Regione Lazio. Noi radicali da circa tre mesi stiamo raccogliendo le sottoscrizioni su otto referendum regionali (quattro propositivi e quattro abrogativi) in materia di sanità, ambiente, rifiuti e diritti civili. Siamo storicamente attivatori di democrazia e proprio per questo, ora che si parla solo di federalismo fiscale e non di federalismo politico, ci prendiamo la responsabilità di utilizzare gli strumenti che lo Statuto ci concede.

motorino radicale
16-07-09, 13:46
Pd e doppia tessera per costruire aprire progettarsi - Lettera

• da Europa del 16 luglio 2009, pag. 6

di Francesco Pullia

Ho letto e apprezzato il fondo di Stefano Menichini, "Un partito figlio di nessuno", e l’intervento di Luigi Manconi, "Doppia tessera perché sì", relativi alla situazione interna (ed esterna) del Pd. Li condivido entrambi dalla prima all’ultima riga. Chi scrive non è mai stato tenero nei confronti delle dirigenze del Pd e certamente non per spirito distruttivo. Al contrario, è stato mosso nelle sue critiche dalla ferma convinzione di un grande progetto democratico fondato non su cascami ideologizzanti ma su un concreto programma di riforma sociale, un programma alternativo all’esistente, in grado di proiettarsi ben al di là della contingenza. Ciò che in Italia bisogna subito provvedere a cambiare, è il sistema elettorale. Solo passando dall’attuale sistema all’uninominale secco, si potrà arrivare ad un bipartitismo che è ben altra cosa dal bipolarismo. Si arriverà alla creazione di due contenitori multiformi, dimorati dalla pluralità, chiaramente distinguibili. In attesa che da noi si riesca ad introdurre il sistema americano, è possibile, però, accelerare questa condizione salutare per la democrazia con l’accettazione della doppia tessera, così come da oltre cinquant’anni, e per statuto, fa il Partito radicale. Ecco, dunque, che gli articoli di Stefano Menichini e di Luigi Manconi possono essere visti come due facce di un unica medaglia. Un partito nuovo è un partito includente, non escludente, costituito da diverse anime e volontà costruttrici non omologate, appiattite, schiacciate ma dialoganti tra loro. Il Pd se vuole vincere la sfida che gli viene (im)posta non dovrà arroccarsi nella spartizione di poltrone e privilegi, ma è chiamato a crescere di aggiunta in aggiunta, puntare su nessi e contenuti, nel segno di una compresenza in cui tutti, davvero tutti, possano contribuire a produrre fecondamente realtà.

motorino radicale
16-07-09, 13:47
Cancellatemi dagli iscritti - Lettera

• da Europa del 16 luglio 2009, pag. 1

di Giulia Innocenzi

Caro Luigi Berlinguer, leggo con fiducia la sua lettera pubblicata su Europa il 15 luglio, in cui scrive che il Partito democratico «fa del rispetto delle regole un pilastro costitutivo della sua ragion d’essere, e non può quindi darsi uno statuto e poi - per ragion politica - non applicarlo». Condividendo tale considerazione nel suo principio, ossia che senza il rispetto delle regole non vi può essere il pluralismo e lo spazio per le minoranze, quindi la democrazia, durante le primarie dei giovani Pd dello scorso anno mi autodenunciai per la doppia tessera Radicali-Pd. Lo feci seguendo la prassi radicale, che è quella della denuncia della violazione di una norma che si considera ingiusta. Come lei stesso ricorda, il compito della commissione di garanzia è di «applicare le regole». E proprio sul caso della doppia tessera dei Radicali, che alle scorse elezioni politiche «non sono entrati in conflitto con la lista del Pd», lei dice che la commissione «valuterà» quando le sarà sottoposto un caso. A distanza di quasi un anno, quindi, mi rivolgo nuovamente a lei, in qualità di presidente vicario, e alla commissione di garanzia tutta, per chiedere la mia "cancellazione" dall’anagrafe degli iscritti, proprio come prevede lo statuto del Pd. Le chiedo di decidere, quindi, dell’estromissione di tutti quei radicali che alle primarie dei giovani Pd sono stati eletti nell’assemblea o sono stati nominati in seguito negli organi direttivi. Le chiedo di decidere, perché la battaglia per la democrazia interna dei partiti passa anche per la revisione degli statuti, troppo spesso contrari a quei principi costituzionali che garantiscono l’ordinamento democratico del nostro paese.

motorino radicale
17-07-09, 16:58
Pd, stavo per iscrivermi ma vedo poca serietà - Lettera

• da Europa del 17 luglio 2009, pag. 6

di Aldo Capone

Ebbene sì, insomma stavo per iscrivermi al Pd. Proprio nel week end di fuoco, quello scorso, nel quale ne sono successe, ma soprattutto se ne sono sentite tante, soprattutto dai dirigenti e particolarmente da un candidato a segretario che si è prodotto in una interpretazione della questione morale a dir poco singolare. Guarda te, se uno deve aspettarsi da Enrico Mentana una parola di pietà, che è anche di buon senso, su una vicenda oscura e dolorosa come quella di Bianchini! Stavo quasi per elaborare e digerire i fattacci del fine settimana, e ritornare a pensare di iscrivermi, quando è arrivato il caso Grillo, comico che avrei lasciato in pasto agli iscritti ed elettori del partito, i quali certo non affiderebbero l’amministrazione del proprio condominio di casa a quelli della palazzina a fianco con cui sono in guerra, né troverebbero coerente che Ahmadinejad si candidasse a presidente di Israele. Comunque. Ecco che ti leggo una lettera spiritosa di Luigi Manconi nella quale egli dichiara di essere membro dell’Assemblea costituente nazionale e al tempo stesso della direzione dei radicali italiani. Come Franco Marini, anche Manconi ammette di di non sapere che lo statuto del Pd lo vieta. Di nuovo non riesco a iscrivermi al Pd. Come potrei fidarmi di dirigenti, addirittura magari soci fondatori, persone, cioè, che hanno voluto e forse contribuito a stendere le norme statutarie, che poi sostengono di non sapere ecc.? Lo statuto non è una specie di Costituzione che tutti, a partire dai dirigenti fino ai semplici iscritti, dovrebbero conoscere? I dirigenti non ne dovrebbero essere addirittura responsabili? Il comitato dei garanti, mi pare, non ammise, qualche anno fa, la candidatura di Pannella a segretario. Naturalmente non ero d’accordo (la fase era diversa, era costituente, si sarebbe anche potuto), ma poco importa. Se però i garanti oggi avessero ammesso Grillo non applicando quello statuto che sono chiamati a far rispettare, si sarebbe consumata una doppia ingiustizia. Infine non trovo giusto, in più, che vi siano personaggi con una libertà e una certa immunità (come quella di Manconi) di cui magari un semplice iscritto non gode e che quelli stessi che lo statuto hanno voluto e votato, oggi ne parlino in modo così superficiale e offensivo senza accennare ai cambiamenti strutturali di partito che uno statuto diverso presupporrebbe. Senza questa serietà per me è ancora difficile iscrivermi, e chissà forse anche rivotare Pd.

motorino radicale
17-07-09, 16:58
Manconi scrive a Berlinguer "io con Radicali e Pd: si può?"

• da Corriere della Sera del 17 luglio 2009, pag. 14

di Luigi Manconi

Caro Luigi Berlinguer, presidente dei garanti del Pd, leggo che non sarebbe possibile, secondo l’attuale statuto del Pd, la doppia tessera: ovvero l’iscrizione al Pd e, per esempio, a Radicali italiani. La cosa non mi era nota, ma seppure l’avessi conosciuta, non credo che avrei modificato le mie scelte. Infatti, mi trovo a essere membro eletto dell’Assemblea nazionale costituente del Pd e, al tempo stesso, iscritto e membro della direzione di Radicali italiani. Dunque, non solo una doppia tessera, ma addirittura, si fa per dire, un doppio dirigente. E questo costituirebbe una duplice violazione dello statuto del Pd. La cosa mi lascia assai perplesso: da quando mi trovo in una condizione di «doppia identità» politica, non ho mai avvertito una contraddizione inconciliabile tra le due militanze, i due programmi e i valori ai quali i due partiti fanno riferimento. Ricordo inoltre, e non è dettaglio di poco conto, che all’interno dei gruppi di Camera e Senato operano da un anno, e assai proficuamente, gli eletti radicali. Aggiungo che, da tempo, ritengo indispensabile che il Pd si apra a militanti ed esperienze provenienti da tradizioni, culture e movimenti che sono parte integrante della storia politica del nostro paese. Così la penso ed è questa una delle ragioni del mio impegno nel Pd. Ora ti chiedo se il fatto di essere iscritto a Radicali italiani e membro della direzione di quel partito mi debba impedire di recarmi nel circolo democratico del mio quartiere e chiedere di rinnovare la tessera del Pd.

motorino radicale
17-07-09, 16:59
Intervista a Emma Bonino: "basta veti ideologici: il riordino andava fatto"

• da Il Sole 24 Ore del 17 luglio 2009, pag. 8

di Eugenio Bruno
Roma - "Invece di fare una sacrosanta battaglia per il sì porteremo avanti una battaglia perdente per il no". E' pessimista il vicepresidente del Senato Emma Bonino sull'atteggiamento che l'opposizione terrà in Parlamento sull'emendamento al Dl anti-crisi che eleva a 65 anni l'età pensionabile delle lavoratrici pubbliche. Anche perché, aggiunge la storica esponente radicale, "che la riforma andava fatta e lo dico e lo ricordo da tempo". E non è un parere di poco conto il suo, visto che proviene da una donna, ministro uscente alle Politiche europee e per giunta ex commissario Ue.

Presidente Bonino cosa pensa della scelta del governo di equiparare requisiti pensionistici di uomo e donna?
Penso ciò che sostengo da anni, cioè da quando ero ministro: la nostra posizione era di infrazione a un obbligo comunitario e quindi era inevitabile adeguarsi. Per spiegarlo ho provato a fare convegni, mobilitare le donne. Ho scritto anche un libro che si chiamava "Pensionata sarà lei". Tutto per fare di necessità virtù. Lo ripeto, la riforma si doveva fare e il governo fa bene a farla. Sarebbe ridicolo pagare una multa salatissima all'Ue e al tempo stesso non attivare politiche attive per le donne.

Condivide la gradualità scelta, cioè l'aumento di 12 mesi ogni biennio?
Forse poteva essere più rapida ma visto che anche altri paesi europei stanno procedendo lentamente va bene così. L'importante ora è destinare i risparmi, pochi o tanti che siano, all'avvio di una riforma che favorisca l'accesso delle donne al mercato del lavoro, che in Italia è patetico. Certo parcheggiare i fondi nel fondo anti-crisi, come fa l'emendamento, mi sembra una dizione un po’ vaga.

Come si potrebbe renderlo più stringente?
Ad esempio specificando che i risparmi siano indirizzati alle politiche sociali, familiari, eccetera con una trasparenza di destinazione. E su questo spero non ci sia il no ideologico del Pdl e della Cgil.

Che atteggiamento si aspetta in Parlamento dai democratici?
Qualche mese fa avevamo concordato un emendamento alla comunitaria che diceva sì all'equiparazione uomo-donna nel pubblico e al recepimento della direttiva 54 sulla parità di accesso al mercato del lavoro. Dopodiché il Pd l'ha ritirato e io mi sono ritrovata da sola.

Pensa che siano maturi i tempi per una riforma più ampia del sistema previdenziale?
Intanto facciamo quella, poi pensiamo ai prossimi passi. Anche perché i tempi sono i tempi e se l'adeguamento alle regole Ue arriva dopo che la multa è stata emessa bisogna pagarla lo stesso. Ma l'equiparazione dell'età pensionabile non pregiudica le altre riforme.

il Gengis
20-07-09, 19:05
La verità sull'indulto recidivi e reati in calo

• da L'Opinione del 20 luglio 2009, pag. 5

di Dimitri Buffa

Quelli che hanno usufruito dell’indulto circa tre anni fa sono tornati a delinquere nella metà dei casi rispetto a coloro che non ne hanno usufruito. Insomma chi tra i detenuti italiani, ma anche tra i semiliberi e i sottoposti a misure alternative al carcere, ha potuto beneficiare del provvedimento di clemenza - chiesto tra l’altro a gran voce dal precedente Papa Wojtyla, invitato a parlare persino in Parlamento durante il Giubileo del 2000 - ha dimostrato una propensione alla recidiva esattamente dimezzata rispetto agli standard normali. I dati provengono dai Radicali italiani che ieri in una conferenza stampa tenuta alla Camera dei Deputati hanno presentato l’intero "dossier indulto" a tre anni dalla sua promulgazione, chiamando la cosa molto polemicamente "la verità, tutta la verità, niente altro che la verità". Si tratta in realtà di una rielaborazione su dati forniti dal ministero della Giustizia, cioè dal Dap, al secolo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, relativi al "comportamento recidivante" dei soggetti beneficiari del provvedimento di indulto. Tali dati sono aggiornati al 30 giugno 2009 e distinguono la totalità dei soggetti dimessi dagli istituti penitenziari, o da una misura alternativa al carcere, da coloro che in questi 35 mesi, almeno una volta, hanno nuovamente fatto ingresso in carcere. La lettura dei dati mostra tassi di recidiva piuttosto bassi che si assestano al 30,31% per i beneficiari provenienti dal carcere ed al 21,78% fra coloro che al momento dell’entrata in vigore della legge stavano scontando la pena in misura alternativa. Il dato deve opportunamente essere confrontato con il tasso medio di recidiva "ordinario" che è del 68% fra la popolazione detenuta e del 30% fra coloro che hanno scontato la pena prevalentemente in misura alternativa. Alla conferenza stampa, oltre alla deputata Rita Bernardini (che da anni svolge una lotta poderosa contro la demagogia di numerosi esponenti di partiti come la Lega Nord e I’Italia dei Valori, che hanno deciso a tavolino di attribuire all’indulto la colpa della criminalità, fornendo spesso anche dati falsi - visto che quasi tutti i reati sono in calo - e questo allo scopo di procurarsi facile consenso sulla pelle degli italiani, sia quelli in carcere sia quelli che stanno fuori) erano presenti altri esponenti politici e della cosiddetta società civile: si tratta di esperti del settore, come Luigi Manconi,, o come il segretario dell’associazione Antigone Patrizio Gonnella o come il professore Giovanni Torrente di Torino. Presenti anche i curatori del sito innocentievasioni.net. Si è parlato molto anche del mancato provvedimento di amnistia che normalmente accompagna ogni indulto allo scopo di sfoltire i processi, e non "per regalare qualche altro anno di carcere in meno ai detenuti", come invece ci hanno fatto credere i demagoghi in malafede in servizio permanente effettivo in tv, da Vespa o da Santoro in maniera quasi ossessiva. Tanto che il paradosso è che ormai, con la popolazione carceraria ritornata a quota 64mila individui grazie a leggi criminogene come la Giovanardi-Fini sulle droghe e a tutta la disciplina contorta sull’immigrazione clandestina, per non parlare del decreto sicurezza che fra poco entrerà in vigore, presto toccherà seriamente pensare a un altro indulto. Già quest’estate una sorta di "aprite le gabbie" è giunto proprio in una circolare del capo del Dap, l’ex pm antiterrorismo di Roma Franco Ionta, che ha scritto invitando i direttori delle carceri a "fare dormire all’aperto nei cortili", a richiesta, i detenuti che non se la sentivano di stare rinchiusi con il caldo a gruppi di undici in una sola cella, come a Poggioreale dove in una singola stanza è impossibile per tutti stare in piedi allo stesso momento. Si è parlato anche dell’articolo 41 bis, quello che regola la detenzione dura dei boss di mafia, ma anche di chi è in attesa di giudizio per reati mafiosi e potrebbe persino venire assolto. L’Italia è incorsa già nelle sanzioni Onu che riguardano l’uso della tortura per questa maniera inumana di trattare i detenuti, sia pure pericolosissimi. Ma la mentalità forcaiola che si è instaurata dopo la rivoluzione giudiziaria di "Mani pulite" oramai sembra un cancro che da più di diciotto anni non vuole lasciare il corpo del nostro paese. E, per citare il libro-dossier sui mali istituzionali dell’Italia -confezionato prima delle elezioni europee proprio dai maggiori esponenti della Lista Bonino Pannella, fa parte di quella "peste italiana" che sta contagiando l’Europa.

il Gengis
20-07-09, 19:05
Verità e giustizia fuori dal pozzo

• da America Oggi del 20 luglio 2009, pag. 11

di Stefano Vaccara

Ci sono paesi dove la giustizia è un optional e le scomode verità non hanno diritto di esistere. Il primo grande paese che viene in mente è la Russia di Vladimir Putin, che malgrado certe apparenze “democratiche”, ha poco di diverso dalla Russia sovietica così come di quella degli zar. Persino nella maschera del potere, ieri in mano a Stalin, “solo” segretario generale del Pcus, mentre il presidente dell’Urss era lo sconosciuto Kalinin; così oggi il presidente Medvedev, con di fatto tutto il potere sempre in mano all’ex ufficiale del Kgb ora primo ministro. Verità che si sa ma non “esiste”. Così come tutti sanno la verità ma senza speranza di affermarla, cioè darle giustizia, su chi continua ad ammazzare chi lotta per il rispetto dei diritti umani, come la coraggiosa Natalia Esterimova.



Questi popoli “senza verità”, cioè senza giustizia, non abitano solo a Mosca, a Teheran, a L’Avana o a Pechino. Abitano anche a Palermo, quindi a Roma e Milano fino al villaggio più sperduto nelle Alpi della Repubblica d’Italia.



«La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c′è più né sole né luna, c′è la verità». Queste parole Leonardo Sciascia le fa dire al capo mafia mentre è interrogato in caserma dal capitano dei carabineri Bellodi, ne Il giorno della civetta, il suo primo e più famoso romanzo. Cosa voleva dire Sciascia ai Bellodi d’Italia, cioè a chi crede ancora nella necessità di accertare le verità, nel bisogno primario di una società civile di affermare la giustizia? Siamo agli inizi degli anni Sessanta, lo scritttore siciliano, che si sta affermando, ma è ancora maestro elementare a Racalmuto, dalla Sicilia manda un messaggio a tutta l’Italia. Con quel romanzo giallo, Sciascia dice all’Italia del boom, all’Italia che si appresta a diventare potenza economica mondiale: guardate che quello che avete fatto qui all’inizio della rinascita nazionale, dopo il fascismo e che state continuando a lasciar fare qui giù, in periferia, ciò di cui fate finta di non sapere e per questo ne siete complici, un giorno vi trascinerà nell’inferno di quel buio che c’è in fondo al pozzo. Quell’Italia, appunto, che nasceva nelle ceneri della guerra facendo affermare, ancora una volta in Sicilia – era già accaduto subito dopo l’Unità - quello di cui parlavamo prima: la negazione della verità anche se si può conoscere, l’assoluta impossibilità di far affermare la giustizia.



I sindacalisti uccisi, la Strage di Portella della Ginestra, la messa in scena sulla fine di Giuliano, lo Stato che scende a patti con i mafiosi e fa papelli pensando magari di sacrificare solo la libertà dei siciliani e non del resto degli italiani.



Sciascia scrive romanzi profetici, perché un altro carabiniere venuto da Parma, il Prefetto Dalla Chiesa, darà l’accelerazione venti anni dopo alla serie di ’cadaveri eccellenti’ in Sicilia, che raggiungerà il culmine con le stragi dei giudici Falcone e Borsellino e delle donne e uomini che hanno dato la vita per proteggerli ma sono stati uccisi due volte quando lo Stato non ha accertato la verità e affermato la giustizia.



Oggi ricade il 17esimo anniversario della strage di Via D’Amelio. Proprio in questi giorni la Procura di Caltanissetta ha deciso di riaprire le indagini su questo delitto, di cui si sa qualcosa sugli esecutori – ma anche lì stanno affiorando depistaggi - ma nulla sui mandanti, a meno che si voglia credere che Riina e Provenzano potessero veramente organizzare da soli e in poche settimane, azioni di guerra del genere. Tra tutti coloro che da tempo protestavano questa mancanza di verità e giustizia, rifiutando di far finire tutto in fondo al pozzo dei misteri della Repubblica, rimbombano forti le dichiarazioni del fratello di Paolo, Salvatore Borsellino. Da tempo urla giustizia l’ingegnere Borsellino, ma i media sono rimasti sordi. Ora qualcosa si muove. Su Il Corriere della Sera (intervista apparsa solo sul sito internet), solo due giorni fa, ha dichiarato: «Mio fratello sapeva della trattativa tra la mafia e lo Stato. Era stato informato. È per questo è stato ucciso. La strage di via D'Amelio è una strage di Stato. Pezzi delle istituzioni hanno lavorato per prepararla ed eseguirla. Adesso che la verità sulla strage si avvicina, spero solo che non siano gli storici a doverla scrivere. Bensì i giornalisti».



Sempre ne Il giorno della civetta, nelle ultime pagine del romanzo, si legge: forse tutta l′Italia va diventando Sicilia.... Eppure il capitano Bellodi non si arrenderà, Sciascia alla fine ce lo farà scoprire determinato ad affermare la verità contro i soprusi e gli inganni. Come Falcone e Borsellino. Che sono morti, è vero, ma ci hanno trasmesso il valore dell’affermazione della giustizia in Sicilia e quindi in Italia. Il diciassettesimo anniversario porti tanta sfortuna a quei mandanti e più forza a chi lotta senza arrendersi per la verità e la giustizia.

il Gengis
20-07-09, 19:06
I Radicali con doppia tessera scelta giusta - Lettera

• da La Gazzetta del Mezzogiorno del 20 luglio 2009, pag. 24

di Marcello Buttazzo

I Radicali di Pannella e Bonino, con una visione coraggiosa e organica del fare politica, prefigurano uno scenario auspicabile, sostenibile: quello di entrare nelle fila del Pd con la doppia tessera. Ovviamente, i Radicali, partito e movimento politico e culturale storico, non violento, liberatorio e riformista, di lotte civili, ambientaliste e di ampio respiro internazionale, conserverebbero la loro ricca fisionomia e integrità. Il lungimirante progetto di Marco Pannella non dovrebbe spaventare neppure l’area degli ex popolari, che ad esempio sulle tematiche eticamente sensibili hanno visione antropologica non propriamente coincidente con quella radicale. L’anima più squisitamente laica e quella più decisamente cattolica possono anche incontrarsi sui grandi temi della vita e della morte, edificando percorsi comuni e rilevanti d’una bioetica quantomeno parzialmente condivisa.

Marcello Buttazzo

Lequile (Lecce)

il Gengis
21-07-09, 11:37
I passi falsi di Marino

• da Europa del 21 luglio 2009, pag. 3

di Rudy Francesco Calvo

Da questa mattina la convenzione del Partito democratico sarà ufficialmente convocata per l’11 ottobre, seguita il 25 dalle primarie. La decisione sarà presa da una direzione-lampo, convocata appositamente per sbrigare le ultime formalità. Poi l’organismo proseguirà il proprio incontro in una formula allargata a tutti i parlamentari. II segretario Franceschini ha pensato a questo appuntamento in due tempi per discutere anche di temi economici, in vista della votazione del decreto anticrisi alla camera. Tra le decisioni che saranno adottate oggi, c’è anche il no definitivo al prolungamento del tesseramento. Chi si iscrive entro oggi potrà votare le piattaforme congressuali, gli altri dovranno aspettare le primarie. Ieri Marino è tornato a chiedere a Franceschini di prorogare la scadenza iscriversi al Pd fino al 31 luglio, ma dal Nazareno rispondono picche. La spiegazione non è solo formale (non contraddire una decisione già presa), ma anche organizzativa. Dopo la chiusura delle iscrizioni, infatti, ai comitati provinciali saranno necessari ancora altri giorni per verificare la validità degli elenchi e trasmetterli quindi a Roma. La proroga comporterebbe uno slittamento ad agosto di queste procedure, mettendo in difficoltà il lavoro dei volontari sul territorio, molti dei quali potrebbero partire per le ferie e quindi non rendersi più disponibili. A labbra strette, poi, alcuni notano che non si può rivoluzionare tutto solo perché Marino si è deciso tardi a candidarsi... Il chirurgo presenterà la propria piattaforma giovedì nella sede milanese della Cgil. L’incontro sarà aperto dal responsabile del suo programma Giuseppe Civati e chiuso dallo stesso candidato. La sua idea del Pd è vicina a quella delle origini. Nessuno stravolgimento dello statuto, insomma. semmai una sua piena applicazione, ad esempio con l’effettiva realizzazione dei "referendum" interni, che consentano una partecipazione attiva degli iscritti. Se proprio si devono introdurre correttivi - spiegano - questi dovrebbero contrastare la moltiplicazione delle correnti. Per il resto, grande autonomia ai territori, esaltazione della laicità e ritorno a tamburo battente della vocazione maggioritaria: il messaggio del partito - è l’idea di Marino - deve essere rivolto a tutto il campo del centrosinistra, senza riporre aspettative sulle eventuali alleanze. Confermata la scelta del bipolarismo, la legge elettorale deve adeguarsi a questo principio, ma deve anche consentire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti. Come? «L’importante è affermare il principio, sulle modalità siamo pronti a discutere». Intanto, proprio sulla legge elettorale, si registra un avvicinamento tra i radicali e Franceschini. Ieri Emma Bonino ha apprezzato la scelta chiara del segretario dem per il maggioritario uninominale, contestando la presunta opzione di Bersani per il proporzionale. L’ex ministro, però, non ci sta: «Non sono uno che vuole tornare indietro - ha protestato - ma non confondo il bipolarismo con il bipartitismo». La notizia, però, è un altra. La vicinanza tra il candidato "laico" per eccellenza Marino e i radicali sembrava scontata. Il loro aiuto alle primarie poteva essere utile al chirurgo. Annusata l’aria che tira, però, i radicali hanno cambiato rotta. Perfino sul testamento biologico, le parole di Franceschini li hanno tutto sommato soddisfatti. Quindi, perché puntare sul candidato visto come meno forte, quando si può avere come interlocutore un contendente con più possibilità? Tesseramento e radicali: altre due battaglie perse per Marino, che già aveva incassato un duro monito di tutto il partito, dopo l’infelice uscita sulla questione morale e l’arresto del presunto stupratore (e coordinatore di un circolo dem) Luca Bianchini.

il Gengis
21-07-09, 11:38
Pd e Radicali, interagire si può

• da Europa del 21 luglio 2009, pag. 6

di Pier Paolo Segneri

Il riformismo è una corrente politica importante e nobile, ma storicamente perdente. La cultura riformista si manifestò, infatti, nell’Italia pre-bellica della Prima guerra mondiale e dominò la politica italiana nell’epoca pre-fascista. Insomma, si tratta di una corrente storica di grande interesse, ma che finì con il cedere il passo a Benito Mussolini e alla controriforma dì quel welfare senza libertà, voluto e realizzato nel ventennio fascista. Questa è l’identità perdente del solidarismo e del riformismo italiano che, come ha giustamente scritto Europa in un recente articolo, «hanno inorgoglito e motivato la meglio gioventù del passato». Ma ha portato alla tragedia. Il Partito democratico, oggi, sarebbe sbagliato negarlo, è un partito riformista. Come riformista era l’Ulivo del 1996. E l’attuale Pd è, infatti, l’approdo a cui è giunto il progetto dell’Ulivo. Un approdo riformista, appunto, scaturito da un progetto riformista. Mentre l’Italia avrebbe bisogno di un grande partito riformatore, di un Partito democratico innovatore. Ed è quello che stanno cercando di costruire da anni i Radicali con il progetto politico della Rosa nel Pugno. Un’idea laica, liberale e libertaria in cui non vi è più il falso dilemma tra laici e cattolici perché nel partito riformatore, promosso e proposto dai Radicali, la laicità è l’elemento che unisce a sé le diversità riducendo il più possibile le differenze, le ingiustizie e le diseguaglianze. Essere laici significa anche, per usare un’antica espressione di Ernesto Rossi, «abolire la miseria». Essere laici vuol dire permettere la convivenza tra credenti, non credenti e diversamente credenti. Altrimenti, si sconfina nel dogmatismo, nell’integralismo religioso, nel fanatismo, nell’ingerenza, nello stato etico. Alla fin fine, ha ragione Marco Pannella quando afferma che la vera divisione che sussiste tuttora nel dibattito politico non è tra laici e cattolici, ma tra credenti laici e credenti non laici. È questo il senso più profondo della laicità che, come ha asserito Giuseppe Civati, non è un’ideologia, ma un metodo. È un modo di affrontare le questioni, una maniera per non sentirsi depositari di assolutismi politici o religiosi che, in quanto tali, pretendono di non essere contestati. Come dare torto, allora, ad Arnaldo Sciarelli quando sul quotidiano Europa scrive che «la laicità è lo stato di coloro che non indossano abiti confessionali». E lo Stato italiano, con la maiuscola, non può essere confessionale, come non possono esserlo i suoi rappresentanti. Lo Stato è laico. Per questo motivo diventa assai interessante continuare a seguire il dialogo che Franco Marini, Francesco Rutelli e Marco Follini hanno aperto nei giorni scorsi con Pannella e i Radicali. Perché la loro non scontata presenza agli "speciali" del programma radiofonico condotto da Massimo Bordin è stata una presenza forte che ha ribadito e riconosciuto ai Radicali il ruolo di interlocutori leali e affidabili verso cui guardare, da ascoltare e con cui interagire reciprocamente. Si spera che questa reciprocità, però, tenga conto dell’urgenza di riformare la giustizia e il sistema penitenziario italiano. Su questo punto l’intesa può essere davvero a portata di mano. Dipende dal Pd. Da sempre, infatti, il mondo cattolico è sensibile ai problemi delle carceri e dei detenuti. Ecco, è qui che si comprende la falsa e distorta dicotomia tra credenti e laici perché i laici sono anche credenti. Siamo tutti laici. E inoltre, come sosteneva Benedetto Croce, «non possiamo non dirci cristiani». La differenza è semmai tra i fedeli al dogmatismo cieco del potere e i credenti in altro rispetto alloro, ai metalli, al potere. Pierluigi Bersani, Ignazio Marino e Dario Franceschini dovrebbero, laicamente e cristianamente, volgere lo sguardo verso le carceri italiane e il mondo penitenziario. Potrebbero, insomma, raccogliere e fare propria l’iniziativa della deputata radicale Rita Bernardini per una urgente mobilitazione che porti i parlamentari del Pd a visitare, nel mese di agosto, tutte le case circondariali e i penitenziari del nostro paese. Si tratta di ristabilire ovunque la dignità umana, il rispetto della persona, la giustizia giusta. Non dimentichiamo che fu Francesco Rutelli, negli anni ottanta, il promotore principale della battaglia nonviolenta che portò alla luce la gravità drammatica del caso giudiziario di Enzo Tortora. Spero che non lo abbia dimenticato. Abolire la miseria significa anche riformare la giustizia.

il Gengis
21-07-09, 11:38
Almeno fateci coltivare le canne!

• da L'Altro del 21 luglio 2009, pag. 1

di Rita Bernardini

Sto per depositare una proposta di legge sulla coltivazione domestica della cannabis che il Parlamento, se vuole essere coerente con la legislazione vigente, non potrà rifiutare. Non si tratta di una proposta antiproibizionista di legalizzazione - per la quale da radicali ci battiamo da anni e continueremo a batterci - ma più modestamente di una soluzione normativa per estendere gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta "domestica" delle piante da stupefacenti. Infatti, nel nostro ordinamento giuridico, nonostante il divieto dell’uso personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata continua a costituire sempre e comunque un illecito penale, con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex art. 75 d.P.R. 309/90, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato. Dal fatto che l’attività di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti non sia richiamata né nell’art. 73 comma Ibis, né nell’art. 75 comma 1, ma solo nel comma 1 dell’art. 73 d.P.R. 309/90, deriva che tale condotta comunque e sempre abbia una rilevanza penale, quale che sia la dimensione della piantagione e quale che sia il quantitativo di principio attivo ricavabile dai fori e/o dalle foglie delle piante da stupefacenti. Anche dopo l’incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006, il legislatore ha finito con l’aderire a quella opinione giurisprudenziale, senz’altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (C. cost. sent. 24 luglio 1995, n. 360). secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumenta re il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione. così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo anche qualora la finalità del provetto "pollice verde" sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale. Il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella 1 di cui all’art. 14 del D.P.R. 309/90 (Ira le quali è annoverata la cannabis) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore o, almeno, i rischi (se esistono), sono pari o inferiori a quelli di chi, essendosi approvvigionato al mercato clandestino, detiene sostanze stupefacenti anche in quantitativi di significativa consistenza. in conclusione, la proposta di legge che ho preparato in collaborazione con l’Avv. Alessandro Gerardi; membro del Consiglio Generale di Radicali Italiani, si prefigge di dare rilevanza solo amministrativa e non penale (come per la detenzione) qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale. Una proposta "moderata", ragionevole, clic avrebbe il merito di evitare il dannosissimo impatto con il carcere di tanti giovani che oggi ci finiscono per uria condona clic accomuna decine di migliaia di persone che certo non possono essere considerate "criminali".

motorino radicale
22-07-09, 22:32
Emigrazione a Nord, e il Mezzogiorno è sempre più solo

• da Il Manifesto del 22 luglio 2009, pag. 10

di Elisabetta Zamparutti

I dati sull’esodo in corso dal Sud verso il Nord, che emergono dal Rapporto Svimez 2009 sull’economia del Mezzogiorno e secondo cui in undici anni vi sono state 700mila persone emigrate nel Settentrione d’Italia, sembrano confermare le previsioni demografiche dell’Istat al 2051 che indicano, nello scenario più pessimista, una perdita di 4 milioni e mezzo di abitanti nel Sud e un aumento di 7 milioni al Nord. Senza contare che l’incremento della popolazione nel bacino del Mediterraneo ha visto il passaggio dai 150 milioni di abitanti della riva Nord, nel 1950 agli attuali 202 milioni e, fatto ancora più eclatante, il passaggio dai 73 milioni della riva Sud di allora ai 233 milioni che premono ora su di noi. È dunque in atto una dinamica molto complessa e allarmante la cui soluzione non può ridursi a un mero «reclamo» di maggiori risorse per il Mezzogiorno. Perché quello che serve è una nuova classe politica e dirigente capace di concepire progetti di medio/lungo termine che tengano conto innanzitutto della «sfida demografica» e siano incentrati - come ha spiegato Aldo Loris Rossi all’Assemblea dei mille di Chianciano promossa da Radicali italiani - sulla «prospettiva euro-mediterranea». In tale prospettiva, che vede già l’Italia e il Mezzogiorno sulla carta maggiormente integrati nel sistema infrastrutturale dei Corridoi transeuropei, occorre che siano prioritaria,mente attuate e rafforzate quelle linee di comunicazione verso la sponda Sud ed Est del Mediterraneo attraverso un sistema intermodale dei trasporti. Questo può divenire la forza motrice dello sviluppo del Mezzogiorno. Diversamente, il rischio fortissimo è che mentre il Settentrione d’Italia è integrato nel sistema economico-territoriale europeo, il Mezzogiorno diventi sempre più periferico non solo rispetto all’Europa ma anche rispetto alla sponda sud del Mediterraneo dove, ad esempio, il porto di Tangeri conosce uno sviluppo che lo sta portando a diventare il più grande e importante porto dei paesi africani e mediterranei. Se la prospettiva è quella euro-mediterranea, non mi pare molto lungimirante, per la creazione di basi di partenariato, chiedere come prima cosa ai paesi rivieraschi di riprendersi i propri emigrati; o continuare a considerare un tabù il solo parlare di questioni demografiche e’il menzionare il termine «contraccèzione»; o ancora, in termini energetici, presentare come modernità il ritorno al nucleare, una politica fatta col retrovisore che ci porta a prendere oggi un treno passato trent’anni fa, che nessuno prende più e dal quale, anche chi lo ha già preso, oggi chiede di scendere per prenderne altri più efficienti e puliti. Penso alla Spagna o alla Germania, che lancerà a breve il maxy progetto Desertec da 400 miliardi di euro per produrre energia solare nel deserto del Nord Africa, in modo da coprire in Europa fino a 15% dei suoi consumi. Tutto questo mentre stime (dall’Enea al rapporto McKinsey) ci spiegano che l’energia che il governo pensa di produrre dal nucleare equivale a quella che si potrebbe ottenere da un impegno serio sul risparmio energetico a costi inferiori e con maggior vantaggi in termini di occupazione.

motorino radicale
22-07-09, 22:42
Vuoi coltivare cannabis? In carcere

• da L'Altro del 22 luglio 2009, pag. 5

di Silvia Celommi

Anche un attore di Harry Potter è stato condannato perché coltivava dieci piante di cannabis nella casa londinese della madre. Ma a lui è andata bene. Infatti, nonostante in Gran Bretagna la coltivazione di marijuana sia un reato punibile con la reclusione fino a 14 anni, il giudice ha condannato il 19enne interprete del bullo Vincent Carabbe, nemico di Harry nel film, a "sole" 120 ore di servizi socialmente utili, accogliendo così la tesi della difesa secondo cui la cannabis era destinata esclusivamente all’uso personale. Il caso, è certo, costituirà un precedente giuridico. Molto peggio è andata in Italia ad alcuni coltivatori sorpresi dalle forze dell’ordine. A Fiumedinisi in provincia di Messina, due giorni fa, i carabinieri hanno arrestato in flagranza di reato per produzione e traffico di sostanze stupefacenti, un uomo,di 47 anni, perché colto nell’intento di coltivare "ben" quattro piante di canapa indiana. A seguito di una successiva perquisizione domiciliare, sono stati rinvenuti circa 10 grammi di cannabis essiccata e 200 semi della stessa sostanza. Il malcapitato come, disposto dal giudice, adesso si trova in carcere. Altro caso nello stesso giorno a Calcata vicino Faleria. (40 km da Roma), dove i carabinieri hanno arrestato una donna 40enne, sorpresa anche lei con quattro piante di marijuana. Le indagini duravano già da qualche giorno, poi i la perquisizione domiciliare. Lì, all’interno di vasi in terracotta, sono state trovate le piante. A carico della donna sono state formulate le accuse di coltivazione, produzione e detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio, il processo si svolgerà con rito direttissimo. E sappiamo che in piena estate fra servizi ridotti e cancellerie intasate, questo termine non è sinonimo di "velocissimo". Ieri invece l’ultima, ad Altamura in provincia di Bari. Due ragazzi di 18 e 20 anni hanno invertito bruscamente la marcia di fronte ad un blocco stradale dei carabinieri, che insospettiti li hanno inseguiti fino a raggiungerli. I militari, che li hanno trovati senza patente e assicurazione, per di più entrambi con precedenti penali, hanno pensato di disporre anche una perquisizione domiciliare e così hanno trovato sei piante di marijuana nell’abitazione del più grande fra i due. Storie di ordinaria follia. Proprio ieri su questo giornale, la parlamentare dei Radicali italiani Rita Bernardini, rifletteva sui numerosi arresti di piccoli coltivatori di cannabis e illustrava in merito, la sua proposta di legge volta a depenalizzare la coltivazione se finalizzata esclusivamente all’uso personale. Una proposta realizzata in collaborazione con l’avvocato Alessandro Gerardi, del consiglio generale dei radicali, che prevede di estendere la rilevanza amministrativa già in vigore per l’uso personale, anche per quelle coltivazioni rudimentali e domestiche, volte unicamente al ricavo di un minimo di sostanza per uso personale. Una proposta. "ragionevole e moderata" la definiva lei, anche perché arrestare una persona che si coltiva e fuma la sua piantina, significa davvero rovinarle la vita. Per reprimere e sanzionare quale reato poi? Ci troviamo nell’assurda situazione per cui se l’acquisto di cannabis, finalizzato all’uso personale, avviene da uno spacciatore illegale, l’acquirente è sottoposto semplicemente ad una sanzione amministrativa, se invece la stessa sostanza il consumatore la coltiva autonomamente - fermo lo scopo di farne uso personale- egli rischia la sanzione penale. Alcune sentenze come quelle del tribunale di Cagliari nel luglio del 2000 e del tribunale di Trento del 2007 correggono parzialmente questa incongruenza stabilendo che non è reato coltivare marijuana se la grandezza della piantagione denota la volontà di un uso personale. Tale comportamento rientrerebbe, secondo i giudici, nelle condotte previste dall’art. 75 del D.P.R. 309/90 e depenalizzate dopo il Referendum del 1993. Ma qui da noi le sentenze non fanno testo e esiste perciò un altro orientamento maggioritario secondo il quale le abrogazioni referendarie non hanno riguardato le norme sulle coltivazioni. Insomma, siamo in una. situazione di assoluta mancanza di certezze giurisprudenziali, in cui una proposta come quella di Rita Bernardini se accolta, potrebbe davvero semplificare le cose ed evitare provvedimenti iper-punitivi.

motorino radicale
22-07-09, 22:42
Testamento biologico un registro a Udine

• da Il Gazzettino del 22 luglio 2009, pag. 6

di Cdm

A Udine, città in cui è morta Eluana Englaro, il Comune sta pensando di istituire un registro per conservare i testamenti biologici. La richiesta era arrivata qualche mese fa dalla cellula del Friuli Venezia Giulia dell’associazione Luca Coscioni, che il 2 marzo aveva depositato sul tavolo del sindaco Furio Honsell un centinaio di firme per sollecitare l’istituzione di questo registro a Palazzo D’Aronco. Honsell ha riferito che l’Ordine dei notai lo ha contattato per offrire la propria consulenza gratuita a chi vuole presentare un biotestamento. Come spiega il presidente dell’Ordine di Udine e Tolmezzo, Giancarlo Suitner, «la nostra consulenza sarebbe gratuita. Potremmo prestare il nostro servizio una o due volte alla settimana per alcune ore in uno spazio messo a disposizione dal Comune». I documenti cartacei poi potrebbero essere raccolti in una banca dati con «un elenco informatizzato». Lo strumento per realizzare il registro potrebbe essere una convenzione fra il Comune e l’Ordine dei notai. Ora la questione è tutta politica: il sindaco, infatti, dovrà "convincere" la parte cattolica della sua maggioranza, che non sembra proprio della medesima idea. «Adesso - ha detto Honsell inizia il percorso politico, ma la soluzione è assolutamente a portata di mano e, in linea di massima, il problema può essere risolto con estrema facilità. E non riguarderebbe solo Udine, perché l’Ordine dei notai ha una valenza provinciale. Finora, tuttavia, si tratta di un’ipotesi: non è stata presa nessuna decisione politica, visto che i gruppi di maggioranza devono ancora discuterne al loro interno. Non abbiamo anticipato nessuna legge e non vogliamo forzare il Parlamento. Da parte nostra c’è solo la volontà di rispondere alle sollecitazioni che provengono dai cittadini». Honsell ha tenuto a sgombrare il campo da quelli che ha definito «possibili equivoci». «La funzione del notariato è quella di attestare e dare fede pubblica alle volontà dei cittadini. Un’altra cosa è l’esecutività di queste volontà, su cui la decisione spetta al Parlamento». Suitner, presidente dell’Ordine che raggruppa 45 notai (di cui 11 a Udine città), ha assicurato che «non credo ci saranno problemi di obiezione di coscienza: il notaio è un pubblico ufficiale. Questo è un servizio ai cittadini che riteniamo utile e necessario. Speriamo che il Comune e il sindaco riescano a portare avanti questa iniziativa. Noi siamo a disposizione. Auspico anche una possibile collaborazione con l’Ordine dei medici, nel momento in cui il meccanismo partirà». Ma quando partirà? Suitner ha detto che «ci potrebbe volere meno di un mese a organizzare il servizio», una volta risolti tutti i nodi politici. Ma Honsell non ha voluto dare tempi precisi. «I tempi non possono essere dati ora - ha detto il sindaco -. Tecnicamente non sarebbe una cosa difficile: si tratta solo di mettere in contatto i notai con i cittadini. Ma politicamente è un passo molto grande. Dobbiamo avviare una riflessione, per rispetto di tutte le sensibilità presenti in maggioranza». La cellula friulana dell’associazione Luca Coscioni ha comunque promesso che «incalzeremo ogni giorno il sindaco». Per parte sua il Pd cittadino, per bocca della sua guida, Maria Letizia Burtulo (dell’area ex Margherita) ha posto al sindaco «una questione di. metodo più che di merito», auspicando «un adeguato e non affrettato coinvolgimento della maggioranza e in particolare del partito di maggioranza relativa». Intanto, si apprende da Michele Meta, coordinatore nazionale della mozione di Ignazio Marino alla segreteria del Pd, che Beppino Englaro «ha accettato di candidarsi alla segreteria regionale della Lombardia per la mozione Marino».

Burton Morris
23-07-09, 20:50
Il futuro è possibile rileggendo la lezione degli anni settanta

• da Secolo d'Italia del 23 luglio 2009, pag. 8/9

di Pier Paolo Segneri

Una cosa è ormai storicamente assodata: il Sessantotto è stato l’anno del cambiamento capace di unire. Gli studenti con gli operai, gli intellettuali con i lavoratori manuali, il nord con il sud, Torino con Berkeley, Tokio con Parigi, e almeno all’inizio i giovani di sinistra, di destra e di centro insieme per contrastare il vecchiume della società. Il Sessantotto fu, a giudizio di molti storici e analisti, senz’altro la grande koinè della liberazione e della immigrazione. Come ha giustamente scritto Diego Gabutti proprio sulle pagine del Secolo: «Tutto da allora è cambiato. Gli anni Sessanta sono passati per sempre. Un nero siede alla Casa Bianca e i dinosauri ideologici cantati da John Lennon si sono estinti insieme ai dischi di vinile. Ma intanto una rivoluzione c’è stata. È fatta, non si può disfare. Capita due o tre volte per secolo». Quella che è mancata in Italia, però, è la rivoluzione ispirata alla libertà. Possiamo farla. Forse è giunto il momento. Si tratta di avviare una rivoluzione di metodi e di forme. Un cambiamento di meccanismi che conduca al rispetto per le regole, per la parola data, per la dignità umana, per il riconoscimento dei diritti e dei doveri della persona, per la responsabilità individuale e per la reciprocità, per l’interdipendenza legata alla solidarietà e al rispetto della libertà altrui. Insomma, quella che ancora manca è una ribellione fatta da corsari. Fatta per unire e non per dividere. Eppure, bisogna ammetterlo storicamente, i Radicali di Marco Pannella, da corsari, hanno almeno cercato di realizzare questa rivolta canalizzando ogni volta la spinta libertaria verso un obiettivo politico: il divorzio, l’obiezione di coscienza, l’emancipazione femminile, la rivoluzione sessuale. E ancora: la giustizia giusta, il caso Tortora, la libertà di cura, il vissuto di ciascuno. Neppure il Settantasette studentesco è d’altronde riuscito ad essere tutto questo. Anzi, il Settantasette è considerato dagli osservatori come "la brutta rivolta": che ha diviso, rotto, separato: i garantiti dai non garantiti, gli inclusi dagli esclusi, i sindacalizzati dagli autonomi rivelando i confini di due società contrapposte. Se il Sessantotto è stato il trionfo delle parole, il Settantasette ha rappresentato la rottura della logica del discorso. Sta di fatto che nel Sessantotto ci fu un tentativo di riorganizzazione; nel nuovo movimentismo degli anni Settanta, al contrario, si arrivò alla logica dell’happening, dello spontaneismo: ovvero succeda quel che succeda. Da questo punto di vista ha pienamente ragione Gianfranco Fini, quando sostiene che non possiamo più permetterci di dire "accada pure quel che deve accadere". Per quanto ci è possibile, bisogna invece governare i processi sociali e, quindi, è necessario prevedere. La previsione del futuro è ciò che permette alla politica di governare gli eventi. La politica senza visione e senza previsione è soltanto Potere fine a se stesso, spartizione, "presentismo". Appare perciò lungimirante il presidente della Camera quando afferma che bisogna ritornare ad immaginare il futuro. E per prima cosa, dunque, possiamo riformare il sistema politico e istituzionale del nostro Paese. Secondo il metodo ispirato alla libertà. Ma per attuare la Riforma, con la maiuscola, è necessario cominciare a cambiare anche la forma-partito e avere il coraggio della democrazia, cioè di non essere conformisti. Lo scontro, oggi, non è tra antichi e moderni, come nel Settecento. Ma neanche tra vecchio e nuovo. E neppure tra classicisti e romantici. La sfida che si sta giocando in questi mesi sul piano politico è quella tra antico e vecchio. L’antico è ciò che appartiene alla memoria, cioè è tutto quello che viene da lontano e vive nel presente per proiettarsi verso il futuro. Ed è proprio da qui che può nascere "il nuovo possibile" in alternativa al "vecchio probabile". Perché ciò che è antico sollecita, come sentimento, la nostalgia per il futuro. E apre nuove speranze, favorisce nuove prospettive, scardina vecchi luoghi comuni. Il vecchio, invece, è fermo, immobile, statico. È sempre legato al passato e ha soltanto nostalgia del tempo andato. Dal vecchio, non potrà mai nascere il nuovo. Per costruire il futuro, l’Italia di oggi deve riscoprire la memoria. Ma abbiamo urgenza di capire, di sapere se vogliamo dare un avvenire a questa memoria.

Burton Morris
23-07-09, 20:50
Il baratto

• da L'Unità del 23 luglio 2009, pag. 14

di Luigi Cancrini

La proposta di titolare una via a Bettino Craxi da parte del sindaco Alemanno e prima di lui da parte dell’ex sindaco Veltroni sarebbe un misfatto storico-politico. Nei giorni scorsi lo smemorato Veltroni nel presentare un libro gratificava Craxi come grande innovatore e guardava con supponenza il «conservatore Berlinguer». Dimmi Veltroni che cosa ha innovato il tuo Craxi?

RISPOSTA

In un bel libro puntualmente intitolato Il baratto (Kaos ed., 2008) Michele De Lucia racconta con ricchezza di particolari i passaggi dell’accordo fra Craxi, Berlusconi e Veltroni che agiva in rappresentanza del PCI. Quello che non sarebbe passato il 4/2/’85 se i deputati del PCI avessero fatto ostruzionismo era il famoso, illegittimissimo provvedimento che consentiva a Berlusconi di (continuare a) trasmettere, in tutta Italia su Rete4, Canale5 Italia1. La Dc prendeva RAI1, il PSI RAI2 e, per l’amicizia fra Craxi e Berlusconi, il secondo polo televisivo nazionale, il piatto di lenticchie per il PCI eri RAI3. Moriva così il sogno degli altri privati, legati o no alla sinistra, bloccati su una dimensione regionale e il quadro si definiva dell’entrata in politica di Berlusconi. Ci pensavo ieri leggendo le dichiarazioni di Veltroni su Craxi e su Berlinguer che era morto improvvisamente da poco. Lasciando un potere eccessivo nelle mani di persone che avevano del partito, dei patteggiamenti alla Craxi e del rapporto fra partiti e istituzioni un’idea assai diversa dalla sua.

Burton Morris
23-07-09, 20:51
La Bonino guida il fronte "pro sanatoria" "va estesa, non valga solo per colf e badanti"

• da Corriere della Sera del 23 luglio 2009, pag. 12

di Alessandra Arachi

Emma Bonino non ci sta ad una sanatoria che coinvolga soltanto colf e badanti. E con lei un nutrito gruppo di parlamentari, bipartisan. «Non ha senso», dice la signora dei radicali, oggi vicepresidente del Senato in quota Pd. Poi spiega: «Penso alla famiglia del signor Rossi, una per tutte, come esempio. Immaginiamo che Mario e Carla Rossi gestiscano una pizzeria e abbiano assunto la signora Ibitzen Ibrahim come badante del papà di Mario e suo marito Karim come pizzaiolo. Tutti e due sono in attesa di un permesso di soggiorno. In esubero dall’ultima sanatoria. Cosa succederà a settembre? Per la legge italiana il signor Mario sarà, da una parte, un favoreggiatore per reato di clandestinità di Karim e dall’altra avrà invece le carte in regola. È assurdo». Emma Bonino non ha nessuna voglia di rimanere con le mani in mano. Ed è pronta a presentare un ordine del giorno alla Camera, prima della votazione sul decreto anticrisi, quello dove, tra le altre, è prevista appunto l’annunciata sanatoria delle badanti e delle colf. «Stiamo raccogliendo le firme. E anche queste saranno firme bipartisan», garantisce Emma Bonino, mostrando a riprova le firme in calce alla proposta di legge presentata qualche giorno fa in Senato. Oltre una cinquantina di firme, tra queste una ventina quelle dei senatori della maggioranza: la proposta di legge Emma Bonino l’ha presentata insieme con Mario Baldassari, già viceministro dell’Economia, oggi presidente della commissione Finanze, in quota Pdl. Ed è proprio da quella proposta che è stato estrapolato l’ordine del giorno da presentare alla Camera. Ovvero? «E semplice: chiediamo al governo che si impegni a regolarizzare tutti i cittadini extracomunitari che hanno presentato domanda entro il 30 ottobre 2007», spiega la vicepresidente del Senato che già si sta battendo affinché i soldi derivanti dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne vengano vincolati a favore di famiglie e donne in età lavorativa. Aggiunge: «Pensare di regolarizzare gli extracomunitari in base ai mestieri è davvero una cosa senza alcun senso, prima ancora che incostituzionale. Per le colf e le badanti il governo ha previsto un mese di tempo, settembre. Per tutti gli altri extracomunitari che hanno gli stessi diritti e gli stessi requisiti pensiamo possano bastare quattro mesi per avere le carte in regola». La pensano in tanti come Emma Bonino. Tra i senatori della maggioranza, oltre a Baldassari, in calce alla proposta di legge ci sono firme come quella di Maria Ida Germontani, Lucio Malan, Giuseppe Valditara, Luigi Compagna, Barbara Contini, Giuseppe Saro, Maurizio Saia. Ma anche quella di Adriana Poli Bortone o dell’autonomista Gianpiero D’Alia. «Il problema non è certo di un partito, ma di buon senso», aggiunge la leader storica dei Radicali che sotto la sua proposta di legge ha raccolto, fra quelli della sua parte politica, i consensi di un esperto come Massimo Livi Bacci, e pure della sua capogruppo, Anna Finocchiaro, oltre ad Ignazio Marino, Pietro Ichino, Nicola Rossi o Stefano Ceccanti. Ma non è tutto. Dice la Bonino: «I problemi di questa sanatoria non finiscono certamente qui. Ormai la clandestinità è diventata reato e so per certo che fra gli extracomunitari del nostro Paese si è creata una psicosi. Parlo proprio di colf e badanti: in questo periodo di "limbo" che le separa dalla regolarizzazione di settembre vivono barricate in casa». Non scherza la vicepresidente del Senato: «Posso portare le prove. So di famiglie che hanno dovuto fare accordi con le compagnie dei taxi perché le colf e le badanti che hanno in casa non vogliono più accompagnare i figli o i nonni da nessuna parte. Per non parlare di andare a far la spesa, o qualsiasi altra commissione: hanno paura che uscendo di casa possa succedere qualsiasi cosa e debbano quindi mostrare a qualcuno documenti che non hanno». Per non parlare dei sindacati. «Sono subissati di telefonate in questo periodo e non sanno che pesci prendere», spiega ancora la vicepresidente del Senato. Aggiungendo: «Quando è stata proposta questa sanatoria solo per colf e badanti non ci si è resi conto di quante famiglie in Italia hanno assunto coppie di extracomunitari, per avere maggiore sicurezza e stabilità? L’esempio è la famiglia del signor Rossi,appunto. E dobbiamo sbrigarci a mettere a posto questa situazione se non vogliamo farci ridere dietro».

Burton Morris
25-07-09, 12:24
Nata l'associazione parlamentari per la Turchia

• da MF del 24 luglio 2009, pag. 7

Non erano pochi i politici che ieri, nella Sala Atti Parlamentari del Senato, hanno salutato l’ambasciatore turco in Italia, Ugur Ziyal, che tra un mese lascerà Roma per altra destinazione dopo cinque anni «tra i più esaltanti della sua carriera». L’occasione era il battesimo dell’Associazione Parlamentari di Amicizia Italia-Turchia presentata dal senatore Nicola Paolo di Girolamo, che ha tra l’altro introdotto il convegno «La Turchia nella Ue e nel mondo globalizzato: quadrare il cerchio», primo di una serie di eventi destinati a favorire l’ingresso a pieno titolo di Ankara nell’Unione. Il coro di consensi all’iniziativa è stato ampio. Tra gli altri, hanno infatti preso la parola - oltre all’ambasciatore italiano ad Ankara, Carlo Marsili (del cui intervento riproduciamo ampi stralci in pagina) - l’ex presidente del Senato, Franco Marini, l’attuale vicepresidente del Senato, Emma Bonino, il sottosegretario allo Sviluppo economico, Adolfo Urso, il presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato, Sergio De Gregorio, l’onorevole Maurizio Turco e alcuni tra i maggiori esperti italiani di geopolitica. A cominciare da Stefano, Silvestri, presidente dell’Istituto affari internazionali, per finire a Gianni De Michelis, presidente di Ipalmo. Ribadito che tra i peggiori nemici del sofferto ingresso nella Ue della Turchia figura il presidente francese Nicolas Sarkozy, ha infine preso la parola Carmelo Messina, vicepresidente dell’Unione di amicizia Italia-Turchia attualmente guidata da Giorgio Zappa, direttore generale di Finmeccanica. Tra i più convinti sostenitori della causa turca (da alcuni anni, tra l’altro, organizza un forum primaverile di alto profilo a Istanbul che anche di recente ha visto la partecipazione dello stesso Recep Erdogan oltre che di alcuni suoi ministri), Messina ha confermato che, nonostante la crisi, nel pruno trimestre del 2009 gli investimenti italiani in Turchia sono cresciuti del 55% rispetto allo stesso periodo del 2008.

Burton Morris
25-07-09, 12:24
Camorra e 'Ndrangheta la "dolce vita" romana

• da L'Opinione del 24 luglio 2009, pag. 14

di Dimitri Buffa

Ma ce la vedete la deputata radicale Rita Bernardini nei panni della razzista cripto - leghista? Anni di lotte per i detenuti e adesso anche per la sanatoria di badanti e pizzaioli extra comunitari, insieme alla vicepresidente del Senato Emma Bonino, dovrebbero parlare chiaro. Eppure quando nei giorni di Ferragosto 2007 denunciò per prima la probabile infiltrazione di camorra e ‘ndrangheta nei locali dei centro storico di Roma si alzò un tono scomposto di reazione e tali furono le sparate a caldo di personaggi politici come Alessandra Mussolini o Italo Bocchino. Presunti campioni di napoletanità. Persino il maestro Marcello D’Orta, quello che ha campato di rendita fino a oggi grazie ai temi dei suoi ex alunni che divennero un libro e un film di successo, "lo speriamo che me la cavo" (titolo che diede il via anche a una serie pressoché infinita dì parodie pornografiche, ndr), sentì il bisogno di dire la sua e sostenne che la Bernardini era caduta nel classico luogo comune da settimanale tedesco. Cioè napoletane uguale camorra. E invece, dopo gli arresti di un’intera ‘ndrina della ‘ndrangheta calabrese, unitamente ad alcuni pezzi grossi della manovalanza camorristica, che avevano intestato a prestanome persino locali storici della capitale come il "Cafè de Paris", tutti gli italiani hanno potuto constatare che l’intuito femminile di Rita Bernardini non aveva fallito e che il razzismo non c’entrava niente. C’entrava. casomai il proibizionismo sulle droghe. E le sue nefaste e criminogene conseguenze. Adesso la Bernardini chiede giustamente una riparazione mediatica, non tanto per lei, ma per i cittadini romani ed italiani, alla grave campagna di sotto valutazione e disinformazione che fu fatta durante il Ferragosto di due anni fa. E dice che "i clamorosi sequestri di queste ore e le parole del procuratore nazionale antimafia confermano quanto denunciamo da anni: l’economia legale è sempre più inquinata dalle infiltrazioni criminali che riciclano i proventi delle loro attività illecite, a cominciare dalla droga". "In attesa di una svolta antiproibizionista - sottolinea la Bernardini, cui fa eco l’ex consigliere comunale romano dei Radicali italiani, Mario Staderini - occorre puntare sulla prevenzione e ciò è possibile solo attraverso interventi strutturali. Il centro di Roma è una miniera d’oro, reprimere è difficile, mentre basterebbe una serie attività preventiva di fronte ai continui sub ingressi nelle attività commerciali ed alla presenza di improbabili prestanome". Per la cronaca, ecco quali furono all’epoca le parole della Bernardini pronunziate durante una conferenza stampa a Montecitorio in uno di quei giorni dell’anno in cui nessuno, tranne i Radicali, ha molta voglia di laovarre o di fare politica in modo serio: "Ho l’impressione che ci sia un grande riciclaggio di denaro che deriva dal mercato illegale delle sostanze stupefacenti proprio intorno ai palazzi della politica". "Ma non è tutto perché rilevo - aggiunse sempre la Bernardini - che la lingua parlata sempre più nei locali e nei bar intorno a questi palazzi è il napoletano. Fatevi un giro nelle vie intorno al Palazzo, in via Torre Argentina o a Largo Sant’Eustachio e vedrete che ci sono molti locali che sono stati rilevati, non so se dalla camorra. La cosa, da cittadina, mi insospettisce, perché non insospettisce anche i magistrati?" Oggi dopo due anni sappiamo che forse anche i pm romani si erano effettivamente "insospettiti". Ma anche che quelle levate di scudi dei deputati napoletani furono dettate più da desiderio di apparire in qualche titolo dei Tg che da meditata scelta politica. Resta ora da meditare sulla sostanza della vecchia e della nuova denuncia della Bernardini e dei Radicali italiani: il fallimento delle politiche proibizioniste sulle droghe. Politiche che danno a questi "camorristi napoletani" e "ndranghetísti calabresi" i soldi per comprarsi le aziende, i locali di Roma del centro storico e anche l’omertà di chi dovrebbe vigiliare contro il riciclaggio del denaro sporco. La Chicago degli anni ‘20 e ‘30 "docet". O almeno dovrebbe.

Burton Morris
25-07-09, 12:24
C'è un tesoretto segreto per i deputati

• da Panorama del 24 luglio 2009, pag. 60/61

di Daniele Martini

Ci sono mille modi per sprecare soldi: regalandoli a destra e a manca con prodigalità sospetta, buttandoli dalla finestra per il solo gusto di vederli volare, non volendoli risparmiare per principio, comprando cose inutili, conducendo un tenore di vita superiore alle proprie risorse... Quando di mezzo ci sono soldi pubblici il metodo più semplice è pretenderne tanti sapendo che sono troppi e poi utilizzarne pochi con l’intenzione di mettere la differenza al «pizzo», come dicono a Roma. Alla Camera dei deputati si sono specializzati proprio in questo sistema: da anni battono cassa al Tesoro chiedendo e prendendo 10 per poi spendere 7 e mettere 3 da parte. Qualche volta chiedono 9 e poi si atteggiano a Quintino Sella del Terzo millennio; in realtà è come se continuassero a sprecare 2, perché potrebbero fin da principio rivendicare il giusto senza giochetti. Qualche giorno fa, per esempio, è stata diffusa la notizia che per tre anni la Camera non chiederà un incremento della propria dotazione allo Stato e qualcuno ha salutato il fatto come un esempio di rigore, per una volta proveniente dall’alto. Ma è un abbaglio perché i soldi richiesti da Montecitorio restano ugualmente e strutturalmente in eccesso rispetto alle spese preventivate, che non sono né poche né oculate, anzi. Nonostante la crisi, i parlamentari non hanno perso il vizio di non farsi mancare nulla. E i cospicui avanzi di cassa portati a bilancio non sono frutto di parsimonia, ma di un artificio contabile giocato sulla differenza tra bilancio di cassa e di competenza. La riprova è data dal fatto che le spese vere non diminuiscono, ma crescono anno dopo anno: dell’1,5 per cento nel 2008 e dell’1,3 nel 2009 secondo il bilancio di previsione. Senza rinunciare a quasi nessuno dei privilegi che si sono autoconcessi, i deputati nel corso degli anni hanno messo da parte un fondo cassa che non è uno scherzo, un tesoretto di oltre 343 milioni di euro a fine 2008, così come risulta dal conto consuntivo approvato due settimane fa, salito già a 370 milioni a luglio 2009 e quindi pari a più di un terzo dei- l’intera dotazione annuale di Montecitorio, che nel 2008 è stata di 978 milioni. Una dotazione particolarmente ricca e calcolata in modo assai singolare. Dal momento che i deputati sono 630, il doppio dei senatori, e i dipendenti pure (1.800 circa contro i 990 del Senato dopo gli ultimi pensionamenti di luglio), e poiché il Senato ha un bilancio di circa 500 milioni, alla Camera, sostengono i deputati, deve essere erogata una dotazione doppia. Senza considerare, però, che molte spese fisse risultano praticamente identiche dall’una e dall’altra parte. L’aula in cui si vota, per esempio, è una in entrambe le camere, così come il numero delle leggi approvate è ovviamente lo stesso, e le commissioni idem, e via di questo passo. Anche per la Camera dovrebbe valere il principio elementare delle economie di scala, ma forse a Montecitorio le leggi dell’economia valgono a corrente alternata. Ogni volta che si accingono a redigere un nuovo bilancio i deputati questori partono in pratica con un abbuono ricco e quindi se volessero potrebbero davvero offrire il buon esempio all’inclita e al vulgo chiedendo al Tesoro una dotazione ridotta rispetto alla solita. Potrebbero fare il bel gesto invitando il ministro Giulio Tremonti a utilizzare per qualche buona causa più urgente la differenza, una volta tanto ottenendo l’applauso sincero di chi li ha votati. Potrebbero, magari, indirizzare quel surplus ai terremotati dell’Abruzzo; i terremotati, però, non pagano gli interessi, le banche sì: circa 15,4 milioni di curo nel 2008 su depositi e conti correnti della Camera. Ma perché mai a Montecitorio insistono con il trucchetto di succhiare tanto per spendere meno? Che senso ha? Quel di più probabilmente è richiesto per affrontare gli imprevisti, oltre che per lucrare gli interessi. In primo luogo le temutissime interruzioni di legislatura. Quando capitano, e in Italia purtroppo capitano abbastanza spesso, per le camere è un trauma, non solo perché è come se ai peones di Montecitorio e Palazzo Madama franasse il terreno sotto i piedi, ma anche da un punto di vista economico. La fine repentina della legislatura costa un sacco di soldi, dalle spese minime, come quelle per l’imballaggio delle carte dei parlamentari decaduti, al- l’imbiancatura degli uffici per i nuovi arrivati, dalle buonuscite per chi deve dire addio al Palazzo al numero delle pensioni che ovviamente cresce. Le pensioni risultano proprio uno dei capitoli di spesa più cospicui di Montecitorio, 175 milioni circa, anche perché sono concesse con criteri decisamente più generosi rispetto a quelli richiesti ai comuni mortali. Se, per esempio, ai dipendenti normali servono almeno 36 anni di contributi, ai deputati ne bastano 5, un settimo, per un vitalizio baby di tutto rispetto: 3.300 euro. E poi fra gli imprevisti ci può stare anche l’aumento delle indennità. È vero che deputati e senatori hanno giurato che non avrebbero votato aumenti fino alla fine della legislatura, ma di mezzo c’è la crisi: chi potrebbe giurare che, passata la tempesta, a Montecitorio e a Palazzo Madama non tornino subito a far festa con un ritocchino? Perché nel frattempo nessuno si impegna sul serio nel disboscamento della fitta giungla di privilegi parlamentari grandi e piccoli. Dal telefono ai viaggi gratis, dai 4 mila euro al mese per le spese di soggiorno agli altri 4.190 per la cura dei «rapporti con il proprio collegio di appartenenza», ottenuti a titolo di rimborso, sia che quelle spese ci siano state o no, a prescindere, come avrebbe detto Totò, dal momento che non sono richieste ricevute o pezze d’appoggio. I quattrini vengono erogati sulla fiducia, e forse è anche per questo che chi li prende viene chiamato onorevole. Qualche giorno fa la deputata radicale Rita Bernardini ha cercato di correggere l’andazzo: la sua proposta è stata approvata da 49 deputati e respinta da 428. Una maggioranza schiacciante, per una volta bipartisan.

il Gengis
27-07-09, 19:14
C'è un tesoretto segreto per i deputati

• da Panorama del 24 luglio 2009, pag. 60/61

di Daniele Martini

Ci sono mille modi per sprecare soldi: regalandoli a destra e a manca con prodigalità sospetta, buttandoli dalla finestra per il solo gusto di vederli volare, non volendoli risparmiare per principio, comprando cose inutili, conducendo un tenore di vita superiore alle proprie risorse... Quando di mezzo ci sono soldi pubblici il metodo più semplice è pretenderne tanti sapendo che sono troppi e poi utilizzarne pochi con l’intenzione di mettere la differenza al «pizzo», come dicono a Roma. Alla Camera dei deputati si sono specializzati proprio in questo sistema: da anni battono cassa al Tesoro chiedendo e prendendo 10 per poi spendere 7 e mettere 3 da parte. Qualche volta chiedono 9 e poi si atteggiano a Quintino Sella del Terzo millennio; in realtà è come se continuassero a sprecare 2, perché potrebbero fin da principio rivendicare il giusto senza giochetti. Qualche giorno fa, per esempio, è stata diffusa la notizia che per tre anni la Camera non chiederà un incremento della propria dotazione allo Stato e qualcuno ha salutato il fatto come un esempio di rigore, per una volta proveniente dall’alto. Ma è un abbaglio perché i soldi richiesti da Montecitorio restano ugualmente e strutturalmente in eccesso rispetto alle spese preventivate, che non sono né poche né oculate, anzi. Nonostante la crisi, i parlamentari non hanno perso il vizio di non farsi mancare nulla. E i cospicui avanzi di cassa portati a bilancio non sono frutto di parsimonia, ma di un artificio contabile giocato sulla differenza tra bilancio di cassa e di competenza. La riprova è data dal fatto che le spese vere non diminuiscono, ma crescono anno dopo anno: dell’1,5 per cento nel 2008 e dell’1,3 nel 2009 secondo il bilancio di previsione. Senza rinunciare a quasi nessuno dei privilegi che si sono autoconcessi, i deputati nel corso degli anni hanno messo da parte un fondo cassa che non è uno scherzo, un tesoretto di oltre 343 milioni di euro a fine 2008, così come risulta dal conto consuntivo approvato due settimane fa, salito già a 370 milioni a luglio 2009 e quindi pari a più di un terzo dei- l’intera dotazione annuale di Montecitorio, che nel 2008 è stata di 978 milioni. Una dotazione particolarmente ricca e calcolata in modo assai singolare. Dal momento che i deputati sono 630, il doppio dei senatori, e i dipendenti pure (1.800 circa contro i 990 del Senato dopo gli ultimi pensionamenti di luglio), e poiché il Senato ha un bilancio di circa 500 milioni, alla Camera, sostengono i deputati, deve essere erogata una dotazione doppia. Senza considerare, però, che molte spese fisse risultano praticamente identiche dall’una e dall’altra parte. L’aula in cui si vota, per esempio, è una in entrambe le camere, così come il numero delle leggi approvate è ovviamente lo stesso, e le commissioni idem, e via di questo passo. Anche per la Camera dovrebbe valere il principio elementare delle economie di scala, ma forse a Montecitorio le leggi dell’economia valgono a corrente alternata. Ogni volta che si accingono a redigere un nuovo bilancio i deputati questori partono in pratica con un abbuono ricco e quindi se volessero potrebbero davvero offrire il buon esempio all’inclita e al vulgo chiedendo al Tesoro una dotazione ridotta rispetto alla solita. Potrebbero fare il bel gesto invitando il ministro Giulio Tremonti a utilizzare per qualche buona causa più urgente la differenza, una volta tanto ottenendo l’applauso sincero di chi li ha votati. Potrebbero, magari, indirizzare quel surplus ai terremotati dell’Abruzzo; i terremotati, però, non pagano gli interessi, le banche sì: circa 15,4 milioni di curo nel 2008 su depositi e conti correnti della Camera. Ma perché mai a Montecitorio insistono con il trucchetto di succhiare tanto per spendere meno? Che senso ha? Quel di più probabilmente è richiesto per affrontare gli imprevisti, oltre che per lucrare gli interessi. In primo luogo le temutissime interruzioni di legislatura. Quando capitano, e in Italia purtroppo capitano abbastanza spesso, per le camere è un trauma, non solo perché è come se ai peones di Montecitorio e Palazzo Madama franasse il terreno sotto i piedi, ma anche da un punto di vista economico. La fine repentina della legislatura costa un sacco di soldi, dalle spese minime, come quelle per l’imballaggio delle carte dei parlamentari decaduti, al- l’imbiancatura degli uffici per i nuovi arrivati, dalle buonuscite per chi deve dire addio al Palazzo al numero delle pensioni che ovviamente cresce. Le pensioni risultano proprio uno dei capitoli di spesa più cospicui di Montecitorio, 175 milioni circa, anche perché sono concesse con criteri decisamente più generosi rispetto a quelli richiesti ai comuni mortali. Se, per esempio, ai dipendenti normali servono almeno 36 anni di contributi, ai deputati ne bastano 5, un settimo, per un vitalizio baby di tutto rispetto: 3.300 euro. E poi fra gli imprevisti ci può stare anche l’aumento delle indennità. È vero che deputati e senatori hanno giurato che non avrebbero votato aumenti fino alla fine della legislatura, ma di mezzo c’è la crisi: chi potrebbe giurare che, passata la tempesta, a Montecitorio e a Palazzo Madama non tornino subito a far festa con un ritocchino? Perché nel frattempo nessuno si impegna sul serio nel disboscamento della fitta giungla di privilegi parlamentari grandi e piccoli. Dal telefono ai viaggi gratis, dai 4 mila euro al mese per le spese di soggiorno agli altri 4.190 per la cura dei «rapporti con il proprio collegio di appartenenza», ottenuti a titolo di rimborso, sia che quelle spese ci siano state o no, a prescindere, come avrebbe detto Totò, dal momento che non sono richieste ricevute o pezze d’appoggio. I quattrini vengono erogati sulla fiducia, e forse è anche per questo che chi li prende viene chiamato onorevole. Qualche giorno fa la deputata radicale Rita Bernardini ha cercato di correggere l’andazzo: la sua proposta è stata approvata da 49 deputati e respinta da 428. Una maggioranza schiacciante, per una volta bipartisan.

il Gengis
27-07-09, 19:14
Un santo per l’Italia

• da America Oggi del 27 luglio 2009, pag. 11

di Stefano Vaccara

Se è vero che tutto il mondo è paese, vorremmo che in certe questioni il paese al di là dell’oceano sia più vicino a questo di mondo. Come abbiamo appena visto nella super retata dell’FBI tra il New Jersey e Brooklyn, la corruzione politica e gli affari sporchi con gli amici degli amici, sono ovunque. Eppure viene da pensare: una legge come quella sulla sicurezza italiana che sta passando in Parlamento – e che come aveva detto un po’ di tempo fa il super magistrato antimafia Grasso, non avrebbe fatto prendere Provenzano – se esistesse qui negli Stati Uniti, lascerebbe campo libero alle scorribande dei politici corrotti.



Senza le registrazioni effettuate dagli agenti sotto copertura dell’FBI, i mandati di arresto per corruzione, riciclaggio e addirittura anche traffico di organi umani, non sarebbero mai arrivati. Però chi indaga qui ha un “colpo solo”: se i procuratori non si sentono pronti e sicuri al 99% di aver chiuso il cerchio per provare il loro caso, rischiano di portare a processo qualcuno che poi, pur essendo implicato, potrebbe farla franca e non poter più essere processato per lo stesso reato. Quindi la mannaia della legge si abbatte sì sul cittadino sospettato, ma solo quando lo Stato ha veramente indagato e usato tutte le risorse disponibili. Altrimenti meglio lasciar perdere e aspettare.



Invece in Italia avviene che il cittadino appena sospettato venga sbattuto in galera ai primi indizi – ricordate il padre dei fratellini scomparsi in Puglia arrestato con l’accusa di omicidio? Venne scarcerato solo quando ritrovarono i corpi dei bambini e si scoprì che fu un terribile incidente… - . Perché in Italia, quando si “sbaglia”, magari anche solo per la fretta o la sbadataggine, lo Stato si può appellare di nuovo e allungare i tempi della legge. Ora sembra con le riforme volute da Berlusconi in Italia, invece di dare alla giustizia strumenti più forti per poter condurre al meglio possibile il lavoro inquisitorio, faccia il contrario. Il cittadino onesto non avrà nulla da guadagnarci, quello con la coscienza sporca sì.



Un altro episodio, il caso del professore di Harvard Henry Louis Gates, arrestato dentro casa non perché più sospettato di essere un ladro, ma perché il docente afroamericano avrebbe, secondo il resoconto della polizia, continuato ad offendere l’agente . La verità su come sono andate le cose? Chissà, anche se un forte sospetto lo abbiamo. Ma quello che qui ci interessa è la reazione del presidente Barack Obama. Prima, commentando l’episodio, aveva detto che la polizia di Cambridge “acted stupidly”. Dopo appena un giorno, ha ammesso di aver usato un linguaggio non appropriato alla situazione dei fatti conosciuti. Come ha detto poi venerdì il presidente, “we had two good people” e ha cercato, pur non sminuendo il problema esistente degli abusi della polizia sui cittadini di colore, di correggersi e abbassare i toni. “Tutti gli uomini sbagliano, i grandi uomini confessano di essersi sbagliati” scrisseVoltaire. L’illuminismo di Obama è una sicurezza.



E in Italia? “Non sono un santo”, ha detto il presidente del Consiglio Berlusconi quando ormai una nuova ondata di registrazioni sul “letto grande di Putin” stava per inondare l’internet. Ora, in Italia sono ancora in tanti a credere che Berlusconi potrà fare miracoli, almeno per le loro tasche, anche se lui ammette ora che santo non è. Ma delle scuse, dal Presidente del Consiglio, non sarebbero appropriate? Soprattutto in riferimento a quelle volte che ha minacciato la stampa che si occupava dei suoi scandali, come se fare il mestiere del giornalista in Italia ormai equivarebbe ad essere solo un suo devoto servitore. Prenda esempio da Obama: vada davanti ai giornalisti Berlusconi, e chieda scusa, soprattutto per la legge che vuol fare per inbavagliare completamente la stampa. O quando aizza i peggiori istinti razzisti nel Paese. E poi affronti i veri problemi del paese, come appunto la giustizia.



Obama ha problemi, con la sanità rischia tutto anche quando potrebbe prender tempo, ma lui li affronta e non cerca alibi. Berlusconi chieda scusa, ma non per certi suoi comportamenti – che ormai fanno ridere di noi il mondo – ma per come reagisce a chi lo critica. Cominci soprattutto ad affrontare i veri problemi dell’Italia senza tener conto dei suoi personali interessi. Potrebbe accadere questa trasformazione del Cavaliere? Ci vorrebbe appunto il miracolo di un santo.

“Visti da New York” va in vacanza e tornerà a fine agosto.

il Gengis
27-07-09, 19:15
Università e risorse

• da Corriere adriatico del 27 luglio 2009, pag. 1

di Fulvio Cammarano

Le risorse pubbliche per l’Università saranno, da oggi, almeno in parte, distribuite secondo criteri qualitativi. Riprendendo e portando a termine un progetto del governo Prodi, il ministro Gelmini ha deciso di assegnare il 7% del fondo di finanziamento ordinario destinato ai 54 atenei sparsi per tutta la penisola, cioè 525 milioni di euro, sulla base della qualità della ricerca e della didattica. S’interrompe, per la prima volta, il criterio della distribuzione a pioggia del denaro alle università, indipendentemente dai risultati. Ovviamente non si può che plaudire tale criterio che va al di là delle divisioni ideologiche anche se credo che l’effetto annuncio finisca per nascondere alcune importanti questioni che caratterizzano la ricerca universitaria italiana e la relegano da anni al ruolo della cenerentola nelle graduatorie internazionali. Una, non irrilevante, è senza dubbio quella dei criteri utilizzati dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) che sembrano nel complesso favorire le strutture basate su facoltà tecniche e scientifiche.



Inutile dire che molti di questi criteri hanno senso anche se non mancano quelli opinabili: nell’ambito della qualità della ricerca, ad esempio, si tiene conto solo della capacità d’intercettare i fondi Ue ma non dei progetti che, pur approvati e magari elogiati non vengono finanziati (qui il merito c’è mentre mancano sufficienti fondi europei). Anche nel valutare la didattica entrano in gioco criteri discutibili come quello di attribuire il merito/demerito degli studenti di procedere celermente nei corsi unicamente al sistema universitario e non anche ad una loro più complessiva “storia” scolastica. Controverso appare anche il premiare le strutture i cui laureati trovano lavoro entro tre anni dalla laurea. Non dimentichiamo, inoltre, che gli Atenei vengono penalizzati finanziariamente se mettono in atto strategie di selezione qualitativa degli studenti (ai governi interessano le percentuali dei laureati senza alcun interesse per la qualità del titolo) ed è dunque alquanto contraddittorio pretendere qualità da chi deve cercare di stipare le aule.



Ma il vero problema, quello che rischia di essere messo in ombra dai titoloni roboanti su università e merito, è che l’Italia continua a trovarsi all’ultimo posto in Europa nella percentuale di prodotto interno lordo investita nell’istruzione. Una situazione certo destinata a non migliorare visto che, nel 2010, entreranno in vigore i tagli decisi da Tremonti. I “soldi ai migliori” di cui stiamo parlando, dunque, non sono un investimento del governo per innalzare la magra cifra messa a disposizione per il sistema universitario ma provengono dalla riduzione dei finanziamenti degli atenei meno virtuosi. Detto così sembra anche giusto: togliere ai “somari” per dare ai “bravi” ma in realtà la questione è più complessa e rinvia ad una scelta di fondo del governo che, impossibilitato a chiudere gli atenei ritenuti meno virtuosi per ovvie ragioni di legittimazione sociale e di consenso pubblico, sceglie di dar vita ad una sorta di doppio circuito: le sedi eccellenti e gli atenei che sopravvivono a stento in cui sarà più facile l’estinzione per inedia. In realtà, se davvero si volesse far decollare la ricerca universitaria, bisognerebbe avere il coraggio di investire di più (almeno allo stesso livello medio degli altri paesi) definendo però, allo stesso tempo, i livelli, nella ricerca come nella didattica (con criteri più raffinati), che dovrebbero essere raggiunti da tutte le sedi universitarie entro un periodo variabile a seconda della situazione di ogni ateneo (diciamo 5-10 anni), pena la chiusura immediata e senza sconti in caso di fallimento. Si tratterebbe di un’imposizione franca e diretta che darebbe a tutti la possibilità di mettersi alla prova in proporzione alla propria vocazione e collocazione scientifica.

motorino radicale
29-07-09, 13:09
Radicali, cercasi firme nel Lazio

• da L'Altro del 28 luglio 2009, pag. 4

di Margherita Fabbri

Cinquantamila firme da raccogliere entro il prossimo 30 settembre, quattro referendum propositivi e quattro abrogativi. I radicali tornano a parlare di democrazia diretta in Lazio e lo fanno con una mobilitazione straordinaria di tre giorni, il 28, il 29 e il 30 luglio prossimi. «Con lo strumento dei referendum vogliamo offrire ai cittadini del Lazio la possibilità di costruire un "partito" che tuteli il loro interesse e non quello dei vari soggetti partitocratici», dichiara Marco Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, che sostiene l’iniziativa. I referendum propositivi verteranno sulla nuova disciplina della gestione dei rifiuti, sull’estensione del sostegno alle famiglie di diritto a quelle di fatto, sul sostegno ai coniugi separati in situazioni di difficoltà e sull’abolizione dei ticket sanitari ai minori di 14 anni. Gli abrogativi, invece, interesseranno l’abolizione dell’aumento dei rimborsi elettorali e del finanziamento agli enti religiosi che operano nel turismo, il ripristino dei vincoli paesistici contro la cementificazione del Lazio e l’abolizione della legge regionale del 2001 sulla famiglia. Ma si tratta anche di una questione di "metodo": «Il Lazio è l’unica Regione che prevede per i cittadini la possibilità di presentare referendum propositivi. Tuttavia a gennaio, quando abbiamo dato vita al "Comitato referendario di liberazione Ernesto Nathan", abbiamo scoperto che non esisteva alcun regolamento attuativo e la norma risultava di fatto inapplicabile», spiega Massimiliano Iervolino, della direzione nazionale di Radicali Italiani. «Abbiamo così presentato una proposta di legge il cui iter dovrebbe concludersi a settembre, fornendo finalmente la disciplina di dettaglio del referendum propositivo». Un primo successo, dunque, ma la strada è ancora lunga: «Quella che stiamo promuovendo è una campagna ambiziosa e difficile, che finora si è mossa nel quasi totale silenzio degli organi di informazione», ha sottolineato Demetrio Bacaro, segretario dell’associazione Radicali Roma. «Ma l’obiettivo può essere raggiunto: quando i cittadini si fermano ai nostri tavoli nel 90% dei casi decidono di firmare, perché le questioni che poniamo sono trasversali ed interessano il vissuto di tutti».

motorino radicale
29-07-09, 13:10
Radio Radicale, soldi a rischio

• da Italia Oggi del 28 luglio 2009, pag. 5

di Marco Castoro

La sua nascita fu quasi una scommessa. Sicuramente vinta se pensiamo che sono passati 34 anni da quel fine 1975, quando un gruppo di militanti fondò Radio Radicale, la cui sede era all’interno di un piccolo appartamento nel quartiere di Monteverde a Roma. Anno dopo anno la radio è cresciuta fino a diventare un punto di riferimento per chi segue la politica e il parlamento. Anzi, nessuno ci potrà dare degli eretici se diciamo che Radio Radicale fa ancora del vero servizio pubblico, senza camuffarlo e senza commercializzare il suo prodotto. Ovviamente sopravvive grazie ai fondi per l’editoria e soprattutto alla convenzione tra ministero e il centro di produzione Spa, la società editrice dell’emittente. «Radio Radicale ha introdotto in Italia un modello di informazione politica che si caratterizza per due regole giornalistiche fondamentali: la trasmissione integrale degli eventi politici e, conseguentemente, l’eliminazione della mediazione giornalistica», si legge sul sito dell’emittente. Ogni anno Radio Radicale riceve dal ministero 10 milioni di euro. Così è da qualche anno. Ma l’ultima tranche di questa convenzione è prevista per la fine del 2009. E dopo? «Mah, in teoria non dovrebbero esserci dei problemi sul rinnovo - spiega il direttore Massimo Bordin - seppure qualche dichiarazione in giro ci ha un po’ allarmati». Che cosa è successo? «Un’interrogazione di un deputato, una risposta di un sottosegretario e qualche dichiarazione qua e là...». In pratica è successo che Alessio Butti un anno fa ha presentato un’interrogazione in cui chiedeva un chiarimento sul fatto che negli ultimi anni anche la Rai avesse fatto nascere un canale tutto dedicato alle sedute parlamentari. E facendo un po’ i conti della serva chiedeva al ministro competente se «non si ritenesse opportuno revocare la convenzione tra il ministero delle comunicazioni e il centro di produzione Spa, palesemente in contrasto con quanto disposto dalla legge 223 del 1990». Butti chiedeva anche «se non si ritenesse sufficiente la presenza, come prevista dalla legge, del quarto canale radiofonico della Rai per la trasmissione delle sedute parlamentari e i relativi approfondimenti». La risposta del sottosegretario Romani non tagliò di fatto la testa al toro, come magari si aspettavano i radicali che da quel momento sono entrati in uno stato di fibrillazione. Romani nella sua risposta ribadì che la spesa della convenzione di 10 milioni di euro era stata autorizzata per il 2007, il 2008 e il 2009 per la proroga. E dopo? «Fino a quella data il centro di produzione Spa continuerà a svolgere il servizio previsto scriveva Romani - mentre allo scadere della convenzione verranno certamente considerate la ormai piena operatività della rete Rai dedicata alla trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari». Negli ultimi tempi i radicali - Emma Bonino in primis - hanno già messo in preallarme le truppe, pronte all’adunata. Pertanto non si esclude che possa aprirsi un nuovo fronte di polemica e di protesta nei confronti del governo se la convenzione non dovesse essere riconfermata. La scure usata dall’esecutivo su altri settori potrebbe decapitare anche la radio di Pannella, seppure sia questa una decisione molto impopolare da prendere. Che non passerebbe di sicuro inosservata. Il direttore Bordin assicura che «i dati di ascolto sono buoni (400-500 mila ascoltatori al giorno) e i bilanci sono tutti documentati».

motorino radicale
29-07-09, 13:11
Intervista ad Aldo Loris Rossi: quel grande bluff del piano casa

• da Liberal del 28 luglio 2009, pag. 6

di Francesco Pacifico

«Piano casa? Non esiste alcun piano casa. Ci sono soltanto una leggina regionale in base alla quale si dovrebbero decidere gli aumenti di cubatura e un inutile intervento di edilizia popolare». A differenza dei suoi colleghi, l’architetto Aldo Loris Rossi non vede nel piano casa tanto decantato da Berlusconi i presupposti di una nuova cementificazione. «Gli speculatori sono già all’opera. Il problema, casomai, sarebbe facilitare la rottamazione e la ricostruzione delle nostre orrende periferie post belliche». Invece non si farà nulla. Per questo il docente di progettazione architettonica della Federico Il di Napoli si batte con i Radicali, Italia nostra, il comitato difesa ecologica della magistratura, l’Istituto italiano di studi filosofici e l’associazione di palazzo Marigliano per un intervento più omogeneo.

E i 100mila alloggi popolari annunciati dal governo?

Nel decreto 112 del 25 giugno del 2008 si prevedeva una città per ognuna delle cento province. Siamo passati dall’astronomica cifra di 350mila alloggi a 100mila. Da cento città a, se tutto va bene, cento quartieri...

L’aumento delle cubature?

Parliamo di una leggina, delle quale si sono perse le tracce, che prende le mosse da un disegno di legge del Veneto per promuovere le tecniche di bioedilizia e l’utilizzo di energie alternative? E che a questo, senza capirne il perché, lega l’aumento delle volumetrie? Se questo è il piano casa...

Servono tante case?

Nel 1945, per 45 milioni di abitanti, esistevano 35 milioni di vani residenziali. Di questi ne sono rimasti 30 milioni, accanto ai quali ne sono stati costruiti altri 90 milioni. Il che significa che abbiamo 60 milioni di abitanti 120 milioni di che l’Italia è sovraurbanizzata.

L’edilizia popolare è un calmiere degli affitti.

In parte è vero, ma segnalo che ci sono 20 milioni di vani vuoti, non occupati. C’è uno spreco spaventoso di alloggi che causa una distruzione continua del suolo. Se si vuole mettere ordine in questo caos, fine a questo scempio, destiniamo metà del finanziamento alla riqualificazione dell’esistente: rottamare la spazzatura edilizia delle periferie e le costruzioni antisismiche.

Fa allarmismo?

Si fa finta di non vedere che su 90 milioni di vani di edilizia postbellica, circa 40 non sono antisismici. All’Aquila, guarda caso, sono caduti proprio i palazzi non a norma. È una responsabilità grandissima che si porta appresso la politica.

Sarà un fallimento?

Sì, perché i piani di edilizia popolare sono stati utili soltanto a creare obbrobri. Perché gli imprenditori non ci guadagnano. E a loro va bene la deregulation. Prenda Roma: stanno costruendo dal centro fino a Fiumicino, massacrando il territorio per 23 chilometri, senza che ci sia un masterplan. Mentre tra Parigi e Le Havre, in 180 chilometri d’intervento, stanno programmando questo riordino con piani territoriali, dove le case si alternano a zone verdi.

Che fare?

Intanto partire dalla fiscalità: cedolare secca per gli affitti, nuovi valori catastali e oneri di urbanizzazione in modo da utilizzare i venti milioni di vani sfitti e non distruggere le aree agricole. Ogni anno ne vengono distrutti 190 chilometri.

Questo, per iniziare.

Serve un piano unico, nel quale comprendere la riqualificazione dell’esistente e la costruzione di nuove realtà abitative. Non è più tollerabile la confusione che si crea con due piani. Ci vorrebbero degli urbanisti che si siedono a un tavolo e sbrogliano la matassa, che li unifichino. Non certo giuristi che non hanno alcune esperienze di città.

Il colpevole è Ghedini.

Niccolò Ghedini sarà anche un buon giurista, ma non può trasformare in piano casa una leggina regionale per incentivare gli impianti fotovoltaici. Non ci capisce di urbanistica.

Risultato?

Se sarà sbloccata, avremo una leggina dagli effetti limitati. E non poteva diversamente visto che l’aumento volumetrico del 20 per cento non si può certamente applicare ai centri storici, alle aree sotto vincolo paesaggistico - si pensi che succederebbe a Capri o a Portofino o a quelle sismiche o ad alta densità di popolazione. Vincoli necessari, ma che per non depotenziare la legge sono stati rimandati alle Regioni.

Ci salvino i governatori.

Ogni Regione ha fatto la sua modulazione ai paletti e sta farneticando su estensioni e deroghe. Con il risultato che questo caos mette soltanto le basi per l’ennesimo saccheggio.

Cosa suggerisce?

Di fare una legge nazionale sul governo del territorio. L’Italia non ce l’ha, vale ancora quella del ‘42 del periodo fascista. In Parlamento ci saranno almeno 6 o 7 proposte diverse, tutte chiaramente affossate.

Perché?

I costruttori, che sono potentissimi, non la vogliono. Preferiscono la deregulation. Certe vergogne in Europa soltanto noi le tolleriamo.

Fatta la legge?

Si deve riqualificare l’esistente. L’unione internazionale degli architetti, alla quale aderiscono i professionisti di 120 Paesi, nel 2008 lanciò un manifesto per trasformare le periferie dormitorio, che sono prive di servizi e attività in ecotown. Città da ricostruire in simbiosi con la natura, alimentate da energie rinnovabili, inserendo quelle strutture sociali e produttive che oggi mancano.

Perché oggi manca un Antonio Cederna o un Bruno Zevi che abbia l’autorevolezza per denunciare quanto sta avvenendo?

Perché al saccheggio partecipa anche la mia categoria. Purtroppo noi architetti non siamo riusciti a far comprendere che soltanto per la pianificazione passa la salvezza della civiltà contemporanea.

motorino radicale
29-07-09, 13:12
Caro Maroni, perchè colf sì e muratori no?

• da Secolo d'Italia del 29 luglio 2009, pag. 16

di Benedetto Della Vedova

Il ministro Roberto Maroni dovrebbe spiegare in modo più convincente perché il governo si sta limitando a consentire la regolarizzazione di colf e badanti senza neppure considerare le altre centinaia di migliaia di clandestini che lavorano stabilmente nelle nostre imprese. Qui non si tratta di equilibri politici all’interno della coalizione, ma del buon governo della realtà italiana. Abbiamo tutti votato la fiducia al governo sul pacchetto sicurezza che conteneva l’istituzione del reato di clandestinità, di cui si rendono colpevoli quanti entrano o soggiornano irregolarmente nel nostro Paese: il reato, in quanto tale, era un punto irrinunciabile per la Lega Nord. Ma ora che l’obiettivo è stato raggiunto, chiedo al ministro Maroni: per quale ragione vogliamo condannare a una condizione criminale i lavoratori clandestini e i loro datori di lavoro? Cosa abbiamo da guadagnare? Abbiamo paura di dare un segnale contraddittorio facendo: seguire alla previsione del reato la regolarizzazione? Può essere. Ma il messaggio sarà assai più contraddittorio e debole se, come è certo che avverrà senza la regolarizzazione, si capirà che abbiamo solo fatto la faccia feroce, ma non procederemo a espulsioni di massa, per non incorrere in un clamoroso autogol dal punto di vista dell’interesse economico del Paese. Un punto, infatti, va chiarito: i dati sull’andamento del mercato dei lavoro nel primo trimestre dell’anno dimostrano un limitato calo dell’occupazione, anche perché siamo in presenza di un aumento dell’occupazione straniera (+ 222mila unità nel trimestre). Il che significa una cosa sola: anche in presenza di una crisi che morde e riduce le opportunità di occupazione, vi sono lavori che restano appannaggio dei soli extracomunitari. Questo vale per colf e badanti rispetto alle quali, pur con limitazioni di cui sfugge la razionalità prima che il rigore giuridico, il governo è opportunamente intervenuto, ma non solo per loro. È chiaro che sarebbe stato difficile convincere centinaia di migliaia di famiglie - che affidano a lavoratrici e lavoratori irregolari la cura delle persone più care - di ospitare in casa dei fuorilegge e di essere esse stesse perseguibili penalmente, ma resta difficile spiegare perché sorte diverse debba spettare a un mungitore e al suo datore di lavoro. O a chi raccoglie l’uva per prestigiosi vini della Lombardia. O a chi tiene puliti i capannoni della Brianza. O chi direttamente contribuisce alla produzione in qualche piccola impresa o ristorante. No, non sono queste le persone clandestine di cui dobbiamo liberarci con un processo e un’espulsione per assicurare città più sicure e periferie più vivibili. Di questi e dei loro datori di lavoro conosciamo nella maggior parte dei casi dati anagrafici e indirizzo del luogo di impiego, visto che hanno di già presentato domandi di assunzione (formalmente: "all’estero"; in base ai decreto flussi. Il governo ha accolto, seppur come raccomandazione, un ordine del giorno della Camera proposto dai radicali e sottoscritto anche da deputati del Pdl che impegna a valutare la messa in regola di tutti coloro che erano rimasti esclusi dai decreti flussi: agire in questa direzione sarebbe un segno di forza oltreché di sano pragmatismo, che porterebbe anche significative entrate contributive e fiscali. L’impegno assunto con gli altri governi europei è quello di non procedere a sanatorie indiscriminate, ma prevede regolarizzazioni individuali per ragioni economiche: esattamente ciò di cui stiamo trattando. Se regolarizzeremo coloro che lavorano stabilmente, avremo meno clandestini e meno datori di lavoro da perseguire e sarà più facile concentrarsi sulle realtà che destano davvero allarme sociale. Ovvio, qualcuno potrà sempre sperare in una futura regolarizzazione, ma la "linea dura" trasformerà da subito il reato di clandestinità in una grida manzoniana, tanto rigorosa quanto inapplicabile e inapplicata. Se questa decisione venisse fatta rientrare nel calderone delle dispute tra Lega e Pdl sarebbe un grave errore. L’alleanza non è fatta affinché ci spartisca in compartimenti stagni le competenze, per la serie: "a me l’energia e a te la sicurezza", ma per trovare punti di equilibrio a partire da una visione condivisa del futuro del Paese. Non ho mai nutrito sentimenti o coltivato rancori antileghisti, figuriamoci! Nel 1997, quando la Lega di Bossi subiva l’ostracismo più duro, concentrico e discriminatorio, anche dal punto di vista giudiziario, mi candidai e venni eletto da militante radicale nel Parlamento padano di Chignolo Po, in segno di amicizia e di rispetto per una scelta di coinvolgimento popolare nell’iniziativa politica leghista. Non è in questione il ruolo della Lega nella maggioranza di centrodestra e nessuno cerca vittorie o rivincite. Il punto non è e non può essere quello di una disputa pregiudiziale tra forze politiche, ma semplicemente la scelta su cose renda più efficace l’azione del governo. Abbiamo sempre e giustamente ribadito, anche nelle aule parlamentari, che il nostro obiettivo non è quello di penalizzare chi viene da noi per lavorare: è il momento di dimostrarlo.

motorino radicale
29-07-09, 13:12
Tutti nel Pd

• da Il Foglio del 29 luglio 2009, pag. 4

di Silvio Di Francia

Al direttore - Nel test delle Feste democratiche tutti ad apprezzare Vendola e Bonino. Qualcuno dal pubblico lo dice pure: "Vichi segretario", "Emma presidente". E si può sospettare che molti iscritti del Pd apprezzino se non Di Pietro, comunque, la retorica da opposizione dura. Ci sono poi i transfughi recenti - quelli di Sinistra democratica - che se lo sentono ripetere in continuazione: "Perché non tornate a casa"? Infine i Verdi: non c’è militante o iscritto del Pd che non pensi che i Verdi debbano ricongiungersi, e presto, con i Realacci, Ronchi, Manconi e che quella è la loro collocazione naturale. Si tratta, dunque, di esponenti esterni al Pd, che con il medesimo soggetto hanno un rapporto spesso polemico, comunque di attrazione/repulsione. E’ dunque il caso di dire ‘‘tutti dentro al Pd", come suggerito anche dal recente libro di Luigi Manconi ("Un’anima per il Pd", Nutrimenti 2009) e ripreso dal direttore Ferrara? Un titolo che ha coinvolto, proprio ieri sera, la stessa Bonino intervistata, con Anna Finocchiaro, da Concita De Gregorio alla Festa del Pd di Roma. La formula è brutale nella sua semplicità e ha già potuto fare il pieno di risposte sarcastiche o di buon senso paternalista (lo spettro dell’Unione, del partito taxi). Eppure basta scorrere l’elenco dei leader sunnominati: Vendola, Bonino, Mussi e Fava e aggiungerci i Verdi e i Socialisti di Nencini. Ai margini o fuori dalla rappresentanza istituzionale eppure al centro di istanze, temi.. vertenze sulle quali il Pd fatica a dipanare il traffico e, talvolta, persino a svolgervi un ruolo adeguato alle proprie dimensioni. E ancora (prendo la domanda dal libro di Manconi): perché gli inglesi sì e noi no? Perché nel Labour inglese, trotzkisti (in forte minoranza certo) possono stare con "blairiani" e sindacalisti e con una minoranza di irriducibili animalisti? A meno di non voler sospirare con Alberto Sordi sui "paesi tanto più civili del nostro" o addentrarsi in dotte retrospettive sugli effetti lunghi della riforma protestante, si può, per una volta, voler prendere sul serio la domanda? Perché non tutti dentro il Pd? Il vantaggio di poter utilizzare un grande partito quale luogo per rappresentare istanze che oggi potrebbero essere in minoranza, o in una situazione di latente maggioranza, è talmente banale da non dover essere sottolineato. Un partito è un luogo di confronto e mediazione, dialogo e sintesi. Tutte cose che richiedono fatica e intelligenza, ma che non comportano la rinuncia ad alcuna identità. Al contrario, qualcuno può obiettare sul fatto che altrettanta fatica e intelligenza abbiano prodotto risultati inefficaci nelle prove di governo del centrosinistra (tanto più nelle prove di opposizione)? E quanti risultati sono stati sacrificati, non dall’impossibilità della sintesi, ma dalle esigenze di partiti in competizione tra di loro". Chi scrive abbandonò i Verdi perché riteneva che lo scarto tra le domande inerenti la natura planetaria ed epocale della crisi ecologica fosse troppo ampio rispetto ai modesti risultati di consenso di quel partito. Come nella battuta di Flaiano (l’insuccesso dà alla testa) i Verdi ne hanno ricavato, da quelle sconfitte, una lettura ancora più rancorosa. Eppure le stesse questioni sono dirimenti per delineare la stessa identità del Pd. Non mi sfugge che la suggestione del "tutti dentro al Pd" incontri due robusti sbarramenti: il primo sta nel possibile, probabile diniego di quei leader e quelle famiglie a voler prendere casa dentro il Pd. Il secondo più complicato riguarda l’incerta identità del Pd. Giacché allo stato attuale la definizione di "casa dei riformisti" non è bastata a disegnare il profilo del partito su questioni rilevanti dell’agenda dell’ultimo anno: dal testamento biologico all’immigrazione, dalla giustizia alla politica internazionale. Se non è possibile che il Pd diventi subito "una famiglia allargata", è indispensabile che agisca almeno "come se". Ciò è utile per gli altri, ma soprattutto per sé. E’ tale possibilità a mettere alla prova l’identità, a sottoporre a verifica le soluzioni e a impedire (com’è accaduto) che le diverse famiglie che già lo abitano producano paralisi. O, peggio, ritengano che, visti i tempi, sia più utile traslocare e cercare casa altrove.

Silvio Di Francia, ex assessore Cultura, Roma

motorino radicale
29-07-09, 13:13
Bordin e il suo contesto

• da Il Foglio del 29 luglio 2009, pag. 3

Radio radicale dedica molta attenzione a Ignazio Marino, il che è del tutto comprensibile, e lo fa talora con uno stile un po’ tifoso, che peraltro corrisponde alla tradizione partigiana che caratterizza da sempre questa emittente battagliera. A proposito dei documenti pubblicati dal Foglio sulla risoluzione del rapporto professionale del clinico con l’Università di Pittsburgh, Radio radicale ha una posizione esplicitamente "innocentista", del tutto legittima ovviamente, ma scivola in sgradevoli insinuazioni quando mette, in contraddizione la pubblicazione di quei documenti con la tradizione garantisca che riconosce al nostro giornale. Massimo Bordin, in una lunga trasmissione messa in onda lunedì sera, sostiene che l’errore del Foglio è stato quello di pubblicare il documento senza "contestualizzarlo", secondo una tradizione un po’ tartufesca per la quale il contesto serve a cancellare il testo. La "campagna di stampa ingaggiata dal Foglio", come viene definita per cinque o sei volte la pubblicazione di documenti da parte del Foglio, viene poi sottoposta al giudizio "imparziale" di medici dirigenti della Cgil, che la giudicano, quando va bene, "vergognosa". La tesi della contestualizzazione, rigirata in molti modi, consiste nella denuncia di una situazione confusa e inquinata della sanità siciliana alla quale Marino si sarebbe ribellato, dopo averla combattuta eroicamente, rassegnando alla fine le dimissioni. Marino stesso, per la verità, all’epoca dichiarò che le ragioni erano invece personali e l’accordo alla reciproca riservatezza, controfirmato con il datore di lavoro, è illuminante in questo senso. Secondo Bordin, omettendo di "contestualizzare", cioè dì infilare una vicenda specifica nel tritacarne della retorica antimafia, avremmo commesso una volontaria violazione dei principi del garantismo, che poi i suoi intervistati si sono prodigati a collegare a una presunta volontà di interferenza malevola nelle vicende del Partito democratico. La passione di Bordin continua a piacerci, la manipolazione un po’ meno.

motorino radicale
29-07-09, 13:15
Giappone, il giorno del boia: impiccati tre condannati

• da Il Messaggero del 29 luglio 2009, pag. 16

Tre condannati, fra cui un cinese, sono stati messi a morte ieri in Giappone. Lo ha annunciato il ministero della Giustizia. Il cittadino cinese aveva ucciso tre connazionali a Kawasaki, vicino a Tokyo. Gli altri due erano giapponesi condannati alla pena capitale per omicidio. I tre, precisa un comunicato del ministero, sono stati impiccati a Tokyo e Osaka e che il cittadino cinese, Chen Detong, 41 anni, aveva ucciso nel 1999 tre connazionali ferendone altrettanti. Uno dei due giapponesi, Hiroshi Maeue, 40 anni, aveva ucciso nel 2005 a Osaka tre persone, fra cui un ragazzo di 14 anni; l’altro, Yukio Yamaji, 25 anni, aveva ucciso due sorelle sempre a Osaka nel 2005. Ora rimangono nel braccio della morte 101 detenuti, di cui 63 in cerca della revisione del processo. Le impiccagioni sono avvenute a poco più di un mese dalle elezioni legislative del 30 agosto, che potrebbero portare a una vittoria dell’opposizione e a un cambio di governo. Makoto Teranaka, responsabile di Amnesty 1nternational in Giappone, ha protestato contro «questo grave atto che non può essere permesso mentre nel mondo si moltiplicano gli appelli per abolire la pena di morte». Le ultime esecuzioni in Giappone risalgono allo scorso gennaio, quando furono impiccati quattro condannati. Nel 2008 sono state messe a morte 15 persone. Il Giappone è, con gli Stati Uniti, l’unico dei grandi Paesi industrializzati dove si pratica ancora la pena di morte. Le autorità ne giustificano il mantenimento affermando che gode del sostegno della popolazione. Il Partito Democratico del Giappone (Pdj), la principale forza dell’opposizione che, secondo tutti i pronostici, dovrebbe vincere le prossime elezioni, si è impegnato ad aprire un dibattito sulla questione. Dall’inizio del 2007 - anno in cui entra in carica il ministro della Giustizia Kunio Hatoyama, acceso sostenitore della pena capitale - a oggi il Giappone ha eseguito 31 esecuzioni capitali: 9 nel 2007, 15 nel 2008, 4 nel gennaio 2009 a cui si aggiungono le 3 impiccagioni di ieri. I dati emergono dal rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo che Nessuno Tocchi Caino presenterà questa mattina a Roma, presso la sede dei Radicali. Il Giappone, stando al rapporto, è il secondo stato-boia per numero di esecuzioni dopo gli Stati Uniti, tra i paesi catalogati tra le "democrazie liberali" che praticano ancora la pena di morte. I dati del rapporto verranno illustrati durante un incontro con) a stampa al quale parteciperà Gail Chasey, parlamentare dello Stato del New Mexico, che riceverà il premio "Abolizionista dell’anno", conferito ogni anno alla personalità che più si è impegnata sul fronte della moratoria delle esecuzioni capitali e per l’abolizione della pena di morte. Il premio andrà ex equo anche al governatore. dello Stato Usa, Bill Richardson, che, secondo Stato americano dopo il New Jersey in oltre 40 anni, ha abolito la pena di morte il 18 marzo 2009. All’incontro parteciperanno anche il presidente e il segretario di Nessuno Tocchi Caino, Marco Pannella e Sergio D’Elia, il vicepresidente del Senato, Emma Bonino, e la deputata radicale e curatrice del documento, Elisabetta Zamparutti.