Provai per caso a parlare con il DESTINO, ma egli beffardo mi denigrò...
Di
, 28-02-12 alle 19:31 (3524 Visite)
Ora a raccontarvi un'esperienza personale, che inconsciamente ha segnato il mio vissuto,
specialmente nel modo di pensare e nel mio rapporto con la morte.
Dopo di ciò che andrò a raccontarvi, la mia vita subì un'improvvisa accelerazione, nel fare e nel vedere le cose, ma attenti, accelerare, è sì un cambio di velocità per eccesso, ma ciò non toglie niente alla riflessione, il mio andare più veloce nulla a tolto al pensiero, ne ha semplicemente cambiato l’asse facendo sì di spingermi più in profondità sulle cose e le circostanze che le determinano, forse il mio continuo accavallarsi di pensieri è proprio dovuto a questi fatti,
e alla volontà di arrivare a capo delle cose e situazioni in breve tempo, vuoi per la coscienza personale ma specialmente per il rapporto acquisito con lo spazio ed il tempo, per questo, ritengo che, le proprie esperienze mutano il rapporto con ciò che ci circonda e di conseguenza l’approccio che ognuno di noi ha con il proprio destino. Gli eventi, le fatalità, l’imponderabile di cui è intessuto il nostro destino a modificare improvvisamente le nostre deboli o forti convinzioni, a farci cambiare direzione e visione o ad avvalorare e proseguire dritti per una certa strada, possiamo asserire con una certa precisione che, nel destino tutto e il contrario di tutto.
Era il 10\10\ 1973, avevo quattordici anni, una giornata come tante nel finire dell’autunno, la bicicletta che ogni giorno usavo per muovermi, per incontrarmi con i miei amici del tempo, nessuna allusione ne pensiero, vista l’età, mi portava all’appuntamento che io avrei avuto in quel giorno con il mio destino, forse con il senno del poi, la mia esuberanza del tempo mi ha portato a capire che forse in me c’era una certa predisposizione accentuata dal carattere per ciò a cui andavo ad incontrare,
ma anche no, a volte si afferma che il destino è beffardo, e molto spesso si prende gioco di noi, e noi a volte anche a sfidarlo, nella convinzione di determinazione, e guai se così non fosse.
Ero in prossimità di casa, in compagnia di un’amico anche lui in bicicletta, in una strada statale che per il tempo, era molto trafficata, dovevamo attraversarla, cosa che facevamo molte volte al giorno nel nostro girovagare, nulla di strano, io seguivo lui, improvvisamente il mio amico, dopo un rapido sguardo attraversò, ed io fidandomi dietro, a pochissimi secondi, quei secondi, quella inezia a esaltare il destino, l’imponderabilità di questo, venni investito da un’auto, e in quel momento, il cortocircuito, che, vuoi per meccanismi cerebrali, per la botta io smisi di esistere temporaneamente, il mio ricordo arriva al momento dell’attraversamento poi nulla.
La mia continuazione di quei concitati momenti si trasferisce a ciò che mi è stato riportato da mio padre il quale fu il primo a soccorrermi con sua tremenda sorpresa, si afferma che il destino è beffardo.
Lo posso confermare, il destino sul destino, mi spiego, ebbi l’incidente, ma ciò non bastò, fui sbalzato nell’urto ed andai a finire in un fossato al ciglio della strada, che solitamente era in secca,
ma fatalità in quei giorni abbondava d’acqua, ci finii dentro a testa in giù, con il rischio di annegare, forse lui il beffardo aveva deciso, quello doveva essere il mio inconsapevole momento,
e forse io “inconsapevolmente”, nella mia voglia esuberante di vivere ho sfidato il destino…
Ed oggi qui a raccontare, fui adagiato sopra ad una coperta, la disperazione raccontata di mio padre e mia madre, l’arrivo del mio dottore che abitava nei paraggi, i primi soccorsi nell’attesa
dell’ambulanza, avevo una copiosa uscita di sangue dal timpano destro, nulla di buono, a presagire una forte emorragia interna conseguente al trauma cranico e un coma profondo, il dottore poi mi confessò che di primo acchito, secondo lui pochissime possibilità date il sangue dal timpano.
Restai in coma, in terapia intensiva per circa una settimana, nel corso di questa, la mia non convinta
Incoscienza, io combattevo per ciò che mi voleva essere tolto, ricordo benissimo la mia altalenante fase di risveglio, la non comprensione del come mai mi trovassi all’ospedale, con un piede gigantesco per le fasciature che si presentò alla mia graduale ripresa e apertura degl’occhi, ricordo benissimo dopo le spiegazioni datami su quanto avvenuto, un mio aneddoto del cui ancora oggi porto perplessità per il fatto che non riesco a distinguere se sia realmente accaduto o io l’abbia semplicemente costruito mentalmente, io in quello stato di coma, ricordo un tragitto sublimato forse dalla mente, mi trovai improvvisamente in un luogo di pace, direi asettico, luminosissimo, ma non una luce fastidiosa all’occhio, ma bensì appagante, rilassante, di li a poco, mi si presentò una figura ben marcata per presenza e prestanza,
io pensai, dopo, che altri non fosse che San Pietro, il possessore delle chiavi del paradiso che però, io non vidi, “le chiavi”, forse parlammo, ma ricordo benissimo, una sua frase, o forse un suo gesto,
nel quale interpretai la sua domanda:” tu, che ci fai tu qui?” la mia espressione di sorpresa, aggiunsi e cercai di formulare una risposta:”io, non so, ma a quattordici anni sarebbe presto, molte le cose che mi rimarrebbero da fare….”, non feci in tempo a concludere la frase, mi ritrovai improvvisamente al mio posto anche se in realtà forse mai mi ero mosso, poi il resto la vita.
Altre circostanze strane che pensandoci, mi fanno riflettere, sono date dal periodo, io sono nato il 07\10\1959, quindi ad ottobre, tutte le cose peggiori della mia vita, mi sono sempre successe in quel mese, tanto che ancora oggi mia madre mi mette in guardia con la sua lista di ricordi nefasti, che, guarda caso sempre in quel mese…forse io sfidato più volte il destino, e più volte vinto, anche se sono certo alla fine lui avrà il sopravvento.
Stimata\mente….l' Attila, il Barbaro….improvvisamente accelerato….:gratgrat: