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Lo stagno dei fuochi fatui

Albe

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Circa tre anni orsono...

Metà Luglio. Operai che vennero a sostituirmi l'avvolgibile di un balcone. Un pomeriggio pesante, sollevai dei pesi, mi stancai. Finalmente la giornata finì e andai a letto.
Ma un forte dolore all'addome sinistro iniziò a tormentarmi. Cercai di cambiare posizione diverse volte, ma nulla. Non mi sembrava di origine intestinale, ma non potevo esserne sicura. E allora? Tentai di addormentarmi, ma invano.

Verso le 4 del mattino non ce la facevo più. Telefonai alla Guardia Medica. "Signora...con l'addome non si scherza. Io andrei al Pronto Soccorso....". Mio marito in montagna con la mia auto (aveva dovuto lasciare la sua in panne a Roma). Chiamai mio figlio che dormiva nella stanza vicina. Stavo a malapena in piedi. "Chiamiamo l'ambulanza" mi disse..."non sei in grado di salire nemmeno sul taxi". E così fui portata nel grande Ospedale nel centro storico mentre mio figlio seguiva in moto.

Era una serata "buona"...poca gente. Fui visitata accuratamente e il medico escluse sia l'origine intestinale che quella renale: era un dolore che si riferiva alla fascia muscolare superficiale. Mi disse che potevo andare a casa tranquilla. "Ma come?"dissi io..."non mi fate nulla?" "Cosa vorrebbe?"
"Ma almeno un antidolorifico.." Lui fece cenno ad un'infermiera e costei mi fece un'iniezione. "Tranquilla"!" mi disse, "Tra una ventina di minuti le passa tutto". "Vada a sedersi in sala d'aspetto" Mi sedetti. Accanto un clochard ubriaco che dormiva steso su diversi sedili...in arrivo una straniera che gridava in preda ai dolori di una colica renale...un paio di sconvolti che vociavano cose senza senso...ma il dolore dopo poco era passato.

Ringraziai l'infermiera." Se fosse venuta la guardia medica non avrei intasato inutilmente il ProntoSoccorso", le dissi...."Oh, quelli!" disse lei "non si muovono nemmeno con il terremoto. Non si preoccupi...se ha bisogno siamo qui.."

Uscimmo. L'alba era davvero livida. Rabbrividii del mio abito leggero. "Non puoi venire in moto, non sei vestita, non hai il casco" disse mio figlio...ti chiamo un taxi. Aspetta qui. Io vado via."

Restai in attesa del taxi...un vento freddo spirava tra le case antiche, i colonnati. Ero sola, nell'alba di una città che si stava per risvegliare, stanca, provata. In un attimo vidi in questa immagine l'emblema esatto della mia vita. Nulla di diverso.

Avevo attraversato la vita da sola, affrontando da sola ogni avversità...gli altri sempre solo sullo sfondo. Quante albe livide fuori da ospedali dopo aver fatto una notte a qualche mio caro bisognoso...quanta strada, quante corse per assistere questo o quello catapultata da una parte all'altra della città, sempre sola, sempre costretta a farmi forza per tutti, tutti, spinta dalla necessità di un destino che incalzava...quante decisioni prese da sola per altri...quanta stanchezza nell'anima e nella mente, e quanta pena per le persone che più amavo e delle quali raccogliere l'ultimo respiro senza mai nessuno che mi sostenesse o mi dicesse qualcosa che fosse di consolazione. Mai.

Ma si...alla fine il mio posto era con il clochard ubriaco e gli altri derelitti dell'ospedale. Mi sentivo a casa mia alla fine, proprio con loro. Non ero diversa da loro se non nell' apparenza formale. Confesso di essermi sempre sentita a mio agio con gli umili, i derelitti della vita come se venissi dallo stesso humus...solo più forte, più determinata, più capace di fronteggiare la Moira. Combattente tra gli straccioni del karma, ma con la spada lucente, affilata. E qualcosa che mi sovrastava e che ad ogni alba mi faceva iniziare di nuovo.

Giunse il taxi. Mi adagiai sul sedile posteriore, potei godere il tepore del chiuso...le strade, i giardini deserti, il silenzio.

Era già domani. A casa mi spogliai, chiusi tutto e m'infilai sotto le lenzuola.
Ancora un po' di notte...ne volevo ancora un po' prima di ricominciare.
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Commenti

  1. L'avatar di anton
    viva la vita.. che è questa per tutti .,.,. anche se ha qualche momento bello
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