OMAGGIO A CARLO TERRACCIANO
October 24th, 2006 ·
di Augusto Marsigliante
A poco più di un anno dalla scomparsa del grande Carlo Terracciano, BMPT decide di organizzare una serata in onore di una delle figure più rivoluzionarie che il panorama politico italiano abbia mai conosciuto da decenni a questa parte. Teatro dell’iniziativa, un “Asso di Bastoni” che, consentiteci la metafora calcistica, registrava il tutto esaurito.
Potrebbe apparire quasi singolare, come ha spiegato un rappresentante di Progetto Torino all’inizio della serata, che ad organizzare quest’appuntamento sia stato un gruppo che di Carlo non aveva una conoscenza personale, diretta; tuttavia, la forza delle idee che scaturisce dai suoi scritti ha creato quell’affinità ideale che ha fatto sì che nel capoluogo piemontese si tenesse quest’importante incontro. Ad aprire la serie di interventi è Alessandra Colla, direttrice di “Orion”, quel “punto nero in una galassia rossa e punto rosso in una galassia nera” al quale Carlo collaborò per alcuni anni. Nel suo intervento, la Colla ha sottolineato il profondo legame umano che l’aveva legata a Carlo per oltre vent’anni. Una profonda stima che, spiega la Colla, nasceva dalla grande umanità di Terracciano, ma anche dal grande entusiasmo che caratterizzava quest’Uomo, oltre alla sua grande onestà intellettuale. Va da sé che una personalità forte come quella di Carlo potesse portare ad alcuni dissapori interni alla redazione della rivista, e così la collaborazione al mensile non conforme non ebbe lunga vita. Ma non venne meno l’amicizia con Carlo, del quale, sottolinea la Colla, andava ammirata la grande eticità: egli era una persona molto rigorosa sul piano personale e fino all’ultimo rimase un lucido critico del mondialismo. Già dall’inizio degli anni ’80 (!!) Terracciano aveva portato una ventata di novità in un ambiente politico marcio e soffocato dalle logiche di partito. Precorrendo i tempi, aveva ben presente il ruolo chiave della geopolitica nella lettura e nell’interpretazione degli assetti planetari.
La lotta al mondialismo e all’americanismo imperante erano i capisaldi della sua battaglia; la forza innovatrice delle sue idee stava proprio nel mettere in discussione quelli che erano i punti fermi nell’immaginario di un certo ambiente, quasi totalmente dedito all’anticomunismo e ad un viscerale filoatlantismo. Nelle sue analisi non amava fermarsi in superficie, ma scendeva nella profondità delle questioni, metteva in dubbio certezze che sembravano radicate, grazie ad un’eccellente preparazione intellettuale che gli consentiva di leggere molto chiaramente gli eventi. Carlo non aveva né eroi né bandiere né mostri sacri; anche grazie alla sua collaborazione, “Orion” aveva storicizzato le esperienze fascista e nazionalsocialista, la qual cosa consentì alla rivista di farsi largo in ambienti cosiddetti “di sinistra” e, di contro, di essere guardata con diffidenza da ambienti cosiddetti “di destra”. Carlo era capace di rompere gli schemi: la decisione di recensire su “Orion”, assieme ad Alessandra Colla, una rivista omosessuale francese suscitò scalpore e attirò le ire di cattolici, conservatori e reazionari.
Tutte queste qualità erano combinate ad una profonda sensibilità e rispetto per la religiosità della natura, testimoniata dalle fotografie che “Orion” pubblicò nel numero monografico dedicato a Terracciano, un anno fa. Fotografie che lo ritraggono in montagna, immerso nella natura e sereno.
Terminato l’intervento della direttrice di “Orion”, è stato l’editore di “Eurasia” Claudio Mutti a prendere la parola. Il sodalizio con Terracciano, cominciato trent’anni fa, culminò il 29 maggio 2004 con la fondazione del CPE e la nascita della rivista di studi geopolitici “Eurasia”. E’ in particolare alla collaborazione di Carlo alla rivista, che Mutti dedica il suo intervento. Una collaborazione durata purtroppo per soli quattro numeri, causa la prematura scomparsa del grande militante eurasiatista. Nel primo articolo, Turchia ponte d’Eurasia, già emergono l’influenza che ebbero nella formazione del Nostro due autori come Adriano Romualdi e Julius Evola, e la conseguente rilevanza che per lui ebbe il fattore mitico. Nel suddetto articolo, infatti, l’autore fa riferimento al mito dell’origine delle dieci tribù turche e dell’esodo in Anatolia del popolo turco. Oltre ad Evola e Romualdi, Terracciano attinge in quest’articolo all’opera di Jean-Paul Roux, la cui concezione di impero appare molto vicina alla concezione imperiale eurasiatica di Terracciano. Passate in rassegna le vicende degli Ottomani, l’autore smonta brillantemente, uno per uno, i tendenziosi pretesti atlantisti atti a giustificare la contrarietà dell’“Occidente” all’ingresso di Ankara nell’Unione Europea. Ma l’alleanza dell’Europa con la Turchia, così come realizzata agli inizi del ‘900, è un’irrinunciabile condizione per chiunque abbia cuore il destino dell’Eurasia, considerata la sua enorme importanza dal punto di vista geo-strategico.
Il secondo numero di “Eurasia” è dedicato all’Islam, e nel suo articolo Il Libro, la spada, il deserto Terracciano affronta la tematica relativa alla penetrazione dell’Islam in Eurasia. L’analisi è come di consueto costellata di riferimenti mitologici e filosofici. L’articolo è teso a smentire la concezione positivista ottocentesca che considera l’Islam “religione del deserto”, in opposizione al politeismo quale “religione della foresta”. Senza addentrarsi a fondo nell’analisi di tale articolo, vale la pena di sottolineare in questa sede la profondità delle analisi di Terracciano; l’Islam, così radicato e diffuso in Eurasia, costituisce per essa una preziosissima risorsa. Siamo quindi lontani anni luce dalle volgari strumentalizzazioni atlantiste che farebbero dell’Islam una religione orientale estranea alla “cultura” democratica occidentale.
Nel terzo articolo, Europa, Russia, Eurasia: una geopolitica orizzontale, Terracciano replica ad un articolo di Dugin apparso sul primo numero; per quest’ultimo, il grande spazio euroafricano ed eurasiatico andrebbe diviso secondo tre grandi direttrici verticali. Per il Nostro, invece, è da preferirsi una geopolitica di tipo orizzontale, perché tale è la direttrice lungo la quale si articola quest’immenso spazio geopolitico, al contrario dell’America, che si sviluppa lungo linee verticali. Una visione, questa, che lega naturalmente l’Europa a Mosca, l’una necessaria all’altra affinché l’Eurasia non sia alla mercè dell’Alleanza Atlantica. Sarà quindi necessario che, per il loro bene, entrambe le entità geopolitiche mettano da parte i pregiudizi che hanno l’una nei confronti dell’altra. Se di Occidente e di Oriente si deve parlare, infatti, la linea di demarcazione che separa questi due mondi non è quella comunemente adottata – la catena montuosa degli Urali – bensì quell’immensa distesa d’acqua che è l’Oceano Atlantico: al di qua di esso, l’Eurasia della Luce e del sorgere del Sole. Al di là, il Nord America delle Tenebre e del Tramonto. I popoli latinoamericani, uniti idealmente a quelli euro-afro-asiatici nella comune lotta contro l’omologazione a stelle e strisce, non farebbero certamente parte di quest’ultimo.
Mutti giunge alla conclusione del suo intervento ricordando che l’ultimo articolo di Carlo, I Mediterranei del mondo, è anche il più breve, e ciò a causa dell’avanzare del male che lo stava pian piano divorando. Anche in questo breve ma pregnante saggio, Terracciano cita un autore che gli è molto caro, ossia Carl Schmitt; grande rilevanza ha per il Nostro, difatti, il dualismo fra terra e mare, chiave di lettura fondamentale per comprendere la geopolitica. All’interno del globo terracqueo, argomenta Terracciano, si possono distinguere tre Mediterranei, tutti e tre caratterizzati dalla presenza, al proprio centro, di un’isola di rilevanza strategica enorme per il controllo dell’area stessa; l’autore individua il Mediterraneo con al centro la Sicilia, il mare al largo della massa continentale cinese e indocinese con al centro Taiwan, e il Golfo del Messico con al centro Cuba. Questo articolo sarà l’ultimo contributo di Terracciano ad “Eurasia”.
Mutti conclude il suo intervento salutando l’amico con una punta di commozione: “Vale, amice carissime, ave atque vale”, le stesse parole che avevano salutato la fine dell’esistenza terrena di Carlo sul numero di “Eurasia” che ne aveva ospitato l’ultimo articolo.
E’ quindi la volta di Preve nel raccontare di Carlo. Quella del filosofo torinese è la storia, come egli precisa subito, di un incontro mancato. Il suo unico contatto con Terracciano, risalente a qualche settimana prima della sua scomparsa, è consistito in una telefonata di una decina di minuti, durante la quale i due si ripromisero di incontrarsi più avanti. Questo incontro, com’è noto, non è mai avvenuto. Fra i due, che si conoscevano per aver letto l’uno gli articoli dell’altro, vi era, come precisa Preve, una sorta di “accordo intellettuale”: entrambi erano schierati contro la guerra occidentalistica di civiltà. Il fatto che i due avessero una formazione politica completamente diversa e una differente concezione dell’Eurasia (imperiale l’uno, federale l’altro) non avrebbe pregiudicato, Preve ne è certo, la stima reciproca che stava venendosi a creare. Terracciano ben aveva compreso infatti la logica della collaborazione dello studioso di Marx alla rivista: una diversa “anagrafe ideologica” non avrebbe impedito ai due di collaborare attivamente: non è stato così per il sodalizio Preve-Mutti e non lo sarebbe sicuramente stato fra il filosofo torinese e l’eurasiatista toscano.
Al contrario purtroppo di molti ex-amici di Preve, i quali, venuti a conoscenza della sua collaborazione esterna ad “Eurasia”, hanno preferito evitare di “frequentarlo” ulteriormente. Si tratta di quello che Preve ha chiamato “tabù dell’impurità”: il minimo contatto, anche disinteressato e scevro da bassi calcoli di opportunismo, con personaggi appartenenti a differenti identità politiche viene bollato come tradimento, censurato, si viene tacciati di esser passati dalla parte del nemico e, dulcis in fundo, condannati alla damnatio memoriae. Questo ciò che è accaduto a Preve, che coraggiosamente ha continuato e continua a dare liberamente il suo apporto alla rivista.
Si accennava poc’anzi ad una differente “anagrafe ideologica” fra Preve e Terracciano: figlio di Spinoza, di Hegel, di Marx, della rivoluzione francese e dell’illuminismo il primo, intellettualmente più vicino alla tradizione del mito ed a Nietzsche il secondo. Nonostante queste differenze, sia Terracciano che Preve concordavano su molte cose: ad esempio, la nevrosi identitaria che ha caratterizzato la misera storia d’Italia degli ultimi sessant’anni ha fatto sì che, terminata l’esperienza storica del fascismo, il paese fosse diviso in due campi trincerati e non comunicanti tra loro, destra e sinistra; questa guerra simulata e tenuta artificiosamente in piedi per oltre cinquant’anni ha creato quell’estremismo di centro che ha soffocato – e soffoca tuttora – l’Italia.
Preve prosegue nella sua analisi e parla di un antifascismo senza fascismo e di un anticomunismo senza comunismo. Tutto questo Terracciano aveva certamente compreso, e la sua è stata, come tante altre, la tipica figura della persona tragica, ossia morta prima che potesse vedere i frutti del suo prezioso lavoro. Bisogna seguire, secondo il filosofo torinese, la strada che anche Terracciano ha tracciato: analizzare l’oggi senza farsi travolgere dalla barbarie che travolge il presente, quel politicamente corretto che intorpidisce le menti.
Nella conclusione, spazio per un sentito ed affettuoso ricordo di Carlo da parte di Salvatore Francia, che ha ricordato il suo ultimo incontro con Terracciano e il momento in cui Telesur, la prestigiosa emittente sudamericana, gli comunicò che avrebbe trasmesso la registrazione della conferenza veronese di Carlo.
Durante la preparazione della cena è stato poi proiettato il video della conferenza suddetta: Acqua e petrolio, le guerre del nuovo millennio.
Il momento conviviale è stata la degna conclusione di un’intensa e significativa serata; i presenti, prima di consumare il lauto pasto preparato per loro nelle cucine dell’“Asso di Bastoni”, hanno dedicato un brindisi alla memoria del grande Carlo Terracciano.
Torino, 14 ottobre 2006
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