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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla


  2. #12
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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    7 MAGGIO 2012

    SANTO STANISLAO
    VESCOVO E MARTIRE

    L'XI secolo, secolo di lotte per il sacerdozio contro la barbarie, fa salire oggi un nuovo martire a Gesù risuscitato. È Stanislao, che la Polonia pone nei primi ranghi dei suoi difensori. Lo immolò all'altare un principe cristiano, a cui egli rimproverava i vizi; il sangue del Pontefice si mescolò a quello del Redentore in un medesimo Sacrificio. Quale forza invincibile in questi agnelli che ha mandato in mezzo ai lupi (Mt 10,16)! D'un tratto il leone si rivela in essi, come si dimostrò nel divin Risorto. Non vi è un secolo che non abbia avuto i suoi martiri, gli uni per la fede, gli altri per l'unità della Chiesa; altri ancora per la sua libertà, per la giustizia, per la carità, per la conservazione della santità nei costumi, come santo Stanislao. Il XIX secolo pure ha veduto i suoi martiri: essi furono numerosi nell'estremo Oriente; il XX sarà forse chiamato a vederne in Europa? Dio lo sa. Il penultimo secolo, al suo inizio, non sembrava affatto destinato a fornire la messe abbondante che produsse il vasto campo della Francia cattolica. Qualunque cosa avvenga, siamo pur certi che lo Spirito di forza non mancherà agli atleti della verità. Il martirio è uno dei caratteri della Chiesa, e non le è mancato in nessuna epoca. Gli Apostoli, che in questo momento circondano Gesù risorto, hanno, uno dopo l'altro, bevuto il calice appresso a lui; e noi ammiravamo ieri come il discepolo prediletto entrò anch'egli nella via preparata a tutti.

    VITA. - Stanislao nacque nei pressi di Cracovia, nel 1030. La sua giovinezza trascorse nell'innocenza ed in una grande pietà. Dopo aver fatto i suoi studi a Gnesen ed a Parigi, distribuì ai poveri la fortuna che i suoi genitori gli avevano lasciato, morendo. Ordinato Sacerdote, la sua influenza fu considerevole, grazie alla santità della vita ed alla forza dei suoi insegnamenti. Nonostante la sua riluttanza, dovette accettare di divenire vescovo di Cracovia nel 1072. Si distinse allora per lo spendere di tutte le virtù pastorali e per la carità verso i poveri. La franchezza nel rimproverare a Boleslao i suoi disordini e la sua crudeltà gli attirarono l'odio di quel principe, che osò assassinarlo ai piedi dell'altare, 1'8 maggio del 1253.

    Forza cristiana.

    Tu fosti potente in opere ed in parole, Stanislao! Dio, come ricompensa, ti dette la corona dei suoi martiri. Dal seno della gloria dove gioisci, domanda al Signore il dono della forza che brillò in te e di cui noi abbiamo tanto bisogno per vincere gli ostacoli che intralciano il nostro cammino. Il nostro condottiero risuscitato non vuole al suo seguito che valorosi soldati. Il regno in cui sta per entrare, lo conquistò d'assalto, e ci avverte che, se pretendiamo di seguirvelo, dobbiamo disporci a farci violenza. Fortificaci, soldato del Dio vivente; sia che dobbiamo sostenere la lotta per la fede o l'unità della Chiesa, sia che la battaglia debba svolgersi contro i nemici invisibili della nostra salvezza. Pastore buono, che non hai né indietreggiato né tremato di fronte al lupo, ottienici dei pastori simili a te. Sostieni la santa Chiesa, che è esposta ai nemici su tutta la terra. Converti i suoi persecutori, come convertisti Boleslao, che ti assassinò, ma che ritrovò la salvezza nel tuo sangue. Ricordati della tua amata Polonia, che ti onora con un culto così fervoroso. Non è ora che riprenda il suo posto tra le nazioni? Nelle sue prove, essa ha conservato il vincolo sacro della fede e dell'unità cattolica, è stata paziente e fedele; supplica Gesù di avere pietà di essa, di ricompensare la sua pazienza e la sua fedeltà. Che si degni di farle prendere parte alla sua risurrezione; quel giorno sarà di gioia per tutte le Chiese che esistono sotto il cielo, poiché essa è loro sorella; e, se rivivrà, canteremo ovunque al Signore un cantico nuovo.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 619-620

    Ultima modifica di Guelfo Nero; 07-05-12 alle 00:33

  3. #13
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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    7 maggio 2012: Ottava di Santa Caterina da Siena, vergine e patrona d'Italia e delle isole adiacenti

    Ultima modifica di Guelfo Nero; 07-05-12 alle 00:33

  4. #14
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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    8 MAGGIO 2012

    APPARIZIONE
    DI SAN MICHELE ARCANGELO

    Gli Angeli nel Vangelo.

    Il Salmista aveva predetto che l'arrivo dell'Emmanuele in questo mondo sarebbe stato salutato dai santi Angeli, che l'avrebbero umilmente adorato nel momento in cui avrebbe manifestato la sua presenza in mezzo agli uomini (Sal 96,8; Ebr 1,6).

    Noi vedemmo compiersi quest'oracolo nella notte di Natale. Il concento angelico attirò i pastori alla grotta, ove li accompagnammo per offrire i nostri omaggi al Dio Bambino. Nel trionfo della risurrezione, l'Emmanuele non poteva mancare di essere circondato da questi spiriti beati che l'avevano seguito con rispetto nelle umiliazioni ed i dolori della sua passione. Appena superata la barriera che lo tiene prigioniero nel sepolcro, un Angelo, il cui volto sfavilla e le cui vesti sono risplendenti come la neve, viene a rovesciare la pietra che chiude l'ingresso della tomba e ad annunciare alle pie donne che, colui che cercano, è risuscitato. Quando esse penetrano nell'antro del sepolcro, due Angeli, vestiti di bianco, si presentano ai loro sguardi e confermano la buona novella. Rendiamo omaggio a questi augusti messaggeri della nostra liberazione, e contempliamoli con rispetto mentre circondano Gesù durante il suo soggiorno sulla terra. Essi adorano questa umanità glorificata, che vedranno presto ascendere al più alto dei cieli e prendere posto alla destra del Padre. Si rallegrano con noi in questa festa di Pasqua, per mezzo della quale, nel nostro Salvatore risorto, ci è resa l'immortalità; come san Gregorio c'insegna [1]: "Questa Pasqua diviene anche la festa degli Angeli; poiché, allo stesso tempo che ci riapre il cielo, annuncia loro che le perdite che hanno subito nelle loro schiere, saranno colmate". È dunque giusto che il Tempo pasquale consacri una solennità al culto degli Spiriti Angelici. Poco prima dell'Annunciazione di Maria, festeggiammo Gabriele; oggi riceve i nostri omaggi l'Arcangelo Michele, il principe della milizia celeste. Egli stesso ne fissò questo giorno, apparendo agli uomini, e lasciando un pegno della sua presenza e della sua protezione.

    Il nome e la missione dell'Arcangelo.

    Anche il solo nome di Michele lo designa alla nostra ammirazione: è un grido di entusiasmo e di fedeltà. "Chi è simile a Dio?" così si chiama l'Arcangelo. Satana, dal fondo dell'inferno, freme ancora a tale nome, che gli ricorda la protesta con la quale questo Spirito accolse il tentativo di rivolta degli Angeli infedeli. Michele ebbe le sue prove nell'armata del Signore, e per questa ragione gli fu affidata la guardia e la difesa del popolo di Dio, fino al giorno in cui l'eredità della sinagoga ripudiata passò alla Chiesa cristiana. Adesso è il custode e il protettore della Sposa del suo Maestro, la nostra madre comune. Il suo braccio veglia su di essa; la sostiene, la risolleva nelle sue prove, ne condivide tutti i trionfi.

    Ma non crediamo che il santo Arcangelo, incaricato dei più vasti e più elevati interessi per la conservazione dell'opera di Cristo, ne sia talmente sovraccaricato da non poter mantenere un orecchio aperto alla preghiera di ognuno dei membri della santa Chiesa. Dio gli ha dato verso di noi un cuore che compatisce e non una delle anime nostre sfugge alla sua azione. Egli possiede la spada per la difesa della Sposa di Cristo; si oppone al dragone sempre pronto a lanciarsi contro la Donna ed il suo frutto (Ap 12,13); ma, nello stesso tempo, si degna di prestarci attenzione quando ognuno di noi, dopo di avere confessati i propri peccati al Dio onnipotente, alla Beata Vergine Maria, li accusa anche davanti a lui, Michele Arcangelo, e gli domanda il favore della sua intercessione presso il Signore.

    Il suo occhio vigila, su tutta la terra, presso il letto dei moribondi; poiché è suo incarico particolare di raccogliere le anime elette quando escono dal loro corpo.

    Con tenera sollecitudine ed incomparabile maestà, egli le presenta alla luce eterna e le introduce nel soggiorno di gloria. È la santa Chiesa stessa che, nei testi della Liturgia, ci istruisce su queste prerogative del grande Arcangelo. Ci insegna che è stato preposto al Paradiso, e che Dio gli ha affidato le anime sante per condurle nella regione della felicità senza fine. Nell'ultimo giorno del mondo, quando Cristo comparirà sulle nubi del cielo per giudicare il genere umano, Michele dovrà compiere un ministero formidabile, eseguendo con gli altri Angeli, la separazione degli eletti e dei reprobi, che avranno ripreso i loro corpi nella Risurrezione generale. Nel medio evo i nostri padri amavano raffigurare l'opera del santo Arcangelo in quel momento terribile, presentandolo ai piedi del trono del giudice supremo, nell'atto di tenere una bilancia sulla quale pesa le anime con le loro opere.

    Il culto dell'Arcangelo.

    Il culto di un così potente ministro di Dio, di un così vigile protettore degli uomini doveva propagarsi nella cristianità, soprattutto dopo la disfatta dei falsi dèi, quando non si ebbe più a temere che gli uomini fossero tentati di rendergli onori divini. Costantino elevò in suo nome un celebre santuario che si chiamò Michaélion e che sorse nei pressi della sua nuova capitale. All'epoca in cui Costantinopoli cadde nel potere dei Turchi, non vi si contavano meno di quindici Chiese consacrate al nome di san Michele, sia entro le mura della città, sia nei sobborghi. Nel resto della cristianità questa devozione si accrebbe grado a grado; e fu per mezzo delle stesse manifestazioni del Beato Arcangelo, che i fedeli vennero invitati a ricorrete a Lui. Queste manifestazioni erano locali; ma Dio, che fa scaturire grandi effetti da cose piccole, se ne servì per svegliare nei Cristiani, a poco a poco, il sentimento della fiducia verso il loro celeste protettore.

    Le Apparizioni.

    I Greci celebrano l'apparizione che ebbe luogo nella Frigia, a Chone, nome che ha rimpiazzato quello di Colossi. Esisteva in questa Città una Chiesa eretta in onore di san Michele, ed essa era frequentata da una pia persona che si chiamava Arcipe, e che i Pagani perseguitavano furiosamente. Nell'intento di disfarsi di lui, allentarono la chiusa di un corso d'acqua che venne ad unirsi al Lico, minacciando di far crollare la Chiesa di san Michele, dove Arcipe stava in preghiera. Ma, improvvisamente, il Beato Arcangelo apparve, tenendo in mano una verga; di fronte alla sua presenza l'inondazione arretrò, e le acque, ingrossate dall'affluente che la malizia dei pagani aveva scatenato, andarono a perdersi nell'abisso in cui il Lico sprofonda e sparisce presso Colossi. La data di questo prodigio non è sicura; si sa solamente che ebbe luogo in un'epoca in cui i pagani erano ancora abbastanza numerosi a Colossi, per dare preoccupazione ai Cristiani. Un'altra apparizione fu destinata ad accrescere la devozione a san Michele tra il popolo italiano, ed ebbe luogo sul monte Gargano, nelle Puglie: è quella che noi festeggiamo oggi. Una terza ebbe luogo in Francia, sulle coste della Normandia, sul monte Tomba. Si celebra il sedici Ottobre. La festa odierna non è quella più solenne delle due che ogni anno la Chiesa consacra a san Michele; quella del ventinove settembre è di grado superiore, ma meno personale per il Beato Arcangelo, poiché vi si onorano nel medesimo tempo tutti i cori della gerarchia angelica.

    L'apparizione sul monte Gargano.

    Questa apparizione si crede abbia avuto luogo sotto il pontificato di Gelasio I, in Puglia, sulla cima del Gargano, ai piedi del quale è situata la città di Siponte.

    Secondo la tradizione, un toro si era impigliato nella boscaglia, all'ingresso di una caverna. Un uomo che lo inseguiva, scoccò una freccia su di esso; ma questa si girò, tornò sopra di lui e lo ferì. Un religioso terrore s'impossessò allora delle persone che erano andate all'inseguimento dell'animale, di modo che nessuno osava più avvicinarlo. Consultato il Vescovo di Siponte, rispose che si doveva interrogare Iddio per mezzo della preghiera e di un digiuno di tre giorni, alla fine del quale l'Arcangelo san Michele lo avvertì che il luogo dove si trovava quell'animale era sotto la sua protezione, e che voleva che esso si consacrasse al culto divino, in suo onore e degli Angeli. Una processione si recò alla caverna. Videro allora che essa era disposta in forma di Chiesa, vi si celebrò il santo Sacrificio, ed il luogo divenne celebre per i miracoli che vi si produssero.

    Lode.

    Come sei bello, Arcangelo san Michele, mentre rendi gloria al Signore, di cui hai umiliato il nemico! Il tuo sguardo si volge verso il trono di Dio, del quale hai sostenuto i diritti e che ti ha dato la vittoria. Il tuo grido: "Chi è simile a Dio?", ha elettrizzato le legioni fedeli, ed è divenuto il nome tuo e la tua corona. Esso ci ricorderà per sempre, nell'eternità, la tua fedeltà ed il tuo trionfo sul drago. Ma nell'attesa noi riposiamo sotto la tua custodia, siamo i tuoi fortunati protetti.

    Protettore della Chiesa.

    Angelo custode della santa Chiesa, è venuto il momento di spiegare tutto il vigore del tuo braccio. Satana, nel suo furore, minaccia la Sposa del Maestro: fa brillare il lampo della tua spada, e piomba addosso a questo implacabile nemico ed alla sua orribile corte. Il regno di Cristo è scosso fino alle sue fondamenta. Ma se la terra deve vivere ancora, se i destini della Chiesa non sono ancora compiuti, non è il momento, o potente Arcangelo, che tu faccia sentire al demonio che non si oltraggia impunemente su questa stessa terra colui che l'ha creata, che l'ha riscattata, e che ha il nome di Re dei re, di Signore dei signori? Il torrente degli errori e del male non cessa di trascinare verso l'abisso questa generazione sedotta: salvala, dissipando gli oscuri complotti di cui essa è vittima.

    ...e della buona morte.

    Tu, o Michele, sei il protettore delle anime nostre al momento del passaggio dal tempo all'eternità. Durante la nostra vita, il tuo occhio ci segue, il tuo orecchio ci ascolta. Noi ti amiamo, Principe immortale, e viviamo felici e fiduciosi all'ombra delle tue ali. Ben presto verrà il giorno in cui, in presenza dei nostri resti inanimati, la santa Chiesa, madre nostra, domanderà per noi, al Signore, che veniamo strappati dalle fauci del leone infernale e che le tue mani potenti ci ricevano e ci presentino alla luce eterna. Aspettando quel momento solenne, veglia sui tuoi protetti, o Arcangelo! Il dragone ci minaccia, vorrebbe divorarci. Insegnaci a ripetere con te: "Chi è simile a Dio?". L'onore suo, il sentimento dei suoi diritti, l'obbligo di restargli fedeli e di servirlo, di confessarlo in ogni tempo e in ogni luogo formano lo scudo della nostra debolezza, l'armatura sotto la quale noi pure vinceremo, come tu vincesti.

    Ma ci occorre qualcosa di questo coraggio che tu attingesti all'amore di cui eri ricolmo. Fa', dunque, che amiamo il tuo e nostro Signore, poiché solamente allora saremo invincibili come te.

    Satana non sa resistere alla creatura che è affascinata dall'amor di Dio e fugge vergognosamente. Il Signore ti aveva creato, o Michele, e tu hai amato in lui il tuo Creatore; noi, non ci ha solamente creati, ma ci ha riscattati nel suo sangue; quale deve essere dunque il nostro amore per lui? Fortificalo nel nostro cuore e poiché combattiamo nella tua milizia, dirigici, infiammaci, sostienici col tuo sguardo, e para i colpi del nemico. Tu sarai presente, lo speriamo, alla nostra ultima ora, vessillifero della salvezza! In cambio della nostra devozione per te, degnati di montar la guardia presso il nostro giaciglio e ricoprirlo del tuo scudo. Non abbandonare l'anima nostra, beato Arcangelo, quando essa si serrerà presso di te; conducila ai piedi del tribunale di Dio, ricoprila con le tue ali, rassicurala nei suoi terrori. Si degni il Signore, tuo padrone, di ordinarti di trasportarla prontamente nella regione delle gioie eterne!



    [1] Mattutino di Pasqua, 2ª lezione dell'omelia.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 621-626

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  5. #15
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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    9 MAGGIO 2012

    SAN GREGORIO NAZIANZENO,
    VESCOVO, Confessore E DOTTORE

    A fianco di Atanasio, si presenta un nuovo Dottore della Chiesa per rendere omaggio del suo genio e della sua eloquenza a Gesù risorto. È Gregorio Nazianzeno, amico ed emulo di Basilio; l'oratore insigne, il poeta che, con la più sorprendente fecondità, ha saputo unire l'energia all'eleganza; colui che, tra tutti gli altri Gregori, ha meritato ed ottenuto il nome di Teologo per la sicurezza della sua dottrina, l'elevatezza del suo pensiero, lo splendore del suo stile. La santa Chiesa è felice di festeggiarlo in questi giorni, poiché nessuno ha parlato, con maggior magnificenza di lui, del mistero della Pasqua. Possiamo riconoscerlo anche dal principio del suo secondo discorso per questa augusta solennità. Ascoltiamo:

    Il predicatore della Pasqua.

    "Io me ne starò in osservazione come la sentinella ci dice il Profeta Abacuc; ed oggi, seguendo il suo esempio, illuminato dallo Spirito Santo, faccio anch'io la guardia, osservo lo spettacolo che mi si presenta, ascolto le parole che stanno per risuonare. E, mentre pensieroso sono in piedi, io vedo assiso sulle nubi un personaggio, le cui fattezze sono quelle di un Angelo, e la cui veste è abbagliante come il baleno. La sua voce risuona quale tromba, le schiere incalzanti dell'armata celeste lo circondano; ed egli dice: 'questo giorno è quello della salvezza per il mondo visibile e per il mondo invisibile. Il Cristo si alza di tra i morti, anche voi alzatevi. Cristo riprende possesso di se stesso: imitatelo. Cristo si alza dal sepolcro: strappatevi dai vincoli del peccato. Le porte dell'inferno sono aperte, la morte è schiacciata, il vecchio Adamo è annientato, ed un altro gli è sostituito; voi che fate parte della nuova creazione in Cristo, siate rinnovellati'.

    È così che egli parlava, e gli altri angeli ripetevano ciò che avevano cantato nel giorno in cui Cristo ci apparve nella sua nascita terrena: Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini di buona volontà! A me ora di parlare di tutte queste meraviglie: perchè non ho la voce degli Angeli, una voce capace di risuonare sino ai confini della terra?!

    La Pasqua del Signore! La Pasqua! Ancora la Pasqua per l'onore della Trinità! E la festa delle feste, la solennità delle solennità, che sovrasta tutte le altre, come il sole sulle stelle. Quanto grande fu anche la giornata di ieri, con le sue vesti bianche ed i suoi numerosi neofiti che recavan le fiaccole! Noi avevamo doppia funzione pubblica e privata; tutte le classi dí uomini, dei magistrati, e dei dignitari, in gran numero in questa notte illuminata da mille fuochi; ma oggi queste allegrezze e questi splendori quanto sono sorpassati! Ieri non era che l'aurora della grande luce che si è levata oggi; la gioia che sentivamo non era che il preludio di quella che si prova nell'attuale momento; poiché questo è il giorno della Risurrezione stessa che noi celebriamo, ma compiuta ed estesa al mondo intiero" [1].

    Il contemplativo.

    Così parlava l'oratore, che per brevissimo tempo occupò la sede di Costantinopoli. Uomo solitario e contemplativo, le agitazioni del secolo presto logorarono il suo coraggio; la bassezza e la cattiveria degli uomini infransero il suo cuore; e, lasciando ad un altro il pericoloso onore di occupare un trono tanto conteso, se ne ritornò alla sua amata solitudine ove tanto gli piaceva gustare Dio e le sacre lettere. Nel suo rapido passaggio, aveva potuto, nonostante molte traversie, consolidare per lungo tempo la fede scossa nella capitale dell'impero, e tracciare un solco di luce che non s'era ancora cancellato quando Giovanni Crisostomo venne ad assidersi su quella cattedra di Bisanzio, ove, a sua volta, lo attendevano tante prove.

    VITA. - Gregorio nacque a Nazianzio, in Cappadocia, tra il 325 ed il 330. Andò a studiare ad Atene in compagnia dell'amico san Basilio e, con lui, s'applicò ad approfondire la sacra Scrittura. Dopo aver passato qualche tempo nella solitudine, divenne Vescovo di Sasimo, poi di Nazianzio, nel 372, e finalmente di Costantinopoli, nel 381, dove sua prima cura fu di combattere l'eresia e riportare molte anime alla purezza della fede cattolica. Ma ben presto, essendosi sollevata una persecuzione contro di lui, rinunciò all'episcopato, tornò a Nazianzio, e si dedicò tutto alla contemplazione delle cose divine e alle composizioni di opere teologiche. Fu il saldo difensore della consustanzialità del Figlio di Dio. Dopo alcuni anni di raccoglimento e di studio, si addormentò nella pace del Signore, verso l'anno 390.

    Il dono della fede.

    Ti salutiamo o immortale Dottore, tu a cui l'Oriente e l'Occidente hanno decretato il titolo di Teologo per eccellenza! Illuminato dal raggio della gloriosa Trinità, ce ne hai manifestato gli splendori, per quanto è possibile ai nostri occhi di intravvederlo in questa vita. In te si è avverata questa parola: Beati i puri di cuore perché vedranno Iddio (Mt 5,8). La purezza della tua anima t'aveva preparato a ricevere la luce divina, e la tua penna ispirata ha saputo rendere una parte di quello che il tuo spirito aveva gustato. Ottienici, o grande Dottore, il dono della fede che mette la creatura in comunicazione con Dio, e il dono dell'intelletto, che le fa capire ciò che essa crede. Tutte le tue opere ebbero lo scopo di premunire i fedeli contro le seduzioni dell'eresia, facendo risplendere ai loro occhi i dogmi divini nella loro totale magnificenza. Rendici attenti, affinché evitiamo gli agguati dell'errore, e apri il nostro occhio alla luce ineffabile dei misteri, a quella luce che, secondo san Pietro, è per noi come una lucerna che risplende in luogo oscuro, fino a che non spunti il giorno e la stella del mattino non sorga nei nostri cuori (2Pt 1,19).

    L' Unità della fede.

    In questi tempi in cui l'Oriente, da un pezzo in preda alla triste immobilità dell'errore secolare e della servitù, sembra essere alla vigilia di una crisi che dovrà modificare profondamente il suo destino, mentre una politica profana pensa a sfruttare a profitto dell'umana ambizione i cambiamenti che si preparano, ricordati, o Gregorio, della disgraziata Bisanzio. Può darsi che domani essa verrà disputata, come una preda, dalle potenze del mondo. Tu che per un momento fosti il suo Pastore, tu, il cui ricordo non è ancora cancellato dalla sua memoria, strappala allo spirito dello scisma e dell'errore. Essa non cadde sotto il giogo degli infedeli che per punizione della sua rivolta contro il vicario di Cristo.

    Ben presto questo giogo sarà spezzato: ottieni che nel medesimo tempo si spezzi e venga annientato per sempre quello dell'errore e dello scisma, anche più pericoloso ed umiliante. Si manifesta già un movimento di ritorno: intere province si scuotono e sembrano voler gettare uno sguardo di speranza verso la madre comune delle Chiese, che apre loro le braccia. Dall'alto dei cicli, aiuta questa riconciliazione. L'Oriente e l'Occidente ti onorano come uno degli inni più sublimi della verità divina; per mezzo delle tue preghiere ottienici che esse vengano ancora una volta riunite nello stesso ovile, sotto il medesimo Pastore, prima che l'Agnello, immolato e risuscitato, ridiscenda dal cielo per separare la zizzania dal buon grano, per condurre con lui nella sua gloria la Chiesa sua Sposa e nostra madre, all'infuori della quale non vi è salvezza.

    La grazia Pasquale.

    Aiutaci, in questi giorni, a contemplare gli splendori del nostro divin Risorto; fa' che trasaliamo di santo entusiasmo in questa Pasqua che ti inondava delle sue gioie, e ti ispirava i sublimi accenti che poc'anzi abbiamo ascoltato. Questo Cristo, uscito trionfante dalla tomba, tu l'hai amato fino dai più teneri anni e nella tua vecchiaia ti faceva ancora battere il cuore. Prega affinché pure noi gli restiamo fedeli, affinché i suoi misteri rapiscano ognora le anime nostre; che questa Pasqua dimori sempre in noi, che il rinnovamento che essa ci ha portato perseveri nella nostra vita; e che nei suoi successivi ritorni possa ritrovarci attenti e vigilanti per festeggiarla con ardore sempre nuovo, fino a che la Pasqua eterna ci accolga e dia le sue allegrezze senza fine.



    [1] 2° Discorso sulla Pasqua



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 626-629

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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    10 MAGGIO 2012

    SANT' ANTONINO, VESCOVO E CONFESSORE



    L'ordine dei Frati predicatori che ha già presentato a Gesù trionfante Pietro martire e santa Caterina da Siena, gli offre, oggi, uno dei numerosi Vescovi che ha nutrito e preparato nel suo seno. Nel XV secolo, epoca in cui la santità era cosa rara sulla terra, Antonino fece rivivere nella sua persona tutte le virtù che avevano brillato nei primi grandi Vescovi dei tempi antichi. Il suo zelo apostolico, le sue opere di carità, l'austerità della sua vita, formano la gloria della Chiesa di Firenze che fu affidata alle sue cure. Lo stato politico di questa città non gli dovette minor gratitudine per quanto fece per la sua grandezza e prosperità, e Cosimo dei Medici, che onorava il suo Arcivescovo come un Padre, confessò più di una volta che i meriti e i servigi di Antonino erano il punto di appoggio più solido di Firenze. Il Santo prelato non si rese meno illustre per la dottrina che per le opere. Lo si vide, di volta in volta, difendere il Papato attaccato nel concilio di Basilea da prelati sediziosi, e sostenere il dogma cattolico nel concilio ecumenico di Firenze contro i fautori dello scisma greco. Ammiriamo la fecondità della Chiesa che mai non cessò di produrre, secondo i tempi, dottori per tutte le verità, avversari contro tutti gli errori.

    VITA. - Antonino nacque a Firenze nel 1389. All'età di sedici anni entrò nell'ordine domenicano, dove si fece subito notare per amore allo studio, austerità, e soprattutto per una ardente pietà. Divenuto priore all'età di ventinove anni, si adoperò a mantenere ed a propagare la riforma introdotta da Santa Caterina da Siena e poi da Giovanni Dominici. Nel 1446 Eugenio IV lo nominò vescovo di Firenze. Non volle cambiare in nulla il suo tenore di vita, e restò fedele alla povertà e all'austerità. Di una carità senza limiti, veniva in soccorso di tutte le indigenze nelle calamità pubbliche. Si sforzò di riformare il suo clero, e scrisse una Somma di Teologia morale per venire in aiuto ai confessori ed ai predicatori. Infine, minato dalla malattia, s'addormentò nel Signore il 2 maggio 1459. Clemente VII lo canonizzò nel 1525.

    Preghiera.

    Noi glorifichiamo Gesù risorto, o Antonino, per i doni che ti ha elargito. Affidandoti una porzione del suo gregge, aveva dotato l'anima tua delle qualità che formano pastori secondo il suo cuore. Ben sapendo che poteva contare sul tuo amore, affidò i suoi agnelli alle tue cure. In un secolo che, per i suoi disordini, faceva già presagire gli scandali di quello seguente, tu brillasti della luce più pura sul candelabro della santa Chiesa. Firenze resta fedele alla tua memoria; tra le sue mura fosti l'uomo di Dio ed il padre della patria. Aiutala anche oggi dall'alto del cielo. I propagatori dell'eresia non stanno più solo alle porte: sono entrati tra le tue mura. Veglia, Vescovo santo, su quel campo seminato dalle tue mani, e non permettere che la zizzania vi metta radici. Difensore della Cattedra Apostolica, suscita in tutta l'Italia, emuli tuoi per zelo e dottrina.

    Nella tua augusta basilica, sotto la sua cupola imponente, gli occhi tuoi videro la riunione della Chiesa bizantina alla Chiesa madre e maestra; la tua scienza, la tua carità avevano avuto la loro parte in questa solenne riconciliazione che doveva, purtroppo, durare così poco.

    Prega, Antonino, per i figli di coloro che furono infedeli alla promessa suggellata sullo stesso altare, ove le tue mani offersero tante volte il divin Sacrificio dell'unità e della pace.

    Discepolo del grande Domenico, erede del suo zelo ardente, sostieni l'Ordine santo che egli fondò, e del quale sei una delle glorie principali. Dimostra che l'ami ancora; moltiplica i suoi germogli, e fa' che fioriscano e fruttifichino come nei tempi passati. Ricordati pure, Vescovo santo, del popolo cristiano che t'implora in questi giorni. Ogni anno la tua eloquente parola annunciava la Pasqua ai fedeli di Firenze e li invitava a prendere parte alla Risurrezione del nostro Capo divino. La stessa Pasqua, la Pasqua immortale, è venuta nuovamente a splendere su di noi. L'abbiamo celebrata, la celebriamo ancora; ottienici che i suoi frutti siano duraturi per noi; che Gesù risuscitato, che ci ha dato la vita, la conservi nelle anime nostre, per mezzo della grazia, fino all'eternità.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 629-631

    Ultima modifica di Guelfo Nero; 12-05-12 alle 03:23

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    10 maggio 2012

    Gordiano, Epimaco e Marina, santi, martiri di Roma, loro reliquie insigni sono, presso l’altare del Presepe, nella basilica Lateranense. Epimaco e Gordiano erano venerati già nel V secolo in una chiesa sulla Via Latina a loro intitolata, mentre nulla si conosce di Marina, moglie di Gordiano. Reliquie insigni di Epimaco e Gordiano sono anche sotto l’altare maggiore di S. Cesareo (P. Lugano). Gli Acta SS. Maii II riportano una donazione di loro reliquie, fatta da Adriano I nel 774, alla regina Ildegarda di Germania.
    M.R.: 10 maggio - A Roma, sulla via Latina, il natale dei santi Martiri Gordiano ed Epimaco. Il primo, per la confessione del nome di Cristo, al tempo di Giuliano l'Apostata, lungamente battuto con flagelli piombati e da ultimo decapitato, fu sepolto di notte dai Cristiani sulla stessa via nella cripta, in cui poco prima erano state trasportate le reliquie del beato Epimaco Martire, da Alessandria, dove egli, per la fede di Cristo, aveva compiuto il martirio il 12 dicembre.

    [ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]

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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    11 maggio 2012: Feria della V settimana dopo Pasqua

  9. #19
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    Predefinito re: 31 maggio 2012: Santa Maria Regina - Santa Petronilla

    12 maggio 2012: Ss. Nereo e Achilleo, martiri, e Domitilla, vergine e martire. San Pancrazio martire

    A Roma, nella via Ardeatina, i santi Martiri Nereo ed Achilleo fratelli, i quali prima con Flavia Domitilla, di cui erano eunuchi, soffrirono per Cristo un lungo esilio nell'isola Ponza; di poi furono tormentati con gravissime battiture; quindi, essendo da Minuzio Rufo Consolare coll'eculeo e con le fiamme stimolati a sacrificare agli idoli, e rispondendo che, battezzati dal beato Pietro Apostolo, non potevano in verun modo acconsentire, furono decapitati. Le loro sacre reliquie, ed insieme quelle di Flavia Domitilla, dalla Diaconia di sant'Adriano, furono solennemente trasferite nel giorno precedente al loro antico Titolo di nuovo restaurato, dove una volta riposte si conservavano, per ordine del Papa Clemente ottavo; il quale poscia stabilì che oggi si celebrasse pure la festa della stessa beata Domitilla Vergine, la cui passione si commemora ai sette di questo mese.

    Similmente a Roma, nella via Aurelia, san Pancrazio Martire, il quale essendo nell'età di quattordici anni, sotto Diocleziano, con la decapitazione compì il martirio.


  10. #20
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    Predefinito Re: 12 maggio 2012: Ss. Nereo e Achilleo, mm., e Domitilla, v. e m. - S. Pancrazio, m

    13 maggio 2012: QUINTA DOMENICA DOPO PASQUA



    La quinta domenica dopo Pasqua nella Chiesa Greca è chiamata domenica del cieco nato, perché vi si legge il racconto del Vangelo in cui è riportata la guarigione di quel cieco. La chiamano pure domenica dell'Episozomene, che è uno dei nomi con cui i Greci designano il mistero dell'Ascensione, la cui solennità, da loro come da noi, interrompe il corso di questa settimana liturgica.



    EPISTOLA (Gc 1,22-27). - Carissimi; Mettete in pratica la parola, non l'ascoltate soltanto, ingannando voi stessi; perché, se uno ascolta la parola e non la mette in pratica è simile ad un uomo che considera il nativo suo volto in uno specchio e, appena s'è mirato, se ne va e dimentica subito qual fosse. Chi invece considera la legge perfetta di libertà e persevererà in essa, non come chi ascolta e dimentica, ma come chi mette in pratica, egli sarà beato nel suo operare. Se uno crede di essere religioso senza frenare la propria lingua, seduce il proprio cuore, e la sua religione è vana. La religione pura e immacolata presso Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro tribolazioni e conservarsi puro da questo mondo.

    Gli obblighi della nostra nuova vita.

    Il Santo Apostolo, del quale abbiamo or ora ascoltato i consigli, aveva ricevuto gl'insegnamenti dallo stesso Salvatore risorto; non dobbiamo quindi essere meravigliati del tono di autorità col quale ci parla. Gesù si era degnato anche di accordargli una delle sue particolari manifestazioni: ciò che ci dimostra l'affetto di cui onorava questo Apostolo, al quale lo legavano vincoli di sangue per parte di sua Madre, che pure si chiamava Maria. Abbiamo visto questa santa donna recarsi al sepolcro, con Salome sua sorella e la Maddalena. Giacomo il Minore è veramente l'Apostolo del Tempo pasquale, là dove tutto ci parla della vita nuova che dobbiamo condurre con Cristo risuscitato. È l'Apostolo delle opere, ed è lui che ci ha trasmesso quella massima fondamentale del cristianesimo con la quale c'insegna che, se la fede è prima di ogni altra cosa necessaria al cristiano, questa virtù, senza le opere, rimane una fede morta, che non potrebbe salvarlo.

    Egli oggi insiste sull'obbligo che abbiamo di coltivare in noi stessi lo studio della verità che una volta abbiamo compreso, e di tenerci in guardia contro quella dimenticanza colpevole che causa tanti danni nelle anime imprudenti. Tra coloro nei quali si è compiuto il mistero pasquale, vi saranno alcuni che non persevereranno; e capiterà loro questa disgrazia perché si abbandoneranno al mondo invece di usarlo come se non l'usassero (1Cor 7,31). Ricordiamoci sempre che dobbiamo camminare in una nuova vita, imitando quella di Gesù risorto che non può più morire.



    VANGELO (Gv 16,23-30). - In quel tempo: Gesù disse ai suoi discepoli: in verità in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio ve lo concederà. Fino ad ora non avete chiesto nulla in nome mio: chiedete ed otterrete, affinché la vostra gioia sia piena. Queste cose io v'ho dette per vie di paragoni. Ma sta per venire l'ora in cui non vi parlerò più in paragoni; ma apertamente vi darò conoscenza del Padre. In quel giorno chiederete in nome mio, e non vi dico che io pregherò il Padre per voi: perché il Padre stesso vi ama, avendo voi amato me e creduto che io sia uscito dal Padre.

    Partito dal Padre son venuto nel mondo, or lascio il mondo e torno al Padre. Gli dissero i suoi discepoli; ora si che parli chiaro e non usi nessun paragone. Ora conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che alcuno t'interroghi, e per questo crediamo che sei venuto da Dio.



    L'addio di Cristo.

    Quando il Salvatore nell'ultima Cena annunciò agli Apostoli la sua prossima dipartita, essi erano ancora ben lungi dal comprendere tutto ciò che volesse dire. La loro fede si limitava a credere che egli era "venuto da Dio". Era una fede assai debole, e durò ben poco. Ma nei giorni attuali, stretti al Maestro risorto, illuminati dalla sua parola, essi sanno meglio chi sia. Il momento è venuto in cui egli "non parla loro più con parabole"; abbiamo visto quali insegnamenti ha dato loro, come li prepara a divenire i dottori del mondo. E adesso possono dirgli: "o Maestro, voi siete veramente venuto da Dio". Ma è proprio per questo che ora comprendono meglio la perdita che li minaccia; sentono il vuoto immenso che provocherà la sua assenza. Gesù comincia a raccogliere i frutti che la sua divina bontà ha seminato in essi e che ha atteso con ineffabile pazienza. Se, al Cenacolo, il Giovedì santo, li ha già felicitati per la loro fede, adesso che l'anno visto risuscitato, che l'hanno compreso, meritano ben altrimenti i suoi elogi, poiché sono divenuti più saldi e più fedeli. "Il Padre vi ama, diceva Egli allora, perché voi avete amato me"; quanto il Padre deve amarli di più adesso, che il loro amore si è così accresciuto! Quale speranza deve darci questa parola! Prima di Pasqua, noi pure amavamo debolmente il Salvatore, eravamo titubanti nel suo servizio; ma adesso che siamo stati istruiti da lui, nutriti dai suoi misteri, possiamo sperare che il Padre ci ami; poiché anche noi amiamo di più, amiamo meglio il suo Figliolo. Questo divino Redentore c'invita a domandare al Padre, in suo nome, tutto ciò di cui abbiamo bisogno. E, prima di ogni altra cosa, la perseveranza nello spirito della Pasqua; insistiamo per ottenerlo e offriamo a questa intenzione la Vittima sacrosanta che tra pochi istanti verrà presentata sull'altare.



    PREGHIAMO
    O Dio, da cui procede ogni bene, concedi a noi, supplichevoli, di pensare, per la tua ispirazione, ciò che è retto e, sotto la tua direzione, di praticarlo.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 198-201

 

 
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