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    Predefinito Intervista a Jordi Pujol, storico leader catalano

    BARCELLONA - In 23 anni da president della Catalogna, Jordi Pujol non è mai stato indipendentista. Cattolico, centrista, catalano e catalanista sì, ma separatista mai. Governi di destra o di sinistra lo corteggiavano per avere voti del suo raggruppamento Convergència i Uniò (CiU) poi però lo accusavano di sfruttare le loro debolezze per strappare vantaggi per la sua regione.
    Perché presidente Pujol, convertirsi in secessionista a 82 anni?
    Lo so, si fa fatica a capire. Ho appena finito di scrivere una lettera all'amico Romano Prodi per tentare di spiegare. Lui, mi dice, non comprende la svolta catalana.
    La spieghi anche a noi.
    Qualcosa è andato storto: più in Spagna che in Catalogna. Dalla bocciatura del nuovo Statuto catalano da parte del Tribunale costituzionale nel 2010 niente è stato più lo stesso. Pujol si alza, cerca nel suo ufficio di Paseo de Gràcia nel centro di Barcellona una pigna di discorsi pubblicati dal suo "Centre d'estudis". Legge: Una volta superati i rischi della Transizione da dittatura a democrazia, la Spagna è tornata all'idea che sempre ha avuto di se stessa, un'idea che esclude la Catalogna.
    L'attuale governo di Mariano Rajoy a Madrid ha la maggioranza assoluta e non ha bisogno dei voti catalani. E' solo la coincidenza che proprio ora, persa la capacità di pressione parlamentare, chiediate l'indipendenza?
    La disaffezione nei confronti della Spagna comincia ben prima dell'arrivo di Rajoy alla Moncloa. Non solo il suo Partido Popular, ma anche ampi settori socialisti e di estrema sinistra pensano a ricentralizzare. I catalani vogliono più autonomia da Madrid di chi vive in Estremadura o in Castiglia. Invece è passata l'idea del "cafè para todos", tutte le regioni uguali con sanità e istruzione gestite localmente. In tempi di vacche grasse si poteva fare, ora, invece, costretti a scegliere, gli spagnoli istintivamente si aggrappano al "grandeur" dello Stato, dimenticandosi delle autonomie.
    Domenica 25 novembre la Catalogna rinnova il proprio parlamentino. La scommessa di CiU prevede la vittoria delle urne per poi indire un referendum pro o contro l'indipendenza. Il clima però è avvelenato, la campagna elettorale durissima. Lo stesso Pujol e il suo successore Artur Mas sono accusati di avere conti segreti in Svizzera. Entrambi hanno annunciato querele.
    Valeva la pena scatenare tutto questo? Sono così diversi catalani e spagnoli?
    Nel 1714 austriaci e francesi si sono combattuti per il trono di Spagna. Barcellona si è schierata con i primi e ha perso. Non volevamo un re Borbone perché avrebbe portato l'idea francese dello Stato centralizzato e così è stato. Per 300 anni abbiamo perso la possibilità di usare la lingua, di avere nostre istituzioni. Con il franchismo è andata anche peggio.
    E lei è stato in cella per due anni.
    Però non ci siamo persi. La morte del Generalissimo è stata la grande occasione. Noi catalani abbiamo giocato pulito dando alla Spagna stabilità, governabilità e continuità. Madrid invece si è dimostrata poco seria. Ha puntato su uno sviluppo immobiliare insostenibile e ha perso la battaglia del deficit. Ha istituzioni screditate: il Banco di Spagna dove arrivano gli ispettori europei a correggere i conti e il Tribunale costituzionale.
    Pensa ancora alla bocciatura dello Statuto catalano? Perché contesta una sentenza? La Legge è uguale per tutti.
    Era un Tribunale scaduto, tenuto in piedi non dalla legge ma dalla volontà dei due partiti maggiori: popolari e socialisti. Una vergogna.
    Quindi ora, vista la crisi economica, conviene lasciare la barca spagnola che affonda?
    Io amo la Spagna, è un grande Paese, una gran cultura. Può rialzarsi, ma non deve farlo come prima.
    Senza Barcellona?
    Non sono io a decidere. Personalmente continuo a preferire un sistema di incastro dentro la Spagna, ma oggi ci sono altri leader e Artur Mas è il miglior asset di cui disponga la Catalogna. Se lui chiede un referendum per l'indipendenza vuol dire che è quello che si deve fare.
    Perché agitare il nazionalismo, ferro vecchio dell'ideologia?
    Ferro vecchio? Continuano a nascere nuovi Stati Nazione. L'Estonia, la Lettonia, la Repubblica Ceca, vado avanti? Già Aristotele parlava del bisogno di identificarsi in un contesto sociale. Il nazionalismo è nell'articolo 129 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo. La stessa Europa avanza a fatica per le resistenze nazionali. Il nazionalismo è realtà.
    Crede davvero all'indipendenza?
    La secessione è sempre qualcosa di traumatico. Ci potrebbero essere cambi costituzionali, un accomodamento confederale sotto l'ombrello monarchico o che so io. Di certo dovrà essere una separazione amichevole e prima di tutto democratica. Ma Catalogna indipendente, perché no se è la volontà del popolo?

  2. #2
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    Predefinito Re: Intervista a Jordi Pujol, storico leader catalano

    Citazione Originariamente Scritto da Cattivo Visualizza Messaggio
    BARCELLONA - In 23 anni da president della Catalogna, Jordi Pujol non è mai stato indipendentista. Cattolico, centrista, catalano e catalanista sì, ma separatista mai. Governi di destra o di sinistra lo corteggiavano per avere voti del suo raggruppamento Convergència i Uniò (CiU) poi però lo accusavano di sfruttare le loro debolezze per strappare vantaggi per la sua regione.
    Perché presidente Pujol, convertirsi in secessionista a 82 anni?
    Lo so, si fa fatica a capire. Ho appena finito di scrivere una lettera all'amico Romano Prodi per tentare di spiegare. Lui, mi dice, non comprende la svolta catalana.
    La spieghi anche a noi.
    Qualcosa è andato storto: più in Spagna che in Catalogna. Dalla bocciatura del nuovo Statuto catalano da parte del Tribunale costituzionale nel 2010 niente è stato più lo stesso. Pujol si alza, cerca nel suo ufficio di Paseo de Gràcia nel centro di Barcellona una pigna di discorsi pubblicati dal suo "Centre d'estudis". Legge: Una volta superati i rischi della Transizione da dittatura a democrazia, la Spagna è tornata all'idea che sempre ha avuto di se stessa, un'idea che esclude la Catalogna.
    L'attuale governo di Mariano Rajoy a Madrid ha la maggioranza assoluta e non ha bisogno dei voti catalani. E' solo la coincidenza che proprio ora, persa la capacità di pressione parlamentare, chiediate l'indipendenza?
    La disaffezione nei confronti della Spagna comincia ben prima dell'arrivo di Rajoy alla Moncloa. Non solo il suo Partido Popular, ma anche ampi settori socialisti e di estrema sinistra pensano a ricentralizzare. I catalani vogliono più autonomia da Madrid di chi vive in Estremadura o in Castiglia. Invece è passata l'idea del "cafè para todos", tutte le regioni uguali con sanità e istruzione gestite localmente. In tempi di vacche grasse si poteva fare, ora, invece, costretti a scegliere, gli spagnoli istintivamente si aggrappano al "grandeur" dello Stato, dimenticandosi delle autonomie.
    Domenica 25 novembre la Catalogna rinnova il proprio parlamentino. La scommessa di CiU prevede la vittoria delle urne per poi indire un referendum pro o contro l'indipendenza. Il clima però è avvelenato, la campagna elettorale durissima. Lo stesso Pujol e il suo successore Artur Mas sono accusati di avere conti segreti in Svizzera. Entrambi hanno annunciato querele.
    Valeva la pena scatenare tutto questo? Sono così diversi catalani e spagnoli?
    Nel 1714 austriaci e francesi si sono combattuti per il trono di Spagna. Barcellona si è schierata con i primi e ha perso. Non volevamo un re Borbone perché avrebbe portato l'idea francese dello Stato centralizzato e così è stato. Per 300 anni abbiamo perso la possibilità di usare la lingua, di avere nostre istituzioni. Con il franchismo è andata anche peggio.
    E lei è stato in cella per due anni.
    Però non ci siamo persi. La morte del Generalissimo è stata la grande occasione. Noi catalani abbiamo giocato pulito dando alla Spagna stabilità, governabilità e continuità. Madrid invece si è dimostrata poco seria. Ha puntato su uno sviluppo immobiliare insostenibile e ha perso la battaglia del deficit. Ha istituzioni screditate: il Banco di Spagna dove arrivano gli ispettori europei a correggere i conti e il Tribunale costituzionale.
    Pensa ancora alla bocciatura dello Statuto catalano? Perché contesta una sentenza? La Legge è uguale per tutti.
    Era un Tribunale scaduto, tenuto in piedi non dalla legge ma dalla volontà dei due partiti maggiori: popolari e socialisti. Una vergogna.
    Quindi ora, vista la crisi economica, conviene lasciare la barca spagnola che affonda?
    Io amo la Spagna, è un grande Paese, una gran cultura. Può rialzarsi, ma non deve farlo come prima.
    Senza Barcellona?
    Non sono io a decidere. Personalmente continuo a preferire un sistema di incastro dentro la Spagna, ma oggi ci sono altri leader e Artur Mas è il miglior asset di cui disponga la Catalogna. Se lui chiede un referendum per l'indipendenza vuol dire che è quello che si deve fare.
    Perché agitare il nazionalismo, ferro vecchio dell'ideologia?
    Ferro vecchio? Continuano a nascere nuovi Stati Nazione. L'Estonia, la Lettonia, la Repubblica Ceca, vado avanti? Già Aristotele parlava del bisogno di identificarsi in un contesto sociale. Il nazionalismo è nell'articolo 129 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo. La stessa Europa avanza a fatica per le resistenze nazionali. Il nazionalismo è realtà.
    Crede davvero all'indipendenza?
    La secessione è sempre qualcosa di traumatico. Ci potrebbero essere cambi costituzionali, un accomodamento confederale sotto l'ombrello monarchico o che so io. Di certo dovrà essere una separazione amichevole e prima di tutto democratica. Ma Catalogna indipendente, perché no se è la volontà del popolo?
    mi pare dica cose d buon senso

 

 

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