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Discussione: Inno a Satana

  1. #1
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    Predefinito Inno a Satana

    Giosuè Carducci, Inno a Satana. Pubblicazione del Popolo con lettere dell’autore e di Quirino Filopanti, tipografia degli agrofili italiani, Bologna 1869


    Salute, o Satana,
    o ribellione,
    o forza vindice
    della ragione!

    Sacri a te salgano
    gl’incensi e i voti!
    Hai vinto il Geova
    de’ sacerdoti.


    http://www.classicitaliani.it/carduc...atana_1869.htm


    Il giornale di Bologna ‒ il popolo ‒ pubblicava nel N. 24 dell’8 dicembre l'inno a Satana; nel N. 25 le due lettere di Quirico Filopanti precedute da queste parole:

    “L’egregio professor Filopanti ci trasmette la lettera seguente che pubblichiamo sicuri che il grande poeta risponderà col dimostrare l’intendimento rivoluzionario del nome dato alla natura e alle forze della ragione esplicantisi nella storia dell’umanità avverso alle catene loro inflitte dai dogmi e dal principio di autorità.

    Il nome di Satana, sotto il quale s’invoca la ribellione e la vindice forza della ragione, ci richiama l’atto di nobile orgoglio con cui i rivoluzionari dell’89 imposero a sè stessi il nome di Sansculottes dato loro per ischerno dall’abate Maury, ci richiama l’ardito ‒ noi siamo canaglia ‒ dei garibaldini, e di Carducci stesso nell’ode per l’8 agosto.„
    Ultima modifica di donerdarko; 15-01-13 alle 13:34
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  2. #2
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Fondamentale anche questa lettera


    A QUIRICO FILOPANTI

    Caro e onorando amico.
    L’Inno a Satana è lirico almeno in questo, che è l’espressione subitanea, il getto, direi, di sentimenti tutt’affatlo individuali, come mi ruppe dal cuore, proprio dal cuore, in una notte di settembre del 1863.
    L’anima mia, dopo anni parecchi di ricerche e di dubbi e di esperimenti penosi, aveva alla fine trovato il suo verbo; e Verbum caro factum est: ella gittò allegra e superba all’aria il suo epinicio, il suo eureka. Avrà abbracciato dell’ombre, può darsi: avrà, invece del grido dell’aquila di Pindaro, fatto il verso del barbagianni; può darsi più che probabilmente anche questo. Ma certamente io non intesi fare cosa di parte; non un evangelio nè un catechismo nè un salmo per chi che sia. Tanto era lontano dal pensiero della propaganda (la quale io lascio di gran cuore ai teologi e ai filosofi sistematici) che stampai l’inno sol due anni appresso, e in poche copie, che regalai a pochi amici o conoscenti. Me lo ristamparono in giornali democratici, massonici, mezzi e mezzi, a Palermo, a Firenze, a Spoleto, senza farmene nè pure un cenno avanti. Almeno l’amico Bordoni del popolo me ne ha chiesto il permesso: doveva io dirgli di no? o perdio? Dunque, onorato amico, questo riman fermo, che l’inno è roba tutta mia, sangue del mio sangue, anima dell’anima mia, e non un manifesto politico d’occasione. Errò, per via di bene, ma errò il popolo, quando scrisse che Bologna avea fatta la sua protesta contro il Concilio mandando al Comune l’autore dell’Inno a Satana. Troppo onore per un rimatore: novantanove su cento di quelli che votarono per il Carducci sapevano molto di Enotria Romano e di Satana!
    Del resto, tu non potevi non intendere a qual nume inneggiassi io. Tu l’hai detto: alla Natura. E alla Ragione; aggiunge il redattore del popolo. Sì, ho inneggiato a queste due divinità dell’anima mia, dell’anima tua e di tulle le anime generose e buone, a queste due divinità che il solitario e macerante e incivile ascetismo abomina sotto il nome di carne e di mondo; che la teocrazia scomunica sotto il nome di Satana.
    Satana per gli ascetici è la bellezza, l’amore, il benessere, la felicità. Quella povera monacella desidera un cesto d’indivia? in quel cesto v’è Satana, quel frate si compiace d’un uccellino che canta nella sua cella solinga? in quel canto v’è Satana. Ecco, nella caricatura ridicola della leggenda, quel feroce ascetismo che rinnegò la natura, la famiglia, la repubblica, l’arte, la scienza, il genere umano; che soppresse, a profitto della vita futura, la vita presente; che, per amore dell’anima, flagellò, scorticò, abbrustolò, agghiadò il corpo.
    Per i teocratici poi, mette conto ripeterlo?, Satana è il pensiero che vola, Satana è la scienza che esperimenta, Satana il cuore che avvampa, Satana la fronte su cui è scritto: Non mi abbasso. Tutto ciò è satanico. Sataniche le rivoluzioni europee per uscire dal medio-evo, che è il paradiso terrestre di quella gente; i comuni italiani, con Arnaldo, con Cola, col Burlamacchi; la riforma germanica, che predica e scrive libertà; la Olanda che la libertà incarna nel fatto; l’Inghilterra che la rivendica e la vendica; la Francia che l’allarga a tutti gli ordini, a tutti i popoli, e ne fa legge dell’età nuove. Tutto ciò è satanico; colla libertà di coscienza e di culto, colla libertà di stampa, col suffragio universale; s’intende.
    E Satana sia. Dice bene il Bordoni e diceva bene David, se non m’inganno: « Nelle loro maledizioni ci esaltiamo, e ci gloriamo nei loro vituperi. » Noi siamo satanici.
    E perchè no? Satana non è egli un tipo per eccellenza artistico? Pigliamolo nel Testamento vecchio. Egli è il primo ribelle contro il dispotismo accentratore e unitario di Geova nel deserto della creazione. Egli è vinto: ma l’arcangelo Michele, a cui l’ascetismo vestì dal medio evo in poi un magazzino d’armi che non finisce mai, tant’è, m’ha l’aria d’un gendarme; e io sto per il vinto.
    Sto per il vinto; e, senza volerlo, inchinava un po’ per il vinto anche l’apologista del supplizio del re d’Inghilterra, anche il segretario del Cromwel, anche Giovanni Milton. Come terribile l’ha egli dipinto, come maestosamente aggrondato! Quando leggo nel Paradiso perduto il concilio di Satana, parmi che da quei versi mi venti sul viso l’aura tempestosa del Lungo Parlamento che condannò Carlo I, e l’anima mia ritorna alle notti sublimi della Convenzione francese.
    Sto per il vinto, e per il tentatore. Che cosa disse egli in fatti, questo tentator generoso, alla compagna dell’uomo? Le accennava, nell’orto di Geova, in quell’orto chiuso e uniforme, le accennava l’albero mistico che portava il pomo della scienza e della vita, del bene e del male; e ‒ Mangiate, le disse, di questo; e parete siccome iddii. ‒ E che cosa altro, di grazia, dissero agli uomini Pitagora, e Anassagora, Socrate, Platone, Aristotile? Che cosa altro dissero loro il Keplero, il Galileo, l’Humboldt, il Newton, il Descartes, il Kant ?
    Di questo ribelle, magnanimo, di questo tentator generoso, Moise, per ossequio alla razza sacerdotale cui apparteneva. Moise troppo memore della servitù dell’Egitto ove i pantani del Nilo producevano sacerdoti e serpenti, Moise, dico, ne fece un rettile. Tu sai, onorando amico, se il cattolicismo ha caricato poi di sassi di fango e di onte questo povero rettile. Rettile? che dico? Ne ha fatto, nelle sue ebre fantasmagorie del medio evo, un mostro, con corna e coda e... con un corredo di deformità che cresce grottescamente nei secoli. Domandane a Dante e al Tasso.
    In questo caso, io, oppresso dalla società fin da primi anni, mi dichiarai per il ribelle alla monarchia solitaria di Geova, per il tentatore degli schiavi di Geova alla libertà e alla scienza, per l’oppresso dalla gendarmeria di Geova. E, se Ary Scheffer lo aveva tratteggiato sublime di malinconia e involto di fosco splendore, io l’ho cantato raggiante e tonante e folgorante di vita sull’universo. Lo Scheffer lo figurava quando il misticismo pareva voler allegarsi alla libertà: io lo canto, avendo in conspetto il regno della ragione.
    Del resto tu, mio onorando amico, grida pure il tuo vecchio e glorioso grido, Dio e Popolo. Con cotesto grido combatterono per la libertà e per l’onore dell’Italia Roma e Venezia; e io mi scopro il capo dinanzi agli uomini che lo profferiscono, dinanzi agli uomini che contano omai quarant’auni di sacrifizii e di abnegazioni, non ascetiche perdio, ma romane.
    Solo una cosa m’è dispiaciuta nella tua lettera: quel «M’aspetto da voi una spiritosa risposta, alla quale io non replicherò, checché diciate. » È vero: nella mia faretra, per dirlo alla pindarica, ormai che sono in vena, io serbo delle frecce, alcune acute come pungiglioni, altre anche avvelenate. Ma queste le riserbo per certi paladini che m’intendo io, quando non me ne ritenga il disprezzo. Tu e dall’ingegno e dalla virtù e dalla vita incontaminata spesa tutta per la libertà e per il bene hai autorità di ammonirmi e di consigliarmi: per te io non ho che Ghirlande di fiori, dei fiori nati alle aure più pure dei liberi monti.
    Addio. Credi che, a immenso intervallo per l’ingegno, ma non a picciolo intervallo anche per le idee, io sono lungi dalla poesia satanica dello Shelley. Io non sono scettico. Io amo e credo. E ti stringo la mano onorata
    Tuo Giosuè Carducci (Enotrio Romano)

    Giosue Carducci Inno a Satana
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  3. #3
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Vero è che io so che io sono contrario, come in molte altre cose, all'oppinione di quelli cittadini: eglino vorrieno un predicatore che insegnasse loro la via del Paradiso, et io vorrei trovarne uno che insegnassi loro la via di andare a casa il diavolo; vorrebbono appresso che fosse huomo prudente, intero, reale, et io ne vorrei trovare uno più pazzo che il Ponzo, più versuto che fra Girolamo, più ippocrito che frate Alberto, perché mi parrebbe una bella cosa, et degna della bontà di questi tempi, che tutto quello che noi habbiamo sperimentato in molti frati, si esperimentasse in uno
    Lettere (Machiavelli)/Lettera I a Francesco Guicciardini - Wikisource

  4. #4
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Citazione Originariamente Scritto da amerigodumini Visualizza Messaggio
    Vero è che io so che io sono contrario, come in molte altre cose, all'oppinione di quelli cittadini: eglino vorrieno un predicatore che insegnasse loro la via del Paradiso, et io vorrei trovarne uno che insegnassi loro la via di andare a casa il diavolo; vorrebbono appresso che fosse huomo prudente, intero, reale, et io ne vorrei trovare uno più pazzo che il Ponzo, più versuto che fra Girolamo, più ippocrito che frate Alberto, perché mi parrebbe una bella cosa, et degna della bontà di questi tempi, che tutto quello che noi habbiamo sperimentato in molti frati, si esperimentasse in uno
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    Sembra un endorsement a Berlusconi...
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  5. #5
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Mi pare sempre più evidente che il Ventennio fu figlio del Risorgimento e al contempo la sua negazione. L'Unità non fu che la storia di una sparuta minoranza, nella quale le masse non fecero che rare apparizioni sulla scena storica - '48 e '60. Di qui il pessimismo diffuso della classe politica che non sentì la necessità di educare e rendere partecipe il popolo.
    L'alternarsi di Destra storica e Sinistra non fu altro che l'alternarsi di una giostra d'élite, senza nessuna reale dialettica.
    Ma gli eventi di natura coloniale e internazionale portarono le masse improvvisamente ad essere immesse nella vita politica attivamente.
    In seno ai partiti sorsero gruppi nuovi che si appoggiarono alle idee e interessi delle masse, alla vigilia del primo grande conflitto mondiale, così che il solco che divideva i gruppi politici dal popolo veniva gradualmente colmato.
    Dopo il 1918, la minoranza organizzata viene sostituita dalla massa organizzata, il partito si identifica con il popolo, il popolo con lo Stato.
    Appare così con il Duce la nuova forma di governo, il rovesciamento dialettico del regime liberale democratico nato con il Risorgimento.
    Segni particolari: "macchina da espansione razziale euro-siberiana" (Giò91)

  6. #6
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    non sono appassionato di Giolitti o Depretis ma l'Italia prefascista non mi sembra così terribilmente sfigata, vabbè c'è Adua ma ci sono i bombardamenti aerei sulla Libia, anticipazione futurista di Guernica e di un secolo di orrori inumani

  7. #7
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Citazione Originariamente Scritto da Troll Visualizza Messaggio
    non sono appassionato di Giolitti o Depretis ma l'Italia prefascista non mi sembra così terribilmente sfigata, vabbè c'è Adua ma ci sono i bombardamenti aerei sulla Libia, anticipazione futurista di Guernica e di un secolo di orrori inumani
    Quello che stava in culo del Depretis era il trasformismo fatto pratica, premesso che in quel quadro storico aveva una sua logica fatale
    Segni particolari: "macchina da espansione razziale euro-siberiana" (Giò91)

  8. #8
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Che poi la gente si lamenta ancora oggi dello stesso malcostume di allora, senza la Libia



    Il rettile satanico del Carducci
    Ultima modifica di donerdarko; 15-01-13 alle 19:50
    Segni particolari: "macchina da espansione razziale euro-siberiana" (Giò91)

  9. #9
    Il Sogno Di Una Cosa
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Citazione Originariamente Scritto da l'inquirente Visualizza Messaggio
    Cara,

    prima che mi cancellate, rammento che l'Inno a Satana venne composto in occasione del Concilio Antimassonico (che durò meno di una giornata perche' intervenne la polizia toutta)
    c'è qualche fonte particolare in giro?

  10. #10
    Il Sogno Di Una Cosa
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    Predefinito Re: Inno a Satana

    Citazione Originariamente Scritto da l'inquirente Visualizza Messaggio
    si, cara

    dovrebbe esserci un capitoletto fatto bene nel libro di Mola sulla storia della massoneria italiana, che racconta molto bene cosa voleva quel concilio e chi lo organizzo' toutta.
    Secondo me fu solo una boiatessa propagandistica fatta pure male.
    sì conosco bene Aldo, chi è che lo aveva organizzato? qualche predecessore dell'Opera dei Congressi?

 

 
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