Maschilismo?
Ok, parliamone. Dagli e ridagli a furia di parlare di aborto la parola è finalmente spuntata fuori. Maschilista!
"Scusi, dice a me? Guardi che non ho fatto nulla di male, non sono un mostro, la prego non mi dica questo, deve esserci un equivoco, chi mi conosce sa che io le donne le amo, le adoro, non potrei mai vivere senza..."
Ecco quello che succede oggi a chi viene soltanto sfiorato lontanamente dall'accusa di "maschilismo". Non raggiungiamo ancora il "pedofilo", ma ci andiamo abbastanza vicino. Perchè succede questo? E soprattutto, cosa hanno fatto i "maschilisti" per meritarsi un simile disprezzo?
Innanzitutto il maschilista chi è? Dovrebbe essere il contrario della femminista, la sua versione speculare. Ragion per cui il termine assumerà connotati positivi o negativi a seconda di come valutiamo l'altro e viceversa.
Il femminismo è stato un movimento radicale, di sinistra, che però ha toccato trasversalmente gran parte della nostra società. Un po' per convenienza un po' per convinzione per anni il femminismo ha goduto di un'aura positiva, anche quando le spaccature politiche e sociali erano profonde.
Negli anni settanta maschilista era il retrogrado, l'assolutista, il monarchico, il fascista. L'uomo di destra, insomma. E chi si identificava con la destra ormai? La destra era il passato, la reazione ormai vinta, mentre il futuro spettava ai partiti democratici di sinistra e del centro: moderni, aperti, progressisti.
Secondo costoro il femminismo era stato portavoce di battaglie giuste, come l'affrancamento della donna da una figura maschile autoritaria che aveva segnato con la sua impronta la civiltà occidentale, di segno patriarcale. Al contrario il Sessantotto proponeva un ribaltamento di questa cultura sotto il segno della donna: ecco dunque l'unisex, l'omosessualità incentivata, il sesso libero e soprattutto l'aborto.
Al grido "l'utero è mio e lo gestisco io" le streghe metropolitane pongono le basi per la distruzione della famiglia tradizionale "fascista" e la messa in discussione del "padre" che viene ghigliottinato come lo fu il Re dai giacobini.
La società post-sessantottina è la società del maschio debole, in crisi di identità, a cui fa da contraltare una figura femminile che occupa tutti i ruoli possibili e immaginabili salvo quelli che fino a ieri le venivano concessi. La donna moderna lavora, si impegna nel sociale e in politica. Ma è anche artista, scrittrice, sacerdotessa e infine soldatessa. Raramente è madre e ancor meno moglie. Al contrario la donna moderna è "single" o "convive" col proprio partner in un legame libero e paritario che allontana lo spettro della "fasa coscienza".
Tuttavia alla donna moderna, che vuole tutto e le viene concesso di tutto, ad un certo punto manca qualcosa. E questo qualcosa è un figlio. Ma come fare, una volta che la vecchia famiglia è rimasta un non rimpianto ricordo del passato? Nessun problema: la donna moderna può ("deve") avere un figlio (che è "suo") anche in mancanza di un marito o di un padre. Basta uno spermatozoo e non è difficile ottenerlo grazie alla scienza che, progressista, è ovviamente dalla sua parte.
Di colpo le streghe abortiste si scoprono madri affettuose di bambini costretti a crescere senza figura paterna (in quanto l'uomo, anche quando è presente è ormai privo delle sue funzioni di maschio, ed è un puro orpello decorativo, una carta bancomat pronta per l'uso).
Gli anni novanta vedono un parziale ripensamento del femminismo. La società, che si è lasciata alle spalle le lacerazioni del passato ed ha trovato un nuovo equilibrio, è pronta per distinguere un femminismo "buono", moderato, da quello "estremo" ("cattivo" no, sarebbe spingersi troppo oltre nel revisionismo), utopistico e divisivo.
Dunque il pensiero corrente è disposto a ricredersi parzialmente sulla bontà del fonomeno femminista. Tuttavia la revisione non avviene specularmente riguardo l'altro campo e nonostante il risorgere della destra politica, "maschilismo" conserva la stessa valenza negativa di trenta-quarant'anni fa.
Nel frattempo la donna moderna si è fatta più esigente. L'uomo capellone ed effeminato non le basta più e il vecchio modello attizza ancora, ma va spogliato dei suoi caratteri socialmente autoritari. Le donne tornano a dire sì al macho, imponendogli allo stesso tempo però di essere "micio", un bellissimo quanto inoffensivo corpo palestrato. Ecco quel che serve, tanto per quanto riguarda la testa quella femminile basta e avanza.
Chi è il maschilista allora? Il maschilista è oggi quell'uomo che ancora non si è abituato all'andazzo corrente e reclama apertis verbis la propria identità di uomo. "Maschilista" è colui che non si sente "compagno", ma marito e padre. Colui che desidera avere attorno a sè una famiglia in cui poter essere un riferimento per i propri figli. E' colui che vuole avere al proprio fianco non una virago da fumetto ma una donna vera, capace di interpretare il ruolo di moglie e di madre innanzitutto. E' infine colui che "conserva" l'eredità della civiltà occidentale come si è creata non vergognandosene, considerando giusta e naturale quella netta distinzione tra i ruoli (maschio/femmina, casa/società) che non significa in alcun caso sopraffazione e autoritarismo, ma piena consapevolezza delle distinte qualità di genere.
Alla luce di quanto detto, il "maschilista" non è affatto una cattiva persona come la dipingono. Anzi, è un uomo "normale" che vorrebbe mettere le cose a posto dopo che un dio impazzito ha buttato all'aria il naturale quadro di riferimento. Se alcuni casi più macchiettistici sono passibili di censura, chi si oppone alla degenerazione femminista e per tal motivo viene bollato spregiativamente come "maschilista" dovrebbe ricevere appoggio non commiserazione.
Anche perchè se lasciamo fare alle donne e alla loro folle presunzione il futuro potrebbe relegare il maschio a mero oggetto per la riproduzione della Regina. Un futuro popolato di donne lesbiche padrone e di schiavi maschi effeminati è stato già anticipato dalla narrativa popolare. Facciamo del nostro meglio affinchè questa ipotesi agghiacciante non diventi mai realtà.
Mr. Right