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Discussione: Jackson Pollock

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    Predefinito Jackson Pollock







    Pollock nacque nel 1912 a Cody, nel Wyoming, era il più giovane tra i cinque fratelli. Suo padre era un agricoltore ed inseguito divenne un agrimensore alle dipendenze statali. Jackson trascorse la gioventù tra l'Arizona e la California e studiò alla High School di Reverside e poi alla Manual Arts High School di Los Angeles, dalla quale tuttavia venne espulso per indisciplina. Successivamente entrò in contatto con la cultura dei nativi americani. Nel 1929 raggiunse il fratello Charles, e si stabilì a New York, dove entrambi diventarono allievi del pittore Thomas Hart Benton alla Art Students League. La predilezione di Benton per soggetti ispirati alla campagna americana non fece presa su Pollock, ma il suo ritmico uso del colore e la sua indipendenza ebbero una grande influenza su di lui.

    Nell'ottobre del 1945 Pollock sposò una pittrice americana, Lee Krasner, un mese dopo si stabilirono a vivere alla Pollock-Krasner House, a Springs, a Long Island. Qui Pollock costruì un laboratorio artistico dove perfezionò le sue tecniche di pittura spontanea con cui faceva colare colore direttamente sulla tela. Questa tecnica di versare e far colare il colore divenne una delle basi per la nascita del movimento dell'Action painting. Operando in questo modo si distaccò totalmente dall'arte figurativa e andò contro la tradizione di usare pennello e cavalletto decidendo inoltre di non servirsi di una sola mano, per dipingere usava tutto il corpo. Nel 1956 la rivista Time soprannominò Pollock "Jack the Dripper".


    « Non dipingo sul cavalletto. Preferisco fissare le tele sul muro o sul pavimento. Ho bisogno dell'opposizione che mi dà una superficie dura. Sul pavimento mi trovo più a mio agio. Mi sento più vicino al dipinto, quasi come fossi parte di lui, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorarci da tutti e quattro i lati ed essere letteralmente "dentro" al dipinto. Questo modo di procedere è simile a quello dei "Sand painters" Indiani dell'ovest. »

    « Continuo ad allontanarmi dai tradizionali strumenti del pittore come cavalletto, tavolozza, pennelli ecc. Preferisco bastoncini, cazzuole, coltelli e lasciar colare il colore oppure un impasto fatto anche con sabbia, frammenti di vetro o altri materiali. »

    « Quando sono "dentro" i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di "presa di coscienza" mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti, di rovinare l'immagine e così via, perché il dipinto vive di vita propria. Io cerco di farla uscire. È solo quando mi capita di perdere il contatto con il dipinto che il risultato è confuso e scadente. Altrimenti c'è una pura armonia, un semplice scambio di dare ed avere e il quadro riesce bene. »

    Negli anni Quaranta i muralisti messicani e la pittura automatica dei surrealisti ebbero una certa influenza sull'arte di Pollock, che negava l'esistenza del caso, generalmente aveva un'idea precisa dell'aspetto che dovesse assumere la sua opera, e ciò era possibile col controllo del proprio corpo, unito al colore viscoso e alla forza di gravità e il modo in cui la tela assorbiva il colore. Si muoveva energicamente attorno alle tele spruzzando, sgocciolando, quasi in una danza e non si fermava finché non vedeva ciò che voleva vedere. Secondo alcuni critici la sua arte precedette di dieci anni la Teoria del Caos, prima che fosse formulata.

    All'età di 44 anni, dopo aver lottato contro l'alcol per tutta la vita, la carriera di Pollock fu improvvisamente e tragicamente interrotta l'11 agosto 1956 quando perse la vita in un incidente stradale causato dallo stato di ebbrezza, avvenuto oltretutto non lontano dalla sua casa di Springs. Dopo la sua morte, la moglie Krasner amministrò personalmente il suo lascito artistico in modo che la sua fama e la sua reputazione rimanessero intatte a dispetto del rapido cambio di mode e dei movimenti nel mondo dell'arte contemporanea. Sono entrambi sepolti al Green River Cementery di Springs.

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    Predefinito Re: Jackson Pollock

    Jackson Pollock: uno sciamano a New York City


    Jackson Pollock dipinge Autumn Rhythm all’età di 38 anni. Un fitto incedere di fili colorati si sovrappone, creando le maglie irregolari di una complessa ragnatela appoggiata su una lastra di granito. L’osservatore è catapultato all’interno di un labirinto che ha le stesse caratteristiche di un circuito elettrico: chi lo percorre, deve prestare attenzione a non toccare i fili scoperti che potrebbero emanare scosse letali. Sgocciolare, colare, grattare, immergere, ripetere, alzare, abbassare: nessun gesto che l’artista compie è frutto della casualità. Braccio, corpo e volontà dirigono il succedersi automatico dei passi, necessari per irrompere ed esplorare i recessi dell’inconscio umano. Il convulso fuoriuscire di sensazioni ed emozioni acquista la potenza e la carica di un linguaggio universale. Dante Alighieri evoca, nei primi passi della Commedia, la celeberrima immagine di un uomo che -in un particolare momento della sua vita- erra in una selva oscura. Jason Pollock è l’uomo che smarrisce la retta via. Jason Pollock è l’Ulisse del novecento che nel suo peregrinare, raccoglie ansie e dolori di un’umanità delusa e spaventata dalle atrocità della guerra. Quali sono le nuove frontiere che l’artista decide di esplorare? L’istinto creativo, ora impulso vitale, è la scure che lacera il mondo delle apparenze. L’artista si cala nel suo inconscio e la pittura diventa espressione di uno «stato d’essere», il mezzo che permette di avventurarsi alla scoperta di se stessi. Pollock, nel viaggio che va dall’epidermide fino alla sua parte più intima, diventa medium tra esterno ed interno: l’arte gli conferisce il potere di perforare la corazza dei fenomeni, per scendere in profondità e riemergere con un’accresciuta consapevolezza della propria natura.
    Autumn Rhythm appartiene alla produzione matura dell’artista americano, inaugurata nel 1947 come «Action Painting». Il padre di Pollock, amministratore delle riserve indiane, era solito farsi accompagnare dal figlio, ancora bambino, nelle visite alle tribù Navajo. In quelle occasioni, l’artista assistette a particolari riti sciamanici che consistevano nel far gocciolare argento fuso sulla sabbia, per formare serpeggianti ghirigori. Pollock, riacquistata coscienza e memoria di tali esperienze, inizia a operare alla stessa maniera. Cammina intorno alla tela distesa a terra facendo gocciolare –direttamente dal barattolo- il colore, nel pieno della sua consistenza e saturazione. Pollock, elimina la distanza tra se e l’opera, lui stesso ne diventa parte: “Mi sento più vicino al quadro, ne faccio parte, posso camminargli intorno e lavorarci da tutti e quattro i lati, starci letteralmente dentro”.
    L’artista, conferisce alla tela la rigidità tipica di un supporto murario così che sia in grado di contenere e incapsulare i moti -profondi, violenti, caotici ed esplosivi- emanati dall’azione pittorica. L’ammirazione di Pollock per l’arte dei muralisti messicani, quali Orozco e Siqueiros, incarna il bisogno di allargare il campo di azione. Pollock desidera espandere lo spazio scenico della creazione in modo tale che anche l’osservatore faccia parte dell’opera. I suoi quadri (Autumn Rhythm raggiunge i 200x538cm) sono pensati per essere visti da vicino, così che il corpo sia trasportato all’interno della fitta rete di segni e colore. Tuttavia, dietro l’apparente caos c’è sempre un ordine. Esiste un particolare anfratto in cui è possibile rifugiarsi e attendere il momento propizio per riemergere dalla fitta selva, creata dal genio dell’artista.
    L’arte per Pollock acquista connotati nuovi da quelli precedenti: non ha scopi né celebrativi né educativi. L’arte diventa uno strumento curativo: è in grado di trasportare granuli di luce fino alle recondite profondità dell’inconscio così che –rabbie, paure e fobie- possano essere velocemente veicolate e liberate in superficie. Nel momento in cui l’artista esplora e accetta i lati oscuri del proprio carattere, ossigena i tessuti profondi, ammorbidendo e sciogliendo anche i nodi più duri. L’arte di Pollock costituisce un particolare esempio di espressione dell’inconscio. Ognuno, indipendentemente dal fatto che faccia o no arte, possiede uno specifico modo di esprimersi. Sfida per ciascuno è l’esplorazione e la comprensione della personale strada attraverso cui l’inconscio desidera comunicare con l’esterno per liberare- nella maniera più spontanea e genuina -intuizioni, emozioni, desideri e passioni. Ogni bolla di ossigeno che arriverà fino in superficie, rivelerà particolari frammenti di uno «stato d’essere» che vuole essere esplorato, conosciuto e compreso giorno dopo giorno.

    Letizia Spigarelli - Jackson Pollock: uno sciamano a New York City - http://letiziaspigarelli.com/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 25-07-13 alle 02:56
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

 

 

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