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Discussione: Scajola Vergognati

  1. #71
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    queste parole Panorama le ha scritte una settimana prima dell'omicidio:
    quote:

    In pratica, gli 007 paventano il rischio di un attentato come quello che nel '99 costo' la vita al consulente del ministero del Lavoro Massimo D'Antona. Nel centro del mirino dei terroristi ci sarebbero, dunque, soprattutto gli uomini delle istituzioni impegnati su temi caldi come l'abolizione dell'articolo 18. Sotto tiro, anche se il rapporto non li nomina, il ministro del Welfare Roberto Maroni e i suoi piu' stretti collaboratori oltre a Confindustria e a quella partre del sindacato meno intransigente sulle riforme.
    Strano. Noto che se qui su un forum (e non solo) ci si azzardasse a definire il progetto del governo come ‘abolizione dell’art.18’ si sarebbe ricoperti di insulti e tacciati di mendacio, propaganda e comunismo.

  2. #72
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    Originally posted by leo

    Strano. Noto che se qui su un forum (e non solo) ci si azzardasse a definire il progetto del governo come ‘abolizione dell’art.18’ si sarebbe ricoperti di insulti e tacciati di mendacio, propaganda e comunismo.
    Davvero lo trovi strano?


    E' da quando è sceso in campo che si permette di dire tutto ed il contrario di tutto, di difendere strenuamente posizioni assolute e immediatamente dopo fare mirabolanti giravolte, di dire e smentire pietendo di essere sempre frainteso.
    E tutto questo senza che UNO SOLO di chi si è schierato dalla parte di questo figuro dall'infima moralità (anzi; NESSUNA MORALITA'!) abbia provato anche il seppur minimo moto di VERGOGNA.

  3. #73
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    Hai mai notato però anche tu che, anche i nostri stessi interlocutori, quando li poni con le spalle al muro, cioè di fronte all'evidenza delle cose, non sanno più che obiettarti?


    E' vero che gli eventi incalzano. Ogni giorno succede un dramma.
    Ma della morte annunciata di Biagi e quasi ineluttabilmente voluta , non ce ne dobbiamo proprio scordare. Sulla questione delle responsabilità per la mancata protezione e la revoca della scorta, dobbiamo sempre tenere desta l'attenzione.
    Sarà il nostro modo di onorare un uomo giusto, un vero democratico che era dei nostri con grande convinzione.
    mr

  4. #74
    brescianofobo
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    Originally posted by Free
    Biagi nella città di Bologna non si sentiva minacciato visto che usava addirittura la bicicletta per spostarsi, le BR conoscevano troppo bene gli spostamenti di quest'uomo per ucciderlo in un luogo e in una maniera così perfetta, la realtà è che c'è una spia una talpa all'interno del ministero del lavoro.
    Guarda come si sentiva sicuro Biagi nella sua città, come dici tu senza saperne niente solo per difendere l'inetto Scajola.

    Quando era senza scorta gli telefonavano e gli dicevano: "sappiamo che sei solo". Lui era terrorizzato. Aveva chiesto aiuto a tutti. Nessuno lo ha ascoltato. Anche dopo che i servizi segreti avevano confermato che non era un visionario.

    SCAJOLA, PERCHE' NON TI SEI ANCORA DIMESSO?



    «Ispettore, mi aiuti almeno lei»

    Sapeva che lo stavano cercando, il professore. Quando suonava il telefono, a Bologna, Pianoro, a Ravenna, a Modena, il cuore iniziava a battergli forte. Perchè i banditi l'hanno avvisato per tempo, Marco Biagi. «...sappiamo che sei solo, adesso, i tuoi angeli custodi se ne sono appena andati...», diceva un tipo strano senza alcuna inflessione dialettale. Poi riagganciava.
    Diavolo! Come facevano quelli a sapere che la scorta, i due poliziotto della Digos che ormai per Biagi erano amici, se ne erano appena andati? Una domanda che il professore ha girato a tanti, agli amici più intimi, certo, ma soprattutto anche a chi, una volta revocata la scorta, aveva comunque il compito di provvedere alla sua sicurezza. Marco Biagi, il braccio destro di Maroni, l'uomo dell'articolo 18, ha chiesto aiuto ovunque. Ha bussato in Prefettura, in questura, a Roma... Niente di niente. Lui, che dava del tu a più di un ministro, ha telefonato persino a un ispettore di polizia, un vecchio amico. «...dammi una mano ti prego — gli ha detto — ...mi minacciano ancora. Sento di averli addosso ma nessuno mi crede, nessuno fa niente.. ho paura.. ho paura per me e per la mia famiglia...». E quello, l'ispettore, a spiegargli che lui, poveretto, era solo l'ultima ruota di un carro poco oliato e traballante. Avrebbe però parlato con chi di dovere, coi superiori, ma mica poteva fare di più.
    C'è un'inchiesta anche su questo, adesso. Perchè un mese fa Marco Biagi è morto ammazzato mentre c'era qualcuno davvero convinto si trattasse di un visionario, uno che le telefonate minatorie se le '...poteva pure inventare...'.
    Per ora l'inchiesta sulle scorta revocata è un fascicolo conoscitivo. Neppure in questo caso, come per l'omicidio, ci sono indagati, ma se vi fossero sarebbero nomi eccellenti, alti funzionari. Il ministro Scajola, per ora, ha assolto tutti E in via Valdonica, in lacrime, col terrore dentro, c'è chi ingoia rabbia.
    Biagio Marsiglia

  5. #75
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    Predefinito Mettiamoci anche questo......

    Il dubbio
    Sulla morte del consulente Landi
    di Gianni Barbacetto
    Le storie italiane sono così: viene ucciso un professore, le nuove Brigate rosse rivendicano l’assassinio, un consulente informatico viene trovato impiccato; e tutto si complica, s’ingarbuglia, s’intorbidisce. Già subito, immediatamente dopo l’agguato, parte un tentativo d’utilizzo politico dell’azione (la pistola dei terroristi, dichiarano autorevoli esponenti della maggioranza, è il risultato finale del «clima d’odio» creato da girotondi e proteste sindacali). Ma il professor Marco Biagi, malgrado gli avvertimenti e le minacce, era stato lasciato solo ed era stato privato della scorta. Poi è lievitato qualche dubbio sulle indagini, sulle analisi balistiche, sulla pista informatica. Infine, il colpo di scena: muore un esperto informatico, già consulente giudiziario.
    Suicidio, apparentemente: ma c’è chi lo mette in dubbio, anzi, non ci crede affatto. È un magistrato di Palermo, Lorenzo Matassa, a gridare che Michele Landi è stato ucciso. «Lo conoscevo bene», racconta. «Era un ragazzo innamorato della vita, altro che suicidio. L’ho conosciuto nel 1996, quando ho chiesto consulenti per un’indagine sulla Sispi (Sistema Palermo Informatica), società comunale che vendeva servizi informatici al Comune. Il colonnello Umberto Rapetto, che poi diverrà il comandante del Gruppo anticrimine tecnologico (Gat) della Guardia di finanza, mi portò Landi. I due lavoravano sempre in coppia: Rapetto genio e sregolatezza, Landi il suo punto di raffreddamento. Da allora ci siamo frequentati anche fuori dal lavoro. Ci è capitato di andare in pizzeria, siamo stati insieme due giorni, in visita a una fiera della tecnologia... Landi era un ragazzo solare, pieno d’interessi. Viveva a Guidonia non perché fosse un solitario, ma perché lì vicino c’è un aeroporto e Michele amava il volo a vela. Nella mia carriera di giudice istruttore prima e di pubblico ministero poi ne ho visti di cadaveri, sono uno da 2-3 mila morti: non mi convincerete mai e poi mai che si è suicidato».
    Matassa ha indagato, tra l’altro, sulla morte di padre Pino Puglisi, ucciso da Cosa nostra. Ha messo sotto inchiesta, per la Sispi, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Ora, prima di raggiungere la nuova sede a cui è stato assegnato, Firenze, deve terminare il processo per il filone siciliano dei fondi riservati (con relative ruberie) del Sisde, il servizio segreto civile. Chi lo conosce lo reputa uomo estroso, a cui piacciono i grandi scenari, le storie con grandi intrighi. Come quelli che ha raccontato in un suo romanzo, intitolato Stereogramma, edito da Novecento.

    IL GRANDE COMPLOTTO. Matassa spiega la sua ipotesi: «Rapetto, dopo la morte di Biagi, ha dichiarato ai giornali che chi aveva rivendicato l’omicidio aveva commesso un errore, un errore telematico; aveva lasciato una traccia. Così ha fatto capire che i consulenti informatici avrebbero potuto giungere fino al computer da cui è partita la rivendicazione. A questo punto, qualcuno che sapeva che Rapetto si avvaleva della consulenza di Landi ha deciso di intervenire: uccidendo Landi e inscenando un suicidio. E non sono brigatisti: altrimenti avrebbero usato la pistola».
    L’alternativa suggerita da Matassa è una sola: a inscenare il suicidio sarebbero stati uomini dei servizi segreti. «Un omicidio preventivo, per impedire che il consulente arrivasse fino agli autori della rivendicazione. Ed è stato proprio il suo amico Rapetto, senza volere, a condannare Landi, con le sue dichiarazioni ai giornali. Io ora parlo, perché ci sono momenti nella vita in cui parlare è un dovere morale e tacere è diventare complici. Ho dovuto lanciare l’allarme – e al volo, anche fuori dalle sedi giudiziarie – perché ora, se è vero quel che dico, è pronto un altro omicidio: perché non basta Landi, bisogna risalire la catena...». Aggiunge Matassa: «C’è qualcosa di più, che ora non posso dire, ma che dirò al momento opportuno e nelle sedi opportune». Ma già ora, se si porta il ragionamento di Matassa fino alle sue ultime conseguenze, si arriva a dire che i servizi segreti non solo avrebbero ucciso Landi, ma anche inviato la rivendicazione Br (o almeno protetto, con un omicidio, chi l’ha inviata). «È la storia d’Italia», commenta Matassa. «In questo Paese il potere usa l’assassinio come strumento. È successo per Michele Sindona, è successo per Roberto Calvi...».
    L’ENNESIMO MISTERO ITALIANO. Reazioni? Il ministro Claudio Scajola ha assicurato che la morte di Landi è dovuta a suicidio. Ha puntualizzato che il perito non aveva alcun ruolo nelle indagini sull’omicidio Biagi. Era stato solo consulente di parte di Alessandro Geri, il giovane indagato per l’omicidio di Massimo D’Antona: accusato nel maggio 2000 di essere il telefonista della Br, Geri era stato scagionato proprio grazie alla perizia di Landi, che gli aveva fornito l’alibi informatico. Ma ormai è troppo tardi: intanto, comunque, è già nato un nuovo giallo, l’ennesimo mistero italiano. E ci si butta a pesce anche l’avvocato Carlo Taormina, ex sottosegretario del governo Berlusconi.
    Le dichiarazioni di Matassa provocano qualche titolo sui giornali, poi sono liquidate con due parole: «È pazzo». Qualche collega del magistrato, meno duramente, cerca di spiegare: «Si innamora degli intrighi, gli piace la letteratura, ma non ha alcun dato di fatto in mano». Certamente Matassa parla per suggestioni, non conosce direttamente la vicenda Landi, non ha alcuna prova per ciò che afferma. Tirare in ballo i servizi segreti – ha commentato uno specialista che conosce l’argomento, Gianni Cipriani – finisce per essere davvero depistante, poiché getta anche questa vicenda nel pozzo senza fondo dei tanti misteri d’Italia.
    Restiamo in attesa di fatti, di elementi concreti, di certezze. Certo è che i dubbi sollevati sulla morte di Landi possono trovare terreno fertile per diffondersi solo in un Paese in cui i depistaggi ci sono stati davvero, in cui i servizi segreti davvero hanno tramato.
    Chissà se quella è una storia finita.

  6. #76
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    Inutile insistere, questo trhead d'ora in poi andrà deserto. La tattica dei nostri avversari è quella di intervenire come una muta di cani laddove c'è la possibilità di spacciare qualche palla, ma poi lasciano cadere nel silenzio quelle vicende dove più si caratterizza la classe dirigente che loro sostengono e che abbiamo al governo: irresponsabile, inadeguata, non rispettosa della sicurezza altrui ma solo della propria, sostanzialmente egoista, che spreme i suoi uomini migliori e poi li abbandona .
    Insomma la classe cinica ed egoista.
    mr

 

 
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