Finkelstein, «verità» scomode -il Manifesto del 20 aprile 2002
Lo storico ebreo Usa: «Israele usa l'Olocausto contro i palestinesi»
EMANUELE GIORDANA *
ROMA
Un libro che solo qualche mese fa sarebbe stato solo foriero di polemiche di ritorno (è già uscito in Germania due anni fa), diventa ora un «giallo». E' The Holocaust Industry, controverso lavoro del saggista ebreo americano
Norman Finkelstein e di cui Rizzoli ha i diritti. Ma il libro però stenta ad uscire. Finkelstein, nato a New York da una famiglia di deportati nei campi di sterminio, si presenta come l'accusatore implacabile di ogni strumentalizzazione dell'Olocausto. E, respingendo al mittente l'accusa d'essere un negazionista che instilla germi di antisemitismo, sostiene che proprio l'utilizzo «industriale» dell'Olocausto, manomettendo la verità,
rischia di diventare il vero veicolo della propaganda antisemita: «Se gli ebrei mentono sul loro passato - si chiede - come potranno essere presi sul serio nel presente?» L'occasione per parlargli è un incontro alla libreria Odradek di Roma, di passaggio prima del convegno «Olocausto tra politica e
storia» tenuto ieri all'Università di Teramo. «Speculatori e ricattatori - dice - hanno gonfiato il numero dei sopravvissuti a scopo commerciale facendolo lievitare da 100-200mila a 700mila, stravolgendo il criterio col quale in origine venivano considerate le vittime dell'Olocausto: gente che proveniva da un ghetto o era internata nei campi di concentramento o di lavoro forzato. Adesso invece è sufficiente essere un ebreo russo nato prima del `44 per diventare "sopravvissuto". Un imbroglio denunciato dai
sopravvissuti reali, che tra l'altro di soldi non ne hanno ancora visti». Ma non c'è il rischio che tutto si riduca a contabilità? Per Finkelstein c'è però anche un aspetto politico che riguarda Israele, che si sarebbe servita dell'Olocausto utilizzandolo come uno scudo al riparo del quale perseguire
nei confronti dei palestinesi quelli che l'autore definisce senza mezzi termini «crimini». In Europa, per Finkelstein, tutti sono coscienti di questo ricatto, ma nessun uomo politico europeo direbbe mai una sola parola per timore d'essere tacciato di antisemitismo. L'antisemitismo invece è proprio il prodotto delle menzogne e della strumentalizzazione
dell'Olocausto». Per molti però la tesi di Finkelstein è invece l'anticamera di un revisionismo negazionista che aiuta i nemici di Israele: «Sfido chiunque a trovare una sola parola che neghi l'Olocausto nei miei libri. Il problema non è questo. Se c'è da suonare una campana d'allarme, bene
quest'allarme è proprio per gli ebrei. Si dice che lo stato d'Israele sia minacciato d'estinzione. Chi è minacciato d'estinzione è il popolo palestinese e se c'è una minaccia per gli israeliani questa viene dai suoi governanti che, continuando a perseguitare i palestinesi, si alienano il mondo arabo, avendo ormai identifictao al 100% l'interesse di Israele con quello degli ebrei americani e degli Stati Uniti». Quanto al «giallo» Rizzoli, il libro sostiene l'editore - era programmato per l'autunno 2001, ma l'11 settembre ha fatto saltare la programmazione. Ora uscirà con nuove note dell'autore. In data da destinarsi.