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Discussione: Informazione....

  1. #1
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    Predefinito Informazione....

    ….pluralista? Una bufala di sinistra.

    Non appena si è saputo che Biagi e Santoro non sarebbero più stati gli imperatori della prima serata, è successo il finimondo. Il finimondo di sinistra, l’apocalisse della fine del mondo, la fine della democrazia, la loro democrazia.
    E Paolo Guzzanti, su Il Giornale di ieri 23 giugno, dal cui articolo traggo liberamente lo spunto, si dice speranzoso che questo mondo di “bufale sinistre” stia veramente per finire.
    E’ un mondo di falsità, di manipolazioni protette dai partiti, di imbrogli, di insulti alla nostra intelligenza e alla decenza. E questo mondo forse inizia veramente a crollare, come un muro fatto male. La “sirena d’allarme” che proviene da sinistra suona l’attentato al pluralismo.
    Ecco, il punto: pluralismo di cosa? Gratta gratta eccolo il pluralismo: dell’informazione.
    Riciccia la più antica e consolidata truffa che i partiti lottizzatori della Rai siano riusciti a far passare nelle violentate menti di tantissimi italiani per bene. Ma è un falso, il più grave e velenoso.
    Che, come tutti i falsi che esistono, ha la sua storia.
    Il “pluralismo” fu inventato infatti quando, col primo centrosinistra (quello vero. Di Moro e Nenni) la Rai smise di essere un feudo della sola Dc e divenne un condominio di feudi, o di appezzamenti che per questo richiesero l’uso del termine “lottizzazione”, divisione in lotti.
    E in questi orticelli furono subito ammessi i comunisti (preghiera ai moderatori: salvatemi da angelosterminatore) perché non si sentissero soli e tenessero a freno le loro affamatissime bande.
    Ma poiché i giornalisti democristiani, socialisti e comunisti non dovevano e non potevano dire le stesse cose dato che dipendevano dalle rispettive segreterie, fu inventato a tavolino, di notte, con la maschera nera da ladro sugli occhi, l’orrenda creatura chiamata “il pluralismo dell’informazione”.
    Ovvero l’essenza della falsità perché l’informazione è sempre e soltanto una: corretta o scorretta, completa o parziale, detta bene o detta male, manipolata o limpida.
    Mentre ciò che è pluralistico, diverso, molteplice, il bene e il tesoro della democrazia è un'altra cosa: è la diversità (la molteplicità) delle opinioni, così come si vede in tutti i paesi civili.
    Dove tu dai “la notizia”, la corredi di tutto l’apparato e gli arredi della notizia (filmati interviste, schede, ecc) e poi strappi lo champagne del pluralismo. E allora è lì che chi la vede da destra e chi da sinistra, chi da altre posizioni forse anche più originali incomincia il suo lavoro, democratico perché, appunto, pluralista.
    Volete un classico esempio d’informazione? Rimanendo sull’attualità prendiamo il campionato mondiale di calcio: le partite, le moviole, gli arbitri, gli allenatori, tutte le angolazioni e le registrazioni raccontano il fatto, la “informazione”, che non è per niente pluralistica ma “uno”, il fatto. E poi, giù, tutti si azzannano, litigano, mentono.

    In tutti i paesi civili e liberi vale questa regola, in ogni campo dell’informazione: non esiste la verità “ filosofica, una e assoluta” ma l’onesta, artigiana e perfettibile verità giornalistica e poi, come fanno i maestri francesi ma pure gli inglesi, tedeschi, americani, canadesi, quattro o cinque fra le migliori teste discutono, dibattono litigano e ascoltano mentre parlano rispondendosi a tono.E gli spettatori, pur godendosi lo spettacolo della loro diversità, originalità e molteplicità acquisiscono una vera informazione.
    Non serve così la figura del “famoso vecchio giornalista” che in una riserva di caccia dorata, incastonata fra il Tg di massimo ascolto e l’inizio del programma più visto nella serata, si mette a gracchiare, a gufare, a malignare contro chi gli sta antipatico, rimestando nel suo vecchio secchio colmo di vecchie, rancide battute, aforismi finto-morali.
    E’ così bravo come dice di essere, il vecchio e strapagato giornalista? Ma allora la Rai, nella sua infinita pazienza e rispettando l’età avanzata, gli dia un programma tutto suo ma senza le stampelle che gli tengono su l’audio. Per usare il suo medesimo linguaggio, “l’età avanzata dà diritto al viagra in farmacia, ma non all’erezione dell’ascolto a spese pubbliche”.
    Due Parole anche sull’altro “santone”, Santoro.
    Santoro è il tipo di giornalista che in un sistema privato non sarebbe tollerato mezz’ora. Lui si vanta di saper fare un sacco di ascolto e di far guadagnare all’azienda pacchi di miliardi. Peccato che l’azienda in questione sia la Rai, un servizio pubblico destinato a servire tutto il pubblico nello stesso modo, perché e un pubblico pagante e universale, trattandosi dell’intera nazione. Quando pago il biglietto del treno, servizio pubblico Roma-Milano, ho diritto al medesimo trattamento qualunque maglietta indossi, nera, rossa, gialla o blu.
    Santoro, tanto bravo, il pacco di miliardi lo vada a far guadagnare a qualche privato, che impazzirà di gioia. Ma noi sappiamo che quando Santoro è uscito dalla “cappella protetta della Rai” andando proprio a Mediaste, ha fatto flop, perché non è affatto un giornalista adatto ad ogni pubblico ma solo ad una fetta di italiani che sono stati nel corso degli anni intossicati e assatanati dal disservizio Rai.
    Però ci dicono che anche Santoro avrà la sua parte, solo che non sarà la stessa parte. E allora? Cosa cavolo vogliono? Forse vogliono che gli ricordiamo che odore aveva la terra bruciata che loro passarono al lanciafiamme quando presero il potere nel 1996: tutti quelli che non gli andavano a genio furono sbattuti fuori senza tante storie né spiegazioni. Così come hanno fatto “bravamente” in ogni ufficio pubblico, scuola, redazione. La loro fu una barbarie contro la quale non protestò nessuno, perché da questa parte noi siamo (o almeno eravamo) un po’ coglioni.
    Ma ora basta: queste “sinistre lagne” sono soltanto la prova di arroganza e malafede, nonché di odio incallito per la democrazia e il popolo che ne è sovrano.
    Già li vedo, gli amici dei forum, far la punta alla penna per accusarci: e adesso volete applicare a noi lo stesso sistema (pessimo) che applicammo noi?
    Ma chi ve lo ha detto? La Rai ha un consiglio di Amministrazione nuovo di zecca al cui interno ci sono consiglieri di maggioranza e di minoranza, e fra quelli di maggioranza ci sembra che ce ne sia uno (su tre) molto legato al presidente della Camera con mentalità molto ma molto aperta alle esigenze della minoranza.
    Poi c’è un direttore generale che è uomo d’azienda e che come direttore di Rai 1 ha portato ai migliori risultati. E’ uno del mestiere, un tecnico, cresciuto proprio nella stessa azienda da noi contestata per la lottizzazione esasperata.
    I liberali italiani non vogliono un rovesciamento delle dittature (dove comandavate brutalmente voi adesso comandiamo brutalmente noi), ma vogliono lo smantellamento definitivo, rapido e visibile del sistema egemonico costruito dal Pci e dalle sue pedine nel corso di un quarto di secolo con il tacito accordo con la Dc (preghiera ai moderatori: frenatemi angelosterminator).
    Il sistema egemonico non richiede l’inserimento di funzionari, non ha bisogno di iniezioni di “comunisti” (come piace a lor signori causticamente fingere di deridere), ma richiede semplicemente piccoli uomini la cui carriera e la cui esistenza (per gli artisti e pseudo tali è fondamentale) siano legati mani e piedi alle esigenze del partito.

    Guzzanti ricorda un fatto che ha spesso ripreso: almeno un direttore di un importante telegiornale della Rai venne a conoscenza del proprio nuovo e prestigioso incarico esattamente negli uffici di via delle Botteghe Oscure dove si sentì propinare un robusto pistolotto di investitura da un altissimo personaggio. Lo so perché me lo ha raccontato lui, e io non farei, non farò mai il suo nome perché se vorrà lo farà lui stesso. Ma è curioso che questa mia temeraria e scandalosa rivelazione non abbia provocato uno straccio di curiosità a sinistra. Mento? Invento? Sono un provocatore? Qualcuno risponda.
    In conclusione noi non vogliamo più direttori convocati a palazzo, non vogliamo imbonitori di falsità che reclamano il pluralismo per mettere nel calderone il “non” esistente diritto a praticare sistematicamente la menzogna, sostenendo che tale “porcheria” piace, ha il suo maledetto pubblico e, principalmente, tutto questo in assenza di contraddittorio.
    Se questo è il criterio, bene, allora si vada fino in fondo: in nome del pluralismo perché dire no alla pornografia, alla pedofilia, ad apposite rubriche di calunnia, strisce di manipolazioni e corsi di furto con scasso. Farebbero miliardi a palate.
    E nella nicchia di un cuspide d’ascolto si potrebbe ben piazzare Biagi che ieri belava :”Ci vorrebbe anche un minimo di riguardo non fosse altro per la mia anzianità”, battuta che ha rubato sia a Groucho Marx che ad Eleonor Roosevelt.

    saluti

  2. #2
    SENATORE di POL
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    Vorrei spare come i "girotondisti" della sinistretta illiberale e massimalistica italiana definiscono il defenestramento di Minoli dalla Rai ulivista....


    Saluti liberali

  3. #3
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    Predefinito Informazione...

    ...sindacale.

    Renato Brunetta contra Eugenio Scalfari. Su Il Giornale di oggi lunedì 24 giugno risponde all’articolo che Scalfari ha pubblicato su Repubblica di domenica.

    A)-Peccato che troppo spesso, probabilmente per eccesso di generosità, di cuore, di senso civico, si avventuri in territori non perfettamente conosciuti, magari fidandosi di suggeritori interessati e di non grande qualità. (Brunik potrebbe essere uno di questi).

    B)-Ma andiamo con ordine: S. (come Scalfari) nella sua articolessa di ieri, comincia col lagnarsi che il “sindacalese si sia completamente anglicizzato”.Insomma l’inglese come il latinorum di manzoniana memoria per fregare i più deboli. Suggestiva e paradossale tesi questa: la lingua universale paragonata al latinorum degli Azzeccagarbugli o dei Don Abbondio dell’eterna provincia italiana. Divertentew ma inconsistente per la logica per la storia. Perché certamente può essere vero che ci sia un abuso di termini anglofobi, ma il fatto è che è questa lingua che si parla in Europa. Vero è, però, in ogni caso, che occorre imparare a parlare anche la nostra lingua e a non usare in maniera ambigua e sbagliata termini giuridici che hanno una specifica accezione e che invece vengono piegati da S. a logiche “politiche” e ideologiche fino al punto di stravolgerne il senso.

    C)-S., infatti, fa un uso ambiguo e impreciso del termine “lavoratori”. Come può sostenere che, genericamente, i lavoratori sono rimasti privi di rappresentanza? Occorre invece distinguere tra lavoratori di serie A, quelli che godono di quell’eccesso di tutele che la Cgil si ostina a difendere, e i lavoratori di serie B che, assieme ai disoccupati e agli inoccupati, sono già oggi privi di rappresentanze e di tutele. Occorre sottolineare che con il patto fra governo e parti sociali che si sta raggiungendo si creano i presupposti per estendere la rappresentanza a quei lavoratori di serie B e per dar loro quelle tutele attive che sono la precondizione di ogni forma di aggregazione e di rappresentanza.

    D)Ammortizzatori sociali. Per S. ci sono pochi soldi nel “patto”. A questo riguardo ricordo che l’art. 45 della legge dell’Ulivo n.1441999 prevedeva già un disegno di riforma degli
    ammortizzatori sociali e degli incentivi alla occupazione a costo zero. I 1.700 milioni di euro offerti da Berlusconi rappresentano dunque un notevole passo in avanti. Riguardo all’aumento del sussidio di disoccupazione è del resto la stessa Cgil ad avere formulato una proposta che prevede l’innalzamento dal 40 al 60 per cento del trattamento generale di disoccupazione (vedi la bozza di proposta Cgil in materia di ammortizzatori sociali, contratti a contenuto formativo e formazione continua nel sito della Cgil).

    E) -E’ errato, poi, sostenere come fa S. che la contropartita data dalla Cisl e Uil al governo per arrivare all’accordo “scellerato” è quella di aver lasciato sul tavolo la deroga all’art. 18. Se si legge il testo del Ddl 848 e la nuova formulazione è facile verificare che il termine droga è completamente sparito. Incidentalmente sulle sole soglie dimensionali non si prospetta nessuna forma di deroga, ma semplicemente si delinea una sperimentazione volta a verificare se le soglie dimensionali connesse all’applicazione dell’art 18 siano o no un ostacolo alla crescita dimensionale delle aziende e alla occupazione regolare. L’art.18 disciplina solamente il regime sanzionatorio mentre i vincoli della giusta causa sono contenuti in leggi diverse che rimangono perfettamente in vigore. Quindi, scrivere che le imprese con meno di 15 dipendenti nel corso del triennio di sperimentazione potranno licenziare liberamente significa alimentare confusioni ed equivoci. Per completezza, l’art.18 non ha nulla a che vedere con la liceità o no del licenziamento (di questo si occupa la legge 604 del 1966). Il licenziamento senza giusta causa rimane pertanto illegittimo.

    F) Non credo che S. sia così ignorante da confondere i vincoli al licenziamento (giusta causa o giustificato motivo) con la tutela contro il licenziamento legittimo(indennizzo invece di reintegrazione). Se il parallelo è tra il Gatto e la Volpe, allora S. vuole fare il Mangiafuoco. S.(ma già Cofferati a suo tempo) vuole che passi tra la gente comune il messaggio che a essere messo in discussione non è il regime della reintegrazione, cioè di una tutela, più o meno buona, più o meno efficace, ma il diritto fondamentale a non essere licenziati senza giusta causa.

    G- Ricorderei a S. che fu proprio D’Alema nel gennaio del 1999 a sostenere la tesi che, per favorire la crescita delle piccole imprese, bisognava non applicare in via transitoria tutto lo Statuto dei lavoratori (e non solo l’art.18) alle imprese che superano la soglia dei 15 dipendenti. S. allora non disse niente.

    continua
    saluti

  4. #4
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    Predefinito Re: Informazione...

    [QUOTE]Originally posted by mustang
    [B]...sindacale.

    Renato Brunetta contra Eugenio Scalfari. Su Il Giornale di oggi lunedì 24 giugno risponde all’articolo che Scalfari ha pubblicato su Repubblica di domenica.

    A)-Peccato che troppo spesso, probabilmente per eccesso di generosità, di cuore, di senso civico, si avventuri in territori non perfettamente conosciuti, magari fidandosi di suggeritori interessati e di non grande qualità. (Brunik potrebbe essere uno di questi).

    B)-Ma andiamo con ordine: S. (come Scalfari) nella sua articolessa di ieri, comincia col lagnarsi che il “sindacalese si sia completamente anglicizzato”.Insomma l’inglese come il latinorum di manzoniana memoria per fregare i più deboli. Suggestiva e paradossale tesi questa: la lingua universale paragonata al latinorum degli Azzeccagarbugli o dei Don Abbondio dell’eterna provincia italiana. Divertentew ma inconsistente per la logica per la storia. Perché certamente può essere vero che ci sia un abuso di termini anglofobi, ma il fatto è che è questa lingua che si parla in Europa. Vero è, però, in ogni caso, che occorre imparare a parlare anche la nostra lingua e a non usare in maniera ambigua e sbagliata termini giuridici che hanno una specifica accezione e che invece vengono piegati da S. a logiche “politiche” e ideologiche fino al punto di stravolgerne il senso.

    C)-S., infatti, fa un uso ambiguo e impreciso del termine “lavoratori”. Come può sostenere che, genericamente, i lavoratori sono rimasti privi di rappresentanza? Occorre invece distinguere tra lavoratori di serie A, quelli che godono di quell’eccesso di tutele che la Cgil si ostina a difendere, e i lavoratori di serie B che, assieme ai disoccupati e agli inoccupati, sono già oggi privi di rappresentanze e di tutele. Occorre sottolineare che con il patto fra governo e parti sociali che si sta raggiungendo si creano i presupposti per estendere la rappresentanza a quei lavoratori di serie B e per dar loro quelle tutele attive che sono la precondizione di ogni forma di aggregazione e di rappresentanza.

    D)Ammortizzatori sociali. Per S. ci sono pochi soldi nel “patto”. A questo riguardo ricordo che l’art. 45 della legge dell’Ulivo n.1441999 prevedeva già un disegno di riforma degli
    ammortizzatori sociali e degli incentivi alla occupazione a costo zero. I 1.700 milioni di euro offerti da Berlusconi rappresentano dunque un notevole passo in avanti. Riguardo all’aumento del sussidio di disoccupazione è del resto la stessa Cgil ad avere formulato una proposta che prevede l’innalzamento dal 40 al 60 per cento del trattamento generale di disoccupazione (vedi la bozza di proposta Cgil in materia di ammortizzatori sociali, contratti a contenuto formativo e formazione continua nel sito della Cgil).

    E) -E’ errato, poi, sostenere come fa S. che la contropartita data dalla Cisl e Uil al governo per arrivare all’accordo “scellerato” è quella di aver lasciato sul tavolo la deroga all’art. 18. Se si legge il testo del Ddl 848 e la nuova formulazione è facile verificare che il termine droga è completamente sparito. Incidentalmente sulle sole soglie dimensionali non si prospetta nessuna forma di deroga, ma semplicemente si delinea una sperimentazione volta a verificare se le soglie dimensionali connesse all’applicazione dell’art 18 siano o no un ostacolo alla crescita dimensionale delle aziende e alla occupazione regolare. L’art.18 disciplina solamente il regime sanzionatorio mentre i vincoli della giusta causa sono contenuti in leggi diverse che rimangono perfettamente in vigore. Quindi, scrivere che le imprese con meno di 15 dipendenti nel corso del triennio di sperimentazione potranno licenziare liberamente significa alimentare confusioni ed equivoci. Per completezza, l’art.18 non ha nulla a che vedere con la liceità o no del licenziamento (di questo si occupa la legge 604 del 1966). Il licenziamento senza giusta causa rimane pertanto illegittimo.

    F) Non credo che S. sia così ignorante da confondere i vincoli al licenziamento (giusta causa o giustificato motivo) con la tutela contro il licenziamento legittimo(indennizzo invece di reintegrazione). Se il parallelo è tra il Gatto e la Volpe, allora S. vuole fare il Mangiafuoco. S.(ma già Cofferati a suo tempo) vuole che passi tra la gente comune il messaggio che a essere messo in discussione non è il regime della reintegrazione, cioè di una tutela, più o meno buona, più o meno efficace, ma il diritto fondamentale a non essere licenziati senza giusta causa.

    G- Ricorderei a S. che fu proprio D’Alema nel gennaio del 1999 a sostenere la tesi che, per favorire la crescita delle piccole imprese, bisognava non applicare in via transitoria tutto lo Statuto dei lavoratori (e non solo l’art.18) alle imprese che superano la soglia dei 15 dipendenti. S. allora non disse niente.

    H)- S. non ha capito una cosa: se le imprese crescono nel triennio questo sarà un bene per il Paese in generale al di là dell’applicabilità del 18.
    Aumenteranno le imprese che assumono con contratti regolari, aumenteranno le imprese e dunque la possibilità per i disabili di essere assunti, con minor spesa a carico della collettività, aumenterà il gettito fiscale per lo Stato, data la probabile emersione del nero, aumenterà la cultura d’impresa, i diritti sindacali dei lavoratori e con essi la rappresentanza.

    I)- Problema possibile di incostituzionalità della misura in quanto produttrice d regimi giuridici diversi tra imprese già di poco sopra i 15 dipendenti e le imprese che, usufruendo della nuova normativa, potrebbero raggiungere la stessa dimensione, con vincoli “ridotti”. Il problema non si pone se è vero che già oggi esistono regimi diversi. Un’impresa che ha 14 dipendenti e sei apprendisti è fuori dall’art. 18; mentre un’impresa che ha 14 dipendenti e due contrattisti e formazione lavoro è computata. E che dire poi dei sindacati, per esempio, che giàoggi superano così largamente le soglie dimensionali e a cui “non”si applica?.
    Si legga poi, S. la giurisprudenza della Corte costituzionale che ha già spiegato che in questi casi occorre sviluppare un giudizio di ragionevolezza: la misura è ragionevole perché persegue obbiettivi di rilevanza costituzionale. E’ su questo, del resto, che regge l’attuale regime differenziato (profondamente differenziato) in materia di tutela contro il licenziamento illegittimo.

    L)- E veniamo al trasferimento d’azienda. Non viene abolita nessuna norma del Codice civile (art.2112) perché questo non è possibile. Ricorderei a S. che la materia è disciplinata da norme comunitarie che sono un vincolo inderogabile. L’obiettivo del governo è semplicemente quello di competere con gli altri Paesi con regole uguali.

    M)- Lavoro interinale. Le aziende di lavoro interinale furono uno dei fiori all’occhiello del governo Prodi. S. vuole farci credere che Prodi-Treu hanno legalizzato il caporalato!

    N)- Sul sindacato “parastatale”, infine, prefigurato secondo S. per lo sviluppo dei cosiddetti enti bilaterali(strutture formate e finanziate da datori di lavoro e lavoratori per gestire privatisticamente materie di comune interesse contrattuale, come gli ammortizzatori sociali, la formazione, l’orientamento e collocamento, nonché la previdenza alternativa) perché S. si preoccupa tanto? Non è meglio un ente bilaterale, quanto a responsabilità, efficienza e controllo reciproco, di un Caf o di un patronato, in cui solo il sindacato dei lavoratori lucra risorse non piccole (nell’ordine delle migliaia di miliardi) dall’inefficienza colpevole dello Stato?

    O)- I veri nemici del popolo.
    Non tema, infine, Scalfari-Don Abbondio: nonostante il latinorum degli scioperi generali, dei tanti furbi a fine carriera, il matrimonio si farà, come a S. Valentino nel 1984 sulla scala mobile, e una grande pioggia ci libererà dai cattivi maestri, dagli apprendisti stregoni, dai radical-chic, dai tanti manipolatori di verità, da sempre nel nostro meraviglioso Paese (padania compresa) i veri nemici del popolo che dicono di voler difendere ma che in realtà disprezzano.

    saluti

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    Predefinito Informazione vista ...

    ...da l'Unità.

    L’Unità di mercoledì 26 giugno pubblica un “pezzo” col titolo: “Il gioco sporco della destra”.
    Di quale sporco gioco si tratta? Dunque, Libero ha riportato la notizia, poi confermata, che alcuni sindacalisti e consulenti in disaccordo con la linea della Cgil, e favorevoli al governo, hanno ricevuto minacce. Ecco il “gioco sporco”.
    I lettori di l’Unità hanno l’impressione che giocare pulito significhi dunque “nascondere” quella notizia (confermata).
    Ma guardando più a fondo il “brutto” di quel titolo di l’Unità è un altro. Un giornale (questo) possa essere presentato come “la destra”.

    Iuri Maria Prado, su Libero di giovedì 27 giugno, commentando la questione, prosegue.

    Sì, perché questo giornale sarà anche di destra (e non dovrebbe rappresentare un crimine), ma certamente non è “la destra”. Giusto come “l’Unità”, che sarà pure di sinistra, ma sicuramente non è “la sinistra”.
    Parrebbe una semplice questione di etichette, ma non è così. Perché proprio nell’uso “ossificato e fuorviante” di queste etichette risiede il male più evidente di cui soffre quel tipo di giornalismo un po’ grossolano, con la cultura arrogante che pretende di sostenerlo.
    E’ un male dell’intelligenza. E’ un male della capacità di essere onesti, intellettualmente onesti. Un male che si manifesta quando si tratta di riconoscere che la violenza politica è stata e continua ad essere usata anche, e forse soprattutto, da chi si appella a “cose di sinistra”: ma non lo riconosce nemmeno dopo trent’anni di quella violenza. Un male che si ripresenta quando si tratta di ammettere che tra la sinistra così com’era, tra la sinistra così come si comporta, tra la sinistra così come si parla, da un lato, e il bel fiorire di razzismo antisemita cui tragicamente si assiste, dall’altro lato, c’è qualcosa di più in più di una semplice coincidenza: ma non lo si può ammettere, nemmeno se c’è la prova quotidiana. Un male che si affaccia quando si tratta di capire che non c’è una “informazione” di destra e di sinistra, ma solo una informazione che informa e una che non lo fa, e l’informazione durante “l’epopea democratica” della sinistra tutto faceva, tranne che informare: ma non lo si capisce, ed è più facile far finta che il diritto del cittadino a essere informato sia morto con la vittoria del centro-destra di Berlusconi, mentre sarebbe stato e continuerebbe a essere (ascoltate le lagne di Biagi&Santoro) un diritto vivo e garantito (pensa te) con l’Ulivo al potere.

    Un male, infine, che si impone sopra ogni capacità di ragionevolezza quando si tratta di concedere che l’Italia è un paese democratico (o no) per il fatto che chi vince le elezioni ha il diritto di governare, e non a seconda che le vinca uno o l’altro: ma non c’è verso che la si conceda questa possibilità, nemmeno se è chiaro a tutti che a una destra cosiddetta “anomala” si è opposta, in Italia, e continua a opporsi, la sinistra “meno normale” di tutto l’occidente.
    Non è dunque colpa di questo giornale – conclude Iuri Maria Prado su Libero- e nemmeno della destra che “gioca sporco”, se l’azione politica di un sindacalista come Cofferati ha devastato la presentabilità del centro-sinistra come forza di governo. Non è colpa di nessuna destra e di nessun gioco sporco se passa per “traditore”, con quello che può conseguirne, chiunque in economia la pensi diversamente rispetto al giornale di Furio Colombo.
    E siccome dopotutto è di questo che si parla: non è colpa di nessuno, e semmai è solo colpa della sinistra, se pur davanti alle inefficienze e incapacità del governo tanti italiani pensano ancora che gli altri farebbero anche meno, e anche peggio.

    La pensano così – checchè ne dica l’Unità - anche senza i titoli “agghiaccianti” di Libero.

    liberamente tratto.

    saluti

  6. #6
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    Predefinito Informazione inquietante ricordare che...

    ...Marco Biagi è stato ucciso da "comunisti combattenti"?

    Inquietante: è l'aggettivo automaticamente usato dagli ex comunisti flosci, quelli che hanno capito solo "dopo" e non completamente, per bollare i complotti dei reazionari che tramano contro il movimento operaio e democrazia, cioè loro stessi.
    Quelli che hanno sempre capito "dopo".

    Inquietante è ricordare che Biagi è stato ucciso da "comunisti combattenti", come prima di lui Massimo D'Antona.
    Sergio Cofferati, ex comunista(o è inquietante ricordarlo?) alimenta ridicole teorie di complotti, torna a rovesciare la frittata e "declina" ogni responsabilità politica (sottolineato: politica) esattamente come facevano i dirigenti del Pci e della Fiom-Cgil nei primi anni del terrorismo, prima che Giorgio Amendola li prendesse giustamente a bastonate per il loro linguaggio, per le loro penose bugie, per la loro esecrabile e "inquietante" condotta politico-ideologica.
    Cofferati, ripetendo quell'errore, sta di nuovo sbagliando e un errore che si ripete con malizia non è più un errore ma una tendenza "inquietante".

    Cofferati vuole convincerci e convincersi che Biagi è stato ucciso come un cane da oscure entità, da marziani, senza alcuna relazione con il suo lavoro. Anzi, ecco la frittata rovesciata: il consulente di Albertini e Maroni è stato colpito per colpire il sindacato. Inquietante.

    La verità? La caccia verbale ai "traditori scellerati" e ai loro documenti limacciosi è uno sport pericoloso: mezzo partito dei Ds e mezza Cgil lo sanno e sono d'accordo con noi.
    Trovino il coraggio politico e morale di spiegarlo a Cofferati, e ora che va in Pirelli lo mandino alla scuola di partito.

    Titolare del Corso rapido Massimo D'Alema.


    molto liberamente da Il Foglio di sabato 29 giugno

    saluti

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    Originally posted by Pieffebi
    Vorrei spare come i "girotondisti" della sinistretta illiberale e massimalistica italiana definiscono il defenestramento di Minoli dalla Rai ulivista....
    Saluti liberali
    Scarsa professionalità e scarso rendimento, mancanza di audience.

    Senti chi parla di illiberalità e massimalismo...

  8. #8
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    Scarsa professionalità?

    Minoli è stato l'autore o il coautore di alcune delle trasmissioni di maggior successo della Rai (tipo "Mixer"), lui era o era stato "craxiano", e questo è il suo unico peccato reale.

    Epurazione stalinista.....fu. E anche le calunnie attuali sulla sua professionalità hanno la medesima matrice..di una sinistra italiana che ha sempre avuto una concezione della democrazia più simile alla Polonia di Gomulka che all'Occidente.


    Saluti liberali

  9. #9
    email non funzionante
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    Predefinito Informazione....

    …o ”informazione” di parte?

    Punto primo. Libero ha scritto circa una settimana fa che vari dirigenti della Cisl e Uil, vari consulenti del ministero del Lavoro e due quotidiani hanno ricevuto minacce (anonime, si fa per dire) di morte pervhè sostengono una linea opposta a quella della Cgil a proposito dell’art.18, esattamente come Marco Biagi ammazzato dalle Br comunisti combattenti.
    Punto secondo. Al nostro “pezzo”, preciso e circostanziato, l’Unità ha risposto tramite la penna di Antonio Padellaro: Libero ha le traveggole, inventa, è uno strumento propagandistico di Berlusconi, un club di militanti, anzi servitori.
    Punto terzo. Peccato per Padellaro ma, 24 ore dopo, i fatti hanno dato ragione a noi e torto a lui: Cisl e Uil e anche il governo hanno riconosciuto che le minacce riferite da Libero non erano fantasiose: purtroppo c’erano state.
    Punto quarto. Nonostante ciò, Padellaro ha insistito nelle accuse e ribadito tesi dietologiche: Libero, Cisl, Uil ed esecutivo costituiscono una banda impegnata ad addossare a Cofferati le responsabilità della rinascita terroristica. Eppure il nostro quotidiano aveva precisato: non esiste un rapporto di causa ed effetto tra la posizione della Cgil sull’art.18 e la nuova ondata di violenza: semplicemente, il radicalismo e l’estremismo di Cofferati contribuiscono a creare un clima barricadiero favorevole alla ripresa dell’attività armata degli pseudorivoluzionari.
    Punto quinto. E’ stata la Repubblica a divulgare le lettere di Biagi da cui si evince temeva le conseguenze(per la sua incolumità) di certe dichiarazioni forti del segretario cigiellino. Lo scoop di Repubblica è una ulteriore dimostrazione della serietà con cui ci siamo mossi, basandoci su informazioni attendibili e non su stati d’animo nostri o di presunti referenti. Altro che servizi segreti. Altro che quinte colonne. Altro che Maroni e Berlusconi. Altro che desiderio di compiacere al “regime”.
    Punto sesto. Quanto alla scorta negata a Marco Biagi, siamo stati i primi a denunciare la grave omissione del ministero degli Interni. Quando Scajola affermò: “La scorta è inutile” gli risposi, testualmente:”Se è inutile perché lei ce l’ha mentre Biagi non l’haveva?”. Padellaro può verificare che non mento andandosi a rileggere Libero nei giorni immediatamente successivi all’assassinio di Bologna.

    Vittorio Feltri, direttore di Libero, termina il suo fondo sul numero di domenica 30 giugno.

    A noi le polemiche, le schermaglie, i duelli giornalistici non rovinano la vita; al contrario, ce la rendono appassionante. Ma saremmo grati al condirettore dell’Unità se nell’incrociare i ferri mantenesse i nervi saldi e si comportasse secondo le regole della lealtà, magari evitando di attribuirci legami con il potere che non abbiamo mai avuto, né intendiamo avere mai in futuro. Abbiamo svolto un’inchiesta (che sono la specialità di Libero, lo sanno tutti, anche quello che lo negano) e parlato a lungo con sindacalisti i quali ci hanno fornito le prove di quanto pubblicato.
    Il dovere di una redazione finisce qui. Padellaro non crede alle nostre fonti né alle ammissioni preoccupate del governo? Affari suoi. Ma non si permetta, finchè non avrà in mano elementi concreti in appoggio dei propri sospetti, di assegnare padri e padrini a una operazione, la nostra, esclusivamente giornalistica. E non dimentichi che se io ho diretto per quattro anni il Giornale della famiglia Berlusconi, dimettendomi spontaneamente alla fine del 1997, altrettanto spontaneamente lui condirige, oggi però, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, che non era un priore.
    Tutti dobbiamo rendere conto a qualcuno. Io alla mia coscienza. E tu, Padellaro, a chi?
    Vittorio Feltri

    Nessun commento tra “veleni giornalistici”?; affari loro.

    Sarebbe stata sufficiente una semplice ammissione di mancata valutazione corretta a eventuali reazioni “eccessive” a seguito di dichiarazioni “forti” rese dal Capo della Cgil. Un pizzico di “intelligente umiltà” e un po’ più di “onestà intellettuale”.

    saluti

 

 

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