….pluralista? Una bufala di sinistra.
Non appena si è saputo che Biagi e Santoro non sarebbero più stati gli imperatori della prima serata, è successo il finimondo. Il finimondo di sinistra, l’apocalisse della fine del mondo, la fine della democrazia, la loro democrazia.
E Paolo Guzzanti, su Il Giornale di ieri 23 giugno, dal cui articolo traggo liberamente lo spunto, si dice speranzoso che questo mondo di “bufale sinistre” stia veramente per finire.
E’ un mondo di falsità, di manipolazioni protette dai partiti, di imbrogli, di insulti alla nostra intelligenza e alla decenza. E questo mondo forse inizia veramente a crollare, come un muro fatto male. La “sirena d’allarme” che proviene da sinistra suona l’attentato al pluralismo.
Ecco, il punto: pluralismo di cosa? Gratta gratta eccolo il pluralismo: dell’informazione.
Riciccia la più antica e consolidata truffa che i partiti lottizzatori della Rai siano riusciti a far passare nelle violentate menti di tantissimi italiani per bene. Ma è un falso, il più grave e velenoso.
Che, come tutti i falsi che esistono, ha la sua storia.
Il “pluralismo” fu inventato infatti quando, col primo centrosinistra (quello vero. Di Moro e Nenni) la Rai smise di essere un feudo della sola Dc e divenne un condominio di feudi, o di appezzamenti che per questo richiesero l’uso del termine “lottizzazione”, divisione in lotti.
E in questi orticelli furono subito ammessi i comunisti (preghiera ai moderatori: salvatemi da angelosterminatore) perché non si sentissero soli e tenessero a freno le loro affamatissime bande.
Ma poiché i giornalisti democristiani, socialisti e comunisti non dovevano e non potevano dire le stesse cose dato che dipendevano dalle rispettive segreterie, fu inventato a tavolino, di notte, con la maschera nera da ladro sugli occhi, l’orrenda creatura chiamata “il pluralismo dell’informazione”.
Ovvero l’essenza della falsità perché l’informazione è sempre e soltanto una: corretta o scorretta, completa o parziale, detta bene o detta male, manipolata o limpida.
Mentre ciò che è pluralistico, diverso, molteplice, il bene e il tesoro della democrazia è un'altra cosa: è la diversità (la molteplicità) delle opinioni, così come si vede in tutti i paesi civili.
Dove tu dai “la notizia”, la corredi di tutto l’apparato e gli arredi della notizia (filmati interviste, schede, ecc) e poi strappi lo champagne del pluralismo. E allora è lì che chi la vede da destra e chi da sinistra, chi da altre posizioni forse anche più originali incomincia il suo lavoro, democratico perché, appunto, pluralista.
Volete un classico esempio d’informazione? Rimanendo sull’attualità prendiamo il campionato mondiale di calcio: le partite, le moviole, gli arbitri, gli allenatori, tutte le angolazioni e le registrazioni raccontano il fatto, la “informazione”, che non è per niente pluralistica ma “uno”, il fatto. E poi, giù, tutti si azzannano, litigano, mentono.
In tutti i paesi civili e liberi vale questa regola, in ogni campo dell’informazione: non esiste la verità “ filosofica, una e assoluta” ma l’onesta, artigiana e perfettibile verità giornalistica e poi, come fanno i maestri francesi ma pure gli inglesi, tedeschi, americani, canadesi, quattro o cinque fra le migliori teste discutono, dibattono litigano e ascoltano mentre parlano rispondendosi a tono.E gli spettatori, pur godendosi lo spettacolo della loro diversità, originalità e molteplicità acquisiscono una vera informazione.
Non serve così la figura del “famoso vecchio giornalista” che in una riserva di caccia dorata, incastonata fra il Tg di massimo ascolto e l’inizio del programma più visto nella serata, si mette a gracchiare, a gufare, a malignare contro chi gli sta antipatico, rimestando nel suo vecchio secchio colmo di vecchie, rancide battute, aforismi finto-morali.
E’ così bravo come dice di essere, il vecchio e strapagato giornalista? Ma allora la Rai, nella sua infinita pazienza e rispettando l’età avanzata, gli dia un programma tutto suo ma senza le stampelle che gli tengono su l’audio. Per usare il suo medesimo linguaggio, “l’età avanzata dà diritto al viagra in farmacia, ma non all’erezione dell’ascolto a spese pubbliche”.
Due Parole anche sull’altro “santone”, Santoro.
Santoro è il tipo di giornalista che in un sistema privato non sarebbe tollerato mezz’ora. Lui si vanta di saper fare un sacco di ascolto e di far guadagnare all’azienda pacchi di miliardi. Peccato che l’azienda in questione sia la Rai, un servizio pubblico destinato a servire tutto il pubblico nello stesso modo, perché e un pubblico pagante e universale, trattandosi dell’intera nazione. Quando pago il biglietto del treno, servizio pubblico Roma-Milano, ho diritto al medesimo trattamento qualunque maglietta indossi, nera, rossa, gialla o blu.
Santoro, tanto bravo, il pacco di miliardi lo vada a far guadagnare a qualche privato, che impazzirà di gioia. Ma noi sappiamo che quando Santoro è uscito dalla “cappella protetta della Rai” andando proprio a Mediaste, ha fatto flop, perché non è affatto un giornalista adatto ad ogni pubblico ma solo ad una fetta di italiani che sono stati nel corso degli anni intossicati e assatanati dal disservizio Rai.
Però ci dicono che anche Santoro avrà la sua parte, solo che non sarà la stessa parte. E allora? Cosa cavolo vogliono? Forse vogliono che gli ricordiamo che odore aveva la terra bruciata che loro passarono al lanciafiamme quando presero il potere nel 1996: tutti quelli che non gli andavano a genio furono sbattuti fuori senza tante storie né spiegazioni. Così come hanno fatto “bravamente” in ogni ufficio pubblico, scuola, redazione. La loro fu una barbarie contro la quale non protestò nessuno, perché da questa parte noi siamo (o almeno eravamo) un po’ coglioni.
Ma ora basta: queste “sinistre lagne” sono soltanto la prova di arroganza e malafede, nonché di odio incallito per la democrazia e il popolo che ne è sovrano.
Già li vedo, gli amici dei forum, far la punta alla penna per accusarci: e adesso volete applicare a noi lo stesso sistema (pessimo) che applicammo noi?
Ma chi ve lo ha detto? La Rai ha un consiglio di Amministrazione nuovo di zecca al cui interno ci sono consiglieri di maggioranza e di minoranza, e fra quelli di maggioranza ci sembra che ce ne sia uno (su tre) molto legato al presidente della Camera con mentalità molto ma molto aperta alle esigenze della minoranza.
Poi c’è un direttore generale che è uomo d’azienda e che come direttore di Rai 1 ha portato ai migliori risultati. E’ uno del mestiere, un tecnico, cresciuto proprio nella stessa azienda da noi contestata per la lottizzazione esasperata.
I liberali italiani non vogliono un rovesciamento delle dittature (dove comandavate brutalmente voi adesso comandiamo brutalmente noi), ma vogliono lo smantellamento definitivo, rapido e visibile del sistema egemonico costruito dal Pci e dalle sue pedine nel corso di un quarto di secolo con il tacito accordo con la Dc (preghiera ai moderatori: frenatemi angelosterminator).
Il sistema egemonico non richiede l’inserimento di funzionari, non ha bisogno di iniezioni di “comunisti” (come piace a lor signori causticamente fingere di deridere), ma richiede semplicemente piccoli uomini la cui carriera e la cui esistenza (per gli artisti e pseudo tali è fondamentale) siano legati mani e piedi alle esigenze del partito.
Guzzanti ricorda un fatto che ha spesso ripreso: almeno un direttore di un importante telegiornale della Rai venne a conoscenza del proprio nuovo e prestigioso incarico esattamente negli uffici di via delle Botteghe Oscure dove si sentì propinare un robusto pistolotto di investitura da un altissimo personaggio. Lo so perché me lo ha raccontato lui, e io non farei, non farò mai il suo nome perché se vorrà lo farà lui stesso. Ma è curioso che questa mia temeraria e scandalosa rivelazione non abbia provocato uno straccio di curiosità a sinistra. Mento? Invento? Sono un provocatore? Qualcuno risponda.
In conclusione noi non vogliamo più direttori convocati a palazzo, non vogliamo imbonitori di falsità che reclamano il pluralismo per mettere nel calderone il “non” esistente diritto a praticare sistematicamente la menzogna, sostenendo che tale “porcheria” piace, ha il suo maledetto pubblico e, principalmente, tutto questo in assenza di contraddittorio.
Se questo è il criterio, bene, allora si vada fino in fondo: in nome del pluralismo perché dire no alla pornografia, alla pedofilia, ad apposite rubriche di calunnia, strisce di manipolazioni e corsi di furto con scasso. Farebbero miliardi a palate.
E nella nicchia di un cuspide d’ascolto si potrebbe ben piazzare Biagi che ieri belava :”Ci vorrebbe anche un minimo di riguardo non fosse altro per la mia anzianità”, battuta che ha rubato sia a Groucho Marx che ad Eleonor Roosevelt.
saluti