Si sono dichiarati prigionieri politici e non hanno risposto alle domande del Gip di Trani i quattro terroristi raggiunti giovedì scorso da un'ordinanza di custodia cautelare disposta dal Gip di Roma per banda armata.
Antonino Fosso, Michele Mazzei, Franco Galloni e Francesco Donati rifiutano infatti il confronto con giudice e tribunali che non riconoscono e da cui ritengono di non poter essere giudicati.
Il pool antiterrorismo della Procura di Roma non ha contestato ai quattro irriducibili l'omicidio di Massimo D'Antona, ma li accusa di avere dato nel maggio del 1999 una sorta di via libera ai raccordi esterni per uccidere l'ex consulente del ministro Antonio Bassolino.
Non sono stati possibili gli interrogatori degli altri due destinatari dei provvedimenti, Desdemona Nadia Lioce e Mario Galesi, perchè i due sono irreperibili.
L'interrogatorio dei quattro irriducibili, che si trovano nel supercarcere di Trani perchè già condannati all'ergastolo, avrebbe dovuto tenersi per rogatoria, poichè il Gip Maria Covatta, che ha disposto l'arresto, è del tribunale di Roma e i brigatisti si trovano nel carcere pugliese. I quattro sono tutti difesi dall'avvocato Attilio Baccioli.
Come si ricorderà alcuni dei documenti sequestrati il 20 aprile 2001 nelle celle dei quattro ex Br detenuti a Trani e comparati con la rivendicazione dell'omicidio D'Antona sono, secondo i pm, da ricondurre a «un periodo successivo all' omicidio; altri sono da ritenersi redatti in epoca prossima,ma antecedente l'omicidio». È quanto scrive il gip Maria Teresa Covatta, facendo riferimento alle conclusioni del perito grafico, nell'ordinanza di custodia cautelare notificata oggi a quattro irriducibili: Antonino Fosso, Francesco Donati, Michele Mazzei e Franco Galloni.
La macchina da scrivere utilizzata per la stesura dei documenti, per il pm Franco Ionta e Pietro Saviotti, è quella trovata nella cella di Donati. Secondo il gip Covatta è, quindi, evidente che «anteriormente all'esecuzione del delitto D'Antona circolavano bozze preparatorie del documento di rivendicazione, prive, per evidenti ragioni, dei passi relativi alle modalità dell'esecuzione ed alla carriera della vittima» e che «le bozze dattiloscritte sono state oggetto di discussione tra i terroristi esterni e terroristi detenuti».
La conferma, quindi, dell'evoluzione dei Nuclei comunisti combattenti (Ncc) che con l'azione D'Antona si assumono la responsabilità politica di rivendicarla con la sigla, mai abbandonata, di Br-pcc. «Si può supporre - si legge nell'ordinanza di 25 pagine - che i detenuti siano stati riguardosamente interpellati per parere ed un avallo sull'iniziativa combattente intrapresa e sulle motivazioni ideologiche che dovevano sorreggerla e giustificarla.