Risultati da 1 a 4 di 4
  1. #1
    Quin igitur expergiscimini?
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    Predefinito Candidiamo a don Vitaliano!

    Sissignori, anche i preti possono perdere il posto per motivi politici. E questa volta è toccato a don Vitaliano della Sala, parroco no-global di Sant' Angelo a Scala, provincia di Avellino. Il vescovo suo gli ha spedito una bella raccomandata di licenziamento con l' accusa di aver creato "caos e sconcerto", consigliandogli di invocare la Madonna:
    "Che la Vergine santissima regina di Montevergine ti illumini così che tu possa rivederti e vivere il tuo sacerdozio come si conviene"
    Amen.
    Don Vitaliano, e ciò sarà certamente noto ai frequentatori di questo forum, una ne fa e cento ne pensa, ma in estrema sintesi si può dire che la morale della sua avventurosa vicenda è la seguente: la Chiesa difende sì i poveri e gli emarginati, ma per strumetalizzarli e don Vitaliano non lo aveva capito. Inoltre la sua vicinanza ai Disobbedienti, che condiziona non poco i giovani della sua parrocchia, sicuramente infastidisce le istituzioni cattoliche, visto che don Vitaliano avrebbe dovuto lavorare per infoltire le schiere dei boy-scout e delle varie forme di associazionismo e di volontariato cattolico, non certo quelle dei no-global.
    Allora sapete che cosa propongo? Candidiamo don Vitaliano alle prossime elezioni nelle liste PRC, se lui ci sta. E W anche don Vitaliano!


  2. #2
    BENESSERE&OZIOXTUTTI
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    Veramente vergognoso! Già l'anno scorso erano partite le minacce contro Don Vitaliano e Don Gallo, ora, dopo che il secondo è stato denunciato, il primo viene debilitato. BEGLI ESEMPI DI DEMOCRAZIA E LIBERALISMO, per questa Chiesa e questo Stato.
    TUTTO IL POTERE AI SOVIET!

  3. #3
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    ragazzi, guardate che don vitaliano è stato cacciato perché ha ciufolato

  4. #4
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    01.12.2002 Unità on-line
    «Don Vitaliano non si tocca». E murano la chiesa
    di Mariagrazia Gerina

    Un muro di mattoni rossi forati davanti all’ingresso della parrocchia che fu di Don Vitaliano. Lo hanno costruito nella notte gli abitanti di Sant’Angelo a Scala. Donne e ragazzi, contadini con le mani callose e bambini battezzati dal prete no global, comunista, amico degli omosessuali. Piange uno di quei bambini mentre, il mattino dopo, prende la parola davanti al paese riunito, fuori dalla chiesa. Era stato il primo a ricevere il battesimo dal parroco di Sant’Angelo, che ora, dieci anni dopo, è costretto dalla Chiesa a lasciare il suo posto. «Don Vitaliano non si tocca», c’è scritto però su quel muro che la gente del paese ha tirato su di notte, al freddo, perché al mattino della domenica fosse tutto pronto. La prima domenica senza don Vitaliano, a Sant’Agnello non si entra nella chiesa, non si recita messa.
    Le campane però, che il prete ha fatto restaurare dopo il terremoto del 1980, suonano lo stesso, chiamano a raccolta il paese, donne, uomini, bambini, davanti a quel muro di protesta. Accorrono in centinaia, si muovono anche dai paesi vicini e da Caserta, Napoli, Avellino, in nome di don Vitaliano, che però ha già detto «obbedisco» e se ne è andato come gli ha comandato l’abate di Montevergine, don Tarcisio. «Carissimi...», scrive nel messaggio di addio che i suoi parrocchiani hanno voluto appendere accanto al muro, sulla parete esterna della Chiesa, «Carissimi - scrive don Vitaliano -, ho cercato fin dal primo momento, di darvi tutto quello che ero, poco o meno che fosse. Da voi ho ricevuto veramente tanto... Obbedisco al nostro Abate Ordinario - aggiunge don Vitaliano - lascio la parrocchia al mio successore, conservando vivo più che mai il mio sacerdozio. La mia obbedienza è e sarà sempre in piedi».
    Obbedisce don Vitaliano, ma alla sua «obbedienza in piedi» corrisponde la «disobbedienza» dei suoi parrocchiani, che hanno affidato la protesta alle pietre: «Non è un muro contro qualcuno, anzi è un muro che vogliamo rompere al più presto», dicono al mattino, dopo aver lavorato tutta la notte a quell’opera anonima e temporanea firmata semplicemente «la comunità di Sant’Angelo a Scala». A mezzogiorno sono già pronti a tirarla giù, prima di abbatterla però spiegano in una lettera aperta, rivolta a Monsignor Tarciso, il significato di quel gesto. «Il 28 agosto del 1995 - scrivono i “muratori” di Sant’Angelo - con grande gioia, insieme con don Vitaliano, abbiamo riaperto la nostra chiesa parrocchiale, danneggiata dal terremoto dell’80. Oggi, con dolore, senza più don Vitaliano, l’abbiamo richiusa con un muro che sta a simboleggiare il muro che l'Abate di Montevergine ha costruito tra lui e noi, un muro che non permette di incontrarci, di parlarci, di chiarirci, un muro che solo lui può rompere». Così si esprime a Sant’Angelo il popolo di Dio. Parole che appende sul muro della chiesa. Ed è come se quell’edificio murato, opera collettiva, frutto del lavoro di una comunità, acquistasse la parola di fronte all’altra Chiesa, chiusa davvero, all’ascolto e alla comprensione.
    «Alla comunità di Sant'Angelo a Scala va spiegato che i militanti politici non possono fare i parroci, soprattutto quando, con i loro comportamenti e le loro prese di posizione, si pongono in contrasto radicale con la dottrina della Chiesa sino a negarne alcuni punti cardine del magistero», suggerisce Riccardo Pedrizzi, responsabile nazionale di An per le politiche della famiglia e vicepresidente della consulta etico-religiosa del partito. Il suo giudizio sull’intera vicenda l’ha già espresso tante volte: «Se il cittadino Vitaliano Della Sala vuole fare politica è liberissimo di farla: ma non da parroco». Ed ora è soddisfatto della sentenza della curia - «obbligata», secondo Pedrizzi, «e, semmai, tardiva».
    La sentenza, che, applaudita da Pedrizzi, ha fatto sollevare il paese di Sant’Angelo è un piccolo dossier che mette nero su bianco le ragioni della rimozione. Dai «circoli comunisti frequentati da adolescente» alle «dichiarazioni spinte» rilasciate alla stampa, dal discorso tenuto al Gay Pride nell’anno del Giubileo, all’«Eucarestia celebrata sui binari di una stazione nel suo viaggio con i giovani dei centri sociali diretti a Praga». Dall’«amicizia con l’onorevole Bertinotti» a quella con il «signor Caruso». Poi, l’invito a non devolvere l’8 per mille alla Chiesa cattolica, le «barzellette sulla religione cattolica», che il prete avrebbe raccontato all’amico no global «Zulù». Ha annota tutto l’abate Tarcisio. Tutte le manifestazione a cui don Vitaliano ha partecipato, da Napoli a Genova ai suoi viaggi in Kosovo e in Messico, diventano altrettanti capi d’accusa. Fino a quello principale: «l’appartenenza a un vero e proprio movimento».
    «Come non sentire tra le righe del provvedimento, vere e proprie pressioni politiche?», si chiede don Vitaliano, che legge una regia dietro al provvedimento emesso nei suoi confronti. «Ho letto dichiarazioni di esponenti di An e della Lega che chiedevano provvedimenti nei miei confronti. E alla fine i provvedimenti sono arrivati. È un caso?», insinua il prete, che all’aldilà dell’«obbedisco» pronunciato davanti al vescovo, denuncia l’esistenza di «un problema politico»: «Non sono l'unico - dice - ad essere stato rimosso dalla mia parrocchia per aver adottato una condotta fuori dai dettami della Curia - denuncia -, ci sono altri preti meno conosciuti di me che stanno subendo lo stesso trattamento. È come se fosse stato messo in atto una specie di “ripulisti”. Alcuni preti vengono puniti perchè troppo schierati politicamente, io per esempio sono stato tacciato di essere comunista».
    A tutto questo Sant’Angelo ieri ha deciso di replicare con una liturgia popolare, improvvisata, disobbediente, affidata alla pietra. Ed è un altro personaggio quello che rivive nelle parole e nei gesti dei santangiolesi. «Un prete, uno di voi», come si firma don Vitaliano accomiatandosi per sempre dai suoi parrocchiani.
    "Vogliamo distruggere tutti quei ridicoli monumenti del tipo "a coloro che hanno dato la vita per la patria" che incombono in ogni paese e, al loro posto, costruiremo dei monumenti ai disertori. I monumenti ai disertori rappresentano anche i caduti in guerra perchè ognuno di loro è morto malidicendo la guerra e invidiando la fortuna del disertore. La resistenza nasce dalla diserzione"

    Partigiano antifascista, Venezia, 1943





 

 

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