Carlo Cattaneo (Milano 1801 - Lugano 1869), da "Le Autonomie Locali"
"Le nostre città sono il centro antico di tutte le comunicazioni di una larga e popolosa provincia; vi fanno capo tutte le strade, vi fanno capo i mercati del contado, sono come il cuore del sistema delle vene; sono termini a cui si dirigono i consumi, e da cui si diramano le industrie ed i capitali; sono un punto d´intersezione o piuttosto un centro di gravità, che non si può far cadere su di un altro punto preso ad arbitrio.
Gli uomini vi si congregano per diversi interessi, perché vi trovano i tribunali, le intendenze, le commissioni di leva, gli archivi, i libri delle ipoteche, le amministrazioni; il punto medio dei loro poderi, la sede dei loro palazzi, il luogo delle loro consuetudini, e della loro influenza e considerazione, il convegno delle parentele, la situazione più opportuna al collocamento delle figlie, ed agli studi ed impieghi della gioventù. Insomma sono un centro d´azione di una intera popolazione di duecento o trecentomila abitanti." [...]
"Questa condizione delle nostre città è l'opera di secoli e di remotissimi avvenimenti, e le sue cause più antiche d'ogni memoria. Il dialetto segna l'opera indelebile di quei primitivi consorzi, e col dialetto varia, di provincia in provincia, non solo l'indole e l'umore, ma la cultura, la capacità, l'industria, e l'ordine intero delle ricchezze. Questo fa si che gli uomini non si possono facilmente disgregare da quei loro centri naturali. Chi in Italia prescinde da questo amore delle patrie singolari, seminerà sempre nella rena"